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Pantheon (Genova)

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Cimitero Monumentale di Staglieno Pantheon (Pellicola)
Cimitero Monumentale di Staglieno Pantheon (Pellicola)

Il Pantheon, detto anche Cappella dei Suffragi, è un edificio di culto cattolico all'interno del cimitero monumentale di Staglieno a Genova. Presente fin dai primi progetti del cimitero, la realizzazione è dovuta a Giovanni Battista Resasco, che ispirandosi al Pantheon di Roma modificò il progetto iniziale del suo predecessore Carlo Barabino. Il tempio, a cui si accede attraverso un'ampia scalinata, ha pianta circolare con un diametro di 25 metri, ed è preceduto da un pronao a sei colonne in stile dorico. Anche la decorazione interna si ispira a quella del Pantheon romano. Al suo interno, sul pavimento, sono disposti 78 loculi dove vengono tumulate personalità celebri su delibera del comune: per questo motivo, al pari delle omonime strutture di Roma e Parigi, è anche detto famedio. Tra queste personalità sono sepolti gli stessi progettisti del cimitero, Barabino e Resasco. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su pantheon del cimitero di Staglieno

Estratto dall'articolo di Wikipedia Pantheon (Genova) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Pantheon (Genova)
South Weyant Avenue, Columbus

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Coordinate geografiche (GPS)

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N 44.4302 ° E 8.95038 °
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Eastmoor Academy High School

South Weyant Avenue 417
43213 Columbus
Ohio, United States
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call+16143656158

Sito web
eastmoorhs.ccsoh.us

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Cimitero Monumentale di Staglieno Pantheon (Pellicola)
Cimitero Monumentale di Staglieno Pantheon (Pellicola)
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Luoghi vicini

Chiesa di San Bartolomeo Apostolo (Genova, Staglieno)
Chiesa di San Bartolomeo Apostolo (Genova, Staglieno)

La chiesa di San Bartolomeo Apostolo è la parrocchiale di Staglieno, quartiere di Genova, in città metropolitana ed arcidiocesi di Genova; fa parte del vicariato di Marassi - Staglieno. La presenza di una cappella a Staglieno è attestata a partire dal 1130 circa; questa chiesetta fu ricostruita nel 1403. La nuova parrocchiale venne edificata tra il 1646 e il 1650; nel 1862 l'interno fu oggetto di un restauro e di un abbellimento, mentre nel 1877 il campanile, che era stato danneggiato da una folgore, venne ristrutturato e ripristinato. Alcuni anni dopo, nel 1880 fu posato il nuovo pavimento della navata, composto da lastre marmoree bianche e nere, mentre nel 1892 si precedette al restauro delle pitture della volta; gli stucchi e gli affreschi vennero ritoccati prima nel 1902 e poi ancora nel 1935. Tra il 2005 e il 2006 fu condotto un intervento di manutenzione della facciata; in quest'occasione si constatarono le pessime condizioni dell'abside, che fu poi ristrutturata nel 2011. La facciata a capanna della chiesa, rivolta ad occidente e tinteggiata a fasce bianche e grigie alternate, presenta centralmente il portale d'ingresso, a cui s'accede percorrendo quattro scalini, e una grande finestra si forma semicircolare. Annesso alla parrocchiale è il campanile a base quadrata, suddiviso in registri da cornici marcapiano e abbellito da lesene angolari; la cella presenta una monofora a tutto sesto per lato ed è coronata dalla copertura a cupola poggiante sul tamburo. L'interno dell'edificio si compone di un'unica navata, sulla quale si affacciano quattro nicchie, ospitanti gli altari secondari, e le cui pareti sono scandite da lesene sorreggenti gli archi che introducono le cappelle e la trabeazione sopra la quale s'imposta la volta; al termine dell'aula si sviluppa io presbiterio, sopraelevato di un gradino e chiuso dall'abside di forma semicircolare. Staglieno Arcidiocesi di Genova Parrocchie dell'arcidiocesi di Genova Chiese di Genova Regione ecclesiastica Liguria Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Bartolomeo Apostolo Parrocchia di S. BARTOLOMEO, STAGLIENO, su pmap.it. URL consultato il 12 giugno 2021.

Chiesa di Sant'Antonino (Genova, Staglieno)
Chiesa di Sant'Antonino (Genova, Staglieno)

La chiesa di Sant'Antonino a Casamavari (nota più semplicemente come chiesa di Sant'Antonino) è un luogo di culto cattolico italiano, situato a Genova, nel quartiere di Staglieno, in salita Sant'Antonino. Fa parte dell'arcidiocesi di Genova. Già sede parrocchiale, il titolo è stato spostato presso la chiesa del Santissimo Sacramento facente parte del vicariato di Marassi - Staglieno. La chiesa di Sant'Antonino è citata per la prima volta in un documento del 1131. Nel 1235, all'interno di un atto notarile, risulta citata come sede di un rettore. Fra il 1538 e il 1650 la parrocchia fu affidata ai Monaci basiliani, sino a che, in seguito al decreto di soppressione dei piccoli conventi emanato dal papa Innocenzo X, fu assegnata definitivamente al clero secolare. La chiesa fu ristrutturata e ampliata nel XVII secolo. Nel 1726 si verificò il crollo del tetto, ricostruito dai parrocchiani nel giro di un anno. Altri lavori di ristrutturazione furono eseguiti tra il 1848 e il 1869, quando la chiesa si arricchì anche di nuovi arredi provenienti da chiese genovesi soppresse. Nel 1917 il titolo parrocchiale fu trasferito alla nuova chiesa del Santissimo Sacramento. Dell'originale stile romanico risalente al XII secolo, dopo i diversi rimaneggiamenti, resta il campanile a pianta quadrata, realizzato in blocchi di pietra, e alzato di otto metri nel XVIII secolo, con la distruzione degli originari finestroni e delle relative colonnine in marmo. La struttura, in muratura in pietra e laterizi, con più recenti elementi orizzontali in cemento armato, ha una singola navata con abside semicircolare e due cappellette. L'edificio presenta una facciata a capanna, col campanile contiguo sul lato sinistro e finitura intonacata. Il portone è ornato con una buca semicircolare. La copertura del tetto è a doppia falda inclinata con elementi in ardesia. La pavimentazione è in tipiche lastre in stile genovese: a forma quadrata, in marmo bicolore bianco e grigio, sono ordinate con motivo a scacchiera. Staglieno Arcidiocesi di Genova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Sant'Antonino a Casamavari Chiesa di Sant'Antonino, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Viadotto Torrente Bisagno
Viadotto Torrente Bisagno

Il viadotto Torrente Bisagno è un viadotto autostradale italiano, sito lungo l'autostrada A12 (strada europea E80) all'interno della città di Genova. Esso valica a grande altezza la valle del torrente Bisagno. Il viadotto, commissionato dalla Società Autostrade, fu progettato dagli ingegneri Silvano Zorzi e Sergio Tolaccia e costruito dal 1966 al 1967 dall'impresa Moviter. Il tronco autostradale venne aperto al traffico il 18 dicembre 1967. Il viadotto, che ha una lunghezza complessiva di 593,35 m e un'altezza sul fondovalle di circa 70 m, si compone di due strutture distinte, una per ogni carreggiata, collegate in alto da travi di sezione limitata. Costruito in calcestruzzo armato, conta 8 campate di luce variabile (le 3 maggiori di 116 m, affiancate da 2 di 70 m e lato Genova da 3 campate di accesso da 36 m). Le campate maggiori sono costruite con il sistema Dywidag mediante centinatura a sbalzo autoportante, utile nel caso di ponti di notevole altezza o con il fondovalle occupato da costruzioni; sullo stesso tronco autostradale, tale procedimento venne usato anche nei viadotti Sori, Nervi e Veilino. Le pile, affiancate e poggianti su una fondazione unica, hanno struttura scatolare e sostengono due impalcati larghi ciascuno 9,80 m. Le campate minori sono costituite da travi prefabbricate in calcestruzzo armato precompresso semplicemente appoggiate sulle pile. Uberto Marchesi e Antonio Chiaregato, La storia del tronco Genova - Rapallo dell'autostrada Genova - Sestri Levante, in Autostrade, anno IX, n. 12, Roma, edita dalla «Autostrade» Concessioni e Costruzioni Autostrade S.p.A., dicembre 1967, pp. 8-15, ISSN 0005-1756. Viadotto sul torrente Bisagno, in I ponti in c.a.p. sull'autostrada Genova - Sestri Levante, allegato alla rivista Autostrade, anno IX, n. 12, Roma, edita dalla «Autostrade» Concessioni e Costruzioni Autostrade S.p.A., dicembre 1967, p. VI, ISSN 0005-1756. Agostino Sajeva, L'autostrada Genova - Sestri Levante, in Le Strade, anno XLVIII, n. 10, Milano, Touring Club Italiano, ottobre 1968, pp. 488-504. Gaetano Bologna, Germana Bonelli e Galileo Tarantino (a cura di), Viadotto sul torrente Bisagno per l'Autostrada Genova-Sestri Levante, in Realizzazioni italiane in cemento armato precompresso 1966/70, supplemento straordinario a L'Industria Italiana del Cemento, nº 6, Roma, AITEC, giugno 1970, pp. 154-161, ISSN 0019-7637. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul viadotto Torrente Bisagno (EN) Viadotto Torrente Bisagno, su Structurae.

Museo dell'acqua e del gas
Museo dell'acqua e del gas

Il Museo dell'Acqua e del Gas di Genova, costituito da Fondazione AMGA al fine di illustrare la storia del gas e dell'approvvigionamento idrico nella città di Genova, consta di quattro sezioni: archivio storico, biblioteca storica, raccolta fotografica e, naturalmente, reperti. L'archivio storico è composto da quanto si è potuto salvare a seguito dei vari accorpamenti e riorganizzazioni che hanno interessato l'azienda nel corso degli anni. Di particolare curiosità la raccolta di carte intestate di clienti e fornitori dell'Acquedotto De Ferrari Galliera. La biblioteca storica è catalogata come sezione storica della Biblioteca della Fondazione Amga e comprende antichi trattati sulla potabilizzazione dell'acqua, sulla produzione del gas da distillazione secca, nonché interessanti manuali pratici per gasisti. Si segnala la rivista francese Le genie civile rilegata per annate (dal 1889 al 1912), ereditata dalla biblioteca dell'Acquedotto Nicolay. L'archivio fotografico conta attualmente oltre milletrecento fotografie catalogate per argomento. Tra questa, rarissime fotografie dell'imponente cantiere della diga del Brugneto (1958~60). La parte più vistosa del museo è rappresentata dall'esposizione dei reperti. Si tratta di oggetti che, a vario titolo, hanno avuto attinenza con la produzione, la distribuzione ed il consumo del gas illuminante e di città; oggetti legati all'acqua potabile e materiale vario a testimonianza della storia dell'AMGA, l'azienda municipalizzata genovese che, subentrando all'”Union des gaz”, produsse e distribuì il gas di città dal 1936 al 1972, fino cioè alla metanizzazione. Dal 1972 Amga non produsse più il gas di città: l'impegno fu di odorizzare il gas naturale (acquistato dal fornitore nazionale) e distribuirlo. La carenza di spazio impedisce, per adesso, di organizzare i reperti secondo un criterio didattico e di dotare il museo di modelli o exibit. Gli oggetti sono perciò esposti secondo tematiche: acqua, produzione gas, attrezzature e manutenzione, laboratorio chimico, ufficio tecnico, strumenti elettrici, marketing, contatori ed oggetti domestici a gas. Fondazione Amga, al fine di supplire almeno in parte alla mancanza di una idonea e visibile sede museale, si è impegnata in diverse occasioni con mostre tematiche allestite presso strutture pubbliche note alla cittadinanza. Si ricordano partecipazioni a varie edizioni del Festival della Scienza, al Festival dell'Acqua 2011 e una mostra commemorativa "Settant'anni di AMGA a Genova", allestita a Palazzo Ducale nel giugno 2006. Il Museo è visitabile su prenotazione ed è ubicato nei locali di Fondazione Amga, presso l'area industriale di Gavette, Via Piacenza, 54 - Genova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Museo dell'acqua e del gas Fondazione AMGA, su fondazioneamga.org. URL consultato il 13 aprile 2016.

Biscione (Genova)
Biscione (Genova)

Forte Quezzi, chiamato ufficiosamente fin dagli anni settanta nel Novecento come Biscione dal nome gergale dato per la forma sinuosa dei suoi edifici, è il nome di complesso di edilizia popolare sorto alla fine degli anni sessanta sulle alture fra Marassi e Quezzi, a Genova. Il nome ufficiale, forte Quezzi, deriva invece dalla presenza dell'omonimo forte ottocentesco posto sulla cima della collina su cui sorge il complesso. È costituito da un insieme di cinque caseggiati, lunghi ciascuno oltre 300 metri, e disposti seguendo le curve di livello della collina sulla quale sono stati edificati. All'interno della costruzione spicca la chiesa parrocchiale Mater Ecclesiae costruita alla fine degli anni ottanta, con una curiosa forma di prua di nave. Amministrativamente fa parte del Municipio III - Bassa Val Bisagno (San Fruttuoso, Marassi, Quezzi e Biscione) ed ha, come singola unità urbanistica, una popolazione di 9 283 abitanti (al 31 dicembre 2010). Il nome Biscione, riferito per estensione al quartiere in cui sorge il complesso, dalla sua particolare struttura degli edifici, soprattutto il maggiore, che ricorda appunto le fattezze di un lungo e sinuoso serpente. Le strade lungo le quali si sviluppa il quartiere sono dedicate a quattro studiosi ed esploratori italiani: via Lamberto Loria, via Leonardo Fea (due edifici), via Elio Modigliani, via Carlo Emery. Il Quartiere INA-Casa di Forte Quezzi fu realizzato nell'ambito del piano INA-Casa per le case popolari edificate con finanziamento pubblico. La progettazione urbanistica del complesso fu affidata ad un ampio gruppo di architetti e risale al 1956/57. L'edificazione dell'ultimo edificio fu completata nel 1968. I coordinatori del gruppo furono Luigi Carlo Daneri e Eugenio Fuselli. La progettazione architettonica fu suddivisa nelle singole unità del quartiere come segue: casa A: capigruppo Luigi Carlo Daneri e Eugenio Fuselli; casa B: capogruppo Robaldo Morozzo della Rocca; casa C: capigruppo Angelo Sibilla e Mario Pateri casa D: capogruppo Gustavo Pulitzer Finali casa E: capogruppo Claudio Andreani Le diverse costruzioni che compongono l'insieme edilizio si distinguono per la presenza di due passeggiate, una al livello di un primo piano e l'altra al livello del quarto. Nelle intenzioni dei progettisti erano finalizzate al passeggio e al gioco dei bambini. L'orientazione generale delle facciate è rivolta a meridione, con massimo sfruttamento del soleggiamento. Complessivamente il complesso dei cinque edifici prevedeva la presenza di 865 appartamenti, che si stimava dovessero permettere una capienza complessiva di 4 500 abitanti. Gli edifici seguono le curve di livello e si snodano per molti metri; l'edificio più lungo ha uno sviluppo di circa 540 metri per 33 di altezza. La fonte di ispirazione per questo tipo di edilizia, che segue l'andamento curvo del territorio, si può individuare nel "piano Obus" di Algeri ipotizzato negli anni trenta da Le Corbusier. Il progetto attirò l'attenzione del mondo dell'Architettura del tempo, tra pareri positivi (che evidenziavano la forte carica innovativa del progetto) e negativi (principalmente per la scelta della zona, impervia e difficilmente raggiungibile, e per la densità abitativa, che era ritenuta troppo elevata per garantire una buona qualità della vita). Il quartiere doveva essere immerso in un parco urbano, dovevano essere presenti molti servizi ed era prevista l'apertura di negozi lungo tutto l'edificio principale.. Negli anni immediatamente successivi all'ultimazione degli edifici furono costruite una serie di abitazioni private, sfruttando le opere di urbanizzazione del quartiere, che snaturarono il progetto urbanistico. In anni più recenti il quartiere è stato comunque dotato di alcuni servizi, quali la scuola elementare e materna e una chiesa cattolica. Edificate in pieno boom economico come case popolari, per far fronte alla richiesta di abitazioni dovuta alla forte immigrazione dal meridione d'Italia, le abitazioni del complesso edilizio furono assegnate poi anche a molte famiglie genovesi espropriate dal centro storico che proprio allora iniziava ad essere interessato da profondi lavori di ristrutturazione per l'adattamento a sede della city degli affari e a moderno quartiere per gli uffici pubblici e amministrativi locali. L'evoluzione del quartiere non ha avuto, nel corso degli anni, vita facile. Specie nella fase iniziale - con carenza di strutture e servizi pubblici - venne identificato spesso come una sorta di ghetto, che diede la nascita ai quartieri "dormitorio" come Begato, CEP o le "Lavatrici", tutte strutture criticate in passato per il loro impatto paesaggistico e per l'isolamento dal resto del tessuto cittadino. L'alluvione dell'ottobre 1970 ebbe come conseguenza il crollo di un'ala dell'edificio di via Fea. Nessuno rimase sotto le macerie. Al posto degli appartamenti è stato in seguito costruito un locale adibito a centro sociale e una scuola materna. Chiesa parrocchiale della Mater Ecclesiæ, inizialmente ospitata in una sede provvisoria nei pressi del complesso edilizio, fu eretta in parrocchia con decreto del cardinale Giuseppe Siri del 22 dicembre 1965. L'attuale chiesa fu inaugurata nel 1997. Pietro D. Patrone, Daneri, introduzione di Enrico D. Bona, Genova, Sagep, 1982. Eugenio Fuselli, La casa più lunga, in AL Architetti Liguria, n. 9-10, rivista dell'Ordine degli Architetti della Liguria, gennaio-aprile 1990, pp. 20–22. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Biscione Storia del Biscione di Genova, su archivio.archphoto.it. URL consultato il 6 febbraio 2014 (archiviato dall'url originale il 6 febbraio 2014).