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Villa Cogozzo

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Production unit of the Mylius Bernocchi factory for cotton makò spinning in Cogozzo (Valtrompia)
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Villa Cogozzo è una frazione del comune bresciano di Villa Carcina che rappresenta la porzione settentrionale del centro abitato. La località era un piccolo villaggio montano di antica origine. Villa Cogozzo si unì per la prima volta con Carcina su ordine di Napoleone, ma gli austriaci annullarono la decisione al loro arrivo nel 1815 con il Regno Lombardo-Veneto. Dopo l'unità d'Italia, il paese crebbe fortemente da mille a duemilacinquecento abitanti. Fu il fascismo a decidere la soppressione del comune unendolo definitivamente a Villa Carcina. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Cogozzo Lombardia Beni Culturali, su lombardiabeniculturali.it.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Villa Cogozzo (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Villa Cogozzo
Via Fratelli Tolotti, Comunità montana della valle Trompia

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25069 Comunità montana della valle Trompia
Lombardia, Italia
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Sarezzo
Sarezzo

Sarezzo (Sares o Sarès in dialetto bresciano, pronuncia /saˈrɛs/, localmente [haˈrɛh] o [hæˈrɛʰ]) è un comune italiano di 13 162 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia; fa parte della comunità montana della Valtrompia. Il comune si trova nella bassa Val Trompia e una parte nella laterale val Gobbia, a circa 13 chilometri a nord del capoluogo; è interamente attraversato dal fiume Mella. Qui convergevano le antiche popolazioni per gli scambi commerciali e del bestiame; Sarezzo rivestiva così un ruolo prioritario in Valtrompia. Questa realtà ebbe inizio fin dai primordi della storia e si è consolidata in epoca celtica e romana. Lo stesso antico nome Saretium, ricorda l'idea di steccati e serragli per bestiame. L'Olivieri e il Gnanga fanno riferimento per il nome alla selce e nominano il termine Sérès che tuttavia si riferiva al granito di cui a Sarezzo non c’è traccia. Viene nominato nella quadra di Valtrompia del 1385 come Serezio, e nello statuto del Comune di Brescia del 1429 come Serecium. A Sarezzo si ebbe un seguito abbastanza consistente o comunque una palese favorevole disposizione verso le idee 'ereticali' del '500, stando alla testimonianza del rettore don Ludovico Dolzi, il quale il 12 settembre 1557 chiede al reverendo arciprete Vincenzo Covi di informare il vicario generale della diocesi come spesso venissero, sulla piazza del paese e per tutta la vallata, degli eremiti, a tener discorsi molto graditi a queste bestie de luterani et vano forsi seminando delle eresie e zizanie di sorte, come ne è pien tutto il mondo; precisando inoltre che ultimamente ne era venuto uno a predicare nella piazza di Sarezzo, egli (don Dolzi) lo aveva invitato a smettere di parlare e allontanarsi, ma quelli che lo stavano ascoltando hanno incominciato a mormorare e a dire che bisognava lasciarlo predicare, come in precedenza solevano fare gli altri preti. Tiburzio Bailo di Sarezzo, potentissimo verso fine Seicento, aveva puntato sulla fabbricazione di artiglieria. Tale era la sua fama da potersi permettere di non andare a Venezia alla presenza del Consiglio dei Dieci. I Bailo erano tra i principali fornitori di pezzi di artiglieria per la Repubblica veneta. Con la caduta di Venezia le fortune dei Bailo sarebbero declinate. A rialzare la famiglia ci avrebbe pensato Ottavio Bailo, nato nel 1775, che aderì di slancio al nuovo ordine francese, mantenendo beni di famiglia ed influenza. Ottavio però non sfuggì alle vendette successive alla caduta di Napoleone perché con l'Austria subì ingiurie e ricatti, proprio per il suo passato di amico dei Francesi. Nel gennaio 1814 al comune di Sarezzo arriva la richiesta di un paio di centinaia di operai da inviare a Mantova per costruire quello che si chiamerà il Quadrilatero. Nel 1825, per la visita dell'arciduca d'Austria Francesco Carlo, viene eretto un arco di trionfo a Zanano. Nel 1836, a causa di un'epidemia di colera, a Sarezzo moriranno 80 persone. Delle numerose inondazioni che afflissero la valle, a Sarezzo si ricorda in particolare quella del 14 agosto 1850 che causò le peggiori distruzioni. Il 27 giugno 1920, la contestazione organizzata dai socialisti contro la festa della sezione cattolica di Sarezzo provoca 5 morti e 9 feriti, con intervento dei carabinieri. A Sarezzo, nel cuore dell'inverno, momento sempre intensamente drammatico, dalla Federazione provinciale fascista giungono 1500 lire di offerte assistenziali, sulla scorta di questo buon esempio il podestà di Sarezzo invita le famiglie facoltose del paese a versare denaro o generi alimentari al comitato comunale, per soccorrere i disoccupati e le famiglie povere. Il gonfalone è costituito da un drappo di bianco con la bordatura di azzurro. Chiesa dei Santi Faustino e Giovita Abitanti censiti Sarezzo comprende anche delle frazioni: Noboli, Ponte Zanano, Valle di Sarezzo e Zanano. Fra il 1882 e il 1954 Sarezzo ospitò una fermata della tranvia della Val Trompia, nonché una stazione della stessa posta in località Zanano. Ora sostituita dalla linea di autobus S201, gestita dalla Arriva Italia. Il comune è attraversato dalla SP BS 345 delle Tre Valli che la collega a Brescia ed al Passo del Maniva ed altre località importanti della Valle; altre strade importanti sono la SP 3 che la collega a Lumezzane ed a sua volta si innesta alla SP BS 237 del Caffaro. Ad ovest del territorio comunale, a Ponte Zanano, ha importanza anche la strada per Polaveno, che da lì diventa la SP 48 che si innesta con la SP BS 510 Sebina Orientale ad Iseo. È inoltre in progetto il Raccordo Autostradale della Valtrompia per collegarla all'Autostrada A4. Di seguito l'elenco dei sindaci eletti direttamente dai cittadini (dal 1995): Oberhaslach Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Sarezzo Sito ufficiale, su comune.sarezzo.bs.it. Sarézzo, su sapere.it, De Agostini.

Pregno
Pregno

Pregno, frazione di Villa Carcina si trova sulla sponda sinistra del fiume Mella nella bassa val Trompia e conta 143 abitanti. La Frazione dista, in linea d'aria, 0.79 Km dal Comune di Villa Carcina e 10.36 Km dalla Provincia di Brescia. Dista 80.71 Km dal Capoluogo di regione (Milano) Secondo alcune ricostruzioni il suo nome significherebbe "casa diroccata". A Pregno si hanno le prime documentazioni di un insediamento romano in val Trompia, in località Zignone, precedenti sia alla villa ritrovata nella frazione Cogozzo che all'acquedotto che passava appunto da Pregno, e che tuttora è visibile sia qui che in frazione Costorio a Concesio (a fianco della strada statale triumplina). Quest'opera portava l'acqua potabile da Gazzolo di Lumezzane alla città di Brescia. La tradizione vuole che fosse chiamato "Condotto del Diavolo" ed in un antico documento del 1300 veniva denominato "Cuniculum Priegni". Secondo episodi leggendari, raccolti nella "PASSIO", composta nell'VIII secolo da un certo prete Giovanni di Milano su richiesta del duca longobardo di Brescia (forse lo stesso Re Desiderio), i Santi Faustino e Giovita nacquero in Zignone, località di Pregno, come accennato anche nella leggenda di Santa Cecilia Il primo maggio 1527 e nel 1850 una grande alluvione del Mella colpisce la Valtrompia e fa crollare il ponte di Pregno. Fu però nel 1882 che si verificò l’evento più catastrofico per il paese: L'abitato di Pregno venne infatti invas0 dalle acque del Mella e il ponte di Pregno venne addirittura travolto e distrutto. L'economia è ancora prevalentemente industriale. Fra il 1882 e il 1954 Pregno ospitò un'importante stazione della tranvia della Val Trompia.

Villa Carcina
Villa Carcina

Villa Carcina (pronuncia [ˈvilːa kaɾˈʧiːna], Vila Carsina in dialetto bresciano, pronuncia /ˈvila karˈsiːna/, localmente [ˈvilɑ kaɾˈhiːnɑ]) è un comune italiano di 10 708 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia, nella bassa Val Trompia. Il Comune di Villa Carcina è situato a Nord della città di Brescia ed è composto da 5 nuclei abitativi: Cailina, Carcina, Cogozzo, Pregno e Villa. Villa Carcina confina a nord con il comune di Sarezzo, a est con i comuni di Lumezzane e Concesio, a sud con il comune di Concesio, a ovest con i comuni di Brione e Gussago. Il territorio comunale ha una superficie di 14,41 km². È formato da una striscia centrale con andamento da nord a sud che costituisce il fondo valle al centro del quale scorre il fiume Mella. A est e ovest l'andamento del territorio è montuoso con quote che raggiungono mediamente 1.000 m. Il monte più alto del comune è il monte Palosso con i suoi 1.158 m. Il clima di Villa Carcina è caratterizzato da inverni freddi con abbondanti nevicate nelle montagne limitrofe, e da estati calde. Villa significa casa di campagna o villa senza cinta in contrapposizione al castello che invece era circondato da mura anche se vi si può scorgere nella parte alta dell'abitato un resto di basamento di fortificazione Carcina, secondo alcune ipotesi, viene fatto derivare dal volgare Carectina o Caricetina, cioè luogo paludoso con giunchi, che in seguito fu bonificato dai Benedettini di Sant'Eufemia. Qui si trova la casa più antica di tutto il comune nei pressi della Chiesa parrocchiale, di proprietà della famiglia Frassine. Cailina viene da alcuni associato a casilina anche se in passato risulta chiamato come Caylina, Caiglina ecc. Intorno alla fine del XVIII secolo, quando ancora Carcina "alta" non esisteva, veniva definita come "il paese che per estimo territoriale superava Villa e Cogozzo assieme (Giovanni da Lezze, riportato in Villa carcina, un paese alle porte della Val trompia)". In seguito alla costruzione delle trafilerie in località Rassega questa percezione è andata perduta. Nel 1700 la sua popolazione viene definita "atta ai maneggi" ovvero, atta a creare situazioni poco chiare da cui ricavarne un certo vantaggio: il riferimento è al tentativo portato avanti sotto l'amministrazione veneta di uscire dal comune di Villa Cogozzo e di unirsi a San Vigilio per via degli sgarbi ricevuti dai concittadini che, senza curarsi di questa frazione, costruirono un unico ponte carrabile tra le opposte rive del Mella in vicinanza di Pregno, obbligando i cailinesi a passare più spesso tramite San Vigilio che Villa per arrivare al capoluogo provinciale. La chiesa di San Michele, di chiara origine longobarda, divenne parrocchiale con decreto vescovile del 15 febbraio 1963. Alcune fonti indicano che la chiesa non era l'unico centro di culto del paese ma che vi era in origine un secondo luogo di culto dedicato a San Nicola, la cui ubicazione è andata perduta lungo i secoli. Cogozzo, secondo alcune ricostruzioni significherebbe luogo a punta, riferendosi forse alla parte che sta alla chiesa di San Lorenzo sulla strada interna per Noboli, ove vi era probabilmente la strada romana che attraversava il Mella in frazione Noboli di Sarezzo, ove tuttora sorge un ponte romano ancora in uso. Era dimora a famiglie benestanti e vi ha sede l'acquedotto principale comunale (il comune ha circa 4-5 pozzi) Pregno: qui si hanno le prime documentazioni di un insediamento romano in valle, località Zignone, precedenti sia alla villa ritrovata a Cogozzo che all'acquedotto. Da questa località passava per l'appunto l'acquedotto romano, tuttora visibile sia qui che in un punto della triumplina in frazione Costorio a Concesio, che portava l'acqua potabile da Lumezzane alla città di Brescia. La tradizione vuole che fosse chiamato "Condotto del Diavolo" ed in un antico documento del 1300 veniva denominato "Cuniculum Priegni". Un'antica leggenda narra che i santi patroni Giovita e Faustino crebbero appunto nel castrum di Pregno in località Zignone. Altra nota d'interesse: Pendezza e Zignone furono le prime località mappate dagli ufficiali napoleonici. I primi abitanti della Valtrompia furono probabilmente tribù di ceppo ligure-euganeo, dette "Triumplini", che presero il nome alla Valle, essendovisi riparati dopo esser stati scacciati dalla zona di Brescia all'arrivo dei galli Cenomani. Di loro se ne conserva il ricordo nel "Trofeo delle Alpi" di La Turbie, in Francia, che commemora la vittoria dell'imperatore Augusto su 46 tribù alpine, avvenuta il 16 a.c. nel quadro della guerra retica, dove sono citati per primi. Questa popolazione ha lasciato dietro di se alcuni scarsi manufatti e notizie che ci sono pervenuti per tramite dei romani i quali indicano che avessero una lingua scritta, a differenza dei Celti che non lasciarono scritti, e che usassero l'alfabeto etrusco. Benché fossero presenti nella città di Brescia fin da prima del 196 a.C., i Romani si spinsero quindi nelle valli bresciane quasi due secoli dopo. D'epoca romana la principale testimonianza sono i numerosi tratti tuttora visibili dell'acquedotto romano, la cui costruzione risale al quarto decennio del primo secolo dopo Cristo. Al tracciato principale, che dalla fonte detta dell"Acqua Salsa" in territorio di Lumezzane proseguiva verso la città mantenendosi sulla sinistra orografica del Mella, fino al Cidneo, nel territorio di Villa Carcina va aggiunto anche un ramo "laterale", con partenza dalle sorgenti di Siviano fra gli abitati di Villa e Cogozzo, scoperto solamente nel corso degli anni '70 del secolo scorso. È materia incerta ma si crede che il Celato derivi da un tratto rotto dell'acquedotto romano nei pressi di Concesio. Il nome celato deriverebbe da Salsa e attraverso alcune corruzioni Celat. Nel 402 il territorio bresciano venne travolto dalle orde gotiche di Alarico mentre nel 476 Odoacre, alla testa di un esercito di Eruli, conquistò la pianura padana portando alla fine dell'Impero e facendo entrare Brescia nel suo dominio. Nel 568 il territorio bresciano fu quindi conquistato dai goti e infine dai Longobardi che mantennero il potere fino all'anno 774, con la conquista da parte dei franchi di Carlo Magno. A partire da quel momento le valli, per via della presenza del ferro e delle relative entrate che il commercio di questo materiale assai pregiato comportava, divennero Demanio. Per quanto riguarda i resti fino a questo periodo, le principali tracce dell'epoca alto medievale riguardano la necropoli scoperta nel 1986 lungo l'attuale via Lazio e una Franca, un pezzo di lancia, nei pressi della fonte di Cogozzo. Più recente è invece il Castello, di cui ancora oggi restano alcuni resti nella località di Villa. Nel periodo seguente la storia di Villa e di Carcina si lega strettamente a quella della Valle Trompia: Nel 1404 Pandolfo Malatesta concede al territorio da Carcina a Collio, esclusi Polaveno e la conca di Lumezzane, che saranno infeudati agli Avogadro, uno statuto ad hoc [3], questi statuti saranno poi revocati al ritorno della signoria milanese nel 1421. A seguire,Il 17 marzo 1426, dopo un conciliabolo tenuto in Gussago, nel "loc de la Begia" tra i Averoldi, gli Avogadro, i Fenaroli ed altri, Brescia si rivoltò a Filippo Maria Visconti e si diede alla Repubblica di Venezia. La Valtrompia, durante il governo veneto, a seguito della rinnovata concessione dello status di territorio separato nel 1436 godeva di esenzioni fiscali e relativa autonomia amministrativa. Ogni due anni, nel Palazzo Fontana, sede della Comunità di Valle, sito in Tavernole, i rappresentanti dei comuni valtrumplini eleggevano al governo della Valtrompia un Sindaco e un Vicario (che svolgeva anche funzioni di giudice civile). A Carcina, primo Comune della valle, era collocato l'arco di ingresso "Porta della Valtrompia": o che segnalava il passaggio dalla giurisdizione di Brescia a quella della Valle, entrata simile vi era a Cailina. Fungendo da casello daziario ( il dazio veneto venne abolito nel 1797) al calar del sole, i cancelli venivano regolarmente chiusi. Questo portale aveva al momento dell'abbattimento, durante il periodo austriaco, il portale aveva lo stemma che ora si può vedere sopra il portale di casa Frassine a Carcina. La giurisdizione, ancorché la sede fosse a Tavernole, aveva il centro politico tra Ponte Zanano, residenza del Capitanio di Valle. Durante tutto il periodo veneto le Vicinìe di Carcina e Villa vengono unite fiscalmente nella medesima quadra, sistema per il calcolo delle esazioni fiscali. Carcina era sede, come altri paesi, si veda Gardone, di una prigione veneta mentre le condanne penali venivano elargite da "cavalieri" ovvero giudici inviati dalla città a Tavernole e che avevano particolari esenzioni riguardo vitto e alloggio Il 1512 è ricordato come l'anno del Sacco di Brescia a seguito della Congiura Avogadro. Promotore della congiura, la seconda contro gli occupanti francese fu Luigi Avogadro, collegata ai fatti di Venutra Fenaroli nella chiesa del Carmine, che faceva parte della stessa congiura, ma che non riuscì a mettersi in salvo. I rivoltosi, riuscirono in un primo tempo ad occupare la città costringendo i francesi a riparare nel Castello. I triumplini, capeggiati dagli Avogadro, proposero di prendere subito il castello, ma per motivi sconosciuti, forse ritenendo l'impresa troppo ardua ( il castello non aveva le fattezze attuali, il Gritti rifiutò, commettendo un errore grossolano quanto gravido di conseguenze. Le truppe veneziane, comandate dal Gritti licenziarono poi i triumplini per evitare scontri in città con la popolazione e quando Gaston de Foi venne a conoscenza dell'impresa, lasciò Bologna per dirigersi su Brescia. Alla notizia dell'arrivo del comandante francese, Gritti si avvide dell'errore commesso e richiamò quanti più triumplini possibile, non riuscendo che a racimolare uno sparuto gruppo. I francesi del Foix tornarono in otto giorni e i veneziani vennero presi da due fronti: da una parte la guarnigione del castello rinforzata da un gruppo di francesi entrata dalla porta del soccorso, scesi per Torrelunga, dall'altra i veneziani, i quali, nel tentativo di fuggire, aprirono la porta a Santi Nazaro e Celso e vennero quindi falcidiati e inseguiti per tutta la città dai francesi ivi penetrati. A nulla valse quindi il sacrificio della sparuta scolta di triumplini richiamati in fretta dal Gritti e collocati in Fiorano . I francesi, in seguito cedettero il governo di Brescia agli spagnoli e dopo una serie di cambi e giravolte di alleanze aiutarono i Veneziani a rientrare nell'ottobre 1816 in città. Il comune di Villa Carcina venne interessato dagli avvenimenti in quanto dall'ottobre del 1511 fu nel castello di villa, di pertinenza degli Avogadro, che vennero riuniti i valligiani favorevoli a Venezia, si racconta altresì che fu un fabbro di Cogozzo ad aprire i cancelli ai Bresciani nella prima presa della città a porta san Nazaro. Tornati nell'ambito della Dominante, il territorio segue senza particolari scossoni la parabola del governo veneto, se si esclude l'alluvione del 1527 del Mella, che fece crollare il ponte di Pregno. e la partecipazione di alcuni volontari alla guerra di Cipro e conseguente battaglia di Lepanto, in quota alla partecipazione bresciana Si arriva così al 1797, allorquando avvenne la battaglia di Carcina in cui i valligiani ancora fedeli alla Serenissima, poi sconfitti, si scontraronoucontro le preponderanti forze franco-bresciane, la sommossa durerà fino a maggio ma il territorio comunale rimarrà da subito in salde mani repubblicane. A seguito del trattato di Campoformio dello stesso anno divenne territorio della Repubblica Cisalpina e condivise le sorti degli stati napoleonici successivi, come la Repubblica Italiana e il Regno d'Italia, fino alla caduta nel 1814. Nel 1816 nasce a Pregno Serafina Regis, fondatrice dell'oratorio di Carcina. La Regis si dedicava ad opere caritatevoli in prima persona, soccorrendo misere donne del paese o ricamando per il corredo degli altari o commissionando opere d'arte per la parrocchiale. Desiderosa di creare un oratorio femminile in paese, nel 1853 termina i lavori di costruzione di una chiesetta in cui riunire le giovani. Durante il Risorgimento ancorché la città di Brescia si distinse per la rivolta antiaustriaca delle Dieci giornate (marzo 1849) che, per la sua eroica resistenza, le valse l'appellativo datole da Aleardo Aleardi di "Leonessa d'Italia", in valle non vennero segnalate problematiche di alcun genere. Nel 1850 una spaventosa piena del Mella distrusse la valle, danneggiando le infrastrutture e le case da Tavernola a Brescia. Con la seconda guerra di indipendenza del 1859 il territorio bresciano passò al regno di Sardegna che divenne poi, nel 1861, Regno d'Italia. In tale periodo nacquero importanti industrie sul territorio fra le quali spiccarono la Fonderia Glisenti a Carcina, la filatura Mylius di Cogozzo (poi Bernocchi), la Trafilerie Laminatoi Metalli. Nel 1882 la Valtrompia fu collegata alla città da una linea tranviaria, che da Brescia proseguiva fino a Gardone Valtrompia (dal 1910 al 1934 fino a Tavernole) una linea che garantì per anni il collegamento e lo sviluppo economico della valle. Tale linea restò in uso fino agli anni cinquanta del secolo scorso. Sempre nel 1882 un'esondazione del fiume Mella provocò l'invasione delle acque degli abitati di Cogozzo e Pregno e il ponte di Pregno venne addirittura travolto e distrutto. Il 23 agosto 1890 è ricordata la visita alla Fonderia Glisenti di Re Umberto I, che giunse in tram, accompagnato da Giuseppe Zanardelli all'epoca ministro guardasigilli, accolto da una popolazione festante. Seguirono poi brevi soste anche a Villa e a Cogozzo, prima della prosecuzione del viaggio verso le fabbriche di armi di Gardone. Il viaggio venne organizzato dall'allora primo ministro al fine di convincere il sovrano a non spostare tutte le fabbriche d'armi a Terni, considerata più al sicuro in quanto lontana dal confine austriaco che correva sul lago d'Idro. Nel 1935 circa, vennero eseguiti lavori stradali per l'apertura della nuova via dedicata all'industriale Francesco Glisenti. Sempre nel 1935 vengono condotti lavori di consolidamento al ponte di Villa Carcina. Durante la prima guerra mondiale sulla vetta più alta del territorio comunale, il Monte Palosso (1.158 m), vennero realizzate delle piazzole d’artiglieria, un sistema di trincee a difesa delle stesse, una piccola casermetta e un deposito. La zona faceva parte della terza linea di difesa italiana e i manufatti avevano lo scopo non solo di arginare un possibile sfondamento delle linee da parte dell’esercito imperiale, ma anche di difendere la città da possibili incursioni aeree nemiche, come nei fatti avvenne. Si giunge così al 1928: è con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia di sabato 21 gennaio 1928 del Regio Decreto 29 dicembre 1927, n. 2665 "Riunione dei comuni di Villa Cogozzo e Carcina in un unico comune denominato Villa Carcina" che si può dire abbia avuto inizio la storia del Comune. All'epoca la popolazione era pari a 4.535 unità, cifra che ben presto crebbe, per le numerose fabbriche del territorio che porteranno numerosi lavoratori ad insediarsi nel paese. Durante la seconda guerra mondiale, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, il territorio triumplino entrò a far parte della Repubblica Sociale Italiana. Dopo il 1945 il Regno d'Italia lasciò spazio alla Repubblica Italiana e da allora la Valle Trompia si è distinta per l'operosità delle fabbriche locali che hanno dato lavoro a numerose persone. Lo stemma è privo di un formale decreto di concessione ed è adottato e utilizzato liberamente dal Comune. Il gonfalone è un drappo di azzurro. Il nucleo originario della piccola chiesa di San Rocco, a Carcina, doveva occupare presumibilmente l'attuale seconda campata della navata e il presbiterio. L'edificio originario, citato a partire dal 1567, probabilmente risale tra la fine del XV secolo e la prima metà del XVI, forse fondato per sciogliere un voto della comunità in onore di San Rocco di Montpellier, vissuto fra il 1346 e il 1376, il pellegrino francese invocato fin dal Medioevo come protettore dal terribile flagello della peste. L'edificio è poi citato negli atti della visita pastorale di San Carlo Borromeo del 1580, mentre nel 1582 il vescovo Giovanni Dolfin segnalò nel documento relativo allo stato dei lavori di miglioria dell'edificio che la chiesa era provvista di un'apertura a inferriata e di un portico antistante. Ulteriori lavori di sistemazione vennero eseguiti successivamente, probabilmente alla fine del XVIII secolo. Oggi all'interno della Chiesa si può ammirare la bella pala d'altare realizzata da Pietro Scalvini nel 1785, dedicata ai Santi Rocco, Pietro martire, Nicola da Tolentino e Sebastiano. Posta poco più in alto dell'abitato di Villa sorge la chiesetta dedicata a San Rocco, il santo protettore degli appestati, con ogni probabilità fondata a seguito di un'epidemia nella seconda metà del XV secolo. Tale Santuario viene citato ufficialmente per la prima volta nel 1512, all'interno di un testamento di un devoto. Tra il 1575 e il 1577, forse in seguito a una nuova epidemia di peste, la chiesa venne abbellita e ampliata e già nel 1580, come attestano gli atti della visita pastorale di San Carlo Borromeo, la chiesa era terminata. Fu l'occasione per concedere un'indulgenza plenaria decennale. Nel 1630, durante l'epidemia di manzoniana memoria, è probabile che l'edificio fosse utilizzato come lazzaretto, sia per la cura che per tener lontani i malati dal resto della popolazione, in modo da limitarne il contagio. La piccola sagrestia venne costruita pochi anni dopo, nel 1648. Nel corso del XVIII secolo la chiesa venne nuovamente ampliata e il campanile venne innalzato al livello ancor oggi presente. Un ultimo radicale restauro risale al recente 1989. L'edificio tardo quattrocentesco (forse ampliato nel secolo XVII) sorge su una cappella medievale annessa a un ospizio della diaconia di San Lorenzo, dipendente dalla pieve di Concesio. Al culto del santo diacono era infatti associato quello di San Giacomo, l'apostolo patrono dei pellegrini. Particolarmente venerato è l'affresco votivo quattrocentesco della Madonna col Bambino, ora inglobato nel polittico seicentesco come pala d'altare, in una magnifica soasa lignea. Altre importanti tele sono collocate in splendide cornici di gusto popolare negli altari laterali, San Barnaba e San Gottardo di Antonio Cifrondi e la Madonna col Bambino e i Santi Firmo e Lorenzo di Francesco Paglia, citata nel suo trattato Il Giardino della Pittura; pregevole è anche l'organo del 1773, opera del celebre organaro veneto Gaetano Callido. La santella dei Morcc dé la Canònega poco distante dal santuario di San Lorenzo, custodisce le spoglie degli appestati delle epidemie dei secoli XVI e XVII. La Villa, in stile liberty, venne edificata fra il 1905 e il 1906, e per anni fu residenza della famiglia Glisenti che dal 1859 era proprietaria del vicino stabilimento di Carcina. Divenuta di proprietà comunale, dopo alcuni lavori di adeguamento e ristrutturazione nel maggio del 1989 venne inaugurata quale polo culturale ed espositivo, ed ospitò fino al 2006 anche la Biblioteca del paese. Ora accoglie importanti mostre espositive ed è sede di appuntamenti culturali e conferenze. Un grande parco, con alberi secolari, giochi per bambini, un chiosco e tante attrezzature per lo svago, circonda la Villa stessa ed è sede di numerose manifestazioni nel periodo estivo. Esempio dell’architettura del primo Settecento. Dedicata ai Santi Emiliano e Tirso, su progetto di Giovan Battista Marchetti, o forse di Antonio Turbino. Della precedente chiesa restano soltanto l’abside (ora abitazione del sacrestano) e la vecchia sacrestia (ora chiesetta). La chiesa attuale contiene tele di Pietro Natali e Pietro Scalvini e affreschi di Francesco Monti. Dedicata a San Giacomo, decorata con eleganti stucchi settecenteschi di Benedetto Porta, sorta nel luogo dov’era prima un ospizio medioevale. Fu ricostruita nel 1741-42 e completata nel 1782 con la facciata. Il campanile è opera di Francesco Lepreni. All’interno sono conservati dipinti di Stefano Viviani, Francesco Giugno, Antonio Paglia, Pietro Scalvini. Dalla sinistra del presbiterio si accede alla cappella Regis (1851), nota come Oratorio per le ragazze del paese di Villa Carcina; con una pala di Luigi Campini. Dedicata a San Michele Arcangelo, chiesa citata già nel 1420. L’attuale edificio è del 1951, mentre del precedente rimane il campanile romanico, oltre a qualche frammento di muratura e il vecchio pavimento sotto l'abside. Nella parte destra della navata sotto il campanile era presente una santella dedicata a San Nicola. La pala dell’altare maggiore è di Francesco Paglia. Dedicata a Sant’Antonio Abate, eretta nel 1953-56 su progetto di don Giuseppe Barcelli. Vi si trova, proveniente dalla vecchia chiesa, una pala seicentesca del veneziano Girolamo Pilotti. Inoltre due Angeli lignei di fine ‘600, un Crocifisso ligneo cinquecentesco e una Croce astile argentata del ‘700 A Pregno, ricostruita a inizio ‘700 su un antico oratorio, contiene una pala di Francesco Paglia. L'acquedotto portava l'acqua potabile dalla Valle di Lumezzane (Val Gobbia) a Brescia. La sua costruzione risale al tempo di Augusto Tiberio. Non si conosce con precisione il periodo in cui rimase attivo. Qualcuno afferma che fu abbandonato da Teodorico (nel 495), altri invece sostengono che all'epoca di Gian Galeazzo Visconti (1385) fosse ancora utilizzato. Da Lumezzane Sant'Apollonio l'acquedotto percorreva la Val Gobbia e la Val Trompia per portare l'acqua a Brescia sul colle Cidneo, dove sorge il castello. In particolare, per il tratto Lumezzane-Pregno l'acquedotto era allo scoperto, mentre da Pregno a Costorio scorreva nel sottosuolo. Il cunicolo era costruito con struttura in pietra irregolare di piccole dimensioni. Resti dell'acquedotto furono trovati a Pregno (tuttora evidenti) presso la Serioletta nel tratto di strada di Via Pendezza. Tratti tuttora visibili dell'acquedotto si trovano nella zona immediatamente a nord di Pregno, in via Maravagne e a Costorio, già in territorio di Concesio. Un ramo secondario, che traeva acqua dalla fonte di Cogozzo è invece visibile in via Repubblica. Edificata in stile tardo-neoclassico nel ‘700 è attualmente sede della Casa di Riposo. Complesso di villa e giardino molto piacevole, sebbene il restauro e le aggiunte, fatte con larghezza di mezzi attorno al 1925, ne abbiano arricchita la linea, un tempo ben più semplice e modesta. L'ingresso verso il paese è formato da un'arcata in pietra bugnata ed in essa si apre il portone; due grandi volute accompagnano il portale, ma sono di disegno pesante e scorretto. Il rimanente è moderno, compresa la cinta del giardino. Nella mappa catastale napoleonica del 1810, la villa è indicata come casa di villeggiatura con proprietario Sedaboni Giacomo q. Lorenzo. Il Sedaboni appartiene ad una facoltosa famiglia originaria di Pezzaze, sicuramente presente a Villa già agli inizi del secolo precedente, con beni considerevoli, in case e terreni. Nel 1963 la signora Capretti Colturi donava nel testamento al Comune la sua casa padronale con annesso parco per farne una casa di riposo, ora denominata “Fondazione Colturi – Villa dei pini” Parchi, giardini ed altre aree a verde pubblico, nonché luoghi attrezzati per il relax, i percorsi pedonali, campi gioco per bambini, rappresentano un patrimonio a disposizione di tutta la cittadinanza del comune. Sono 4 i parchi presenti nel comune di Villa Carcina: quello di Villa, quello di Cailina, quello di Cogozzo e quello di Carcina (dove si trova Villa Glisenti). Lo storico ponte di Pregno, su cui fino al 1970 transitava la principale via di collegamento tra la città di Brescia, è un ponte in pietra a tre arcate tuttora visibile pochi metri a nord rispetto al più recente ponte carreggiabile. Un tempo rappresentava uno dei pochi punti di passaggio del fiume Mella in Valtrompia (tant'è vero che i più anziani chiamano ancora la località "Put Pregn", ovvero Ponte Pregno in dialetto locale) e a lungo fu presidiato da gabellieri che chiedevano un tributo per il suo passaggio. Zignone, località posta in quota sopra Pregno, è caratterizzata da ampi prati e una villa rustica con chiesetta dedicata a Santa Teresa d'Avila (appartenuta a don Antonio Zappetti, che nella seconda metà del ‘700 fu parroco di Carcina). Abitanti censiti L'economia del paese era tutta basata sull'agricoltura del terreno e dei monti e da essa si ricavava, sia pure in minima parte, tutto il necessario per il sostentamento. Da quell'epoca derivano alcune denominazioni dei cortili delle case padronali che oggi si possono ancora in parte scorgere soprattutto a Cailina (Mensi e Bregoli in via IV Novembre) e Cogozzo nella parte vecchia. Col passare del tempo, a cominciare dalla seconda metà del secolo scorso, sorsero diverse grosse industrie: nel 1859 la "Glisenti", nel 1889 il cotonificio "Mylius", divenuto in seguito Bernocchi e nel 1911 la "TLM" Trafilerie Laminatoi Metalli, che insieme fornivano lavoro ad oltre 3000 dipendenti. Negli ultimi anni, con il declino della grande industria, sono sorte al loro posto delle officine metallurgiche, fonderie, rubinetterie e meccaniche varie. Per quanto riguarda l'artigianato sono molto diffuse le attività di lavorazione dei metalli, finalizzate soprattutto alla produzione di coltelli e armi da taglio. Nel 1963 la signora Capretti Colturi donava nel testamento al comune la sua casa padronale con annesso il parco per farne una casa di riposo per anziani ora denominata "Villa dei Pini", mentre nel 1980 l'amministrazione comunale acquistò il parco annesso alla Villa Glisenti per farne un parco pubblico e in seguito acquistò anche la villa dove per diversi anni è stata ubicata la biblioteca comunale e dove frequentemente si tengono mostre d'arte e conferenze di vario genere. Il comune è attraversato dall'ex Strada statale 345, ora denominata SP BS 345. Il servizio di trasporto pubblico è gestito da Arriva Italia, che opera con i suoi autobus in tutta la Val Trompia attraverso la linea S201. Fra il 1882 e il 1954 Carcina ospitò alcune fermate della tranvia della Val Trompia, a servizio della popolazione e del locale stabilimento. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Carcina Sito ufficiale, su comune.villacarcina.bs.it. Villa Carcina, su sapere.it, De Agostini.

Chiesa dei Santi Faustino e Giovita (Sarezzo)
Chiesa dei Santi Faustino e Giovita (Sarezzo)

La chiesa dei Santi Faustino e Giovita è la parrocchiale di Sarezzo in provincia di Brescia. Risale al XVII secolo. Nell'XI secolo il capitolo della cattedrale di Brescia fondò a Sarezzo un primo luogo di culto dedicato ai Santi Faustino e Giovita. L'edificio moderno venne edificato a partire dal 1633 e quasi vent'anni più tardi venne completato nelle sue strutture murarie. La solenne consacrazione venne celebrata dal vescovo di Treviso Marco Morosini nel 1652. Nel XIX secolo fu oggetto di restauri e, nei primi anni del secolo successivo, fu rifatta la pavimentazione della sala. La parrocchiale di Sarezzo si trova nel centro storico in piazza Battisti. La facciata è classicheggiante e su un alto basamento si alzano quattro colonne che sorreggono il frontone triangolare. La divisione verticale prodotta dalle colonne distingue la parte centrale, con portale e grande finestra che porta luce alla sala, dalle due laterali, con due grandi nicchie con le statue dei santi Faustino e Giovita sormontate da medaglioni. Il campanile è merlato e ha l'aspetto di una torre civica medievale. La navata è unica, con volta a botte. Sull'altar maggiore Madonna con Bambino e santi, di artista di scuola morettiana, è contenuto nella grande cornice di Carlo Dossena. Nel presbiterio le cantorie sono in legno finemente incise dai Pialorsi e sopra l'organo. Sugli altari laterali pale di Antonio Gandino e Francesco Paglia. Nella canonica crocifisso in legno del Quattrocento. Touring club italiano, Lombardia, Milano/Roma, Touring Club Italiano/Gruppo editoriale l'Espresso, 2005, OCLC 464214217, SBN IT\ICCU\MOL\0052589. Sarezzo Parrocchie della diocesi di Brescia Diocesi di Brescia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa dei Santi Faustino e Giovita Chiesa dei Santi Faustino e Giovita Martiri - Sarezzo, su BeWeB - Beni Ecclesiastici in web. URL consultato il 3 febbraio 2020.

Costorio
Costorio

Costorio (Custùr nel dialetto locale) è una delle frazioni del comune di Concesio, situata a nord del paese, sulla sinistra orografica del fiume Mella, a 9 km dalla città di Brescia, e ad una altitudine di 225 metri sul livello del mare. La frazione di Costorio include anche le località di Codolazza e Valpiana. Codolazza segna anche il confine col comune di Villa Carcina. Costorio, Codolazza e Valpiana contano tutte insieme circa 1 800 abitanti e fanno capo alla parrocchia di S. Giulia (Costorio). Santa Giulia è la patrona della comunità, ad essa sono dedicate sia la chiesa parrocchiale (XX secolo) sia la vecchia chiesetta, che fino al 2011 è stata adibita ad oratorio e circolo giovanile, oggi trasferito in un più ampio e nuovo edificio nei pressi degli argini del fiume Mella. L'edificio più antico, è citato già nella relazione della visita pastorale del vescovo Dolfin del 20 giugno del 1582 ma è stato consacrato soltanto nel XVI secolo. La dedica a Santa Giulia è quasi certamente dovuta a delle proprietà che l'omonimo potente monastero Bresciano possedeva nel territorio di Costorio. L'attuale chiesa parrocchiale invece è stata terminata nel 1912 ed è stata eretta a parrocchia nel 1952 staccandosi dalla Pieve di Concesio. Tra le opere d'arte contemporanea è visibile la grande tela dell'"Ascensione" di Piero Agnetti (1984). F. Nardini, P. Pierattini, C. Stella, Atlante Valtriumplino, Edizioni Grafo, Brescia 1982. A. Fappani (a cura di), Enciclopedia Bresciana, Ed. La Voce del Popolo, Brescia 1989, vol. II. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Costorio

Brione (Italia)
Brione (Italia)

Brione (Breó o Briù in dialetto bresciano) è un comune italiano di 748 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia. Il comune di Brione si trova nell'area geografica della Val Trompia, nonostante, come anche il comune di Polaveno, sia abbastanza defilato rispetto alla direttrice principale della valle. Si colloca su un'altura che sovrasta la zona della Franciacorta, confinando con comuni di quell'area quali Gussago e Ome. Il comune confina, poi, con i comuni valtrumplini Sarezzo, Villa Carcina e Polaveno. Il territorio del comune risulta compreso tra i 320 e i 1.035 metri sul livello del mare. L'escursione altimetrica complessiva risulta essere pari a 715 metri. Le prime notizie su Brione risalgono al XIV secolo, come area territoriale rientrante tra i possedimenti dell'abbazia di Leno. Nel corso dei secoli è passato da diverse circoscrizioni, alternandosi tra i territori della Franciacorta e quelli della Val Trompia. È stato, infatti, parte della quadra di Gussago durante il periodo della Repubblica di Venezia - comune al quale è persino stato accorpato nel corso del XIX secolo per l'esiguità del numero di abitanti - ma anche del cantone del Mella. Dopo un lungo periodo di nuova autonomia, nel periodo fascista e durante la seconda guerra mondiale è stato nuovamente oggetto di accorpamento ad un altro comune franciacortino, Ome. Nel periodo post-bellico è tornato autonomo. Oggi, dopo un significativo incremento negli anni '90 del XX secolo, conta circa 716 abitanti, e rientra nell'area della Val Trompia. Lo stemma adottato dal Comune di Brione si blasona: Le cime richiamano l'antica denominazione di Monte Brioni e le tre stelle rappresentano il capoluogo con le principali frazioni comunali. Il gonfalone è un drappo di azzurro. Chiesa Parrocchiale di San Zenone, realizzata nel 1603 a partire da una costruzione preesistenze risalente al XIV secolo. Chiesa di San Giuseppe, sita in località Barche, risale al 1734. Chiesa del Patrocinio della Beata Vergine, sita in località Aquilini, risale al 1779. Cappella di San Rocco, sita in località Magnoli, risale al 1796. Chiesa di Vesalla, sita nell'omonima frazione che si trova ad un'altitudine di 813 m s.l.m., ristrutturata nel 1923. Palazzo Bailo, edificio cinquecentesco di particolare valore storico, sito nella frazione di Vesalla, appartenente in passato all'omonima famiglia saretina, nota per la produzione armiera per la Repubblica di Venezia. La collocazione è in una posizione particolarmente panoramica che sovrasta la Val Trompia. Si presenta in uno stato di degrado ed abbandono a causa di furti ed atti vandalici, tra cui in incendio che ha portato alla distruzione di buona parte dell'edificio, in seguito alla morte dell'ultimo dei suoi abitanti e gestori, vittima di un omicidio avvenuto nell'anno 2004. Già per la sua collocazione, di particolare piacevolezza sono i panorami che si possono godere dal centro del paese, che si trova in una posizione che sovrasta la pianura bresciana e permette quindi di godere di una vista peculiare sull'area dalla Franciacorta fino all'Appennino tosco-emiliano. Di particolare interesse è anche la frazione di Vesalla, nella quale risiedono oggi una quindicina di persone. Dal centro della frazione dove si trovano parecchi edifici datati, si sviluppano diversi sentieri immersi nella natura verso Pizzo Cornacchia - Sella dell'Oca - Quarone, da dove, si può ammirare dall'alto la Val Trompia sino anche al Lago d'Iseo. Il percorso rientra nell'itinerario de "Il sentiero delle 3V - 3 Valli Bresciane". Abitanti censiti L'economia è sostanzialmente legata alle tradizionali attività agricole, in particolare Brione si è sempre caratterizzato per la sua particolare disposizione, favorevole all'attività venatoria; negli ultimi anni si è prestata particolare attenzione alla ristorazione e al rilancio della coltivazione degli alberi da frutto. Brione (Borgo Chiese) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Brione Sito ufficiale, su comune.brione.bs.it.

Basilica di Santa Maria degli Angeli (Gardone Val Trompia)
Basilica di Santa Maria degli Angeli (Gardone Val Trompia)

La basilica di Santa Maria degli Angeli è un luogo di culto cattolico di Gardone Val Trompia, in provincia di Brescia. Costruita alla metà del Quattrocento per volere di san Bernardino da Siena, la chiesa ha subito ingenti danni dopo la soppressione del 1798, che ha comportato il sequestro e la vendita della maggior parte delle opere contenute, tra cui il polittico dell'Assunta del Moretto. Il resto delle pitture murarie ha invece subito un forte degrado a causa degli usi impropri ai quali è stato sottoposto l'edificio. Più volte restaurata, la basilica è comunque ancora oggi aperta al pubblico, mentre il complesso conventuale adiacente è di proprietà di privati. La chiesa e l'annesso convento vengono costruiti, secondo la tradizione, per volontà di san Bernardino da Siena, che giunse a Gardone nel 1442 durante la sua impegnata opera di evangelizzazione che occupò l'ultima fase della sua vita. La sua predicazione ha notevole successo, stimolando le genti con un nuovo fervore religioso, e la richiesta di opere caritatevoli rivolta ai potenti del luogo si concretizza infine nella donazione, da parte dei nobili Giacomo e Bernardino Avogadro, di un terreno di loro proprietà nei pressi dell'abitato, ceduto con atto notarile il 20 aprile 1442. L'inizio della costruzione del nuovo complesso monastico non parte però immediatamente: in un documento del 1469, in cui Papa Paolo II autorizza l'ingresso dei francescani minori nel convento, si attesta che la sua costruzione è iniziata solamente da poco. Ulteriore convalida all'ipotesi è data dal ritrovamento, nell'archivio comunale di Sarezzo, di una nota di credito del 1496 dovuta a Bernardino da Martinengo, espressamente nominato come costruttore della chiesa in questione. Si può pertanto collocare tra il 1442, data della donazione del terreno, e il 1496 l'edificazione della primitiva cappella dedicata al santo senese, poi descritta negli atti della visita di san Carlo Borromeo del 1580 come preesistente al complesso monastico. Di questo edificio rimangono oggi solo frammenti dell'abside con affreschi del periodo. Gli stessi atti della visita di san Carlo riportano anche alcune importanti notizie sul complesso monastico: si apprende infatti che la chiesa aveva come unica fonte di reddito le elemosine dei fedeli e ospitava sei altari con alcuni monumenti funebri. I religiosi erano cinque, di cui tre presbiteri e due laici. Il monastero, attiguo alla chiesa, aveva due chiostri e davanti alla basilica era posta la primitiva cappella officiata solo nella ricorrenza del patrono. La caduta della Repubblica di Venezia nel 1797 e la secolarizzazione degli ordini religiosi porta a gravi conseguenze: il 6 agosto 1798 i frati vengono allontanati dal convento, che subisce il saccheggio dei rivoluzionari giacobini. Dietro suppliche alle autorità competenti per il loro ritorno, questi ottengono di rientrare il 2 agosto 1799, ma verranno espulsi definitivamente nel luglio del 1803. La chiesa viene abbandonata e ciò che non era già stato portato via viene confiscato dallo Stato e venduto. Il complesso conventuale diventa invece una caserma fino al 1810, quando un gruppo di devoti ottiene il trasferimento dell'istituto militare e avviano il recupero della chiesa. Nel 1837 viene installato un nuovo organo, portando alla distruzione degli affreschi sulla parete destra dell'abside. Nel 1842 il comune di Gardone, facendosi interprete delle istanze della popolazione, organizza il ritorno dei Francescani, chiedendo nello stesso momento il restauro integrale dell'edificio che non sarà poi realizzato, sostituito solamente con opere di essenziale manutenzione. Purtroppo l'ordine lascerà di nuovo e per sempre il convento alla fine del secolo: le strutture finiscono per essere vendute a privati dal Comune, mantenendo la proprietà solo sulla chiesa. Negli stessi anni, fra l'altro, il chiostro minore viene completamente demolito su due lati per consentire il passaggio di una strada. Nel 1920, dopo essere stato utilizzato durante la prima guerra mondiale come deposito militare, l'ex complesso monastico viene completamente restaurato su iniziativa di privati, recuperando gli affreschi conservati anche mediante l'intervento di Vittorio Trainini. Terminati i lavori, la chiesa viene riaperta al pubblico. Altri restauri alle opere e alle strutture seguiranno nella seconda metà del Novecento, in particolare nel 1947 con il consolidamento degli affreschi della terza cappella da parte del bresciano Mario Pescatori, che comportò la distruzione di alcune decorazioni, e nel 1972 quando parte degli arredi e reliquiari furono spostati nella parrocchiale di San Marco Evangelista e vennero rimossi la volta a botte che ricopriva la navata principale ed alcuni ambienti secondari costruiti nel periodo di utilizzo come caserma. Nel 2013 a Gardone Val Trompia, tramite l'organizzazione della Parrocchia San Marco, si sono svolti i festeggiamenti per il 500º anniversario della costruzione della Basilica. La facciata, originale del Quattrocento, è preceduta da un ampio portico costruito successivamente. Appena sotto la copertura, in legno e cotto, di questo atrio si possono osservare da sinistra a destra le figure affrescate di santa Chiara, san Bonaventura, san Luigi da Tolosa e santa Caterina, due a sinistra e due a destra del portale centrale. Notevole, nel registro inferiore, il frammento raffigurante cinque francescani, facente parte probabilmente dell'abside della cappella originaria. Sopra il portale in pietra scura è posta una lunetta recante il monogramma di Bernardino da Siena e sant'Antonio da Padova. L'interno si sviluppa su un'unica navata arricchita sul muro di sinistra da tre cappelle poligonali coperte da volte a ombrello. La copertura attuale della navata ripropone l'originale struttura a capanna in tetto a vista. L'abside è decorato da una lunetta centrale con una Madonna col Bambino affiancata da tre coppie di angeli, datata 1502. L'immagine della Vergine, sovrastata da una vela nella quale compare il Padre Eterno, è affiancata da quelle di Bonaventura e Ludovico da Tolosa. Fra gli altri affreschi dell'abside è interessante un Ecce Homo attribuito a Paolo Caylina il Giovane. Sull'angolo destro fra il presbiterio e la navata è posta invece una Sacra conversazione con la Vergine col Bambino, seduta in trono, affiancata dai Santi Lorenzo e Francesco D'Assisi, datata 1506. Nella prima cappella dall'ingresso è conservata la Stigmatizzazione di san Francesco, nella seconda una Natività datata 1514 e una Flagellazione, mentre nella terza è custodito un trittico con i Santi Antonio abate e Antonio da Padova. Nella basilica, prima della spoliazione napoleonica, esistevano due importanti opere del Moretto: il polittico dell'Assunta e una grande pala con la Madonna col Bambino in gloria con santi, opere eseguite tra il 1530 e il 1540 circa. Del polittico, oggi smembrato tra il Museo del Louvre (le due tavole del registro inferiore) e la Pinacoteca di Brera ("La Vergine Assunta tra i Santi Gerolamo e Marco, Caterina d'Alessandria e Chiara"), rimane oggi solo la l'originale cornice lignea, riempita con fotografie che riproducono i dipinti trasferiti. Un altro polittico, raffigurante la vita di Gesù e di san Pietro, è ora ospitato in parte nella Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, forse altra opera di Paolo Caylina il Giovane. Fra le tele ancora presenti nel tempio si segnalano la pala di controfacciata, di scuola gandiniana e raffigurante la Madonna col Bambino e santi, e una Crocifissione di Bernardo Podavini del 1774. Notevole è anche il grande Crocifisso cinquecentesco esposto nell'omonima cappella, dove è stato collocato dopo il restauro del 1972. Sul pavimento dell'abside è collocato un organo a canne costruito dalla ditta di Crema Inzoli-Bonizzi nel 1985. Lo strumento, a trasmissione elettrica, presenta una consolle con due tastiere di 61 note, una pedaliera concavo radiale di 32 note. La mostra è composta da canne di principale disposte in cuspide unica con bocche a mitria allineate orizzontalmente. Il chiostro maggiore, l'unico sopravvissuto nella sua integrità, si svolge su due piani: quello inferiore è retto da pilastri ottagonali in cotto in successione, poggianti su un basamento continuo, mentre il piano superiore è caratterizzato da un loggiato a pilastri quadrati sui quali poggiano archi ribassati. Carla Fausti, La chiesa e il convento di S. Maria degli Angeli a Gardone V. T., in Santuari e cappelle votive. Itinerario di arte e religiosità popolare, Comunità montana di Valle Trompia, 2000, pp. 41-42. URL consultato il 2 luglio 2019. Ospitato su Biblioteca digitale lombarda. Wikibooks contiene testi o manuali su disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su basilica di Santa Maria degli Angeli Basilica di S. Maria degli Angeli, su parrocchiagardonevt.it. URL consultato il 26 agosto 2013.

Gardone Val Trompia
Gardone Val Trompia

Gardone Val Trompia (Gardù de Altrompia in dialetto bresciano) è un comune italiano di 11 369 abitanti della provincia di Brescia, nella media Val Trompia, in Lombardia. Nel 1927 al comune di Gardone Val Trompia vennero aggregati i comuni di Inzino e Magno, attualmente frazioni. Il comune di Gardone Val Trompia confina a Nord con il comune di Marcheno, a Sud con i comuni di Sarezzo e Polaveno e a Ovest con i comuni di Marone e Sale Marasino. Il territorio ha una superficie di 26 km². Esso è costituito da un andamento da Nord a Sud costituente il fondo valle, al centro del quale scorre il fiume Mella che bagna Gardone Val Trompia e la frazione di Inzino. A Est e Ovest l'andamento del territorio è montuoso con quote che raggiungono e superano i 1000 metri di altitudine. Infatti il territorio del Comune di Gardone Val Trompia è caratterizzato, per la maggiore sua estensione, dalla media montagna che culmina con i 1391 metri di altitudine della Punta Almana e che si estende con le valli tributarie sino ai versanti sud del Monte Guglielmo. Le due valli secondarie, la valle di Gardone e la Valle di Inzino o Rendena sono percorse rispettivamente dai torrenti Tronto e Re. Altitudine di Gardone e frazioni Gardone Val Trompia 332 m s.l.m. Inzino 340 m s.l.m. Magno 615 m s.l.m. Il clima di Gardone Val Trompia rispecchia quello del nord Italia, in particolar modo quello bresciano, caratterizzato da inverni freddi con abbondanti nevicate nelle montagne limitrofe, e da estati abbastanza calde. Nel 1528 la popolazione gardonese, liberata da una funesta pestilenza per intercessione di san Pantaleone, medico e martire di Nicomedia, fa voto di celebrare ogni anno in forma solenne la sua festa. L'incremento della popolazione del Comune di Gardone Valtrompia costituisce una delle ragioni che inducono i gardonesi a chiedere con insistenza la separazione dalla pieve matrice di S. Giorgio di Inzino. Il 25 gennaio del 1543 Antonio, cardinale di Santa Sabina, a nome del papa Paolo III Farnese, accoglie le istanze dei gardonesi e concede la separazione dalla pieve di Inzino. Verso la metà del '500 gli influssi della Riforma luterana si fanno sentire a Gardone, trovando terreno fertile tra quella gente ritenuta dura, ma non priva di cultura. Gli eretici gardonesi manifestano tendenze protestantistiche, ma non riescono a maturare ardite speculazioni dottrinali, tuttavia raccolgono una certa simpatia e seguito. Nella relazione del settembre 1553 al Senato veneto il podestà Catarin Zen si lamenta scrivendo che tutti portano archibusi, et quelli de Gardon fra gli altri non si contentano di uno, ma fino le femine ne portano doi uno in mano l'altro alla centura da roda, sonno mala generation, presuntuosi, lutherani. Il 14 settembre 1554 il nunzio scrive a Roma che la Signoria di Venezia vuole che si mandi a Gardone un buon e catholico predicatore per ricuperare quell'anime delle quali molte sono contaminate. Nasce a Gardone la vicenda criminale del famoso bandito Girolamo Bergomi detto "Feraglio", capo della banda "Feraij", che dal 1610 al 1628 terrorizzò la Val Trompia con assassini, estorsioni e rapine. Dopo un periodo di tranquillità, probabilmente dovuto alla morte di Girolamo Bergomi, nel 1636 la banda Feraij torna in attività capeggiata dal figlio di Girolamo, Alfonso Bergomi, che supererà in crimini e spietatezza le gesta del padre, fino al 1648, quando a seguito di un accordo con le autorità veneziane la banda otterrà l'indulgenza plenaria in cambio del servizio militare in Istria e Dalmazia. La peste del 1630 si porterà via un terzo degli abitanti di Gardone, 500 tra uomini, donne e bambini. Nel 1649 si aprirà una faida tra le famiglie Cominassi e Calliani, che dividerà Gardone di sopra e di sotto. L'epilogo due anni più tardi, quando Lazzarino Cominassi e Pietro Calliani finiranno sul patibolo. L'esecuzione non risolverà però la situazione e nel giugno del 1679 a Gardone viene proibito di far festini pubblici e l'andare a caccia e tener cani a questo oggetto, ovvero attività che comportassero assembramenti di persone ed uso di armi da fuoco, mentre vi sono truppe di ladri che inondano il territorio. A partire dagli anni '70, si scontrarono a Gardone le due fazioni dei Rampinelli e dei Chinelli. Nel 1794 Pietro De Lama in visita presso la Valtrompia descrive Gardone come domicilio di Ciclopi. Il perché è subito chiaro nell'oggetto della successiva descrizione delle fucine, in cui unico si è il lavoro dei fabbri. Sono tutte situate sulla Mella, le acque di cui danno moto alle macchine necessarie alla fabbricazione e seco rotolano dai monti le pietre che stritolate servono di opportuno fondente al ferro. Ecco l'ordine da me tenuto nel visitarle. Rimane ammirato da questo borgo popolato d'armaruoli occupati ad incassare fucili e di donne che ripuliscono colle grosse lime triangolari indicatevi, levigano collo smeriglio e bruniscono con la spontilla le canne. Nel 1797 le truppe napoleoniche arrivano a Brescia e vi instaurano la Repubblica bresciana, a discapito del governo veneto. La Valtrompia insorge ed a guidare gli insorti valtrumplini in battaglia è don Antonio Ussoli, curato di Gardone, con il crocifisso in una mano e una grossa pistola nell'altra come a crociata predicava guerra santa contro i rivoluzionari. I valligiani sono tutt'altro che un'armata brancaleone e, anzi, alle porte di Carcina hanno anche piazzato quattro cannoni presi da casa Bailo, azionati da Piero e Francesco Guerini, due fratelli gardonesi. Nonostante ciò le forze valtrumpline vengono sconfitte ed il 10 aprile Gardone sventola bandiera bianca ed assiste all'ingresso delle truppe francesi. Il 27 aprile Gardone è investita dall'armata fedele a S.Marco che respinge i franco-bresciani fino a Sarezzo. I francesi contrattaccano distruggendo Brozzo. La Valtrompia si arrende. Viene istituito il "Dipartimento del Mella", costituito da due distretti. Il primo distretto è quello di Bovegno, che raduna i paesi dell'alta valle, il secondo è quello di Gardone, che raggruppa le comunità della media e bassa valle. Per Gardone questa promozione è un premio per la fedeltà a Napoleone nei giorni della rivolta del 1797. Durante la prima guerra d'indipendenza, nel 1848 a Gardone si raccolgono armi per i soldati pontifici che attraversano la valle per andare a Bagolino. Don Francesco Beretta di Gardone con il chimico e tecnico dei fucili Antonio Franzini fornisce armamento ad un centinaio di volontari. Il 16 agosto gli Austriaci entrano in Brescia: i gardonesi Matteo Cabona, Angelo Franzini, Rocco Bertarini, Angelo Gatti e Giuseppe Fappani sono fucilati in castello, mentre Bortolo Cominassi e Giuseppe Cortesi riescono a salvarsi in seguito ad una fuga provvidenziale dalla stessa fortezza. Il 14 agosto 1850 si verificò quella che potrebbe essere la più grave inondazione della storia triumplina, causando centinaia di morti e distruggendo case e fucine in tutta la valle. Nel 1882 viene ultimato a Gardone il tram per Brescia e nel 1890 viene messa la luce elettrica. Nel 1890 viene aperto il primo asilo di Gardone. Nel 1903 viene installato a Gardone il telegrafo senza fili (telefono). Nel 1914 i socialisti conquistano la maggioranza nelle elezioni del comune di Gardone, con il loro leader Angelo Franzini, sindaco nel biennio 1914-1915, mandato al confino il 18 luglio 1915 a causa della posizione antimilitaristica assunta dal partito socialista allo scoppio della Grande Guerra. Negli anni della frenesia produttiva novecentesca, l'intera comunità gardonese pare trasformarsi in una sola grande fabbrica; diventa un paese che si intesse di una lunga serie di opere sociali ed assistenziali in grado di accompagnare ogni stadio della vita nel nuovo panorama urbano; un comune che raddoppia i suoi abitanti nel primo mezzo XX secolo. Nel 1930 viene inaugurato il nuovo stadio intitolato a Enrico Redaelli. Il campo sarà reso inagibile dalla piena del Mella del 1939. Nel novembre 1928 la Presidenza del Consiglio dei Ministri scrisse che il Duce avrebbe proposto al Re la concessione del seguente stemma: Verrà concesso con regio decreto del 6 dicembre dello stesso anno. Si tratta, com'è evidente, di iconografia riferibile alla solida e antica tradizione armiera del centro triumplino. Il gonfalone civico fu concesso con regio decreto del 10 settembre 1936 ed è costituito da un drappo di azzurro. Il 17 settembre 2001 a Gardone Val Trompia è stato conferito il titolo di città, assegnato dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in virtù della sua importanza storica e civica. Dal 2002 infatti allo stemma di Gardone Val Trompia è stata aggiunta la corona muraria dorata con cinque torri che rappresenta il titolo di città. Gardone Val Trompia è stata dichiarata Città con il decreto del 17 settembre 2001 dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Gardone Val Trompia: Basilica di Santa Maria degli Angeli; Chiesa parrocchiale San Marco Evangelista; Chiesa San Carlo Borromeo; Chiesa di San Rocco - Santuario della Madonna del popolo. Inzino: Chiesa parrocchiale di San Giorgio; Santuario del S. nome di Maria "Madonna del castello". Magno: Chiesa parrocchiale di San Martino; Chiesa Maria Madre della vita; Santuario di San Bartolomeo. Casa Gotica; Palazzo della Loggetta; Palazzina (o castellino) di Anveno; Palazzo Chinelli (attuale sede del municipio); Ponte Medievale (o romanico); Villa Mutti Bernardelli (attuale sede della biblioteca comunale e del Museo delle Armi); Villa Beccalossi-Buizza; Villa Beretta (sede degli uffici della Fabbrica d'Armi Pietro Beretta). Monumento a Giuseppe Zanardelli: la statua dello statista, fusa in bronzo è realizzata, a grandezza naturale, dallo scultore Salvatore Buemi e collocata su un alto basamento, in pietra di Rezzato e Collio, progettato dall'ing. Giovanni Carminati. Le colonne e le catene metalliche di delimitazione sono fuse e offerte dalla ditta Glisenti di Villa Carcina. Sul basamento è applicata una lapide che reca la seguente scritta: "A Giuseppe Zanardelli la Valle Trompia 1911". Medaglioni di Giuseppe Garibaldi: ci sono due medaglioni di Giuseppe Garibaldi. Il primo, realizzato in terracotta, è appeso sulla parete destra nella sala del Consiglio comunale, nel palazzo municipale. Il secondo medaglione, fuso in bronzo, è applicato ad una lapide visibile su un'abitazione privata che si affaccia sulla piazza Garibaldi. È stato realizzato nel 1911 utilizzando quanto era avanzato dalla cifra raccolta per erigere il monumento a Zanardelli. Monumento alla libertà e alla pace: la scultura si compone di tre formelle di bronzo accostate che svolgono il tema. Nella prima formella l'albero rinsecchito e la larva umana dietro la grata significano la condizione di servitù spirituale e di oppressione morale e fisica che umilia l'uomo quando è soffocata la libertà. La lotta partigiana efficacemente richiamata nella formella centrale, è mezzo per il qual si è riscattata la libertà. L'abbraccio fraterno degli uomini, presentano nella terza sezione di questa scultura l'universale anelito umano alla concordia e alla pace. Monumento al marinaio: è collocato nel piazzale centrale dei portici Beretta. La scultura, in bronzo, è opera di Francesco Medici da Ome ed è stata inaugurata il 12 giugno 1983. Un basamento in porfido reca incisi i nomi dei marinai gardonesi caduti nell'ultimo conflitto mondiale. Da questo sporgono parzialmente un'ancora e la bocca di un cannone, che, quale relitto che le onde rimandano verso la terraferma, rappresenta un severo ammonimento rivolto a ogni uomo perché rifiuti la guerra. Al centro del basamento innalza un'onda sulla quale poggia un gabbiano con un'ala drizzata verso il cielo. Monumenti e busti Beretta: al centro di un giardinetto che sorge a lato della via dedicata all'imprenditore gardonese, sorge il monumento a Pietro Beretta costituito da un busto bronzeo opera dell'affermato scultore bresciano Claudio Botta, collocato su un basamento marmoreo che reca la seguente dedica: "A Pietro Beretta la gente di Gardone - collaboratori e amici- XXIX-VI-MCMLIX". L'industriale è ancora effigiato da Angelo Righetti in un medaglione in bronzo posto nel 1960 nella sede del Banco nazionale di prova per le armi da fuoco portatili e per le munizioni commerciali che ospita un altro medaglione bronzeo con l'effigie di Carlo Beretta, figlio di Pietro, posta nel 1986. Altorilievo della maternità: si trova nell'atrio dell'Ospedale vecchio di zona. Il pannello si deve allo scultore Tommaso Lazzari di Grosseto che lo esegue nel 1972. Abitanti censiti Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2010 la popolazione straniera residente era di 1 864 persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano: Pakistan 390 3,27% Marocco 238 1,99% Burkina Faso 195 1,63% Senegal 165 1,38% Albania 158 1,32% Romania 127 1,06% Il presidio ospedaliero di Gardone Val Trompia è accorpato con gli Spedali Civili di Brescia dal 1º gennaio 1998. Rappresenta una struttura sanitaria importante per gli abitanti della valle in quanto è l'unica struttura a erogare prestazioni sanitarie nel territorio valtrumplino. La città di Gardone Val Trompia è attraversata dalla strada provinciale 345 delle Tre Valli che collega l'intera Val Trompia. La stessa fu interessata, fra il 1882 e il 1954 dalla presenza del binario della tranvia della Val Trompia, la quale aveva a Gardone una delle principali stazioni, nonché due fermate in località Inzino a servizio della stessa e della locale fabbrica d'armi. Gardone Val Trompia come gli altri comuni della valle è servita da trasporto interurbano gestito da SIA Autoservizi (Trasporti Brescia Nord). La frazione di Magno, invece, è collegata al capoluogo tramite un servizio di trasporti privato. Raccolte dell'istituto tecnico G. Zanardelli: collezione di strumenti didattici e scientifici a tema tecnico e industriale. Centrale idroelettrica: costruita nei primi anni del Novecento è stata recentemente ristrutturata ed è visitabile su richiesta. Museo delle Armi e della tradizione armiera: visitabile presso la Villa Mutti Bernardelli, disponibile anche visita guidata e laboratorio per gruppi e scuole. Collezione privata delle armi Beretta: presso l'antica armeria Beretta risalente al 1880. Conserva esemplari della produzione Beretta nonché esemplari storici. Bottega delle incisioni Giovanelli a Magno dove è possibile osservare la decorazione delle armi con incisioni, vecchia ma ancora attuale tradizione della Val Trompia. Sistema integrato archivi e musei: sede presso il Convento Santa Maria degli Angeli. "Bassoli" a Gardone Val Trompia (zona sud) "San Giuseppe" a Gardone Val Trompia (zona centro) "Graziella Ajmone" ad Inzino "Gianburrasca" a Magno "G. Rodari" a Gardone Val Trompia (zona centro) "H.C. Andersen" a Gardone Val Trompia (zona sud) "Anna Frank" ad Inzino "Don Milani" a Magno "A. Canossi" a Gardone Val Trompia Tutti gli istituti sopra citati fanno parte dell'Istituto Comprensivo di Gardone Val Trompia. Liceo "F. Moretti" Istituto Tecnico Industriale "C. Beretta" Istituto Professionale per l'Industria e l'Artigianato "G. Zanardelli" I tre istituti fanno parte dell'Istituto d'Istruzione Superiore "Carlo Beretta" di Gardone Val Trompia Archiviato il 9 giugno 2016 in Internet Archive.. È presente una biblioteca comunale, situata presso Villa Mutti Bernardelli. È sede della famosa casa produttrice di armi Beretta. In tutta la valle la produzione armiera è consistente, tanto da rendere la Val Trompia famosa per essere una grande produttrice di armi da fuoco che vanta numerose aziende, dalle dimensioni variabili: aziende di ragguardevoli dimensioni si affiancano a piccoli laboratori artigianali, spesso a conduzione familiare, dove la produzione delle armi vede pochi pezzi prodotti interamente a mano. È sede anche della ditta Redaelli che ha realizzato le funi per gli stadi degli europei di calcio di Polonia 2012, i mondiali di Brasile 2014 e per lo stadio del Tottenham che è stato inaugurato nel 2018. Di seguito l'elenco dei sindaci eletti direttamente dai cittadini (dal 1995): Nanoro A Gardone Val Trompia trova sede la Comunità Montana di Valle Trompia che raggruppa i 18 comuni della valle. La Comunità Montana è costituita per rappresentare e favorire soluzioni di problematiche che superano l'ambito comunale nonché per specifiche funzioni in campo ambientale, economico, agricolo e forestale di tutela e promozione della montagna, nonché per servizi di area. Catalogo nazionale delle armi comuni da sparo Banco di prova nazionale per le armi da fuoco Fabbrica d'Armi Pietro Beretta Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Gardone Val Trompia Wikivoyage contiene informazioni turistiche su Gardone Val Trompia Sito ufficiale, su comune.gardonevaltrompia.bs.it. Gardóne Val Trómpia, su sapere.it, De Agostini.