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Corso Belgio

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Insegna Schiapparelli
Insegna Schiapparelli

Corso Belgio, un'importante strada del capoluogo piemontese, ha una lunghezza di 2,1 km e parte dal Ponte di Sassi e si conclude all'incrocio con corso Luigi Carlo Farini. Corso Belgio, nelle vicinanze della confluenza tra il fiume Po e la Dora Riparia, fu lastricato soltanto in epoca fascista. Sui lati del corso ci sono molti piccoli negozi e case basse, tipiche del quartiere, ed in generale delle vecchie costruzioni della città sabauda, zona denominata Vanchiglietta. Su questo corso si trovava un grande impianto di produzione di ossigeno ed idrogeno, ora chiuso. Al numero 86 della via era situata l'industria farmaceutica Schiapparelli, produttrice della "Borocillina", la cui area è stata poi destinata ad abitazioni e terziario, nonché ad uno spazio verde verso via Oropa. I mezzi pubblici che percorrono interamente Corso Belgio sono: il bus 68 e il tram 15 mentre i bus 19 e 77 ne percorrono solo un tratto. Le fermate presenti sono sei: partendo da ovest: Tortona, Chieti, Brianza, Pallanza e Cadore. Vi è inoltre la proposta di far passare una eventuale ed ipotetica tratta della metro 3 proprio nel corso. Il corso si trova vicino all'area verde lungo il fiume Po e al vicino Parco Colletta. Il giardino "Terenzio Magliano" invece ha un lato che si affaccia proprio sulla strada. Grazie al progetto TOward2030. What are you doing? è stato installato un murales permanente all'altezza del civico 79 di Corso Belgio. L'opera rappresenta uno degli obiettivi delle Nazioni Unite ovvero il raggiungimento delle pari opportunità tra uomini e donne. L'opera è stata creata da Camilla Falsini. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Corso Belgio

Estratto dall'articolo di Wikipedia Corso Belgio (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Corso Belgio
Corso Belgio, Torino Vanchiglietta

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Motovelodromo Fausto Coppi
Motovelodromo Fausto Coppi

Il motovelodromo Fausto Coppi, già motovelodromo di Corso Casale, è un impianto sportivo di Torino. Fu inaugurato nel 1920 e, nei primi anni, ospitò numerose gare di ciclismo su pista, nonché partite di calcio — il Torino vi disputò il campionato 1925-1926 e il torneo di guerra 1943-1944 — e di rugby. L'impianto è vincolato dalla Soprintendenza dei Beni Culturali perchè attualmente risulta essere la struttura sportiva più vecchia fra quelle ancora esistenti in Italia. Fu terminato nel 1920 su progetto dell'architetto Vittorio Eugenio Ballatore di Rosana, uno dei protagonisti della gloriosa epoca del liberty torinese e già noto per la sua esperienza in grandi strutture sportive, grazie alla grandiosa realizzazione dello Stadium e alla progettazione delle due torri all'ingresso dello stadio Filadelfia (delle quali oggi ne rimane una sola, annessa all'edificio della biglietteria). L'impianto fu inaugurato il 24 luglio 1920 e il filmato della sua inaugurazione venne proiettato al cinema Ambrosio (progettato dallo stesso architetto Ballatore). Fin da subito il luogo fu aperto anche ad iniziative culturali e di svago, per contenere i costi elevati per il suo mantenimento. Il 28 luglio 1922 ospitò l'opera lirica L'amore dei tre re, e il 3 luglio 1927 il cavaliere Dionigi Chiappo, per raccogliere fondi in favore della Congregazione di carità, invitò l'Uomo cannone Hugo Zacchini il quale si fece sparare per aria da un cannone ad aria compressa ad una velocità di ottanta miglia all’ora per ricadere indenne sopra una rete davanti al pubblico stupefatto. Tuttavia, le spese di gestione di questo impianto divennero presto insostenibili, portando il motovelodromo a essere utilizzato anche per altre discipline sportive come il calcio (nel 1926 si disputò anche una partita amichevole tra l'Italia e la Cecoslovacchia, finita 3-1), l'atletica, e altri importanti eventi lirici, come l'edizione della Carmen e dell'Aida del 1929. Malgrado i vari tentativi di riutilizzo, la struttura venne comunque chiusa pochi mesi più tardi e la Società Anonima Motovelodromo Torinese, che l'aveva costruita, dopo aver valutato nell'ottobre del 1932 anche la sua demolizione, la cedette in concessione al Comune di Torino il 30 aprile 1935. Durante i bombardamenti del 1942 la struttura subì pesanti danni; venne in seguito ricostruita nel 1947, secondo il progetto originale e con i medesimi materiali. Nel secondo dopoguerra il motovelodromo fu il campo interno della sezione rugbistica della Ginnastica Torino che ivi vinse nella stagione 1946-1947 il suo unico titolo di campione d'Italia. Per una sorta di nemesi storica, il fratello di Fausto Coppi, Serse Coppi, anche lui ciclista professionista, cadde a poche centinaia di metri dal Motovelodromo al termine di una gara il 30 giugno 1951 a causa dei binari del tram che passavano nel Corso Casale che costeggia la pista, e morendo poco dopo per le ferite riportate al cranio. Nel tempo, l'impianto ospitò anche alcuni match di pugilato, come ad esempio quello tra Primo Carnera e il campione tedesco Ecker. A seguire ospitò eventi di baseball e football americano. Il 7 luglio 1980 il motovelodromo, utilizzato come arena per concerti, ospitò una tappa del tour dei Roxy Music davanti a circa 6 000 spettatori e il 23 dello stesso mese fu la volta dei Rockets. Il 6 luglio 1981 venne anche ospitato il concerto dei Pooh ed esattamente un anno dopo quello di Francesco De Gregori, prima che, a metà degli anni 1980, venisse dichiarato inagibile. Il 30 settembre 1990 venne intitolato a Fausto Coppi, nel trentennale della scomparsa del celebre ciclista. Nel 1994 l'impianto venne posto sotto vincolo dalla sovrintendenza e da allora ospita, solamente nel campo centrale, manifestazioni culturali e fieristiche. Nel 2004 l'impianto servì per riprodurre lo storico Stadio Filadelfia nelle riprese della miniserie televisiva Il Grande Torino. L'accesso principale è riconoscibile per la struttura tripartita in tre fornici con archi a tutto sesto di gusto eclettico. L'impianto presenta al suo interno una pista ad anello in cemento della lunghezza di 393 metri e della larghezza di 8, con curve sopraelevate in cemento armato. Gli spettatori erano ospitati nelle due tribune in legno, poste ai lati dei due rettilinei, protette da una copertura con orditura in legno, sormontata da lastre di eternit, per un totale di circa 7 500 posti. Sotto le tribune erano ricavati i locali adibiti a spogliatoio, servizi igienici e magazzini. All'interno dell'anello vi è il campo in erba, in seguito utilizzato per attività ginniche, calcistiche, rugby e manifestazioni varie. Dall'aprile 2011 il motovelodromo è riutilizzato da un gruppo di appassionati ciclisti, i quali hanno cercato soluzioni per poterlo salvare dal tempo e fargli rivivere quell'importanza sportiva per cui era nato. Nei mesi invernali veniva allestita, all'interno di un tendone, una pista da pattinaggio su ghiaccio. Fino al 2015, una volta al mese tranne che ad agosto si svolgeva la fiera Mercanti per un giorno, molto affollata e frequentata dal pubblico, mentre a maggio 2016 fu firmato un patto di collaborazione tra il Comune di Torino e il raggruppamento "Pezzi di Motovelodromo", in rappresentanza di dodici associazioni sportive, per l'utilizzo temporaneo della struttura: il motovelodromo è stato quindi riaperto alla pratica del ciclismo su pista, triathlon, rugby, calcio e badminton. Nel 2017 l'amministrazione comunale ha annunciato l'avvio di un processo di recupero funzionale e di ristrutturazione, attraverso un bando di pubblicazione ufficiale. Nel giugno 2019 l'Amministrazione Comunale ha infine deciso e deliberato di mettere all'asta l'impianto, con destinazione prevalente di attività sportive , con aggiudicazione definitiva nel febbraio 2020. Dopo importanti lavori di ristrutturazione della pista e della intera struttura nonché dopo la creazione di impianti di padel, beach volley, pump track, l`impianto ha riaperto nell`aprile 2022, alla presenza delle autorità cittadine e nel luglio 2022 è stato completato il restauro dell'arco monumentale di ingresso e della tribuna centrale. Oggi la struttura ospita 8 campi da padel coperti in inverno e scoperti in estate, 4 campi da beach volley anch'essi con copertura stagionale, la pista da bici (389m) completamente restaurata, la pista da atletica, 1 pista da pump track da 85 m, la bike cave (indoor cycling) con 7 postazioni Neo Smart Bike by Garmin. Una piscina da 3 corsie di 25 mt con lettini e ombrelloni, area solarium e il Chiringuito Velò Berlicabarbis Il recente restauro ha permesso la apertura della nuova segreteria nel sottotribuna con bar e ristorante Velò Berlicabarbis "cuisine sportive" e il negozio sportivo Sport Garage dove potrai trovare la ciclofficina e il noleggio bici. Il motovelodromo è destinato a diventare stazione capolinea di VENTO, una ciclovia turistica — oggi in avanzata fase di progettazione e realizzazione— che collegherà Torino con Venezia. La struttura, come detto sopra, ospitò, per due stagioni, le gare interne del Torino. Il primo incontro ufficiale, disputato dai granata all'interno dell'impianto, fu la seconda giornata del campionato di Prima Divisione 1925-1926, conclusosi con una vittoria per 5-2 ai danni del Verona. L'ultima partita ufficiale del Torino, all'interno dello stadio, fu un pareggio per 3-3 in una stracittadina con la Juventus, in occasione della quinta giornata delle semifinali interregionali del gruppo A, nel Campionato Alta Italia 1943-1944. Il Motovelodromo Fausto Coppi è stato sede di due incontri amichevoli della nazionale di calcio dell'Italia: il primo, disputato il 26 febbraio 1922 contro la Cecoslovacchia e terminato con il punteggio di 1-1; il secondo, giocato il 17 gennaio 1926 sempre contro la Cecoslovacchia e terminato con il punteggio di 3-1 in favore degli Azzurri. Fausto Coppi Liberty a Torino Madonna del Pilone Sport a Torino Ciclismo su pista Luoghi d'interesse a Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Motovelodromo Fausto Coppi Sito ufficiale, su motovelodromo.to.it. Motovelodromo Fausto Coppi, su museotorino.it. Mo.Ve. Torino, su move.torino.it.

Chiesa della Madonna del Pilone
Chiesa della Madonna del Pilone

La chiesa della Madonna del Pilone è una chiesa cattolica di Torino, situata in corso Casale 195. Il Santuario prende il nome da un pilone votivo che rappresentava la S.S. Vergine Annunziata, eretto sulla riva del Po nel 1587, nei pressi del quale il 29 aprile 1644 si verificò un evento ritenuto miracoloso, in ringraziamento del quale fu eretta la chiesa che inglobò il pilone. All'epoca, era presente soltanto un piccolo mulino sul fiume Po, detto delle catene, una cappella e un piccolo pilone votivo del 1587, dedicato alla Vergine Annunziata. Una bambina, di nome Margherita Molar, entrò imprudentemente nel mulino, cadendo così nelle acque impetuose del fiume Po. La madre, disperata, invocò quindi l'aiuto della Vergine del pilone, e la piccola fu miracolosamente sollevata dai vortici delle acque, quindi tratta in salvo da una barca. Grazie alle offerte dei fedeli e alle insistenze dell'allora reggente Maria Cristina di Francia, l'anno dopo fu eretto qui un primitivo santuario, con facciata di scuola barocca castellamontiana. L'edificio venne aperto al culto il 25 marzo 1645. Nel 1779 si effettuò un ampliamento dell'edificio e nel 1787, per rimediare alle devastazioni operate dalle truppe Napoleoniche durante l'assedio di Torino, fu aggiunto il campanile. Mentre il battistero e il coro risalgono rispettivamente al 1807 e al 1817. Nel novembre 1994 la Chiesa e la piazza antistante furono invase dalle acque del fiume Po in piena, provocando seri danni alla struttura, seguiti da un'importante ristrutturazione. Affiliazione con l'Arcibasilica papale di Santa Maria Maggiore in Roma Proprio in conseguenza della diffusa devozione popolare che si era sviluppata intorno al Santuario a seguito del miracolo del 1644 e altri segni prodigiosi operati dalla Madonna del Fiume a cavallo fra il 1600 ed il 1700, con bolle papali del 1741, sotto i pontificati di Clemente XII e Benedetto XIV, la Basilica Papale di Santa Maria Maggiore in Roma aveva concesso vincolo di affiliazione spirituale al Santuario Torinese; vincolo peraltro decaduto e rinnovato con bolla del 25/02/2019 su istanza documentata del Parroco Don Gianni Tesio. Si tratta di un beneficio spirituale che è stato attribuito solo a pochissime Chiese torinesi e concede ai Fedeli che frequentano il Santuario in determinate occasioni ed a certe condizioni specificate nella bolla il beneficio dell'indulgenza plenaria dei peccati e dell'estensione delle prerogative presenti e future che competono all'Arcibasilica Papale romana. La storia del miracolo all'origine della costruzione della chiesa e della devozione che ne seguì, ripresa dallo studio del Sacco, è riportata dallo storico Luigi Cibrario nella sua Storia di Torino: La chiesa presenta interno a navata singola con due cappelle laterali, e cupola con tiburio ottagonale; la facciata è sormontata da un timpano semicircolare. L'altare maggiore conserva l'immagine cinquecentesca dell'Annunziata, che però è stata ridipinta nel corso degli interventi di restauro effettuati nel 1925 e negli anni 1960, che comportarono anche modifiche degli interni. Tra gli artisti che lavorarono alle decorazioni originali Giovanni Antonio Maro, Giovanni Andrea Casella, di cui rimangono gli stucchi, e Bartolomeo Guidobono, al quale sono da attribuire gli affreschi della cupola. M. A. Sacco, Origine miracolosa, progressi, e grazie della Vergine SS.ma del Pilone nelle Fini della Città di Torino, Torino, Boetto, 1726 G. Bologna, Istoriche e fedeli notizie spettanti al Santuario Parrocchiale della Madonna del Pilone presso Torino, Torino, Davico e Picco, 1816 Questa voce incorpora brani tratti da un testo di pubblico dominio: Luigi Cibrario, Storia di Torino, Volume II, Torino, Alessandro Fontana, 1846 (libro I, capo V, pagine 94-97) G. F. Baruffi, Passeggiate nei dintorni di Torino ai colti e gentili Torinesi memoria ed ossequio, Torino, Stamperia Reale, 1855 (parte IV, pagine 20-24) Luciano Tamburini, Le Chiese di Torino. Dal Rinascimento al Barocco, Torino, Edizioni Angolo Manzoni, ottobre 2002, pp. 335-337, 547, ISBN 88-86142-64-1. Edifici di culto in Torino Madonna del Pilone Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa della Madonna del Pilone Chiesa della Madonna del Pilone, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Sito ufficiale della Parrocchia Madonna del Pilone di Torino, su madonnadelpilone.creasitogratis.net. URL consultato il 17 luglio 2012 (archiviato dall'url originale il 20 luglio 2012). Chiesa della Madonna del Pilone sul sito del Comune di Torino

Dora Riparia
Dora Riparia

La Dora Riparia (Dòira Rivaria in piemontese, Doire Ripaire in francese) è un fiume del Piemonte con un bacino ampio 1 340 km², affluente di sinistra del fiume Po. Il suo percorso si svolge quasi interamente nella Val di Susa nella città metropolitana di Torino. Il nome deriva dal latino Duria minor, contrapposto alla Duria Maior (l'attuale Dora Baltea). In piemontese dòira indica qualsiasi corso d'acqua, con le varianti doiron e doirëtta, alla base di molti idronimi e toponimi storici. L'idronimo dora risale alla radice preindoeuropea *dura/duria, diffusa in Europa (cfr. Duero e Dour), e particolarmente in area celtica, ma la derivazione dal celtico è messa in discussione. Dora si ritrova anche in alcuni appellativi come il ligure doria, che significa ‘corso d'acqua’. L'appellativo Riparia deriva invece dal torrente Ripa, il suo principale ramo sorgentizio. Questi appellativi di origine colta vengono aggiunti per distinguere i due fiumi, confluendo entrambi nel Po e attraversando il territorio della medesima città metropolitana, ma è comune ometterli. In assenza del predicativo "fiume", si parla della Dora al femminile. Il fiume si origina sulle Alpi Cozie, presso Cesana, dalla confluenza di due rami sorgentizi: la Piccola Dora, che nasce in territorio francese presso il colle del Monginevro, e il torrente Ripa, proveniente dalla Valle Argentera e che a sua volta riceve le acque del torrente Thuras. Da Cesana alla confluenza nel Po la Dora percorre poco più di 100 km. Facendo invece coincidere la sorgente della Dora con quella della Piccola Dora la lunghezza totale del fiume risulta di circa 110 km, mentre considerandone l'origine alle sorgenti della Ripa la sua lunghezza sale a circa 125 km. Giunto presso Oulx il fiume si ingrossa notevolmente grazie all'apporto da sinistra del suo maggiore affluente d'alto corso, la Dora di Bardonecchia, scorrendo così in un ampio greto ciottoloso per poi restringersi in un percorso inforrato poco prima del comune di Susa dove riceve il Rio Galambra e il torrente Cenischia, ultimo tributario degno di nota. Attraversata Susa con corso impetuoso e particolarmente copioso d'acque, riceve poi solo affluenti di scarsa importanza tra i quali, dalla sinistra orografica, il Gravio di Condove, il Sessi di Caprie e il Messa di Almese, e dalla destra orografica il Rio Scaglione di Meana e il Gravio di Villar Focchiardo. Con andamento più tranquillo il fiume prende a scorrere in direzione sud-est bagnando la cittadina di Bussoleno e tutta la bassa Valle di Susa. Giunto in pianura attraversa poi i territori dei comuni di Avigliana, Alpignano, Pianezza, Collegno e per ultima l'ampia area metropolitana di Torino: proprio nella città di Torino, dopo aver attraversato il parco della Pellerina ed aver contornato su tre lati il perimetro dell'Ospedale "Amedeo di Savoia", continua la sua discesa nella parte nord della città, andando poi a confluire nel Po presso il Parco Colletta. Piccola Dora (nasce nei pressi del Colle del Monginevro e confluendo con la Ripa a Cesana Torinese dà origine alla Dora Riparia). Dora di Bardonecchia (nasce nella confluenza tra il Rio di Valle Stretta e il Torrente di Rochemolles a Bardonecchia e termina a Oulx). Cenischia (nasce al Moncenisio e termina nella Dora Riparia a Susa). Rio Prebec (nasce sulla Grand'Uia e raggiunge la Dora Riparia nella frazione Vernetto di Chianocco). Torrente Gravio (nasce presso la Punta Lunella e termina a Condove). Torrente Sessi (nasce sul Monte Civrari, ad est del Colombardo, e termina a Caprie). Torrente Messa (nasce sul Monte Civrari, ad ovest del Colle del Lys e termina ad Avigliana). Torrente Ripa (nasce sul Monte Gran Queyron, nella Valle Argentera e si unisce al torrente Thuras a Bousson, frazione di Cesana), formando poi la Dora Riparia a seguito della confluenza con la Piccola Dora. Torrente Thuras (nasce sul Colle di Thuras e termina nel Torrente Ripa a Bousson, frazione di Cesana). Rio Gerardo (nasce al Colle del Sabbione e confluisce nella Dora Riparia a Bussoleno). Torrente Gravio (nasce nella Conca Cassafrera e termina a Villar Focchiardo). Rio Scaglione (nasce nel Vallone degli Adretti nel Parco naturale Orsiera - Rocciavrè). Il regime della Dora Riparia è di tipo nivo-pluviale, con piene tardo primaverili-estive e autunnali e magre invernali. Nonostante un buon modulo medio di 26 m³/s. l'andamento delle portate del fiume subisce notevoli variazioni stagionali con piene anche disastrose in caso di violente precipitazioni, come quella ad esempio avvenuta nell'ottobre 2000 (oltre 700 m³/s a Torino) che allagò i centri di Susa, Bussoleno e alcuni quartieri di Torino, o quella del 30 maggio 2008 che raggiunse livelli paragonabili a quella del 2000 allagando in particolare il comune di Bussoleno. Alla confluenza della Dora Riparia nel Po nacque in epoca romana l'attuale città di Torino. La Dora Riparia ne è stata a lungo la principale risorsa energetica: già nel Medioevo le sue acque venivano convogliate in canali detti duriae, che andavano ad alimentare mulini, martinetti e altri impianti. Questo perché il salto altimetrico è ben più elevato rispetto al Po (a parità di distanza). Sia a sinistra che a destra del fiume, sempre dal Medioevo, numerosi piccoli canali chiamati bealere vennero scavati per scopi irrigui, alcuni dei quali sono ancora funzionanti. Essi si originano a monte della città (nei comuni di Pianezza e Collegno, per es.) e terminano il corso nei comuni di Venaria Reale o Torino (nel Po, nella Ceronda , nella Stura di Lanzo o nella stessa Dora). Nella zona compresa tra la confluenza della Dora Riparia e della Stura nel Po, dove prima della devastazione causata dall'assedio di Torino del 1706 si trovava il Regio Parco, sorge ora il Parco Colletta. Nel Novecento lo sviluppo industriale e urbano ha degradato notevolmente le condizioni ambientali del fiume: l'opera di risanamento e riqualificazione è iniziata soltanto negli anni novanta. Nel 1999 l'ARPA di Grugliasco ha compiuto una campionatura di tutta la Dora Riparia e di tutto il Sangone, rilevandone una condizione di grave inquinamento ambientale. Nel 2002 è nato il Parco agro-naturale della Dora Riparia, finanziato dal comune di Collegno e dalla Regione Piemonte per preservarne il patrimonio naturalistico, ma anche l'integrazione fra il territorio agricolo e l'area fluviale. La Dora Riparia è stata (ed è maggiormente da luglio 2017) oggetto di interventi di rinaturalizzazione delle sponde, specialmente nel territorio urbano della città di Torino, dove grandi lavori di rimozione della soletta di copertura in cemento armato stanno riportando alla luce interi tratti di fiume che furono tombinati nel dopoguerra per creare spazi produttivi alle grandi fabbriche siderurgiche della zona di Lucento (Corso Mortara-Corso Umbria), nell'ambito della trasformazione e conversione dell'economia torinese e della deindustrializzazione Andrea Bocco Guarneri, Il fiume di Torino - Viaggio lungo la Dora Riparia, Torino, Città di Torino, 2010, ISBN 978-88-86685-89-4. Dora Baltea Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Dora Riparia Dora Riparia, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

Villa Rey
Villa Rey

Villa Rey (detta anche il Priè) è una villa torinese del Seicento che sorge sulla collina cittadina, in zona Madonna del Pilone. La villa non va confusa con l'omonimo palazzo che si trova in via Massena 20 sempre a Torino. Le prime notizie su questa elegante dimora risalgono alla fine del 1600, quando la nobile famiglia Turinetti di Priero acquistò alcuni terreni e fabbricati in Val San Martino, con lo scopo di edificare su alcuni di essi una lussuosa residenza. I lavori rimasero tuttavia incompiuti, anche a causa della guerra di successione spagnola che coinvolse la città di Torino: agli inizi del 1700, quello che già esisteva della villa venne occupato dall’esercito francese e usato come avamposto contro le truppe sabaude che resistevano in città, e successivamente saccheggiato e danneggiato. La famiglia Turinetti di Priero fu poi costretta a vendere la villa per fronteggiare gli ingenti debiti contratti e nessuno dei successivi proprietari riuscì a portare a termine i lavori: nel 1780, il marchese Carron di San Tommaso commissionò all’architetto Mario Ludovico Quarini dei lavori di ampliamento e restauro, mai conclusi a causa della morte del committente; alla famiglia nobile Massimino di Ceva riuscirono solamente dei lavori di ridimensionamento del parco, portandolo ai 29.000 mq odierni, e l’apposizione del blasone sul portone di ingresso all’atrio, conservato ancora oggi. Nel 1872 la villa divenne proprietà del Cavalier Giacomo Rey, discendente di una famiglia di imprenditori tessili e deputato nel parlamento subalpino. La famiglia Rey, che tutt’oggi dà il nome alla villa, la trasformò in una dimora estiva ed è risalente a quel periodo il fontanile ancora presente di fronte all’ingresso con ben visibile l’incisione “Parta labore quies” (la quiete dopo il lavoro) sul lato rivolto alla villa. La dimora visse gli anni di massimo splendore, specialmente nei mesi estivi dove la numerosa prole composta da figli, nipoti e servitù si trasferiva per passare insieme le vacanze. Curiosa, in particolare, fu l'estate del 1917, quando l’influenza spagnola dilagò in città e costrinse gli ospiti della villa a rimanervi fino alla fine dell'autunno. Alla morte della moglie di Giacomo, Lidia de Mongenet de Renaucourt, la residenza fu ereditata dal secondogenito Guido Rey, nipote del celebre Quintino Sella, personaggio eclettico ed esperto alpinista più innamorato della vita di montagna, al punto da trasferirsi stabilmente in Valle d’Aosta ponendo così fine al legame della famiglia con Villa Rey. Nel 1933 la proprietà della villa e dei terreni passò al Comune di Torino, che la utilizzò per attività didattiche e ludiche all'aperto, mentre durante la Seconda guerra mondiale venne occupata dalle truppe tedesche come rifugio e sede distaccata. Nel 2019 è stato scoperto un bunker sotterraneo probabilmente edificato e utilizzato dai nazisti durante la guerra che si snoda nel sottosuolo per circa 500 mq. e 20 metri di profondità; è curioso come non esista alcuna traccia di questa struttura neanche tra i documenti ufficiali. Nel 1946 venne data in concessione all'ANPI e nel 1955 all’Associazione Campeggiatori Turistici d’Italia, che trasformò il parco e parte dei locali in un campeggio. Dal 2006, dopo un'importante opera di restauro, è la sede nazionale dell'Automotoclub Storico Italiano e dal 2018 ha sede anche la segreteria generale della FIVA (Fédération Internationale des Véhicules Anciens). Nel corso dei secoli, Villa Rey ha subìto numerose modifiche: in molte occasioni, i nuovi proprietari avviarono lavori di espansione e ristrutturazione senza mai terminarli; in particolare, nel 1900, l’edificio venne convertito in istituto di accoglienza e si perse parte dell’aspetto solenne che lo caratterizzava. I muri esterni sono in buona parte quelli originali del 1600, insieme ad alcuni elementi ornamentali del giardino. Allo stesso periodo risalgono gli affreschi e i soffitti a cassettone che caratterizzano le ampie stanze della villa. È successiva (1700-1800) l’applicazione della carta da parati ancora parzialmente visibile nelle numerose sale, mentre i lavori più recenti hanno sensibilmente modificato l’organizzazione strutturale e la distribuzione degli ambienti. Nel 1998, un gruppo di privati interessati al recupero e al riutilizzo dell’edificio ha costituito l’"Associazione Villa dell’Arte". Nel 2000 l’ha ricevuto in concessione, allo scopo di effettuarne il restauro e la rimessa in funzione. Si è dato vita a un cantiere didattico, con laboratori frequentati dagli studenti dell’Accademia Albertina di Torino e coordinati dal restauratore Antonio Rava, in collaborazione con le Soprintendenze piemontesi e con la Fondazione per le Biotecnologie. I lavori si sono realizzati grazie ai finanziamenti di Regione Piemonte, Compagnia di San Paolo e Fondazione CRT importanti interventi di ripristino, dal rifacimento delle coperture a vari recuperi degli apparati decorativi, dagli affreschi agli stucchi. Sono state restaurate le facciate sei-settecentesche in laterizio, l'atrio di fine '700, il salone del piano terreno con gli affreschi a soggetto mitologico, gli stucchi e ancora le sovrapporte in papier paint della fine del XVIII secolo. Successive azioni di recupero risalgono al 2006 e hanno riguardato l'ammezzato e il primo piano nobile. Tra gli interventi, diretti dagli architetti Andrea de Rege di Donato (nipote di Eugenia Rey) e Alessandra Gallo Orsi, anche alcuni restauri conservativi. Hanno avuto come oggetto in particolare la "Sala dell'Alcova", con la volta occupata dall'affresco "Allegoria della Notte", con Apollo che incorona Flora accompagnata da Zefiro, e le tappezzerie in carta di metà ‘800, riportate alla forma originale. Antonio Rava (a cura di), Villa Rey. Un cantiere di restauro, contributi per la conoscenza, Nardini Editore, Firenze 2005. Ville e palazzi di Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Rey

Parco Colletta
Parco Colletta

Il parco Colletta è un parco della città di Torino, di 448.000 m². È parte, assieme al parco dell'Arrivore, dell'area attrezzata Arrivore e Colletta, di 208 ha, area che a sua volta è una porzione del parco fluviale del Po tratto torinese.È anche erroneamente noto come Parco della Colletta e tale denominazione è persino riportata su qualche segnaletica comunale. Fa parte del quartiere Vanchiglietta e si estende a nord verso la Barriera di Milano. I Savoia nel XVII secolo progettarono un grande parco di caccia vicino alla città di Torino, tra la confluenza della Dora Riparia e della Stura di Lanzo con il fiume Po. Il parco ottenne la denominazione di "Regio parco", ma l'assedio di Torino del 1706 lo rovinò completamente. Nel XVIII secolo i Savoia fecero costruire nella zona un grande fabbrica per la lavorazione del tabacco, nota come Manifattura Tabacchi, attiva sino al 1996. Il parco attuale è stato realizzato alla fine degli anni ottanta, recuperando una vasta area abbandonata e molto degradata. Prende il nome dal Lungodora che lo attraversa, intitolato a Pietro Colletta, generale, uomo politico e storico. La sua opera più conosciuta è la Storia del reame di Napoli dal 1734 al 1825, pubblicata postuma nel 1834. Il parco oggi copre la zona lungo il corso occidentale del fiume Po tra la confluenza della Dora Riparia, a sud, e della Stura di Lanzo, a nord, dove inoltre confina con il Parco della Confluenza.È a cavallo del quartiere Regio Parco e prossimo a Barriera di Milano, nella parte settentrionale al confine col parco dell'Arrivore. È collegato alla Vanchiglietta da una passerella ciclopedonale, costruita nel 1986, in prossimità dell'intersezione tra Lungodora Voghera e Corso Cadore. All'interno del parco vi è la cascina Airale, attualmente in stato di grave abbandono, molto antica e già citata in documenti del sedicesimo secolo, attiva sino al 1982 . In tutta la zona fluviale è rigogliosa l'avifauna. Molto apprezzato e frequentato è il percorso ciclabile che attraversa tutto il parco, proseguendo verso Bertolla e successivamente San Mauro Torinese su un lato e verso i Lungo Dora sull'altro. Il parco è compreso nel percorso storico della Via Francigena, nel tratto da Torino verso San Mauro Torinese e Chivasso, con le indicazioni apposite lungo il percorso ciclopedonale. Parchi di Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su parco Colletta Zone verdi e parchi nella Circoscrizione 7 - I parchi delle confluenze, su comune.torino.it. URL consultato il 2 ottobre 2010 (archiviato dall'url originale il 4 settembre 2008).

Caserma Alessandro La Marmora
Caserma Alessandro La Marmora

La caserma La Marmora (in origine chiamata caserma Dogali e oggi anche nota come caserma di via Asti) è una struttura militare di Torino. Fu edificata tra il 1887 e il 1888 e intitolata ad Alessandro La Marmora. Fu sede stanziale del V Reggimento Genio fino al 1920. A seguito dell'8 settembre 1943 vi si stabilì il quartier generale dell'Ufficio politico investigativo della Guardia nazionale repubblicana (GNR) presieduto dal maggiore Giovanni Cabras. Divenne tristemente nota come luogo di detenzione, tortura ed esecuzione di prigionieri politici, dissidenti (spesso del tutto innocenti) e antifascisti. Fu liberata dalle truppe partigiane nella notte tra il 27 e il 28 aprile del 1945. Una lapide posta nel 1962 dal comando della Divisione Cremona nel fossato dove avvenivano le fucilazioni recita: "Qui caddero / i valorosi patrioti torinesi / martiri della resistenza / 1943-1945". Dal settembre 2009 all'agosto 2010 la caserma è stata utilizzata per fare fronte all'emergenza dei profughi provenienti dal Corno d'Africa che avevano occupato l'ex clinica San Paolo di corso Peschiera. Nel 2011 è stata il quartier generale e polo organizzativo dell'84ª Adunata nazionale degli alpini. A settembre 2011 è stata affidata per alcuni mesi alla comunità di Emmaus. Nel 2015 viene nuovamente occupata, questa volta da dei cittadini che protestano contro l'abbandono di uno spazio simbolo della violenza nazifascista. Dal 2017 ospita la manifestazione artistica di Paratissima. Nel 2018 viene presa in gestione dallo studio dell'architetto Carlo Ratti per farne uno spazio di co-living, co-working, co-making. Nel 2010, i registi Gianluca e Massimiliano De Serio girano, nella caserma La Marmora, il film "Stanze". Nel film, un gruppo di rifugiati somali che sono stati “ospiti” degli spogli locali dell’ex caserma La Marmora, narrano le loro storie in versi somali con sottotitoli in italiano; la forma recupera e riattualizza il genere della “catena poetica” (una serie di liriche collegate fra loro, strumento di dibattito pubblico e politico nella tradizione orale della Somalia). Storia di Torino Resistenza Italiana Museo diffuso della Resistenza, della deportazione, della guerra, dei diritti e della libertà Museo del carcere "Le Nuove" Albergo nazionale Comitato di Liberazione Nazionale Piazza C.L.N. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Caserma Alessandro La Marmora Caserma Dogali poi Alessandro La Marmora - MuseoTorino