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Chiesa di San Martino Vescovo (San Martino Buon Albergo)

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Chiesa Parrocchiale San Martino Buon Albergo
Chiesa Parrocchiale San Martino Buon Albergo

La chiesa di San Martino Vescovo è la parrocchiale di San Martino Buon Albergo, in provincia e diocesi di Verona; fa parte del vicariato dell'Est Veronese.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa di San Martino Vescovo (San Martino Buon Albergo) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa di San Martino Vescovo (San Martino Buon Albergo)
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Chiesa di San Martino Vescovo

Via Venti Settembre
37036 , Case Nuove
Veneto, Italia
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Chiesa Parrocchiale San Martino Buon Albergo
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Luoghi vicini

Chiesa di San Giacomo del Grigliano
Chiesa di San Giacomo del Grigliano

La chiesa di San Giacomo del Grigliano è un santuario che sorge nel territorio del Comune di Lavagno, non lontana dal confine col Comune di San Martino Buon Albergo, nel mezzo della vegetazione sulla cima della collina denominata Grigliano, ben visibile per chi percorre l’Autostrada A4 tra i caselli di Soave-San Bonifacio e Verona Est e nei pressi degli svincoli di inizio/termine della Tangenziale Sud di Verona. Il nome del colle potrebbe derivare da "grezzo" (nel senso di incolto) o "grigio", visto il colore della materia calcarea e tufacea di cui è costituito. L’evento legato alla costruzione dell’attuale edificio risale al 25 maggio 1393 (o 1395), quando un contadino, Filippo di Lavagno, ruppe un muro della chiesa diroccata di San Giacomo. Secondo un comando che lui disse di aver ricevuto in sogno, scavò nella terra e rivenne una piccola urna in marmo bianco contenente ossa umane e ritenute come quelle dell’Apostolo Giacomo. Il ritrovamento delle presunte reliquie provocò l’arrivo di pellegrini, tanto che si iniziò a raccogliere soldi per costruire una chiesa degna dei resti ritrovati. A custodire il denaro fu un certo Garello, il quale fu ucciso dal contadino Filippo, che voleva appropriarsi di tale ricchezza e delle reliquie. Scoperto, fu arrestato e impiccato. Va detto che la divergenza dei particolari riportata dagli storici del passato fa ipotizzare che la storia sia da considerare come una leggenda, però l'avvenimento fondativo risulta realmente accaduto. Fu il Comune di Verona, vedendo il crescente fervore popolare, a deliberare l’erezione del tempio, il cui inizio va datato al 20 giugno 1395 (o 1396), quando, alla presenza di una grande folla, monsignor Picinino, coadiutore del Vescovo di Verona Giacomo de' Rossi (vescovo), e l’architetto Nicolò da Ferrara, già autore della Torre del Gardello, presentarono il progetto per la costruzione di una grandissima chiesa in stile gotico a cinque absidi, sulla strada che i pellegrini percorrevano da Venezia verso Santiago di Compostella. Nel 1397 il Papa Bonifacio IX, con la Bolla Jus Patronati concesse al Comune di Verona il giuspatronato sulla nuova chiesa e il diritto di nominare religiosi e amministratori. Nel 1407 la costruzione delle absidi era in fase avanzata (nel 1400 era stata terminata la mediana destra e nel 1401 la mediana sinistra), con il Gran Consiglio di Verona pronto a proseguire i lavori e affidare nel 1413 il luogo di culto ai Benedettini di Santa Giustina di Padova, quando il Papa Gregorio XII dichiarò di dubbia autenticità le reliquie ritrovate sul Grigliano. Questo portò all’arresto dei lavori, lasciando ancora oggi la chiesa incompiuta. Nel 1432 alla chiesa di S. Giacomo fu annessa quella di Lepia in seguito alla soppressione del monastero delle suore di San Giuliano, ritiratesi a Monza. I Benedettini di Santa Giustina rimasero fino al 1443. Furono successivamente sostituiti, nel 1451, dai Benedettini Olivetani, che completarono la costruzione del chiostro e del portico tra il 1558 e il 1559. Testimonianza della fede della popolazione di Lavagno e dei paesi vicini verso S. Giacomo fu la preghiera compiuta la domenica mattina del 27 novembre 1630 per chiedere il termine della peste. Gli Olivetani, nel 1717, restaurarono la chiesa, mentre nel 1767 le autorità veronesi soppressero il monastero, seppur i monaci lasciarono definitivamente il luogo solo nel 1771, dopo la soppressione decisa dal Senato Veneto. La proprietà del colle era sempre stata del Comune di Verona, che decise di affidare inizialmente la cura a sacerdoti del clero secolare e, dal 1799, ai padri della Congregazione dell'Oratorio. Il passaggio delle truppe francesi nel 1801 e nel 1805 (in quest'ultimo anche con la distruzione dell'altar maggiore e la profanazione delle presunte reliquie) danneggiò le strutture, tanto che i Filippini decisero di rinunciare alla custodia del santuario, che ritornarono dopo le suppliche della popolazione. Va detto che già dal 1787 il Comune di Verona assegnò ai fratelli Faccioli tutti i fabbricati esistenti con circa cinquanta ettari di terreno per soddisfare dei debiti con essi. Nel 1816, dopo la definitiva rinuncia dei Filippini, la proprietà del colle tornò in mano ad Antonio Faccioli, il quale supplicò il Vescovo Innocenzo Liruti perché fossero ricollocate le presunte reliquie, cosa che avvenne il 27 luglio 1816. I fratelli Faccioli rimasero proprietari del luogo fino al 1857. Successivamente il colle fu acquistato da Pietro Gonzales e poi da Rosa Libanti. In questo periodo sorse il dubbio su come potessero trovarsi sul Grigliano i resti dell'Apostolo Giacomo se questi erano venerati da lungo tempo in Spagna. Fu lo stesso Arcivescovo di Santiago di Compostela, il Cardinale Miguel Payá y Rico (sotto il cui episcopato furono ritrovati i resti di S. Giacomo) a presentare la questione a Papa Leone XIII, che, nel 1884, rispose minacciando di scomunica chi riteneva che i resti dell'Apostolo si trovassero fuori dalla Spagna. Nel 1895 i nuovi proprietari del colle, i fratelli Milani, edificarono l'omonima villa, in stile neogotico-moresco, e creando l'attuale parco. Nel 1936 tutto il complesso passò nuovamente di mano, acquistato dai fratelli Ignazio e Bartolo Battiato, che, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, donarono la chiesa e la villa alla Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza, fondata da San Giovanni Calabria. La presa di possesso fu il 25 luglio 1951, festa dell'Apostolo. La Congregazione calabriana istituì qui l'"Oasi S. Giacomo" per esercizi spirituali e altre attività spirituali. L’attuale facciata a capanna non è altro che il prospetto delle cinque absidi, chiuse con muratura grezza verso occidente al di sotto delle arcate ogivali, mentre al di sopra delle stesse vi sono i mattoni a vista. Interessante il prospetto absidale, con quella centrale con cinque lati, mentre le quattro laterali hanno quattro lati, tutte percorse da corsi di tufo e cotto alternati, con lesene negli angoli e basamento in pietra viva. Nelle pareti, a dare luce all’interno, si trovano otto lunghe finestre ogivali trilobate, divise a metà da archetti pensili e ogivali. Nell’abside maggiore è pure presente un piccolo rosone centrale. La chiesa, seppur incompiuta, rimane un capolavoro del gotico veronese. Se fosse stata completata, sarebbe stata somigliante alla Basilica di Santa Anastasia e alla chiesa di San Fermo Maggiore, entrambe a Verona. Oggi l’abside maggiore costituisce la vera chiesa, mentre quelle minori sono state adibite come sacrestia, come base del campanile e come parte della cripta. Le pareti erano già state decorate da vari affreschi, in prevalenza raffiguranti la Vergine Maria con il Bambino Gesù, San Giacomo e San Giovanni Battista, la cui esecuzione va datata tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento. Queste opere, in parte staccate e ricollocate all’interno della chiesa e nella vicina villa, sono state attribuite a Martino da Verona e alla sua scuola, seppur ci sia ancora discussione sull’attribuzione. Il più conosciuto degli affreschi è oggi alla parete sinistra dell’abside maggiore, raffigurante la Madonna con Bambino, San Giacomo Apostolo, San Benedetto da Norcia e una santa, con stilemi che richiamano Altichiero da Zevio e attribuibili al già citato Martino da Verona. Nella stessa parete è presenta una Madonna col Bambino incoronata da due angeli, sicuramente parte di un’opera più grande e oggi in pessime condizioni. Altro affresco, sempre nell’abside centrale, è quello della Madonna in trono con Bambino, San Giacomo apostolo e San Giacomo Battista, strappato dall’abside mediana destra, dov’è visibile la sinopia. Da segnalare anche il San Giacomo apostolo staccato dall’abside che oggi funge da sacrestia e un altro San Giacomo, di migliore fattura del primo. L’abside maggiore presenta anche una Madonna col Bambino, San Giacomo e un santo, purtroppo opera deteriorata, e un grande affresco, rovinato irrimediabilmente per aprire una porta, con Cristo e San Benedetto. Lo sfondo, con un’architettura gotica elaborata, richiama un affresco presente nella Basilica di San Zeno in Verona, attribuibile a Jacopo da Verona. Nelle altre absidi sono visibili le sinopie di affreschi strappati nella metà del XX secolo e portati nella vicina ex villa Milani, mentre il migliore affresco in esse ancora presente è un San Giacomo, con i suoi attributi iconografici (il bastone del pellegrino e un libro), probabilmente di Martino da Verona. Nell’abside centrale sono presenti tre altari, fatti collocare dagli Olivetani alla fine del XVII secolo. L’altare maggiore custodisce ancora oggi le presunte reliquie ritrovate da Filippo di Lavagno, visibili tramite l’apertura del pregevole paliotto in rame dell’altare.Sopra di esso è collocata una tela con le ‘’Nozze mistiche di Santa Caterina col Bambino’’, presenti la Vergine Maria e i Santi Giuseppe, Maria Maddalenae Giacomo, copia di un originale del 1526 di Francesco Torbido, che era stato qui portato dalla chiesa di Santa Maria in Organo, secondo l’idea olivetana di portare in chiese periferiche vecchie pale d’altare. Secondo Edoardo Arslan la tela originale si trovava a Potsdam, in Germania, ma risulta scomparsa dalla fine della secondo conflitto mondiale. Sono perdute anche le pitture descritte dagli storici settecenteschi ed eseguite durante la presenza olivetana. Sull’altare laterale sinistro vi è una statua della Madonna del Carmelo col Bambino. Nella cripta, realizzata nel 1976 sotto l'abside estrema destra, è ancora visibile l’urna romana in marmo greco dove si dice siano state ritrovate le presunte reliquie di San Giacomo. Il campanile, in stile barocco, voluto dagli Olivetani nel Seicento, è stato costruito sopra l’abside più esterna sul lato destro. Avente base quadrata, presenta una cella campanaria con bifore su ogni lato, mentre la torre presenta una copertura a cipolla, circondata da una balaustra, su cui si erge una croce metallica con banderuola segnavento. Il concerto campanario presente oggi sulla torre è composto da 3 campane montate alla veronese e suonabili manualmente. Questi i dati del concerto: 1 – DO4 – diametro 729 mm - peso 230 kg - Fusa nel 1741 da Poni di Verona. 2 – MIb4 – diametro 595 mm - peso 122 kg - Fusa nel 1892 da Cavadini di Verona. 3 – SOL4 – diametro 495 mm – peso 73 kg - Fusa nel 1892 da Cavadini di Verona. Giuseppe Franco Viviani (a cura di), Chiese nel veronese, Verona, Vago di Lavagno, Società Cattolica di Assicurazione - La Grafica Editrice, 2004. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Chiesa di San Giacomo al Grigliano San Giacomo al Grigliano: una grande chiesa incompiuta, su youtube.com. URL consultato il 18 giugno 2024. IMAGO ECCLESIAE - Chiesa di San Giacomo al Grigliano, su youtube.com. URL consultato il 18 giugno 2024. Cammini, Chiesa di san Giacomo, Lavagno. Cammini della fede in Veneto, su youtube.com. URL consultato il 18 giugno 2024.

Lavagno
Lavagno

Lavagno (Lavàgno in veneto) è un comune italiano di 8 561 abitanti della provincia di Verona in Veneto. Lavagno è un comune italiano sparso distante 16 chilometri da Verona. È ad est del capoluogo provinciale, all'imbocco della valle di Mezzane. È attraversato dal progno di Mezzane. I confini comunali sono delimitati a nord da Mezzane di Sotto, ad ovest e a sud da San Martino Buon Albergo, a sudest da Caldiero e ad est da Colognola ai Colli ed Illasi. Il comune di Lavagno comprende tre frazioni: Vago, San Pietro (capoluogo comunale) e San Briccio. Vago si sviluppa lungo la SR11 Verona-Vicenza, San Pietro lungo la strada che va nella val di Mezzane, San Briccio su una collina a nord-ovest del capoluogo. Sempre nella frazione di Vago, in pianura, ha origine la SP16 della Via Cara che, per una lunghezza di circa 27 km, attraversa la parte iniziale della val di Mezzane per poi risalire l'altopiano lessinico e terminare nella località Bettola di Velo Veronese. Le ipotesi sul nome sono concentrate su un termine retico: Lavaniu. Sono numerose le tracce archeologiche. Gli insediamenti più antichi sono paleoveneti. Del periodo fra il VII e VI secolo a.C. si ipotizza un villaggio vicino all'attuale San Briccio, su un colle ed un castelliere a Lepia dell'età del bronzo. In epoca romana aumentò la presenza umana, anche in presenza del passaggio della via Postumia, che favorì la nascita di due centri: Lavaneus ad Montem e Lavaneus ad Planum. Nel medioevo si rafforzò il centro a nord da cui nacque il paese di San Briccio. Lavagno riprende importanza nell'XI secolo: dapprima con una storia locale ed in seguito seguendo Verona. Lavagno venne attribuita da Corrado II il Salico al Vescovo di Verona. Dopo due secoli passò al Comune di Verona e poi agli Scaligeri, ai Visconti ed infine a Venezia, quando la Serenissima estese i suoi domini sul veronese. Dal Medioevo numerose famiglie patrizie acquisirono terre nella zona, alcune legando il proprio nome a ville che costruirono. La presenza monastica ed ecclesiastica fu notevole, specialmente nei due secoli passati sotto il vescovo di Verona. A San Giuliano di Lepia il monastero risale al XII secolo ed ospitò il Papa Lucio III; San Giacomo di Grigliano è del XIV secolo. La leggenda dice che nel luogo furono rinvenuti i resti mortali dell'apostolo Giacomo. Lavagno presenta sul proprio territorio alcune belle realtà di architettura sia religiosa che civile. Chiesa di San Briccio - XIX secolo Chiesa di San Giacomo del Grigliano - XIV secolo È un gioiello d'architettura sacra. La chiesa, gotica fu eretta dai veronesi alla fine del XIV secolo. Richiama nello stile le chiese coeve della città. Vi sono affreschi di Martino da Verona. Chiesa San Pietro di Lavagno - XIX secolo Coeva della precedente, contiene opere antiche provenienti da chiese di Verona. Realtà spesso dimenticata, perché considerata arte povera, i capitelli fanno parte della cultura e della storia paesana, nel territorio si contano ben 11 croci, 28 capitelli alla Madonna e 10 dedicati ai santi. Alcuni risalenti al XVII secolo. Ci sono ancora capitelli risalenti al 1600 carattere propiziatorio, mentre quelle del XIX secolo e XX secolo si identificano come ex voto. Villa Verità - XVIII secolo Conosciuta anche con il nome di Villa del Boschetto, edificata per Girolamo Verità da Domenico Curtoni (allievo del Sammicheli), la Villa presenta un pronao concluso da un timpano ornato di statue; all'esterno si notano i giardini pensili, le fontane e la peschiera, all'interno sono conservati affreschi di Filippino Maccari e Giorgio Anselmi. Villa Alberti - XVIII secolo Villa Fraccaroli - XVIII secolo Villa Da Lisca - XIX secolo Villa Zannini - XVIII secolo Il palazzo è un notevole edificio di origine settecentesche. Si presenta armonioso nelle sue linee composte e si spiega in un lungo corpo orizzontale corretto nella parte centrale, prominente e frontonata. Le parti laterali sono adibite ad abitazione del personale dipendente e a rustici. L'architettura è elegante soprattutto nella parte inferiore, dove si snoda a leggero bugnato liscio, con il bel portone incorniciato. Notevoli la balaustra delle finistre, la porta finestra del piano nobile, le chiavi che ingentiliscono i rettangoli delle finestre del piano terreno, le cornici nonché le pigne di pietra che rifiniscono il frontone. Nel centro del timpano terminale, decorato da acroteri, fa spicco lo stemma araldico della famiglia Da Porto, sostituita nella proprietà della villa nei due secoli dagli Alberti e dagli Zannini. Splendido il parco, ampio e lambito dal torrente Mezzane. Esso conserva le spartiture settecentesche degli alberi, delle numerose aiuole, delle siepi e dei prati. Conserva anche un'antichissima ghiacciaia. Le lodi di questa villa sono cantate in un poemetto Anonimo, ma è nota alla letteratura storica per l'eseguitovi arresto del patriota e poeta Carlo Montanari la sera dell'8 luglio 1852, dove seguì poi la condanna a morte. Villa Castagna - XII secolo, la villa è un ex monastero successivamente abbattuto dai bombardamenti delle guerre. Dell'antico splendore si possono ancora ammirare: le scale a chiocciola e l'attuale cantina, ex sotterraneo del monastero. La villa si trova tra i confini di S. Pietro la val di mezzane ed illasi. Il Forte di San Briccio è una fortificazione eretta alla fine del XIX secolo dal Genio militare italiano: l'esproprio dei terreni per il forte iniziò nel 1882 e la costruzione prese avvio l'anno seguente. Fu costruito su una chiesa del XV secolo. Il progetto si rifà a quelli studiati da Andreas Tunkler, ufficiale del Genio austriaco. Anni or sono ospitava il Museo della Cultura Contadina e la Mostra della Preistoria; offriva inoltre ampi spazi utilizzati per mostre temporanee, rappresentazioni teatrali e riunioni. Abitanti censiti S. Briccio A settembre, l'ormai famoso evento enogastronomico "Vino in Corte" Carneval de Lavagno Il sabato dopo "Venerdì gnocolar" Sagra di paese S. Pietro A giugno Festa patronale SS. Pietro e Paolo Sagra di paese a Vago Ad ottobre Festa patronale S. Francesco d'Assisi Lavagno nel passato fu esclusivamente agricolo. Oggi sono importanti le coltivazioni di cereali, oliveti e vitigni e la produzione di vino (Arcole DOC) e olio extravergine d'oliva; L'attuale posizione strategica ha portato allo sviluppo di imprese artigianali, industriali e commerciali e di attività legate all'edilizia. È zona di produzione del vino Valpolicella DOC, dell'Amarone della Valpolicella e del Recioto DOC e dell'olio extravergine d'oliva DOP Veneto-Valpolicella. Il comune fa parte del movimento patto dei sindaci Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Lavagno Sito ufficiale, su comune.lavagno.vr.it. Lavagno, su sapere.it, De Agostini.