place

Chiesa dei Santi Severino e Sossio

Architetture barocche di NapoliArchitetture rinascimentali di NapoliChiesa dei Santi Severino e SossioChiese barocche di NapoliChiese dedicate a san Sossio
Chiese di NapoliChiese rinascimentali della CampaniaVoci con codice GNDVoci con codice LCCNVoci con codice VIAFVoci con codice WorldCat IdentitiesVoci con modulo citazione e parametro paginaVoci con modulo citazione e parametro pagineVoci non biografiche con codici di controllo di autorità
SantiSeverinoSossioFacciata
SantiSeverinoSossioFacciata

La chiesa dei Santi Severino e Sossio è una chiesa monumentale di Napoli sita in via Bartolommeo Capasso, presso il decumano inferiore. Oltre alla sua rilevanza artistica, all'interno vi lavorarono infatti alcuni dei più importanti autori del Rinascimento a Napoli, l'intero complesso monastico, contando oltre alla chiesa anche di un'altra "inferiore", di tre chiostri monumentali, un refettorio, una sala capitolare e due giardini, è di fatto uno dei più grandi della città. Il ciclo di affreschi di Antonio Solario del Cinquecento riprendente le Storie della vita di san Benedetto, nel chiostro del Platano, risulta essere inoltre una delle più importanti testimonianze artistiche sulla vita del santo.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa dei Santi Severino e Sossio (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa dei Santi Severino e Sossio
Vico San Severino, Napoli Pendino

Coordinate geografiche (GPS) Indirizzo Collegamenti esterni Luoghi vicini
placeMostra sulla mappa

Wikipedia: Chiesa dei Santi Severino e SossioContinua a leggere su Wikipedia

Coordinate geografiche (GPS)

Latitudine Longitudine
N 40.847764 ° E 14.258294 °
placeMostra sulla mappa

Indirizzo

Santi Severino e Sossio

Vico San Severino
80138 Napoli, Pendino
Campania, Italia
mapAprire su Google Maps

linkWikiData (Q1256458)
linkOpenStreetMap (267288986)

SantiSeverinoSossioFacciata
SantiSeverinoSossioFacciata
Condividere l'esperienza

Luoghi vicini

Palazzo Carafa d'Andria
Palazzo Carafa d'Andria

Il palazzo Carafa d'Andria è un edificio di valore storico e architettonico di Napoli, ubicato in largo San Marcellino. L'edificio fu eretto nel primo ventennio del XV secolo e, passato alla Confraternita del Monte di Pietà, nel XVI secolo venne rifatto da Giovanni Francesco Mormando in stile rinascimentale. Tuttavia, dal XVII al XIX secolo l'immobile subì notevoli alterazioni e modifiche con la realizzazione, ad esempio, della facciata neoclassica e di una scala ellittica nel cortile. Alla fine dell'Ottocento venne aggiunto un ulteriore piano. L'esterno dell'edificio è quindi caratterizzato dalla facciata neoclassica, suddivisa in due settori: il pian terreno con bugnato liscio è scandito da lesene doriche e il portale racchiuso da quattro colonne tuscaniche, mentre nel settore superiore da lesene ioniche. I prospetti laterali sono impostati su un basamento in piperno risalente al rifacimento Mormandeo ed ingloba resti medioevali dell'originale fabbrica. Nell'interno è visibile un bel cortile cinquecentesco; nell'atrio sono presenti quattro pilastri in piperno sormontati da un arco depresso e due laterali acuti. Inoltre, nel cortile a loggia doppia, oggi murato, si possono notare i pilastri con base ottagonale sormontati da finestre con decorazioni classiche. La scala principale è a doppia tenaglia e raggiunge il piano nobile; sul lato opposto c'è una scala ellittica secentesca. Resti dell'originale struttura si possono osservare in ambienti posti al piano terra. Il palazzo oggi è sede dell’Istituto di Istruzione Superiore “Elena di Savoia”.

Archivio di Stato di Napoli
Archivio di Stato di Napoli

L'Archivio di Stato di Napoli è un ufficio periferico del Ministero della cultura, che provvede alla conservazione, alla tutela e alla promozione del patrimonio documentario e ne favorisce la fruizione da parte degli studiosi e dei cittadini. L’Istituto esercita inoltre la sorveglianza sugli archivi degli uffici periferici dello Stato che hanno sede nella provincia di Napoli. Fondato nel 1808, dal 1845 ha sede nel complesso monumentale dei Santi Severino e Sossio. Con i suoi quattro piani e i suoi depositi di oltre settanta chilometri lineari di documenti, l’Archivio napoletano rappresenta un punto di riferimento imprescindibile per la ricerca nel settore della storia medievale, moderna e contemporanea d’Italia e d’Europa, nonché in maniera precipua, della storia del Meridione d’Italia. Uno dei fondi più preziosi e ricco di notizie è quello degli archivi dei notai, con i protocolli rogati fra il XV e il XIX secolo. Acquisiti più recentemente, gli archivi privati dell’intellettuale Paolo Ricci, della scrittrice Annamaria Ortese e dell’architetto Luigi Cosenza, conservato presso la Sede sussidiaria di Pizzofalcone. Di particolare interesse è, inoltre, l’Archivio Borbone acquistato nel 1951, che ha integrato la documentazione di Casa Reale andata parzialmente distrutta nel 1943 durante la guerra. Pezzi preziosi dell’Archivio: il Codice di Santa Marta, fogli di pergamena miniati con gli stemmi dei sovrani e dei membri delle famiglie più notevoli del Regno; la raccolta di sigilli e matrici e la Carta lapidaria, un documento dell’VIII secolo inciso su marmo, recuperato in una campagna presso Cuma.

Palazzo Bonifacio a Portanova
Palazzo Bonifacio a Portanova

Il palazzo Bonifacio è un palazzo monumentale di Napoli ubicato in via Portanova. Venne costruito nel primo ventennio del XV secolo, in un luogo poco distante dal Seggio di Portanova, per volontà di Roberto Bonifacio, il quale, così come i suoi antenati e successori, ricoprì numerosi incarichi di prestigio su mandato reale; infatti, durante la proprietà di Dragonetto Bonifacio, è doveroso ricordare che il palazzo ebbe una notevole fama per aver ospitato l'ambasciatore di Firenze presso la corte degli Aragonesi e per essere stato teatro delle nozze, volute dal re, di Antonio Moccia con la figlia di Paolo Poderico. Con il figlio di Dragonetto, Roberto II Bonifacio, l'edificio ospitò altri due ambasciatori, quello di Turchia e quello di Venezia. Il XVI secolo fu un periodo "nero" per il palazzo e per la casata: infatti Roberto II ebbe una discussione con l'eletto di un altro seggio e questo gli costò la prigionia, mentre nel 1510 venne accusato di soprusi e a furor di popolo venne rimosso dal suo incarico dal viceré Raimondo de Cardona. Il palazzo passò quindi a Gian Bernardino Bonifacio, che lo tenne per poco perché aderì al luteranesimo. Dopo i Bonifacio fu proprietà di Alvaro de Santi che lo fittò a Cesare Mormile; il de Santi vendette il palazzo alla sorella di Gian Bernardino, Costanza Bonifacio, che lo riottenne. Tra il XVIII secolo e il XIX secolo venne adattato a carceri e quindi subì notevoli modifiche strutturali; infine venne adattato come luogo per manganare i tessuti e le ulteriori trasformazioni della fabbrica causarono la perdita della struttura originaria ad eccezione del portale d'accesso. Il portale presenta un arco depresso in stile catalano iscritto in un riquadro. Negli angoli del portale ci sono dei riquadri con stemma della famiglia Bonifacio, con una banda a scacchi che divide il campo attraversato dai due leoni, l'uno sormontato da una testa femminile e l'altro da una testa leonina.