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Parco dello Storga

Aree naturali protette della provincia di TrevisoContestualizzare fonti - agosto 2009Contestualizzare fonti - ecologiaPagine con mappeProvincia di Treviso
Storga Madonnetta
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Il parco dello Storga è un'area protetta gestita dalla provincia di Treviso istituita con lo scopo di tutelare il patrimonio naturalistico ed etnografico locale. Si estende tra i comuni di Treviso e Carbonera su un'area di 67 ettari nei quali sono proibite la caccia e la pesca. Parte dei terreni era annessa all'ex ospedale psichiatrico Sant'Artemio. Il parco è costituito da aree in rimboschimento, campi chiusi, uno stagno artificiale circondato da canneto, siepi perimetrali, e, soprattutto, dalle risorgive del fiume Storga, immerse in un ambiente ancora naturale di boschetti ripariali (Alnus glutinosa e Salix alba) e polle risorgive. Entro i confini del parco è visitabile il Museo Etnografico "Case Piavone", dove oggetti e utensili folcloristici del Veneto rurale sono raccolti ed esposti al pubblico grazie alla cogestione della Provincia di Treviso e il Gruppo Folcloristico Trevigiano. Numerosi sentieri naturalistici, alcuni dei quali creati di recente, si snodano nel parco permettendo di passeggiare e toccare i punti più interessanti. Nel parere n. 27 del 16 aprile 2009 sul Rapporto Ambientale al Piano di Assetto del Territorio Intercomunale del Comune di Carbonera (TV) si legge che: «il Piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) della Provincia di Treviso individua l'area del Parco Storga, in parte ricadente in comune di Carbonera, come ambito di tutela per la formazione di parchi e riserve naturali di competenza provinciale. L'area compresa tra la nuova sede della Provincia a Sant'Artemio, la riserva di Fontane Bianche di Lancenigo e il fiume Sile a sud viene individuata come ambito per la realizzazione di un parco metropolitano, incentrato sulla connessione delle aree di interesse ambientale, paesaggistico, storico – culturale e agroforestale». La vegetazione arborea un tempo circoscritta alle sole zone limitrofe al corso d'acqua dello Storga e ai fossi, sul finire degli anni novanta e primi anni duemila è stata oggetto di un intenso programma di rimboschimento che ha interessato aree utilizzate fino agli anni ottanta come terreni agricoli seminativi, poi inutilizzati e divenuti prati. Decine di migliaia di alberi appartenenti alle sole specie autoctone della zona sono stati piantati sulla maggior parte del terreno del parco, lasciando solo ristrette radure erbose.Si possono osservare le seguenti piante arboree: pioppo nero, pioppo bianco, salice bianco, salicone, salice fragile, carpino bianco, frassino, ontano, nocciolo, olmo campestre, rovere, farnia, platano comune, melo selvatico, ciliegio selvatico, acero campestre, acero di monte e sambuco. Tra la flora erbacea, si segnalano alcune specie di fiori ormai divenute rare in pianura, tra le quali Scilla bifolia, Anemone trifolia, Anemone nemorosa, Anemone ranunculoides, Ruscus aculeatus e Vinca minor. Più diffuse sono invece Primula vulgaris, Ficaria verna, Campanula trachelium, Myosotis scorpioides, Lamium orvala, Glechoma hederacea, Agrimonia eupatoria, Lysimachia vulgaris, Silene latifolia,Viola reichenbachiana, Viola odorata, Viola alba, Epilobium hirsutum, Cirsium oleraceum e Centaurea nigrescens. Il parco conserva una fauna abbastanza interessante a livello provinciale, considerando che la distanza dalle mura di Treviso è di non più di due chilometri. Tra i mammiferi sono stati osservati il riccio europeo, il toporagno di Miller, il topo selvatico, lo scoiattolo, la volpe, la lepre comune, la donnola e la faina. Sono stati fatti, negli anni, studi più approfonditi sugli uccelli presenti, arrivando a censirne oltre 120 specie; tra le nidificanti si annoverano: tuffetto, sparviere, folaga, tortora selvatica, martin pescatore, allocco, picchio rosso maggiore, picchio verde, usignolo, codirosso, cannaiola verdognola, canapino, luì piccolo, rigogolo e fringuello; tra gli svernanti notevole è il numero di tordi (tordo sassello, tordo bottaccio e cesena), fringillidi (fringuello, peppola, frosone) e migliarini di palude. Tra gli anfibi ed i rettili, invece, sono annoverate il tritone punteggiato, la rana di Lataste, la rana verde, il rospo comune, il rospo smeraldino, la natrice dal collare, la lucertola muraiola e la tartaruga palustre europea. Da tre anni la Provincia sta attuando un censimento della specie "scolopax rusticola" , meglio nota come beccaccia , all'interno del Parco con l'ausilio dei cani da caccia , importanti i risultati che hanno permesso di confermare la presenza durante il periodo invernale di questa specie particolarmente elusiva , che si nutre nelle zone umide dei vermi che trova nel sottosuolo , la sua costante presenza nel periodo di svernamento sta ad indicare l'ottimo stato di salute dell'habitat naturale del Parco. Dal punto di vista entomologico, poi, si citano tra le farfalle Gonepteryx rhamni, Pieris mannii, Lycaena dispar, Lycaena phlaeas, Cupido argiades, Plebejus argus, Vanessa atalanta, Polygonia c-album, Pararge aegeria, Apatura ilia, Melitaea didyma, Pyrgus malvoides e Ochlodes sylvanus, mentre tra le libellule Calopteryx virgo, Calopteryx splendens, Sympecma fusca, Ceriagrion tenellum, Aeshna isoceles e Orthetrum coerulescens. Infine, per quanto riguarda la fauna ittica, notevole è la presenza di trota fario, sanguinerola, panzarolo, spinarello e scazzone, ma, soprattutto, del gambero di fiume, ancora presente nel 2019. Le Case Piavone, situate all'interno del parco naturale del fiume Storga alla periferia nord di Treviso, sono state adibite a sede del Museo etnografico provinciale e del Gruppo Folcloristico Trevigiano per volere della Provincia di Treviso. Lo scopo di questa struttura è quella di mantenere vivo l'interesse per quei mestieri antichi e per quelle tradizioni agricole che oggi sono diventate sempre più rare o addirittura scomparse. Il centro dispone anche di una vasta area scoperta di oltre 2.000 m² di cui un terzo attrezzato per la riabilitazione dei pennuti ricoverati, con voliere e tunnel di volo. Museo etnografico Casa Piavone. URL consultato il 31 marzo 2018 (archiviato dall'url originale il 5 aprile 2006). (contiene anche immagini del parco). Progetto di conversione. del parco in uno zoo. Case Piavone, su trevisoinfo.it. Progetti Speciali provincia TV, su provincia.treviso.it (archiviato dall'url originale l'11 febbraio 2007). Sito ufficiale del Gruppo Folcloristico Trevigiano, su gruppofolcloristicotrevigiano.com. Informazioni sulla fauna e sul birdwatching nel Parco, su ebnitalia.it. Il Parco della Storga per Tutti, ma con Rispetto e Metodo (PDF), su Provincia di Treviso, 31 luglio 2009. URL consultato il 5 novembre 2022 (archiviato dall'url originale il 5 novembre 2022). Parco delle Risorgive dello Storga. URL consultato il 2 luglio 2023 (archiviato dall'url originale il 13 aprile 2013) sul sito dell'ARPA Veneto Il parco dello Storga. URL consultato il 31 marzo 2018 (archiviato dall'url originale il 2 luglio 2012). sul sito della Provincia di Treviso

Estratto dall'articolo di Wikipedia Parco dello Storga (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

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Sentiero La Madonnetta - Sant'Artemio, Treviso

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Luoghi vicini

Pezzan (Carbonera)
Pezzan (Carbonera)

Pezzan è una frazione del comune di Carbonera, in provincia di Treviso. Si trova a circa due chilometri a nord del capoluogo comunale, presso il confine con Lancenigo di Villorba. Il fiume principale è il Melma, che lambisce il centro abitato scorrendo da nord a sud. Più a est, con il medesimo orientamento, si trova il canale di Carbonera, corso d'acqua artificiale per l'approvvigionamento idrico della zona derivato dal canale della Vittoria, a sua volta alimentato dal Piave. Specialmente in ambito ecclesiastico, fu nota in passato come "Pezzan di Melma" (Petianum Melmae) per distinguerla dall'omonima "Pezzan di Campagna", l'odierna Pezzan di Istrana. Viene citata per la prima volta nel 1231 nella bolla Religiosam Vitam di papa Gregorio IX come cappella dipendente dall'abbazia di Sant'Eustachio di Nervesa. Inizialmente era dedicata al solo san Giacomo, ma dal 1344 risulta titolare anche san Filippo. Più volte rimaneggiata, nel 1875 fu gravemente danneggiata dal crollo del campanile. Venne quindi decisa la ricostruzione dell'intero complesso, avvenuta nel 1892 su progetto dell'ingegner Pietro Saccardo. Riaperta al culto già nel novembre dello stesso anno, i lavori si protrassero però nei decenni successivi. Tra il 1922 e il 1925, in particolare, fu ampliato il lato sud-est spostandovi la facciata, che da allora si rivolge alla strada; il coro, ricostruito sul lato opposto, fu concluso con le decorazioni di Antonio Beni. Nuovi lavori si svolsero tra il 1957 e il 1960, con la costruzione della nuova facciata, la realizzazione del battistero e l'inaugurazione dell'organo. A navata unica, con l'abside orientato a nord-ovest, presenta una facciata a capanna con quattro paraste di ordine corinzio. Al centro si trova il portale ligneo, sormontato dal frontone triangolare e dal rosone.

Stadio Omobono Tenni
Stadio Omobono Tenni

Lo stadio Omobono Tenni è uno stadio calcistico della città italiana di Treviso, che ospita gli incontri interni del Treviso, principale club cittadino. Lo stadio fu inaugurato l'8 ottobre 1933 con la denominazione Stadio del Littorio: le prime due gare disputate furono due amichevoli che opposero il Treviso all'Udinese (il giorno stesso) e alla Nazionale italiana (il 19 ottobre). Tra gli anni quaranta e gli anni cinquanta lo stadio poteva contenere circa 12 000 spettatori. Il 17 aprile 1960 l'impianto ospitò un incontro della nazionale di rugby a 15 dell'Italia, contro la Francia e terminato con la sconfitta degli Azzurri con il punteggio di 0 a 26. Il match fu il primo disputato dalla nazionale di rugby a Treviso, e rimane l'unico al Tenni in quanto, dall'incontro successivo del 1975, l'Italia in città gioca allo Stadio di Monigo. Rimasto privo di denominazione ufficiale a seguito della caduta del fascismo, il 5 ottobre 1963 l'impianto venne dedicato al motociclista lombardo (trevigiano d'adozione) Omobono Tenni. Nel 1997 l'impianto fu oggetto di un intervento di ristrutturazione, che stabilizzò capienza a 9.435 posti. Per consentire la messa in opera dei lavori, il Treviso (che a quel tempo disputava il campionato di Serie B) trasferì momentaneamente il proprio terreno interno allo stadio del rugby di Monigo. Concluso l'intervento, nel febbraio 1998 il Tenni fu re-inaugurato in occasione della gara di campionato contro il Perugia, vinta dai trevigiani 2-1. Ulteriori lavori di adeguamento e messa a norma temporanei delle infrastrutture, attuati nel 2005 in previsione dell'esordio del Treviso in Serie A, consentirono di elevare la capienza a 10 001 posti grazie alla costruzione di una tribuna provvisoria in tubolari d'acciaio, poi rimossa. Nonostante i lavori di cui sopra, l'esordio nella massima serie della compagine trevigiana non poté però svolgersi al Tenni, in quanto l'impianto rimaneva inferiore agli standard minimi della Serie A, che prescrivevano la necessità di disporre di uno stadio con almeno 20 000 posti totali. I bianco-azzurri dovettero pertanto spostarsi allo Stadio Euganeo di Padova, suscitando forti pressioni politiche da parte della Lega Nord (partito maggioritario nel consiglio comunale), che riuscì infine ad ottenere l'approvazione di alcune modifiche al cosiddetto Decreto Pisanu in materia di sicurezza negli stadi prima che esso venisse convertito in legge dal Parlamento. Venne infatti introdotto un emendamento (che alcune voci definirono come studiato ad espresso beneficio del Treviso) grazie al quale il numero minimo di posti per uno stadio di Serie A venne ridotto da 20 000 a 10 000, limitatamente ai seguenti casi: per impianti costruiti in comuni aventi una popolazione inferiore ai 100 mila abitanti (Treviso ne contava circa 84 000); per una competizione riguardante una squadra calcistica avente sede o radicamento territoriale nel medesimo comune, promossa al campionato di Serie A per la prima volta negli ultimi venti anni. In virtù di ciò, a decorrere dall'ottava giornata di campionato, in data 23 ottobre 2005 il Treviso poté ricominciare a disputare le gare interne al Tenni disputandovi una partita contro l'Empoli (persa per 1-2). Nell'estate del 2006 la vetusta tribuna A dello stadio (mai precedentemente ristrutturata) venne abbattuta e sostituita da una nuova struttura capace di circa 700 posti, inaugurata il 16 ottobre per la partita Treviso-Juventus (0-1). In virtù di ciò la capienza si stabilizzò a 9 996 posti, che nel 2010 vennero ulteriormente ridotti a 7 500. Dall'inizio della stagione di Serie B 2008-2009 e fino al 29 novembre 2008 anche il Cittadella ha transitoriamente usufruito dell'impianto per disputarvi le gare interne, al fine di consentire l'opera d'adeguamento del proprio impianto. Nel gennaio 2018 il comune di Treviso si è detto pronto ad accogliere il progetto dell'Eurotennis (club tennistico cittadino) per organizzare al Tenni, nel periodo estivo (in concomitanza con la pausa dei campionati calcistici), tornei di tennis su erba: le misure dello stadio sarebbero infatti idonee per ricavare quattro campi da gioco regolamentari. Contestualmente la gestione dell'impianto è stata comunque confermata in carico al Treviso fino al 2023. Lo stadio è posizionato nelle vicinanze del centro cittadino. Non disponendo di una pista di atletica leggera o altre strutture analoghe, le tribune sono posizionate a poca distanza dal terreno di gioco e offrono una buona visibilità al pubblico. L'ubicazione in una zona altamente urbanizzata, caratterizzata da alti condomini e strade strette, presenta bensì limiti e problematiche, in quanto impedisce un significativo ampliamento dell'infrastruttura e rende difficoltosi i movimenti delle Forze dell'Ordine, specie in occasione di scontri o partite a rischio. Tali inconvenienti, sul finire del XX secolo, hanno fatto sorgere istanze volte a sollecitare la costruzione di un nuovo impianto, segnatamente nella cittadina di Mogliano Veneto, ipotizzandone un usufrutto congiunto per Treviso e Venezia (anche se tale ipotesi è di difficile attuazione per via della rivalità intercorrente tra i sostenitori delle squadre in questione). Vari progetti presentati nel corso del tempo (specialmente all'epoca della prima promozione in Serie B del Treviso) sono stati rapidamente scartati dall'amministrazione comunale leghista la quale ritenne che lo stadio esistente fosse adatto ai bisogni del club e della piazza trevigiana e che un eventuale spostamento fosse ingiustificato. A seguito dell'inasprimento delle norme antiviolenza decretate dal ministro Amato a seguito dei disordini avvenuti a Catania il 2 febbraio 2007, l'inadeguatezza dell'impianto è tornata d'attualità, sebbene esso dall'agosto 2007 sia dotato di tornelli per la lettura di biglietti elettronici, telecamere di videosorveglianza e steward durante le partite, ottemperando pertanto alle leggi in vigore. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stadio Omobono Tenni Lo stadio - calciotreviso.com

Villa Giovannina
Villa Giovannina

Villa Giovannina è una villa situata a Villorba in provincia di Treviso. Si trova all'angolo sud-est del trafficato incrocio fra la Pontebbana, via Marconi e via della Libertà, di fronte alla ottocentesca Villa Zoppetti. La villa è stata edificata in stile neorinascimentale; è finemente decorata all'interno, con dipinti e affreschi ricchi di sfarzo e dettagli, in particolare il salone del primo piano. Annessa alla villa è presente una barchessa neogotica, originariamente adibita a scuderie e rimesse, che include una piccola cappella a est, oggi sconsacrata e usata per matrimoni; tra le bifore del lato ovest compare l'incisione "L. Zabeo Arch. eresse." Attorno alla villa v'è un parco all’italiana di 15 000 metri quadrati, che ospita una certa varietà di specie arboree (lecci, ligustro del Giappone, platani), tra le quali dei secolari cedri dell'Himalaya. La villa deve il suo nome a Giovanna Minto (1839-1912), moglie del nobile triestino cavalier Giovanni Uccelli (1842-1913), che la commissionarono all’architetto Luigi Zabeo nel 1881. Nel tempo è stata tenuta da molteplici proprietari che la utilizzarono principalmente come casa di villeggiatura, tra cui gli Olivotti che nel 1928 ne promossero un primo restauro. Dal 2006 l'immobile è stato acquisito al patrimonio del Comune di Villorba, che ha affidato il restauro e successivamente l'ampliamento all'architetto Dario Frosi con Mariapia Bellis, sotto il diretto controllo della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Ambientali del Veneto Orientale. Ospita alcuni uffici comunali. Dal 15 dicembre 2018 il primo piano della barchessa della Villa ospita la Biblioteca Comunale, che raccoglie circa 21 000 volumi, mentre il piano terra è occupato da una sala polifunzionale per mostre ed eventi e da un bistrot. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Giovannina Biblioteca Comunale di Villorba, su tvb.bibliotechetrevigiane.it. URL consultato il 5 aprile 2021. Comune di Villorba, su comune.villorba.tv.it. URL consultato il 5 aprile 2021.

Porta San Tomaso
Porta San Tomaso

Porta San Tomaso è una porta urbica facente parte del sistema difensivo delle mura cinquecentesche di Treviso, ricostruita nel XVI secolo in una posizione nordorientale rispetto al centro cittadino. Una collocazione, dunque, piuttosto periferica, ma certamente strategica, per assecondare la sua funzione di difesa e gestione delle operazioni militari, da inserirsi all'interno di un grande progetto urbanistico del primo Cinquecento che ripensava Treviso come una moderna città-fortezza. La storia della Porta San Tomaso si lega indissolubilmente con le vicende storiche che coinvolsero la città di Treviso, e non solo, agli inizi del XVI secolo. Si tratta difatti di un edificio ricostruito da una precedente struttura medievale in un periodo, il primo Cinquecento, particolarmente critico, poiché, a causa dell'esteso dominio raggiunto dalla Repubblica di Venezia (in cui era compreso anche il suolo trevigiano), venne creata da diverse potenze europee una coalizione anti-veneziana, conosciuta come Lega di Cambrai, per ridimensionarne l'egemonia. La guerra che la lega di Cambrai mosse nei confronti della Serenissima la costrinse, tra il 1509 e il 1518, a "mutar faccia", ossia a provvedere ad un piano di ricostruzione per consolidare le sue difese dello "Stato da Tera", soprattutto nella città di Padova e Treviso, sul confine dei possedimenti già diminuiti in estensione dall'avanzamento nemico. A Treviso, in cui il progetto di riorganizzazione degli apparati difensivi venne affidato all'esperto di fortificazioni militari fra' Giovanni Giocondo e al Comandante Generale Bartolomeo d'Alviano, si procedette alla demolizione di mura e borghi medioevali, per la realizzazione di un sistema bastionato più regolare del precedente, dal perimetro trapezoidale, circondato da un fossato e affacciato su una strategica spianata ottenuta mediante il "guasto". Una particolare attenzione venne destinata alla porte urbane, che si preferì ridurre di numero (dalle dodici delle mura primitive alle tre rinascimentali) per limitare il più possibile gli accessi alla città, edificando ex-novo le porte di Santi Quaranta e di San Tomaso (pur preservando il nome dei relativi borghi) e mantenendo nel suo assetto originale solo Porta Altinia. La collocazione delle porte lungo le mura perimetrali era pensata, oltre che per meglio definire gli assi urbani di riferimento nella gestione dei flussi logistici interni, per proteggere maggiormente la città nei punti più deboli, dai quali avrebbero potuto provenire le principali minacce, ossia rispettivamente l'entroterra padano (a ovest, verso Vicenza) e le Prealpi venete (a nord, verso Belluno). Queste ultime in particolare costituivano un potenziale pericolo poiché connesse, mediante la strada Alemanna che giungeva proprio a Porta San Tomaso, con il Sacro Romano Impero, schierato contro la Serenissima. La porta venne costruita nel 1518, in soli dieci mesi, a cura del podestà Paolo Nani, a cui si deve l'originale appellativo auto-encomiastico di porta Nana. Si decise di collocarla in una posizione più settentrionale rispetto a quella precedente (ma pur sempre lungo il perimetro murario), affacciandosi a nord verso l'omonima via Nana, comunemente chiamata viale Vittorio Veneto (che si incrocia perpendicolarmente, dinanzi alla porta, con la strada statale 13 Pontebbana). Assunse successivamente altre denominazioni, ad esempio divenne Porta Napoleona e, tra la seconda metà del XIX secolo e la prima metà del secolo successivo, Porta Mazzini. Il nome originale le venne riattribuito dal Senato Veneto per opera di Francesco Mocenigo, l'allora podestà e capitano di Treviso, per commemorare l'antica porta trecentesca che lì sorgeva a celebrazione dell'arcivescovo di Canterbury Thomas Becket. In seguito alla costruzione della porta, in una clima più rilassato e propenso all'ornamento, sollevato dalle preoccupazioni della guerra, vi sono state svariate attività di manutenzione, promosse in primis dall'intransigente Repubblica di Venezia, piuttosto severa in merito al mantenimento dell'integrità delle strutture difensive, tanto che i vari podestà le inviavano annualmente una relazione sullo stato delle cose. Si ricorda ad esempio il restauro del 1703 dovuto ad un pericolo di crollo, testimoniato da un'iscrizione nel fregio dell'architrave della facciata esterna, in cui si legge distintamente RESTAU ANNO DOMINI MDCCIII. Un timore, questo, espresso anche dalle parole del podestà-capitano Federico Renier nella sua relazione del 1702 al doge. Un altro intervento principale riportato dall'Archivio comunale di Treviso è quello risalente al 1827, indetto dalla Depurazione all'Ornato pubblico e volto alla sistemazione della copertura, la cui struttura lignea a sostegno delle lastre di piombo venne poi rifatta all'inizio del XX secolo. Una forte criticità della porta era inoltre dovuta ad alcuni problemi strutturali causati dal fatto che le sue fondazioni fossero immerse nelle acque del fiume Botteniga, oltre alla sua esposizione al traffico automobilistico (e non solo: fra il 1910 e il 1938 la porta fu attraversata del binario della linea 1 della rete tranviaria di Treviso), che provocava dannose vibrazioni. A seguire la ripulitura degli intonaci del vano di passaggio e delle facciate del 1931 compiuta dal restauratore Mario Botter, grazie alla quale riemersero gli originali valori cromatici oscurati dai gas di scarico e rovinati da alghe e licheni. O ancora, gli ultimi restauri del 2007, a cura del comune di Treviso, e del 2012, finanziato da Vento Banca. Per alcune affinità stilistiche e tecnologiche con Porta Portello a Padova, si attribuisce l'idea progettuale al suo stesso autore, ossia Guglielmo d'Alzano detto Bergamasco. Tuttavia non vi è alcuna certezza sull'identità del progettista, in quanto i documenti pervenutoci non svelano in modo chiaro il nome dell'autore. Porta San Tomaso presenta inoltre simili sistemi di fenditure con Porta Santa Croce, sempre in territorio padovano, oltre che richiamare nella copertura quella della Basilica di San Marco a Venezia. Non si esclude difatti l'intervento di marmorari provenienti proprio dal suolo veneziano, come ad esempio Pietro Lombardo. La porta, certamente la più ornata delle tre trevigiane, soddisfa il suo carattere rinascimentale richiamando lo schema degli archi trionfali romani. Essa, interamente rivestita da elementi decorativi in pietra d'Istria, presenta una pianta quadrata che origina un vano centrale a tre navate, con quattro pilastri principali ad alto basamento e due minori, che sostengono le volte a crociera. La facciata esterna rivolta verso nord è dunque scandita da queste sei colonne di ordine corinzio poggianti su una voluminosa base e terminanti con un'ampia trabeazione sopra cui uno sporgente cornicione presenta caratteri ornamentali. Al centro del corpo principale spicca il leone di san Marco, sotto al quale è riportato l'anno di realizzazione, il 1518, mediante la scritta latina MDXVIII. Tale simbolo della città di Venezia è stato aggiunto sulla facciata esterna della porta solo nel 1856, durante un suo restauro. Ai lati dell'ingresso principale si trovano due aperture per il passaggio dei pedoni, insieme ad un terzo portoncino situato nella facciata interna che permette l'accesso, attraverso una ripida scalinata in pietra, all'ampio sottotetto. A completamento dell'edificio vi è una copertura dalla complessa genesi strutturale, realizzata con grosse travature lignee a sostegno del rivestimento a quattro falde in lastre di piombo, disposte a schiena d'asino, sopra le quali è posta la grande statua in pietra d'Istria di San Paolo, celebrativa del committente. Numerose sono inoltre le iscrizioni, come ad esempio quelle nei due prospetti riportanti il nome della porta, da un lato (quello interno alla città) in latino, e dall'altro (quello affacciato sul lato esterno delle mura), come a "far notare il loro concetto di diversità culturale tra la gente fuori città, di campagna, e la gente di città". Infine, si possono notare in entrambe le facciate gli stemmi appartenenti alle entità più significative. Nella facciata settentrionali essi sono posti tra una colonna e l'altra per un totale di quattro, corrispondenti rispettivamente al podestà Paolo Nani, alla città di Treviso, al doge Leonardo Loredan e di nuovo a Nani, posizionati sopra quelli di dimensioni inferiori del doge Alvise II Mocenigo e del podestà Antonio Manin, nella fascia sottostante. Nell'altra facciata di nuovo compaiono gli stessi stemmi, ai quali si aggiunge al centro quello dedicato a Giovanni Grimani. Sulla parete occidentale del varco di ingresso è realizzato un altorilievo raffigurante la Vergine con il bambino in trono, affiancata da San Liberale, Santa Maria Maddalena e una bambina a destra dell'osservatore, e Beato Enrico, San Giorgio e "un vecchio gentiluomo inginocchiato" a sinistra, con l'intero gruppo poggiante su tre mensole. Vi sarebbe inoltre un'altra ipotesi circa il riconoscimento dei personaggi, che confermerebbe la committenza della porta da parte di Paolo Nani, riscontrata nella presenza nell'altorilievo della figura stessa del podestà e del figlio Agostino, in adorazione ai piedi della Vergine. A conferma di questa tesi si pone il disco con barra diagonale alla base della mensola centrale, simbolo del podestà più volte riportato in punti differenti della porta. Ferdy Hermes Barbon, Le mura, le porte di Treviso e Fra' Giocondo, in Atti e Memorie dell'Ateneo di Treviso, vol. 31, n. 22, Treviso, Ateneo di Treviso, ottobre 2015, ISBN 978-88-98374-04-5 Achille Costi, Porta Santi Quaranta e Porta San Tomaso: storia, valore e futuro, in Le mura di Treviso. Da Fra' Giocondo ad oggi, un viaggio lungo 500 anni, Simone Piaser, Umberto Zandigiacomi (a cura di), collana Urbis, Treviso, Chartesia, 2017, ISBN 978-88-99786-08-3 Marley D'Amore, Porta San Tomaso a Treviso: ruolo e funzione all'interno del sistema fortificato cinquecentesco, in Fragmenta, vol. 3, Treviso, Antiga Edizioni, dicembre 2023, ISBN 978-88-8435-432-7 Stefano Zaggia, La costruzione delle porte urbiche delle città venete durante il dogato Loredan: tra logica militare, magnificenza e memoria, in Come la Marea. Successi e sconfitte durante il dogado di Leonardo Loredan (1501-1521), Donatella Calabi, Giuseppe Gullino, Gherardo Ortalli (a cura di), Venezia, Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, febbraio 2023, ISBN 978-88-92990-16-6 Guerra della Lega di Cambrai Porta Altinia Porta cittadina Porta Santi Quaranta Treviso Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Porta San Tommaso Porta San Tomaso, su comune.treviso.it, Comune di Treviso. URL consultato il 29 maggio 2012. Porta San Tomaso-Treviso, su trevisoinfo.it.