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Brione (Italia)

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Brione (Breó o Briù in dialetto bresciano) è un comune italiano di 748 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia. Il comune di Brione si trova nell'area geografica della Val Trompia, nonostante, come anche il comune di Polaveno, sia abbastanza defilato rispetto alla direttrice principale della valle. Si colloca su un'altura che sovrasta la zona della Franciacorta, confinando con comuni di quell'area quali Gussago e Ome. Il comune confina, poi, con i comuni valtrumplini Sarezzo, Villa Carcina e Polaveno. Il territorio del comune risulta compreso tra i 320 e i 1.035 metri sul livello del mare. L'escursione altimetrica complessiva risulta essere pari a 715 metri. Le prime notizie su Brione risalgono al XIV secolo, come area territoriale rientrante tra i possedimenti dell'abbazia di Leno. Nel corso dei secoli è passato da diverse circoscrizioni, alternandosi tra i territori della Franciacorta e quelli della Val Trompia. È stato, infatti, parte della quadra di Gussago durante il periodo della Repubblica di Venezia - comune al quale è persino stato accorpato nel corso del XIX secolo per l'esiguità del numero di abitanti - ma anche del cantone del Mella. Dopo un lungo periodo di nuova autonomia, nel periodo fascista e durante la seconda guerra mondiale è stato nuovamente oggetto di accorpamento ad un altro comune franciacortino, Ome. Nel periodo post-bellico è tornato autonomo. Oggi, dopo un significativo incremento negli anni '90 del XX secolo, conta circa 716 abitanti, e rientra nell'area della Val Trompia. Lo stemma adottato dal Comune di Brione si blasona: Le cime richiamano l'antica denominazione di Monte Brioni e le tre stelle rappresentano il capoluogo con le principali frazioni comunali. Il gonfalone è un drappo di azzurro. Chiesa Parrocchiale di San Zenone, realizzata nel 1603 a partire da una costruzione preesistenze risalente al XIV secolo. Chiesa di San Giuseppe, sita in località Barche, risale al 1734. Chiesa del Patrocinio della Beata Vergine, sita in località Aquilini, risale al 1779. Cappella di San Rocco, sita in località Magnoli, risale al 1796. Chiesa di Vesalla, sita nell'omonima frazione che si trova ad un'altitudine di 813 m s.l.m., ristrutturata nel 1923. Palazzo Bailo, edificio cinquecentesco di particolare valore storico, sito nella frazione di Vesalla, appartenente in passato all'omonima famiglia saretina, nota per la produzione armiera per la Repubblica di Venezia. La collocazione è in una posizione particolarmente panoramica che sovrasta la Val Trompia. Si presenta in uno stato di degrado ed abbandono a causa di furti ed atti vandalici, tra cui in incendio che ha portato alla distruzione di buona parte dell'edificio, in seguito alla morte dell'ultimo dei suoi abitanti e gestori, vittima di un omicidio avvenuto nell'anno 2004. Già per la sua collocazione, di particolare piacevolezza sono i panorami che si possono godere dal centro del paese, che si trova in una posizione che sovrasta la pianura bresciana e permette quindi di godere di una vista peculiare sull'area dalla Franciacorta fino all'Appennino tosco-emiliano. Di particolare interesse è anche la frazione di Vesalla, nella quale risiedono oggi una quindicina di persone. Dal centro della frazione dove si trovano parecchi edifici datati, si sviluppano diversi sentieri immersi nella natura verso Pizzo Cornacchia - Sella dell'Oca - Quarone, da dove, si può ammirare dall'alto la Val Trompia sino anche al Lago d'Iseo. Il percorso rientra nell'itinerario de "Il sentiero delle 3V - 3 Valli Bresciane". Abitanti censiti L'economia è sostanzialmente legata alle tradizionali attività agricole, in particolare Brione si è sempre caratterizzato per la sua particolare disposizione, favorevole all'attività venatoria; negli ultimi anni si è prestata particolare attenzione alla ristorazione e al rilancio della coltivazione degli alberi da frutto. Brione (Borgo Chiese) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Brione Sito ufficiale, su comune.brione.bs.it.

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Polaveno
Polaveno

Polàveno (Polàen in dialetto bresciano) è un comune italiano di 2 479 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia. È un centro artigianale in un'area di valico tra la Val Trompia e il Lago d'Iseo. Il territorio comunale è costituito da un altopiano alquanto ondulato che si può raggiungere dalla Val Trompia e da Iseo con la strada provinciale 48 o da Gussago con la provinciale 10. Il capoluogo, Polaveno, è posizionato nella parte più eminente dell'altopiano, mentre le frazioni di Gombio e San Giovanni si collocano in due vallate minori attigue a quella principale che costituisce la Val Trompia, solcate da due torrenti, denominati rispettivamente Fosso di San Giovanni e Gombiera, quest'ultimo affluente del Mella. Al Passo dei Tre Termini è posto il confine con Iseo. Il territorio comunale va da un'altitudine minima di 360 m s.l.m. nella frazione di Gombio ad una massima di 1011 m s.l.m. La vegetazione dei boschi che circondano l'abitato è quella tipica della zona prealpina con abbondanza di castagni, querce, faggi e betulle. L'etimologia del nome Polaveno è ancora incerta, ma la più diffusa tradizione fa derivare il nome dal latino advenae Polae che significa "venuti da Pola", ipotesi che si rifà alla tradizione secondo la quale il paese sarebbe stato fondato da un gruppo di emigrati istriani che si fermarono nella zona per coltivare il terreno e allevare bestiame. Al nome di Polaveno si può anche attribuire un'altra origine, cioè quella di polis advenae ("venuti dalla città"), che in questo caso sarebbe Brescia. Secondo altre opinioni, il nome potrebbe essere derivato dall'unione dei termini pullus ("terreno") e labes ("frana"),traducibile con "terreno franoso/paludoso", come è parte del territorio di Polaveno, oppure rifarsi a Pola_Poi, da intendersi come "piccola sorgente" o "luogo dove si beve". L'etimologia del nome della frazione Gombio pare invece chiara. Il nome deriva con molta probabilità dal fatto che la valle è a forma di gomito e quindi il termine deriverebbe dal dialettale gombèt ("gomito"). In passato, Polaveno fu una giurisdizione autonoma, feudo dei conti Avogadro di Zanano che lo ebbero nel 1409 in regalo da Pandolfo III Malatesta. Con l'arrivo del governo della repubblica Veneta, dopo quello del Malatesta, gli Avogadro ottennero di scambiare questo feudo con quello, più ricco, di Lumezzane, così Polaveno tornò ad essere autonomo ed indipendente, cominciando ad appartenere alla quadra di Gussago. Il 23 febbraio 1676, in seguito ad una serie di morti per un male non meglio identificato, a Polaveno l'intera comunità decide di solennizzare con una festa la memoria del santo domenicano Pietro Martire se questo farà cessare l'epidemia. Il 7 aprile 1797 passa per Polaveno una colonna miliare francese diretta verso Zanano. Nel biennio 1813-1815 Polaveno registra una serie di malattie dovute a stenti, fame e fatiche. Nel 1859 Giuseppe Garibaldi passa per Polaveno, chiedendo al sindaco qualcosa da mangiare per i suoi volontari e carri per il trasporto dei viveri. Nel frattempo l'eroe è ospitato in una delle case della frazione Parrocchia. Tra il 1904 ed il 1910 emigrano da Polaveno per andare a lavorare in Svizzera 576 persone, portando a casa importanti somme di denaro. A proposito di questo il curato di Polaveno don Stefano Arici scrisse "se tutti i paesi che emigrano fossero come Polaveno in dieci anni la Svizzera sarebbe svaligiata." Nel 1911 un nuovo concerto di cinque campane viene acquistato per il campanile di S.Giovanni di Polaveno. Lo stemma è stato concesso con regio decreto del 1º maggio 1941. Il gonfalone è un drappo di azzurro. La chiesa parrocchiale, a singola navata, risale al XV secolo e sebbene le bellezze dell'architettura lombarda quattrocentesca siano state deturpate da altari barocchi e da successivi restauri compiuti nel 1639, esse ancora spiccano chiaramente nella cordonatura della volta. Sulla parete a destra sono stati scoperti alcuni affreschi votivi del Quattrocento e del Cinquecento, rappresentanti la Madonna, san Biagio Vescovo e san Pancrazio. Perimetralmente alla chiesa ci sono varie epigrafi del XVIII secolo, in ricordo dei parroci qui sepolti. La realizzazione della parte più antica dell'edificio risale al XVI secolo, con una collocazione in senso trasversale all'attuale. Nel corso dei secoli, la chiesa ha subito innumerevoli interventi ed ampliamenti, a partire dalla costruzione dell'attuale battistero, avvenuta nel 1881 e quella della torre campanaria, aggiunta alla struttura iniziale soltanto nel 1911, anno in cui si provvedette anche al restauro dell'organo preesistente. Oggi si presenta come una struttura ad unica navata, con volta a botte, decorata e dipinta, con immagini che richiamano gli episodi più salienti relativi a San Giovanni Battista, risalenti alla prima metà del XX secolo. Lungo il perimetro della chiesa, si possono individuare cinque cappelle laterali. La prima sulla destra della navata contiene l'altare della Madonna del Rosario, con statua lignea della Beata Vergine e soasa dorata realizzate nel 1968. Ben più antiche sono la statua di San Rocco, compatrono della parrocchia, databile a fine '500, inizio '600, collocata nella seconda cappella sulla destra, la pala maggiore, raffigurante la Madonna col Bambino, San Giovanni Battista e San Rocco, risalente al XVII secolo, la pala di San Luigi e quella di Sant'Antonio da Padova, che possono essere fatte risalire anch'esse a quel periodo. Collocata nella frazione più bassa del comune, risale al XVIII secolo e conserva un bellissimo altare marmoreo policromo ed una settecentesca statua lignea della Madonna dal volto dolcissimo. Il santuario di Santa Maria del Giogo è di notevole importanza, convento e ospizio dei monaci Benedettini dell'abbazia di Rodengo: essendo questo giogo uno dei passi più frequentati, tra la Val Camonica e Brescia i monaci avevano fondato un ospizio per il soccorso e la ristorazione dei viandanti. Di costruzione medioevale si colloca su un'altura che sovrasta la Val Trompia e il Lago di Iseo. Le recenti restaurazioni hanno permesso di portare alla luce gli affreschi sulle pareti interne, risalenti nel tempo, che erano stati coperti da interventi successivi. L'antica chiesa di San Martino sul monte, in località Prato, tra Polaveno ed Iseo è una costruzione dell'ordine cluniacense, caratterizzata da uno stile romanico tipicamente lombardo, fondata tra il 1080 e il 1100. Dapprima fu una dipendenza del monastero cluniacense di San Pietro in Lamosa, presso Provaglio d'Iseo, poi fu unita alla Pieve di Iseo. Ora assai decadente, nel XVI secolo ospitava il culto di San Carpoforo come santo taumaturgo in opposizione al mal di testa; la sua devozione venne però vietata al tempo di San Carlo Borromeo poiché finiva in superstizione. Nell'ultimo periodo è stato creato un percorso che ricostruisce la storia della valle delle sorgenti dei lupi con cartelli che riportano gli ultimi avvistamenti, raccolgono storie, foto storiche, usanze e molte altre curiosità. Sul percorso inoltre sono state ricostruite trappole per i lupi ed un autentico poiàt che veniva usato per produrre carbone. La zona si trova alla fine della contrada Gremone e il sentiero collega la frazione di San Giovanni con quella di Gombio. Il tradizionale palio che si tiene una volta all'anno, in occasione della festa di Sant'Anna, compatrona della parrocchia di Polaveno, prevede una corsa delle oche che vengono incitate con una bacchetta dai loro padroni (ocaioli), senza che però essi le tocchino con le verghe, pena la squalifica. Abitanti censiti Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2014 la popolazione straniera residente era di 162 persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano: Marocco 68 2,62% Romania 32 1,23% Pakistan 16 0,62% Ghana 14 0,54% Senegal 10 0,39% Albania 5 0,19% Nel comune di Polaveno sono presenti diverse associazioni di volontariato, tra le quali spiccano l'AVIS Polaveno - Brione, che fa riferimento all'AVIS di Gardone Val Trompia e il Soccorso Polaveno - Brione che svolge funzioni prettamente assistenziali. Per quanto riguarda le associazioni sportive radicate sul territorio, trovano spazio i gruppi C.S.I. San Giovanni - Gombio e il C.S.I. Polaveno, che raccolgono squadre che coprono tutte le fasce d'età e il Gruppo Sportivo Alpino (G.S.A.) San Giovanni, impegnato nella marcia alpina e che conta tra i suoi membri, marciatori che si sono distinti anche a livello nazionale. In ambito artistico-culturale si possono individuare il Gruppo Storia Locale e il Gruppo Teatrale dell'Oratorio di San Giovanni, composto da ragazzi under 30 che propone commedie dialettali, per non dimenticare l'antica tradizione; nonché il Corpo Bandistico "Medaglia d'Oro Peli Paolo" intitolato al compaesano (Peli Paolo) che si distinse per il suo comportamento eroico durante la I Guerra Mondiale, cadendo sotto i colpi nemici nell'adempimento del suo dovere, il 25 ottobre 1917 al passo di Zagradan. La banda musicale fu fondata nel 1932 per volontà del parroco dell'epoca della frazione San Giovanni e contava soli 13 membri. Oggi, i componenti sono circa una quarantina, di diverse età e la composizione strumentale è varia. Sul territorio sono presenti diversi tipi di attività artigianali ed industriali. L'attività agricola è ristretta alla silvicultura, a pascoli e ad allevamenti. Le elezioni amministrative del 25 maggio 2014 hanno riconfermato alla carica di sindaco Fabio Ottavio Peli, rappresentante della Lista Civica "Avanti coi fatti", coalizione di Lega Nord e Forza Italia, che ricopre, quindi, il suo terzo incarico consecutivo, legittimo ai sensi della L. n. 56 del 7 aprile 2014 ("legge Delrio") che riconosce la possibilità di ricoprire un terzo mandato ai sindaci di comuni al di sotto dei 3 000 abitanti. Da maggio 2019 l esito delle amministrative hanno eletto alla carica di Sindaca Valentina Boniotti, rappresentante della lista civica. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Polaveno Sito ufficiale, su comune.polaveno.bs.it. Polàveno, su sapere.it, De Agostini.

Sale (Gussago)
Sale (Gussago)

Sale (Sàle in dialetto bresciano) è una frazione di Gussago che conta circa 6 000 abitanti, dislocata nella zona sud del comune di Gussago. Confina con gli abitati del Villaggio Badia e della Mandolossa di Brescia e con Cellatica. La frazione deve infatti il suo sviluppo alle nobili famiglie dei Sala (che hanno dato il nome alla frazione) e Caprioli, che nel Quattrocento fecero costruire numerosi palazzi e vi stabilirono la propria residenza di campagna.Arroccata sul Monticello si trova la parrocchia dedicata a Santo Stefano, l'oratorio femminile dedicato a Santa Maria Crocifissa di Rosa. Scendendo dal Monticello per via Santo Stefano e via Sorda, si giunge in via Trieste ove si colloca l'oratorio maschile, itrova trono è Lodovico Pavoni.A Sale sono presenti tre chiese: la chiesa parrocchiale di Santo Stefano, la chiesa della Santa Croce e la chiesa privata di Sant'Adriano Martire. Nell'anno in cui la festa dell'Esaltazione della Santa Croce cade in domenica, si svolge una grande festa solenne, così come nell'anno nel quale la Festa di Sant'Adriano cade di domenica, si celebra una grande processione con le reliquie ed una festa nei grandi palazzi nobiliari circostanti. Le arterie principali della frazione sono via Sale, strada antica che dà il nome all'intera frazione e che collega Gussago a Castegnato tramite la località La Stacca (Stàca); via Santa Croce, altra via antica cuore della festa di Sale; via Trieste, via dell'oratorio, del campo sportivo e della scuola materna statale; viale Italia, strada che porta alla zona industriale della Mandolossa; via Togni, strada di campagna che costeggia il torrente e porta alla località Localnuovo (Löcnöf). Sale è la contrada che ha visto crescere maggiormente il proprio numero di abitanti, grazie alla costruzione e successivo allargamento del villaggio Le Frusche (Frösche), il cosiddetto "Villaggio Vaila". Inoltre, sorge la scuola elementare più ampia del paese, intitolata a Teresio Olivelli.

Civine
Civine

Civine (Siìne in dialetto bresciano) è una piccola frazione montana del comune di Gussago in provincia di Brescia. Civine, in latino Civinarum, risalirebbe secondo lo storico locale Vittorio Nichilo al Medioevo. Pur essendo frazione, questa località dai primi anni del Seicento era parrocchia dedicata a San Girolamo. Co patroni della frazione sono i santi persiani Abdon e Sennen, a cui, nel 1796 è stata dedicata una santella in località Riviere. Gli abitanti della frazione sono stati boscaioli, contadini e pastori fino ai primi del Novecento e, dalla prima guerra mondiale, sono scesi a lavorare nelle fabbriche della sottostante Valle Trompia. Il paesino ha ricevuto grande impulso dalla costruzione della strada che lo collega a Gussago, il capoluogo. Tale costruzione fu fortemente voluta dall'allora sacerdote don Pietro Chitò. La località era molto famosa per la produzione di ciliegie che erano molto ricercate per il loro intenso sapore dovuto probabilmente all'acidità del terreno di coltivazione. Esse erano spesso coltivate all'interno delle vigne che sovrastavano, le piante raggiungevano altezze importanti e gli abitanti del paese erano famosi per la capacità di arrampicarsi fino alle estremità durante il periodo di raccolta. Importante era anche la coltivazione del castagno, con varietà a maturazione precoce che venivano facilmente commercializzate in tutta la provincia. Con l'emigrazione che colpì il paese a favore delle industrie della sottostante Valle Trompia le coltivazioni caddero presto in stato di abbandono così come la maggior parte delle vigne.

Pregno
Pregno

Pregno, frazione di Villa Carcina si trova sulla sponda sinistra del fiume Mella nella bassa val Trompia e conta 143 abitanti. La Frazione dista, in linea d'aria, 0.79 Km dal Comune di Villa Carcina e 10.36 Km dalla Provincia di Brescia. Dista 80.71 Km dal Capoluogo di regione (Milano) Secondo alcune ricostruzioni il suo nome significherebbe "casa diroccata". A Pregno si hanno le prime documentazioni di un insediamento romano in val Trompia, in località Zignone, precedenti sia alla villa ritrovata nella frazione Cogozzo che all'acquedotto che passava appunto da Pregno, e che tuttora è visibile sia qui che in frazione Costorio a Concesio (a fianco della strada statale triumplina). Quest'opera portava l'acqua potabile da Gazzolo di Lumezzane alla città di Brescia. La tradizione vuole che fosse chiamato "Condotto del Diavolo" ed in un antico documento del 1300 veniva denominato "Cuniculum Priegni". Secondo episodi leggendari, raccolti nella "PASSIO", composta nell'VIII secolo da un certo prete Giovanni di Milano su richiesta del duca longobardo di Brescia (forse lo stesso Re Desiderio), i Santi Faustino e Giovita nacquero in Zignone, località di Pregno, come accennato anche nella leggenda di Santa Cecilia Il primo maggio 1527 e nel 1850 una grande alluvione del Mella colpisce la Valtrompia e fa crollare il ponte di Pregno. Fu però nel 1882 che si verificò l’evento più catastrofico per il paese: L'abitato di Pregno venne infatti invas0 dalle acque del Mella e il ponte di Pregno venne addirittura travolto e distrutto. L'economia è ancora prevalentemente industriale. Fra il 1882 e il 1954 Pregno ospitò un'importante stazione della tranvia della Val Trompia.

Villa Carcina
Villa Carcina

Villa Carcina (pronuncia [ˈvilːa kaɾˈʧiːna], Vila Carsina in dialetto bresciano, pronuncia /ˈvila karˈsiːna/, localmente [ˈvilɑ kaɾˈhiːnɑ]) è un comune italiano di 10 708 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia, nella bassa Val Trompia. Il Comune di Villa Carcina è situato a Nord della città di Brescia ed è composto da 5 nuclei abitativi: Cailina, Carcina, Cogozzo, Pregno e Villa. Villa Carcina confina a nord con il comune di Sarezzo, a est con i comuni di Lumezzane e Concesio, a sud con il comune di Concesio, a ovest con i comuni di Brione e Gussago. Il territorio comunale ha una superficie di 14,41 km². È formato da una striscia centrale con andamento da nord a sud che costituisce il fondo valle al centro del quale scorre il fiume Mella. A est e ovest l'andamento del territorio è montuoso con quote che raggiungono mediamente 1.000 m. Il monte più alto del comune è il monte Palosso con i suoi 1.158 m. Il clima di Villa Carcina è caratterizzato da inverni freddi con abbondanti nevicate nelle montagne limitrofe, e da estati calde. Villa significa casa di campagna o villa senza cinta in contrapposizione al castello che invece era circondato da mura anche se vi si può scorgere nella parte alta dell'abitato un resto di basamento di fortificazione Carcina, secondo alcune ipotesi, viene fatto derivare dal volgare Carectina o Caricetina, cioè luogo paludoso con giunchi, che in seguito fu bonificato dai Benedettini di Sant'Eufemia. Qui si trova la casa più antica di tutto il comune nei pressi della Chiesa parrocchiale, di proprietà della famiglia Frassine. Cailina viene da alcuni associato a casilina anche se in passato risulta chiamato come Caylina, Caiglina ecc. Intorno alla fine del XVIII secolo, quando ancora Carcina "alta" non esisteva, veniva definita come "il paese che per estimo territoriale superava Villa e Cogozzo assieme (Giovanni da Lezze, riportato in Villa carcina, un paese alle porte della Val trompia)". In seguito alla costruzione delle trafilerie in località Rassega questa percezione è andata perduta. Nel 1700 la sua popolazione viene definita "atta ai maneggi" ovvero, atta a creare situazioni poco chiare da cui ricavarne un certo vantaggio: il riferimento è al tentativo portato avanti sotto l'amministrazione veneta di uscire dal comune di Villa Cogozzo e di unirsi a San Vigilio per via degli sgarbi ricevuti dai concittadini che, senza curarsi di questa frazione, costruirono un unico ponte carrabile tra le opposte rive del Mella in vicinanza di Pregno, obbligando i cailinesi a passare più spesso tramite San Vigilio che Villa per arrivare al capoluogo provinciale. La chiesa di San Michele, di chiara origine longobarda, divenne parrocchiale con decreto vescovile del 15 febbraio 1963. Alcune fonti indicano che la chiesa non era l'unico centro di culto del paese ma che vi era in origine un secondo luogo di culto dedicato a San Nicola, la cui ubicazione è andata perduta lungo i secoli. Cogozzo, secondo alcune ricostruzioni significherebbe luogo a punta, riferendosi forse alla parte che sta alla chiesa di San Lorenzo sulla strada interna per Noboli, ove vi era probabilmente la strada romana che attraversava il Mella in frazione Noboli di Sarezzo, ove tuttora sorge un ponte romano ancora in uso. Era dimora a famiglie benestanti e vi ha sede l'acquedotto principale comunale (il comune ha circa 4-5 pozzi) Pregno: qui si hanno le prime documentazioni di un insediamento romano in valle, località Zignone, precedenti sia alla villa ritrovata a Cogozzo che all'acquedotto. Da questa località passava per l'appunto l'acquedotto romano, tuttora visibile sia qui che in un punto della triumplina in frazione Costorio a Concesio, che portava l'acqua potabile da Lumezzane alla città di Brescia. La tradizione vuole che fosse chiamato "Condotto del Diavolo" ed in un antico documento del 1300 veniva denominato "Cuniculum Priegni". Un'antica leggenda narra che i santi patroni Giovita e Faustino crebbero appunto nel castrum di Pregno in località Zignone. Altra nota d'interesse: Pendezza e Zignone furono le prime località mappate dagli ufficiali napoleonici. I primi abitanti della Valtrompia furono probabilmente tribù di ceppo ligure-euganeo, dette "Triumplini", che presero il nome alla Valle, essendovisi riparati dopo esser stati scacciati dalla zona di Brescia all'arrivo dei galli Cenomani. Di loro se ne conserva il ricordo nel "Trofeo delle Alpi" di La Turbie, in Francia, che commemora la vittoria dell'imperatore Augusto su 46 tribù alpine, avvenuta il 16 a.c. nel quadro della guerra retica, dove sono citati per primi. Questa popolazione ha lasciato dietro di se alcuni scarsi manufatti e notizie che ci sono pervenuti per tramite dei romani i quali indicano che avessero una lingua scritta, a differenza dei Celti che non lasciarono scritti, e che usassero l'alfabeto etrusco. Benché fossero presenti nella città di Brescia fin da prima del 196 a.C., i Romani si spinsero quindi nelle valli bresciane quasi due secoli dopo. D'epoca romana la principale testimonianza sono i numerosi tratti tuttora visibili dell'acquedotto romano, la cui costruzione risale al quarto decennio del primo secolo dopo Cristo. Al tracciato principale, che dalla fonte detta dell"Acqua Salsa" in territorio di Lumezzane proseguiva verso la città mantenendosi sulla sinistra orografica del Mella, fino al Cidneo, nel territorio di Villa Carcina va aggiunto anche un ramo "laterale", con partenza dalle sorgenti di Siviano fra gli abitati di Villa e Cogozzo, scoperto solamente nel corso degli anni '70 del secolo scorso. È materia incerta ma si crede che il Celato derivi da un tratto rotto dell'acquedotto romano nei pressi di Concesio. Il nome celato deriverebbe da Salsa e attraverso alcune corruzioni Celat. Nel 402 il territorio bresciano venne travolto dalle orde gotiche di Alarico mentre nel 476 Odoacre, alla testa di un esercito di Eruli, conquistò la pianura padana portando alla fine dell'Impero e facendo entrare Brescia nel suo dominio. Nel 568 il territorio bresciano fu quindi conquistato dai goti e infine dai Longobardi che mantennero il potere fino all'anno 774, con la conquista da parte dei franchi di Carlo Magno. A partire da quel momento le valli, per via della presenza del ferro e delle relative entrate che il commercio di questo materiale assai pregiato comportava, divennero Demanio. Per quanto riguarda i resti fino a questo periodo, le principali tracce dell'epoca alto medievale riguardano la necropoli scoperta nel 1986 lungo l'attuale via Lazio e una Franca, un pezzo di lancia, nei pressi della fonte di Cogozzo. Più recente è invece il Castello, di cui ancora oggi restano alcuni resti nella località di Villa. Nel periodo seguente la storia di Villa e di Carcina si lega strettamente a quella della Valle Trompia: Nel 1404 Pandolfo Malatesta concede al territorio da Carcina a Collio, esclusi Polaveno e la conca di Lumezzane, che saranno infeudati agli Avogadro, uno statuto ad hoc [3], questi statuti saranno poi revocati al ritorno della signoria milanese nel 1421. A seguire,Il 17 marzo 1426, dopo un conciliabolo tenuto in Gussago, nel "loc de la Begia" tra i Averoldi, gli Avogadro, i Fenaroli ed altri, Brescia si rivoltò a Filippo Maria Visconti e si diede alla Repubblica di Venezia. La Valtrompia, durante il governo veneto, a seguito della rinnovata concessione dello status di territorio separato nel 1436 godeva di esenzioni fiscali e relativa autonomia amministrativa. Ogni due anni, nel Palazzo Fontana, sede della Comunità di Valle, sito in Tavernole, i rappresentanti dei comuni valtrumplini eleggevano al governo della Valtrompia un Sindaco e un Vicario (che svolgeva anche funzioni di giudice civile). A Carcina, primo Comune della valle, era collocato l'arco di ingresso "Porta della Valtrompia": o che segnalava il passaggio dalla giurisdizione di Brescia a quella della Valle, entrata simile vi era a Cailina. Fungendo da casello daziario ( il dazio veneto venne abolito nel 1797) al calar del sole, i cancelli venivano regolarmente chiusi. Questo portale aveva al momento dell'abbattimento, durante il periodo austriaco, il portale aveva lo stemma che ora si può vedere sopra il portale di casa Frassine a Carcina. La giurisdizione, ancorché la sede fosse a Tavernole, aveva il centro politico tra Ponte Zanano, residenza del Capitanio di Valle. Durante tutto il periodo veneto le Vicinìe di Carcina e Villa vengono unite fiscalmente nella medesima quadra, sistema per il calcolo delle esazioni fiscali. Carcina era sede, come altri paesi, si veda Gardone, di una prigione veneta mentre le condanne penali venivano elargite da "cavalieri" ovvero giudici inviati dalla città a Tavernole e che avevano particolari esenzioni riguardo vitto e alloggio Il 1512 è ricordato come l'anno del Sacco di Brescia a seguito della Congiura Avogadro. Promotore della congiura, la seconda contro gli occupanti francese fu Luigi Avogadro, collegata ai fatti di Venutra Fenaroli nella chiesa del Carmine, che faceva parte della stessa congiura, ma che non riuscì a mettersi in salvo. I rivoltosi, riuscirono in un primo tempo ad occupare la città costringendo i francesi a riparare nel Castello. I triumplini, capeggiati dagli Avogadro, proposero di prendere subito il castello, ma per motivi sconosciuti, forse ritenendo l'impresa troppo ardua ( il castello non aveva le fattezze attuali, il Gritti rifiutò, commettendo un errore grossolano quanto gravido di conseguenze. Le truppe veneziane, comandate dal Gritti licenziarono poi i triumplini per evitare scontri in città con la popolazione e quando Gaston de Foi venne a conoscenza dell'impresa, lasciò Bologna per dirigersi su Brescia. Alla notizia dell'arrivo del comandante francese, Gritti si avvide dell'errore commesso e richiamò quanti più triumplini possibile, non riuscendo che a racimolare uno sparuto gruppo. I francesi del Foix tornarono in otto giorni e i veneziani vennero presi da due fronti: da una parte la guarnigione del castello rinforzata da un gruppo di francesi entrata dalla porta del soccorso, scesi per Torrelunga, dall'altra i veneziani, i quali, nel tentativo di fuggire, aprirono la porta a Santi Nazaro e Celso e vennero quindi falcidiati e inseguiti per tutta la città dai francesi ivi penetrati. A nulla valse quindi il sacrificio della sparuta scolta di triumplini richiamati in fretta dal Gritti e collocati in Fiorano . I francesi, in seguito cedettero il governo di Brescia agli spagnoli e dopo una serie di cambi e giravolte di alleanze aiutarono i Veneziani a rientrare nell'ottobre 1816 in città. Il comune di Villa Carcina venne interessato dagli avvenimenti in quanto dall'ottobre del 1511 fu nel castello di villa, di pertinenza degli Avogadro, che vennero riuniti i valligiani favorevoli a Venezia, si racconta altresì che fu un fabbro di Cogozzo ad aprire i cancelli ai Bresciani nella prima presa della città a porta san Nazaro. Tornati nell'ambito della Dominante, il territorio segue senza particolari scossoni la parabola del governo veneto, se si esclude l'alluvione del 1527 del Mella, che fece crollare il ponte di Pregno. e la partecipazione di alcuni volontari alla guerra di Cipro e conseguente battaglia di Lepanto, in quota alla partecipazione bresciana Si arriva così al 1797, allorquando avvenne la battaglia di Carcina in cui i valligiani ancora fedeli alla Serenissima, poi sconfitti, si scontraronoucontro le preponderanti forze franco-bresciane, la sommossa durerà fino a maggio ma il territorio comunale rimarrà da subito in salde mani repubblicane. A seguito del trattato di Campoformio dello stesso anno divenne territorio della Repubblica Cisalpina e condivise le sorti degli stati napoleonici successivi, come la Repubblica Italiana e il Regno d'Italia, fino alla caduta nel 1814. Nel 1816 nasce a Pregno Serafina Regis, fondatrice dell'oratorio di Carcina. La Regis si dedicava ad opere caritatevoli in prima persona, soccorrendo misere donne del paese o ricamando per il corredo degli altari o commissionando opere d'arte per la parrocchiale. Desiderosa di creare un oratorio femminile in paese, nel 1853 termina i lavori di costruzione di una chiesetta in cui riunire le giovani. Durante il Risorgimento ancorché la città di Brescia si distinse per la rivolta antiaustriaca delle Dieci giornate (marzo 1849) che, per la sua eroica resistenza, le valse l'appellativo datole da Aleardo Aleardi di "Leonessa d'Italia", in valle non vennero segnalate problematiche di alcun genere. Nel 1850 una spaventosa piena del Mella distrusse la valle, danneggiando le infrastrutture e le case da Tavernola a Brescia. Con la seconda guerra di indipendenza del 1859 il territorio bresciano passò al regno di Sardegna che divenne poi, nel 1861, Regno d'Italia. In tale periodo nacquero importanti industrie sul territorio fra le quali spiccarono la Fonderia Glisenti a Carcina, la filatura Mylius di Cogozzo (poi Bernocchi), la Trafilerie Laminatoi Metalli. Nel 1882 la Valtrompia fu collegata alla città da una linea tranviaria, che da Brescia proseguiva fino a Gardone Valtrompia (dal 1910 al 1934 fino a Tavernole) una linea che garantì per anni il collegamento e lo sviluppo economico della valle. Tale linea restò in uso fino agli anni cinquanta del secolo scorso. Sempre nel 1882 un'esondazione del fiume Mella provocò l'invasione delle acque degli abitati di Cogozzo e Pregno e il ponte di Pregno venne addirittura travolto e distrutto. Il 23 agosto 1890 è ricordata la visita alla Fonderia Glisenti di Re Umberto I, che giunse in tram, accompagnato da Giuseppe Zanardelli all'epoca ministro guardasigilli, accolto da una popolazione festante. Seguirono poi brevi soste anche a Villa e a Cogozzo, prima della prosecuzione del viaggio verso le fabbriche di armi di Gardone. Il viaggio venne organizzato dall'allora primo ministro al fine di convincere il sovrano a non spostare tutte le fabbriche d'armi a Terni, considerata più al sicuro in quanto lontana dal confine austriaco che correva sul lago d'Idro. Nel 1935 circa, vennero eseguiti lavori stradali per l'apertura della nuova via dedicata all'industriale Francesco Glisenti. Sempre nel 1935 vengono condotti lavori di consolidamento al ponte di Villa Carcina. Durante la prima guerra mondiale sulla vetta più alta del territorio comunale, il Monte Palosso (1.158 m), vennero realizzate delle piazzole d’artiglieria, un sistema di trincee a difesa delle stesse, una piccola casermetta e un deposito. La zona faceva parte della terza linea di difesa italiana e i manufatti avevano lo scopo non solo di arginare un possibile sfondamento delle linee da parte dell’esercito imperiale, ma anche di difendere la città da possibili incursioni aeree nemiche, come nei fatti avvenne. Si giunge così al 1928: è con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia di sabato 21 gennaio 1928 del Regio Decreto 29 dicembre 1927, n. 2665 "Riunione dei comuni di Villa Cogozzo e Carcina in un unico comune denominato Villa Carcina" che si può dire abbia avuto inizio la storia del Comune. All'epoca la popolazione era pari a 4.535 unità, cifra che ben presto crebbe, per le numerose fabbriche del territorio che porteranno numerosi lavoratori ad insediarsi nel paese. Durante la seconda guerra mondiale, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, il territorio triumplino entrò a far parte della Repubblica Sociale Italiana. Dopo il 1945 il Regno d'Italia lasciò spazio alla Repubblica Italiana e da allora la Valle Trompia si è distinta per l'operosità delle fabbriche locali che hanno dato lavoro a numerose persone. Lo stemma è privo di un formale decreto di concessione ed è adottato e utilizzato liberamente dal Comune. Il gonfalone è un drappo di azzurro. Il nucleo originario della piccola chiesa di San Rocco, a Carcina, doveva occupare presumibilmente l'attuale seconda campata della navata e il presbiterio. L'edificio originario, citato a partire dal 1567, probabilmente risale tra la fine del XV secolo e la prima metà del XVI, forse fondato per sciogliere un voto della comunità in onore di San Rocco di Montpellier, vissuto fra il 1346 e il 1376, il pellegrino francese invocato fin dal Medioevo come protettore dal terribile flagello della peste. L'edificio è poi citato negli atti della visita pastorale di San Carlo Borromeo del 1580, mentre nel 1582 il vescovo Giovanni Dolfin segnalò nel documento relativo allo stato dei lavori di miglioria dell'edificio che la chiesa era provvista di un'apertura a inferriata e di un portico antistante. Ulteriori lavori di sistemazione vennero eseguiti successivamente, probabilmente alla fine del XVIII secolo. Oggi all'interno della Chiesa si può ammirare la bella pala d'altare realizzata da Pietro Scalvini nel 1785, dedicata ai Santi Rocco, Pietro martire, Nicola da Tolentino e Sebastiano. Posta poco più in alto dell'abitato di Villa sorge la chiesetta dedicata a San Rocco, il santo protettore degli appestati, con ogni probabilità fondata a seguito di un'epidemia nella seconda metà del XV secolo. Tale Santuario viene citato ufficialmente per la prima volta nel 1512, all'interno di un testamento di un devoto. Tra il 1575 e il 1577, forse in seguito a una nuova epidemia di peste, la chiesa venne abbellita e ampliata e già nel 1580, come attestano gli atti della visita pastorale di San Carlo Borromeo, la chiesa era terminata. Fu l'occasione per concedere un'indulgenza plenaria decennale. Nel 1630, durante l'epidemia di manzoniana memoria, è probabile che l'edificio fosse utilizzato come lazzaretto, sia per la cura che per tener lontani i malati dal resto della popolazione, in modo da limitarne il contagio. La piccola sagrestia venne costruita pochi anni dopo, nel 1648. Nel corso del XVIII secolo la chiesa venne nuovamente ampliata e il campanile venne innalzato al livello ancor oggi presente. Un ultimo radicale restauro risale al recente 1989. L'edificio tardo quattrocentesco (forse ampliato nel secolo XVII) sorge su una cappella medievale annessa a un ospizio della diaconia di San Lorenzo, dipendente dalla pieve di Concesio. Al culto del santo diacono era infatti associato quello di San Giacomo, l'apostolo patrono dei pellegrini. Particolarmente venerato è l'affresco votivo quattrocentesco della Madonna col Bambino, ora inglobato nel polittico seicentesco come pala d'altare, in una magnifica soasa lignea. Altre importanti tele sono collocate in splendide cornici di gusto popolare negli altari laterali, San Barnaba e San Gottardo di Antonio Cifrondi e la Madonna col Bambino e i Santi Firmo e Lorenzo di Francesco Paglia, citata nel suo trattato Il Giardino della Pittura; pregevole è anche l'organo del 1773, opera del celebre organaro veneto Gaetano Callido. La santella dei Morcc dé la Canònega poco distante dal santuario di San Lorenzo, custodisce le spoglie degli appestati delle epidemie dei secoli XVI e XVII. La Villa, in stile liberty, venne edificata fra il 1905 e il 1906, e per anni fu residenza della famiglia Glisenti che dal 1859 era proprietaria del vicino stabilimento di Carcina. Divenuta di proprietà comunale, dopo alcuni lavori di adeguamento e ristrutturazione nel maggio del 1989 venne inaugurata quale polo culturale ed espositivo, ed ospitò fino al 2006 anche la Biblioteca del paese. Ora accoglie importanti mostre espositive ed è sede di appuntamenti culturali e conferenze. Un grande parco, con alberi secolari, giochi per bambini, un chiosco e tante attrezzature per lo svago, circonda la Villa stessa ed è sede di numerose manifestazioni nel periodo estivo. Esempio dell’architettura del primo Settecento. Dedicata ai Santi Emiliano e Tirso, su progetto di Giovan Battista Marchetti, o forse di Antonio Turbino. Della precedente chiesa restano soltanto l’abside (ora abitazione del sacrestano) e la vecchia sacrestia (ora chiesetta). La chiesa attuale contiene tele di Pietro Natali e Pietro Scalvini e affreschi di Francesco Monti. Dedicata a San Giacomo, decorata con eleganti stucchi settecenteschi di Benedetto Porta, sorta nel luogo dov’era prima un ospizio medioevale. Fu ricostruita nel 1741-42 e completata nel 1782 con la facciata. Il campanile è opera di Francesco Lepreni. All’interno sono conservati dipinti di Stefano Viviani, Francesco Giugno, Antonio Paglia, Pietro Scalvini. Dalla sinistra del presbiterio si accede alla cappella Regis (1851), nota come Oratorio per le ragazze del paese di Villa Carcina; con una pala di Luigi Campini. Dedicata a San Michele Arcangelo, chiesa citata già nel 1420. L’attuale edificio è del 1951, mentre del precedente rimane il campanile romanico, oltre a qualche frammento di muratura e il vecchio pavimento sotto l'abside. Nella parte destra della navata sotto il campanile era presente una santella dedicata a San Nicola. La pala dell’altare maggiore è di Francesco Paglia. Dedicata a Sant’Antonio Abate, eretta nel 1953-56 su progetto di don Giuseppe Barcelli. Vi si trova, proveniente dalla vecchia chiesa, una pala seicentesca del veneziano Girolamo Pilotti. Inoltre due Angeli lignei di fine ‘600, un Crocifisso ligneo cinquecentesco e una Croce astile argentata del ‘700 A Pregno, ricostruita a inizio ‘700 su un antico oratorio, contiene una pala di Francesco Paglia. L'acquedotto portava l'acqua potabile dalla Valle di Lumezzane (Val Gobbia) a Brescia. La sua costruzione risale al tempo di Augusto Tiberio. Non si conosce con precisione il periodo in cui rimase attivo. Qualcuno afferma che fu abbandonato da Teodorico (nel 495), altri invece sostengono che all'epoca di Gian Galeazzo Visconti (1385) fosse ancora utilizzato. Da Lumezzane Sant'Apollonio l'acquedotto percorreva la Val Gobbia e la Val Trompia per portare l'acqua a Brescia sul colle Cidneo, dove sorge il castello. In particolare, per il tratto Lumezzane-Pregno l'acquedotto era allo scoperto, mentre da Pregno a Costorio scorreva nel sottosuolo. Il cunicolo era costruito con struttura in pietra irregolare di piccole dimensioni. Resti dell'acquedotto furono trovati a Pregno (tuttora evidenti) presso la Serioletta nel tratto di strada di Via Pendezza. Tratti tuttora visibili dell'acquedotto si trovano nella zona immediatamente a nord di Pregno, in via Maravagne e a Costorio, già in territorio di Concesio. Un ramo secondario, che traeva acqua dalla fonte di Cogozzo è invece visibile in via Repubblica. Edificata in stile tardo-neoclassico nel ‘700 è attualmente sede della Casa di Riposo. Complesso di villa e giardino molto piacevole, sebbene il restauro e le aggiunte, fatte con larghezza di mezzi attorno al 1925, ne abbiano arricchita la linea, un tempo ben più semplice e modesta. L'ingresso verso il paese è formato da un'arcata in pietra bugnata ed in essa si apre il portone; due grandi volute accompagnano il portale, ma sono di disegno pesante e scorretto. Il rimanente è moderno, compresa la cinta del giardino. Nella mappa catastale napoleonica del 1810, la villa è indicata come casa di villeggiatura con proprietario Sedaboni Giacomo q. Lorenzo. Il Sedaboni appartiene ad una facoltosa famiglia originaria di Pezzaze, sicuramente presente a Villa già agli inizi del secolo precedente, con beni considerevoli, in case e terreni. Nel 1963 la signora Capretti Colturi donava nel testamento al Comune la sua casa padronale con annesso parco per farne una casa di riposo, ora denominata “Fondazione Colturi – Villa dei pini” Parchi, giardini ed altre aree a verde pubblico, nonché luoghi attrezzati per il relax, i percorsi pedonali, campi gioco per bambini, rappresentano un patrimonio a disposizione di tutta la cittadinanza del comune. Sono 4 i parchi presenti nel comune di Villa Carcina: quello di Villa, quello di Cailina, quello di Cogozzo e quello di Carcina (dove si trova Villa Glisenti). Lo storico ponte di Pregno, su cui fino al 1970 transitava la principale via di collegamento tra la città di Brescia, è un ponte in pietra a tre arcate tuttora visibile pochi metri a nord rispetto al più recente ponte carreggiabile. Un tempo rappresentava uno dei pochi punti di passaggio del fiume Mella in Valtrompia (tant'è vero che i più anziani chiamano ancora la località "Put Pregn", ovvero Ponte Pregno in dialetto locale) e a lungo fu presidiato da gabellieri che chiedevano un tributo per il suo passaggio. Zignone, località posta in quota sopra Pregno, è caratterizzata da ampi prati e una villa rustica con chiesetta dedicata a Santa Teresa d'Avila (appartenuta a don Antonio Zappetti, che nella seconda metà del ‘700 fu parroco di Carcina). Abitanti censiti L'economia del paese era tutta basata sull'agricoltura del terreno e dei monti e da essa si ricavava, sia pure in minima parte, tutto il necessario per il sostentamento. Da quell'epoca derivano alcune denominazioni dei cortili delle case padronali che oggi si possono ancora in parte scorgere soprattutto a Cailina (Mensi e Bregoli in via IV Novembre) e Cogozzo nella parte vecchia. Col passare del tempo, a cominciare dalla seconda metà del secolo scorso, sorsero diverse grosse industrie: nel 1859 la "Glisenti", nel 1889 il cotonificio "Mylius", divenuto in seguito Bernocchi e nel 1911 la "TLM" Trafilerie Laminatoi Metalli, che insieme fornivano lavoro ad oltre 3000 dipendenti. Negli ultimi anni, con il declino della grande industria, sono sorte al loro posto delle officine metallurgiche, fonderie, rubinetterie e meccaniche varie. Per quanto riguarda l'artigianato sono molto diffuse le attività di lavorazione dei metalli, finalizzate soprattutto alla produzione di coltelli e armi da taglio. Nel 1963 la signora Capretti Colturi donava nel testamento al comune la sua casa padronale con annesso il parco per farne una casa di riposo per anziani ora denominata "Villa dei Pini", mentre nel 1980 l'amministrazione comunale acquistò il parco annesso alla Villa Glisenti per farne un parco pubblico e in seguito acquistò anche la villa dove per diversi anni è stata ubicata la biblioteca comunale e dove frequentemente si tengono mostre d'arte e conferenze di vario genere. Il comune è attraversato dall'ex Strada statale 345, ora denominata SP BS 345. Il servizio di trasporto pubblico è gestito da Arriva Italia, che opera con i suoi autobus in tutta la Val Trompia attraverso la linea S201. Fra il 1882 e il 1954 Carcina ospitò alcune fermate della tranvia della Val Trompia, a servizio della popolazione e del locale stabilimento. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Carcina Sito ufficiale, su comune.villacarcina.bs.it. Villa Carcina, su sapere.it, De Agostini.

Sarezzo
Sarezzo

Sarezzo (Sares o Sarès in dialetto bresciano, pronuncia /saˈrɛs/, localmente [haˈrɛh] o [hæˈrɛʰ]) è un comune italiano di 13 162 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia; fa parte della comunità montana della Valtrompia. Il comune si trova nella bassa Val Trompia e una parte nella laterale val Gobbia, a circa 13 chilometri a nord del capoluogo; è interamente attraversato dal fiume Mella. Qui convergevano le antiche popolazioni per gli scambi commerciali e del bestiame; Sarezzo rivestiva così un ruolo prioritario in Valtrompia. Questa realtà ebbe inizio fin dai primordi della storia e si è consolidata in epoca celtica e romana. Lo stesso antico nome Saretium, ricorda l'idea di steccati e serragli per bestiame. L'Olivieri e il Gnanga fanno riferimento per il nome alla selce e nominano il termine Sérès che tuttavia si riferiva al granito di cui a Sarezzo non c’è traccia. Viene nominato nella quadra di Valtrompia del 1385 come Serezio, e nello statuto del Comune di Brescia del 1429 come Serecium. A Sarezzo si ebbe un seguito abbastanza consistente o comunque una palese favorevole disposizione verso le idee 'ereticali' del '500, stando alla testimonianza del rettore don Ludovico Dolzi, il quale il 12 settembre 1557 chiede al reverendo arciprete Vincenzo Covi di informare il vicario generale della diocesi come spesso venissero, sulla piazza del paese e per tutta la vallata, degli eremiti, a tener discorsi molto graditi a queste bestie de luterani et vano forsi seminando delle eresie e zizanie di sorte, come ne è pien tutto il mondo; precisando inoltre che ultimamente ne era venuto uno a predicare nella piazza di Sarezzo, egli (don Dolzi) lo aveva invitato a smettere di parlare e allontanarsi, ma quelli che lo stavano ascoltando hanno incominciato a mormorare e a dire che bisognava lasciarlo predicare, come in precedenza solevano fare gli altri preti. Tiburzio Bailo di Sarezzo, potentissimo verso fine Seicento, aveva puntato sulla fabbricazione di artiglieria. Tale era la sua fama da potersi permettere di non andare a Venezia alla presenza del Consiglio dei Dieci. I Bailo erano tra i principali fornitori di pezzi di artiglieria per la Repubblica veneta. Con la caduta di Venezia le fortune dei Bailo sarebbero declinate. A rialzare la famiglia ci avrebbe pensato Ottavio Bailo, nato nel 1775, che aderì di slancio al nuovo ordine francese, mantenendo beni di famiglia ed influenza. Ottavio però non sfuggì alle vendette successive alla caduta di Napoleone perché con l'Austria subì ingiurie e ricatti, proprio per il suo passato di amico dei Francesi. Nel gennaio 1814 al comune di Sarezzo arriva la richiesta di un paio di centinaia di operai da inviare a Mantova per costruire quello che si chiamerà il Quadrilatero. Nel 1825, per la visita dell'arciduca d'Austria Francesco Carlo, viene eretto un arco di trionfo a Zanano. Nel 1836, a causa di un'epidemia di colera, a Sarezzo moriranno 80 persone. Delle numerose inondazioni che afflissero la valle, a Sarezzo si ricorda in particolare quella del 14 agosto 1850 che causò le peggiori distruzioni. Il 27 giugno 1920, la contestazione organizzata dai socialisti contro la festa della sezione cattolica di Sarezzo provoca 5 morti e 9 feriti, con intervento dei carabinieri. A Sarezzo, nel cuore dell'inverno, momento sempre intensamente drammatico, dalla Federazione provinciale fascista giungono 1500 lire di offerte assistenziali, sulla scorta di questo buon esempio il podestà di Sarezzo invita le famiglie facoltose del paese a versare denaro o generi alimentari al comitato comunale, per soccorrere i disoccupati e le famiglie povere. Il gonfalone è costituito da un drappo di bianco con la bordatura di azzurro. Chiesa dei Santi Faustino e Giovita Abitanti censiti Sarezzo comprende anche delle frazioni: Noboli, Ponte Zanano, Valle di Sarezzo e Zanano. Fra il 1882 e il 1954 Sarezzo ospitò una fermata della tranvia della Val Trompia, nonché una stazione della stessa posta in località Zanano. Ora sostituita dalla linea di autobus S201, gestita dalla Arriva Italia. Il comune è attraversato dalla SP BS 345 delle Tre Valli che la collega a Brescia ed al Passo del Maniva ed altre località importanti della Valle; altre strade importanti sono la SP 3 che la collega a Lumezzane ed a sua volta si innesta alla SP BS 237 del Caffaro. Ad ovest del territorio comunale, a Ponte Zanano, ha importanza anche la strada per Polaveno, che da lì diventa la SP 48 che si innesta con la SP BS 510 Sebina Orientale ad Iseo. È inoltre in progetto il Raccordo Autostradale della Valtrompia per collegarla all'Autostrada A4. Di seguito l'elenco dei sindaci eletti direttamente dai cittadini (dal 1995): Oberhaslach Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Sarezzo Sito ufficiale, su comune.sarezzo.bs.it. Sarézzo, su sapere.it, De Agostini.

Chiesa di Santa Maria Assunta (Gussago)
Chiesa di Santa Maria Assunta (Gussago)

La chiesa prepositurale di Santa Maria Assunta è la parrocchiale di Gussago, in provincia e diocesi di Brescia; fa parte della zona pastorale di Gussago. La prima pietra della chiesa fu posta nel 1743; la struttura, edificata in stile neoclassico su progetto di Giorgio Massari, venne terminata nel 1760.Nel secolo successivo l'interno della chiesa fu decorato e venne decorata la facciata, disegnata da Rodolfo Vantini e Luigi Donegani.Nel 1857 fu costruita la scalinata d'accesso alla parrocchiale, mentre nel 1879 quest'ultima venne dotata dell'organo, opera della ditta Tonoli. Nel 1931 fu iniziato il campanile.La chiesa venne consacrata nel 1950. Opere di pregio conservate all'interno della chiesa sono il cinquecentesco fonte battesimale, la tela raffigurante l'Angelo della Purità, realizzata nel 1855 da Angelo Inganni, il settecentesco altare del Rosario, la pala con soggetto la Madonna del Rosario assieme ai Santo Domenico, Fermo, Apollonia e Lucia, opera di Sante Cattaneo, dello stesso autore la tela della Predicazione del Battista, la statua dell'Angelo della Rivelazione, scolpita da Domenico Ghidoni, e l'affresco che ha come soggetto San Giovanni Battista, dipinto da Tita Mozzoni nel 1945. Parrocchie della diocesi di Brescia Regione ecclesiastica Lombardia Diocesi di Brescia Gussago Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla Santa Maria Assunta Parrocchia di SANTA MARIA ASSUNTA, su parrocchiemap.it. URL consultato il 6 febbraio 2020. La parrocchiale di Gussago, su bresciainfoto.it. URL consultato il 6 febbraio 2020.

Chiesa dei Santi Faustino e Giovita (Sarezzo)
Chiesa dei Santi Faustino e Giovita (Sarezzo)

La chiesa dei Santi Faustino e Giovita è la parrocchiale di Sarezzo in provincia di Brescia. Risale al XVII secolo. Nell'XI secolo il capitolo della cattedrale di Brescia fondò a Sarezzo un primo luogo di culto dedicato ai Santi Faustino e Giovita. L'edificio moderno venne edificato a partire dal 1633 e quasi vent'anni più tardi venne completato nelle sue strutture murarie. La solenne consacrazione venne celebrata dal vescovo di Treviso Marco Morosini nel 1652. Nel XIX secolo fu oggetto di restauri e, nei primi anni del secolo successivo, fu rifatta la pavimentazione della sala. La parrocchiale di Sarezzo si trova nel centro storico in piazza Battisti. La facciata è classicheggiante e su un alto basamento si alzano quattro colonne che sorreggono il frontone triangolare. La divisione verticale prodotta dalle colonne distingue la parte centrale, con portale e grande finestra che porta luce alla sala, dalle due laterali, con due grandi nicchie con le statue dei santi Faustino e Giovita sormontate da medaglioni. Il campanile è merlato e ha l'aspetto di una torre civica medievale. La navata è unica, con volta a botte. Sull'altar maggiore Madonna con Bambino e santi, di artista di scuola morettiana, è contenuto nella grande cornice di Carlo Dossena. Nel presbiterio le cantorie sono in legno finemente incise dai Pialorsi e sopra l'organo. Sugli altari laterali pale di Antonio Gandino e Francesco Paglia. Nella canonica crocifisso in legno del Quattrocento. Touring club italiano, Lombardia, Milano/Roma, Touring Club Italiano/Gruppo editoriale l'Espresso, 2005, OCLC 464214217, SBN IT\ICCU\MOL\0052589. Sarezzo Parrocchie della diocesi di Brescia Diocesi di Brescia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa dei Santi Faustino e Giovita Chiesa dei Santi Faustino e Giovita Martiri - Sarezzo, su BeWeB - Beni Ecclesiastici in web. URL consultato il 3 febbraio 2020.