place

Palazzo Brentani

Architetture neoclassiche di MilanoGallerie d'Italia - MilanoPagine con mappePalazzi di MilanoVia Manzoni
Voci con modulo citazione e parametro pagine
8802 Milano Via Manzoni Palazzo Brentani Foto Giovanni Dall'Orto 14 Apr 2007
8802 Milano Via Manzoni Palazzo Brentani Foto Giovanni Dall'Orto 14 Apr 2007

Palazzo Brentani, per esteso Palazzo Brentani Greppi, è un palazzo storico situato nel centro di Milano, in via Manzoni al civico 6. Il palazzo è conosciuto anche con il nome di Ca' Brentana, per via di un sonetto dedicato da Carlo Porta al palazzo.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Palazzo Brentani (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Palazzo Brentani
Via Alessandro Manzoni, Milano Municipio 1

Coordinate geografiche (GPS) Indirizzo Luoghi vicini
placeMostra sulla mappa

Wikipedia: Palazzo BrentaniContinua a leggere su Wikipedia

Coordinate geografiche (GPS)

Latitudine Longitudine
N 45.467835 ° E 9.190696 °
placeMostra sulla mappa

Indirizzo

Via Alessandro Manzoni 6
20121 Milano, Municipio 1
Lombardia, Italia
mapAprire su Google Maps

8802 Milano Via Manzoni Palazzo Brentani Foto Giovanni Dall'Orto 14 Apr 2007
8802 Milano Via Manzoni Palazzo Brentani Foto Giovanni Dall'Orto 14 Apr 2007
Condividere l'esperienza

Luoghi vicini

Gallerie d'Italia - Milano
Gallerie d'Italia - Milano

Le Gallerie d'Italia - Milano (o Gallerie di Piazza della Scala) sono uno spazio espositivo con sede a Palazzo Anguissola Antona Traversi, Palazzo Brentani ed il Palazzo della Banca Commerciale Italiana, nel centro di Milano. La collezione Da Canova a Boccioni. Le collezioni della Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo attraversa un intero secolo di storia dell'arte: l'Ottocento italiano. Il percorso ha inizio con una magnifica sequenza di tredici bassorilievi in gesso di Antonio Canova ispirati a Omero, Virgilio e Platone, e si conclude altrettanto emblematicamente con quattro capolavori di Umberto Boccioni, fondamentali per comprendere il decisivo passaggio dal Divisionismo al Futurismo. Nelle sale del museo si trovano le opere dei grandi maestri dell’Ottocento come Francesco Hayez, Francesco Filippini, Gerolamo Induno, Sebastiano De Albertis e Giuseppe Molteni. Le opere d'arte della collezione Cantiere del 900.2 riuniscono un patrimonio proveniente dai diversi istituti di credito confluiti nel Gruppo Intesa Sanpaolo, e delineano un percorso culturale che attraversa tutto il Novecento. Nell'attuale raccolta vicende e protagonisti dell'arte italiana del XX secolo sono ampiamente rappresentati: dai quattro capolavori di Boccioni alle opere di Balla, Carrà, de Chirico, Funi, Mafai, Sironi, Rosai, Spadini, Tosi, Zanini (oltre a una importante presenza di autori del primo Novecento di carattere "regionale"), fino alla parte più cospicua che copre quasi tutte le tendenze proposte nell’arte italiana del secondo Novecento, tra cui Renato Guttuso, Piero Manzoni, Michelangelo Pistoletto, Salvatore Garau e Mario Schifano.

Chiesa di San Pietro in Cornaredo
Chiesa di San Pietro in Cornaredo

La chiesa di San Pietro in Cornaredo, appellata anche San Pietro con la rete, era una chiesa di Milano. Situata nell'attuale via Manzoni, fu demolita nel 1787. Incerta è la forma corretta dell'appellativo della chiesa: se Paolo Rotta sostiene che la forma originaria fosse "con la rete", in conformità alla tradizione evangelica che descrive San Pietro Apostolo come pescatore, e corrotto "in Cornaredo", Serviliano Latuada sostiene esattamente la teoria opposta citando dei documenti redatti dall'allora arcivescovo di Milano Gabriele Sforza: ad ogni modo la chiesa pare essere già citata da Bonvesin de la Riva nel XIII secolo. La chiesa nelle sue forme originali aveva una pianta rettangolare divisa in tre navate sorrette da sedici colonne in pietra ed una cappella decorata: in una delle sue visite, il cardinale Carlo Borromeo ne decretò il rifacimento, che sarebbe stato compiuto molti anni dopo su progetto del Richini. La ricostruita chiesa aveva forma ottagonale e aveva tre cappelle: l'interno era quasi interamente decorato da marmi pregiati. Esistevano infine due portali interni alle chiesa che conducevano rispettivamente alla sacrestia e alla casa parrocchiale, entrambe ornate in cima con due medaglioni affrescati con la testa di San Pietro e di San Paolo. Serviliano Latuada, Descrizione di Milano, vol. 5, Milano, 1738. Paolo Rotta, Passeggiate storiche, ossia Le chiese di Milano dalla loro origine fino al presente, Milano, 1891. Chiese di Milano Chiese scomparse di Milano

Fondazione di Milano
Fondazione di Milano

La fondazione della città di Milano, secondo la tradizione leggendaria riportata da Tito Livio e poi ripresa in epoca medioevale da Bonvesin de la Riva, avvenne nel VI secolo a.C. nel luogo dove fu trovata una scrofa semilanuta, per opera della tribù celtica guidata da Belloveso, che sconfisse gli Etruschi, popolo che fino ad allora aveva dominato la zona. Secondo un'altra tradizione leggendaria, riportata da Bernardino Corio nella sua Storia di Milano che l'attribuisce a Catone, Milano fu fondata da Medo e Olano, due comandanti etruschi durante l'espansione di questa civiltà nella cosiddetta "Etruria padana". Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis historia, attribuisce genericamente ai Celti la fondazione della città, senza però entrare nel dettaglio. Secondo gli storici moderni, invece, Milano fu fondata intorno al 590 a.C., forse con il nome di Medhelan, nei pressi di un santuario da una tribù celtica facente parte del gruppo degli Insubri e appartenente alla cultura di Golasecca. In particolare, il santuario che diede origine a Milano era situato nei pressi della moderna piazza della Scala. L'antico abitato celtico, che fu in seguito ridenominato dagli antichi Romani, come è attestato da Tito Livio, Mediolanum, venne poi, da un punto di vista topografico, sovrapposto e sostituito da quello romano. La città romana fu poi a sua volta gradualmente sovrapposta e rimpiazzata da quella medievale. Il centro urbano di Milano è quindi costantemente cresciuto a macchia d'olio, fino ai tempi moderni, attorno al primo nucleo celtico. L'originario toponimo celtico Medhelan mutò poi, come testimoniato da un graffito in lingua celtica presente su un tratto delle mura romane di Milano che risale a un periodo successivo alla conquista romana della Gallia Cisalpina, in Mesiolano.

La fiducia in Dio
La fiducia in Dio

La fiducia in Dio è una statua in marmo bianco a grandezza naturale del 1833 dello scultore toscano Lorenzo Bartolini (1777-1850), conservata al Museo Poldi Pezzoli di Milano. La scultura marmorea fu commissionata dalla marchesa Rosina Trivulzio (1800-1859), già ritratta nel 1828 dal Bartolini in un busto-ritratto ancora oggi conservato al Museo Poldi Pezzoli, alla morte del marito Giuseppe Poldi Pezzoli d'Albertone (1768-1833). Prima di essere consegnata alla sua committente, la statua fu esposta a Firenze, a Parma e, nel 1837, all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Dell'opera esiste una copia al Museo dell'Ermitage (commissionata dalla principessa Zinaida Jusupova) e una al Museo nazionale d'arte dell'Azerbaigian; il gesso preparatorio è conservato al Museo di Palazzo Pretorio a Prato. Nel 1835, l'opera venne vista dal poeta Giuseppe Giusti e ispirò un suo sonetto omonimo. Già il bozzetto preparatorio fu di ispirazione ad Alessandro Franceschi per il Monumento Tinti, nel Cimitero monumentale della Certosa di Bologna, eseguito tra il 1833 e il 1834. La donna chiese all'artista di rappresentare il suo dolore e la sua devozione a Dio dopo la morte del marito, perciò Bartolini decise di rappresentarla come una giovane nuda, con i capelli raccolti in uno chignon, accasciata e con le mani intrecciate strette in grembo in segno di profonda e pia preghiera. La bocca è socchiusa e gli occhi sono rivolti verso l'alto, in segno di profonda devozione. La linea è sinuosa e armonica. La statua rappresenta esattamente il concetto di bello naturale, che per Bartolini era di fondamentale importanza. L'idea della posa fu ispirata da una modella che si riposava dopo una sessione di posa. La scultura, che è stata accostata alla Maddalena penitente di Antonio Canova, traduce a livello artistico il lutto doloroso provato dalla marchesa Trivulzio divenuta vedova. La nudità totale della donna rappresenta la purezza dell'amore che la legava al coniuge defunto e simboleggia come la morte di quest'ultimo l'avesse lasciata "nuda" di fronte alla separazione brutale. Il corpo segue una curva ad S che parte dalla punta dei piedi e culmina del capo della donna. Il busto sinuoso si inarca ammorbidendo l'asse verticale della statua e ripiegandosi in un abbandono morbido. La composizione presenta una centralità nelle mani intrecciate in segno di devozione. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su La fiducia in Dio