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Porta Garibaldi (Catania)

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Il Fortino Porta Garibaldi Catania
Il Fortino Porta Garibaldi Catania

La porta Ferdinandea, dopo il 1860 intitolata porta Garibaldi, è un arco trionfale costruito nel 1768 a Catania su progetto di Stefano Ittar e Francesco Battaglia per commemorare il centenario della storica eruzione del 1669 che aveva seppellito la zona ovest della città. In quel periodo Ferdinando di Borbone e Maria Carolina convolarono a nozze e si decise di chiamare l'arco Porta Ferdinandea in onore dei due sovrani. Si trova tra piazza Palestro e piazza Crocifisso, alla fine di via Giuseppe Garibaldi, nel quartiere Fortino, in dialetto catanese Furtinu. Il monumento è realizzato alternando pietra bianca di Siracusa e blocchi di lava scura locale. In alto al centro dell'arco si trova ora un orologio, circondato da simboli allegorici, tra cui un'aquila e un elefante, simbolo di Catania. In origine, al posto di un orologio, c'era un busto marmoreo del re Borbone. Al secondo livello si trovano due angeli con trombe, al terzo due Trofei d'armi, con raffigurazioni scultoree di armi e armature e sono scritte due frasi: una dice Litteris armatur (armato con le lettere) e l'altra Armis decoratur (decorato con le armi). Sul lato Est lo scudo del timpano raffigura una Fenice che risorge dalle fiamme con un cartiglio che recita Melior de cinere surgo (Migliore dalle ceneri risorgo). La zona è chiamata 'u Furtinu in ricordo di un fortino costruito dal viceré Claudio Lamoraldo, principe di Ligne, dopo l'eruzione lavica del 1669 che colpì la città su tutto il lato occidentale, annullandone le difese medievali. Dell'opera di fortificazione avanzata che sorgeva a sud di piazza Palestro, ormai scomparsa, rimane solo una porta in via Sacchero. Alcuni palazzi collegati alla porta furono demoliti negli anni trenta, altri oggi sono abbastanza poveri e tutt'altro che simmetrici. La riqualificazione della piazza ha dato sicuramente un altro aspetto alla porta, ma è comunque tutt'altro rispetto ai progetti originari. Vittorio Consoli (a cura di), Enciclopedia di Catania, Catania, Tringale editore, 1987. Stefano Ittar Francesco Battaglia Ferdinando I delle Due Sicilie Maria Carolina d'Asburgo-Lorena Fortino (Catania) Eruzione dell'Etna del 1669 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Porta Garibaldi

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Porta Garibaldi (Catania)
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Il Fortino Porta Garibaldi Catania
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Luoghi vicini

Fortino (Catania)

Il Fortino (Futtinu in dialetto catanese) è un quartiere della zona sudoccidentale della città di Catania, facente parte della I Circoscrizione (già I Municipalità, quella del Centro Storico), comprendente anche i quartieri Angeli Custodi, Antico Corso, Civita, Giudecca, San Berillo e San Cristoforo. Il nome ricorda un fortino fatto costruire dall'allora viceré di Sicilia, Claude Lamoral I di Ligne, quasi subito dopo la colata lavica del 1669, in una zona che già all'epoca era oltre le mura cinquecentesche di Carlo V, ed è chiamata oggi "Fortino Vecchio", dato che prende il nome dal monumento: di questa fortificazione rimane solo una porta in "via Sacchero", con una decorazione raffigurante Napoleone Bonaparte a cavallo. Il nome venne attribuito poi ad una porta celebrativa molto più grande, ovvero la "Porta Ferdinandea", fra "piazza Crocifisso Maiorana" ad est e "piazza Palestro" ad ovest, denominata in seguito "Porta Garibaldi" e detta comunemente in dialetto "Potta do Futtìnu". Il Fortino confina a nord-ovest con il quartiere Curìa, a nord con Chiusa del Tindaro, ad est con San Cosimo alle Chianche, a sud-est con Fortino Vecchio, a sud-ovest con Monte Pidocchio e ad ovest con Gioeni; alcuni di questi quartieri sono comunemente considerati dai Catanesi come facenti parte del Fortino, essendo zone attigue e per questo attribuibili ad esso. Il quartiere comprende gli ultimi tratti di due fra le vie principali del centro storico di Catania, quasi paralleli ma che proprio qui divergono più che altrove: via Vittorio Emanuele II, che finisce più a nord e ad ovest, e via Giuseppe Garibaldi, che finisce più a sud e ad est. In particolare via Giuseppe Garibaldi finisce in "piazza Crocifisso Maiorana", la quale ha più ad ovest la Porta Garibaldi, che, a sua volta, ha più ad occidente "piazza Palestro", la più grande del quartiere essendo lunga 100 metri e larga 50, da cui parte ancora più ad ovest "via Palermo", ideale continuo di via Giuseppe Garibaldi, e che, in quanto tale, dopo il Fortino attraversa i quartieri di San Leone, dove ad un certo punto si dirige verso nord, e quindi Nesima; essa, dopo aver varcato il confine comunale, diventa la Strada statale 121, detta "la Catanese", proseguendo fino a Palermo. Invece, Via Vittorio Emanuele II, finisce in "piazza del Risorgimento", la quale è divisa fra i quartieri Curìa e Gioeni. Nonostante la vicinanza i quartieri di Curìa, Nesima, San Leone, Gioeni e Zammataro sono della V Circoscrizione, formata nel 2013 dalle ex VII e VIII Municipalità, mentre il Fortino e Monte Pidocchio fanno parte invece della I Circoscrizione, già I Municipalità. La chiesa principale, del Sacro Cuore di Gesù al Fortino, si affaccia a nord-ovest di piazza Palestro ed è stata costruita nell'Ottocento sul luogo di una precedente chiesa dedicata alle Anime del Purgatorio, che oggi costituisce la cripta della chiesa stessa. L'altra chiesa del quartiere è quella del Santissimo Crocifisso Maiorana ad est, nella piazza omonima più piccola, da dove si affaccia a nord, ed è stata costruita nel Settecento. Il monumento civile principale è la "Porta Ferdinandea", una porta celebrativa chiamata così dal futuro Ferdinando I delle Due Sicilie, in onore del cui matrimonio venne eretta nel 1768, e dopo il 1860 denominata "Porta Garibaldi", dall'omonima via alla cui fine è posta: essa è comunemente conosciuta anche come "Porta del Fortino" e separa piazza Crocifisso Maiorana ad est dalla più grande (100 x 50 metri) piazza Palestro ad ovest. Chiesa del Sacro Cuore di Gesù al Fortino, piazza Palestro Chiesa del Santissimo Crocifisso Maiorana, piazza Crocifisso Maiorana Porta Garibaldi (Catania) Claude Lamoral I di Ligne

Giudecca di Catania

La Giudecca di Catania (Judeka in dialetto giudaico-catanese) è stato l'antico quartiere ebraico sorto a ridosso delle mura nell'allora periferia a ovest e a sud della città. La definizione di ghetto è impropria, in quanto la comunità ebraica catanese non era chiusa e isolata in un quartiere, ma più propriamente spalmata in diverse parti della parte occidentale e meridionale della città. La presenza di una giudecca a Catania la si può ipotizzare già a partire dal III-IV secolo, quando cioè appaiono le prime lapidi funebri relative a defunti Ebrei. Una delle più importanti, rinvenuta durante i lavori per la messa in posa di cavi telefonici nel mese di maggio 1929 nella zona est del vecchio abitato presso la chiesa di Santa Teresa, risalirebbe – sulla base dei caratteri latini usati – alla fine del IV secolo. Non esistono fonti relative al periodo seguente, mentre, in un periodo non meglio precisato, la comunità ebraica di Catania si insedia nell'area corrispondente alla pianura detta di Cipriana, dove è presente nel 1235, situato entro le mura di nord-ovest, mentre nel corso del XIV secolo si distribuisce senza soluzione di continuità nella zona a sud, in uno spazio urbano compreso tra la Piana e il Porto, giungendo alle porte della Platea Magna, oggi nell'area di piazza Duomo. La giudecca si dota di due sinagoghe, un ospedale, un macello e persino un cimitero poco fuori le mura, certamente accessibile da una Porta della Judeca, forse situata alla Cipriana. La comunità ebraica di Catania era prevalentemente in affari con il mercato del pesce e come era d'abitudine si affacciava su di un fiume, nel caso catanese sull'Amenano che prese da essi a chiamarsi Judicello propriamente per la presenza della giudecca, adoperato per i bagni rituali delle donne. La presenza ebraica è attestata anche presso le maestranze che lavorarono nella realizzazione del Castello Ursino (1239-1250), come pure dimostrano taluni riferimenti alle simbologie giudaiche impresse dagli operai a decorazione del fortilizio svevo. La giudecca venne quindi spopolata a partire dal 18 giugno 1492 a causa del Decreto dell'Alhambra voluto da Ferdinando di Aragona e Isabella di Castiglia che espelleva gli ebrei non convertiti dalla Spagna. L'area, anticamente occupata da una numerosa comunità ebraica, cadde nel totale abbandono e nel degrado, presentandosi nel 1554 in pessime condizioni, quando il Senato civico cedette il territorio della Cipriana ai cassinesi, provenienti dal cenobio nicolosita sull'Etna, insieme a quello « del Parco ». I due quartieri noti si trovavano prevalentemente nella zona a nordovest e a sud della città. Una sorta di linea di demarcazione tra due giudecche distingueva la parte collinare, in posizione più elevata, da quella situata nella parte pianeggiante della città. Il primo quartiere era detto Judeca Soprana (יודקה סופרנה, Iudeka Suprana, Giudecca superiore), o in siciliano Judeca di Susu, e corrispondeva al Piano della Cipriana, quartiere che dopo l'esilio degli Ebrei dalla Sicilia venne acquisito dai Padri Benedettini Cassinesi che nel 1558 iniziarono, alla presenza del viceré di Sicilia Juan de la Cerda, duca di Medinaceli, il primo impianto di quello che sarebbe poi stato il Monastero di San Nicolò l'Arena, il maggiore del Regno. Il quartiere si estendeva tra le attuali via della Cipriana (che è una piccola traversa di via Quartarone, la via che collega piazza Dante Alighieri a via Vittorio Emanuele II), via Maura (che in ebraico significa Moro), piazza Dante Alighieri e il monastero benedettino. In via Sant'Anna era la mezkita di questo quartiere, termine ebraico-medioevale che indicava la sinagoga. Il secondo era invece la Judeca Suttana (יודקה סוטנה, Iudeka Sutana o Giudecca inferiore) detta anche Judeca di Jusu, dov'è oggi la Pescheria: qui infatti dovette pure esserci un grande mercato del pesce. La zona era piuttosto paludosa e talora malsana a causa della presenza del fiume Amenano che qui scorreva a vista e prendeva il nome di Judicello, propriamente a causa della Giudecca. Interessante notare come nella cartografia della Sicilia di XVI e XVII secolo il fiume fosse sempre segnalato con tale nome e mai come Amenano. Era compreso tra le attuali chiesa di Sant'Agata alle Sciare, la Pescheria (più precisamente presso il Pozzo di Gammazita) e via Marano. La sinagoga di questo quartiere era ubicata dov'è oggi la via Recupero, presso la chiesa dei Santi Cosma e Damiano. La dislocazione della comunità ebraica si può desumere anche dalla toponomastica: via Marano viene propriamente da marrano ("porco" in spagnolo), cioè il termine dispregiativo riferito agli Ebrei convertiti al Cristianesimo, accusati di continuare a professare il loro culto di nascosto, mentre via Gisira viene dal termine islamico jizia, cioè la tassa che veniva versata per la libertà di culto. Indirettamente invece via Santa Maria della Catena indica la presenza della giudecca: infatti in Sicilia tutti i toponimi che indicano catena e le chiese titolate Santa Maria della Catena sono rispettivamente contrade abitate in quel tempo da giudei e sedi di antiche sinagoghe. Nicolò Bucaria, Sicilia Judaica - guida alle antichità giudaiche della Sicilia, Flaccovio editore, Palermo 1996. Comunità ebraica di Catania Ebraismo Ebraismo in Sicilia Giudecca (quartiere ebraico) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giudecca di Catania Wikivoyage contiene informazioni turistiche su Giudecca di Catania "Visitando l'Italia ebraica - Sicilia" su E-brei.net Domenico Ventura, «Medici Ebrei a Catania», in M. Alberghina, Medici e medicina a Catania dal Quattrocento ai primi del Novecento, Catania, Giuseppe Maimone Editore, 2001. Catania Judaica di Matilde Russo, 19 agosto 2011, su cataniagiovani.wordpress.com

Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico G. Rodolico - San Marco

L'Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico G. Rodolico - San Marco" è un'azienda sanitaria pubblica con sede a Catania che raggruppa i presidi ospedalieri "San Marco” e "Gaspare Rodolico”. L'Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico « Gaspare Rodolico - San Marco » di Catania viene istituita nel 2009, risultato dell'accorpamento di cinque Enti nati nel corso di otto secoli di attività. Le origini del nosocomio coincidono con quelle dell'Ospedale San Marco, istituito nel XIV secolo per decisione del Senato catanese. Verso la fine del XIX secolo, l'Ospedale San Marco venne trasferito in un nuovo complesso edilizio realizzato in stile architettonico eclettico-liberty, costruito su un ampio terreno appartenuto ai monaci benedettini, situato proprio nei pressi del Monastero di San Nicolò l'Arena. L'Ospedale civico Vittorio Emanuele - così intitolato a nome di Vittorio Emanuele II di Savoia, primo Re d'Italia - fu inaugurato nel 1881, e dotato di molti reparti, di istituti chimici, di padiglioni di isolamento, di attrezzature idonee ad una grande e moderna struttura. Nel 1956 fu inaugurato un nuovo padiglione che ospitava il reparto di maternità. Dopo l'istituzione del Servizio sanitario nazionale attraverso la legge 23 dicembre 1978, n. 833, con cui i servizi sanitari divenivano totalmente a carico statale, e la creazione delle unità sanitarie locali (USL), l'OVE venne inserito nella USL n. 35 Catania assieme ai presidi ospedalieri Ferrarotto Alessi, Santa Marta e Santo Bambino. Nel 1995 i quattro presidi ospedalieri facente parte dell'USL n. 35 Catania, vennero accorpati in un'unica entità amministrativa denominata Azienda Ospedaliera Vittorio Emanuele-Ferrarotto-Santo Bambino, come stabilito dalla legge regionale n. 34 dell'11 aprile 1995. Nel 2009 un protocollo d'intesa stipulato tra la Regione Sicilia e l'Università degli Studi di Catania, e la successiva approvazione del decreto assessoriale n. 1759 del 31 agosto 2009, portarono alla costituzione dell'Azienda Ospedaliero - Universitaria "Policlinico - Vittorio Emanuele'', che oltre ai presidi ospedalieri dell'Azienda Ospedaliera Vittorio Emanuele-Ferrarotto-Santo Bambino, comprende anche il policlinico universitario Azienda Ospedaliero-Universitaria "Policlinico G. Rodolico". Istituito come sanatorio per l'assistenza dei malati poveri di tubercolosi polmonare nel 1905 per iniziativa del comm. Antonino Ferrarotto Alessi, presidente dell'Ospedale Vittorio Emanuele, che donò 80.000 lire per la sua realizzazione. Entrato in funzione nel 1911, primo direttore fu il professor Maurizio Ascoli, dimessosi nel 1913. Nel 1974 venne realizzato un nuovo padiglione che ospitò un reparto specializzato per le grandi ustioni, il primo in tutta l'Italia meridionale. Successivamente, il presidio venne potenziato con l'inaugurazione delle unità operative di anestesiologia e di cardiochirurgia, e dell'Istituto di Chirurgia Cardiaca dell'Università di Catania. Nel 2013 all'Ospedale Ferrarotto è stata effettuata un'operazione chirurgica di impianto di valvola cardiaca transcatetere, la prima in assoluto in un ospedale italiano. L'Ospedale dei Santi Marta, Maddalena e Lazzaro fu fondato nel 1755 per opera dei sacerdoti don Pietro Finocchiaro e don Domenico Rosso dei baroni di San Giorgio, e sorse nell'abitazione del primo come lazzaretto per la cura dei malati incurabili. L'istituzione si reggeva inizialmente con mezzi privati e dai proventi della questua. Nel 1759 su commissione del Rosso, fu fatta costruire a sue spese la nuova sede su progetto dell'architetto Antonio Battaglia, accanto alla Chiesa di Santa Marta, situata al Monte Vergine. Nel 1825 la reggenza dell'ospedale fu affidata a frà Cesare Borgia (1776-1837), commendatore dell'Ordine del Santo Sepolcro, fuggito da Malta a seguito dell'occupazione napoleonica dell'isola. Il Borgia fece ricostruire l'edificio dell'ospedale danneggiato dal terremoto del 1818, e vi costruì inoltre una sala anatomica per l'insegnamento libero di Euplio Reina. Essendo questi direttore dell'Accademia Gioenia, da allora iniziarono le collaborazioni con quest'ultimo ente, e dal 1840 all'interno dell'ospedale si svolgevano lezioni di clinica chirurgica dell'Università di Catania. Con Regio Decreto n. 1705 emanato il 30 novembre 1931, viene stabilita la fusione tra l'Ospedale di Santa Marta e l'Ospedale Villermosa, dando così origine ad un unico ente ospedaliero denominato Ospedali riuniti di Santa Marta e Villermosa. L'Ospedale Villermosa, fu fondato nel 1858, per volontà testamentaria rilasciata da Emilio Tedeschi, barone di Villermosa, a cui destinava una rendita annua di onze 600 elevabili a 800. Nel dopoguerra, il nosocomio subì degli interventi edilizi che ne modificarono la facciata principale, e fu gradualmente trasformato in clinica per la cura di malattie oftalmiche. Fu istituito come opera pia nel 1776, per opera del religioso Francesco Giuffrida Nicotra, canonico della Collegiata, sotto il nome di Reclusorio del Santo Bambino, che sorgeva in via dello Stazzone, per ospitare donne nubili in stato di gravidanza, catanesi e forestiere, permettendo loro di partorire segretamente, e per assistere e nutrire gli esposti. L'opera era finalizzata soprattutto alla prevenzione dell'aborto e dell'infanticidio. Fu uno dei primi ospedali per bambini illegittimi sorti in Europa, ed eretto in ente morale il 3 agosto 1782, venne trasferito in uno stabilimento fatto edificare dal sacerdote Vincenzo Scammacca Paternò Castello dei baroni della Bruca, attiguo ad una chiesa, nel quartiere catanese dell'Antico Corso, nell'odierna via Plebiscito, e grazie anche all'apporto dei canonici Giuseppe Florio e Pietro Paolo Mazza. Il reclusorio subì un ulteriore ingrandimento nel XIX secolo grazie alle successive donazioni fatte dalla nobildonna Eleonora Statella, ma soprattutto da Giovanni Paternò Castello Asmundo, barone di Bicocca, che con testamento fatto il 12 giugno 1835, lasciò l'intera eredità all'istituto. Con l'eredità del Barone di Bicocca, al Santo Bambino venne incorporato la Pia Opera delle Ree pentire, un'istituzione assistenziale per quelle donne che, dopo il parto, intendevano rimanervi a servizio. Il Reclusorio venne aggregato all’Ospedale Vittorio Emanuele II nel 1890, conservando un'amministrazione separata. Divenuto Ospedale di Maternità Santo Bambino, nel 1957, a seguito di lavori di ampliamento e di costruzione di nuovi padiglioni, fu inaugurata la nuova clinica ostetrica, e con essa un centro per la lotta contro la sterilità, e da allora fu ente ospedaliero autonomo. Nel 1970, la struttura viene ulteriormente ampliata con l'inaugurazione di un nuovo padiglione (destinato alle madri nubili e vedove bisognose), e successivamente dichiarato ente ospedaliero provinciale specializzato di ostetricia e ginecologia con decreto della Regione Sicilia nel 1971. Policlinico universitario, è sorto a seguito del progetto della Città Universitaria di Catania, la cui ubicazione sulla collina di Santa Sofia venne scelta da Luigi Piccinato, consulente del Comune di Catania e collaboratore dell'Università degli Studi di Catania, i lavori per la sua edificazione ebbero avvio nel 1961, e il complesso in cui ha sede prese forma negli anni Settanta. Nato con il nome Centro Universitario Santa Sofia, e successivamente Azienda Policlinico dell'Università di Catania, dal 1978 ha fatto parte dell'USL n. 34 Catania. Dal 2006 venne ridenominata Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico « Gaspare Rodolico », poiché intitolata al professore Gaspare Rodolico, rettore dell'ateneo catanese dal 1974 al 1994. Nel 2009 è stato aggregato all'Ospedale Vittorio Emanuele, costituendo un'unica azienda ospedaliera. L'AOU Policlinico - Vittorio Emanuele è una struttura sanitaria pubblica integrata con l'Università degli Studi di Catania per la presenza di numerosi insegnamenti e cliniche universitarie, di scuole di specializzazione per medici e di corsi di laurea delle professioni sanitarie della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'ateneo catanese. Serve un importante bacino d'utenza che comprende la popolazione delle cinque province della Sicilia orientale; maggiore ospedale dell'area per dimensioni, al 2017 era dotato di 820 posti letto, di cui 701 per la degenza ordinaria, 119 per le attività di day hospital e 10 per l'attività di riabilitazione. Al 2012 il numero complessivo di dipendenti in servizio era pari a 2.872 unità. Gran parte delle attività dell'AOU Policlinico - Vittorio Emanuele vengono svolte nei presidi ospedalieri "Vittorio Emanuele" e "Gaspare Rodolico". Il primo, ubicato in pieno centro storico in via Plebiscito 628, è dotato di un pronto soccorso generale e pediatrico, ed è sede dell'attività di emergenza-urgenza dell'azienda infatti in essa insistono i reparti di ortopedia, l'UTIC, la chirurgia toracica e diversi reparti di chirurgia generale. Il secondo, ubicato in via Santa Sofia 78 - sede amministrativa dell'AOU - è deputato alla formazione degli studenti e degli specializzandi, e in esso insistono numerose cliniche universitarie e vi convivono specialità di base con alte specialità quali la neurochirurgia e la chirurgia vascolare e dei trapianti. Gli altri tre presidi sono invece di specializzazione: il '"Ferrarotto Alessi" è sede di numerosi reparti di alta specializzazione, quali la cardiochirurgia, la cardiologia interventistica, l'ematologia con trapianto di midollo osseo e l'odontoiatria speciale per pazienti disabili; il "Santo Bambino" è sede del reparto di ostetricia e ginecologia dell'AOU, con attività di ricovero ordinari e in day hospital, e dotato di un pronto soccorso ginecologico; il "Santa Marta" è sede di ambulatori di clinica oculistica. A. Toscano Deodati, L'ospedale di Maternità e la chiesa del S. Bambino in Catania, Catania, Tipografia La Celere, 1950. M. Alberghina, Ospedalità antica in Sicilia. Un millennio di medicina e assistenza sanitaria, Acireale, Bonanno, 2014, ISBN 889695083X. Sito ufficiale, su policlinicovittorioemanuele.it.

San Cristoforo (Catania)

San Cristoforo (San Cristofuru in dialetto catanese) è un quartiere della zona sudoccidentale della città di Catania, facente parte della I Circoscrizione del Comune (già I Municipalità, quella del Centro Storico), comprendente anche i quartieri Angeli Custodi, Antico Corso, Civita, Cappuccini, Fortino, Giudecca e San Berillo. Il quartiere è delimitato a nord da San Cosimo alle Chianche e dalla Giudecca, a est dal quartiere Terme di Sant'Antonio, a sud-est da Santa Maria de La Salette, a sud e sud-ovest dal quartiere Passarello, ad ovest dai quartieri Fortino e Fortino Vecchio. Alcuni di questi quartieri sono considerati appartenenti a San Cristoforo, poiché sono continuazioni del tessuto urbano fittamente popolato: tra questi ci sono Santa Maria de La Salette e Passarello; a loro volta sono questi quartieri che confinano con altri che non sono tradizionalmente riconducibili a San Cristoforo, anche se popolarmente scambiati o confusi con esso, come Angeli Custodi, Tondicello della Plaia - Faro Biscari (la zona di piazza Caduti del Mare) e il quartiere Acquicella, in cui è presente una stazione ferroviaria e il cimitero monumentale di Catania. L'unica piazza esistente, che però è molto caratteristica, è proprio piazza San Cristoforo: essa si affaccia sul tratto sud-est di via Plebiscito, antica circonvallazione della città vecchia. San Cristoforo nasce in seguito al terremoto del Val di Noto del 1693, come parte dell'espansione della città verso Sud, cioè proprio la zona che era stata sguarnita dalla eruzione dell'Etna del 1669, quindi qualche decennio prima. «Qui, favoriti dai bassi prezzi dei terreni, si reinsediano i sopravvissuti più poveri costruendo le loro modeste case terranee o, tutt'al più, solarate spesso appoggiandosi alla preesistente rete stradale fatta di vie strette, tortuose, irregolari. In qualche caso vengono riproposti sistemi a cortile di tipo rurale, con case terranee che si affacciano su un cortile comune al quale si accede attraverso un arco posto sulla via (…) La "storia fattasi pietra" di questa parte così importante della città, ottiene un riconoscimento adeguato solo con il Piano Regolatore di L. Piccinato del 1964. Qui, dopo l'operazione San Berillo la città rilevata da Ittar nel 1832 viene sottoposta a tutela con la definizione del Centro Storico, lasciando al di fuori alcuni tessuti urbani tardo-settecenteschi come San Cristoforo e i quartieri del piano di Gentile. Anzi proprio San Cristoforo, secondo le indicazioni del piano, avrebbe dovuto essere demolito per ospitare nuovi quartieri di edilizia residenziale. Questo che oggi definiamo un errore, ma che era forse il massimo risultato ottenibile con la cultura degli anni Sessanta, è stato oggi sanato dalle previsioni del nuovo PRG che accoglie nella zona A questi tessuti, insieme a quelli dei sobborghi storici». Il quartiere si presenta come un luogo ricco di stimoli e denso di contraddizioni. Da un lato conserva ancora aree di forte degrado, che si rispecchiano inevitabilmente sul piano sociale; dall'altro offre un colorito affresco dell'animo della Città di Catania: "Arrusti e Mangia" (Street Food), Sangeli, Carne di Cavallo, sono solo alcune delle perle che si possono scoprire tra le strade del quartiere. La prima celebrazione risale al 1951. Si festeggia il 25 luglio presso la parrocchia omonima sita in via Plebiscito, la festa di San Cristoforo. Nel quartiere, fra via Giuseppe Garibaldi alta e piazza San Cristoforo, vi era la caserma ottocentesca della Cavalleria Borbonica, trasformata alla fine del secolo nella Manifattura Tabacchi e dismessa verso l'inizio del nuovo millennio. Chiesa di San Cristoforo alle Sciare, via Plebiscito, 353 http://www.comune.catania.it/la-citta/municipalita/1/societa/ http://www.comune.catania.it/la-citta/municipalita/1/tessuto-urbano/

Piana di Catania
Piana di Catania

La Piana di Catania è la più estesa pianura della Sicilia. Ha una superficie di 430 km², pari a un quinto di tutte le pianure dell'isola ed è una delle più estese dell'Italia meridionale. La piana di Catania si è formata con l'accumulo dei depositi alluvionali dei fiumi Dittaino, Gornalunga, Simeto e dei loro affluenti. È circondata da monti e colline ed è una pianura alluvionale: l'Etna la sovrasta con la sua imponente mole e, in un certo modo, ne è l'artefice rendendola fertile con i prodotti della sua attività vulcanica. La piana infatti si è formata a partire dall'emersione dell'antico vulcano dal golfo primordiale, che esisteva al suo posto, tra l'Appennino Siculo, a nord, con le catene montuose dei Nebrodi e, a sud, la catena costituita dai Monti Erei e dai Monti Iblei. Il territorio della Piana di Catania comprende parte della Provincia di Catania, della Provincia di Siracusa e della Provincia di Enna. La piana di Catania è attraversata per tutta la sua lunghezza dall'autostrada A19 Catania-Palermo e dalla strada statale 192; da questa alcuni km dopo l'uscita dalla città di Catania dirama la strada statale 417 per Caltagirone. Nel tratto prossimo alla costa viene percorsa dalla strada statale 114 dalla quale in prossimità del fiume Simeto si dirama la strada statale 194 per Ragusa. Nella parte catanese della piana si trova l'aeroporto di Fontanarossa e mentre in territorio siracusano sorge quello militare di Sigonella. Poco oltre, in località Gerbini sorgeva fino alla seconda guerra mondiale, un aeroporto militare italiano, con piste in terra battuta. La piana di Catania è interamente attraversata in lunghezza dalla ferrovia Palermo-Catania di RFI che ha origine nella stazione di Bicocca, nella quale si stacca dalla linea costiera per Siracusa che prosegue in direzione sud verso il fiume Simeto. Dalla stazione di Motta Sant'Anastasia, sulla linea per Enna e Palermo si dirama la ferrovia Catania-Motta-Regalbuto, oggi usata solo per merci fino a Paternò e Carcaci, che arrivava fino a Regalbuto costeggiando il lago di Pozzillo, fino alla soglia degli anni ottanta ed era di grande importanza per il trasporto degli agrumi all'estero. L'area della piana è interessata da vari insediamenti industriali, come la zona industriale di Catania, l'area di sviluppo industriale di Caltagirone e l'area industriale di Enna. È inoltre in corso di finanziamento e costruzione l'interporto di Catania Bicocca. È una delle zone agricole più importanti della Sicilia. L'agricoltura prevalente nell'area provinciale catanese della Piana di Catania è quella agrumaria con prevalenza quasi assoluta dell'arancio, ma sono presenti anche gli oliveti. Addentrandosi verso l'interno e soprattutto nella parte ennese è prevalente la coltivazione cerealicola e leguminosa, un tempo con prevalenza di grano duro, arance di polpa rossa. Gli insediamenti urbani sulla piana sono pochi e costituiti essenzialmente da antiche masserie oggi quasi tutte disabitate e qualche villaggio per lo più attorno alle stazioni ferroviarie come Sferro. I centri di qualche rilevanza si trovano tutti ai margini della piana e sono Catenanuova, Francofonte, Militello, Lentini, Motta Sant'Anastasia, Paternò, Palagonia, Ramacca e Scordia. La parte finale della Piana di Catania nei pressi della costa ionica costituisce l'oasi del Simeto. Calatino Pianure italiane Paesi etnei Riserva naturale Oasi del Simeto Zona industriale di Catania Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Piana di Catania

Terme di Sant'Antonio

Le Terme di Sant'Antonio sono un complesso termale romano risalente al I secolo d.C. situato Piazza Sant'Antonio a Catania, di fronte alla casa natale del celebre compositore Giovanni Pacini (1796-1867) e a poca distanza da altri luoghi d'interesse quali la Chiesa di Santa Maria dell'Aiuto e Porta Garibaldi. Sono note anche con il nome di Bagni di Casa Sapuppo, o semplicemente Bagni Sapuppo. Edificate probabilmente nel I secolo d.C. ed in uso fino al III secolo d.C., le Terme di Sant'Antonio furono riscoperte negli anni '70 del XVIII secolo dal Principe di Biscari Ignazio Paternò Castello, che così le descrisse nel suo celebre Viaggio per tutte le antichità di Sicilia: All'incirca negli stessi anni, il pittore francese Jean Houël rappresentò i resti dei bagni in un acquerello ancora oggi conservato al museo dell'Ermitage a San Pietroburgo. A metà Ottocento, in quello che fu un periodo di grande sviluppo per la città di Catania, le terme dovettero essere definitivamente inglobate nelle cosiddette case Sapuppo già citate dal Biscari, e di esse si perse ogni traccia. Bisognerà aspettare il 1997 perché, a seguito di scavi archeologici, alcune delle strutture descritte da Jean Houël e da Sebastiano Ittar siano portate nuovamente alla luce. Le indagini archeologiche hanno condotto anche all'identificazione di alcuni ambienti sconosciuti al Biscari e al rinvenimento di numerose ceramiche tanto romane che medievali. Susanna Amari, Il balneum in piazza Sant’Antonio a Catania: una riscoperta archeologica, in Fabrizio Nicoletti (a cura di), Catania Antica. Nuove prospettive di ricerca, Regione Siciliana, Palermo 2015, pp. 379-398. Edoardo Tortorici (a cura di), Catania antica. La carta archeologica, Roma: 2016, p.188.

Monastero della Santissima Trinità (Catania)
Monastero della Santissima Trinità (Catania)

Il Monastero della Santissima Trinità è un edificio settecentesco situato al centro di Catania. Originariamente sede di un convento di clausura femminile, oggi è suddiviso in due aree principali di cui una ospita la Caserma dei Carabinieri del distretto di Piazza Dante, mentre l'altra il Liceo statale Enrico Boggio Lera. L'area occupata dal plesso conventuale originariamente era una insula della Catania romana. Il primitivo monastero della Santissima Trinità era stato fondato nel 1349 grazie alle donazioni di Cesarea Augusta, una nobildonna catanese, originariamente ubicato sulla Luminaria (grossomodo corrispondente all'attuale via Etnea) più ad est, dove oggi è situato il Palazzo dell'Università. Nel periodo in cui l'istituzione fu retta dai Canonici regolari di Sant'Agostino della «Congregazione di Valverde», era soggetta direttamente alla Santa Sede quale filiazione del monastero di Santa Maria di Valverde di Messina. La terminologia Valverde deriva dal nome della casa madre monastero di Valverde nelle Fiandre, in latino Virdis Vallis. Sottoposti alla giurisdizione della casa madre messinese erano i monasteri dell'Ordine in Sicilia, Calabria e Puglia. Sulla nuova area furono eretti nel 1537 il monastero di Santa Maria della Raccomandata (o di Valverde) e la chiesa di San Nicolò dell'Oliva. La primitiva sede fu chiusa nel 1554 e spostata nelle nuove strutture nel 1566, l'edificio era circondato da mura che impedivano alle religiose di uscirne. A metà del XVII secolo, erano censite 26 religiose ed era l'ottava istituzione più popolata della città. Nel 1669 l'edificio fu circondato, rimanendone tuttavia illeso, dalle colate laviche dell'eruzione dell'Etna, l'8 marzo da sud, il 30 aprile da nord. Nella seconda metà del secolo erano censite 34 religiose, ma in seguito al terremoto del Val di Noto dell'11 gennaio 1693 ne morirono 28 (più dell'80%). La sua collocazione centrale permise tuttavia di essere inserito tra i sei edifici religiosi da ricostruire, altre sette istituzioni monastiche cittadine furono abbandonate. L'area delle strutture fu ampliata notevolmente rispetto al nucleo primario e i lavori furono affidati all'architetto Alonzo Di Benedetto, sostituito nel 1735 da Giovanni Battista Vaccarini, che contribuì notevolmente a dare alla città il caratteristico aspetto barocco, e dieci anni più tardi a Francesco Battaglia che si occupò prevalentemente della chiesa. Negli anni trenta del Settecento il monastero si ripopolò fino ad ospitare 22 religiose, che continuarono ad osservare una rigida clausura, interrotta solo in occasione della festa del Santo Chiodo il 14 settembre. Nel corso della ricostruzione, si procedette a creare degli spazi che furono adibiti ad abitazioni e negozi e quindi affittati a terzi ricavandone proventi. Nel 1861 il livello della via Vittorio Emanuele II (all'epoca «Strada Reale») su cui il convento si affaccia, fu abbassato e le abitazioni si ritrovarono un piano più in alto rispetto alla sede stradale; si procedette quindi ad un'ulteriore ristrutturazione per rendere accessibili tutte le aree dell'edificio. Il 30 luglio 1866, con l'emanazione delle leggi eversive e conseguente confisca dei beni ecclesiastici da parte del Regno d'Italia, il monastero della Santissima Trinità fu chiuso. Inizialmente fu assegnato al Provveditorato agli Studi, che ne fece un convitto femminile. Successivamente, la struttura ospitò la sede dello stesso provveditorato. Nell'ottobre 1923 divenne la sede del liceo scientifico "Principe Umberto". Il 1º ottobre 1967 il liceo fu trasferito nel quartiere Cibali e le classi rimaste nell'ex monastero formarono il Secondo Liceo Scientifico, poi ribattezzato Liceo Scientifico Statale "Enrico Boggio Lera". AA. VV., Boggio Lera. La tradizione di un liceo, Tipolito C. Marino, Catania 2001. S. Barbera, Recuperare Catania, Palermo 1998. S. Boscarino, Sicilia Barocca. Architettura e città, 1610-1760, Roma 1981. S. Boscarino, Vicende urbanistiche di Catania, Catania 1966. P. Castorina, Cenno storico sui Monasteri catanesi, Catania 1884. G. Dato, La città di Catania, forma e struttura, Roma 1983. J. B. De Grossis, Catanense Decachordum..., Catania 1642-47. L. Dufour, 1693. Catania, rinascita di una città, Catania 1992. F. Fichera, G.B. Vaccarini e l'architettura del Settecento in Sicilia., Roma 1934. V. Librando, Francesco Battaglia, architetto del XVIII secolo, Catania 1963. A. Longhitano, Le relazioni ad limina della Diocesi di Catania, Catania 1983-89. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su monastero della Santissima Trinità Maria Teresa di Blasi, Il Filo d'Arianna - Chiesa della SS. Trinità, Catania 1997.