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Liceo scientifico Gian Domenico Cassini

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Il liceo "Gian Domenico Cassini" è un liceo scientifico statale di Genova e dedicato al matematico, biologo e astronomo Giovanni Cassini. È uno dei più noti istituti scolastici secondari di Genova insieme al liceo ginnasio Andrea D'Oria.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Liceo scientifico Gian Domenico Cassini (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori).

Liceo scientifico Gian Domenico Cassini
Via Galata, Genova San Vincenzo

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N 44.408128 ° E 8.942214 °
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Indirizzo

Liceo Scientifico Gian Domenico Cassini

Via Galata 34
16121 Genova, San Vincenzo
Liguria, Italia
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Luoghi vicini

Chiesa di Santo Spirito (Genova)
Chiesa di Santo Spirito (Genova)

La chiesa di Santo Spirito era una chiesa di Genova, ora soppressa, situata nel quartiere di San Vincenzo. Nella via San Vincenzo, oltre all'omonima chiesa, esisteva un tempo anche quella di Santo Spirito, pertanto la strada ancora nel XVII secolo era detta talora contrada di San Vincenzo e talora contrada di Santo Spirito. Le prime notizie della chiesa di Santo Spirito risalgono al 1157. Trovandosi nella zona suburbana di levante, dove i Fieschi avevano diverse proprietà, nel Medioevo la sua storia fu legata a quella di questa famiglia. In seguito fu officiata dalle monache clarisse sino al 1579, quindi dai padri somaschi che la tennero sino alla chiusura, che ebbe luogo con la soppressione napoleonica del 1798. Da allora l'edificio mutò varie destinazioni d'uso, tra cui si ricorda quella di ospitare al suo interno l'asilo Tollot. Fu poi sede dell'istituto tecnico commerciale "Ugolino Vivaldi", scuola parificata. Attualmente (2016) ospita un negozio di oggettistica. La chiesa, oggi corrispondente al civico n. 53 di via San Vincenzo, nella sua ultima veste seicentesca, era ad una navata, con sei cappelle laterali in sfondato e due nella parte presbiteriale. Tra i principali mecenati ci fu Agostino Pinelli Luciani (doge di Genova nel biennio 1609-1611) che fece costruire la cappella di San Giovanni Battista. Al suo interno restano, nonostante l'aula a navata unica sia stata soppalcata, alcuni bassorilievi marmorei delle cappelle ed affreschi seicenteschi, di parti delle volte e nelle stanze interne del convento. Nel XIX secolo, quando già la chiesa non era più operante, l'altare, le statue ed i marmi furono trasferiti nella chiesa di Nostra Signora della Neve di Bolzaneto. Attualmente sono in corso restauri per la parte del chiostro seicentesco.

Chiesa di San Vincenzo (Genova)
Chiesa di San Vincenzo (Genova)

La chiesa di San Vincenzo è una delle più antiche chiese cristiane di Genova. Situata nel quartiere omonimo (San Vincenzo), venne intitolata a san Vincenzo di Saragozza che patì il martirio nel 304, sotto Diocleziano e Massimiano. La chiesa di San Vincenzo venne edificata nel 1059, nel territorio allora della Domoculta di Santo Stefano. Il suo territorio parrocchiale comprendeva, prima del 1835 204 case, abitate in prevalenza da ceti artigiani. All'inizio del XVIII secolo la piccola chiesa romanica fu ricostruita, essendo l'edificio medioevale ormai troppo piccolo per il quartiere, incluso nelle Mura Nuove. In questo periodo infatti - a quanto si sa - per ascoltare la messa i fedeli erano costretti a sostare sul sagrato, all'aperto, mancando spazio all'interno. Ma neppure con il rifacimento dell'edificio le dimensioni erano sufficienti rispetto al numero di abitanti del quartiere, per cui parte dei suoi parrocchiani passarono alla allora costituenda parrocchia del borgo Incrociati. Soprattutto per questo motivo all'inizio dell'Ottocento il cardinale arcivescovo Giuseppe Maria Spina, che fu anche segretario di Stato di papa Pio VI, trasferì il titolo parrocchiale alla vicina chiesa di N.S. Della Consolazione, la chiesa degli Agostiniani trasferiti da Artoria, di dimensioni grandiose sia pure non del tutto ultimata costruzione. Questa nuova chiesa assunse nel corso del secolo il titolo e l'eredità della vecchia chiesa di San Vincenzo. Costituita da un edificio a navata unica, la chiesa alla fine dalla sua esistenza aveva solo cinque altari, benché in passato dovessero essere di più. Dovevano essere sicuramente di troppo se nel 1582, all'epoca delle visite inviate nel clima della Controriforma, volte a funzionalizzare e ad uniformare il culto ai dettami stabiliti dalla Chiesa, quando venne a Genova come visitatore apostolico monsignor Francesco Bossi (vescovo di Novara), che ordinò di demolire tutti gli altari escluso quello principale e i due intitolati a san Nicolò ed ai santi Pietro e Paolo. Le opere d'arte esposte nella chiesa erano di vari autori, tra i quali spiccavano Pasquale Bocciardo, Agostino Ratti, Giovan Battista Santacroce, Francesco Schiaffino e Lazzaro Tavarone. Il Ratti, oltre ad essere tra gli artisti che avevano ornato la chiesa, nel 1775 vi veniva sepolto. Tra gli altri sepolcri vi era quello di Bartoloni Maroni di Reggio, l'arcivescovo che aveva consacrato la chiesa nel 1233. Furono qui battezzati Francesco Giscardi, memorialista che apparteneva alla congregazione dell'oratorio di San Filippo, la beata Virginia Centurione Bracelli, fondatrice del vicino istituto delle Brignoline, e il doge Lorenzo De Mari, in carica dal 1744 al 1746. Durante l'epidemia di peste del 1656-1657, assistendo i malati, vi morirono contagiati il reverendo Strato e il curato Bartolomeo Binasco. Nel 1751 rettore della chiesa era il reverendo Giulio Ravenna che, dopo essere stato consultore del Sant'Ufficio e rettore dell'Università divenne vescovo di Aleria in Corsica. Tra le reliquie vi era conservato un dito e la testa di san Vincenzo. Quest'ultima era stata posseduta dal cardinale Adriano Fieschi; nel 1858 era passata ai padri crociferi di san Camillo che, nel 1873, l'avevano donata alla chiesa vincenziana. La chiesa, perduto il titolo parrocchiale, venne infine ceduta al demanio che vi insediò guarnigioni militari. Fu allora profondamente modificata dall'architetto Giovanni Battista Resasco, succeduto nel ruolo di architetto civico a Carlo Barabino, dei cui progetti fu prosecutore. Resasco rimodellò l'edificio in termini tardo-neoclassici. Lasciò le murature dei prospetti laterali (tanto che nel vicoletto accanto alla ex chiesa, poi palazzina degli Ufficiali, si nota una inconsueta scansione della linea di tetto, dovuta al fronte delle precedenti cappelle con tetto a pendenza); la più modificata fu la facciata, ed in essa venne impostato un basamento in bugnato nella parte inferiore ed un ordine colonnato gigante di incorniciatura per i piani superiori, chiusi alla linea di colmo con un cornicione orizzontale. L'interno venne soppalcato per ricavare gli ambienti consoni alla nuova funzione. Nella vecchia chiesa trasformata in palazzina di rappresentanza, ebbe la prima sede il Genio civile e, successivamente, il Tribunale militare. L'ultima destinazione, ancora attuale, è quella di sede del Circolo ufficiali del presidio.

Villa delle Peschiere
Villa delle Peschiere

La villa Pallavicino delle Peschiere è situata a Genova in via San Bartolomeo degli Armeni 5, nella zona di Manin, in un luogo che, nel momento in cui la villa fu edificata, si trovava all'esterno delle mura. Costruita intorno al 1560 per il patrizio genovese Tobia Pallavicino come villa suburbana, nel Seicento fu inclusa all'interno della cerchia delle Mura Nuove e, in seguito all'espansione ottocentesca, oggi si trova nel centro della città. La villa fu costruita intorno al 1560 dal ricco patrizio genovese Tobia Pallavicino, commerciante in allume, come soggiorno suburbano in posizione elevata sulla città, in una zona che - nel Cinquecento - si trovava all'esterno delle mura. Nello stesso periodo della costruzione della villa, Tobia Pallavicino commissionava anche il suo palazzo di città nella costruenda Strada Nuova, oggi via Garibaldi, meglio conosciuto come Palazzo Carrega Cataldi. I disegni della villa sono attribuiti a Galeazzo Alessi, a cominciare da Raffaele Soprani, sebbene già questi avesse manifestato alcuni dubbi sulla paternità progettuale, in particolare riguardo ad "alcune riforme e alcune aggiunte" di cui presume l'intervento di Giovanni Battista Castello detto il Bergamasco, l'architetto del coevo palazzo di città. La villa subì qualche adattamento a carattere utilitario e un generale restauro prima del 1846. Il vasto parco fu tagliato dall'apertura di via Peschiera nella seconda metà dell'Ottocento. Tra gli ospiti di Villa delle Peschiere vi fu Charles Dickens, che lasciò testimonianza scritta del paesaggio di Genova e della spianata dell'Acquasola dal parco della villa. I Savoia nella Villa nascosero la Sacra Sindone quando i francesi avevano minacciato la conquista di Torino . Villa delle Peschiere segna una maturazione rispetto a villa Giustiniani Cambiaso (Albaro), la prima opera sicura dell'Alessi a Genova. Il progetto alessiano di Villa delle Peschiere risolve il rapporto con il giardino per mezzo di due ingressi di uguale importanza da entrambi il lati, realizzando un'organica continuità nello sviluppo dei vani centrali e nel rapporto con la scala. La facciata sud è più riccamente decorata, con una composizione geometrica e un sontuoso impianto decorativo a lesene ioniche e corinzie, con cornicione e balaustra. Gli ordini architettonici furono proiettati nel paesaggio del parco, con una serie di terrazzamenti scenografici e una serie di serliane che accompagna il visitatore in un crescendo trionfale, dal basso verso l'alto, dalla città alla villa. I motivi a stucco delle logge e il bagno esagonale, alquanto di moda nelle ville genovesi dell'epoca, furono realizzati da Marcello Sparzo, allievo del Castello. La ricca decorazione pittorica al piano nobile, quasi completamente conservata, è attribuita al Semino, con alcuni interventi di Luca Cambiaso, al quale si attribuisce il ciclo pittorico a tema mitologico di alcune sale laterali. Il giardino, di cui rimane memoria nei disegni di Martin-Pierre Gauthier, è oggi tagliato nella parte bassa da via Peschiera. Originariamente, il parco era ricco di apparati scenografici ed effetti prospettici, che modellavano l'immagine del giardino a terrazze digradanti, e di cui rimangono ancora il prospetto a serliana e la grotta artificiale, decorata con mosaici polimaterici e con cariatidi negli stipiti. Intorno alla villa, rimane ancora una zona pianeggante a giardino, che conserva in mezzo alla vasca una statua di Gian Giacomo Vansoldo. Catalogo delle Ville Genovesi, Italia Nostra, Genova 1967, p. 100-117. Federico Alizeri, Guida Artistica della Città di Genova, Genova 1846, p. 486. Raffaele Soprani, Le Vite de pittori scoltori et architetti genovesi, Genova, 1674 Riccardo Luccardini, La Circonvallazione a Monte. Genova. Storia dell'espansione urbana dell'Ottocento, Genova, SAGEP, 2012, p. 52. Martin-Pierre Gauthier, Les plus beaux edifices de la ville de Genes, Paris, 1832, II, tav. 1-6. Charles Dickens, Pictures from Italy, Paris 1846, p. 37. Guida d'Italia Liguria, Touring Club Italiano, 2009,p. 181. Ville di Genova Castelletto Spianata dell'Acquasola Galeazzo Alessi Wikiquote contiene citazioni di o su Villa delle Peschiere Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa delle Peschiere

Chiesa della Santissima Annunziata di Portoria
Chiesa della Santissima Annunziata di Portoria

La chiesa della Santissima Annunziata di Portoria, più conosciuta come chiesa di Santa Caterina, è un edificio religioso cattolico italiano, sito del centro cittadino di Genova, nel quartiere di Portoria. Alla chiesa, situata al margine del quartiere di Piccapietra nei pressi della spianata dell'Acquasola, si accede da una piazzetta laterale alla via Bartolomeo Bosco, sul retro del moderno palazzo di Giustizia, che incombe con il suo prospetto in vetro e cemento su quanto resta dell'originario sagrato. Un altro ingresso, collegato ad una scala interna, si trova in via IV Novembre, dal lato dell'Acquasola. Sulla piazzetta si affacciano anche l'ingresso del convento dei Cappuccini e quello della cappella superiore, in cui era custodito il corpo di Santa Caterina, prima del suo trasferimento all'interno della chiesa. La chiesa dell'Annunziata, la cui storia è strettamente legata a quella dello scomparso ospedale di Pammatone fu costruita con l'annesso convento, a partire dal 1488 dai Minori francescani, che la officiarono fino al 1538, quando a essi subentrarono i Cappuccini, che prestarono assistenza spirituale ai malati nell'adiacente ospedale di Pammatone sino alla sua chiusura negli anni venti del Novecento. I cappuccini si alternarono nel tempo con altre congregazioni (Gesuiti dal 1566 al 1578, Camilliani dal 1607 al 1719 ed ancora dal 1735 al 1777 e per periodi più brevi i "preti riformati di Tortona" e gli Agostiniani) facendovi ritorno definitivamente nel 1838. Sin dalla sua edificazione, la chiesa dell'Annunziata è stata strettamente legata al vicino ospedale, al quale era anche fisicamente collegata da un passaggio interno. Il 16 settembre 1510 vi furono celebrati i funerali di Caterina Fieschi Adorno. Dalla sua canonizzazione, nel 1737, la chiesa, nella quale è conservato il suo corpo incorrotto, è comunemente conosciuta come "chiesa di Santa Caterina". Dal 1927, pur conservando l'intitolazione alla Santissima Annunziata, la chiesa è stata ufficialmente dichiarata "Santuario di Santa Caterina". Nel 1538 con l'ampliamento della cinta muraria che passava accanto al complesso fu demolita una parte del chiostro e del convento e tutta l'area absidale della chiesa, con l'altare del Fasolo e la tomba di Giuliano Adorno, marito di Santa Caterina Fieschi. Nel 1556 il governo della Repubblica autorizzò i Protettori dell'ospedale a ricostruire la chiesa rioccupando parte dei terreni già espropriati per motivi strategici, purché il nuovo edificio distasse dalle mura almeno ventisei palmi genovesi (circa sette metri). Varie famiglie genovesi tra il XVI e il XVIII secolo arricchirono la chiesa di opere d'arte, chiamando ad eseguirle i più valenti artisti dell'epoca. In occasione delle leggi di soppressione degli ordini religiosi, emanate nel periodo napoleonico (1810) e nuovamente nel 1866, i frati furono autorizzati a restare nella chiesa e nell'ospedale come preti secolari. Restauri furono eseguiti tra il 1885 e il 1894 e nuovamente nel 1926. Parte del convento fu gravemente danneggiato dal bombardamento aereo del 23 ottobre 1942 che distrusse quasi completamente il vicino ospedale, ormai dismesso, mentre venne risparmiata la chiesa. Nel 1960 l'urna con le spoglie di Santa Caterina dalla cappella detta del "Deposito" venne trasferita nella sua attuale collocazione all'interno della chiesa. Il mausoleo della santa, già nella cappella superiore, fu ricostruito dall'architetto Eugenio Fuselli e solennemente inaugurato dal cardinale Giuseppe Siri l'8 maggio 1960. Dal sagrato si accede alla chiesa attraverso un doppio portale in marmo di fattura rinascimentale con lesene con testine di frati e capitelli decorati con foglie d'acanto, opera di Pier Antonio Piuma (1521). Il portale è sormontato da decori barocchi in gesso di Andrea Casaregis (1780) e da un ovale che incornicia il bassorilievo in stucco dell'Annunciazione, di Francesco Maria Schiaffino (1744). Alla sinistra, sulla porta del convento una lunetta in pietra di Gaspare della Scala (fine del XV secolo) raffigurante le Stimmate di san Francesco riporta la data di fondazione del complesso (8 giugno 1488) e mostra sullo sfondo il profilo della prima chiesa. L'interno ha tre navate sorrette da pilastri, costituiti dalle originarie colonne di marmo bianco e nero rivestite in laterizio. Lungo le navate laterali si aprono dieci cappelle, in origine tombe gentilizie delle famiglie che contribuirono alla costruzione ed al mantenimento del complesso. Nella volta un grande medaglione racchiude l'affresco di Giuseppe Passano (realizzato nel 1837, in occasione del centenario della canonizzazione della santa) raffigurante il Trionfo di Santa Caterina, contornato da una serie di affreschi minori con figure di santi. Per i numerosi artisti del XVI secolo che lavorarono alla sua decorazione la chiesa è stata definita "il grande cantiere del Cinquecento genovese". Tra questi Giovan Battista Castello, Luca Cambiaso, Lazzaro e Pantaleo Calvi, Andrea e Ottavio Semino. Oltre a questi la chiesa conserva opere di pittori e scultori di artisti dal XVII al XIX secolo. L'organo della ditta Bianchi di Novi Ligure risale al 1892. Nel presbiterio, fatto costruire nel 1563 dal nobile Battista Grimaldi, l'altare in marmo è sormontato da un Crocifisso ligneo di Giambattista Bissone (1597-1657), già appartenuto alla casaccia di Santa Maria di Castello. Nella volta dell'abside e nei peducci, affreschi raffiguranti Cristo Giudice e i quattro Evangelisti, opere di Giovan Battista Castello detto "il Bergamasco" (1563). Alle pareti tre dipinti di Luca Cambiaso (Annunciazione, Chiamata degli Eletti e Cacciata dei reprobi). Nel pavimento c'è lo stemma della famiglia Grimaldi, realizzato con intarsi marmorei. Prima cappella: dedicata a Santa Caterina, già gentilizia della famiglia De Franchi. Sull'altare, ornato da quattro colonne di marmo nero di Como, Apparizione di Cristo a santa Caterina, di Pietro Raimondi, allievo del Piola; sulla parete, Transito di santa Caterina, di Carlo Giuseppe Ratti. Seconda cappella: dedicata alla Madonna Assunta, già gentilizia della famiglia Giudice-Calvi. Sull'altare ancona raffigurante con l'Assunzione della Vergine; sulla volta Incoronazione di Maria Santissima, alle pareti Annunciazione e Adorazione dei pastori, tutte opere attribuite a Ottavio Semino Terza cappella: già gentilizia della famiglia Rotolo-Pallavicino, dal 1960 vi è collocato il mausoleo di santa Caterina. Il corpo incorrotto della santa è composto in un'urna di bronzo e cristallo sorretta dal complesso marmoreo realizzato nel 1738 da Francesco Maria Schiaffino, comprendente un altare e quattro statue raffiguranti l'Amor divino, la Fortezza, la Penitenza e l'Obbedienza. Nella parete dell'abside si trova la tomba della venerabile Battistina Vernazza, figlia di Ettore Vernazza. Nella volta e sui peducci, affreschi di Pantaleo Calvi. Quarta cappella: dedicata alla Natività di Nostro Signore, già gentilizia della famiglia Pinelli. Sull'altare Presepio di Andrea Semino, al quale sono attribuiti anche l'affresco nella volta e i due quadri alle pareti, raffiguranti l'Annuncio della nascita di Gesù ai pastori e il Sogno di san Giuseppe. Quinta cappella: dedicata alla Madonna Addolorata, già gentilizia della famiglia Cavanna. Alle pareti Gesù nell'orto degli ulivi di Luca Cambiaso e una Pietà, di Lazzaro Calvi. Nei peducci tre Profeti e due Sibille (Eritrea e Cumana) di Pantaleo Calvi. Prima cappella: dedicata a San Francesco, già gentilizia della famiglia Cambiaso. Sull'altare, proveniente dalla scomparsa chiesa di Nostra Signora della Pace, Sacra Famiglia e San Francesco d'Assisi di Domenico Piola, già nella demolita chiesa di San Domenico. Alla parete Predica di sant'Antonio a Ezzelino da Romano, di Giuseppe Palmieri. Seconda cappella: dedicata ai Re Magi, già gentilizia della famiglia Zoagli-Cicala. Sull'altare gruppo marmoreo della Madonna della Misericordia, di Giacomo Antonio Ponsonelli e una tela raffigurante l'Adorazione dei Magi, di Luca Cambiaso (1570). Dello stesso Cambiaso le figure di profeti ai lati dell'altare e l'affresco nella volta (Padre Eterno tra gli angeli). Terza cappella: dedicata alla Visitazione della Beata Vergine Maria, già gentilizia della famiglia Fabra-Costanzi. Dipinto raffigurante Nostra Signora del Sacro Cuore (Mattia Traverso, 1941). Nella volta Storiette della Vergine (Ottavio Ghissoni, 1606). Quarta cappella: già dedicata alla Pietà, ora fonte battesimale. Da questa cappella si accede alla scala che porta all'Acquasola. Alle pareti vari dipinti di autori anonimi di scuola genovese e Gesù confortato dall'Angelo, di Giovanni Carlone. Le figure di santi francescani nella volta sono di Oldoino Multedo (fine XIX secolo). Quinta cappella: dedicata dedicata a Sant'Antonio, con dipinti raffiguranti Sant'Antonio che predica ai pesci e Sant'Antonio col Bambino Gesù di Giuseppe Palmieri, Visitazione con i santi Agostino e Nicola da Tolentino di Aurelio Lomi, San Camillo de Lellis di Domenico Parodi. Nella volta Profeti e due Sibille (Libica e Tiburtina) di Pantaleo Calvi. Sull'altare paliotto in marmo raffigurante la Sacra Famiglia, proveniente dalla chiesa della Pace, demolita nell'Ottocento per la costruzione di via XX Settembre. Al convento annesso alla chiesa, a cui si accede dal sagrato, è formato da un insieme composito di edifici attorno al piccolo chiostro quattrocentesco, non aperto al pubblico, che conserva ancora gli affreschi originali con scene bibliche e di vita conventuale. Accanto a quello che immette nel chiostro, un altro ingresso, attraverso un ampio scalone, conduce ai piani superiori del convento e alla cappella superiore, in cui era conservata un tempo l'urna di santa Caterina. La cappella, la cui sistemazione nel XVIII secolo si deve a Gaetano Cantoni è affrescata da Santo Tagliafichi (1822) con raffigurazioni della santa (nella volta Santa Caterina in gloria e sulle pareti Visione e miracolo di Santa Caterina). Il museo annesso alla chiesa raccoglie numerosi beni artistici provenienti dai conventi dei cappuccini della Liguria. Accanto a opere d'arte di pittori genovesi dei secoli tra Cinquecento e Settecento, sono esposti arredi sacri e oggetti di artigianato e di arte povera cappuccina. Il museo, nato nel 1970 con la denominazione di Museo di vita cappuccina, fu fondato da padre Cassiano da Langasco, che aveva raccolto nei conventi cappuccini numerosi oggetti d'arte povera e di uso quotidiano, realizzati dagli stessi frati. Arricchitosi nel tempo anche di opere di artisti quali lo Strozzi e il Fiasella, è stato inaugurato nel 2006 con la successiva denominazione ufficiale. Arcidiocesi di Genova Ospedale di Pammatone Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa della Santissima Annunziata di Portoria