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Chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo martire

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Stabio, Chiesa dei Santo Giacomo e Cristoforo martire
Stabio, Chiesa dei Santo Giacomo e Cristoforo martire

La chiesa parrocchiale dei Santi Giacomo il Maggiore e Cristoforo martire, a Stabio, è della fine del XVI secolo.

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Chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo martire
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Stabio, Chiesa dei Santo Giacomo e Cristoforo martire
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Luoghi vicini

Stazione di Stabio
Stazione di Stabio

La stazione di Stabio è una stazione ferroviaria posta nel territorio dell'omonimo comune ticinese, in Svizzera. Costituisce il punto d'interconnessione tra le linee internazionali Mendrisio-Malnate Olona (a carattere turistico) e Mendrisio-Varese. Costruita dalla Società Anonima per la Ferrovia Mendrisio-Stabio-Confine (FMS), concessionaria del tronco svizzero della ferrovia di Valmorea, la stazione di Stabio venne aperta all'esercizio il 27 giugno 1926. Le crescenti difficoltà finanziarie nelle quali versava la FMS resero tuttavia effimero l'esercizio della stazione, che venne sospeso fino a nuovo avviso a decorrere dal 30 aprile 1928. L'ufficio doganale di Stabio-Stazione cessò a sua volta l'attività di lì a poco a partire dal primo giugno 1928. Nel secondo dopoguerra gli impianti della FMS, inclusi i binari afferenti alla stazione di Stabio, vennero riattivati sotto forma di raccordo industriale, il cui esercizio fu affidato all'impresa Raccordo S.A. di Chiasso. Nel 1980 la linea venne ceduta alle Ferrovie federali svizzere (FFS), le quali provvidero al rinnovo e all'ampliamento dell'infrastruttura. A partire dal 1989 la stazione venne servita da occasionali convogli turistici a trazione diesel o a vapore. A seguito dei lavori di potenziamento implementati sulla tratta Mendrisio-Stabio in previsione dell'apertura di una bretella internazionale per Varese, la stazione venne nuovamente inaugurata il 26 novembre 2014 e nuovamente dedicata al servizio viaggiatori a seguito del cambiamento d'orario del 15 dicembre 2014. La stazione del 1926 era dotata di un fabbricato viaggiatori ad un solo piano e di un magazzino merci; la stazione era munita di un binario di raddoppio e di un binario tronco. La stazione del 2014 è dotata di due binari passanti e sprovvista di un fabbricato viaggiatori propriamente detto (quello del 1926 è utilizzato dall'estate 2015 come sede del Corpo di polizia comunale). Dal 1926 al 1928 la stazione venne servita da sei (occasionalmente sette) coppie di treni giornaliere; dal 1928 al 2014 il movimento si ridusse al solo traffico merci e a sporadici servizi turistici All'atto della riapertura al regolare traffico passeggeri, nel dicembre 2014, la stazione divenne il capolinea meridionale delle linee S40 e S50 della rete celere del Canton Ticino, venendo servita unicamente nelle fasce orarie mattutine e serali dei giorni feriali a cadenza oraria. Con l'entrata in vigore dell'orario 2016 il servizio, sempre limitato ai giorni feriali, è stato potenziato: la stazione risulta perciò servita a cadenza oraria da un treno S40 e da un S50, rafforzati da alcune occasionali integrazioni periodiche. Previa attivazione totale della nuova relazione Mendrisio-Varese e alcuni cambi d'orario, dal 9 giugno 2019 Stabio è servita tutti i giorni dalla linea S50 Malpensa Aeroporto-Varese-Mendrisio-Lugano-Bellinzona e dal lunedì al sabato dalla linea S40 Varese-Mendrisio-Como. Entrambe le relazioni operano con cadenzamento orario. La stazione dispone di due banchine, a servizio rispettivamente del primo e del secondo binario, collegate da un sottopassaggio. Biglietteria automatica Katia Accossato (a c.), Il «magazzeno» di Stabio, opera dimenticata di Robert Maillart, in archi, 2003, n. 6, pp. 44–51. [Consiglio federale] (CF 1929), Rapport du Conseil fédéral à l'Assemblée fédérale sur sa gestion en 1928, Berna [1929], 514 p. Paolo Ladavas e Fabio Mentesana, Valle Olona Valmorea. Due nomi, una storia. La Ferrovia Castellanza-Mendrisio, Editoriale del Garda, Desenzano del Garda 2000, 205 p. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stazione di Stabio Fotografia aerea della stazione risalente al 1995 sul sito dell'Ufficio federale di topografia, su api3.geo.admin.ch.

Chiesa di Santa Margherita (Stabio)
Chiesa di Santa Margherita (Stabio)

La chiesa di Santa Margherita (detta anche Santa Maria in Campo), è un edificio religioso che fonde gli elementi dell'architettura romanica e di quella barocca e che si trova nel territorio del comune svizzero di Stabio, al confine con quello italiano di Bizzarone. L'edificio fu realizzato in stile romanico entro il 1437, quando fu menzionato per la prima volta. Nel 1611 furono apportate alcune modifiche, testimoniate dalla data segnalata nell'intonaco della parete sinistra. Intorno al 1665 la doppia abside tardomedievale fu sostituita con un'abside semicircolare senza finestre. Nel XVII secolo la facciata a capanna fu decorata con un affresco che raffigura Santa Margherita con la palma, la croce e il drago ai piedi. Gli affreschi ai fianchi di quest'ultimo, contornati da riquadri e raffiguranti figure dei Santi Marco e Gottardo mal conservate, risalgono invece al secolo successivo, all'interno affreschi dell'Annunciazione, ancora di Santa Margherita e di Sant'Abbondio. Giovanni Sarinelli, La Diocesi di Lugano. Guida del clero, La Buona Stampa, Lugano 1931, 96-97. Virgilio Gilardoni, Il Romanico. Catalogo dei monumenti nella Repubblica e Cantone del Ticino, La Vesconta, Casagrande S.A., Bellinzona 1967, 564-565. Giuseppe Martinola, Inventario d'arte del Mendrisiotto, I, Edizioni dello Stato, Bellinzona 1975, 522-525. Bernhard Anderes, Guida d'Arte della Svizzera Italiana, Edizioni Trelingue, Porza-Lugano 1980, 19-21. AA.VV., Guida d'arte della Svizzera italiana, Edizioni Casagrande, Bellinzona 2007, 435-438. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Santa Margherita

Clivio
Clivio

Clivio (Cif in dialetto varesotto) è un comune italiano di 1 999 abitanti della provincia di Varese in Lombardia. Sorge a 468 m s.l.m. nelle prealpi lombarde sul colle clivium. È il primo comune del Monte San Giorgio. Nel territorio comunale si trova il monte Stucco ("mùnt Istúc" in dialetto varesotto) un colle coperto da boschi e foreste e attraversato dal Torrente Lanza che in questo tratto del suo percorso viene denominato "Torrente Clivio". È un luogo di interesse turistico con percorsi interessanti e paesaggi spettacolari. Il nome Clivio deriva dalla sua stessa posizione: "quasi loco in clivium situ", sorge cioè su un colle (Clivium) che domina il Mendrisiotto e il Comasco, fino oltre il Montorfano della Brianza, al colle di S. Fermo e al colle S. Maffeo e alcune zone collinari minori, che degradano verso la pianura lombarda. Questo insieme presenta uno stupendo panorama. Classificazione sismica: zona 4 (sismicità irrilevante), Ordinanza PCM. 3274 del 20/03/2003 La stazione meteorologica più vicina è quella di Cuasso al Monte. In base alla media trentennale di riferimento 1961-1990, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +1,8 °C; quella del mese più caldo, luglio, è di +20,1 °C. Le precipitazioni medie annue sono superiori ai 2.100 mm, mediamente distribuite in 99 giorni, e presentano con picco primaverile ed autunnale e minimo relativo invernale. Classificazione climatica: zona E, 2796 GG Il nome Clivio deriva dalla sua stessa posizione: “quasi loco in clivium situ”, sorge cioè su di un colle (Clivium) che domina il Mendrisiotto e il Comasco, fino oltre il Montorfano della Brianza, i colli di S. Fermo e S. Maffeo e alcune zone collinari minori, che degradano verso la pianura lombarda. Questo insieme presenta uno stupendo panorama. Tradizionalmente Clivio si ritiene abitata dagli Orobi, antica civiltà etnica della Gallia Cisalpina, che abitava la regione montuosa tra il lago di Como e il lago di Garda. Clivio fu una colonia dell'Impero Romano e Cesare vi stabilì una stazione per fare svernare le sue legioni, che agivano come punta avanzata dell'esercito contro i Barbari d’oltre alpe. Nell'epoca Longobarda, Clivio faceva parte, politicamente ed economicamente, del Contado del Seprio. Nel periodo dei Comuni fu un certo Ottobono da Clivio a comandare le Legioni del basso Luganese contro l'imperatore Federico Barbarossa. Dopo l’anno 1000 fu sede Arcipreturale. Il paese fu altresì patria dei nobili Clivi, annoverata fin dal sec. XI tra le più potenti famiglie della Lombardia. Dalla famiglia dei Clivi ebbe i natali l’Arcivescovo Giordano da Clivio che scomunicò l’imperatore Enrico IV e fu eletto Arcivescovo di Milano nel 1112. A lui si deve, nel nostro Rito, la festa della Commemorazione dei defunti. La rilevanza di Clivio alla fine del XII sec. è denotata dalla presenza di almeno cinque chiese: S. Pietro in Canonica, S. Maria, S. Michele, S. Materno, S. Carpoforo. Tra le chiese più antiche S. Maria della Rosa e S. Materno sono ancora accessibili al culto e ben conservate, mentre degli Oratori di S. Michele e di S. Carpoforo rimangono solo la denominazione delle località. Memorabile fu la visita pastorale fatta dal Cardinale Carlo Borromeo nel 1574. Il Santo, con il suo seguito, fece sosta ad una fonte situata a metà strada tra Ligurno e Clivio e celebrò la S. Messa nella chiesa di S. Pietro. Di tale passaggio testimonia la presenza presso la scuola Primaria di un bassorilievo in creta – terracotta che raffigura il Santo a cavallo e il suo ingresso in paese. Dal ‘500 in poi Clivio seguì le stesse vicende del Milanese: fu sottoposta ai vari dominatori stranieri Francesi, Spagnoli, Austriaci, ma dopo la metà del sec. XVI la popolazione di Clivio prese a crescere e divenne un punto importante per il controllo delle merci in transito per la Svizzera. Nel 1810 nei Cantoni del dipartimento lariano furono soppressi molti comuni e Viggiù, con Saltrio e Clivio, furono “uniti” in un unico Comune. Tale intervento di soppressione suscitò il malcontento tra le popolazioni e solo successivamente alla sconfitta di Napoleone Clivio ritornò ad essere un Comune autonomo, precisamente nel 1816. Fin dopo le guerre risorgimentali dal 1860, il paese di Clivio appartenne alla provincia di Como e dal 1927 alla provincia di Varese. Una nota storica importante che merita di essere menzionata è la fondazione, nel 1908, della Scuola Moderna Razionalista di Clivio, ad opera di un gruppo di libertari cliviesi, tra cui spiccava Felice Monzini. Quale unica esperienza realizzatasi in Italia, la Scuola, di estrazione anarchica e laica, si ispirava alle teorie ed ai principi libertari della Scuola razionalista (detta anche Scuola Moderna) fondata da Francisco Ferrer, il famoso pedagogista anarchico spagnolo. La fondazione della Scuola a Clivio costituì un episodio di notevole entità sotto l'aspetto dell’autoeducazione popolare italiana. Tra il 1910 e il 1914 la Scuola produsse una rivista periodica che illustrava il programma libertario e pacifista, inoltre documentava i generosi sacrifici dei lavoratori locali per mantenerla in vita e difenderla dalla calunnia. A fasi alterne e a causa degli eventi bellici tra il ’14 e il ’18, la Scuola di Clivio funzionò sino al 1922. Anche le due guerre mondiali coinvolsero le nostre terre. Fu Clivio che, nel circondario, subì le più gravi conseguenze degli eventi bellici e, a causa del notevole afflusso al valico di Bellavista di soldati che cercavano asilo in Svizzera, un provvedimento delle autorità militari germaniche dispose l’evacuazione della popolazione di una larga fascia di Saltrio e di tutta Clivio. Dal giorno in cui furono obbligati a lasciare il paese, nessun cliviese poté più accedervi, salvo rare eccezioni. Questa drastica e drammatica imposizione, oltre a sconvolgere la vita dell’intero paese, aveva arrecato un danno di parecchi milioni all’agricoltura, allora particolarmente vitale. Clivio perse nuovamente l'autonomia comunale nel 1927, quando fu accorpato a Viggiù e Saltrio nell'ente comunale di Viggiù ed Uniti; il comune fu poi nuovamente distaccato il 30 maggio 1953. Stemma Gonfalone Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 21 novembre 1995. Chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo Chiesa di S. Materno Chiesa di S. Maria della Rosa Palazzo Albuzzi Dal 2009 ogni prima domenica di febbraio si svolge "cioccolandando a Clivio" un percorso con varie degustazioni di cioccolata per le vie del paese. Il 29 giugno si svolge la festa patronale con un mercatino in una piazza del centro. L'ultimo fine settimana di novembre o il primo di dicembre si svolge il mercatino di Natale nel cortile del palazzo Reale (palazzo Albuzzi). 176 nel 1576 385 nel 1687 367 nel 1751 538 nel 1805 annessione a Viggiù nel 1809 738 nel 1853 annessione a Viggiù nel 1927 1 121 nel 1961 Abitanti censiti La popolazione appartiene linguisticamente al lombardo. Il principale dialetto è il lombardo occidentale. Al 31 dicembre 2007 a Clivio risultano residenti 50 cittadini stranieri. Le nazionalità principali sono: Albania - 14 Svizzera - 11 La maggioranza della popolazione è di religione cristiana appartenenti principalmente alla Chiesa cattolica; il comune appartiene all'arcidiocesi di Milano. Civico Museo Insubrico di Storia Naturale SP 3 Via Ermizada SP 3dir Via Cantello Valico di Ligornetto Valico di san Pietro di Stabio Il territorio fa parte della Comunità Montana del Piambello. Limax Clivio, società di pallacanestro Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Clivio Comune di Clivio - Sito ufficiale del Comune di Clivio Lombardia trasporti - Sito ufficiale trasporti Regione Lombardia

Museo Vincenzo Vela
Museo Vincenzo Vela

Il museo Vincenzo Vela ha le sue origini in un lascito testamentario di Spartaco Vela (1854-1895), figlio dello scultore Vincenzo Vela (1820-1891), che nel 1892 lo donò alla Confederazione svizzera. Il museo Vela fu residenza signorile dello scultore ed è situata a Mendrisio nel quartiere di Ligornetto. La villa venne fatta costruire negli anni 1862-65 da Vincenzo Vela, fra i massimi esponenti della scultura realista del XIX secolo, su progetto di un architetto della corte sabauda di Torino, Cipriano Ajmetti, con la triplice funzione di abitazione privata, atelier e spazio d'esposizione dei modelli originali in gesso delle opere. Nel 1898 la Confederazione Elvetica aprì al pubblico la villa nella quale si possono ammirare numerosi gessi originali, disegni e bozzetti delle opere di Vincenzo Vela, alcune sculture del fratello Lorenzo (1812-1897), nonché dipinti e ceramiche del figlio Spartaco. Son presenti inoltre dipinti di scuola piemontese e lombarda, nonché una tra le più antiche collezioni svizzere di fotografia. La villa Vela rappresenta una delle più significative case-museo del XIX secolo. La famiglia vi si trasferì dal 1867, una volta abbandonata definitivamente Torino. La villa è circondata da un parco che conserva ancor oggi, grazie ai continui lavori di manutenzione, le caratteristiche originali, in particolare la parte formale all'italiana verso Ligornetto, il grande prato in pendenza all'inglese, un castagneto nei pressi di uno stagno che ai tempi dell'artista rappresentava un vero e proprio laghetto. Oggi il parco si arricchisce di un agrumeto con specie rare di limoni e di numerose specie botaniche di camelie. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Museo Vincenzo Vela Museo Vela, su museo-vela.ch. Gianna A. Mina: Museo Vincenzo Vela, in: Dizionario storico della Svizzera (DSS) Museo Vincenzo Vela, su bak.admin.ch. Museo Vincenzo Vela su Google Art Project

Tremona
Tremona

Tremona è un ex comune ticinese che dal 2009 è diventato quartiere costitutivo della Città di Mendrisio. Tremona è situato sul versante meridionale del Monte San Giorgio. Il nome del quartiere deriva probabilmente dalla locuzione latina "tre montes", etimologia che può essere comprensa pensando alla posizione del paese: in effetti, esso si trova circondato da "monti", che però non sono tre come ricordato dal nome, bensì quattro. Le colline prese in considerazione nel nome sono quelle del Castello (650 m s.l.m), di Sant'Agata (617 m s.l.m) e di Grom (574 m s.l.), mentre quella omessa è Certara (561 m s.l.m). "Ecco gli antenati del neolitico, poi del bronzo, poi del ferro. Tracce ne hanno lasciato un po' dappertutto dalle nostre parti (...)", scriveva lo studioso locale Giuseppe Martinola, e in effetti Tremona è il luogo adatto per scoprire queste tracce. Sono stati infatti ritrovati oggetti nella zona del Castello (dove oggi sorge il parco archeologico) che permettono di constatare come la storia dell'abitato sulla collina sia cominciata nel lontano Neolitico per proseguire durante l'Età del Bronzo e l'Età del ferro: in particolare, per il primo periodo sono state ritrovate asce di serpentino, lame, e frammenti di recipienti di terracotta; per il secondo, invece, frammenti di vasi a forma di campana rovesciata; infine, per il terzo vasi di ceramica creati usando il tornio, orecchini di bronzo, fibule. In realtà non troviamo solo oggetti con il ruolo di testimoni di queste antiche epoche, ma anche una necropoli databile alla seconda Età del ferro e all'epoca romana (42 tombe). La storia dell'abitato non si arresta all'età romana, e vi sono altre tracce che permettono di giungere fino al XV secolo, in particolare gli scavi hanno fatto riemergere: dei segnali dell'esistenza di un insediamento composto da 27 abitazioni sul cosiddetto terrazzo inferiore, che doveva essere abitato durante il Medioevo e fino al XIII secolo, quando poi venne abbandonato probabilmente a causa delle lotte tra Milano e Como; delle tracce dell'esistenza di un castello provvisto di un mastio e locali interni del XIV-XV secolo sul cosiddetto terrazzo superiore . Non solo scavi archeologici ma anche tracce meno remote ci permettono di tracciare la storia di questo borgo, che per un lungo periodo fu legato alla pieve di Riva S.Vitale dal punto di vista amministrativo e spirituale. Nel 1493 si separò e diventò diventando parrocchia autonoma, facendo capo inizialmente alla chiesa di S.Agata e poi alla chiesa di S.Maria Assunta. Lo stemma viene delineato ne "L'armoriale dei Comuni ticinesi" di Gastone Cambin come segue: "Di rosso alla brenta d’argento, bordata, caricata d’uva fogliata, il tutto d’oro, sostenuto da tre monti di verde. L’arma deriva dal nome Tremona che, secondo l’opinione popolare, significa Tre monti: infatti l’abitato si trova in una conca, circondata da tre colline. La maggior caratteristica della zona è la ricchezza dei vigneti, principale fonte di guadagno della popolazione". La chiesa di S.Maria Assunta è attestata dal 1578, anno in cui il vescovo di Como Mons. Bonomi in visita la definì "cappella fatta a novo", e nel 1770 sostituì la chiesa di Sant'Agata nel suo ruolo di chiesa parrocchiale. La chiesa conserva affreschi di Antonio Rinaldi (immagine di Sant'Agata e Sant'Apollonia), Francesco Antonio Giorgioli (immagine dell'Assunta), Bernardino Luini (immagine della Madonna col Bambino), e Silvano Gilardi (immagine del beato Manfredo Settala e di Santa Lucia) e venne restaurata nel 1972 ad opera di Alberto Finzi. Quando Tremona nel 1493 divenne parrocchia, separandosi dalla pieve di Riva S.Vitale, la Chiesa di Sant'Agata assunse la funzione parrocchiale. Le sue origini sono misteriose, ma un'opinione diffusa è che essa venne costruita sui resti di una fortezza longobarda (a sostegno di questa tesi sarebbero il tozzo del campanile e il parere di alcuni che Sant'Agata fosse tra le "sante longobarde"). La Chiesa conserva affreschi gotici, frammenti di affreschi della scuola dei Seregnesi della seconda metà del XV secolo, una medaglia con il martirio di Sant'Agata eseguita da Francesco Antonio Giorgioli, e la statua della santa, che fu modellata da Francesco Silva (1560-1641). Prima di accedere alla chiesa sono inoltre visibili anche l'ossario (in cui è presente il mezzobusto di Antonio Rinaldi scolpito da Enrico Mariotti) e la Via Crucis con affreschi di Mario Ribola. Casa Andreazzi, con gli affreschi Il giuramento del Rütli e Il sacrificio di Arnoldo di Winkelried; Casa Rinaldi, con affreschi di Antonio Rinaldi (ritratti di Michelangelo, Raffaello e Leonardo da Vinci). Tremona è molto conosciuta per gli scavi archeologici che hanno permesso di ricostruire la storia dell'abitato sulla collina del Castello e di riflesso anche della regione. Tali ricerche hanno preso avvio nel 1991 e nel corso degli anni hanno permesso di portare alla luce tracce relative a varie epoche (vedasi "Storia"). L'importanza fu tale da suggerire la costruzione di quello che oggi è noto con il nome di "parco archeologico di Tremona" inaugurato nel 2016. Questo luogo consente ai visitatori di confrontarsi con un passato lontano e soprattutto addentrarsi all'interno della vita quotidiana di un villaggio medievale, che nel caso di Tremona si dedicava con dedizione all'agricoltura, ma anche e soprattutto all'artigianato: in effetti sono stati trovati reperti che consentono di affermare che gli abitanti si dedicavano alla lavorazione del metallo e all'artigianato tessile (filatura, tessitura, cucito e lavorazione delle pelli). Al fine di addentrarsi all'interno del villaggio medievale il parco archeologico offre varie possibilità, tra cui un itinerario guidato che attraverso pannelli illustrativi consente di comprendere gli aspetti caratteristici della vita quotidiana, un video in 3D che mostrano la ricostruzione del villaggio e dieci tappe di realtà aumentata che consentono al visitatore di proiettarsi direttamente nell'epoca medievale e visitare ad esempio la bottega del fabbro e le abitazioni. L'evoluzione demografica è riportata nella seguente tabella: Abitanti censiti "Tremona primeggia (...) nell'espressione artistica: una vera e propria fioritura mai avvizzita nei secoli" scrisse Giovanni Piffaretti, sottolineando la vocazione artistica degli abitanti di questo paese come Antonio Rinaldi, Enrico Mariotti, Giuseppe Rusconi e i Durini. Molti artisti furono costretti a cercare fortuna altrove, perché, come sottolinea lo stesso Piffaretti in un'altra sua opera, "Non si deve pensare che i Ticinesi abbandonassero i loro villaggi quali artisti compiuti, consci di una missione culturale o estetica, per portare la loro genialità nel mondo. Niente di tutto questo: i Ticinesi emigravano come lapicidi, manovali, fornaciai, muratori, carpentieri, capomastri, ingegneri, architetti, stuccatori, pittori nella speranza di trovare modo di vivere e di combattere la fame". Questo passo relativo ai Ticinesi in generale risulta calzante anche per le maestranze di Tremona, che spesso mettevano le loro doti al servizio di altri Paesi, più o meno vicini. L'emigrazione artistica attuata dai tremonesi permette di affrontare anche la questione della scuola, visto che gli emigranti si trovavano in contesti in cui era loro richiesto saper scrivere, leggere e fare di conto. Imparare a scrivere risultava di fondamentale importanza anche per rimanere in contatto con i propri cari durante i mesi di assenza: la corrispondenza si svolgeva con l'ausilio di intermediari, in particolare il cappellano e il notaio, i quali ricevevano le lettere scritte dagli emigranti e le leggevano poi ai destinatari. Tra questi due intermediari sussiste però una differenza che va nella direzione della conservazione delle missive, in quanto i cappellani non conservarono le lettere, destinandole quindi alla scomparsa, mentre vi è un caso di lettere inviate ai notai che sono state tramandate, ossia quelle che i notai Oldelli di Meride hanno conservato. A Tremona gli edifici che ospitarono la scuola furono: Oratorio attiguo alla Chiesa dell'Assunta (fino verso la metà del XIX secolo) Ex casa patriziale (dalla metà del XIX secolo al 1907) Palazzo comunale (dal 1907 al 1959) Antonio Rinaldi, pittore con uno stile vicino al romanticismo, fu un cittadino illustre di Tremona che si formò all'Accademia di Brera. Cominciò i suoi studi nel 1829 e li portò a termine nel 1840, ricevendo gli insegnamenti di Luigi Sabatelli, il quale però non riuscì ad avere un vero influsso sul pittore tremonese, che si sentiva maggiormente vicino al mondo artistico dominato da Francesco Hayez. Dopo i suoi studi il Rinaldi tornò a Tremona, restandoci per gran parte della sua vita e rimanendo quindi un po' ai margini nella storia dell'arte dell'Ottocento italiano. Nonostante questo egli fece opere mirabili, come La Romantica, Cacciatore piumato, L’Immacolata, Il marmista Aglio, Il Cappuccino, La Santa Teresa in estasi, Lo spazzacamino piangente e altri, che dimostrano la sua abilità. Come ricorda Giuseppe Martinola il Rinaldi si ritrova in molte chiese della regione, ma anche in molte case civili del Mendrisiotto, e alcune delle sue opere sono visibili anche a Tremona, in particolare nel portico di Casa Andreazzi si trova una Madonna con Bambino, all'interno il Giuramento del Rütli e il Sacrificio di Antonio di Wikelried, mentre nella corte della sua casa natale si trovano affreschi con i ritratti di Leonardo, Raffaello e Michelangelo. La famiglia Durini giunse a Tremona sul finire del XVIII secolo dalla Lombardia. Giovanni Durini (1826-1907) arrivato in terra elvetica imparò la professione di scalpellino ad Arzo, per poi seguire artisti di Tremona nelle loro migrazioni stagionali. Egli sposò Elisabetta Vassalli, da cui ebbe due figli (Francesco e Lorenzo), e insieme intrapresero il viaggio che li portò in Sud America (per dirla con un'espressione dialettale usata da tutti gli emigrati che andavano in America "l'a traversaa ul buzun"). Entrambi i figli facero brevemente ritorno in Europa, per tornare poi in Ecuador dopo gli studi di architettura. Lorenzo decise in seguito di tornare nel suo paese natale con i figli, che vi frequentarono la scuola elementare, ma dopo questo periodo tornò in Ecuador definitivamente. Lorenzo, Francisco e Pedro Durini sono ricordati per la loro opera architettonica sul territorio ecuadoriano: infatti si ritrovano molteplici costruzioni e progetti realizzati da loro sulle piazze principali dell'Ecuador e ebbero un notevole ruolo nella trasformazione architettonica di questa terra. Questa loro opera ha permesso a Giovanni Piffaretti di affermare che "Con le dovute proporzioni, l'intervento dei Durini nel tessuto urbano di quelle città, può benissimo essere paragonato all'intervento del Gaudí a Barcellona, a quello del barone Haussmann nella Parigi della fine dell'Ottocento, in un'epoca immediatamente anteriore a quella dei nostri emigrati in Ecuador". Ogni famiglia originaria del luogo fa parte del cosiddetto comune patriziale e ha la responsabilità della manutenzione di ogni bene ricadente all'interno dei confini del quartiere. Elena Percivaldi, Il castrum di Tremona. Una finestra sulla storia, Mendrisio 2019 PDF. Johann Rudolf Rahn, I monumenti artistici del medio evo nel Cantone Ticino, traduzione di Eligio Pometta, Bellinzona, Tipo-Litografia di Carlo Salvioni, 1894. p. 282. Virgilio Gilardoni, Il Romanico. Catalogo dei monumenti nella Repubblica e Cantone del Ticino, La Vesconta, Casagrande S. A., Bellinzona 1967, 37, 40, 206, 511, 529, 533, 575-576. Agostino Robertini, Silvano Toppi, Gian Piero Pedrazzi, Tremona, in Il Comune, Edizioni Giornale del popolo, Lugano 1974, 373-388. Giuseppe Martinola, Inventario d'arte del Mendrisiotto, I, Edizioni dello Stato, Bellinzona 1975, 534-546. Bernhard Anderes, Guida d'Arte della Svizzera Italiana, Edizioni Trelingue, Porza-Lugano 1980, 344, 347. Adriano Caprioli, Antonio Rimoldi, Luciano Vaccaro, Diocesi di Como, La Scuola, Brescia 1986, 38. Emilio Motta, Effemeridi ticinesi, ristampa Edizioni Metà Luna, Giubiasco 1991. Flavio Maggi, Patriziati e patrizi ticinesi, Pramo Edizioni, Viganello 1997. AA. VV., Guida d'arte della Svizzera italiana, Edizioni Casagrande, Bellinzona 2007, 426-427. Giovanni Piffaretti, Tremona. Tessere per un mosaico, Società tiro a volo Serpiano-Tremona, 1995 Giuseppe Martinola (a cura di), Invito al Mendrisiotto, Lions Club del Mendrisiotto, Chiasso, 2004 (prima ed. 1965) Giovanni Piffaretti, Le maestranze d'arte dei paesi della montagna Arzo-Besazio-Meride-Tremona. Sec. XV-XVIII, Tip.-offset E.Grosa, Morbio Inferiore, 1986 Jean Soldini, La Pinacoteca Züst, edizioni Casagrande, Bellinzona, 1988 Albisetti Gianfranco, I caraduu da Mérat. Emozionante ricostruzione del paesaggio del Monte San Giorgio di fine Ottocento inizio Novecento, Comune di Meride, 2009 Monte San Giorgio (Unesco): sito fossilifero del Triassico Medio inserito nella lista dei Patrimoni mondiali dell'umanità dell'UNESCO Museo dei fossili del Monte San Giorgio a Meride Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Tremona Tremona, su sito istituzionale del comune di Mendrisio, 11 gennaio 2017. URL consultato il 18 novembre 2017. Stefania Bianchi, Tremona, in Dizionario storico della Svizzera, 18 gennaio 2017. URL consultato il 18 novembre 2017. Monte San Giorgio, sito patrimonio mondiale dell'UNESCO, su montesangiorgio.org. URL consultato il 18 novembre 2017. Elena Percivaldi, Il castrum di Tremona. Una finestra sulla storia, Mendrisio 2019 PDF.