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Riserva naturale del Meisino e dell'Isolone Bertolla

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Riserve naturali regionali d'ItaliaSan Mauro Torinese
Meisino viale pioppi
Meisino viale pioppi

La riserva naturale del Meisino e dell'Isolone di Bertolla è un'area naturale protetta, più precisamente una riserva naturale a gestione regionale, è una delle 12 aree protette che compongono il Parco del Po Torinese. La riserva naturale fu istituita per tutelare le zone umide presenti attorno alla confluenza nel Po della Stura di Lanzo. Al suo interno, è incluso il parco del Meisino, un nome che deriva dal piemontese mezzino, ovvero terra di mezzo, a intendere il lembo di terra tra un tratto del fiume Po e l'area pianeggiante ai piedi della collina di Superga: è uno dei più grandi parchi della città di Torino, disteso lungo la destra idrografica del Po. Con un'estensione di 450.000 m² (45 ettari), l'area è collocata in zona Borgata Rosa-Sassi, nella Circoscrizione 7, a nord-est della città, tra un'ansa del suddetto fiume, via Agudio, il Ponte di Sassi, corso Casale e strada del Meisino.. Essa comprende l'area del cimitero di Sassi, poi si estende a nord-est sotto il ponte di Corso Luigi Sturzo/Diga del Pascolo (derivatore AEM)/curva circolare detta delle "Cento Lire", proseguendo sempre sulla riva destra del fiume e congiungendosi quindi a San Mauro Torinese, attraverso la zona detta di Pulchra Rada (dal latino = bella spiaggia, da cui Pulcherada, antico nome del limitrofo comune).La pista pedonale-ciclabile che costeggia il parco, attraversa anche il rivo di Sant'Anna e il rivo di Costaparigi, entrambi provenienti dalla collina di Superga. Nei pressi di quest'ultimo, è presente anche la piccola villa detta del Bajno. La passerella ciclopedonale che scavalca il Rio di Costaparigi è stata dedicata nel 2008 ad Alex Langer, ecologista, pacifista ed esponente politico dei Verdi. Altre due importanti aree, incluse nella riserva naturale torinese, sono il parco Colletta e il parco dell'Arrivore, questi ultimi però entrambi collocati in sinistra idrografica rispetto al Po. Anche l'Isolone di Bertolla è situato in sinistra idrografica del Po, che lo separa dal parco del Meisino, ed a nord è delimitato dal canale dell'Azienda Energetica Metropolitana. L'area oggi tutelata fu spesso soggetta a ricorrenti allagamenti causati dalle piene del Po. Il problema fu risolto nell'anno 1952 dalla posa di un argine in muratura, il quale aveva l'obiettivo primario di creare, assieme alla Diga del Pascolo, un invaso per la produzione di energia idroelettrica. . Il cosiddetto "Canale Derivatore" della Diga, passante a sinistra dell'insenatura, si ricongiunge poi a San Mauro Torinese, e creò artificialmente l'Isolone Bertolla. La prima realizzazione del parco del Meisino, curata dalla sesta circoscrizione nel 1988, fu messa in forse da una proposta di una variante al piano regolatore di Torino che avrebbe comportato la realizzazione di una grande quantità di fabbricati residenziali nell'area. Tale variante fu però accantonata anche per l'opposizione di varie associazioni ambientalistiche e la legge regionale numero 28 del 1990 istituì nell'area la Riserva Naturale Speciale del Meisino e dell'Isolone Bertolla. Il parco fu inoltre incluso nel sistema delle aree protette della fascia fluviale del Po. L'originaria legge istitutiva è stata abrogata dal Testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità, che all'articolo 12 affida la gestione della riserva all'Ente di gestione delle aree protette del Po torinese. Anche il Parco Colletta fu inaugurato negli anni ottanta, mentre per il completamento del parco dell'Arrivore si dovette attendere l'ottobre del 2009. L'odierna area della riserva comprende, oltre ad aree in precedenza agricole, anche un ex galoppatoio militare, in precedenza utilizzato dall'esercito come poligono di tiro e successivamente, nell'ambito del processo di federalismo demaniale, trasferito a titolo gratuito alla Città di Torino ed aperto al pubblico nell'ottobre 2020, dopo lavori di ripulitura, messa in sicurezza e ripristino aree verdi ed istituzione percorsi ciclopedonali. Nell'ex galoppatoio è inoltre prevista la nascita di una cittadella dello sport e dell'educazione ambientale. L'Isolone di Bertolla, creato artificialmente nel 1953 attraverso la Diga del Pascolo e il Canale Derivatore, rappresenta un'area naturalistica pressoché intatta: è l'unico esempio di garzaia urbana presente in Italia. Il suo nome deriva dall'omonimo quartiere (anch'esso derivato da un prediale) che si trova sulla riva sinistra del Po e a sua volta parte meridionale-fluviale del più vasto quartiere Barca, nella Circoscrizione 6. L'isolone è di forma molto allungata e prosegue fino a San Mauro Torinese. Al suo interno sono presenti molti pioppeti in via di rinaturalizzazione, utilizzati per la nidificazione da una vasta colonia di aironi cenerini. Anche il resto della riserva presenta un notevole interesse ornitologico, potendosi osservare un centinaio di diverse specie di uccelli. Tra di esse possono essere ricordate lo svasso maggiore e il tuffetto. Tra i canneti che circondano il bacino della diga del Pascolo nidificano inoltre il germano reale e la gallinella d'acqua. Nel giugno del 2021 è stata attestata la presenza del lupo. Il parco del Meisino è sfruttato dagli abitanti della città di Torino come luogo di passeggiate, cicloturismo e di allenamenti podistici. Al suo interno vi sono alcune strutture sportive, tra le quali un centro ippico, campi da calcio e da beach volley e campi da bocce Talvolta il parco viene anche utilizzato per manifestazioni competitive (esempio la Royal Half Marathon), ed è sempre aperto 24 ore al giorno; al suo interno si pratica il birdwatching. Il parco è percorso da una pista ciclabile realizzata dal Comune; nella sua parte più lontana dal fiume, a ridosso di Borgata Rosa, sono presenti 53 orti urbani assegnati prioritariamente ai residenti della zona. Parco Colletta Parco del Po Torinese Ente di gestione delle aree protette del Po torinese Bertolla Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Riserva naturale speciale Meisino e Isolone di Bertolla Riserva Naturale del Meisino e dell'Isolone di Bertolla, su parks.it. PARCO DEL MEISINO, su turismotorino.org.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Riserva naturale del Meisino e dell'Isolone Bertolla (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Riserva naturale del Meisino e dell'Isolone Bertolla
Strada del Meisino, Torino Circoscrizione 7

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Strada del Meisino

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10132 Torino, Circoscrizione 7
Piemonte, Italia
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Meisino viale pioppi
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Luoghi vicini

Stura di Lanzo
Stura di Lanzo

La Stura di Lanzo (Stura 'd Lans in piemontese) è un torrente del Piemonte, affluente di sinistra del Po, lungo 68,8 km e con un bacino idrografico ampio 836 km². Dal 1993 un lungo tratto dell'alveo della Stura e delle sue rive sono tutelati dalla Zona di salvaguardia della Stura di Lanzo, che si estende dallo sbocco del corso d'acqua sulla pianura fino ai comuni di Villanova Canavese e Nole. L'area fa parte inoltre del Sito di interesse comunitario Stura di Lanzo (cod. IT1110014). Nasce al Pian della Mussa con il nome di Stura di Ala. Scorre impetuosa sino a giungere nella zona del comune di Ceres dove si unisce con la Stura di Valgrande e prende il nome di Stura di Lanzo. Con dimensioni raddoppiate scorre rapida bagnando Pessinetto sino a giungere nel territorio del comune di Traves dove si unisce alla Stura di Viù. Nei pressi di Lanzo riceve da sinistra il torrente Tesso, proveniente da Coassolo Torinese e Monastero di Lanzo. Da qui costeggia il Parco regionale La Mandria allargandosi in un ampio greto ciottoloso e sfiora la città di Venaria Reale ricevendo da destra il Ceronda. In breve giunge nella periferia nordoccidentale di Torino e, scorrendo pesantemente arginata, si immette da sinistra nel Po. È regolata da diverse dighe, tra cui tre importanti a Mezzenile, a Germagnano e a Lanzo. Molto frequentata dai canoisti, insieme ai suoi affluenti, presenta nel tratto tra la confluenza con la Stura di Ala e la Stura di Viù difficoltà di IV classe. Rio Bonello Rio Saulera Rio dell'Uia Rio Uppia Stura di Viù Tesso Ceronda La Stura di Lanzo è un corso d'acqua a regime marcatamente torrentizio. La sua portata media annua presso la foce è notevole (32 m³/s), ma il fiume alterna a lunghi periodi di magra estivi e invernali, piene anche improvvise e devastanti, come quella dell'ottobre 2000 in cui il fiume sfiorò i 2000 m³/s. L'attività erosiva è quindi cospicua e l'alveo in continuo divenire. Durante il proprio tragitto la Stura costruisce e modifica il suo alveo, erodendo le rocce cristalline periferiche del Massiccio del Gran Paradiso, le rocce verdi della Zona Piemontese e le ofioliti del Massiccio Ultrabasico di Lanzo (Peridotiti, Serpentiniti, Gabbri). Oltre lo sbocco vallivo, durante l'impetuosa corsa verso il Po, il torrente depone metri e metri di pietrisco: rocce e ciottoli di svariatissime dimensioni e tipologie, ghiaioni, sabbie e limi; i tipici materiali di deposito torrentizio, insomma. Questi materiali possono raggiungere uno spessore di 40/50 metri. I depositi affioranti sono prevalentemente limoso-sabbiosi e hanno colore bruno - giallastro - rossiccio quando sono ossidati ("arrugginiti"), mentre appaiono grigio-verdastri laddove l'ossigeno non è arrivato ad alterarli. Negli anni le frequenti e violente piene a cui è soggetta la Stura di Lanzo, hanno operato, nel tratto in questione, un'intensa erosione dei depositi torrentizi quaternari, portando allo scoperto ampi affioramenti di argille ricchi di resti vegetali "fossili", risalenti ad un intervallo di tempo denominato Pliocene (circa 5 - 2 milioni di anni fa). Ceppi di cospicue dimensioni, grazie all'azione erosiva di varie piene durante le quali la Stura si è scavato una specie di canyon profondo 7/8 metri circa, sono oggi particolarmente visibili e formano quella che viene definita la Foresta fossile. Le loro qualità specifiche ne fanno un sito geologico di grande rilievo e importanza che dal 1993 è tutelato dall'istituzione della Zona di salvaguardia della Stura di Lanzo. Attualmente i resti fossili più significativi si trovano nel comune di Nole, al confine con Cirié, e sono osservabili su entrambe le rive. Viene riportata con il nome Stura fin dal 1198 e in seguito, una volta sola, con il nome Sturia. Come per la Stura di Demonte, l'idronimo viene probabilmente da radici preromane. Nel novembre 1962 una alluvione provocò il crollo del ponte di Corso Vercelli ed il danneggiamento di quello di Corso Giulio Cesare a Torino. È straripata inoltre sia durante l'alluvione del 1994 che durante quella del 14 ottobre 2000, in cui crollò il ponte di Robassomero. Nelle vicinanze di Lanzo Torinese si trova il Ponte del Diavolo (o del Roc), che ha dato origine a numerose leggende legate ad una sua mitica costruzione da parte del diavolo stesso. Torino Valli di Lanzo Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Stura di Lanzo

Dora Riparia
Dora Riparia

La Dora Riparia (Dòira Rivaria in piemontese, Doire Ripaire in francese) è un fiume del Piemonte con un bacino ampio 1 340 km², affluente di sinistra del fiume Po. Il suo percorso si svolge quasi interamente nella Val di Susa nella città metropolitana di Torino. Il nome deriva dal latino Duria minor, contrapposto alla Duria Maior (l'attuale Dora Baltea). In piemontese dòira indica qualsiasi corso d'acqua, con le varianti doiron e doirëtta, alla base di molti idronimi e toponimi storici. L'idronimo dora risale alla radice preindoeuropea *dura/duria, diffusa in Europa (cfr. Duero e Dour), e particolarmente in area celtica, ma la derivazione dal celtico è messa in discussione. Dora si ritrova anche in alcuni appellativi come il ligure doria, che significa ‘corso d'acqua’. L'appellativo Riparia deriva invece dal torrente Ripa, il suo principale ramo sorgentizio. Questi appellativi di origine colta vengono aggiunti per distinguere i due fiumi, confluendo entrambi nel Po e attraversando il territorio della medesima città metropolitana, ma è comune ometterli. In assenza del predicativo "fiume", si parla della Dora al femminile. Il fiume si origina sulle Alpi Cozie, presso Cesana, dalla confluenza di due rami sorgentizi: la Piccola Dora, che nasce in territorio francese presso il colle del Monginevro, e il torrente Ripa, proveniente dalla Valle Argentera e che a sua volta riceve le acque del torrente Thuras. Da Cesana alla confluenza nel Po la Dora percorre poco più di 100 km. Facendo invece coincidere la sorgente della Dora con quella della Piccola Dora la lunghezza totale del fiume risulta di circa 110 km, mentre considerandone l'origine alle sorgenti della Ripa la sua lunghezza sale a circa 125 km. Giunto presso Oulx il fiume si ingrossa notevolmente grazie all'apporto da sinistra del suo maggiore affluente d'alto corso, la Dora di Bardonecchia, scorrendo così in un ampio greto ciottoloso per poi restringersi in un percorso inforrato poco prima del comune di Susa dove riceve il Rio Galambra e il torrente Cenischia, ultimo tributario degno di nota. Attraversata Susa con corso impetuoso e particolarmente copioso d'acque, riceve poi solo affluenti di scarsa importanza tra i quali, dalla sinistra orografica, il Gravio di Condove, il Sessi di Caprie e il Messa di Almese, e dalla destra orografica il Rio Scaglione di Meana e il Gravio di Villar Focchiardo. Con andamento più tranquillo il fiume prende a scorrere in direzione sud-est bagnando la cittadina di Bussoleno e tutta la bassa Valle di Susa. Giunto in pianura attraversa poi i territori dei comuni di Avigliana, Alpignano, Pianezza, Collegno e per ultima l'ampia area metropolitana di Torino: proprio nella città di Torino, dopo aver attraversato il parco della Pellerina ed aver contornato su tre lati il perimetro dell'Ospedale "Amedeo di Savoia", continua la sua discesa nella parte nord della città, andando poi a confluire nel Po presso il Parco Colletta. Piccola Dora (nasce nei pressi del Colle del Monginevro e confluendo con la Ripa a Cesana Torinese dà origine alla Dora Riparia). Dora di Bardonecchia (nasce nella confluenza tra il Rio di Valle Stretta e il Torrente di Rochemolles a Bardonecchia e termina a Oulx). Cenischia (nasce al Moncenisio e termina nella Dora Riparia a Susa). Rio Prebec (nasce sulla Grand'Uia e raggiunge la Dora Riparia nella frazione Vernetto di Chianocco). Torrente Gravio (nasce presso la Punta Lunella e termina a Condove). Torrente Sessi (nasce sul Monte Civrari, ad est del Colombardo, e termina a Caprie). Torrente Messa (nasce sul Monte Civrari, ad ovest del Colle del Lys e termina ad Avigliana). Torrente Ripa (nasce sul Monte Gran Queyron, nella Valle Argentera e si unisce al torrente Thuras a Bousson, frazione di Cesana), formando poi la Dora Riparia a seguito della confluenza con la Piccola Dora. Torrente Thuras (nasce sul Colle di Thuras e termina nel Torrente Ripa a Bousson, frazione di Cesana). Rio Gerardo (nasce al Colle del Sabbione e confluisce nella Dora Riparia a Bussoleno). Torrente Gravio (nasce nella Conca Cassafrera e termina a Villar Focchiardo). Rio Scaglione (nasce nel Vallone degli Adretti nel Parco naturale Orsiera - Rocciavrè). Il regime della Dora Riparia è di tipo nivo-pluviale, con piene tardo primaverili-estive e autunnali e magre invernali. Nonostante un buon modulo medio di 26 m³/s. l'andamento delle portate del fiume subisce notevoli variazioni stagionali con piene anche disastrose in caso di violente precipitazioni, come quella ad esempio avvenuta nell'ottobre 2000 (oltre 700 m³/s a Torino) che allagò i centri di Susa, Bussoleno e alcuni quartieri di Torino, o quella del 30 maggio 2008 che raggiunse livelli paragonabili a quella del 2000 allagando in particolare il comune di Bussoleno. Alla confluenza della Dora Riparia nel Po nacque in epoca romana l'attuale città di Torino. La Dora Riparia ne è stata a lungo la principale risorsa energetica: già nel Medioevo le sue acque venivano convogliate in canali detti duriae, che andavano ad alimentare mulini, martinetti e altri impianti. Questo perché il salto altimetrico è ben più elevato rispetto al Po (a parità di distanza). Sia a sinistra che a destra del fiume, sempre dal Medioevo, numerosi piccoli canali chiamati bealere vennero scavati per scopi irrigui, alcuni dei quali sono ancora funzionanti. Essi si originano a monte della città (nei comuni di Pianezza e Collegno, per es.) e terminano il corso nei comuni di Venaria Reale o Torino (nel Po, nella Ceronda , nella Stura di Lanzo o nella stessa Dora). Nella zona compresa tra la confluenza della Dora Riparia e della Stura nel Po, dove prima della devastazione causata dall'assedio di Torino del 1706 si trovava il Regio Parco, sorge ora il Parco Colletta. Nel Novecento lo sviluppo industriale e urbano ha degradato notevolmente le condizioni ambientali del fiume: l'opera di risanamento e riqualificazione è iniziata soltanto negli anni novanta. Nel 1999 l'ARPA di Grugliasco ha compiuto una campionatura di tutta la Dora Riparia e di tutto il Sangone, rilevandone una condizione di grave inquinamento ambientale. Nel 2002 è nato il Parco agro-naturale della Dora Riparia, finanziato dal comune di Collegno e dalla Regione Piemonte per preservarne il patrimonio naturalistico, ma anche l'integrazione fra il territorio agricolo e l'area fluviale. La Dora Riparia è stata (ed è maggiormente da luglio 2017) oggetto di interventi di rinaturalizzazione delle sponde, specialmente nel territorio urbano della città di Torino, dove grandi lavori di rimozione della soletta di copertura in cemento armato stanno riportando alla luce interi tratti di fiume che furono tombinati nel dopoguerra per creare spazi produttivi alle grandi fabbriche siderurgiche della zona di Lucento (Corso Mortara-Corso Umbria), nell'ambito della trasformazione e conversione dell'economia torinese e della deindustrializzazione Andrea Bocco Guarneri, Il fiume di Torino - Viaggio lungo la Dora Riparia, Torino, Città di Torino, 2010, ISBN 978-88-86685-89-4. Dora Baltea Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Dora Riparia Dora Riparia, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

Parco Colletta
Parco Colletta

Il parco Colletta è un parco della città di Torino, di 448.000 m². È parte, assieme al parco dell'Arrivore, dell'area attrezzata Arrivore e Colletta, di 208 ha, area che a sua volta è una porzione del parco fluviale del Po tratto torinese.È anche erroneamente noto come Parco della Colletta e tale denominazione è persino riportata su qualche segnaletica comunale. Fa parte del quartiere Vanchiglietta e si estende a nord verso la Barriera di Milano. I Savoia nel XVII secolo progettarono un grande parco di caccia vicino alla città di Torino, tra la confluenza della Dora Riparia e della Stura di Lanzo con il fiume Po. Il parco ottenne la denominazione di "Regio parco", ma l'assedio di Torino del 1706 lo rovinò completamente. Nel XVIII secolo i Savoia fecero costruire nella zona un grande fabbrica per la lavorazione del tabacco, nota come Manifattura Tabacchi, attiva sino al 1996. Il parco attuale è stato realizzato alla fine degli anni ottanta, recuperando una vasta area abbandonata e molto degradata. Prende il nome dal Lungodora che lo attraversa, intitolato a Pietro Colletta, generale, uomo politico e storico. La sua opera più conosciuta è la Storia del reame di Napoli dal 1734 al 1825, pubblicata postuma nel 1834. Il parco oggi copre la zona lungo il corso occidentale del fiume Po tra la confluenza della Dora Riparia, a sud, e della Stura di Lanzo, a nord, dove inoltre confina con il Parco della Confluenza.È a cavallo del quartiere Regio Parco e prossimo a Barriera di Milano, nella parte settentrionale al confine col parco dell'Arrivore. È collegato alla Vanchiglietta da una passerella ciclopedonale, costruita nel 1986, in prossimità dell'intersezione tra Lungodora Voghera e Corso Cadore. All'interno del parco vi è la cascina Airale, attualmente in stato di grave abbandono, molto antica e già citata in documenti del sedicesimo secolo, attiva sino al 1982 . In tutta la zona fluviale è rigogliosa l'avifauna. Molto apprezzato e frequentato è il percorso ciclabile che attraversa tutto il parco, proseguendo verso Bertolla e successivamente San Mauro Torinese su un lato e verso i Lungo Dora sull'altro. Il parco è compreso nel percorso storico della Via Francigena, nel tratto da Torino verso San Mauro Torinese e Chivasso, con le indicazioni apposite lungo il percorso ciclopedonale. Parchi di Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su parco Colletta Zone verdi e parchi nella Circoscrizione 7 - I parchi delle confluenze, su comune.torino.it. URL consultato il 2 ottobre 2010 (archiviato dall'url originale il 4 settembre 2008).

Chiesa della Madonna del Pilone
Chiesa della Madonna del Pilone

La chiesa della Madonna del Pilone è una chiesa cattolica di Torino, situata in corso Casale 195. Il Santuario prende il nome da un pilone votivo che rappresentava la S.S. Vergine Annunziata, eretto sulla riva del Po nel 1587, nei pressi del quale il 29 aprile 1644 si verificò un evento ritenuto miracoloso, in ringraziamento del quale fu eretta la chiesa che inglobò il pilone. All'epoca, era presente soltanto un piccolo mulino sul fiume Po, detto delle catene, una cappella e un piccolo pilone votivo del 1587, dedicato alla Vergine Annunziata. Una bambina, di nome Margherita Molar, entrò imprudentemente nel mulino, cadendo così nelle acque impetuose del fiume Po. La madre, disperata, invocò quindi l'aiuto della Vergine del pilone, e la piccola fu miracolosamente sollevata dai vortici delle acque, quindi tratta in salvo da una barca. Grazie alle offerte dei fedeli e alle insistenze dell'allora reggente Maria Cristina di Francia, l'anno dopo fu eretto qui un primitivo santuario, con facciata di scuola barocca castellamontiana. L'edificio venne aperto al culto il 25 marzo 1645. Nel 1779 si effettuò un ampliamento dell'edificio e nel 1787, per rimediare alle devastazioni operate dalle truppe Napoleoniche durante l'assedio di Torino, fu aggiunto il campanile. Mentre il battistero e il coro risalgono rispettivamente al 1807 e al 1817. Nel novembre 1994 la Chiesa e la piazza antistante furono invase dalle acque del fiume Po in piena, provocando seri danni alla struttura, seguiti da un'importante ristrutturazione. Affiliazione con l'Arcibasilica papale di Santa Maria Maggiore in Roma Proprio in conseguenza della diffusa devozione popolare che si era sviluppata intorno al Santuario a seguito del miracolo del 1644 e altri segni prodigiosi operati dalla Madonna del Fiume a cavallo fra il 1600 ed il 1700, con bolle papali del 1741, sotto i pontificati di Clemente XII e Benedetto XIV, la Basilica Papale di Santa Maria Maggiore in Roma aveva concesso vincolo di affiliazione spirituale al Santuario Torinese; vincolo peraltro decaduto e rinnovato con bolla del 25/02/2019 su istanza documentata del Parroco Don Gianni Tesio. Si tratta di un beneficio spirituale che è stato attribuito solo a pochissime Chiese torinesi e concede ai Fedeli che frequentano il Santuario in determinate occasioni ed a certe condizioni specificate nella bolla il beneficio dell'indulgenza plenaria dei peccati e dell'estensione delle prerogative presenti e future che competono all'Arcibasilica Papale romana. La storia del miracolo all'origine della costruzione della chiesa e della devozione che ne seguì, ripresa dallo studio del Sacco, è riportata dallo storico Luigi Cibrario nella sua Storia di Torino: La chiesa presenta interno a navata singola con due cappelle laterali, e cupola con tiburio ottagonale; la facciata è sormontata da un timpano semicircolare. L'altare maggiore conserva l'immagine cinquecentesca dell'Annunziata, che però è stata ridipinta nel corso degli interventi di restauro effettuati nel 1925 e negli anni 1960, che comportarono anche modifiche degli interni. Tra gli artisti che lavorarono alle decorazioni originali Giovanni Antonio Maro, Giovanni Andrea Casella, di cui rimangono gli stucchi, e Bartolomeo Guidobono, al quale sono da attribuire gli affreschi della cupola. M. A. Sacco, Origine miracolosa, progressi, e grazie della Vergine SS.ma del Pilone nelle Fini della Città di Torino, Torino, Boetto, 1726 G. Bologna, Istoriche e fedeli notizie spettanti al Santuario Parrocchiale della Madonna del Pilone presso Torino, Torino, Davico e Picco, 1816 Questa voce incorpora brani tratti da un testo di pubblico dominio: Luigi Cibrario, Storia di Torino, Volume II, Torino, Alessandro Fontana, 1846 (libro I, capo V, pagine 94-97) G. F. Baruffi, Passeggiate nei dintorni di Torino ai colti e gentili Torinesi memoria ed ossequio, Torino, Stamperia Reale, 1855 (parte IV, pagine 20-24) Luciano Tamburini, Le Chiese di Torino. Dal Rinascimento al Barocco, Torino, Edizioni Angolo Manzoni, ottobre 2002, pp. 335-337, 547, ISBN 88-86142-64-1. Edifici di culto in Torino Madonna del Pilone Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa della Madonna del Pilone Chiesa della Madonna del Pilone, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Sito ufficiale della Parrocchia Madonna del Pilone di Torino, su madonnadelpilone.creasitogratis.net. URL consultato il 17 luglio 2012 (archiviato dall'url originale il 20 luglio 2012). Chiesa della Madonna del Pilone sul sito del Comune di Torino

Corso Belgio
Corso Belgio

Corso Belgio, un'importante strada del capoluogo piemontese, ha una lunghezza di 2,1 km e parte dal Ponte di Sassi e si conclude all'incrocio con corso Luigi Carlo Farini. Corso Belgio, nelle vicinanze della confluenza tra il fiume Po e la Dora Riparia, fu lastricato soltanto in epoca fascista. Sui lati del corso ci sono molti piccoli negozi e case basse, tipiche del quartiere, ed in generale delle vecchie costruzioni della città sabauda, zona denominata Vanchiglietta. Su questo corso si trovava un grande impianto di produzione di ossigeno ed idrogeno, ora chiuso. Al numero 86 della via era situata l'industria farmaceutica Schiapparelli, produttrice della "Borocillina", la cui area è stata poi destinata ad abitazioni e terziario, nonché ad uno spazio verde verso via Oropa. I mezzi pubblici che percorrono interamente Corso Belgio sono: il bus 68 e il tram 15 mentre i bus 19 e 77 ne percorrono solo un tratto. Le fermate presenti sono sei: partendo da ovest: Tortona, Chieti, Brianza, Pallanza e Cadore. Vi è inoltre la proposta di far passare una eventuale ed ipotetica tratta della metro 3 proprio nel corso. Il corso si trova vicino all'area verde lungo il fiume Po e al vicino Parco Colletta. Il giardino "Terenzio Magliano" invece ha un lato che si affaccia proprio sulla strada. Grazie al progetto TOward2030. What are you doing? è stato installato un murales permanente all'altezza del civico 79 di Corso Belgio. L'opera rappresenta uno degli obiettivi delle Nazioni Unite ovvero il raggiungimento delle pari opportunità tra uomini e donne. L'opera è stata creata da Camilla Falsini. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Corso Belgio

Motovelodromo Fausto Coppi
Motovelodromo Fausto Coppi

Il motovelodromo Fausto Coppi, già motovelodromo di Corso Casale, è un impianto sportivo di Torino. Fu inaugurato nel 1920 e, nei primi anni, ospitò numerose gare di ciclismo su pista, nonché partite di calcio — il Torino vi disputò il campionato 1925-1926 e il torneo di guerra 1943-1944 — e di rugby. L'impianto è vincolato dalla Soprintendenza dei Beni Culturali perchè attualmente risulta essere la struttura sportiva più vecchia fra quelle ancora esistenti in Italia. Fu terminato nel 1920 su progetto dell'architetto Vittorio Eugenio Ballatore di Rosana, uno dei protagonisti della gloriosa epoca del liberty torinese e già noto per la sua esperienza in grandi strutture sportive, grazie alla grandiosa realizzazione dello Stadium e alla progettazione delle due torri all'ingresso dello stadio Filadelfia (delle quali oggi ne rimane una sola, annessa all'edificio della biglietteria). L'impianto fu inaugurato il 24 luglio 1920 e il filmato della sua inaugurazione venne proiettato al cinema Ambrosio (progettato dallo stesso architetto Ballatore). Fin da subito il luogo fu aperto anche ad iniziative culturali e di svago, per contenere i costi elevati per il suo mantenimento. Il 28 luglio 1922 ospitò l'opera lirica L'amore dei tre re, e il 3 luglio 1927 il cavaliere Dionigi Chiappo, per raccogliere fondi in favore della Congregazione di carità, invitò l'Uomo cannone Hugo Zacchini il quale si fece sparare per aria da un cannone ad aria compressa ad una velocità di ottanta miglia all’ora per ricadere indenne sopra una rete davanti al pubblico stupefatto. Tuttavia, le spese di gestione di questo impianto divennero presto insostenibili, portando il motovelodromo a essere utilizzato anche per altre discipline sportive come il calcio (nel 1926 si disputò anche una partita amichevole tra l'Italia e la Cecoslovacchia, finita 3-1), l'atletica, e altri importanti eventi lirici, come l'edizione della Carmen e dell'Aida del 1929. Malgrado i vari tentativi di riutilizzo, la struttura venne comunque chiusa pochi mesi più tardi e la Società Anonima Motovelodromo Torinese, che l'aveva costruita, dopo aver valutato nell'ottobre del 1932 anche la sua demolizione, la cedette in concessione al Comune di Torino il 30 aprile 1935. Durante i bombardamenti del 1942 la struttura subì pesanti danni; venne in seguito ricostruita nel 1947, secondo il progetto originale e con i medesimi materiali. Nel secondo dopoguerra il motovelodromo fu il campo interno della sezione rugbistica della Ginnastica Torino che ivi vinse nella stagione 1946-1947 il suo unico titolo di campione d'Italia. Per una sorta di nemesi storica, il fratello di Fausto Coppi, Serse Coppi, anche lui ciclista professionista, cadde a poche centinaia di metri dal Motovelodromo al termine di una gara il 30 giugno 1951 a causa dei binari del tram che passavano nel Corso Casale che costeggia la pista, e morendo poco dopo per le ferite riportate al cranio. Nel tempo, l'impianto ospitò anche alcuni match di pugilato, come ad esempio quello tra Primo Carnera e il campione tedesco Ecker. A seguire ospitò eventi di baseball e football americano. Il 7 luglio 1980 il motovelodromo, utilizzato come arena per concerti, ospitò una tappa del tour dei Roxy Music davanti a circa 6 000 spettatori e il 23 dello stesso mese fu la volta dei Rockets. Il 6 luglio 1981 venne anche ospitato il concerto dei Pooh ed esattamente un anno dopo quello di Francesco De Gregori, prima che, a metà degli anni 1980, venisse dichiarato inagibile. Il 30 settembre 1990 venne intitolato a Fausto Coppi, nel trentennale della scomparsa del celebre ciclista. Nel 1994 l'impianto venne posto sotto vincolo dalla sovrintendenza e da allora ospita, solamente nel campo centrale, manifestazioni culturali e fieristiche. Nel 2004 l'impianto servì per riprodurre lo storico Stadio Filadelfia nelle riprese della miniserie televisiva Il Grande Torino. L'accesso principale è riconoscibile per la struttura tripartita in tre fornici con archi a tutto sesto di gusto eclettico. L'impianto presenta al suo interno una pista ad anello in cemento della lunghezza di 393 metri e della larghezza di 8, con curve sopraelevate in cemento armato. Gli spettatori erano ospitati nelle due tribune in legno, poste ai lati dei due rettilinei, protette da una copertura con orditura in legno, sormontata da lastre di eternit, per un totale di circa 7 500 posti. Sotto le tribune erano ricavati i locali adibiti a spogliatoio, servizi igienici e magazzini. All'interno dell'anello vi è il campo in erba, in seguito utilizzato per attività ginniche, calcistiche, rugby e manifestazioni varie. Dall'aprile 2011 il motovelodromo è riutilizzato da un gruppo di appassionati ciclisti, i quali hanno cercato soluzioni per poterlo salvare dal tempo e fargli rivivere quell'importanza sportiva per cui era nato. Nei mesi invernali veniva allestita, all'interno di un tendone, una pista da pattinaggio su ghiaccio. Fino al 2015, una volta al mese tranne che ad agosto si svolgeva la fiera Mercanti per un giorno, molto affollata e frequentata dal pubblico, mentre a maggio 2016 fu firmato un patto di collaborazione tra il Comune di Torino e il raggruppamento "Pezzi di Motovelodromo", in rappresentanza di dodici associazioni sportive, per l'utilizzo temporaneo della struttura: il motovelodromo è stato quindi riaperto alla pratica del ciclismo su pista, triathlon, rugby, calcio e badminton. Nel 2017 l'amministrazione comunale ha annunciato l'avvio di un processo di recupero funzionale e di ristrutturazione, attraverso un bando di pubblicazione ufficiale. Nel giugno 2019 l'Amministrazione Comunale ha infine deciso e deliberato di mettere all'asta l'impianto, con destinazione prevalente di attività sportive , con aggiudicazione definitiva nel febbraio 2020. Dopo importanti lavori di ristrutturazione della pista e della intera struttura nonché dopo la creazione di impianti di padel, beach volley, pump track, l`impianto ha riaperto nell`aprile 2022, alla presenza delle autorità cittadine e nel luglio 2022 è stato completato il restauro dell'arco monumentale di ingresso e della tribuna centrale. Oggi la struttura ospita 8 campi da padel coperti in inverno e scoperti in estate, 4 campi da beach volley anch'essi con copertura stagionale, la pista da bici (389m) completamente restaurata, la pista da atletica, 1 pista da pump track da 85 m, la bike cave (indoor cycling) con 7 postazioni Neo Smart Bike by Garmin. Una piscina da 3 corsie di 25 mt con lettini e ombrelloni, area solarium e il Chiringuito Velò Berlicabarbis Il recente restauro ha permesso la apertura della nuova segreteria nel sottotribuna con bar e ristorante Velò Berlicabarbis "cuisine sportive" e il negozio sportivo Sport Garage dove potrai trovare la ciclofficina e il noleggio bici. Il motovelodromo è destinato a diventare stazione capolinea di VENTO, una ciclovia turistica — oggi in avanzata fase di progettazione e realizzazione— che collegherà Torino con Venezia. La struttura, come detto sopra, ospitò, per due stagioni, le gare interne del Torino. Il primo incontro ufficiale, disputato dai granata all'interno dell'impianto, fu la seconda giornata del campionato di Prima Divisione 1925-1926, conclusosi con una vittoria per 5-2 ai danni del Verona. L'ultima partita ufficiale del Torino, all'interno dello stadio, fu un pareggio per 3-3 in una stracittadina con la Juventus, in occasione della quinta giornata delle semifinali interregionali del gruppo A, nel Campionato Alta Italia 1943-1944. Il Motovelodromo Fausto Coppi è stato sede di due incontri amichevoli della nazionale di calcio dell'Italia: il primo, disputato il 26 febbraio 1922 contro la Cecoslovacchia e terminato con il punteggio di 1-1; il secondo, giocato il 17 gennaio 1926 sempre contro la Cecoslovacchia e terminato con il punteggio di 3-1 in favore degli Azzurri. Fausto Coppi Liberty a Torino Madonna del Pilone Sport a Torino Ciclismo su pista Luoghi d'interesse a Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Motovelodromo Fausto Coppi Sito ufficiale, su motovelodromo.to.it. Motovelodromo Fausto Coppi, su museotorino.it. Mo.Ve. Torino, su move.torino.it.

San Mauro Torinese
San Mauro Torinese

San Mauro Torinese (San Mò in piemontese) è un comune italiano di 18.922 abitanti della città metropolitana di Torino, in Piemonte, conurbato nell'area metropolitana torinese. Il comune si trova ad est di Torino nel tratto dominato dalla Basilica di Superga, e la riva destra del fiume Po, lungo l'antica strada che un tempo collegava la Porta Praetoria di Torino (ubicata nell'attuale Piazza Castello) e la romana Industria (l'attuale Monteu da Po) con Valenza e Casale Monferrato. Una parte del comune, di sviluppo più recente, rimane anche sulla riva sinistra del Po, collegata attraverso il Ponte Vittorio Emanuele III (1912), oggi chiamato il "Ponte Vecchio", in quanto recentemente affiancato da un nuovo ponte, Ponte XI Settembre (2001). Il primo documento scritto in cui compare il comune di San Mauro riporta il nome di Pulchra Rada o Pulcherada (letteralmente "bella spiaggia" o "bella rada", probabilmente una denominazione che traeva origine dalle bellezze del luogo che anticamente era il letto del Po) e risale al 4 maggio 991: vi si legge che Anselmo, marchese del Monferrato, si impegna a ricostruire l'abbazia dei monaci benedettini distrutta nel corso di un'invasione dei Saraceni. In quell'occasione divenne Sancta Maria in Pulcherada: il centro monastico, ormai devastato dai Saraceni e abbandonato dai monaci, entrava a far parte della donazione del marchese Anselmo di Monferrato, della moglie Gisla, di Guglielmo e Riprando figli del defunto Oddone. In questa occasione viene citato per la prima volta il nome San Mauro, il santo monaco che fu fra i primi discepoli di San Benedetto. Il suo culto, molto diffuso in Francia, si radicò anche in Piemonte, dove la devozione popolare fu solita ricorrere a lui grazie soprattutto a molte guarigioni miracolose. Era anche conosciuto come patrono dei gottosi e degli zoppi. L'abbazia sorse intorno all'VIII-IX secolo su un preesistente insediamento romano risalente al periodo di fondazione di Augusta Taurinorum (l'attuale Torino) e divenne il nucleo centrale del primo centro abitato che si costituì intorno ad essa. Fu infatti ricostruita dopo l'anno 1000, quando in Piemonte cessarono le invasioni delle orde ungare e saracene. A capo della comunità vi era l'abate, che amministrava la vita religiosa e civile locale. Fu inoltre un periodo che vide una rinascita di monasteri e abbazie, favorita da una ripresa sia economica che demografica. Nell'anno 1029, Alrico, vescovo di Asti, il fratello Olderico Manfredi II, marchese di Torino, e Berta, cognata di Alrico, donarono alla chiesa di Susa alcuni beni, tra cui San Mauro. Nel 1055 il Monastero di Pulcherada venne unito a quello di Susa, ma in seguito ne venne nuovamente separato. Secondo il diploma imperiale di Federico I del 26 gennaio 1159, quello stesso anno il Monastero di Pulcherada venne eretto ad abbazia. L'imperatore confermò i privilegi del vescovo di Torino, elencando tra questi «... Abbatiam Sanctii Salvatoris et Sancti Mauri sitam in Vico Pulcherada cum suis pertinensis». Nel XII secolo l'abbazia raggiunse una notevole prosperità, ma, a causa della sua posizione al confine tra il Marchesato del Monferrato e il Ducato di Savoia, fu teatro di continui scontri armati tra le due casate. Ciò provocò un'inarrestabile decadenza, culminata nel 1474 con la sua soppressione e trasformazione in commendam. Nel 1420 la denominazione ufficiale della località divenne San Mauro, in onore di San Mauro abate, monaco benedettino che, diretto in Francia, sostò presso l'abbazia nel VI secolo. L'importanza del fiume Po nell'economia locale indusse già nel 1445 ad una regolamentazione della pesca, e con un'ordinanza del 1575 si fece obbligo di asportare dal fiume i grossi detriti che erano di impedimento al corso della navigazione. L'avvento degli abati commendatari, che si limitavano ad incassare le rendite vivendo altrove, favorì l'autonomia della comunità locale, che finalmente ottenne nel 1567 quei benefici e gli statuti che i precedenti abati avevano sempre negato. Fino al 1603 l'abbazia rimase ai Benedettini; in seguito fu conferita a membri del clero secolare. Alla decadenza dell'abbazia corrispose nella storia l'affermazione politica e territoriale della dinastia sabauda che, a partire dal duca Emanuele Filiberto, dette inizio ad una politica di rivendicazione dei poteri sovrani. Infatti sono del 16 ottobre 1671 le regie patenti con le quali il duca Carlo Emanuele II concedeva in feudo all'auditore Giuseppe Maria Filippone e ai suoi eredi la seconda cognizione, ossia l'appello di tutte le cause civili e criminali del luogo di San Mauro. Tale concessione suscitò l'indignazione dell'abate, che vide nell'atto sia un'intromissione alla sua autorità, sia una diminuzione del suo prestigio. Dopo schermaglie durate qualche anno, tuttavia, Filippone poté prendere possesso del suo feudo, tramandandolo ai suoi eredi, fino al 1720. All'arrivo dei rivoluzionari francesi i beni dell'abbazia furono confiscati e nel 1803 vennero venduti all'asta per la rilevante somma di 22.000 Lire. Il primo giugno dello stesso anno papa Pio VII decretò la soppressione del convento. La chiesa dell'abbazia, che aveva ormai subito diversi restauri, fu ridotta allo stato di semplice chiesa parrocchiale e di essa si fece carico la comunità. Durante questo periodo gli abitanti del paese, situato quasi esclusivamente sulla riva destra del fiume, passavano mediante barche alla sponda sinistra. Nel corso dell'Ottocento il comune iniziò il suo sviluppo, sia grazie al passaggio dell'abbazia al clero secolare, sia per il frazionamento delle proprietà effettuato durante l'occupazione francese. Nel 1814 tornò al potere Casa Savoia e la storia di San Mauro non si discostò più da quella di Torino e del Piemonte. Nel 1862 si giunse all'attuale denominazione di "San Mauro Torinese". Il 26 settembre 1880 fu inaugurata la linea tranviaria Torino-Brusasco, inizialmente a vapore e poi elettrificata. Ma il grosso dei collegamenti avvenne ancora per tutto il XIX secolo con l'attraversamento del fiume Po, che ha sempre avuto un importante rilievo nello sviluppo dell'economia locale: dal suo alveo vennero infatti derivati diversi canali impiegati per l'irrigazione dei campi e per muovere le ruote dei mulini. Il 17 febbraio 1907 fu deliberata la costruzione di un ponte sul Po tra San Mauro e Bertolla. I lavori iniziarono nell'aprile del 1911 su progetto dell'impresa Allegri e si conclusero il 15 agosto 1912 : il ponte fu inaugurato l'8 settembre 1912 dal sindaco Giovanni Mochino ed intitolato a Vittorio Emanuele III. Negli anni del secondo dopoguerra, sulla scia della massiccia industrializzazione dell'area torinese, San Mauro ha conosciuto un notevole sviluppo urbanistico ed un massiccio incremento demografico (gli abitanti sono cresciuti di ben tre volte negli ultimi sessant'anni), che hanno mutato radicalmente l'aspetto fisico ed il tessuto sociale del paese. La presenza del fiume Po, da cui viene presa l'acqua per il canale che alimenta la centrale elettrica nei pressi di Chivasso, e della collina, oltre all'esistenza di testimonianze storico-artistiche di pregio quali l'abbazia millenaria, il castello di Sambuy, la Torre di Moncanino e -nelle immediate vicinanze- la basilica di Superga, hanno contribuito a mantenere particolarmente interessante ed attraente questa località che, in passato, fu anche luogo di villeggiatura. Solo poche testimonianze sono giunte a noi dello splendore e potenza dell'antica Abbazia benedettina di San Mauro: l'abside centrale e la parte sinistra della navata della chiesa parrocchiale, già chiesa abbaziale, il campanile e la parte inferiore della Cappella della Madonnina. La chiesa parrocchiale di Santa Maria in Pulcherada è situata al centro del borgo più antico del paese, in una posizione più elevata. La navata e la facciata sono in stile barocco e furono restaurate nel 1665 grazie all'abate commendatario Petrinus Achemius. L'antica costruzione, già rivoluzionata tra il XII e il XIV secolo, fu notevolmente stravolta e quindi è difficilissimo cercare di ricostruirne le forme originali. È probabile che la costruzione sia stata edificata tra la fine del X e l'inizio dell'XI secolo. La caratterizzano profonde finestre monofore, originariamente cieche, suddivise da lesene, sovrastate ciascuna da tre nicchie cieche. Sul lato sinistro della facciata si eleva il campanile costruito tra il XII ed il XIII secolo ad alte monofore affiancate. Nel Medioevo ebbe non solo importanti finalità liturgiche, ma anche militari e difensive come torre di avvistamento e di segnalazione. Nel recinto dell'antico monastero di Santa Maria Pulcherada è situata la cappella della Madonnina, la cui parte inferiore a tre navatelle è forse precedente o contemporanea dell'antico cenobio. Sulla destra, giungendo da Torino lungo la statale per Casale Monferrato e prima del ponte sul Po, si nota la piccola chiesa di San Rocco, un tempo luogo di culto della Confraternita dello Spirito Santo. L'attuale chiesa fu costruita tra il 1728 ed il 1731 da Carlo Antonio Castelli. Il campanile è del 1760, mentre la facciata risale al 1781. La confraternita venne sciolta nel 1957 causando inevitabilmente il degrado della chiesa, ormai abbandonata. Solo nel 1978 venne restaurata con il contributo dei parrocchiani e nuovamente adibita a culto ed è tutt'oggi utilizzata per la messa feriale.Per l'aumento demografico vennero costruite tra il 1959 ed il 1966 tre nuove chiese: una intitolata a Sant'Anna, nell'antica borgata di Sant'Anna-Pescatori, l'altra dedicata a San Benedetto Abate in zona Oltre Po , l'altra ancora al Sacro Cuore di Gesù,in borgata Sambuy . Lungo il crinale situato tra la valle di Rivodora e quella del rio San Mauro è presente la chiesa di San Grato, un semplice e spoglio edificio settecentesco. Nei pressi del confine con Castiglione Torinese è presente la piccola Chiesa del Mariano, dedicata alla Madonna. A causa dell'intensa industrializzazione che caratterizzò i trascorsi decenni e che aveva messo in crisi l'intera collina adiacente al comune, venne definito un piano per la salvaguardia e la valorizzazione dell'intera collina. Il Parco naturale della Collina di Superga venne istituito nel novembre 1991 con la Legge Regionale 55/91 con finalità di tutela e di conservazione delle caratteristiche ambientali, naturali, faunistiche, storiche e paesaggistiche del territorio del parco. Degna di nota nella zona collinare è la "Villa Lavista", esempio sublime di architettura eclettica, nella quale si fondono e coesistono elementi barocchi e neoclassici e decorazioni pre-liberty. Lungo l'attuale Via del Moncanino, località panoramica e salubre, furono edificate tra il Settecento ed il Novecento numerose ville signorili, tra cui spicca la "Villa del Cavalier Ludovico Nicolis", sede fino al 1993 del Famulato Cristiano. Al bivio tra Moncanino e via Montenero si erge l'elegante figura di "Villa Soley", in stile neoclassico, con la caratteristica torre che domina San Mauro, circondata da un grande parco. La villa venne fatta costruire nel 1830 da Bernardo Soley e presenta una pianta rettangolare: è a tre piani, di cui l'ultimo è coronato da una balconata impreziosita da statue. Simbolo della collina di San Mauro è la "Torre del Moncanino", un edificio in stile neogotico fatto edificare nella seconda metà dell'Ottocento. La torre ha un'architettura alquanto stravagante sulla quale si aprono finestre a sesto acuto, bifore, trifore e balconate; ha sette lati, è completamente costruita in mattoni e raggiunge l'altezza di 52 metri. È sormontata da un angelo metallico che indica la direzione del vento. A nord-est del comune, percorrendo la strada nazionale della Valle Cerrina in direzione di Casale Monferrato, si incontra sulla sinistra un lungo muro di cinta che attornia il Castello dei Conti di Sambuy e il suo vasto parco. Il castello domina un poggio ed è a pianta rettangolare con una facciata in cotto ornata da una doppia rampa di scale.Si intravvede bella citronaia di Pelagio Palagi. Proseguendo sulla strada al confine con Castiglione Torinese si incontra il Mulino di Sambuy, progettato dal noto architetto Amedeo Peyron. Per San Mauro passa quel tratto di Via Francigena che valica le Alpi al Moncenisio o al Monginevro e si unisce a quella proveniente da nord presso il vercellese. Premettendo che il tracciato è piuttosto variabile nel corso del tempo, l'itinerario pubblicato dal sito della città metropolitana di Torino, segnato da volontari col simbolo verniciato del "pellegrino giallo", entra al confine con Torino sull'argine destro del Po, proveniente dal Parco del Meisino, continua così fino al centro e da lì segue più o meno da vicino l'argine destro del Canale Cimena fino alla zona del Pedaggio Vecchio, proseguendo poi per Gassino, Chivasso ed il vercellese. Sono presenti molti cartelli illustrativi e chilometrici sul percorso. Un moderno monumento dedicato ai pellegrini ed ai monaci della vicina Abbazia di Pulcherada si trova sul lato sinistro del fiume Po, nel Parco de L'Eliana. San Mauro ospita il singolarissimo edificio della ex sede dirigenziale e amministrativa torinese delle Cartiere Burgo, realizzato nel 1981 dall'architetto brasiliano Oscar Niemeyer, il creatore della città di Brasilia. La biblioteca civica "Germana Bocca" è stata istituita nel 1966: dal 2004, ha sede nel Centro Culturale Polivalente assieme al Centro Multimediale, l'Informagiovani e l'Ufficio Cultura della città. La biblioteca fa parte dello SBAM. Negli ultimi sessanta anni, dal 1961, la popolazione residente è raddoppiata. Abitanti censiti Al 31 dicembre 2023 la popolazione straniera residente era di 994 persone, pari al 5,34% della popolazione. La zona industriale del comune di San Mauro è chiamata "Zona Pescarito". Nel 1969 vi venne realizzato l'autoporto Pescarito, di circa 1 milione di metri quadrati. Da notare l'interessante architettura di un edificio a pianta circolare ospitante dal 1980 le Cartiere Burgo, progettato da uno dei più celebri architetti del XX secolo, Oscar Niemeyer, ideatore dei principali palazzi governativi della città di Brasilia: attualmente la struttura non è più usata e rimane in attesa di una nuova destinazione d'uso. La vocazione agricola del comune si è ridotta in proporzione alla cresciuta domanda industriale, ma nel territorio si coltivano ancora ortaggi, fiori e soprattutto fragole, per le quali il paese è famoso. L'origine delle coltivazione delle fragole pare risalire al 1706, quando il duca Vittorio Amedeo II, per risarcire i contadini del luogo che nella guerra contro i francesi avevano subito pesanti devastazioni, donò loro in esclusiva delle piantine di fragola importate dall'America. Il culmine di tale produzione venne raggiunto tra gli anni 1930 e 1950 e richiamava a San Mauro le frolere, ovvero le raccoglitrici di fragole che, tra maggio e giugno, lavoravano per raccogliere in tempo la rinomata "fragolina nera", prodotto tipico del paese.Attualmente, anche se la produzione è diminuita, tra maggio e giugno si celebra la "Festa delle Fragole", che attira numerosi turisti e coinvolge nella festa tutto il paese. Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. L'Eliana Mirande Orsara di Puglia San Mauro Torinese possiede dalla fine del 2014 un consiglio comunale dei ragazzi ormai arrivato al secondo mandato. I ragazzi partecipanti (17) scelti tra gli alunni di 4°, 5° elementare e il triennio delle medie. I candidati vengono successivamente votati, una volta esposto il programma davanti a tutti gli alunni, in maniera anonima dai ragazzi frequentanti la stessa scuola del candidato. Le scuole sanmauresi concedono al consiglio: 6 ragazzi, scuola secondaria di 1º grado "Carlo Alberto Dalla Chiesa" 4 ragazzi, scuola secondaria di 1º grado "Silvio Pellico" 4 ragazzi, scuola primaria "Giorgio Catti" 2 ragazzi, scuola primaria "Nino Costa" 1 ragazzo, scuole primarie "Salvador Allende" e "Elsa Morante" Il presidente del consiglio, il vicepresidente e i presidenti delle commissioni di territorio e cultura vengono scelti dal consiglio con voto anonimo, preceduto da un discorso. La prima seduta è stata il 19 dicembre 2014. Il consiglio ha subito un riformamento dalla seduta del 16 dicembre 2016. Orazio Geraci, STORIA DI SAN MAURO, Edizioni Pagliero, - 1979 Carlo Bosco, Anche a Gassino sventolava il Tricolore (1848-1918). Cronaca e storia in Gassino e dintorni negli anni del Risorgimento Italiano, Torino, Scaravaglio, 2012. Il Piemonte paese per paese - Ed. Bonechi - 1993. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su San Mauro Torinese Sito ufficiale, su comune.sanmaurotorinese.to.it. San Màuro Torinése, su sapere.it, De Agostini.

Villa Rey
Villa Rey

Villa Rey (detta anche il Priè) è una villa torinese del Seicento che sorge sulla collina cittadina, in zona Madonna del Pilone. La villa non va confusa con l'omonimo palazzo che si trova in via Massena 20 sempre a Torino. Le prime notizie su questa elegante dimora risalgono alla fine del 1600, quando la nobile famiglia Turinetti di Priero acquistò alcuni terreni e fabbricati in Val San Martino, con lo scopo di edificare su alcuni di essi una lussuosa residenza. I lavori rimasero tuttavia incompiuti, anche a causa della guerra di successione spagnola che coinvolse la città di Torino: agli inizi del 1700, quello che già esisteva della villa venne occupato dall’esercito francese e usato come avamposto contro le truppe sabaude che resistevano in città, e successivamente saccheggiato e danneggiato. La famiglia Turinetti di Priero fu poi costretta a vendere la villa per fronteggiare gli ingenti debiti contratti e nessuno dei successivi proprietari riuscì a portare a termine i lavori: nel 1780, il marchese Carron di San Tommaso commissionò all’architetto Mario Ludovico Quarini dei lavori di ampliamento e restauro, mai conclusi a causa della morte del committente; alla famiglia nobile Massimino di Ceva riuscirono solamente dei lavori di ridimensionamento del parco, portandolo ai 29.000 mq odierni, e l’apposizione del blasone sul portone di ingresso all’atrio, conservato ancora oggi. Nel 1872 la villa divenne proprietà del Cavalier Giacomo Rey, discendente di una famiglia di imprenditori tessili e deputato nel parlamento subalpino. La famiglia Rey, che tutt’oggi dà il nome alla villa, la trasformò in una dimora estiva ed è risalente a quel periodo il fontanile ancora presente di fronte all’ingresso con ben visibile l’incisione “Parta labore quies” (la quiete dopo il lavoro) sul lato rivolto alla villa. La dimora visse gli anni di massimo splendore, specialmente nei mesi estivi dove la numerosa prole composta da figli, nipoti e servitù si trasferiva per passare insieme le vacanze. Curiosa, in particolare, fu l'estate del 1917, quando l’influenza spagnola dilagò in città e costrinse gli ospiti della villa a rimanervi fino alla fine dell'autunno. Alla morte della moglie di Giacomo, Lidia de Mongenet de Renaucourt, la residenza fu ereditata dal secondogenito Guido Rey, nipote del celebre Quintino Sella, personaggio eclettico ed esperto alpinista più innamorato della vita di montagna, al punto da trasferirsi stabilmente in Valle d’Aosta ponendo così fine al legame della famiglia con Villa Rey. Nel 1933 la proprietà della villa e dei terreni passò al Comune di Torino, che la utilizzò per attività didattiche e ludiche all'aperto, mentre durante la Seconda guerra mondiale venne occupata dalle truppe tedesche come rifugio e sede distaccata. Nel 2019 è stato scoperto un bunker sotterraneo probabilmente edificato e utilizzato dai nazisti durante la guerra che si snoda nel sottosuolo per circa 500 mq. e 20 metri di profondità; è curioso come non esista alcuna traccia di questa struttura neanche tra i documenti ufficiali. Nel 1946 venne data in concessione all'ANPI e nel 1955 all’Associazione Campeggiatori Turistici d’Italia, che trasformò il parco e parte dei locali in un campeggio. Dal 2006, dopo un'importante opera di restauro, è la sede nazionale dell'Automotoclub Storico Italiano e dal 2018 ha sede anche la segreteria generale della FIVA (Fédération Internationale des Véhicules Anciens). Nel corso dei secoli, Villa Rey ha subìto numerose modifiche: in molte occasioni, i nuovi proprietari avviarono lavori di espansione e ristrutturazione senza mai terminarli; in particolare, nel 1900, l’edificio venne convertito in istituto di accoglienza e si perse parte dell’aspetto solenne che lo caratterizzava. I muri esterni sono in buona parte quelli originali del 1600, insieme ad alcuni elementi ornamentali del giardino. Allo stesso periodo risalgono gli affreschi e i soffitti a cassettone che caratterizzano le ampie stanze della villa. È successiva (1700-1800) l’applicazione della carta da parati ancora parzialmente visibile nelle numerose sale, mentre i lavori più recenti hanno sensibilmente modificato l’organizzazione strutturale e la distribuzione degli ambienti. Nel 1998, un gruppo di privati interessati al recupero e al riutilizzo dell’edificio ha costituito l’"Associazione Villa dell’Arte". Nel 2000 l’ha ricevuto in concessione, allo scopo di effettuarne il restauro e la rimessa in funzione. Si è dato vita a un cantiere didattico, con laboratori frequentati dagli studenti dell’Accademia Albertina di Torino e coordinati dal restauratore Antonio Rava, in collaborazione con le Soprintendenze piemontesi e con la Fondazione per le Biotecnologie. I lavori si sono realizzati grazie ai finanziamenti di Regione Piemonte, Compagnia di San Paolo e Fondazione CRT importanti interventi di ripristino, dal rifacimento delle coperture a vari recuperi degli apparati decorativi, dagli affreschi agli stucchi. Sono state restaurate le facciate sei-settecentesche in laterizio, l'atrio di fine '700, il salone del piano terreno con gli affreschi a soggetto mitologico, gli stucchi e ancora le sovrapporte in papier paint della fine del XVIII secolo. Successive azioni di recupero risalgono al 2006 e hanno riguardato l'ammezzato e il primo piano nobile. Tra gli interventi, diretti dagli architetti Andrea de Rege di Donato (nipote di Eugenia Rey) e Alessandra Gallo Orsi, anche alcuni restauri conservativi. Hanno avuto come oggetto in particolare la "Sala dell'Alcova", con la volta occupata dall'affresco "Allegoria della Notte", con Apollo che incorona Flora accompagnata da Zefiro, e le tappezzerie in carta di metà ‘800, riportate alla forma originale. Antonio Rava (a cura di), Villa Rey. Un cantiere di restauro, contributi per la conoscenza, Nardini Editore, Firenze 2005. Ville e palazzi di Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Rey