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San Vigilio (Concesio)

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San Vigilio Val Trompia
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San Vigilio è una frazione di 2 172 abitanti del comune di Concesio, in provincia di Brescia. È situato a circa 225 m s.l.m., e dista circa 2,6 km dal centro del comune di Concesio.

Estratto dall'articolo di Wikipedia San Vigilio (Concesio) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

San Vigilio (Concesio)
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Concesio
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Concesio (Consés in dialetto bresciano, localmente pronunciato /konˈheːʰ/) è un comune italiano di 15 712 abitanti della provincia di Brescia, in Lombardia. Posto all'ingresso della Val Trompia, è noto per essere stato il paese natale di Giovanni Battista Montini, il futuro papa Paolo VI. Concesio è situato nella bassa Valle Trompia, ai piedi del Monte Spina, che ne delimita i confini a nord-est con il comune di Lumezzane, e del Monte Stella che lo separa, a ovest, dal comune di Gussago. Con una superficie di circa 19 km², confina a ovest, appunto, con Gussago, a settentrione con il territorio di Villa Carcina, a est, con il comune di Bovezzo, a sud con la periferia nord di Brescia, e con Collebeato. Come tutta la zona presenta un livello di sismicità basso. Concesio presenta tendenzialmente le fasi climatiche cittadine, proprio per la vicinanza geografica che lega il comune al capoluogo, godendo di un clima temperato umido in tutte le stagioni, con precipitazioni concentrate nei periodi primaverili ed autunnali. È il fiume che scorre anche nel comune di Concesio. Nasce sui Monti Maniva, Colombine e Corna Blacca per poi confluire dopo circa 96 km nel fiume Oglio all'interno della stessa provincia. Denominato "la Mèla" dagli abitanti dei paesi che attraversa, il corso d'acqua deriva il suo nome dal latino Mel o Mellis che significano miele, forse ad indicare le antiche qualità ed abbondanza che lo distinguevano. Fino ad alcuni decenni fa Concesio ha sempre avuto uno stretto rapporto con il fiume Mella che, essendo un corso perenne e dalla portata praticamente costante, ha ricoperto un ruolo fondamentale nell'economia della Valle sia in campo agrario (grazie ai numerosissimi canali di irrigazione costruiti fin dal Medioevo) che industriale, oltre che per uso privato nelle case dei cittadini. Naturalmente il fiume è stato anche portatore di numerosi problemi: in passato, infatti, non sono mancate alluvioni e distruzioni. Cause principali: i torrenti che scaricavano l'acqua piovana nel fondovalle in modo irregolare; la mancanza di argini delimitati che non impediva l'esondazione e la creazione di zone paludose, nonché la distruzione di edifici e ponti. Questi problemi sono stati risolti solo tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX, con la costruzione intensificata di argini e protezioni in rete di ferro e pietre di fiume. L'ultima tragica alluvione risale al 1850. Importante da ricordare la presenza, più nota in antichità, di slarghi ed isolotti al centro del fiume, che permettevano il transito con carichi leggeri dove non fosse possibile con ponti. Al giorno d'oggi, sfortunatamente, il problema principale (in continuo aumento) riguarda il fattore inquinamento. L'origine toponomastica del nome Concesio è probabilmente da ricercare nel termine concaesa che indica l'operazione di taglio dei boschi cedui: il territorio che divideva la città di Brescia e la Val Trompia era infatti molto ricco di legname che veniva tagliato ed utilizzato per la costruzione dei tetti delle abitazioni o per il riscaldamento durante i freddi inverni. Il nome di Concesio (Conces(i)us) appare per la prima volta in un'epigrafe ritrovata ad Augusta, in Sicilia, anche se pare che un nome simile fu inciso su monete d'argento, risalenti al VI secolo, e riconducibili alle tribù galliche dei boi, o comunque transpadani. Per secoli la zona fu contesa tra valligiani e cittadini impedendo quindi la formazione di un centro di aggregazione urbano, pertanto non esistono documenti che testimonino la nascita di Concesio. È comunque probabile che il villaggio originario fosse prima triumplino, anche se per breve tempo, e poi romano. Data la sua posizione strategica tra la città e la valle, Concesio era il punto adatto dove porre il confine della colonia romana Brixia (l'attuale Brescia) ed alcuni storici ritengono che Concesio sia stato il punto di partenza delle truppe di Publio Silio Nerva, nel 16 a.C., per la guerra contro i triumplini che si trasformò successivamente nella guerra retica del 15 a.C. condotta da Druso. La storia medioevale di Concesio è comune a moltissimi altri villaggi lombardi, quindi anche a Concesio era presente un vero e proprio patriziato: questi cittadini amministravano il territorio e le sue risorse secondo il principio del bonus pater familias. Dopo secoli di sfruttamento però, la risorsa principale rappresentata dalla foresta andava piano piano esaurendosi per lasciare il posto alla campagna e con essa alle prime officine che battevano il ferro. Nacque così la "pieve" che fu fondamentale per l'aggregazione delle famiglie del paese e favoriva l'arrivo di nuovi nuclei familiari dalla città. Concesio fu il paese di origine di Rodolfo da Concesio, noto magistrato medioevale, che fu tra i promotori della resistenza a Barbarossa e della battaglia di Legnano del 29 maggio 1176 nonché firmatario della pace di Costanza. Il suo nome figurebbe anche tra quelli che parteciparono alla Crociata del 1189 (anche se a tal riguardo esiste un unico documento di dubbia provenienza). Fu poi parzialmente infeudato ai Lodron e agli inizi del XV secolo, molti nobili si spinsero dalla città fino a Concesio per acquistare terre coltivabili o per costruire case dove trascorrere i caldi mesi estivi. Tali arrivi portarono beneficio a tutti coloro che già abitavano a Concesio perché vennero impiegati nelle case nobiliari come contadini, donne di servizio o manodopera in genere; inoltre grazie alla presenza di queste famiglie, Concesio assunse un posto di competenza nella storia di Brescia. Ma un evento drammatico avrebbe colpito Concesio, infatti nel 1856 il fiume Mella straripò allagando le terre circostanti e riprendendosi quello che aveva dato al paese per tanto tempo: i campi vennero sommersi dall'acqua, le officine furono distrutte e le case vicine allagate. Ma come sempre il paese riprese pian piano a vivere superando anche questa prova. Oggi questo paese è un centro economico tra i più importanti della provincia di Brescia con attività industriali in continua espansione, anche se Concesio è soprattutto noto per essere stato il paese che ha dato i natali a papa Paolo VI nella casa che già fu dei Lodron. Concesio non ha avuto fino ai prima anni '60 del XX secolo uno stemma ufficiale che rappresentasse il Comune, bensì erano usati drappi che rappresentavano le varie zone del paese. Questo problema dovette essere affrontato a partire dal 1963, anno della nomina a pontefice massimo di Giovanni Battista Enrico Antonio Maria Montini, Paolo VI. Gli allora amministratori cittadini furono quindi obbligati a colmare la lacuna, anche perché gli occhi del mondo si erano posati sul piccolo paese a nord di Brescia. Lo stemma del comune scelto è quello ancora in uso, e venne concesso assieme al gonfalone con D.P.R. del 27 ottobre 1965. È dunque diviso in quattro parti, ognuna delle quali contiene un simbolo araldico. Nel primo quadrante (in alto a sinistra) è riconoscibile lo stemma della famiglia Montini, la stessa di papa Paolo VI, rappresentato da tre colli verdi su sfondo purpureo, sormontati da tre gigli d'argento, a segnale del forte legame tra il paese e una delle famiglie storiche della zona. Nel terzo quadrante più in basso a sinistra invece è presente il simbolo della famiglia Belucanti, rappresentato da un abete in un prato con sfondo argento. Questa famiglia bresciana, ormai estinta, era dedita al commercio, e nel XVIII secolo si trasferì a Concesio, favorendo così il commercio locale e di conseguenza la propria economia. Passando al lato destro dell'emblema, nella parte superiore si trova un leone argenteo su sfondo rosso (anche se il blasone riporta, probabilmente per errore, «d’argento e di nero»; lo stesso è stato sempre rappresentato con il solo metallo) simbolo della famiglia Lodron, posti al comando delle tre valli di passaggio tra Trentino e Lombardia, dai vari imperatori di Germania e dai vescovi di Trento, che all'epoca era sotto il controllo tedesco. Questa famiglia dopo essersi stabilita in un casale di campagna proprio nei pressi di Concesio, divenne tra le famiglie più influenti della zona, ed è forse per questo che venne scelta per entrare nello stemma ufficiale. L'ultimo quadrante, posto in basso a destra, è ancora coinvolto in una disputa storica per quanto riguarda la sua attribuzione. Di certo si sa che appartenesse alla famiglia Caprioli, ma non si sa se attribuirlo ai Caprioli della frazione di San Vigilio o se invece agli omonimi residenti nell'altra frazione, la Stocchetta. Fonti storiche sostengono che si riferisca ai primi, data la beneficenza che questa famiglia esercitò sia nel XIX, che nel XX secolo. Il gonfalone è un drappo di azzurro. Casa natale di Paolo VI È la principale attrattiva culturale del paese, ed è situata nel cuore di Concesio, richiamando ogni anno il pellegrinaggio di molti fedeli. La casa venne acquisita dalla famiglia Montini nel 1863, dai conti Lodron, dopo che questi ultimi decisero di abbandonare le terre concesiane. L'acquisto dell'abitazione lodronica, da parte di Gaetano Montini (nonno di Paolo VI), che in origine portava Benedetti di cognome, spostando la propria residenza da Sarezzo (da qui il cognome Montini, in riferimento alla provenienza dalla montagna) a Concesio, fu dovuto alla tendenza che all'epoca era presente tra le famiglie nobili: ovvero quella di avvicinare il più possibile i propri possedimenti nei paraggi dei grossi centri abitati; in questo caso di Brescia. Oggi la casa è divenuta un museo, ed è stata apposta una lapide commemorativa sulla facciata a ricordo del pontefice: Pieve di Concesio La pieve è una chiesa fondata nel IX secolo, sulle rovine di un luogo di culto preesistente, forse un oratorio, alla quale venne poi aggiunto un piccolo cimitero e qualche costruzione correlata, che diede il nome alla zona (frazione) di Concesio in cui si trova: la pieve di Concesio. Consacrata nel 1540 da monsignor Gerolamo Vascherio, e dedicata a sant'Antonino di Piacenza, la chiesa mantiene ancora la forma e la posizione di allora.Il 31 gennaio del 1650 venne donato dall'arciprete Caradelli, il primo organo, mentre più tardi, dal 1727 al 1730, Giovanni Battista Marchetti, architetto del duomo nuovo di Brescia, realizzò, su incarico della parrocchia, le cappelle del Santissimo Sacramento, e le due adiacenti dedicate a san Carlo Borromeo e a santa Caterina d'Alessandria. Nel presbiterio campeggia l'altare maggiore, che colpisce per la propria maestosità, mentre sullo sfondo è raffigurato il Martirio di sant'Antonino, opera del bolognese Giovan Gioseffo Dal Sole. La navata di destra contiene l'altare di San Lorenzo, con un dipinto di Cristo spirante realizzato dal bresciano Daniele Olmi nel 1733; l'altare, opera di Pietro Scalvini e dedicato a Maria Assunta, contiene un affresco riguardante l'assunzione di Maria, considerato da molti, uno dei più bei capolavori del Settecento bresciano. Oratorio di San Rocco L'oratorio di San Rocco, edificato sicuramente prima del 1500, era un luogo di preghiera della famiglia Lodron. Al suo interno si possono ammirare affreschi di Jacopo Palma il Giovane, come "Madonna col Bambino e i santi Rocco, Girolamo, Elena e Sebastiano", incastonato in soasa lignea dorata, contenuta tuttora nella chiesa di San Rocco a Concesio. Nel 1928 venne costruita a lato una chiesa più grande, che predomina così sulla più piccola, ma più antica costruzione, che in seguito divenne abitazione privata, anche se nella controfacciata "moderna", compaiono due affreschi appartenenti all'oratorio originale. Oratorio di Sant'Andrea Un altro oratorio, quello di Sant'Andrea, situato presso la frazione chiamata Antegnago o Artegnago, dedicato al santo apostolo contribuirà a rinominare la frazione da Angegnago appunto in Sant'Andrea. È posto al di sotto del livello stradale, e tutt'oggi difficilmente visibile per via della posizione nei confronti della carreggiata stradale, viene fatto risalire intorno al XV secolo, così come il piccolo campanile annesso, che venne però ristrutturato nel 1620. Oggi è agibile, e completamente restaurata. Chiesa di San Vigilio al monte Nella zona di San Vigilio sorge la chiesa di San Vigilio al monte, una piccola costruzione, situata in prossimità del colle principale di San Vigilio, che alcuni studiosi ipotizzano possa risalire al XVI secolo, e possa aver contenuto delle reliquie del santo a lei dedicata: San Vigilio. Al suo interno si trovano affreschi (presumibilmente) cinquecenteschi, oltre a una statua di san Rocco del XVIII secolo. Chiesa di San Gregorio È la parrocchia di San Vigilio, intitolata a san Gregorio, e venne costruita nei primi anni del Trecento, e poi ristrutturata nel 1632. Al suo interno è presente una tela di una tela Paolo Caylina il Giovane del 1540, la Madonna col Bambino tra santa Caterina da Siena ed un'altra santa domenicana, insieme ad altre tele ed affreschi seicenteschi e settecenteschi. Santuario della Madonna della Stella Un particolare ruolo artistico-religioso è svolto dal santuario della Madonna della Stella, posto sul colle della Selva, poi rinominato "della Stella", proprio grazie alla presenza del santuario mariano, tra San Vigilio, Cellatica e Gussago. Realizzato nei primi del Cinquecento, al suo interno sono custoditi quadri e sculture di indubbio valore artistico, realizzate tra il 1500 e il 1700. Tra gli artisti maggiori che abbellirono questo luogo vi furono il Romanino e Luciano Minguzzi. Chiesa di Santa Giulia La chiesa di Santa Giulia a Costorio venne realizzata verso fine Ottocento, per rispondere alla crescita continua della popolazione residente, ma la cui struttura originale viene fatta risalire al XVI secolo, come cappelletta dedicata alla Maria Vergine e a santa Giulia martire. Venne inaugurata il 3 settembre del 1912, e finalmente intitolata alla Santa martire in Corsica. La facciata, divisa in tre parti da grossi cornicioni, presenta richiami ad elementi settecenteschi, oltre che quattro finte colonne ornamentali. All'interno si possono ammirare la pala de La Madonna col bambino e il quadro con I santi Giulia, Lucia e Francesco d'Assisi, disegnati da Jacomo Ferrabosco nel 1688. Abitanti censiti Al 2009 risultano in totale 878 persone, ovvero il 6,6% della popolazione residente; appartenenti alle principali comunità: La religione predominante in paese è cattolica; mentre sono presenti tra i residenti stranieri comunità Sikh e musulmane. Sono presenti quattro parrocchie: Santa Giulia, Sant'Andrea, Santi Vigilio e Gregorio Magno e Sant'Antonino, distribuite nelle varie frazioni, e appartenenti alla diocesi di Brescia. Concesio è inoltre meta di numerosi pellegrinaggi diretti alla casa natale di papa Paolo VI. Associazione Culturale Progetto Atlantide - Laboratorio Permanente della Memoria del Territorio di Concesio. Concesio è inserito in un circuito di progetti culturali condivisi insieme agli altri paesi aderenti al Sistema Bibliotecario della Valtrompia, come Gardone Val Trompia, Lumezzane, Villa Carcina, che prevedono una serie di rassegne musicali, letterarie e artistiche in generale, come mostre pittoriche, e rappresentazioni teatrali. In Concesio ha sede la Collezione Paolo VI, importante e ampia raccolta d'arte sacra contemporanea dedicata al Pontefice. Il Comune di Concesio è uno dei venti comuni aggregati nel sistema bibliotecario della Valtrompia, una rete di biblioteche e di punti prestito della Valtrompia. La Biblioteca di Concesio si trova in via Mattei, 99 nella sede inaugurata il 29 maggio 2004. È polo culturale del paese, sede di vari eventi culturali letterari, artistici e musicali. 29 maggio, giorno di San Paolo VI, copatrono. 16 agosto, giorno di san Rocco, copatrono. Festa di san Rocco patrono, primo fine settimana di settembre. Palio della contrade di San Vigilio, dall'11 al 20 settembre. Fiera di Sant Andrea. Festival della canzone per bambini, intitolato al maestro Vitaliano Caruso. Festa del Primo Maggio, nel parco di Campagnole. Attualmente Concesio è diviso in 8 frazioni distinte, ma confinanti una con l'altra, offrendo quasi sempre una certa soluzione di continuità del territorio. Nella zona sud-est, confinante con il comune di Bovezzo, sorge la frazione di Antegnago, o meglio conosciuta come Sant'Andrea, nata all'incirca nel XV secolo per via dell'oratorio, da cui poi prenderà anche il nome. A mezzogiorno si trova la frazione della Stocchetta, facente capo anche al comune di Brescia, e il cui nome risale al tempo dei longobardi, quand'era chiamata "Cà d'Esem", ovvero "Casa d'Esimo".Il nome Stocchetta deriva dalla probabile presenza nella zona d'una piccola fabbrica di stocchi, ovvero piccoli pugnali. Quest'ipotesi è accreditata anche da una satira di Vittorio Alfieri, il quale apostrofava le donne sue contemporanee per l'ostentata scollatura sul petto. È una frazione situata tra la "Stocchetta" e "Ca' de Bosio", e si caratterizza per l'esigua presenza di insediamenti abitativi per favorire uno sviluppo più che altro industriale. In passato la zona era adibita all'agricoltura, e alla pastorizia, oltre che alla pesca, data la vicinanza con il fiume Mella. Da qui il nome Campagnole. Sono la zona che congiunge "Sant'Andrea" e "Campagnole" dalla "pieve di Concesio". Oggi è caratterizzata da un discreto insediamento urbano, tenuto conto della situazione scoscesa e sconnessa del terreno, dovuta alla vicinanza con il monte Spina. Questa sua natura collinare gli è valso l'appellativo di Roncaglie. La pieve di Concesio prende il nome dalla chiesa edificata sul suo territorio, anche se documenti storici sul suo conto, dimostrano che questa zona era già insediata molto tempo prima. È il cuore del paese, sia per la disposizione geografica che dal punto di vista storico. Da qui infatti, partì il motore che sviluppò il paese moderno. Qui nacque Rodolfo da Concesio, magistrato medievale che fu tra i promotori della resistenza a Barbarossa, e firmatario della pace di Costanza. Situato in un'insenatura che dalla Val Trompia porta alla Franciacorta, ed attualmente confinante con i comuni di Cellatica e Gussago, era comune autonomo già nel 1297, e fu annesso al territorio comunale di Concesio nel 1928. Gli elementi storici riguardo a questa frazione risalgono almeno all'epoca romana, e per alcuni versi la sua storia differisce quasi integralmente da quella di Concesio paese. Costorio è l'ultima di Concesio prima del comune di Villa Carcina, ed è situato nella strozzatura che il fiume Mella dà con le colline circostanti. L'origine di questa frazione è attribuibile ai primi del Cinquecento quando venne edificata la piccola cappella dedicata a Santa Giulia. Ovviamente la forma e la densità abitativa attuali sono molto diverse da quelle che aveva all'epoca, quando ancora era una località agricola, più che altro di passaggio per raggiungere la Val Trompia. Lo sviluppo che ha permesso lo stato attuale delle cose è databile nei primi anni del 1830, quando lavori di ammodernamento della Via Triumplina, permisero di ampliare le soluzioni urbane preesistenti, e di fare di Costorio una vera e propria frazione. Fra il 1882 e il 1954 Concesio ospitò una stazione della tranvia della Val Trompia. La principale squadra di calcio della città è Concesio Calcio A.S.D. che milita nel girone D lombardo di Promozione. È nato nel 1974. Claudio Fiorini, Concesio - Itinerari di Fede, Arte e Cultura, Concesio, 2008. Carlo Sabatti, San Vigilio nella storia e nell'arte, Concesio, 1998. San Vigilio (Concesio) Provincia di Brescia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Concesio Sito ufficiale, su comune.concesio.brescia.it. Concèsio, su sapere.it, De Agostini.

Costorio
Costorio

Costorio (Custùr nel dialetto locale) è una delle frazioni del comune di Concesio, situata a nord del paese, sulla sinistra orografica del fiume Mella, a 9 km dalla città di Brescia, e ad una altitudine di 225 metri sul livello del mare. La frazione di Costorio include anche le località di Codolazza e Valpiana. Codolazza segna anche il confine col comune di Villa Carcina. Costorio, Codolazza e Valpiana contano tutte insieme circa 1 800 abitanti e fanno capo alla parrocchia di S. Giulia (Costorio). Santa Giulia è la patrona della comunità, ad essa sono dedicate sia la chiesa parrocchiale (XX secolo) sia la vecchia chiesetta, che fino al 2011 è stata adibita ad oratorio e circolo giovanile, oggi trasferito in un più ampio e nuovo edificio nei pressi degli argini del fiume Mella. L'edificio più antico, è citato già nella relazione della visita pastorale del vescovo Dolfin del 20 giugno del 1582 ma è stato consacrato soltanto nel XVI secolo. La dedica a Santa Giulia è quasi certamente dovuta a delle proprietà che l'omonimo potente monastero Bresciano possedeva nel territorio di Costorio. L'attuale chiesa parrocchiale invece è stata terminata nel 1912 ed è stata eretta a parrocchia nel 1952 staccandosi dalla Pieve di Concesio. Tra le opere d'arte contemporanea è visibile la grande tela dell'"Ascensione" di Piero Agnetti (1984). F. Nardini, P. Pierattini, C. Stella, Atlante Valtriumplino, Edizioni Grafo, Brescia 1982. A. Fappani (a cura di), Enciclopedia Bresciana, Ed. La Voce del Popolo, Brescia 1989, vol. II. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Costorio

Chiesa di San Giovanni Battista (Brescia)
Chiesa di San Giovanni Battista (Brescia)

La chiesa di San Giovanni Battista è la parrocchiale di Stocchetta, frazione di Brescia, in provincia e diocesi di Brescia; fa parte della zona pastorale di Brescia Nord. Una cappella a Stocchetta risultava già esistente nel Seicento; questo edificio venne interessato da un rifacimento nel XVIII secolo. La chiesa fu eretta a parrocchiale il 27 febbraio 1860 dal vescovo di Brescia Girolamo Verzeri; all'epoca faceva parte del vicariato di Concesio. Nel 1932 venne costruito il campanile e, il 18 aprile 1954, la chiesa entrò a far parte del vicariato urbano di Brescia, come decretato dal vescovo Giacinto Tredici il 24 marzo precedente. Il nuovo altare postconciliare rivolto verso l'assemblea venne realizzato nel 1971 e nel 1982 si provvide ad eseguire le decorazioni dell'interno; il 14 aprile 1989, in ossequio al Direttorio diocesano per le zone pastorali, la parrocchia fu aggregata alla zona pastorale di Brescia Nord. La facciata a capanna della chiesa, rivolta ad occidente, è suddivisa da una cornice marcapiano in due ordini, entrambi tripartiti da quattro lesene tuscaniche: quello inferiore presenta al centro il portale d'ingresso con coronatura mistilinea e in quello superiore, terminante con il timpano semicircolare, si apre invece una finestra. Ad alcuni metri dalla parrocchiale sorge il campanile a base quadrata, la cui cella presenta su ogni lato una monofora ed è coronata dalla cupola poggiante sul tamburo. L'interno dell'edificio si compone di un'unica navata, sulla quale si affacciano le cappelle laterali e le cui pareti sono scandite da lesene sorreggenti il cornicione aggettanti sopra il quale si imposta la volta; al termine dell'aula si sviluppa il presbiterio a base quadrangolare. Brescia Regione ecclesiastica Lombardia Diocesi di Brescia Parrocchie della diocesi di Brescia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Giovanni Battista Chiesa di San Giovanni Battista, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Parrocchia di S. GIOVANNI BATTISTA, su parrocchiemap.it. URL consultato il 1º febbraio 2022. PARROCCHIA SAN GIOVANNI BATTISTA IN STOCCHETTA, su chiese.top10posti.it. URL consultato il 1º febbraio 2022.

Collebeato
Collebeato

Collebeato (Cobiàt in dialetto bresciano) è un comune italiano di 4 457 abitanti della provincia di Brescia, nella bassa Val Trompia, in Lombardia. Collebeato, nell'hinterland nord di Brescia è racchiuso all'interno della conca dei monti Picastello, Campiani, Peso, Dosso Boscone e Sasso nella parte in cui la bassa Val Trompia si incontra con la pianura padana, sul confine più orientale della Franciacorta, bagnato dal fiume Mella. In epoca romana il territorio di Collebeato era una zona collinare poco abitata a ridosso delle paludi create dal fiume Mella. Vi sono stati rinvenuti pochissimi reperti: quattro cippi sepolcrari di età imperiale e i resti dell'antico tracciato romano che da Brixia attraverso il Ponte Crotte portava alla Valle Trompia salendo sulle colline. Nel 958 nel diploma di Berengario II e Adalberto una chiesa dedicata a San Paolo risulta come proprietà dell'Abbazia di Leno, si tratta probabilmente del primo riferimento alla comunità di Collebeato. Nel 1014 il nome Cubiadum (Cubiado) compare in modo esplicito per la prima volta fra le proprietà dell'Abbazia di Leno nel diploma imperiale di Enrico II. L'etimologia del nome deriva dal latino "copulatum" e sta a significare "accoppiato". Il nome ricorre anche nel diploma di Enrico II del 1019 e poi in quelli di Corrado II del 1026 e 1036 e risulta presente in bolle papali e diplomi imperiali fino al 1434. I monaci benedettini di Leno provvedono ad ampie bonifiche delle paludi del Mella. A fianco dei territori gestiti dagli abati sorge una vicinia comunale nelle terre da cui trae le decime il vescovo di Brescia. Dal 1186 al 1194 risulta attivo il notaio Gerardus de Cubiado, nominato dall'imperatore Federico Barbarossa. Ci sono pervenuti otto documenti da lui firmati. Nel 1194 (15 novembre) si tiene un processo per determinare se le proprietà terriere di Cubiado fossero sotto l'Abate di Leno o sotto il Vescovo di Brescia. Testimoniano i due capofamiglia anziani di Cubiado Villano di Fra Le Corti e Alberto da Pozzo. Nel 1274 Padre Giovanni da Cobiado è direttore del complesso ospitaliero della Chiesa di San Giacomo al Mella, sulla via che da Brescia porta a Milano. Nel 1280 Cobiato è annoverato tra i comuni che debbono mantenere il Ponte delle Crotte sulla strada verso Brescia. Il 1º dicembre 1336 Jacopo da Cobiado, medico in Brescia, è annoverato come teste in una investitura feudale in città presso il vescovo Giacomo de Actis. Nel 1483 il nobile veneziano Marco Sanuto descrive nel suo itinerario nella terraferma veneziana il "giardino bellissimo" del nobile conte Antonio Martinengo. Nel secolo XV Collebeato diviene luogo di villeggiatura per nobili e religiosi della città di Brescia per la stagione estiva, sono edificate importanti ville e due monasteri (Santa Croce e Santo Stefano). Nel 1512 Collebeato subì assedio militare da parte di soldatesche francesi che attaccavano la veneziana Brescia. Mariotto Martinengo, ispirato dalla distruzione delle battaglie, scrive il poemetto in volgare italiano "Il Pianto del dio Pan per la rovina del Colle beato", utilizzando per la prima volta il nome poetico "Colle-beato" invece del più medievale "Cobiato". Nel clima rinascimentale e di umanesimo portato dai nobili che villeggiavano a Collebeato, oltre allo sviluppo di ville e palazzi, nascono anche maestranze artistiche locali, tra queste risulta attivo nel XVI secolo un pittore e decoratore nativo del paese Jacobino da Cobiato, di cui però non si conoscono opere. Nel 1554 Galeazzo dagli Orzi, segretario di Mariotto Martinengo, pubblica a Brescia una prima edizione del poema in volgare bresciano "La massera da bé" (la brava massaia) primo libro che nobilita la lingua bresciana come lingua letteraria. La protagonista del libro è la massaia Flor da Coblat. Nel 1565 esce la versione veneziana del libro. Nel 1609 il veneziano Giovanni Da Lezze descrive nel Catastico Bresciano il territorio di Cobiato, le ville e gli edifici religiosi. Nel 1640 il Comune di Cobiato si dota di precisi statuti per l'amministrazione delle acque e per regolare la vita comune. Nel 1701 inizia l'uso ufficiale del nome Collebeato sulle cartine francesi e dal 1779 sulle carte lombardo-venete il nome resterà ufficialmente questo. Dal 1770 al 1794 risulta attivo a Collebeato il notaio Bartolomeo Mattanza. Dal 1737 al 1800 risulta attivo il notaio Gaetano Bonera. Nel 1833 il patrimonio dei Conti Martinengo, alla morte di Girolamo Silvio Martinengo, nobile veneziano (traduttore nel 1801 del Paradiso perduto di Milton), passò al cugino Alessandro Molin e attraverso la figlia di questi, Maria ai conti friulani Panciera di Zoppola tuttora possessori dei giardini e della splendida villa. Nel 1850 il Conte Giuseppe Torre presso i giardini della sua villa (l'attuale Parco 1º Maggio) seleziona un nuovo tipo di fiore, la Camelia Japonica "Vergine di Collebeato", un particolarissimo tipo di camelia bianca a spirali concentriche, descritto e ammirato nel 1857 dallo statista Giuseppe Zanardelli in una sua lettera. Dal 1851 al 1856 Collebeato fu centro dei moti risorgimentali bresciani, vi si rifugiavano i mazziniani ospitati e nascosti presso le ville e le corti del paese; vi era installata una stamperia clandestina. Il patriota Tito Speri radunava e allenava le truppe rivoluzionarie antiaustriache presso i campi del paese. Nel 1889 nasce a Collebeato il sacerdote, scrittore e intellettuale Pietro Rigosa. Ebbe come allievo e amico Giovan Battista Montini (futuro papa Paolo VI), scrisse molti racconti, tra questi Il leone di Brescia (Gatti, Brescia 1932) romanzo ambientato a Collebeato e dedicato alla vita di Tito Speri. Nel 1910 l'industriale e benefattore Filippo Rovetta importa dalla Louisiana piantine di pesco americano e nel 1919 avvia una produzione di pesche su larga scala, dissodando ampi appezzamenti di terreno nella zona nord del paese, frutteti ancora oggi esistenti. L'esempio fu seguito ben presto da tutti i proprietari terrieri del paese trasformando l'agricoltura locale in modo radicale. Collebeato fu il principale produttore di pesche nel bresciano fino agli anni Quaranta e tra i principali a livello nazionale producendo oltre novanta specie diverse di pesche. Nel 1936 il "Dopolavoro" organizza la prima Sagra delle Pesche, festa per cui ancora oggi il paese è rinomato nella provincia di Brescia. Dal 1956 al 1965 fu attiva la cava e la fabbrica del cementificio CEMBRE, attività che portò al declino della peschicoltura per l'incompatibilità ambientale tra le due attività produttive che insistevano sullo stesso territorio. Nel dopoguerra iniziò l'espansione edilizia del paese, prima con i villaggi delle cooperative bianche di padre Ottorino Marcolini negli anni Cinquanta e Sessanta e negli anni successivi con cooperative rosse. Oggi il territorio pianeggiante è quasi completamente costruito di ville e condomini con ampio giardino. L'abitato residenziale di pregio è inserito nel locale "Parco delle Colline". Nel settembre 2012 è stato completato il nuovo centro sportivo, un'opera che ha riqualificato completamente la zona dell'ex cementificio Cembre. Nel 2018 Collebeato vince il premio "La Città per il Verde 2018”. Il premio è stato assegnato all'unanimità dalla giuria della XIX edizione quale riconoscimento della validità ambientale del “Corridoio ecologico del Fiume Mella”. Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con DPR del 6 ottobre 1975. L'albero da frutto nello stemma allude alla tradizionale e rinomata coltura delle pesche di Collebeato; nel capo, la ruota dentata rappresenta le attività industriali e l'uva, quelle agricole. Il gonfalone è un drappo partito di rosso e di azzurro. Unico palazzo a Collebeato ancora oggi abitato dai diretti discendenti della nobile famiglia Martinengo è quello dei conti Panciera di Zoppola, una grande proprietà in zona pedecollinare con boschi, giardini e un bellissimo vigneto storico prospiciente l'ingresso principale. Palazzo Conti Martinengo, già Maggi Via (XV e XVI secolo, sede della Biblioteca); Villa Nobili Quaglieni (XV - XIX secolo); Palazzo ex-Congrega Apostolica, già Villa Conti Durandi (XV - XVII secolo); Municipio, già Villa Nobili Ferrari (XV - XX secolo); Villa Peschiera (XVIII secolo); Villa Del Bono, già Conti Torre (XIX secolo); Villa Rota, già Rovetta (XVII secolo); Villa Trebeschi, già Uberti (XIX secolo); Palazzo Galesi (XIX secolo). Seppur le prime notizie di una comunità a Collebeato siano attestate all'XI secolo, la parrocchia di Collebeato fu costituita, staccandosi dalla Pieve di Concesio, solo nel XV secolo ed intitolata a San Paolo. L'attuale chiesa parrocchiale fu costruita ingrandendo la precedente a fine XIX secolo e inaugurata nel 1901. Essa contiene opere d'arte del XVI/XX secolo tra le quali i cicli di affresco del Rubagotti sulla Conversione di San Paolo e un Sant'Antonio Adorante opera di Piero Agnetti (1982). Più antiche le fondamenta del Santuario della Madonna della Calvarola con resti pavimentali del XII secolo. L'attuale edificio è una costruzione settecentesca al cui interno sono presenti affreschi di Pietro Scalvini. Edifici ecclesiali presenti nel territorio: chiesa parrocchiale Conversione di San Paolo (XIX secolo); santuario Madonna della Calvarola (XVIII secolo); cappella di Sant'Antonio ai Campiani (XVIII secolo); cappella cimiteriale dei sacerdoti defunti (XIX secolo); cappella del Ricovero Comini (XX secolo); monastero di Santo Stefano (XV secolo). Parte del territorio comunale è incluso nel Parco delle colline, che comprende le alture di Dosso Boscone, Monte Zuccolo, Monte Calvarola, Monte Picastello, Monte Ratto e il Monte Peso; quest'ultimo raggiunge un'altitudine massima di 487 m che rappresenta anche il punto più elevato del territorio comunale. Nel territorio di Collebeato, accanto all'italiano, è parlata la lingua lombarda prevalentemente nella sua variante di dialetto bresciano. Abitanti censiti L'economia agricola di Collebeato, principalmente basata nel Novecento sulla coltivazione delle pesche, oggi si trova ad essere quasi completamente soppiantata dall'edilizia privata. Sono presenti agriturismi e trattorie tipiche bresciane, nonché ristoranti noti per la qualità dei prodotti. La parte produttiva più consistente è però data dal tessuto artigianale e dalla piccola industria, collocata nella zona sud del paese. Molto attivi anche alcuni noti marchi di pasticceria e abbigliamento che hanno la loro sede nel paese. Di seguito l'elenco dei sindaci eletti direttamente dai cittadini (dal 1993): Collebeato è stata gemellata, nel biennio 2004-2005, al fine di favorire la produzione di pesche, con: Bivona La principale squadra di calcio del paese è la Polisportiva Collebeato 1984 che milita nel girone E bresciano di Seconda Categoria. D. Andreoli, Il Sacro a Collebeato, Fondazione Civiltà Bresciana, Collebeato 2011. S. Agnetti, F. Maffezzoni, Breve storia di Collebeato, Centro Culturale 999, Collebeato 2002. S. Agnetti, F. Maffezzoni, Nel giardino all'ombra dei cachi, Fondazione Civiltà Bresciana, Collebeato 2004. S. Agnetti, F. Maffezzoni, Report. Conosco il mio territorio?, Centro Culturale 999, Collebeato 2004. C. Aggrotti, La civiltà contadina nel Bresciano, Edizioni del Moretto, Brescia 1984. Amministrazione Comunale (a cura di), L'Asilo di Collebeato. Breve storia, Collebeato 1980. Amministrazione di Collebeato (a cura di), [1] Continuità di una esperienza. Relazione amministrativa, Tipolitografia Fiorucci, Collebeato 1982. Amministrazione di Collebeato (a cura di), Comune di Collebeato 1982-1988. L'amministrazione ricorda, con i suoi cittadini, sei anni di lavoro comune, Tipolitografia Fiorucci, Collebeato 1988. Amministrazione di Collebeato (a cura di), Collebeato 1988-1993. Il Comune di Collebeato in cinque anni di impegno amministrativo al servizio dei suoi cittadini, Tipografia Opera Pavoniana, Collebeato 1993. D. Andreoli, R. Prestini, La Casa di Riposo “Augusto Mario Comini” di Collebeato. Un lungo cammino di dedizione alla Terza Età, Tipografia Camuna, Brescia-Breno 2001. D. Andreoli, Segni e Simboli, lettura di una villa cinquecentesca, Assessorato alla Cultura del Comune di Collebeato, 1976. P. Antonelli, La civiltà contadina di Collebeato nei detti dello zio "Momolo", Tipolitografia Fiorucci/Centro Culturale 999, Collebeato 2003. Assessorato alla Cultura della Regione Lombardia (a cura di), 2. Brescia e il suo territorio. Quaderni di documentazione regionale della rivista «Cronache della Regione Lombardia», Cultura tradizionale in Lombardia, Milano 1975. F. Bolpagni, P. Guerrini, Collebeato cenni storici, Consiglio Pastorale Parrocchiale, Tipografia Pavoniana, Brescia 1980. A. Capponi, Collebeato: cenni sull'azienda agricola dello Spedale maggiore, tip. Restelli, Lovere-Brescia 1938. Cattedra Ambulante di Agricoltura di Brescia, Il territorio Comunale di Collebeato sotto il punto di vista geologico-vitivinicolo, tip. Longhi, Brescia 1910. E. Cassetti Pasini, Ordini e Provisioni del Comun di Cobiato 1640, Fondazione Civiltà Bresciana, Brescia 2004. 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Villaggio Prealpino
Villaggio Prealpino

Il Villaggio Prealpino è un quartiere del comune di Brescia. L'area occupata dal quartiere è sostanzialmente pianeggiante. Esso si pone a nord del territorio comunale, confinando a nord con i comuni di Bovezzo e Concesio, a ovest con quello di Collebeato. A sudovest confina coi quartieri di San Bartolomeo e Casazza e a sudest con Mompiano, delimitato rispettivamente dalla tangenziale detta Montelungo, da via Triumplina (parte dell'ex statale delle Tre valli) e da via Conicchio, parte dell'ex statale del Caffaro. Presso la cascina «Miracampo» avviene la derivazione del canale "Bova" dal fiume Grande. Il toponimo deriva dalla contrazione del nome originario dell'area residenziale. Inizialmente si chiamava Villaggio Famiglia Prealpina, dal nome delle due cooperative, legate a Ottorino Marcolini, che l'avevano costruito: «La Famiglia» e «Prealpina». Fino alla prima metà degli anni Cinquanta del Novecento, l'area del futuro quartiere del Villaggio Prealpino era per la maggior parte rurale, tra le località abitate della Stocchetta e Conicchio. La prima era suddivisa fra Brescia e Concesio, mentre la seconda era condivisa con il comune di Bovezzo. Tra il 1958 e il 1971 su quest'area agricola fu edificato un "villaggio" secondo i principi espressi da padre Ottorino Marcolini. La costruzione fu effettuata da due cooperative a lui legate: «La Famiglia» e «Prealpina». Da subito furono costruite le scuole elementari, che per i primi anni funzionarono anche da centro aggregativo con l'attivazione di un cinema provvisorio nello scantinato. Nel 1960 fu aperto l'Oratorio e nel 1961 la chiesa di Santa Giulia. Qualche anno più tardi fu aperto il Cinema-Teatro «Excelsior», con 600 posti, che a partire dagli anni Ottanta assunse il nome di Teatro Santa Giulia. Fu ristrutturato negli anni Duemila. Nel 1965, la mancanza di servizi, come le linee di trasporto urbano, e di infrastrutture adeguate, spinsero alcuni abitati a organizzare un comitato. L'esperienza fu di breve durata, ma tre anni dopo fornì l'esperienza per costituire nella vicina Mompiano un comitato di quartiere. Nel 1970, quello del Prealpino si ricostituì e si tennero nuove elezioni. Solo nel luglio 1972, il consiglio comunale diede una struttura organizzata e ufficiale agli organismi di rappresentanza locale, istituendo i consigli di quartiere e suddividendo la città in trenta quartieri, tra cui quello denominato "Villaggio Prealpino". Il primo consiglio di quartiere fu eletto il 27 ottobre 1974. Nell'aprile 1977, il consiglio comunale approvò il regolamento predisposto dalla Giunta Trebeschi per l'attuazione delle circoscrizioni secondo quanto stabilito dalla legge 278/1976. Il Villaggio fu assegnato alla Seconda circoscrizione. Trent'anni dopo, con la riforma voluta dalla Giunta Corsini, il quartiere divenne parte della Circoscrizione Nord. Nel 2014, a seguito dell'abolizione delle circoscrizioni per i nuovi limiti imposti dalla legge 191/2009, la Giunta Del Bono decise di riattivare i consigli di quartiere: le prime elezioni del nuovo organismo si tennero il 14 ottobre Con l'occasione furono ridefiniti i confini di alcune suddivisioni: la località della Stocchetta, fino a quel momento suddivisa tra il quartiere del villaggio e quello di Casazza, fu assegnato completamente al primo. All'interno del territorio sono presenti due chiese parrocchiali: santa Giulia, a servizio del villaggio Prelpino. All'interno si conservano la maggior parte delle reliquie della martire. Nei pressi del complesso parrocchiale è presente il Teatro Santa Giulia, gestito da un'associazione culturale di quartiere. san Giovanni Battista, a servizio della frazione della Stocchetta, eretta nel 1860 e situata nel limite ovest del quartiere. Il quartiere è collegato al centro cittadino dalla linea 10 (Concesio - Poncarale) della rete di trasporti urbani, mentre la frazione Stocchetta è servita dalla linea 11 (Collebeato - Botticino). Prealpino, capolinea della linea metropolitana, formalmente si trova nel territorio del quartiere Casazza, ma è anche a servizio del Villaggio. È presente inoltre una stazione di Bicimia all'incrocio tra via Tovini e traversa Decima. Il quartiere ha una società di calcio, due di pallavolo ed una di atletica: la Running Prealpino che annovera una settantina di tesserati. Nel 2012 è nata una nuova società calcistica con denominazione USO UNITED che ha raggruppato le società dell'USO Bovezzo, dell'oratorio della Stocchetta e dell'Uso Prealpino Santagiulia. Lisa Cesco, Diego Serino, 30 anni di partecipazione: l'esperienza delle circoscrizioni a Brescia. Circoscrizione Nord, Brescia, Comune di Brescia, 2010. Maurillio Lovatti, Marco Fenaroli, Governare la città. Movimento dei quartieri e forze politiche a Brescia 1967-77, Brescia, Nuova ricerca editrice, 1978. Le elezioni dei Consigli di Quartiere a Brescia nel 2014 (PDF), su comune.brescia.it. URL consultato il 28 novembre 2020 (archiviato dall'url originale il 13 giugno 2022). Ottorino Marcolini Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villaggio Prealpino Parrocchia Santa Giulia, su parrocchiasantagiulia.org. Teatro Santa Giulia, su teatrosantagiulia.org.

Prealpino (metropolitana di Brescia)
Prealpino (metropolitana di Brescia)

La stazione di Prealpino è la fermata della metropolitana di Brescia a servizio dell'omonimo quartiere. È il capolinea settentrionale della linea. La stazione fu aggiunta nel 2004 in sede di Valutazione di impatto ambientale (VIA). Nel progetto definitivo presentato dall'ASM nel 2000, infatti, il capolinea era posizionato ai confini con il comune di Concesio al termine del tracciato in viadotto iniziato a Kossuth. Quando si decise di convertire il tracciato su viadotto in trincea coperta, per contenere i costi di costruzione il capolinea fu spostato più a sud, nei pressi del Villaggio Prealpino. L'impianto fu concepito con la possibilità che la metropolitana potesse proseguire a nord in direzione della Val Trompia, com'era nelle intenzioni degli amministratori locali agli inizi degli anni Novanta. Fu inaugurata il 2 febbraio 2013 alla presenza del Sindaco Adriano Paroli, nell'ambito di una serie di cerimonie in cui le singole fermate della metropolitana furono mostrate al pubblico prima dell'effettivo inizio del servizio metropolitano. Il Sindaco colse anche l'occasione per annunciare pubblicamente l'apertura della linea completa il 2 marzo: due settimane dopo la conclusione del preesercizio, per evitare di far coincidere l'evento con le elezioni politiche del 24-25 febbraio. All'infrastruttura ferroviaria fu affiancato un parcheggio scambiatore di circa cinquecento posti che, a causa di ritardi nella conclusione dei lavori, fu messo in funzione solo nel mese di maggio 2013. Data l'elevata richiesta di parcheggi, nel 2021 l'amministrazione Del Bono iniziò le procedure per portare a un migliaio i posteggi disponibili costruendo una struttura multipiano che funga anche da terminal per le autolinee extraurbane e da nuova sede di Brescia Infrastrutture. Nel maggio 2017, dopo circa sei mesi di lavori, furono completate le coperture agli accessi in superficie, aggiungendo due strutture in vetro e acciaio. Per quanto riguarda l'estensione verso la Val Trompia, il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS) di Brescia, approvato nel 2018, inserì la possibilità di proseguire in direzione di San Vigilio, a nord di Concesio. Tuttavia, il progetto preliminare del prolungamento triumplino risale al 2001 e rispetta le specifiche del tempo con il tracciato settentrionale ancora in viadotto. Di conseguenza, secondo Federico Manzoni, assessore alle politiche della mobilità del comune di Brescia, nel lungo termine dovrà essere avviata una procedura di riprogettazione complessiva del prolungamento che richiederà la compartecipazione di Concesio e degli enti sovracomunali della comunità montana triumplina e della provincia. L'impianto rispetta le specifiche delle altre fermate di tipo seminterrato della metropolitana bresciana: le due banchine a servizio dei binari di corsa hanno accesso separato con una rampa di scale e una linea di ascensori ciascuna, mentre l'illuminazione delle stesse è naturale, fornita da otto lucernari a forma piramidale. Come in tutte le altre stazioni della linea, sono presenti le porte di banchina che impediscono ai viaggiatori di accedere ai binari in assenza del treno. Fermata autobus La stazione dispone di: Biglietteria automatica Loris Zanirato (a cura di), Stazioni metropolitane = Underground-upperpeople, Brescia, Brescia Mobilità, 2012. Gianpiero Belotti e Mario Baldoli, Una corsa lunga cent'anni - Storia dei trasporti pubblici di Brescia dal tram a cavalli al progetto Metrobus, Brescia, Fondazione Civiltà Bresciana, 1999. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Prealpino

Bovezzo
Bovezzo

Bovezzo (Boès in dialetto bresciano) è un comune italiano di 7 299 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia, situato nella Valle del Garza alla confluenza con la Val Trompia, afferente a quest'ultima. Fa parte della Comunità montana della Valle Trompia e della Regione agraria N.7 - Montagna della media Val Trompia. Bovezzo si trova sul versante di destra della Valle del Garza, alla confluenza con la Val Trompia, ad un'altitudine di 207 m s.l.m. Confina con il comune di Nave a est, con il comune di Concesio a ovest e con il comune di Brescia a sud (quartieri Villaggio Prealpino e Mompiano). La cima del Monte Spina delimita i territori di Bovezzo, Nave, Concesio e Lumezzane. Bovezzo dista 6 chilometri dal centro di Brescia. Bovezzo presenta generalmente le stesse caratteristiche del clima di Brescia, vista la breve distanza dal centro del capoluogo. Secondo la classificazione dei climi di Köppen, gode di clima temperato delle medie latitudini (Cfa), piovoso o generalmente umido in tutte le stagioni, con estati molto calde e piogge concentrate tra marzo e maggio e tra ottobre e novembre inoltrato. Nel territorio di Bovezzo scorre il torrente Garza, seguendo il percorso della Strada statale 237 del Caffaro. Con i suoi 42 chilometri di lunghezza e con una portata di 1,2 m³/s è il maggior corso d'acqua del territorio. In prossimità del quartiere conosciuto come "Le Brede", sul confine con il comune di Concesio, scorre il torrente Tronto. Il Fosso della Valle del Cannone è un affluente del Garza che segna il confine con il comune di Nave. Svolge la funzione di colatore montano per l'omonima valle. Bovezzo sorge ai piedi del monte Spina (detto anche monte Sant'Onofrio), sotto l'appendice del Dosso Pentere (comunemente chiamato solo Pentera). Il monte Spina è una montagna delle Prealpi Bresciane nelle Prealpi Bresciane e Gardesane, che raggiunge un'altitudine di 962 m s.l.m. È il punto di unione tra la val Trompia e la dorsale che delimita la valle del Garza. L'origine del nome di Bovezzo è ancora incerta: la forma letteraria attuale, infatti, non corrisponde a quella della parlata dialettale Boés o Bués, poi divenuta in latino Buetium, e in italiano Bovezzo. A tal proposito, le riflessioni dello studioso Monsignor Paolo Guerrini risultano ancora oggi le più attendibili. Lo storico esclude che il toponimo possa derivare da un nome personale romano, quale Bovo o Boezio; così pure egli nega che si possa riferire il nome al latino bos-bovis. Ripercorrendo i nomi che nel passato hanno indicato Bovezzo (Buecium, Buetium), l'etimologia si dovrebbe piuttosto ricondurre alla natura geologica del luogo: per somiglianza fonetica, il nome di Bovezzo si accosta a Boés, parola da cui deriva Bova, o Boa, che significa fango, melma, caratteristica dei luoghi acquitrinosi. Del resto il territorio di Bovezzo anticamente sorgeva su due sponde di una fonte. Questa ipotesi è inoltre confermata dal fatto che la frazione di Conicchio derivi probabilmente il suo nome da cuniculum, piccolo canale, forse a testimoniare il passaggio dell'antico acquedotto romano, che alimentava la città di Brescia. Il nome di Bovezzo appare per la prima volta in documenti storici degli anni 1226 e 1232, ove si accenna a una eclesia de Buetio, senza titolo, ma certamente, fin da allora, dedicata al vescovo di Brescia Sant'Apollonio, retta da un sacerdote che doveva celebrare i divini uffici sotto la giurisdizione della pieve di Concesio. I primi insediamenti storici sul territorio di Bovezzo risalgono al passaggio dei Galli Cenomani (200 a.C.), mentre abbastanza numerosi risultano i reperti archeologici di epoca romana fra cui possono essere ricordate un'armilla e una fibula in bronzo (databile tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.) ed un'ope di terracotta rossa-mattone. Una delle più evidenti prove della presenza romana sul territorio sono le tracce dell'antico acquedotto, realizzato all'epoca dell'imperatore Ottaviano Augusto (I secolo d.C.) L'acquedotto romano attraversava la Valle Trompia, convogliando le acque della Valle Gobbia sino a Brescia e fu utilizzato integralmente per tutta la lunghezza del percorso originario sino al V secolo d.C. Attualmente parti ben conservate dell'acquedotto sono presenti nel piano interrato di alcune palazzine private del paese. Durante il periodo medioevale Bovezzo è sotto la giurisdizione religiosa della pieve di Concesio, e risulta compreso — fra il 1385 e il 1403 — nella quadra di Nave, insieme a Caino, Lumezzane, Concesio e San Vigilio. Sempre in questo periodo Bovezzo si unisce sempre più a Concesio, tanto che nell'estimo del territorio bresciano del 18 gennaio 1435 viene indicato quale comune de Bovetio et Consetio. Le lotte che coinvolgono la Repubblica di Venezia nel XVI secolo per il predominio sui territori della terraferma fra cui l'agro bresciano su cui insiste Bovezzo culminano nella battaglia di Agnadello, presso Cremona, dove il 14 maggio 1509 l'esercito Veneto viene travolto dalla poderosa lega di Cambrai, composta da francesi, spagnoli e soldati delle signorie dei Gonzaga e degli Estensi. Durante l'assedio di Brescia, avvenuto nel 1512 in seguito alla sconfitta della Serenissima, Bovezzo e i paesi limitrofi sono soggetti al saccheggio da parte dei francesi. Dopo alterne vicende ed occupazioni la provincia bresciana ritorna sotto il dominio veneziano il 26 maggio 1516, per rimanervi sino alla caduta della Serenissima Repubblica avvenuta nel 1797 ad opera di Napoleone Bonaparte. Durante la dominazione di Venezia la vita di Bovezzo segue le sorti dei paesi vicini e non è protagonista di particolari episodi, eccetto le pestilenze del 1576-77 e del 1630 che provocano numerosi morti e l'occupazione da parte della cavalleria imperiale austriaca nel 1704, all'epoca della guerra di successione spagnola. Alla caduta del governo veneto segue un periodo di influenza francese che determina la diffusione degli ideali della rivoluzione francese in gran parte dell'Europa e la creazione della Repubblica Cisalpina nell'Italia nord-orientale. Nel 1797 le truppe francesi e gli alleati bresciani si scontrano presso Nave con i valsabbini, fedeli a Venezia, derubano la sacrestia della parrocchiale e assaltano l'oratorio di San Carlo in Palazzo Rota. Nell'Ottocento Bovezzo segue le sorti della Lombardia: dapprima inclusa, dopo il congresso di Vienna del 1815, nel Regno Lombardo-Veneto, sotto influenza asburgica, è poi annessa al Regno d'Italia nel 1859, a seguito della seconda guerra di indipendenza. Nel 1893 per risolvere una lunga siccità, la popolazione di Bovezzo, allora ridente borgo agricolo, fa un pellegrinaggio sul monte Palosso al santuario dedicato a sant'Onofrio, per invocare la pioggia per intercessione dei santi Onofrio e Fermo, molto venerati nel paese. L'acqua arriva e, a ricordo della giornata, rimane un ex voto. L'ultimo secolo di storia coincide per Bovezzo con le vicende del capoluogo bresciano al cui territorio si unisce sempre più strettamente. Nel 1910, ad opera del senatore Angelo Passerini, viene eretto ad ente morale l'omonimo asilo per l'infanzia che ancora oggi opera in collaborazione con l'Amministrazione comunale. Particolare menzione merita la figura del partigiano Gigi Rota, a cui è dedicata la piazza principale del paese. Luigi Rota, Gigi per i familiari e per gli amici, studente del politecnico di Milano, entra dopo alterne vicende di guerra, nella divisione partigiana autonoma "Brigata Vecchia Centro Croci" che opera fra la Val di Taro e il passo del Bracco. Cade il 22 gennaio 1945 a Carrodano in provincia di La Spezia, nel tentativo di rompere l'accerchiamento delle truppe tedesche e repubblichine che si erano attestate sulla linea Gotica. Nel 1951 il Consiglio Comunale gli dedica la piazza principale del paese, che tra l'altro era stata donata in precedenza al comune proprio della famiglia Rota. Nel 1979 viene fondata l'Accademia Musicale Giovanni Gabrieli, che ha come scopo la diffusione della musica attraverso vari corsi strumentali e con un'attività concertistica di tutto rispetto. Negli ultimi anni il paese ha conosciuto uno sviluppo edilizio ed un incremento demografico di notevoli proporzioni che ha fatto più che raddoppiare la popolazione residente, con insediamenti industriali e artigianali che hanno mutato il tessuto socioeconomico della comunità locale. Il 2 aprile 2000 scoppia una palazzina in via Brede per via di una fuga di gas, causando cinque morti. Il parco urbano del paese verrà poi ribattezzato "Parco 2 Aprile" per commemorare le vittime. Oggi il territorio di Bovezzo non conosce praticamente soluzioni di continuità con quello della città di Brescia, se si eccettua la collina di S. Onofrio che sovrasta il nucleo storico dell'abitato. Il gonfalone è un drappo di azzurro. Chiesa parrocchiale di Sant'Apollonio, ricostruita nel XIX secolo, sita in piazza Gigi Rota. La chiesa contiene un organo di Serassi e numerosi affreschi di Giulio Motta. Chiesa di San Rocco, edificio religioso di piccole dimensioni risalente al XVIII secolo. La chiesa sorge sui resti di un'edicola del XVI secolo. Santuario di Sant'Onofrio, risalente al XV secolo, sito sulla cima del monte Spina. Contiene una statua (Madonna con bambino) attribuita a Vincenzo Foppa e una serie di affreschi attribuiti al Romanino. Palazzo Rota, risalente al XVIII secolo, ad opera dell'ingegner Vincenzo Berenzi. Palazzo Rampinelli, risalente al XV secolo e ingrandito nel XVIII secolo dai Bordogni. Casa Avogadro, risalente al XV secolo. Casa Mazzini, risalente al XV secolo Villa Riva del XVI secolo Insieme ai comuni di Collebeato, Brescia, Botticino, Cellatica, Rodengo-Saiano, Rezzato è stato istituito il Parco delle colline. Abitanti censiti Secondo le statistiche demografiche del 2016 la popolazione straniera presente sul territorio di Bovezzo era di 563 persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate erano: Albania, 155 Romania, 66 Moldavia, 53 Pakistan, 49 Ucraina, 44 Sri Lanka, 27 Marocco, 24 Egitto, 21 La biblioteca comunale è attiva dal 1979 ed è sita all'interno del Centro Civico di Via Vittorio Veneto. Sul territorio opera l'Istituto comprensivo di Bovezzo e una scuola paritaria dell'infanzia aperta dal 1905. Il comune è interessato dalla strada provinciale Bresciana 237 (ex Strada statale 237 del Caffaro) I trasporti interurbani di Bovezzo vengono svolti con autoservizi di linea gestiti da Brescia Trasporti. Di seguito l'elenco dei sindaci eletti direttamente dai cittadini (dal 1995): Le due società di calcio della città sono l'"U.S.O. UNITED", nata nel 2012 e precedentemente attiva sul territorio come U.S.O. Bovezzo, e l'"U.S. Bovezzo 2000 Calcio", nata nel 2000 e militante nel girone G lombardo di 1ª Categoria. La squadra maschile di basket "A.S.D. Basket Bovezzo" rappresenta la città nel campionato F.I.P. di Promozione. Il maggiore impianto sportivo di Bovezzo è lo stadio "Roberto Coltrini" (noto anche come Stadio Comunale), adibito al calcio. Altri importanti impianti sono il "Centro Tennistico Comunale Gianluigi Pasotti" gestito dal Tennis Club Bovezzo ed il Bocciodromo gestito dalla Bocciofila Valle del Garza. Questi tre impianti si trovano in Via della Libertà all'interno del "Parco Urbano 2 aprile". Altri sport (tra cui Basket e Volley) vengono praticati presso la palestra comunale "Candido Cannavò" di Via Paolo VI. Lombardia BS-CO (Pag.37) - Pasquale Passarelli, Istituto Enciclopedico Italiano, 2001. ISBN 8887983135 Bovezzo. Vicende storiche e patrimonio artistico - Carlo Sabatti e Domenico Larovere, Civiltà bresciana, 1985. I luoghi del sacro i giorni degli uomini. Un itinerario storico artistico a Bovezzo - Vittorio Nichilo, Fondazione Civiltà Bresciana, 2009. ISBN 8855900080 Monte Sant'Onofrio Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Bovezzo Sito ufficiale, su comune.bovezzo.bs.it.

Pregno
Pregno

Pregno, frazione di Villa Carcina si trova sulla sponda sinistra del fiume Mella nella bassa val Trompia e conta 143 abitanti. La Frazione dista, in linea d'aria, 0.79 Km dal Comune di Villa Carcina e 10.36 Km dalla Provincia di Brescia. Dista 80.71 Km dal Capoluogo di regione (Milano) Secondo alcune ricostruzioni il suo nome significherebbe "casa diroccata". A Pregno si hanno le prime documentazioni di un insediamento romano in val Trompia, in località Zignone, precedenti sia alla villa ritrovata nella frazione Cogozzo che all'acquedotto che passava appunto da Pregno, e che tuttora è visibile sia qui che in frazione Costorio a Concesio (a fianco della strada statale triumplina). Quest'opera portava l'acqua potabile da Gazzolo di Lumezzane alla città di Brescia. La tradizione vuole che fosse chiamato "Condotto del Diavolo" ed in un antico documento del 1300 veniva denominato "Cuniculum Priegni". Secondo episodi leggendari, raccolti nella "PASSIO", composta nell'VIII secolo da un certo prete Giovanni di Milano su richiesta del duca longobardo di Brescia (forse lo stesso Re Desiderio), i Santi Faustino e Giovita nacquero in Zignone, località di Pregno, come accennato anche nella leggenda di Santa Cecilia Il primo maggio 1527 e nel 1850 una grande alluvione del Mella colpisce la Valtrompia e fa crollare il ponte di Pregno. Fu però nel 1882 che si verificò l’evento più catastrofico per il paese: L'abitato di Pregno venne infatti invas0 dalle acque del Mella e il ponte di Pregno venne addirittura travolto e distrutto. L'economia è ancora prevalentemente industriale. Fra il 1882 e il 1954 Pregno ospitò un'importante stazione della tranvia della Val Trompia.

Villa Carcina
Villa Carcina

Villa Carcina (pronuncia [ˈvilːa kaɾˈʧiːna], Vila Carsina in dialetto bresciano, pronuncia /ˈvila karˈsiːna/, localmente [ˈvilɑ kaɾˈhiːnɑ]) è un comune italiano di 10 708 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia, nella bassa Val Trompia. Il Comune di Villa Carcina è situato a Nord della città di Brescia ed è composto da 5 nuclei abitativi: Cailina, Carcina, Cogozzo, Pregno e Villa. Villa Carcina confina a nord con il comune di Sarezzo, a est con i comuni di Lumezzane e Concesio, a sud con il comune di Concesio, a ovest con i comuni di Brione e Gussago. Il territorio comunale ha una superficie di 14,41 km². È formato da una striscia centrale con andamento da nord a sud che costituisce il fondo valle al centro del quale scorre il fiume Mella. A est e ovest l'andamento del territorio è montuoso con quote che raggiungono mediamente 1.000 m. Il monte più alto del comune è il monte Palosso con i suoi 1.158 m. Il clima di Villa Carcina è caratterizzato da inverni freddi con abbondanti nevicate nelle montagne limitrofe, e da estati calde. Villa significa casa di campagna o villa senza cinta in contrapposizione al castello che invece era circondato da mura anche se vi si può scorgere nella parte alta dell'abitato un resto di basamento di fortificazione Carcina, secondo alcune ipotesi, viene fatto derivare dal volgare Carectina o Caricetina, cioè luogo paludoso con giunchi, che in seguito fu bonificato dai Benedettini di Sant'Eufemia. Qui si trova la casa più antica di tutto il comune nei pressi della Chiesa parrocchiale, di proprietà della famiglia Frassine. Cailina viene da alcuni associato a casilina anche se in passato risulta chiamato come Caylina, Caiglina ecc. Intorno alla fine del XVIII secolo, quando ancora Carcina "alta" non esisteva, veniva definita come "il paese che per estimo territoriale superava Villa e Cogozzo assieme (Giovanni da Lezze, riportato in Villa carcina, un paese alle porte della Val trompia)". In seguito alla costruzione delle trafilerie in località Rassega questa percezione è andata perduta. Nel 1700 la sua popolazione viene definita "atta ai maneggi" ovvero, atta a creare situazioni poco chiare da cui ricavarne un certo vantaggio: il riferimento è al tentativo portato avanti sotto l'amministrazione veneta di uscire dal comune di Villa Cogozzo e di unirsi a San Vigilio per via degli sgarbi ricevuti dai concittadini che, senza curarsi di questa frazione, costruirono un unico ponte carrabile tra le opposte rive del Mella in vicinanza di Pregno, obbligando i cailinesi a passare più spesso tramite San Vigilio che Villa per arrivare al capoluogo provinciale. La chiesa di San Michele, di chiara origine longobarda, divenne parrocchiale con decreto vescovile del 15 febbraio 1963. Alcune fonti indicano che la chiesa non era l'unico centro di culto del paese ma che vi era in origine un secondo luogo di culto dedicato a San Nicola, la cui ubicazione è andata perduta lungo i secoli. Cogozzo, secondo alcune ricostruzioni significherebbe luogo a punta, riferendosi forse alla parte che sta alla chiesa di San Lorenzo sulla strada interna per Noboli, ove vi era probabilmente la strada romana che attraversava il Mella in frazione Noboli di Sarezzo, ove tuttora sorge un ponte romano ancora in uso. Era dimora a famiglie benestanti e vi ha sede l'acquedotto principale comunale (il comune ha circa 4-5 pozzi) Pregno: qui si hanno le prime documentazioni di un insediamento romano in valle, località Zignone, precedenti sia alla villa ritrovata a Cogozzo che all'acquedotto. Da questa località passava per l'appunto l'acquedotto romano, tuttora visibile sia qui che in un punto della triumplina in frazione Costorio a Concesio, che portava l'acqua potabile da Lumezzane alla città di Brescia. La tradizione vuole che fosse chiamato "Condotto del Diavolo" ed in un antico documento del 1300 veniva denominato "Cuniculum Priegni". Un'antica leggenda narra che i santi patroni Giovita e Faustino crebbero appunto nel castrum di Pregno in località Zignone. Altra nota d'interesse: Pendezza e Zignone furono le prime località mappate dagli ufficiali napoleonici. I primi abitanti della Valtrompia furono probabilmente tribù di ceppo ligure-euganeo, dette "Triumplini", che presero il nome alla Valle, essendovisi riparati dopo esser stati scacciati dalla zona di Brescia all'arrivo dei galli Cenomani. Di loro se ne conserva il ricordo nel "Trofeo delle Alpi" di La Turbie, in Francia, che commemora la vittoria dell'imperatore Augusto su 46 tribù alpine, avvenuta il 16 a.c. nel quadro della guerra retica, dove sono citati per primi. Questa popolazione ha lasciato dietro di se alcuni scarsi manufatti e notizie che ci sono pervenuti per tramite dei romani i quali indicano che avessero una lingua scritta, a differenza dei Celti che non lasciarono scritti, e che usassero l'alfabeto etrusco. Benché fossero presenti nella città di Brescia fin da prima del 196 a.C., i Romani si spinsero quindi nelle valli bresciane quasi due secoli dopo. D'epoca romana la principale testimonianza sono i numerosi tratti tuttora visibili dell'acquedotto romano, la cui costruzione risale al quarto decennio del primo secolo dopo Cristo. Al tracciato principale, che dalla fonte detta dell"Acqua Salsa" in territorio di Lumezzane proseguiva verso la città mantenendosi sulla sinistra orografica del Mella, fino al Cidneo, nel territorio di Villa Carcina va aggiunto anche un ramo "laterale", con partenza dalle sorgenti di Siviano fra gli abitati di Villa e Cogozzo, scoperto solamente nel corso degli anni '70 del secolo scorso. È materia incerta ma si crede che il Celato derivi da un tratto rotto dell'acquedotto romano nei pressi di Concesio. Il nome celato deriverebbe da Salsa e attraverso alcune corruzioni Celat. Nel 402 il territorio bresciano venne travolto dalle orde gotiche di Alarico mentre nel 476 Odoacre, alla testa di un esercito di Eruli, conquistò la pianura padana portando alla fine dell'Impero e facendo entrare Brescia nel suo dominio. Nel 568 il territorio bresciano fu quindi conquistato dai goti e infine dai Longobardi che mantennero il potere fino all'anno 774, con la conquista da parte dei franchi di Carlo Magno. A partire da quel momento le valli, per via della presenza del ferro e delle relative entrate che il commercio di questo materiale assai pregiato comportava, divennero Demanio. Per quanto riguarda i resti fino a questo periodo, le principali tracce dell'epoca alto medievale riguardano la necropoli scoperta nel 1986 lungo l'attuale via Lazio e una Franca, un pezzo di lancia, nei pressi della fonte di Cogozzo. Più recente è invece il Castello, di cui ancora oggi restano alcuni resti nella località di Villa. Nel periodo seguente la storia di Villa e di Carcina si lega strettamente a quella della Valle Trompia: Nel 1404 Pandolfo Malatesta concede al territorio da Carcina a Collio, esclusi Polaveno e la conca di Lumezzane, che saranno infeudati agli Avogadro, uno statuto ad hoc [3], questi statuti saranno poi revocati al ritorno della signoria milanese nel 1421. A seguire,Il 17 marzo 1426, dopo un conciliabolo tenuto in Gussago, nel "loc de la Begia" tra i Averoldi, gli Avogadro, i Fenaroli ed altri, Brescia si rivoltò a Filippo Maria Visconti e si diede alla Repubblica di Venezia. La Valtrompia, durante il governo veneto, a seguito della rinnovata concessione dello status di territorio separato nel 1436 godeva di esenzioni fiscali e relativa autonomia amministrativa. Ogni due anni, nel Palazzo Fontana, sede della Comunità di Valle, sito in Tavernole, i rappresentanti dei comuni valtrumplini eleggevano al governo della Valtrompia un Sindaco e un Vicario (che svolgeva anche funzioni di giudice civile). A Carcina, primo Comune della valle, era collocato l'arco di ingresso "Porta della Valtrompia": o che segnalava il passaggio dalla giurisdizione di Brescia a quella della Valle, entrata simile vi era a Cailina. Fungendo da casello daziario ( il dazio veneto venne abolito nel 1797) al calar del sole, i cancelli venivano regolarmente chiusi. Questo portale aveva al momento dell'abbattimento, durante il periodo austriaco, il portale aveva lo stemma che ora si può vedere sopra il portale di casa Frassine a Carcina. La giurisdizione, ancorché la sede fosse a Tavernole, aveva il centro politico tra Ponte Zanano, residenza del Capitanio di Valle. Durante tutto il periodo veneto le Vicinìe di Carcina e Villa vengono unite fiscalmente nella medesima quadra, sistema per il calcolo delle esazioni fiscali. Carcina era sede, come altri paesi, si veda Gardone, di una prigione veneta mentre le condanne penali venivano elargite da "cavalieri" ovvero giudici inviati dalla città a Tavernole e che avevano particolari esenzioni riguardo vitto e alloggio Il 1512 è ricordato come l'anno del Sacco di Brescia a seguito della Congiura Avogadro. Promotore della congiura, la seconda contro gli occupanti francese fu Luigi Avogadro, collegata ai fatti di Venutra Fenaroli nella chiesa del Carmine, che faceva parte della stessa congiura, ma che non riuscì a mettersi in salvo. I rivoltosi, riuscirono in un primo tempo ad occupare la città costringendo i francesi a riparare nel Castello. I triumplini, capeggiati dagli Avogadro, proposero di prendere subito il castello, ma per motivi sconosciuti, forse ritenendo l'impresa troppo ardua ( il castello non aveva le fattezze attuali, il Gritti rifiutò, commettendo un errore grossolano quanto gravido di conseguenze. Le truppe veneziane, comandate dal Gritti licenziarono poi i triumplini per evitare scontri in città con la popolazione e quando Gaston de Foi venne a conoscenza dell'impresa, lasciò Bologna per dirigersi su Brescia. Alla notizia dell'arrivo del comandante francese, Gritti si avvide dell'errore commesso e richiamò quanti più triumplini possibile, non riuscendo che a racimolare uno sparuto gruppo. I francesi del Foix tornarono in otto giorni e i veneziani vennero presi da due fronti: da una parte la guarnigione del castello rinforzata da un gruppo di francesi entrata dalla porta del soccorso, scesi per Torrelunga, dall'altra i veneziani, i quali, nel tentativo di fuggire, aprirono la porta a Santi Nazaro e Celso e vennero quindi falcidiati e inseguiti per tutta la città dai francesi ivi penetrati. A nulla valse quindi il sacrificio della sparuta scolta di triumplini richiamati in fretta dal Gritti e collocati in Fiorano . I francesi, in seguito cedettero il governo di Brescia agli spagnoli e dopo una serie di cambi e giravolte di alleanze aiutarono i Veneziani a rientrare nell'ottobre 1816 in città. Il comune di Villa Carcina venne interessato dagli avvenimenti in quanto dall'ottobre del 1511 fu nel castello di villa, di pertinenza degli Avogadro, che vennero riuniti i valligiani favorevoli a Venezia, si racconta altresì che fu un fabbro di Cogozzo ad aprire i cancelli ai Bresciani nella prima presa della città a porta san Nazaro. Tornati nell'ambito della Dominante, il territorio segue senza particolari scossoni la parabola del governo veneto, se si esclude l'alluvione del 1527 del Mella, che fece crollare il ponte di Pregno. e la partecipazione di alcuni volontari alla guerra di Cipro e conseguente battaglia di Lepanto, in quota alla partecipazione bresciana Si arriva così al 1797, allorquando avvenne la battaglia di Carcina in cui i valligiani ancora fedeli alla Serenissima, poi sconfitti, si scontraronoucontro le preponderanti forze franco-bresciane, la sommossa durerà fino a maggio ma il territorio comunale rimarrà da subito in salde mani repubblicane. A seguito del trattato di Campoformio dello stesso anno divenne territorio della Repubblica Cisalpina e condivise le sorti degli stati napoleonici successivi, come la Repubblica Italiana e il Regno d'Italia, fino alla caduta nel 1814. Nel 1816 nasce a Pregno Serafina Regis, fondatrice dell'oratorio di Carcina. La Regis si dedicava ad opere caritatevoli in prima persona, soccorrendo misere donne del paese o ricamando per il corredo degli altari o commissionando opere d'arte per la parrocchiale. Desiderosa di creare un oratorio femminile in paese, nel 1853 termina i lavori di costruzione di una chiesetta in cui riunire le giovani. Durante il Risorgimento ancorché la città di Brescia si distinse per la rivolta antiaustriaca delle Dieci giornate (marzo 1849) che, per la sua eroica resistenza, le valse l'appellativo datole da Aleardo Aleardi di "Leonessa d'Italia", in valle non vennero segnalate problematiche di alcun genere. Nel 1850 una spaventosa piena del Mella distrusse la valle, danneggiando le infrastrutture e le case da Tavernola a Brescia. Con la seconda guerra di indipendenza del 1859 il territorio bresciano passò al regno di Sardegna che divenne poi, nel 1861, Regno d'Italia. In tale periodo nacquero importanti industrie sul territorio fra le quali spiccarono la Fonderia Glisenti a Carcina, la filatura Mylius di Cogozzo (poi Bernocchi), la Trafilerie Laminatoi Metalli. Nel 1882 la Valtrompia fu collegata alla città da una linea tranviaria, che da Brescia proseguiva fino a Gardone Valtrompia (dal 1910 al 1934 fino a Tavernole) una linea che garantì per anni il collegamento e lo sviluppo economico della valle. Tale linea restò in uso fino agli anni cinquanta del secolo scorso. Sempre nel 1882 un'esondazione del fiume Mella provocò l'invasione delle acque degli abitati di Cogozzo e Pregno e il ponte di Pregno venne addirittura travolto e distrutto. Il 23 agosto 1890 è ricordata la visita alla Fonderia Glisenti di Re Umberto I, che giunse in tram, accompagnato da Giuseppe Zanardelli all'epoca ministro guardasigilli, accolto da una popolazione festante. Seguirono poi brevi soste anche a Villa e a Cogozzo, prima della prosecuzione del viaggio verso le fabbriche di armi di Gardone. Il viaggio venne organizzato dall'allora primo ministro al fine di convincere il sovrano a non spostare tutte le fabbriche d'armi a Terni, considerata più al sicuro in quanto lontana dal confine austriaco che correva sul lago d'Idro. Nel 1935 circa, vennero eseguiti lavori stradali per l'apertura della nuova via dedicata all'industriale Francesco Glisenti. Sempre nel 1935 vengono condotti lavori di consolidamento al ponte di Villa Carcina. Durante la prima guerra mondiale sulla vetta più alta del territorio comunale, il Monte Palosso (1.158 m), vennero realizzate delle piazzole d’artiglieria, un sistema di trincee a difesa delle stesse, una piccola casermetta e un deposito. La zona faceva parte della terza linea di difesa italiana e i manufatti avevano lo scopo non solo di arginare un possibile sfondamento delle linee da parte dell’esercito imperiale, ma anche di difendere la città da possibili incursioni aeree nemiche, come nei fatti avvenne. Si giunge così al 1928: è con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia di sabato 21 gennaio 1928 del Regio Decreto 29 dicembre 1927, n. 2665 "Riunione dei comuni di Villa Cogozzo e Carcina in un unico comune denominato Villa Carcina" che si può dire abbia avuto inizio la storia del Comune. All'epoca la popolazione era pari a 4.535 unità, cifra che ben presto crebbe, per le numerose fabbriche del territorio che porteranno numerosi lavoratori ad insediarsi nel paese. Durante la seconda guerra mondiale, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, il territorio triumplino entrò a far parte della Repubblica Sociale Italiana. Dopo il 1945 il Regno d'Italia lasciò spazio alla Repubblica Italiana e da allora la Valle Trompia si è distinta per l'operosità delle fabbriche locali che hanno dato lavoro a numerose persone. Lo stemma è privo di un formale decreto di concessione ed è adottato e utilizzato liberamente dal Comune. Il gonfalone è un drappo di azzurro. Il nucleo originario della piccola chiesa di San Rocco, a Carcina, doveva occupare presumibilmente l'attuale seconda campata della navata e il presbiterio. L'edificio originario, citato a partire dal 1567, probabilmente risale tra la fine del XV secolo e la prima metà del XVI, forse fondato per sciogliere un voto della comunità in onore di San Rocco di Montpellier, vissuto fra il 1346 e il 1376, il pellegrino francese invocato fin dal Medioevo come protettore dal terribile flagello della peste. L'edificio è poi citato negli atti della visita pastorale di San Carlo Borromeo del 1580, mentre nel 1582 il vescovo Giovanni Dolfin segnalò nel documento relativo allo stato dei lavori di miglioria dell'edificio che la chiesa era provvista di un'apertura a inferriata e di un portico antistante. Ulteriori lavori di sistemazione vennero eseguiti successivamente, probabilmente alla fine del XVIII secolo. Oggi all'interno della Chiesa si può ammirare la bella pala d'altare realizzata da Pietro Scalvini nel 1785, dedicata ai Santi Rocco, Pietro martire, Nicola da Tolentino e Sebastiano. Posta poco più in alto dell'abitato di Villa sorge la chiesetta dedicata a San Rocco, il santo protettore degli appestati, con ogni probabilità fondata a seguito di un'epidemia nella seconda metà del XV secolo. Tale Santuario viene citato ufficialmente per la prima volta nel 1512, all'interno di un testamento di un devoto. Tra il 1575 e il 1577, forse in seguito a una nuova epidemia di peste, la chiesa venne abbellita e ampliata e già nel 1580, come attestano gli atti della visita pastorale di San Carlo Borromeo, la chiesa era terminata. Fu l'occasione per concedere un'indulgenza plenaria decennale. Nel 1630, durante l'epidemia di manzoniana memoria, è probabile che l'edificio fosse utilizzato come lazzaretto, sia per la cura che per tener lontani i malati dal resto della popolazione, in modo da limitarne il contagio. La piccola sagrestia venne costruita pochi anni dopo, nel 1648. Nel corso del XVIII secolo la chiesa venne nuovamente ampliata e il campanile venne innalzato al livello ancor oggi presente. Un ultimo radicale restauro risale al recente 1989. L'edificio tardo quattrocentesco (forse ampliato nel secolo XVII) sorge su una cappella medievale annessa a un ospizio della diaconia di San Lorenzo, dipendente dalla pieve di Concesio. Al culto del santo diacono era infatti associato quello di San Giacomo, l'apostolo patrono dei pellegrini. Particolarmente venerato è l'affresco votivo quattrocentesco della Madonna col Bambino, ora inglobato nel polittico seicentesco come pala d'altare, in una magnifica soasa lignea. Altre importanti tele sono collocate in splendide cornici di gusto popolare negli altari laterali, San Barnaba e San Gottardo di Antonio Cifrondi e la Madonna col Bambino e i Santi Firmo e Lorenzo di Francesco Paglia, citata nel suo trattato Il Giardino della Pittura; pregevole è anche l'organo del 1773, opera del celebre organaro veneto Gaetano Callido. La santella dei Morcc dé la Canònega poco distante dal santuario di San Lorenzo, custodisce le spoglie degli appestati delle epidemie dei secoli XVI e XVII. La Villa, in stile liberty, venne edificata fra il 1905 e il 1906, e per anni fu residenza della famiglia Glisenti che dal 1859 era proprietaria del vicino stabilimento di Carcina. Divenuta di proprietà comunale, dopo alcuni lavori di adeguamento e ristrutturazione nel maggio del 1989 venne inaugurata quale polo culturale ed espositivo, ed ospitò fino al 2006 anche la Biblioteca del paese. Ora accoglie importanti mostre espositive ed è sede di appuntamenti culturali e conferenze. Un grande parco, con alberi secolari, giochi per bambini, un chiosco e tante attrezzature per lo svago, circonda la Villa stessa ed è sede di numerose manifestazioni nel periodo estivo. Esempio dell’architettura del primo Settecento. Dedicata ai Santi Emiliano e Tirso, su progetto di Giovan Battista Marchetti, o forse di Antonio Turbino. Della precedente chiesa restano soltanto l’abside (ora abitazione del sacrestano) e la vecchia sacrestia (ora chiesetta). La chiesa attuale contiene tele di Pietro Natali e Pietro Scalvini e affreschi di Francesco Monti. Dedicata a San Giacomo, decorata con eleganti stucchi settecenteschi di Benedetto Porta, sorta nel luogo dov’era prima un ospizio medioevale. Fu ricostruita nel 1741-42 e completata nel 1782 con la facciata. Il campanile è opera di Francesco Lepreni. All’interno sono conservati dipinti di Stefano Viviani, Francesco Giugno, Antonio Paglia, Pietro Scalvini. Dalla sinistra del presbiterio si accede alla cappella Regis (1851), nota come Oratorio per le ragazze del paese di Villa Carcina; con una pala di Luigi Campini. Dedicata a San Michele Arcangelo, chiesa citata già nel 1420. L’attuale edificio è del 1951, mentre del precedente rimane il campanile romanico, oltre a qualche frammento di muratura e il vecchio pavimento sotto l'abside. Nella parte destra della navata sotto il campanile era presente una santella dedicata a San Nicola. La pala dell’altare maggiore è di Francesco Paglia. Dedicata a Sant’Antonio Abate, eretta nel 1953-56 su progetto di don Giuseppe Barcelli. Vi si trova, proveniente dalla vecchia chiesa, una pala seicentesca del veneziano Girolamo Pilotti. Inoltre due Angeli lignei di fine ‘600, un Crocifisso ligneo cinquecentesco e una Croce astile argentata del ‘700 A Pregno, ricostruita a inizio ‘700 su un antico oratorio, contiene una pala di Francesco Paglia. L'acquedotto portava l'acqua potabile dalla Valle di Lumezzane (Val Gobbia) a Brescia. La sua costruzione risale al tempo di Augusto Tiberio. Non si conosce con precisione il periodo in cui rimase attivo. Qualcuno afferma che fu abbandonato da Teodorico (nel 495), altri invece sostengono che all'epoca di Gian Galeazzo Visconti (1385) fosse ancora utilizzato. Da Lumezzane Sant'Apollonio l'acquedotto percorreva la Val Gobbia e la Val Trompia per portare l'acqua a Brescia sul colle Cidneo, dove sorge il castello. In particolare, per il tratto Lumezzane-Pregno l'acquedotto era allo scoperto, mentre da Pregno a Costorio scorreva nel sottosuolo. Il cunicolo era costruito con struttura in pietra irregolare di piccole dimensioni. Resti dell'acquedotto furono trovati a Pregno (tuttora evidenti) presso la Serioletta nel tratto di strada di Via Pendezza. Tratti tuttora visibili dell'acquedotto si trovano nella zona immediatamente a nord di Pregno, in via Maravagne e a Costorio, già in territorio di Concesio. Un ramo secondario, che traeva acqua dalla fonte di Cogozzo è invece visibile in via Repubblica. Edificata in stile tardo-neoclassico nel ‘700 è attualmente sede della Casa di Riposo. Complesso di villa e giardino molto piacevole, sebbene il restauro e le aggiunte, fatte con larghezza di mezzi attorno al 1925, ne abbiano arricchita la linea, un tempo ben più semplice e modesta. L'ingresso verso il paese è formato da un'arcata in pietra bugnata ed in essa si apre il portone; due grandi volute accompagnano il portale, ma sono di disegno pesante e scorretto. Il rimanente è moderno, compresa la cinta del giardino. Nella mappa catastale napoleonica del 1810, la villa è indicata come casa di villeggiatura con proprietario Sedaboni Giacomo q. Lorenzo. Il Sedaboni appartiene ad una facoltosa famiglia originaria di Pezzaze, sicuramente presente a Villa già agli inizi del secolo precedente, con beni considerevoli, in case e terreni. Nel 1963 la signora Capretti Colturi donava nel testamento al Comune la sua casa padronale con annesso parco per farne una casa di riposo, ora denominata “Fondazione Colturi – Villa dei pini” Parchi, giardini ed altre aree a verde pubblico, nonché luoghi attrezzati per il relax, i percorsi pedonali, campi gioco per bambini, rappresentano un patrimonio a disposizione di tutta la cittadinanza del comune. Sono 4 i parchi presenti nel comune di Villa Carcina: quello di Villa, quello di Cailina, quello di Cogozzo e quello di Carcina (dove si trova Villa Glisenti). Lo storico ponte di Pregno, su cui fino al 1970 transitava la principale via di collegamento tra la città di Brescia, è un ponte in pietra a tre arcate tuttora visibile pochi metri a nord rispetto al più recente ponte carreggiabile. Un tempo rappresentava uno dei pochi punti di passaggio del fiume Mella in Valtrompia (tant'è vero che i più anziani chiamano ancora la località "Put Pregn", ovvero Ponte Pregno in dialetto locale) e a lungo fu presidiato da gabellieri che chiedevano un tributo per il suo passaggio. Zignone, località posta in quota sopra Pregno, è caratterizzata da ampi prati e una villa rustica con chiesetta dedicata a Santa Teresa d'Avila (appartenuta a don Antonio Zappetti, che nella seconda metà del ‘700 fu parroco di Carcina). Abitanti censiti L'economia del paese era tutta basata sull'agricoltura del terreno e dei monti e da essa si ricavava, sia pure in minima parte, tutto il necessario per il sostentamento. Da quell'epoca derivano alcune denominazioni dei cortili delle case padronali che oggi si possono ancora in parte scorgere soprattutto a Cailina (Mensi e Bregoli in via IV Novembre) e Cogozzo nella parte vecchia. Col passare del tempo, a cominciare dalla seconda metà del secolo scorso, sorsero diverse grosse industrie: nel 1859 la "Glisenti", nel 1889 il cotonificio "Mylius", divenuto in seguito Bernocchi e nel 1911 la "TLM" Trafilerie Laminatoi Metalli, che insieme fornivano lavoro ad oltre 3000 dipendenti. Negli ultimi anni, con il declino della grande industria, sono sorte al loro posto delle officine metallurgiche, fonderie, rubinetterie e meccaniche varie. Per quanto riguarda l'artigianato sono molto diffuse le attività di lavorazione dei metalli, finalizzate soprattutto alla produzione di coltelli e armi da taglio. Nel 1963 la signora Capretti Colturi donava nel testamento al comune la sua casa padronale con annesso il parco per farne una casa di riposo per anziani ora denominata "Villa dei Pini", mentre nel 1980 l'amministrazione comunale acquistò il parco annesso alla Villa Glisenti per farne un parco pubblico e in seguito acquistò anche la villa dove per diversi anni è stata ubicata la biblioteca comunale e dove frequentemente si tengono mostre d'arte e conferenze di vario genere. Il comune è attraversato dall'ex Strada statale 345, ora denominata SP BS 345. Il servizio di trasporto pubblico è gestito da Arriva Italia, che opera con i suoi autobus in tutta la Val Trompia attraverso la linea S201. Fra il 1882 e il 1954 Carcina ospitò alcune fermate della tranvia della Val Trompia, a servizio della popolazione e del locale stabilimento. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Carcina Sito ufficiale, su comune.villacarcina.bs.it. Villa Carcina, su sapere.it, De Agostini.

Casazza (metropolitana di Brescia)
Casazza (metropolitana di Brescia)

Casazza è una fermata della metropolitana di Brescia a servizio del quartiere omonimo. La stazione fu inserita nei primi studi di fattibilità della linea metropolitana stesi nella primavera del 1987 dall'ASM Brescia, come capolinea settentrionale. Nei progetti successivi, il capolinea nord fu spostato all'altezza del confine del comune di Concesio, ma Casazza rimase come fermata al servizio sia del quartiere omonimo sia del flusso di traffico proveniente da Nave e Caino: per questo fu posizionata sul tracciato in viadotto all'incrocio fra l'ex statale delle Tre Valli e la ex statale del Caffaro. Nel 2003, in sede di Valutazione di impatto ambientale (VIA), il percorso fu convertito in trincea coperta, ma l'impianto mantenne comunque la sua posizione strategica. Fu inaugurata il 12 gennaio 2013, nell'ambito di una serie di cerimonie in cui le singole fermate della metropolitana furono mostrate al pubblico prima dell'effettivo inizio del servizio metropolitano. Fu quindi aperta al servizio pubblico il 2 marzo seguente, come il resto della linea. La fermata si trova lungo il tracciato in trincea coperta, ma ha la particolarità di avere una struttura molto più simile alle stazioni profonde che a quelle in trincea. È stata costruita su tre livelli: sul piano stradale si trovano cinque lucernari a forma piramidale che forniscono la luce naturale al piano banchina a 11 m di profondità. L'ingresso è unico, sotterraneo, posto sul secondo livello in direzione del complesso commerciale e amministrativo Futura. Le banchine sono collegate all'atrio d'ingresso grazie a due rampe di scale mobili e da due linee di ascensori. La struttura complessiva, comprendente anche la piazza aperta del complesso Futura, è stata concepita per essere al centro di un palcoscenico della cavea di un teatro. Come in tutte le altre stazioni della metropolitana, sono presenti le porte di banchina, che impediscono ai viaggiatori di accedere ai binari in assenza del treno. La stazione dispone di: Biglietteria automatica Fermata autobus Loris Zanirato (a cura di), Stazioni metropolitane = Underground-upperpeople, Brescia, Brescia Mobilità, 2012. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stazione Casazza (EN) Casazza, su Structurae.