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Deposito locomotive di Torino Smistamento

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Torino Smistamento locomotive D.343.1030 e 743.283
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Il deposito locomotive di Torino Smistamento è un'infrastruttura di ricovero, sosta, manutenzione e rifornimento di locomotive elettriche e Diesel delle Ferrovie dello Stato. Si trova in Via Chisola, a Torino, nei pressi della stazione Carducci-Molinette della metropolitanae del deposito GTT nizza Il deposito locomotive Smistamento ebbe origine poco tempo dopo la costituzione delle Ferrovie dello Stato sostituendo quello ormai insufficiente di Torino Porta Nuova e divenne completamente operativo nel 1911. Prese il nome dal fatto che venne utilizzata l'area periferica della città ove si trovava l'ampio piazzale merci. Fu costruita una rimessa circolare coperta a 51 stalli dotata di una piattaforma girevole. Per disporre di maggiore possibilità operativa venne presto ampliato con un'altra piattaforma girevole e una rimessa circolare da 20 posti per le locomotive a vapore del servizio merci. Per le operazioni di riparazione e manutenzione vennero costruiti anche due capannoni in prossimità dotati di ponte trasbordatore. A partire dal 1917 in conseguenza dell'elettrificazione in trifase la seconda piattaforma e la relativa rimessa circolare divennero adibite al ricovero delle locomotive trifase. Nel 1961, in seguito all'abolizione del sistema e alla trasformazione a corrente continua l'infrastruttura fu convertita al ricovero e alla riparazione delle locomotive a corrente continua. Negli anni trenta in seguito all'avvento delle automotrici Diesel e soprattutto con la consegna degli autotreni ATR 100 divenne necessaria la costruzione di un'infrastruttura dedicata; fu costruito un capannone a 3 binari della lunghezza sufficiente al ricovero di ciascun treno completo. Dopo la radiazione degli ATR 100 la struttura fu utilizzata per le riparazioni e la manutenzione dei mezzi di trazione Diesel. Dopo l'eliminazione della trazione a vapore le infrastrutture relative vennero adibite alle locomotive Diesel. In atto l'impianto è classificato tra le OMR cioè è un impianto che esegue "medie riparazioni", si occupa di manutenzioni dette di primo e di secondo livello, del rialzo della cassa, della sostituzione delle sale motrici ed altre eventuali operazioni necessarie. Trenitalia ha elaborato un progetto, legato a un investimento di oltre 150 milioni di euro, per rendere Torino Smistamento il polo della manutenzione dei treni di tutto il Nord-Ovest. Mario Borio, Angelo Nascimbene e Ivan Pavan (a cura di), Il Deposito Locomotive di Torino Smistamento - Cento anni, Bussoleno, libretto edito a cura del FerAlp Team, 2011. Trenitalia, Porte aperte a Torino Smistamento, cento anni 1911-2011, testi Mario Borio, immagini Angelo Nascimbene, progetto grafico Ivan Pavan. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Deposito locomotive di Torino Smistamento Deposito Locomotive di Torino Smistamento Archiviato il 12 gennaio 2016 in Internet Archive..

Estratto dall'articolo di Wikipedia Deposito locomotive di Torino Smistamento (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Deposito locomotive di Torino Smistamento
Via Chisola, Torino Circoscrizione 8

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10126 Torino, Circoscrizione 8
Piemonte, Italia
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Luoghi vicini

AOU Città della Salute e della Scienza
AOU Città della Salute e della Scienza

L'Azienda ospedaliero-universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, conosciuta anche come Città della Salute e della Scienza, costituita nel 2012, riunisce quattro Regional Hospitals (Molinette, CTO, Ospedale infantile Regina Margherita e Ospedale Sant'Anna) , ed è il polo sanitario più grande d'Italia e d'Europa. Le strutture ospedaliere sono ubicate nella zona sud-est di Torino, situata attualmente nella Circoscrizione 8 (già nella 9 fino al 2016), precedentemente chiamata “zona Ospedali” (zòna Ospedaj), all'interno del quartiere Nizza Millefonti, ricca di presidi sanitari e di ospedali, tra i quali spicca quello delle Molinette (da cui prende nome anche l'omonima zona e stazione metropolitana Carducci-Molinette). In attuazione del Piano sociosanitario della Regione Piemonte, la Città della Salute e della Scienza è il polo sanitario più grande a livello nazionale ed europeo con circa 9.500 dipendenti. Istituita nel 2012 con la legge della Regione Piemonte del 19 giugno 2012, n. 45, è costituita dalla seguenti strutture sanitarie: Ospedale Molinette: il quarto ospedale d'Italia per dimensioni, il primo per indici di complessità dell'attività sanitaria. Ospedale San Lazzaro: dermatologico Ospedale San Giovanni Antica Sede Ospedale San Vito situato nella zona precollinare di Torino Ospedale infantile Regina Margherita Ospedale ostetrico ginecologico Sant'Anna Centro traumatologico ortopedico e di malattie sociali e del lavoro (CTO) Unità Spinale Unipolare (USU) Il Polo Molinette è inoltre sede della Scuola di Medicina dell'Università di Torino. Dal 2017 è stato approvato il progetto per la costruzione di un comprensorio denominato "Parco della Salute" di Torino, situato nell'Area ex-Avio, ai piedi del Grattacielo della Regione Piemonte, e che dovrebbe sostituire l'attuale circuito sanitario, con la relativa graduale dismissione di alcuni ospedali della zona. Il progetto è in corso di discussione e di autorizzazione ministeriale, e dovrebbe prevedere un polo universitario didattico, strutture sanitarie più moderne, giardini interni e residenze per gli operatori medici, un passante per la stazione ferroviaria di Torino Lingotto, una rotonda sotterranea. Carducci-Molinette Centro traumatologico ortopedico (Torino) Ospedale infantile Regina Margherita Ospedale Molinette Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Città della Salute e della Scienza Sito ufficiale, su cittadellasalute.to.it.

Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli
Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli

La Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli, anche nota semplicemente come Pinacoteca Agnelli, è un museo d'arte con sede a Torino. Inaugurata nel 2002 all'ultimo piano del Lingotto, la pinacoteca raccoglie una selezione di opere provenienti dalla collezione privata di Gianni e Marella Agnelli. La collezione è ospitata nello Scrigno, un corpo di acciaio con una superficie di 450 metri quadrati sollevato a 34 metri dalla pista di collaudo sul tetto dello stabilimento. La struttura è opera dell'architetto Renzo Piano. Lo stile architettonico rappresenta un'astronave di cristalli che riprende simbolicamente lo stile futurista della fabbrica originaria. Oltre alla collezione permanente, il museo ospita periodicamente mostre temporanee d'arte contemporanea. Il museo espone ventitré dipinti e due sculture. Tra gli artisti del Settecento spicca Canaletto, di cui il museo conserva un gruppo di sei vedute di Venezia. A queste si aggiungono due dipinti di Bernardo Bellotto, nipote di Canaletto, che raffigurano scorci di Dresda rispettivamente con la Frauenkirche e la Hofkirche. Completa la collezione settecentesca il dipinto Alabardiere in un paesaggio di Giovan Battista Tiepolo. Per quanto riguarda l'arte dell'Ottocento la pinacoteca conserva due sculture chiamate Le danzatrici di Antonio Canova nonché La bagnante bionda di Pierre-Auguste Renoir e La Négresse di Édouard Manet. Ad aprire la sezione sul Novecento è Pablo Picasso con L'Hétaire risalente al periodo blu. Ancora di Picasso è il dipinto cubista Uomo appoggiato a un tavolo degli anni 1915-16. Agli stessi anni risale lo splendido nudo femminile di Amedeo Modigliani. Sette pregevoli dipinti di Henri Matisse costituiscono il nucleo più corposo di opere posseduto dalla pinacoteca. Infine il museo vanta due lavori futuristi; rispettivamente Lanciers italiens au galop di Gino Severini e Velocità astratta di Giacomo Balla. AA.VV. , Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli al Lingotto , Bompiani, 2002, ISBN 88-7423-059-1 , (Catalogo della Pinacoteca). Musei di Torino Luoghi d'interesse a Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli Sito ufficiale, su pinacoteca-agnelli.it.

Lingotto (comprensorio)
Lingotto (comprensorio)

Il Lingotto è un comprensorio di edifici situato nel quartiere torinese di Nizza Millefonti, chiuso tra via Nizza (dal numero 230 al 294) a est, da via Ermanno Fenoglietti a nord, da via Giacomo Mattè-Trucco a ovest (strada che costeggia un ramo del Passante ferroviario di Torino) e dal sottopasso del Lingotto a sud. Fu uno dei principali stabilimenti di produzione della fabbrica automobilistica FIAT, poi riconvertito a grande centro polifunzionale. Sui terreni dei ruderi di una ex villa dei conti Robilant (sita in via Passo Buole 4, di stile juvarriano, occupata dai partigiani durante la guerra e trasformata in Casa del Popolo, divenuta sede del circolo culturale Mario Dravelli nel 1945 e abbattuta dalla FIAT nel 1952), Giovanni Agnelli decise la costruzione del nuovo stabilimento FIAT, progettato nel 1915 sull'onda dello sviluppo economico-siderurgico dettato dalla prima guerra mondiale, sebbene lo stabilimento venisse completato alcuni anni dopo. Il progetto generale fu affidato all'ingegner Matté-Trucco, insieme ad altri progettisti come Francesco Cartasegna e Vittorio Bonadè Bottino, mentre l'architettura strutturale fu realizzata dall'ingegner Porcheddu, concessionario per l'Italia del brevetto per l'utilizzo del metodo Hennebique per la realizzazione di strutture in cemento armato, sul modello degli stabilimenti della casa automobilistica statunitense Ford. I lavori di costruzione durarono prevalentemente dal 1916 (quando fu iniziata la costruzione dell'Officina di Smistamento) fino al 1930 — si noti, infatti, lo stile architettonico razionalista —, anche se l'inaugurazione avvenne già il 22 maggio 1923, alla presenza del re Vittorio Emanuele III, immediatamente seguita dalla visita di Mussolini il 25 ottobre. Nell'opera Vers une architecture (1923) di Le Corbusier, dove sono esposte le sue teorie sulla nuova architettura, nel capitolo conclusivo del saggio, intitolato Architettura o Rivoluzione, sono riportati alcuni esempi di soluzioni innovative, fra questi vi sono alcune immagini dell'edificio dove viene evidenziata la soluzione dell'autodromo sul tetto. All'ingegnere meccanico Ugo Gobbato, esperto nella razionalizzazione delle attività produttive e chiamato dallo stesso Giovanni Agnelli nel 1918, venne affidata la responsabilità (con l'augurio del governo Mussolini) di accorpare le varie piccole officine Fiat sparse per Torino (in particolare la sede di Corso Dante) e organizzare quindi il trasferimento coordinato di macchinari e impianti al Lingotto, del quale assunse altresì la direzione, dimettendosi poi nel 1928, dopo aver raggiunto un pieno regime produttivo. Le officine furono formate da due lunghi corpi longitudinali, destinati alla produzione delle automobili, di oltre cinquecento metri di lunghezza, uniti da cinque traverse multipiano, dedicate a servizi per il personale. Alle estremità dei corpi lunghi furono costruite, tra il 1923 e il 1926, due rampe elicoidali, sempre su progetto di Matté-Trucco. In questo modo le automobili potevano accedere dal piano terra direttamente alla pista di collaudo, costituita da due rettilinei di oltre quattrocento metri di lunghezza, collegati da due curve sopraelevate. Unica nel suo genere, la pista asfaltata di collaudo della autovetture, costruita direttamente sul tetto della fabbrica fu realizzata già nel periodo 1926–1927 con la nota forma ad anello e le due curve paraboliche sulle estremità studiate in modo da poter essere affrontate con velocità fino a 90 km/h, quando al tempo la velocità di punta delle automobili era di 70 km/h. Il parapetto di protezione è alto un metro e mezzo. Nel 1969, la pista fu utilizzata per le riprese della celebre scena d'inseguimento del film Un colpo all'italiana. L'intera struttura della Fiat Lingotto fu concepita ai principi del taylorismo, che aveva come obiettivo principale la funzionalità produttiva, interamente costituita da cemento armato, con cinque piani, mentre la facciata esterna presentava alcuni elementi decorativi del Razionalismo italiano. La palazzina distaccata degli uffici invece, terminata già nel 1926, fu dedicata alla sola direzione, amministrazione, mensa e altri servizi. Nel corso degli anni, lo stabilimento Lingotto produsse decine di modelli di automobili, come la Torpedo, la Balilla, la Topolino, la Fiat 1100 R e la sportiva X 1/9 con la rivoluzionaria posizione centrale del motore. L'attività produttiva fu parzialmente interrotta nel 1939, in pieno inizio della seconda guerra mondiale, essendo la stessa fabbrica un obiettivo delle incursioni militari su Torino. L'anno successivo infatti, una parte della produzione fu già spostata nel più grande stabilimento torinese, non molto lontano, chiamato Fiat Mirafiori. Durante la guerra fu facile bersaglio dei bombardamenti aerei da parte degli anglo-americani, in particolare quelli avvenuti nell'autunno 1942 e, il più devastante, quello del 29 marzo 1944. Al termine della guerra, molte parti delle facciate dell'edificio furono parzialmente danneggiate, ma furono prontamente ricostruite nel periodo 1945–1947. La produzione di automobili però fu totalmente trasferita nel moderno comprensorio Fiat Mirafiori, mentre il Lingotto fu destinato, negli anni del boom economico, alla produzione di lavatrici e frigoriferi, per poi riprendere soltanto una parte della produzione automobilistica a partire dagli anni 60 del XX secolo. L'ultimo modello in produzione al comprensorio del Lingotto, tra il 1979 e il 1982, fu la prima serie della Lancia Delta, esaurito il quale la fabbrica fu totalmente dismessa, aspettando di decidere il suo futuro e quello del suo storico comprensorio. Nel 1982 una società a capitale misto, guidata dalla Fiat, promosse una "consultazione" internazionale (il comune chiedeva un concorso di idee) per la ristrutturazione e il recupero dello stabilimento, appena dismesso; ma tra i 20 progetti presentati non fu individuato un vincitore. Nel 1985, fu incaricato della ristrutturazione l'architetto genovese Renzo Piano. Mentre all'esterno la struttura rimase pressoché inalterata, gli ambienti interni furono profondamente modificati, per venire incontro alle nuove esigenze. Ormai simbolo dell'archeologia industriale, nel periodo 1986–1987, l'edificio centrale della ex fabbrica fu da subito suddiviso, attraverso un lungo processo di ristrutturazione, per soddisfare diverse funzioni: uso commerciale (terziario), uso abitativo (albergo), un uso culturale (mostre, fiere). Già nel 1987, vi fu una prima inaugurazione e apertura al pubblico dell'edificio centrale, già riqualificato e adibito a uso commerciale: negozi, bar, ristoranti concentrati in un'unica area commerciale chiamata 8-Gallery (dalla parola "otto" contenuta nel nome Lingotto). Nel 1991, fu invece riqualificata la palazzina distaccata delle ex presse, sul lato sud del comprensorio: ne divenne ben presto un centro fieristico-espositivo, denominato Lingotto Fiere. La prima manifestazione inaugurativa fu il Salone dell'automobile del 1992. In pochi anni, questo centro esposizioni acquisì sempre più importanza: ha ospitato edizioni del Salone internazionale del libro e del Salone del gusto, mentre in passato è stato organizzato anche il Salone del vino, più altre esposizioni come la fiera d'arte moderna e contemporanea Artissima e molte altre mostre a livello nazionale e internazionale. La struttura di Lingotto Fiere ha una superficie di oltre 70.000 metri quadrati, organizzata in maniera modulare. Lo spazio coperto è suddiviso in cinque padiglioni complanari, collegati tra loro, che comprendono anche sale conferenze e un sistema di parcheggi da oltre cinquemila posti. Il centro fiere ospita circa cinquanta manifestazioni all'anno. Nel 2007 la proprietà del Lingotto Fiere passò all'imprenditore Alfredo Cazzola, del gruppo francese GL Events. Nel 1994, sul tetto della palazzina centrale, fu costruita, sempre su progetto di Renzo Piano, la cosiddetta Bolla, ovvero una sala riunioni semi-sferica e trasparente, attrezzata e panoramica da 25 posti, realizzata in acciaio e vetro-cristallo, con vista sulle Alpi e sulla pista parabolica di collaudo. Sulla stessa struttura portante della Bolla, che sembra quasi sospesa, fu costruito anche un disco di atterraggio da eliporto, per permettere il veloce atterraggio di elicotteri. Nel Lingotto è presente anche un cinema multisala con 11 sale, l'attuale UCI Cinemas Lingotto, che per alcuni anni ha ospitato il Torino Film Festival. Infine nella palazzina uffici, restaurata dagli architetti Roberto Gabetti e Aimaro Isola, furono insediati gli uffici direzionali di alcune aziende, tra cui la stessa FIAT, tornata al Lingotto nel 1997. Nel 1993, sotto la parte sud, fu realizzato un centro congressi, con 12 sale permanenti di varie capienze, tra cui la più grande detta "Sala Cinquecento", collegate tutte tra di loro, per una disponibilità totale di 3500 posti, più altre sale temporanee negli adiacenti padiglioni. Accanto alla Sala Congressi troviamo l'Auditorium Giovanni Agnelli, che fu inaugurato nel 1994 con un concerto dei Berliner Philharmoniker, diretti da Claudio Abbado. Insieme all'Auditorium Rai di Via Rossini, l'Auditorium Gianni Agnelli, è la principale struttura dove si suole rappresentare concerti di musica classica a Torino. Progettato sempre da Renzo Piano nel contesto di ristrutturazione dell'intero complesso del Lingotto, è parzialmente scavato fino a circa 10 metri di profondità, ha un sistema automatico di parti in movimento che può variare la capienza da meno di cinquecento posti a circa duemila. Anche l'acustica è variabile: da un tempo di riverberazione di circa due secondi per la musica sinfonica è possibile ottenere una rifrangenza acustica di un secondo e mezzo, ideale per i congressi. Mentre a partire dal 1997 la sede manageriale del gruppo Fiat tornò nella palazzina storica degli uffici, nel 2002 fu inaugurata la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli, un museo d'arte permanente che ospita la collezione privata della celebre famiglia, e che si trova collocata dentro lo Scrigno, una piccola costruzione di Renzo Piano sopra la pista sul tetto, così chiamata in quanto votata a contenere una sorta di tesoro artistico: lo stile architettonico infatti, rappresenta un'astronave di cristalli che riprende simbolicamente lo stile futuristico della fabbrica originaria. La collezione d'arte comprende venticinque opere scelte da Giovanni e Marella Agnelli, più alcune esposizioni temporanee. Sono inoltre presenti, tra gli altri, dei dipinti di Canaletto, Matisse, Balla, Picasso, Bellotto e due opere scultoree del Canova. Nel 2003, all'interno dell'hotel Le Meridien, fu creato un giardino tropicale, e lo stesso hotel è stato collegato al centro congressi tramite un percorso pedonale sopraelevato. Nel 2004, a fianco della palazzina delle fiere, fu allargata un'area per ospitare eventi all'aperto, una piccola pista di go-kart, più un'altra palazzina distaccata, chiamata Oval Lingotto. Nel 2006 furono collocati qui anche alcuni uffici del TOROC, il comitato organizzatore dei XX Giochi olimpici invernali. Nel 2007, al primo piano della palazzina nord, fu istituita la clinica odontoiatrica universitaria distaccata delle Molinette (Dental School). Nello stesso anno, al IV piano della Rampa Nord, fu allestita una sede distaccata del Politecnico di Torino (corsi di Ingegneria dell'Autoveicolo), dove già nel 1998 fu attivato un corso di laurea in ingegneria dell'autoveicolo. Piano disse di aver voluto ricreare nel Lingotto «un genuino pezzo di città». La storica pista per il collaudo delle automobili sul tetto fu ristrutturata e usata per le presentazioni di nuove automobili, ed è periodicamente aperta al pubblico. Nel 2010, a seguito del prolungamento della linea 1 della metropolitana di Torino, con la realizzazione di una fermata in via Nizza denominata stazione Lingotto, del comprensorio sono state oggetto di restauro la parte muraria e le cancellate del muro perimetrale, situato in prossimità del centro direzionale FIAT, con lo scopo di essere inserito nel contesto del progetto di miglioramento urbano dopo le lavorazioni in interrato della stazione Lingotto stessa, localizzata in prossimità dell'area. Il tratto in esame, già negli anni '90 aveva subito un intervento di restauro, ma nonostante ciò esso presentava delle cadute del tono del colore, alcune lesioni e in alcune zone l'intonaco si era staccato dalla sottostante muratura. Per quanto concerne la parte delle cancellate la superficie metallica si presentava in buone condizioni, pertanto il principale intervento di recupero si è concentrato nella parte del basamento lapideo, che presentava fenomeni di patina, di croste nere dovute allo smog e alla presenza ferrosa dei residui delle frenate dei tram. Nel 2011 nasce il Centro direzionale Exor, nella palazzina prospiciente il complesso. Sempre nello stesso anno, nella palazzina nord fu allestito l'albergo NH Torino Lingotto Congress (4 stelle) e l'albergo Doubletree by Hilton Turin Lingotto (4 stelle). Nello stesso anno viene trasferita qui la sede nazionale dell'Autorità di regolazione dei trasporti. Dal 2007 al 2018, i locali del centro commerciale hanno ospitato ogni anno la Festa della Matematica, evento organizzato nel mese di marzo in occasione della gara locale a squadre miste delle Olimpiadi italiane della matematica. L'evento includeva il "Mercatino delle idee", esposizione di progetti, lavori ed esperimenti legati al mondo della matematica e della scienza realizzati dagli studenti delle scuole partecipanti, conferenze tenute nelle sale cinematografiche e la gara ufficiale a squadre, svolta sulla rampa elicoidale nord del comprensorio, oltre a una "gara del pubblico", gara matematica amichevole aperta a tutti nell'area ristorazione. Dal 2019, l'evento si svolge all'Arsenale della Pace, sede del Sermig. Nel 2020 viene deciso di ampliare il primo piano dedicato a centro commerciale, cambiando nome da 8-Gallery a Centro Commerciale Lingotto. Ospita diversi negozi, tra cui Media World, McDonald, un supermercato PAM all'ingresso nord e un supermercato Conad City all'ingresso del padiglione 5, più un cinema UCI con 14 sale. Nel centro sono presenti circa 90 negozi e 14 ristoranti di varia caratterizzazione (Italiano tipico, pizzerie, tipico Viennese, steak-house Western, Giapponese, Take-Away, paninoteche, ecc.). Dalla galleria si può accedere ai piani superiori, dove sono collocati uffici di diverse aziende. Nella parte centrale sono situati giochi per bambini, uno spazio ampio dedicato alle manifestazioni che di norma quando vuoto è usato dai bambini per pattinare, andare sul monopattino o rincorrere un pallone. Completano poi le tipologie, negozi di abbigliamento, profumerie, di giocattoli, tabaccherie, fotografi. Nel 2022 viene realizzato il giardino pensile La Pista 500 su inziativa della Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli. Il progetto è stato realizzato dall'architetto Benedetto Camerana e si sviluppa lungo l'anello del Lingotto. Il nuovo giardino, che si trova a un'altezza di circa 28 metri, è composto da 28 isole verdi che ospitano circa 40.000 piante. A tutt'oggi è il più grande giardino pensile d'Europa. Quello stesso anno la pista 500 ha ricevuto il secondo premio, nella categoria Progettazione o elaborazione di un parco o giardino contemporaneo dal European Garden Heritage Network. Il Lingotto è raggiungibile dalla stazione Lingotto della metropolitana di Torino e dalle linee autobus 17, 18 e 34. In occasione dei XX Giochi olimpici invernali ospitati dalla città di Torino del 2006, è stata costruito un arco olimpico con passerella ciclopedonale che collega il Villaggio Olimpico (ingresso da piazza Galimberti) e il quartiere circostante con via Nizza e il centro commerciale Lingotto, offrendo un collegamento rapido tra due aree attraversate dal passante ferroviario. Arco olimpico di Torino Fiat Mirafiori Storia di Torino Wikizionario contiene il lemma di dizionario «lingotto» Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul lingotto Lingotto, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Lingotto Fiere, su lingottofiere.it. Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli, su pinacoteca-agnelli.it. Centro Congressi Lingotto, su expo2000.it. URL consultato il 14 ottobre 2007 (archiviato dall'url originale l'8 ottobre 2007). Foto dell'Oval Lingotto, su fotogian.com. URL consultato il 14 ottobre 2007 (archiviato dall'url originale il 26 gennaio 2007). Foto Pinacoteca Agnelli, su it.geocities.com (archiviato dall'url originale l'11 agosto 2006). Progetto del Lingotto Exhibition Center, su focchi.it. URL consultato il 14 ottobre 2007 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2007). logica dei flussi produttivi della fabbrica Lingotto (animazione 3D), su studiodim.it. URL consultato il 12 maggio 2009 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2009). Luoghi della Memoria - Storia Fiat Lingotto. istoreto.it, su istoreto.it.

Ospedale infantile Regina Margherita

L'ospedale infantile Regina Margherita (OIRM) di Torino, con l'ospedale ostetrico-ginecologico Sant'Anna, costituisce un presidio ospedaliero di rilievo nazionale ad alta specializzazione materno-infantile. Fa parte dell'AOU Città della Salute e della Scienza. L'ospedale Regina Margherita è specializzato nella prevenzione, diagnosi e cura delle varie malattie dell'età infantile ed insieme al Dipartimento di scienze pediatriche e dell'adolescenza, la scuola di specialità in neuropsisichiatria infantile, i corsi di laurea in infermieristica pediatrica e terapista della neuropsicomotricità dell'età evolutiva, della facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Torino, viene una qualificante attività assistenziale, di didattica e ricerca scientifica. L'ospedale, con la presenza di tutte le specialità mediche, chirurgiche e diagnostiche è centro di riferimento per neonati, bambini e adolescenti per le patologie più complesse, rare e croniche. Fornisce prestazioni di alta specializzazione pediatrica, in considerazione della presenza delle specialità quali l'onco-ematologia e il centro trapianti cellule staminali, la cardiologia interventistica e la cardiochirurgia, la neurochirurgia, il centro trapianti di rene e cuore, il centro grandi ustionati, la chirurgia neonatale. Sono in continuo sviluppo le attività di rete che vedono nell'OIRM il centro di riferimento: Rete Audiologica per gli impianti cocleari, rete di Telemedicina Pneumologica per l'assistenza all'insufficienza respiratoria cronica dei pazienti in età evolutiva. Inoltre è inserito nella rete Oncologica del Piemonte e Valle d'Aosta, rete Malattie Rare, rete Trapianto d'Organo Pediatrico, rete Allergologica. Con i suoi professionisti, l'ospedale infantile Regina Margherita da tempo si impegna perché i bambini e ragazzi riescano a trovare un ambiente che risponda il più possibile ai loro bisogni, abbiano vicino genitori e amici e possano incontrare persone in grado di aiutarli a conoscere, affrontare ed accettare la complessità che li circonda. Animatrici, insegnanti, volontari, clown sono dei preziosi alleati di medici e infermieri, e garantiscono l'attività ludica e scolastica, momenti di intrattenimento e la realizzazione di progetti di umanizzazione. Dipartimento funzionale DEA - emergenza e accettazione Pediatria d'urgenza Osservazione Breve Intensiva Anestesia e Rianimazione Anestesia e Rianimazione Cardio e Trapianti Abuso e Maltrattamento Minori (Bambi) Dipartimento funzionale oncologia Oncoematologia e Centro Trapianti Ematologia Radioterapia Dipartimento pediatria specialistica e neuropsichiatria Dipartimento chirurgia generale e specialistica pediatrica Dipartimento diagnostica e servizi L'ospedale Ostetrico Ginecologico S. Anna si trova in Corso Spezia 60 a Torino. Il presidio Sant'Anna è specializzato sui problemi legati alle fasi riproduttive della donna, alla gravidanza e al parto, e su quelli relativi alle patologie della sfera genitale femminile e della mammella. Le emergenze sanitarie in ostetricia e ginecologia sono effettuate dal Pronto Soccorso del S. Anna, ed è sede del trasporto neonatale avanzato di Torino. Annualmente circa 7500 donne partoriscono in questo ospedale. È sede del Dipartimento di Discipline Ginecologiche e Ostetriche, del Dipartimento di Scienze Pediatriche e Adolescenza e del corso di Laurea in Ostetricia della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Torino. L'Ospedale si trova in Piazza Polonia 94 ed è raggiungibile con i seguenti mezzi pubblici: Stazione Spezia M1 Linee 17, 17/, 34, 42, 45, 45/, 74 AOU Città della Salute e della Scienza Luoghi d'interesse a Torino

Stadio Filadelfia
Stadio Filadelfia

Lo stadio Filadelfia, in origine campo Torino, è stato un impianto calcistico di Torino sito in Borgo Filadelfia; prendeva il nome dalla via che lo affiancava e ha dato il nome al quartiere su cui era edificato. Chiamato anche il Fila dai tifosi, o Fossa dei Leoni, fu terreno interno del Torino dal 1926 al 1943, dal 1945 al 1958 e dal 1959 al 1963, legando la sua fama principalmente all'epopea del Grande Torino nel corso degli anni quaranta. Lo stadio fu anche sede delle partite casalinghe delle giovanili del Torino fino al 1993. La società utilizzò la struttura anche per gli allenamenti fino al 1994, sia per la prima squadra che per le giovanili. Una volta chiuso alle attività sportive, l'impianto fu demolito parzialmente tra il 1997 e il 1998. Dopo la ricostruzione ultimata nel 2017, è divenuto un centro sportivo riservato agli allenamenti della prima squadra e ad alcune partite interne della formazione Primavera del club granata. Lo stadio venne creato dal conte Enrico Marone di Cinzano, a quei tempi presidente granata. Enrico Marone creò la Società Civile Campo Torino (SCCT), con quote versate a fondo perduto, e con il solo obiettivo di acquistare l'area e costruirvi uno stadio con annesso campo di allenamento. Il 24 marzo 1926 venne fatta richiesta di concessione edilizia presso il comune e, dopo l'accettazione, i lavori vennero affidati all'ingegnere Miro Gamba, docente del Politecnico di Torino; i lavori di costruzione vennero seguiti dal commendator Riccardo Filippa. Il terreno su cui sorse era, in quel periodo, in periferia e venne scelto per il basso costo dell'area. I lavori occuparono 5 mesi di lavoro e poco meno di due milioni e mezzo di lire. L'inaugurazione dell'impianto avvenne il 17 ottobre 1926, durante la partita tra il Torino e la Fortitudo Roma, alla presenza del principe ereditario Umberto, della principessa Maria Adelaide e di un pubblico di 15 000 spettatori. Il campo venne benedetto prima dell'incontro dall'arcivescovo di Torino, Monsignor Gamba. Originariamente lo stadio copriva un'area di 38 000 m² cintati da un muro; era formato da due sole tribune, con una capienza che raggiungeva le 15 000 unità (1 300 in tribuna centrale, 9 500 sulle gradinate, 4 000 nel parterre). Sotto la tribuna si trovava il parterre, disposto su 13 file. Il Filadelfia aveva delle gradinate in cemento e una tribuna in legno e ghisa costruita in stile Liberty. Le poltroncine della tribuna erano in legno e tutte numerate. Il muro che circondava la struttura era alto 2,5 metri. La facciata era composta da mattoni rossi, con colonne e grandi finestre dotate di infissi bianchi. Le varie finestre erano collegate tra loro da un ballatoio con la ringhiera in ferro. Davanti all'ingresso si trova un vecchio campo, noto in piemontese come Camp Cit, che veniva usato per gli allenamenti negli anni 1930. La struttura portante dell'edificio era in cemento armato, mentre quella delle tribune era composta da pilastri che sostenevano una rete longitudinale di capriate trasversali in legno su cui erano sistemati pannelli di eternit. Il parterre è formato invece da setti trasversali in muratura. Il sostegno della bandiera che si trovava all'entrata era alto sei metri circa; il suo basamento era coperto da bassorilievi raffiguranti greche in stile Art déco. Il campo misurava 110 × 70 metri ed era coperto di erba e dotato di un sistema di drenaggio. Sotto le tribune si trovava l'appartamento del custode e quattordici camere, che servivano, oltre ai giocatori e all'arbitro, anche l'infermeria, la direzione e una sala per rinfreschi. I giocatori potevano raggiungere il campo dagli spogliatoi attraverso un sottopassaggio. Lo stadio subì opere di ampliamento. Nel 1928 venne aggiunta la biglietteria e nel 1932 la gradinata della tribuna venne ingrandita portando la capacità totale a 30 000 persone. Questo stadio ospitò le partite casalinghe del Torino fino al termine della stagione 1962-1963. Qui i granata vinsero sei dei loro sette Scudetti (a cui va aggiunto anche quello revocato del 1927). In questa struttura il Torino è rimasto imbattuto per sei anni, 100 gare consecutive, dal 17 gennaio 1943 alla tragedia di Superga, compreso il famoso 10-0 contro l'Alessandria (ancora record per una gara di Serie A). È in questo impianto che si esibiva Bolmida (il tifoso trombettista poi reso famoso dal film Ora e per sempre). Il 13 luglio 1943, nel mezzo della seconda guerra mondiale, venne bombardato anche il Filadelfia. Tra le parti danneggiate ci furono il campo (poi utilizzato dagli alleati per giocare a baseball) e le gradinate di via Giordano Bruno. Nonostante la copertura della tribuna fosse intatta, le travi metalliche vennero asportate per rifornire probabilmente l'industria bellica e sostituite con altre in legno. Il Filadelfia rimase inagibile per molto tempo e il campionato del 1943-1944 venne disputato presso il motovelodromo di Corso Casale. Dopo la guerra i lavori di ristrutturazione vennero eseguiti dal nuovo presidente Ferruccio Novo. Nel 1959 venne approvato un nuovo piano regolatore generale secondo cui, dal 6 ottobre, per l'area veniva prevista una destinazione di gioco e sport e si accennava al riconoscimento del valore storico. L'impianto fu utilizzato, dal 1926 al 1993, anche per le partite casalinghe delle formazioni giovanili. Dopo la tragedia di Superga il presidente granata Ferruccio Novo diede in garanzia il Filadelfia alla Federcalcio e secondo qualcuno pensò addirittura alla possibilità di demolirlo. Nel dopoguerra l'area del Filadelfia divenne residenziale e nacque l'idea di abbattere il complesso per costruire nuovi edifici. Nel 1959 uscì il nuovo piano regolatore che definì l'area "verde pubblico" e il progetto fallì. Nella stagione 1958-1959 il club, ridenominato Talmone Torino per via dell'abbinamento con l'omonima azienda, si trasferì al Comunale, che avevano iniziato a utilizzare saltuariamente negli anni precedenti, soprattutto per gli incontri di maggior richiamo e, di conseguenza, con maggiore affluenza: la stagione si concluse con la retrocessione in Serie B. L'anno seguente, per una questione scaramantica, la squadra tornò a giocare al Filadelfia, e lo stadio ridivenne la casa del Torino per qualche anno. Il 19 giugno 1963 venne disputata l'ultima partita ufficiale prima dell'abbandono del Filadelfia: la semifinale di ritorno della Coppa Mitropa 1963 Torino-Vasas terminata 2-1, ma inutile ai fini del passaggio del turno per via della vittoria per 5-1 degli ungheresi nella gara d'andata. A partire dalla stagione seguente i granata si trasferirono definitivamente al Comunale. Lo stadio Filadelfia ospitò anche alcune gare casalinghe della Juventus: la prima volta nel 1936, in occasione dei quarti di finale della Coppa Italia 1935-1936 contro la Fiorentina (vinta per 3-1 dai viola). Poi, tra aprile e giugno 1962, a causa dei lavori di assestamento dello stadio Comunale, la Juventus disputò al Filadelfia la gara dei quarti di finale di Coppa Italia 1961-1962 contro il Lecco (vinta dai bianconeri per 3-0) e poi le gare interne di Coppa Mitropa 1962. Nel 1970 si tentò per la prima volta di recuperare il Filadelfia, quando il presidente granata era Orfeo Pianelli; la SCCT fece eseguire un progetto per la ristrutturazione. L'idea era di permettere l'allenamento della prima squadra con il recupero del campo e la costruzione di una palestra. I lavori subirono qualche problema e vennero annullati nel 1973, in quanto l'area risultava ancora destinata al verde pubblico. L'idea di Pianelli prevedeva l'abbattimento totale della struttura, la costruzione di campi di gioco e di una struttura per gli alloggi delle squadre giovanili. Il progetto originale fallì anche a causa di alcune minacce di morte ricevute dal presidente. Il 18 ottobre venne rilasciata la concessione edilizia, ma solo in forma precaria, e prevedendo un canone annuo. Il Torino continuò ad allenarsi al Filadelfia fino al 1994, quando si trasferì nella moderna struttura di Orbassano. La manutenzione dell'impianto di via Filadelfia però fu abbandonata e in pochi anni gli spalti si deteriorarono. Tra il 1985 e il 2008 vari imprenditori e politici annunciarono di volersi impegnare nella ricostruzione e nel ripristino dello storico stadio torinese: nessuno di essi tuttavia, per vari motivi, andò a buon fine. Nel quinquennio 1980-1985, più volte il Comune e la Soprintendenza richiamarono la società per le strutture fatiscenti, oltreché per il pericolo penale dovuto a eventuali crolli; tra gli altri, la Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici del Piemonte ordinò che il campo fosse sottoposto ad accurata verifica, da parte di un professionista diplomato, della condizione statica e del grado di conservazione delle strutture e che fossero rimosse tutte le parti instabili e pericolanti del medesimo. In questo periodo il presidente granata era Sergio Rossi. Il 4 marzo 1985, dopo l'ennesimo richiamo, la SCCT assunse l'ingegner Francesco Ossola, della Tecnogest Progetti, per effettuare uno studio dello stadio. Il 16 marzo vennero presentati i risultati, che tracciavano uno stato particolarmente cadente, e suggerivano la rimozione di parte della costruzione. Le tribune vennero chiuse al pubblico, che fu costretto a restare fuori dai cancelli anche durante le partite della Primavera. La risposta allo studio di Ossola arrivò il 29 marzo e impose alla società interventi precisi. Tre giorni prima Giacomo Donato, per conto del comune, aveva svolto un sopralluogo che era terminato con una relazione in cui accennava alla possibilità di recuperare l'agibilità (ma solo in parte) grazie allo svolgimento di alcuni lavori. Nel luglio 1986 il Torino presentò un piano di recupero, frutto dello studio dell'impresa Italresine. Alla fine dell'anno la SCCT, nella persona del presidente Lorenzo Rigetti, richiese al comune la concessione edilizia per lo svolgimento dei lavori proposti da Ossola. Sarebbero state ricostruite buona parte delle tribune, con l'obiettivo di recuperare una capacità di 5 000-6 000 posti. Le attività previste dopo i lavori comprendevano allenamenti della prima squadra, allenamenti e partite della Primavera e delle altre squadre giovanili. Il comune esaminò la richiesta e, prima di rispondere, decise di sentire il parere della Soprintendenza ai beni ambientali e architettonici del Piemonte, che rispose l'8 aprile dando parere favorevole e accennando al valore storico-architettonico di una parte del complesso. Il comune accettò la richiesta del Torino il 22 maggio 1987, l'Ufficio tecnico dei Lavori pubblici diede il consenso alla ristrutturazione, ma i lavori non furono mai iniziati. Nel 1989 il Torino tornò proprietario del Filadelfia. Lo stadio passò dal presidente federale Antonio Matarrese a quello granata Mario Gerbi, dietro un simbolico pagamento di venti milioni di lire. Il nuovo progetto venne affidato a Gino Zavanella. Il suo progetto era diviso in lotti che sarebbero stati sviluppati per gradi. La prima parte riguardava la tribuna in legno che, secondo Zavanella, era ancora recuperabile, il rifacimento della copertura e della tribuna Ovest. In seguito sarebbero state rifatte le strutture in cemento e il resto delle tribune, demolite e ricostruite da zero. Infine si sarebbe passati agli spogliatoi e agli altri spazi sotto le tribune. L'obiettivo era quello di raggiungere una capienza di 14 000 posti. Si iniziò anche a parlare della possibilità di includere un museo nella struttura. Il progetto di Zavanella divenne ufficiale il 13 novembre 1991, quando il nuovo presidente granata Gian Mauro Borsano chiese la relativa concessione edilizia. Il Servizio Sanitario Nazionale rigettò il progetto per alcune carenze e l'8 luglio 1992 la commissione igienico-edilizia rifiutò la concessione edilizia in quanto il progetto non rispettava l'articolo 85 della Legge regionale n. 56/7, essendo l'area considerata ancora "verde pubblico". Questo parere si concretizzò con l'ufficiale rifiuto del sindaco espresso il 16 ottobre 1992. All'inizio del 1993 venne ripresentata al comune la richiesta basata sul progetto di Zavanella, con le opportune modifiche richieste dal comune per adeguarsi al piano regolatore. Il comune chiese un parere alla Soprintendenza e, passati due mesi, venne ufficializzata la diffida di inizio lavori. A marzo il progetto di Zavanella venne definitivamente accantonato. Nel 1993 la presidenza del Torino passò a Roberto Goveani che, nel suo discorso di presentazione, affermò che il Filadelfia era per lui una priorità. Voleva uno stadio da 30 000 posti, prevedendo una spesa di trenta miliardi di lire. Si disse che l'Istituto per il credito sportivo potesse anticipare 10 miliardi a tasso agevolato e i restanti venti sarebbero stati raccolti tra finanziatori privati. L'8 luglio 1993 Mario Borghezio presentò un'interrogazione parlamentare ai ministri dell'Interno e dei Beni Culturali. Il 9 ottobre venne inviata al Torino una comunicazione che revocava l'agibilità del complesso. Per questo motivo vennero spostate le partite della Squadra Primavera presso il Campo Ruffini, anche se continuava ad allenarsi al Filadelfia. La concessione dell'agibilità sarebbe stata rilasciata solo dietro presentazione, entro due settimane, di un piano serio. Un incontro tra il Torino e i responsabili del comune delineò i lavori necessari urgentemente; tra questi il rifacimento completo del corridoio tra spogliatoi e campo, l'impianto elettrico e il riscaldamento, e i sanitari. Si sarebbe dovuta pagare una ditta esterna per svolgere studi sulla sicurezza della tribuna Liberty, protetta dalle Belle Arti. A questo punto l'idea progettuale di Goveani venne accantonata, superata dalla priorità dei lavori necessari a riottenere l'agibilità. Una crisi economica societaria obbligò Goveani a vendere la squadra e il suo progetto finì negli archivi. L'ennesimo rischio di fallimento favorì un nuovo cambio di dirigenza, che portò a capo del Torino Gianmarco Calleri, ex patron della Lazio. A differenza dei predecessori Calleri considerava il Filadelfia un peso, e affermò di non avere interesse al suo recupero. La mancanza di lavori di ristrutturazione costarono al Torino numerose sanzioni pecuniarie e, dopo l'ennesima proroga, il 27 settembre 1994 ne venne dichiarata la completa inagibilità a causa dei continui crolli. Nel 1995 si aprì una nuova speranza per il Filadelfia. L'ex sindaco di Torino, Diego Novelli, eletto consigliere nelle liste de La Rete, in seguito a un confronto con Calleri, decise di dare vita a una fondazione destinata al recupero dell'impianto. Alla fondazione parteciparono molte persone famose: lo stesso Diego Novelli, Giancarlo Caselli, Nino Defilippis, Gianpaolo Ormezzano, Giuseppe Tarantino, il Torino e l'allora sindaco di Torino, Valentino Castellani. La proprietà dell'impianto passò, quindi dalla società granata alla fondazione. Partì una sottoscrizione privata per recuperare i fondi; in cambio di un'offerta di 100 000 lire, l'offerente avrebbe avuto il proprio nome scritto su un mattone del nuovo stadio. Nel luglio 1995 venne abbattuta una parte della gradinata nord e si cominciò a parlare di una variante al progetto, che avrebbe permesso di portare la capienza a 25 000 posti. Il nuovo progetto venne presentato il 12 dicembre 1995: lo stadio avrebbe avuto 15 000 posti (seduti e coperti). La nuova sede, la palestra, il museo, la biblioteca e la videoteca si sarebbero trovati sotto alle tribune. Il vecchio campo di allenamento avrebbe dovuto fare posto a hotel e foresterie. Il parcheggio sarebbe stato interrato, strutturato su tre livelli, e fornito 300 posti auto. A parte la tribuna protetta dalle Belle Arti, tutto il resto sarebbe stato da demolire. Continue difficoltà burocratiche portarono a numerosi rinvii della presentazione del progetto alla Commissione igienico edilizia. Nel 1997 il sindaco Castellani fece stendere un progetto per risolvere il problema dello stadio delle Alpi, impianto costruito per il campionato del mondo 1990 che non piaceva né alla Juventus né al Torino. Secondo questa idea, la Juventus avrebbe ottenuto il Comunale, mentre al Torino veniva permesso di ristrutturare il Filadelfia portandolo a 20 000 posti. L'obiettivo era quello di far partire i lavori entro luglio dello stesso anno. Il 30 aprile 1997, dopo aver parlato con la Soprintendenza, la Fondazione Campo Filadelfia chiese al Comune di poter demolire quello che restava dello stadio. Il 6 e 7 maggio venne accettata la demolizione, con l'esclusione dell'ingresso su via Filadelfia e di parte delle gradinate. A questo punto, con l'autorizzazione in mano per uno stadio da 25 000 posti, si iniziò a pensare ai finanziamenti. Il 18 luglio 1997 iniziarono i lavori di demolizione a opera dell'Impresa costruttrice Recchi Spa – CO.GE. Ad aprile 1998 l'amministrazione comunale decise di bloccare i lavori di demolizione. Secondo loro l'autorizzazione non era mai stata data e i lavori erano illegali. Tuttavia, l'idea di ristrutturare e riutilizzare il Filadelfia non fu del tutto accantonata, anzi fu proposto di farlo diventare uno stadio di 23 000 posti. Contemporaneamente ai piani della società granata, la Juventus, che nel biennio 1996-1998 aveva intenzione di ristrutturare e riutilizzare il Comunale, decise di rinunciare al progetto, in favore del mai abbandonato progetto Delle Alpi, risalente al 1994. Questa decisione fu presa per evitare che, nella zona circostante lo stadio di Santa Rita, ci potessero essero problemi di ordine pubblico derivanti dalla presenza di due stadi calcistici nella stessa zona: infatti, nelle vicinanze c'era proprio il Filadelfia, storicamente legato al Torino e su cui era in vigore il progetto di rifacimento risalente al 1997. Il 27 marzo 1999 Diego Novelli annunciò di aver ricevuto una donazione di settanta miliardi da parte di Giuseppe Aghemo, industriale che da tempo voleva acquistare il Torino. Grazie a questo, Novelli decise di ricostruire lo stadio senza l'aiuto del club granata, che poi avrebbe pagato l'affitto per lo sfruttamento dell'area. Dopo due incontri distinti tenuti tra i "contendenti" e il Comune, il presidente del Torino, Vidulich, si disse soddisfatto e pronto a trovare un accordo con la Fondazione. Vidulich lasciò aperta la strada alla possibile ricostruzione effettuata dalla società granata senza aiuti esterni. Nell'aprile 2000 il Torino passò dalle mani della Bullfin dei genovesi, a quelle della Società Investimenti Sportivi (S.I.S.) di Francesco Cimminelli. La stessa S.I.S., durante quell'anno, acquistò il Filadelfia dalla Fondazione. Nel 2000 intanto il TOROC (il comitato olimpico), in vista dei XX Giochi olimpici invernali, cominciava a pensare all'idea di disputare le gare di hockey su ghiaccio al nuovo Filadelfia. Tuttavia, l'anno successivo, si decise di scegliere lo stadio Comunale come struttura di cui usufruire durante i XX Giochi olimpici invernali, dopo essere stato suggerito come alternativa al Filadelfia nel biennio 2000-2001. Dapprima, l'impianto di Santa Rita avrebbe dovuto ospitare le gare di hockey su ghiaccio (progetto bocciato nelle settimane successive), ma poi, nel 2002, fu scelto come location per le cerimonie di apertura e di chiusura dei giochi (finalità, inizialmente, destinata allo stadio delle Alpi, durante il biennio 2001-2002, salvo poi cambiare i piani). Sempre nel 2001, fu proposto di vendere lo stadio delle Alpi alla Juventus e al Torino in comproprietà (proposta già effettuata nel 1996, ma le due squadre rifiutarono per i prezzi troppo onerosi): le due società e il Comune furono concordi sulla soluzione. Nonostante ciò, il piano fu abbandonato al termine dello stesso anno, complice la mancanza di un accordo tra i due club per la gestione della struttura. Il Torino riprese così in mano il progetto Filadelfia, salvo poi abbandonarlo, parzialmente, nel 2002: si decise, infatti, di utilizzarlo non come impianto per le partite casalinghe, bensì come "stadio della memoria" con museo, sede sociale e centro commerciale. A causa della suddetta decisione, nello stesso anno, il sindaco Sergio Chiamparino propose ai granata di acquistare lo stadio Comunale. Il 18 giugno 2002, a seguito dell'accordo con il Comune che, per la cifra di 25 milioni di euro, assegnò il Delle Alpi ai bianconeri, il Comunale venne affidato ai granata, al prezzo di 6 milioni di euro. Il 19 dicembre 2002, il Filadelfia fu venduto dalla S.I.S. di Francesco Cimminelli al Torino dello stesso Cimminelli, al fine di designarlo ad altre attività. Tra il marzo e l'aprile 2004 la nuova proposta del Torino prevedeva una ricostruzione fedele del vecchio Filadelfia. Come aveva già proposto più volte nel corso del biennio 2002-2004, la società granata intendeva stabilire la sede sociale all'interno della struttura, insediarvi un museo, fare un impianto da 2 200 posti in erba sintetica, destinare il campo da gioco agli allenamenti della prima squadra e alle partite della formazione Primavera. Il 13 luglio il progetto, affidato a Rolla, venne respinto all'unanimità dalla Soprintendenza e dal Comune. A fine settembre Rolla presentò il progetto corretto e questa volta venne valutato accettabile. I tifosi, ormai in aperta contestazione con la società in preda ai problemi finanziari, arrivarono a formare il Comitato Dignità Granata, un'associazione con il compito di vigilare sul Filadelfia. Anche l'Associazione Ex Calciatori Granata si mobilitò. Quest'ultima associazione, composta da giocatori che avevano giocato nel vecchio Filadelfia, affermava di voler ricomprare il terreno. Il 26 giugno 2005 il club granata festeggiò la promozione in serie A dopo la vittoriosa finale play-off sul Perugia, ma una settimana dopo venne dichiarato non idoneo all'iscrizione in massima serie. La mancata iscrizione al campionato della società granata rischiava di farla sparire completamente e quindi Pierluigi Marengo, con altri piccoli imprenditori, si prese la responsabilità di far rinascere la squadra chiedendo l'ammissione al Lodo Petrucci, che avrebbe permesso la ripartenza dalla Serie B invece che dalla C. La FIGC non considerava sufficiente la proposta economica, e quindi alla cordata si unì la Società Metropolitana Acque Torino. Il 19 agosto 2005, durante la conferenza stampa che avrebbe dovuto presentare la nuova società, venne annunciato l'acquisto della stessa da parte di Urbano Cairo. Nel frattempo, il 12 agosto 2005, il Filadelfia veniva acquistato dal Comune, il quale, nello stesso giorno, si riappropriava anche del vecchio Comunale. Il successivo 17 novembre fu definitivamente sancito il fallimento del Torino. Il 2 febbraio 2006, l'assessore Elda Tessore, responsabile delle olimpiadi invernali, dopo un sopralluogo, consigliò di nascondere l'impianto coprendolo con alcuni teloni. La scelta fece infuriare la tifoseria granata, che lo ritenne inaccettabile, soprattutto perché non erano stati stanziati fondi per il suo recupero. Il 25 maggio 2006 venne stipulato un accordo tra Comune, il curatore fallimentare e le altre società interessate all'area: Bennet, Mo.Cla. e Italcostruzioni. Dopo un incontro con i rappresentanti dei tifosi, il 31 luglio fu siglato un accordo tra il Comune e le altre società che volevano costruire; in questo accordo si precisò che i palazzi sarebbero stati spostati in un'altra zona. Un progetto prevedeva la creazione di due campi da calcio (per l'allenamento delle giovanili e per preparazione e amichevoli della prima squadra). Di fianco a questi campi sarebbe sorta un'area commerciale da 3 000 m², alta due piani, che avrebbe dovuto permettere di racimolare i soldi necessari per il finanziamento del progetto. Il 9 maggio 2008 un emendamento del consigliere regionale Gian Luca Vignale (AN) venne approvato e la Regione si impegnò a entrare nella Fondazione Filadelfia quale socio fondatore. Nel frattempo il vecchio stadio Comunale venne restaurato e ribattezzato in Olimpico, in vista dei XX Giochi olimpici invernali. Nel 2006 il Torino si stabilì definitivamente nel rinnovato Olimpico condividendolo con la Juventus stabilitasi transitoriamente, in attesa del restyling dello stadio delle Alpi. Inizialmente intenzionata a giocare nell'impianto di Santa Rita per la sola stagione 2006-2007, in modo da attuare un veloce ammodernamento del Delle Alpi, il suo coinvolgimento in Calciopoli durante l'estate 2006 convinse la società bianconera a riesaminare i suoi piani edilizi ed estendere fino al 2011 la convivenza all'Olimpico con la squadra granata; dopodiché si trasferì nel suo nuovo impianto di proprietà, lo Juventus Stadium, sorto sulle ceneri del vecchio Delle Alpi. A partire dal 2011, l'Olimpico divenne quindi destinato esclusivamente all'uso del Torino. Tuttavia, a pochi metri da un Olimpico restituito all'uso calcistico, negli anni tra il 2008 e il 2015, c'era un Filadelfia recintato, abbandonato, divenuto dimora di rovi ed erbacce, luogo di spaccio e dimora di senza tetto e si era persino arrivati a usare il campo come se fosse un orto. Sotto la presidenza di Urbano Cairo, vi fu una nuova svolta per il progetto di recupero dello stadio con la nascita della seconda "Fondazione Stadio Filadelfia", costituitasi nel 2011 con l'obiettivo di una riqualificazione dell'intera area del vecchio impianto. L'8 febbraio 2011 la stessa Fondazione acquistò il Filadelfia dal Comune. Il 10 maggio 2013 Cairo confermò l'avvio della ricostruzione del Filadelfia con un progetto di due campi, dei quali uno con tribune da 4 000 posti per le amichevoli della prima squadra e alcune partite della Primavera (prevedendo la conservazione dei monconi superstiti del vecchio impianto). Il 24 aprile 2014 Cairo versa alla Fondazione 333 000 euro, pari al 33% della cifra garantita per la ricostruzione; tale cifra però poteva essere incassata solo a seguito di una modifica statuaria della Fondazione, irrogata il 13 gennaio 2015; frattanto, il 23 dicembre 2014, fu fissata la scadenza del bando di gara per provvedere alla ricostruzione della zona. Il nuovo Fila è diverso dal semplice stadio del passato (nonostante due porzioni dei vecchi spalti, tutelate dalla sovrintendenza, siano state integrate nel progetto di recupero): il nuovo complesso, concepito come «Casa del Toro», è infatti un centro sportivo dotato di un campo principale da gioco da 4 000 spettatori e di un campo secondario, destinati a ospitare gli allenamenti della prima squadra e alcune partite casalinghe della formazione Primavera. Completeranno il complesso la sede della società, il museo del club, la sede della fondazione e una foresteria per i ragazzi del settore giovanile. Il 26 gennaio 2015 sono cominciati i primi lavori di disboscamento dell'area, ricerca e bonifica dei residuati bellici. Dopo che, il 17 ottobre 2015, è stata effettuata la posa della prima pietra, sul terreno hanno avuto, poi, inizio i lavori di costruzione del nuovo centro sportivo omonimo, completato e inaugurato nel maggio 2017. La prima partita ufficiale dei granata all'interno dell'impianto, si disputò il 17 ottobre 1926 (lo stesso giorno in cui venne inaugurato), in occasione della terza giornata nel girone B della Divisione Nazionale 1926-1927 contro la Fortitudo Pro Roma. L'incontro terminò con la vittoria dei padroni di casa per 4-0. L'ultimo incontro ufficiale (prima dell'abbandono dell'impianto), disputato dal Torino all'interno della struttura, ebbe luogo il 19 giugno 1963, in occasione della semifinale di ritorno della Coppa Mitropa 1963 contro gli ungheresi del Vasas e si concluse con la vittoria dei granata per 2-1. Dopo aver abbandonato il Filadelfia, il Torino vi disputò appena due partite ufficiali. La prima si giocò l'11 dicembre 1963, in occasione del secondo turno della Coppa Italia 1963-1964 contro il Varese. La sfida terminò 2-1 per la squadra torinese. Il secondo (e ultimo) incontro ufficiale disputato dal club piemontese al Filadelfia, a seguito dell'abbandono dell'impianto, si giocò, in via del tutto eccezionale, durante il Torneo Estivo, in occasione della terza partita del girone 1 della seconda fase, disputatasi il 14 giugno 1986. Ospite del match, il Pisa, che, al termine della sfida si impose per 2-1 sui padroni di casa. Questa fu l'ultima partita ufficiale disputata dal Torino all'interno dello stadio Filadelfia. Lo stadio Filadelfia è stato sede di quattro incontri della nazionale di calcio dell'Italia: la gara di Coppa Internazionale del 13 dicembre 1931 contro l'Ungheria e terminata con il punteggio di 3-2 in favore degli Azzurri, oltre a tre precedenti amichevoli giocate contro la Francia (3-4 per gli ospiti, disputata il 17 marzo 1912), il Portogallo (3-1 per i padroni di casa, svolta il 17 aprile 1927) e la Germania (1-2 per gli ospiti, giocata il 28 aprile 1929). Lo Stadio Filadelfia è divenuto location per tre film, due dei quali dedicati al Grande Torino: Tutti giù per terra (1997), di Davide Ferrario, con Valerio Mastandrea, Caterina Caselli, Anita Caprioli, Luciana Littizzetto e Giovanni Lindo Ferretti. Ora e per sempre (2004), regia di Vincenzo Verdecchi, con Kasia Smutniak, Giorgio Albertazzi e Gioele Dix. Il Grande Torino (2005), fiction Rai, con Ciro Esposito, Beppe Fiorello e Michele Placido. Marco Lazzarotto, Il patrimonio storico-sportivo della città di Torino, tesi di laurea in "Architettura per il restauro e la valorizzazione dei beni architettonici", Politecnico di Torino, anno accademico 2007-2008. Borgo Filadelfia Filadelfia (centro sportivo) Wikiquote contiene citazioni sullo Stadio Filadelfia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sullo Stadio Filadelfia Stadio Filadelfia (Campo Torino), su museotorino.it, Città di Torino.

Museo dell'automobile di Torino
Museo dell'automobile di Torino

Il Museo Nazionale dell'Automobile di Torino (acronimo: MAUTO), attualmente intitolato a Gianni Agnelli (in precedenza al fondatore Carlo Biscaretti di Ruffia), ha sede a Torino ed è considerato tra i più importanti e antichi musei dell'automobile del mondo. Il museo dell'auto è visibile anche su internet tramite un tour virtuale sul sito Google Maps con la funzione Street View. Nato come Museo Nazionale dell'Automobile, prende origine da una proposta avanzata durante il congresso indetto dall'Automobile Club di Torino nel 1932, per celebrare i "Veterani dell'Automobile", ovvero coloro che avevano conseguito la patente di guida da almeno 25 anni. Latori della proposta furono due pionieri del motorismo italiano, Cesare Goria Gatti e Roberto Biscaretti di Ruffia, entrambi cofondatori dell'Automobile Club e della FIAT. Nel 1933 Giuseppe Acutis, presidente dell'Associazione dei Costruttori di Autoveicoli, invitò Carlo Biscaretti di Ruffia e Giuseppe di Miceli, allora direttore dell'Automobile Club di Torino, ad organizzare una Mostra retrospettiva nell'ambito del Salone di Milano, per sondare l'interesse degli appassionati in vista di eventuali sviluppi. Carlo Biscaretti era stato fin da giovanissimo a fianco del padre Roberto, dedicando alla passione per i motori tutta la sua attività di artista, tecnico e giornalista. Riuscì così ad ottenere in prestito una trentina di vetture che furono presentate al Salone, sollevando grande interesse nel pubblico. Il 19 luglio 1933 la Città di Torino deliberò di fondare il museo, nominando un apposito comitato promotore ed ottenendo l'approvazione del Capo del Governo, Benito Mussolini, che personalmente impose la denominazione "Museo Nazionale dell'Automobile". Pochi giorni dopo, il podestà di Torino, Paolo Thaon di Revel, affidò a Carlo Biscaretti l'incarico di "ordinatore provvisorio", che sarebbe durato vent'anni. Il problema principale era trovare una sede adatta. Le acquisizioni vennero concentrate inizialmente in un magazzino di via Andorno, nella ex Fabbrica Aquila Italiana (la collezione avrebbe poi cambiato indirizzo altre quattro volte prima di approdare a quello definitivo di corso Unità d'Italia) finché nel 1938 si giunse al trasferimento del materiale esistente, costituito ormai da un centinaio di vetture e telai, una biblioteca e un archivio, nei locali ricavati sotto le gradinate dello stadio comunale, aperti ufficialmente al pubblico nel maggio 1939. La sistemazione non era però molto funzionale. Gli ambienti erano inadatti, con sbalzi di temperatura che scoraggiavano l'affluenza dei visitatori e danneggiavano i materiali. Durante la seconda guerra mondiale la collezione rimase pressoché intatta sia durante i bombardamenti sia durante la successiva presenza delle truppe alleate, ma la biblioteca e l'archivio andarono in parte distrutti o dispersi. Dopo il conflitto, si ritornò a parlare di una nuova sistemazione e di una strutturazione definitiva dell'ente. L'Associazione dei Costruttori cominciò ad interessarsi del museo e nel luglio 1955 decise di promuovere la costruzione una nuova sede. Il terreno fu trovato in corso Unità d'Italia, di proprietà del Comune di Torino; i finanziamenti furono assicurati dalle fabbriche di automobili e dalla famiglia Agnelli, alle quali si aggiunsero presto le case di pneumatici, le compagnie petrolifere, le banche cittadine ed altri enti. Mentre cominciavano i lavori per la costruzione, l'Ente venne rifondato e rinominato "Museo dell'Automobile", con rogito notarile del 22 febbraio 1957, poi riconosciuto con decreto del presidente della Repubblica l'8 ottobre dello stesso anno. Carlo Biscaretti di Ruffia fu nominato presidente del consiglio di amministrazione. Alla sua morte, avvenuta nel settembre 1959, il consiglio deliberò all'unanimità che l'istituzione portasse il suo nome, a ricordo del suo impegno per la costruzione del museo. Il museo fu solennemente aperto al pubblico il 3 novembre 1960 poco prima di Expo 1961. Nel corso della sua storia, il museo si è arricchito di nuove sezioni: il centro di documentazione e la biblioteca. Nel 1975 la biblioteca ed il centro si sono notevolmente arricchiti di libri, documenti originali e fotografie, grazie al lascito Canestrini. Negli ultimi anni sono diventati sempre più evidenti i limiti dell'edificio, soprattutto per la mancanza di spazi espositivi, ormai saturi. Nel 2003 viene approvata la ristrutturazione del museo da parte della Città di Torino e il 10 aprile 2007 il museo viene chiuso al pubblico per avviare un grande processo di ristrutturazione che lo riguarderà per 3 anni fino al 19 marzo 2011. Oltre che ad una ristrutturazione dell'edificio e dei suoi spazi interni, sia espositivi che di servizio, in accordo con la Città di Torino viene sensibilmente rivista anche l'organizzazione dell'ente, che viene rifondato. La nuova struttura si presenta quindi completamente rivista sia nella sua organizzazione amministrativa sia negli spazi interni ed esterni; l'area che circonda l'edificio viene rivalutata e all'edificio stesso viene aggiunto un nuovo corpo dal volume superiore a quello preesistente. Gli spazi interni hanno ricevuto un completo rivolgimento dell'allestimento e del percorso espositivo. La collezione viene integrata da ambientazioni e installazioni interattive e viene divisa in tre parti distinte, una per ogni piano. Il quartiere inoltre viene rivalorizzato dal museo stesso con una serie di attività complementari che fanno vivere il Museo dell'Automobile a tutte le ore del giorno e della sera; diventando un elemento trainante del rinnovo urbano del quadrante sud della città. Il 19 marzo 2011, durante le celebrazioni del 150º anniversario dell'Unità d'Italia in corso in città, alla presenza del presidente Giorgio Napolitano che dopo aver visitato il museo ha dichiarato: "Arte e industria sono la nostra forza", il museo ha riaperto i battenti al pubblico, presentando il nuovo allestimento. Al momento dell'inaugurazione, oltre al presidente Giuseppe Alberto Zunino la nuova gestione era composta anche dal direttore Rodolfo Gaffino Rossi, e dal Consiglio di Amministrazione composto da un rappresentante di Regione Piemonte, Comune di Torino, Provincia di Torino, Automobile Club d'Italia e da Fiat, il progetto di ristrutturazione architettonico è stato finanziato dal Comune di Torino, mentre quello museografico è stato finanziato da Regione Piemonte, Provincia di Torino, Automobile Club d'Italia, Camera di Commercio di Torino, Compagnia di San Paolo e Fondazione CRT. Il nuovo presidente è l'architetto Benedetto Camerana, mentre il direttore è sempre Rodolfo Gaffino Rossi. Il museo dopo i primi 30 giorni dalla sua riapertura ha ricevuto 40.000 visitatori, 9.200 solo nel primo fine settimana. La sede che sorge sulla sponda sinistra del Po a poca distanza dal Lingotto, dal 1960 ospita il Museo dell'Automobile di Torino ed è tra i pochi edifici costruiti appositamente per ospitarvi la collezione di un museo e rappresenta anche un esempio particolare di architettura moderna. Il progetto è opera dell'architetto Amedeo Albertini, autore, a Torino, anche del palazzo SAI, dello stabilimento Lavazza, e degli uffici RIV; le strutture in cemento armato furono calcolate dall'ingegnere Ivailo Ludogoroff. Furono due i fattori presi in considerazione per l'avvio del progetto: la posizione panoramica verso il fiume Po e la collina, ed il particolare carattere del materiale da esporre che non si adattava ad un ambiente raccolto e delimitato ma che evocava già di per sé il concetto di grandi spazi. L'edificio, nel suo progetto originale del 1960 è caratterizzato quindi da un'imponente facciata rivestita in pietra, di forma convessa sviluppata in lunghezza, che dà l'illusione di essere sospesa su una vetratura sottostante; in verità la facciata è retta da una grossa trave in ferro dal peso di 60 tonnellate e appoggia su quattro grossi pilastri in acciaio inossidabile e calcestruzzo. Tutto l'edificio era stato edificato sopra una collina artificiale ed era costituito da un volume principale largo quanto la facciata ma che tendeva a ridursi mentre si inoltrava verso l'interno della collina. Da questo edificio due moduli laterali sospesi andavano a collegarsi ad un secondo edificio che aveva circa la stessa volumetria del primo e creavano quindi un giardino d'inverno nel cortile interno del museo. Al secondo blocco quindi si staccava (posteriormente spostato di lato) un terzo volume, dalle caratteristiche molto industriali, lucernari sul tetto e mattone a vista, che slanciava la pianta dell'edificio creando una piccola "coda". Una delle caratteristiche più originali è la soluzione di sostentamento delle maniche di collegamento, tra i fabbricati principali e quelli trasversali, che si presentano con un'originale geometria a "V". L'edificio del museo fotografato da Paolo Monti nel 1961 Nel 2011 la sede del museo viene riaperta dopo una corposa ristrutturazione che ha riguardato quasi tutte le parti dell'edificio originale, mantenendole intatte ma pesantemente rivisitate al loro interno. All'edificio originale viene aggiunto un nuovo edificio, il livello della collina viene abbassato e viene quindi modificata la modalità di accesso all'edificio per chi viene dalla strada. Viene aggiunto dello spazio interrato adibito ad ospitare le vetture della collezione non esposte nel museo vero e proprio e la scuola di restauro. Il cortile interno viene trasformato in una grande sala chiusa da una copertura volta a massimizzare l'illuminazione da parte del sole. Lo stile dell'intervento è riconducibile all'architettura high-tech, sia negli esterni, sia negli interni. Tutti i corpi del nuovo edificio vengono rivestiti, solo da un lato, da un nastro laterale staccato dai corpi stessi. La facciata, sebbene abbia ricevuto degli ammodernamenti, è rimasta invariata, così come la "coda" posteriore. In verità gli edifici preesistenti non hanno subito modifiche architettoniche, anche la caratteristica scala principale interna è rimasta inalterata, anche se nel nuovo progetto l'accettazione si trova al ridosso del grande atrio interno dalla quale partono le scale mobili facendo sì che il percorso della mostra inizi dal secondo piano. L'operazione di ristrutturazione è costata 33 milioni di euro (23 dei quali finanziati dalla Città di Torino che nel novembre 2011 entra tra i soci), 2/3 dei quali sono stati spesi per la ristrutturazione dell'edificio e 1/3 per gli allestimenti interni. La riqualificazione del museo ha portato a quasi il doppio gli spazi utili per le esposizioni: dagli 11.000 metri quadri della struttura precedente agli oltre 19.000 m² di quella attuale. Il bando per la ristrutturazione dell'edificio è stato vinto dall'architetto Cino Zucchi di Milano, la Recchi Engineering di Torino e la Proger di Roma, su un totale di 38 candidati. Il progetto di allestimento museale è stato ideato dallo scenografo franco-svizzero François Confino con la collaborazione dello Studio LL.TT Cravetto-Pagella Architetti Associati, l'architetto Carlo Fucini e il Light designer canadese François Roupinian. L'esposizione del museo è stata rivista in occasione della ristrutturazione e, in veste completamente rinnovata, riapre al pubblico nel 2011. Le automobili sono disposte in più di 30 sale allestite con scenografie e installazioni dove le vetture vengono contestualizzate. Sebbene la collezione permanente del museo comprenda più di 200 vetture, di queste ne vengono esposte circa 160; le altre vengono conservate nel cosiddetto Garage ricavato nel piano interrato del nuovo edificio (insieme alla Scuola di restauro) e visitabile su esplicita richiesta. Oltre alle vetture della collezione permanente il museo ha pure un'esposizione temporanea, dove espone concept car, modellini o concept sulla mobilità. L'esposizione espone automobili prodotte tra il 1769 e il 1996 (esclusi i concept e le vetture in esposizione temporanea). I modelli esposti sono originali e appartenenti a 80 case automobilistiche. Le vetture esposte quindi vengono distribuite sui tre piani dell'edificio partendo dal secondo piano; per ogni piano la mostra è caratterizzata da una tematica: L'automobile e il Novecento: Questa sezione della mostra parla della storia dell'automobile. L'uomo e l'automobile: Al primo piano della struttura viene trattato il rapporto fra uomo e l'automobile. L'automobile e il design: Nell'ultima sezione del percorso espositivo viene trattato il rapporto che c'è fra l'automobile e il disegno industriale. Il centro di documentazione (al quale è dedicata un'area di 800 m² progettata dallo Studio LL.TT) raccoglie al suo interno documenti relativi all'auto. Anche il centro è diviso in sezioni, che riflettono la suddivisione tematica della biblioteca: storia delle fabbriche, biografie, storia delle corse, storia della tecnica, veicoli industriali, carrozzieri italiani e stranieri, saloni dell'automobile, musei dell'automobile. La biblioteca raccoglie circa 7000 testi. È divisa in sette sezioni (storia della locomozione, storia delle marche, delle corse, della tecnica, biografie, circolazione e traffico, economia e varie). All'interno del centro di documentazione è presente anche un'emeroteca. Nel piano interrato, creato insieme al nuovo edificio grazie al restauro del 2011, è presente, in un'area di circa 2000 m², il cosiddetto Garage dove vengono conservate il patrimonio del museo non esposto. Queste auto non fanno parte della collezione permanente del museo per motivi logistici. Le auto di questa sezione vengono inserite a rotazione negli anni. Insieme a questa sala il piano interrato ospita anche la Scuola di restauro dove vengono restaurate le vetture per poi essere esposte. La collezione permanente del museo conta circa 200 vetture, più alcuni telai e circa una ventina di motori. Le vetture sono di circa 80 marche diverse (molte di queste scomparse) in rappresentanza di dieci paesi (Italia, Belgio, Gran Bretagna, Germania, Paesi Bassi, Francia, Polonia, Spagna, Russia e Stati Uniti d'America). Tra le varie auto sono presenti anche vetture da competizione e monoposto di formula uno come la Ferrari F310 di Michael Schumacher del 1996, la monoposto Alfa Romeo 179B o la 155 V6 TI famosa per aver dominato nel DTM sin dal suo primo anno di partecipazione. Alcune delle auto presenti nella collezione del Museo. L'edificio contiene stanze e servizi prettamente legati al museo e per intrattenere attività complementari. Sono infatti presenti servizi correlati come una libreria, un bar e una sala congressi da 150 posti. MAUTO è il logo del nuovo Museo dell'AUtomobile di TOrino: è stato realizzato dallo studio In Testa, una società che fa capo al gruppo societario fondato da Armando Testa. Il museo riceve il premio IN/ARCH-ANCE 2011 come miglior edificio di nuova costruzione. Inoltre, nel 2013, il quotidiano britannico The Times inserisce il MAUTO nella classifica dei 50 migliori musei del mondo. Automobile Automobilismo Storia dell'automobile Musei di Torino (e luoghi d'interesse a Torino in generale) Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Museo dell'automobile di Torino Sito ufficiale, su museoauto.it.