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San Bartolomeo (Brescia)

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Italy provincial location map 2016
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San Bartolomeo è un quartiere di Brescia. Fino al 30 giugno 1880 fu un comune autonomo il cui territorio inglobava parte dell'attuale zona nord-occidentale di Brescia. Il territorio del quartiere è pianeggiante, delimitato a ovest dal corso del fiume Mella, a sud da via Guglielmo Oberdan, a est da via Triumplina e a nord dai quartieri Prealpino e Casazza. Il quartiere è ricco di corsi d'acqua come i canali Bova e Grande, entrambi derivati dal Mella. Il toponimo deriva dalla chiesa di san Bartolomeo apostolo. Le prime testimonianze della chiesa di San Bartolomeo risalgono al 1299, quando in alcuni documenti lo si cita come "in Clausuris": con il termine "chiusure" si indicava l'area del suburbio attorno alla cinta muraria. Presso San Bartolomeo sorse un cenobio dedito all'assistenza degli ammalati e gestito dagli Agostiniani che, dal Quattrocento, divenne sede del lazzaretto per la cura degli appestati. Dalla fine del Quattrocento il Lazzaretto fu gestito dai carmelitani. Esso rimase funzionante fino al Settecento, quando per l'assenza di pestilenze cadde in disuso: ceduto in affitto ad aziende agricole, poi rifugio di sbandati, nel 1884 il comune di Brescia decise di abbattere parzialmente l'edificio in modo da poterne riutilizzare l'area per la costruzione di una scuola comunale. Negli anni Cinquanta del Novecento, quanto rimase del Lazzaretto fu donato dalla Giunta Boni alla parrocchia. Sotto la Repubblica di Venezia, nel Cinquecento, San Bartolomeo divenne comune con un apposito statuto riconosciuto dalla città di Brescia. L'amministrazione fu affidata a un consiglio formato dai "Giudici dei chiosi". Grazie alla presenza dei corsi d'acqua Bova e Grande Superiore, San Bartolomeo conobbe lo sviluppo di numerose attività artigianali a partire dal Seicento. Sorsero officine per la lavorazione del ferro, del rame, delle pelli e del legno. Nel 1688, per ordine del capitano Gerolamo Corralo fu costruita una polveriera. Alla fine del Settecento, l'arrivo dei rivoluzionari francesi portò alla costituzione della repubblica Bresciana (1797) presto sostituita dalla Cisalpina (1797-1802) e dall'Italiana (1802-1805). Nel 1797, San Bartolomeo fu indicata come comunità appartenente alle "Chiusure a sera della Garza fuori di Porta Pile" del Cantone di Garza Occidentale. Dal settembre 1798 fino al giugno 1805 fece parte del comune di Stocchetta e San Bartolomeo del Dipartimento del Mella. Nel giugno 1805, sotto il regno Italico di Napoleone, fu accorpato al comune di Brescia. Il 1º maggio 1816, con la riorganizzazione amministrativa del Regno Lombardo-Veneto prevista dalla notificazione del 12 febbraio, San Bartolomeo riacquistò l'autonomia comunale, diventando uno dei cinque comuni delle chiusure o corpisanti di Brescia, assieme a Fiumicello, Mompiano, Sant'Alessandro e San Nazzaro. Il comune si estendeva presso tutta l'area nord-occidentale dell'attuale comune di Brescia: a nord con i comuni di Collebeato e Concesio, a ovest con il comune di Mompiano fino alla cinta muraria di Brescia, comprendendo Borgo Pile (ora Borgo Trento), a sud con Brescia e il comune di Fiumicello fino alla località Ponte Crotte, dove il confine occidentale era delimitato dal fiume Mella. Negli anni Quaranta dell'Ottocento, la famiglia Hoessly, di origini svizzere, impiantò uno stabilimento meccanico di cotone: l'attività fu aperta dal padre Kaspar (1773-1857) e proseguì sotto la conduzione del figlio Gaspare. Dopo l'esito della Battaglia di Solferino e San Martino e secondo quanto previsto dalla legge Rattazzi, San Bartolomeo mantenne l'autonomia comunale sia sotto il Regno di Sardegna (1859-61) sia sotto il Regno d'Italia. Fu inserito nel III Mandamento e nel I Circondario di Brescia. Negli anni Settanta dell'Ottocento, si svolse un dibattito sulla necessità di accorpare i cinque comuni delle chiusure al capoluogo. Nonostante le resistenze delle amministrazioni locali del suburbio, tra cui anche quella di San Bartolomeo, i comuni furono soppressi e i territori assegnati a Brescia. A partire dagli anni Cinquanta del Novecento, si edificarono alcuni quartieri residenziali, primo tra tutti quello IACP dedicato agli esuli giuliano dalmati e si costruirono le scuole superiori Tartaglia e Abba-Ballini. La fonderia «Ori Martin» si trasferì a San Bartolomeo dalla precedente sede di via Fiume. Una parte del quartiere ha mantenuto un aspetto rurale con alcune ville settecentesche. Tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta, anche a San Bartolomeo, come presso alcuni quartieri di Brescia, sorse un comitato di quartiere che chiedeva all'amministrazione comunale Boni un riconoscimento ufficiale e la disponibilità di mezzi e strumenti per partecipare alla stesura del bilancio comunale e intervenire nelle decisioni urbanistiche a carattere locale. Il consiglio comunale votò l'istituzione dei consigli di quartiere nel luglio 1972, delimitando i confini di quello di San Bartolomeo in un quadrilatero composto dal fiume Mella, via Oberdan, via Triumplina e il confine con Concesio. Ne era esclusa l'area residenziale di Casazza che fu costituita a quartiere separato. Le elezioni si tennero il 21 ottobre 1973. Nel 1977, la Giunta Trebeschi recepì la legge 278/1976, suddividendo il territorio comunale in nove circoscrizioni. Il quartiere fu assegnato alla Prima circoscrizione, assieme a Borgo Trento, Casazza e Sant'Eustacchio. Vent'anni dopo, la Giunta Corsini ridusse il numero delle circoscrizioni portandole da nove a cinque e San Bartolomeo fu assegnato alla nuova Circoscrizione Nord. Nel 2014 a seguito dell'abolizione delle circoscrizioni per i nuovi limiti imposti dalla legge 191/2009, la Giunta Del Bono decise di ricostituire gli organi consultivi di rappresentanza dei quartieri. Le prime elezioni del consiglio di quartiere si tennero in tutta la città il 14 ottobre. prima chiesa di san Bartolomeo apostolo, originaria chiesa del Lazzaretto; seconda chiesa di san Bartolomeo apostolo, edificata negli anni Sessanta del Novecento. Presso il quartiere ha sede la scuola primaria Giambattista Melzi, letterato nato nel soppresso comune di San Bartolomeo, e gli istituti tecnici Tartaglia e Abba-Ballini. Il Museo del ferro è stato aperto nel 2001 presso un antico maglio in via del Manestro. Si tratta del primo polo museale del Museo dell'industria e del lavoro di Brescia e si sviluppa come un breve percorso espositivo che racconta l'impiego della forza idraulica nella lavorazione del ferro. San Bartolomeo è servita dalla linea 11 (Botticino-Sant'Eufemia-San Bartolomeo-Collebeato) della rete di trasporti urbani di Brescia. Lisa Cesco, Diego Serino, 30 anni di partecipazione: l'esperienza delle circoscrizioni a Brescia. Circoscrizione Nord, Brescia, Comune di Brescia, 2010. Maurillio Lovatti, Marco Fenaroli, Governare la città. Movimento dei quartieri e forze politiche a Brescia 1967-77, Brescia, Nuova ricerca editrice, 1978. Michela Capra, "Vi sono due fiumi in questa parte di chiusure". Economia, società e cultura materiale nell'antico comune di San Bartolomeo (Brescia) e guida ai luoghi di interesse storico, Brescia, Fondazione Civiltà Bresciana, 2020. Le elezioni dei Consigli di Quartiere a Brescia nel 2014 (PDF), su comune.brescia.it. URL consultato il 9 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 13 giugno 2022). San Bartolomeo, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia. Raccolta dei decreti del Governo provvisorio bresciano e di altre carte pubblicate a quell'epoca colle stampe. Volume secondo, Brescia, Tipografia dipartimentale del Mella, 1804. Raccolta delle leggi, proclami, ordini ed avvisi nell'anno VI Repubblicano. Tomo V, Milano, Luigi Velandini, 1798. Raccolta delle leggi, proclami, ordini ed avvisi nell'anno VII Repubblicano. Tomo VI, Milano, Luigi Velandini, 1798. Bollettino delle leggi del Regno d'Italia. Parte Prima. Dal I gennaio al 30 giugno 1805, Milano, Stamperia Reale, 1805. Atti del Governo di Lombardia. Parte Prima. Dal 1° Gennajo al 30 Giugno 1816, Milano, Imperial Regia Stamperia, 1816. Collezione celerifera delle leggi, decreti, istruzioni e circolari pubblicate nell'anno 1859, Torino, Stamperia Reale, 1860. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su San Bartolomeo

Estratto dall'articolo di Wikipedia San Bartolomeo (Brescia) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

San Bartolomeo (Brescia)
Via delle Scuole, Brescia San Bartolomeo (Zona Nord)

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Via delle Scuole
25128 Brescia, San Bartolomeo (Zona Nord)
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Luoghi vicini

Casazza (Brescia)
Casazza (Brescia)

Casazza è un quartiere del comune di Brescia. L'area occupata dal quartiere è pianeggiante e urbanizzata. I confini sono delimitati a est da via Triumplina, tratto nel comune di Brescia dell'ex statale delle Tre valli, a nord dalla tangenziale detta Montelungo, a ovest da via Stretta e a sud da via Mortirolo e da via Fisogni. Il toponimo deriva dalla corruzione del nome della cascina «Casaccia» che sorgeva all'interno del perimetro del quartiere. All'inizio del Novecento via Casazza era detta "strada consorziale della Casazza" e collegava la «Conceria Girelli», sul Bova, al centro di Mompiano. L'urbanizzazione della zona iniziò negli anni Sessanta del Novecento quando si costruirono le prime case IACP. Nel 1970, si manifestò l'intenzione di istituire un comitato di quartiere sulla falsariga di quanto effettuato a San Polo e a Mompiano. Spinto dai vari comitati che sorsero in quegli anni, nel luglio 1972, il consiglio comunale approvò l'istituzione dei consigli di quartiere. Nonostante le ridotte dimensioni, nel quartiere c'erano 2 703 residenti, a Casazza fu costituito un consiglio che fu eletto per la prima volta il 16 dicembre 1973. Nel 1977, il quartiere fu assegnato alla Seconda circoscrizione, assieme ai quartieri di Mompiano, Prealpino, San Rocchino-Costalunga e Crocifissa di Rosa. Trent'anni dopo, con la riforma delle circoscrizioni voluta dalla Giunta Corsini, il quartiere fu assegnato alla nuova Circoscrizione Nord. Nel 2014, a seguito dell'abolizione delle circoscrizioni per i nuovi limiti imposti dalla legge 191/2009, la Giunta Del Bono decise di riattivare i consigli di quartiere: le prime elezioni del nuovo organismo si tennero il 14 ottobre. La chiesa locale è dedicata a Maria "Madre della Chiesa" e appartiene alla Diocesi di Brescia. Dal 2 marzo 2013, il quartiere è servito sia dalla stazione omonima che da quella di Prealpino della linea metropolitana. Lisa Cesco, Diego Serino, 30 anni di partecipazione: l'esperienza delle circoscrizioni a Brescia. Circoscrizione Nord, Brescia, Comune di Brescia, 2010. Maurillio Lovatti, Marco Fenaroli, Governare la città. Movimento dei quartieri e forze politiche a Brescia 1967-77, Brescia, Nuova ricerca editrice, 1978. Le elezioni dei Consigli di Quartiere a Brescia nel 2014 (PDF), su comune.brescia.it. URL consultato il 28 novembre 2020 (archiviato dall'url originale il 13 giugno 2022). Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Casazza

Istituto tecnico industriale statale Benedetto Castelli
Istituto tecnico industriale statale Benedetto Castelli

L'istituto tecnico industriale statale "Benedetto Castelli" di Brescia, intitolato al monaco Benedetto Castelli, è uno dei più antichi istituti scolastici della provincia bresciana. Le origini del Castelli risalgono al 1839, quando il pittore bresciano Gabriele Rottini, chiese, ed ottenne nel 1841, alla "Real direzione" delle scuole elementari della provincia di Brescia, la possibilità di aprire una scuola di pittura. Nel 1851 l'"Istituto Rottini" diviene "Scuola comunale di pittura, arti e mestieri" che divenne poi scuola pubblica nel 1852. Il 2 gennaio 1865 diviene "Scuola comunale di disegno applicato alle arti meccaniche e ai mestieri" di preparazione alle scuole superiori di belle arti. Nel 1885 la sede fu presso palazzo Bonoris, grazie a una donazione della Società bacologica bresciana. Il 21 marzo 1887 fu intitolata al Moretto. Nel 1922 fu trasferita presso il monastero di Santa Chiara, dove rimarrà fino al 1961. Solo nel 1939, in pieno periodo fascista, la scuola, che era nel frattempo evoluta in "scuola professionale", e sempre intitolata al Moretto, assunse una forma autonoma classificandosi come "istituto tecnico industriale", grazie alla riforma scolastica Bottai. Nonostante il cambio di nome, la scuola mantenne la sede didattica di via Santa Chiara, proponendo due tipologie di specializzazione: meccanica ed elettrotecnica. Dopo la seconda guerra mondiale, si ebbe la necessità di cambiare la sede didattica, data la crescente domanda, per poter assicurare a tutti la possibilità di studio. Venne individuata in un terreno di circa 26.000 mq a nord di Brescia, donato dall'imprenditore Federico Palazzoli; nel 1961 si conclusero i lavori di costruzione dell'istituto intitolato a Benedetto Castelli, mentre nel 1993 furono avviati i corsi del liceo scientifico tecnologico. L'istituto tecnico industriale Castelli offre ai propri studenti vari indirizzi di studio. Istituto tecnico industriale composto da: biennio triennio con specializzazioni in: Chimica, materiali e biotecnologie (ambientali o sanitarie) Elettronica ed elettrotecnica Informatica e telecomunicazioni Meccanica, meccatronica ed energia Situato in via Cantore, nella Circoscrizione Nord di Brescia, l'Istituto occupa una superficie di circa 11.000 mq (sui 26.000 di terreno disponibili), conta circa novanta aule didattiche dotate di lavagna interattiva multimediale, quarantacinque laboratori divisi per aree scientifiche e sei palestre per l'educazione fisica. L'edificio principale è a forma di ferro di cavallo, al cui centro trova posto un piccolo campo di atletica leggera; la struttura è affiancata, a ovest da un edificio denominato "satellite" (collegato al principale tramite un tunnel), ed a nord da un fabbricato che è sede di vari laboratori specialistici (precedentemente di sola meccanica, venne ristrutturato alla fine degli anni '90 per dare spazio a nuovi laboratori di informatica). La scuola dispone inoltre di una propria biblioteca, e l'aula magna dell'Istituto è stata intitolata ad Alberto Trebeschi, ex docente scomparso nella tragica strage di piazza della Loggia. Progetti Ulisse: imbarcazione Lazzaro: informatica Antonio Fappani (a cura di), Istituto Tecnico Industriale di Stato "B. Castelli", in Enciclopedia bresciana, vol. 6, Brescia, La Voce del Popolo, 1985, p. 357, ISBN non esistente, OCLC 163181975. Giovanni Boccingher, Dal Moretto all'I.T.I.S. Castelli. 100 anni (ed oltre) di istruzione tecnica a Brescia, Tricase, Youcanprint, dicembre 2014, OCLC 915922346, SBN IT\ICCU\UBS\0006267. Brescia Provincia di Brescia Sito ufficiale, su iiscastelli.edu.it.

Casazza (metropolitana di Brescia)
Casazza (metropolitana di Brescia)

Casazza è una fermata della metropolitana di Brescia a servizio del quartiere omonimo. La stazione fu inserita nei primi studi di fattibilità della linea metropolitana stesi nella primavera del 1987 dall'ASM Brescia, come capolinea settentrionale. Nei progetti successivi, il capolinea nord fu spostato all'altezza del confine del comune di Concesio, ma Casazza rimase come fermata al servizio sia del quartiere omonimo sia del flusso di traffico proveniente da Nave e Caino: per questo fu posizionata sul tracciato in viadotto all'incrocio fra l'ex statale delle Tre Valli e la ex statale del Caffaro. Nel 2003, in sede di Valutazione di impatto ambientale (VIA), il percorso fu convertito in trincea coperta, ma l'impianto mantenne comunque la sua posizione strategica. Fu inaugurata il 12 gennaio 2013, nell'ambito di una serie di cerimonie in cui le singole fermate della metropolitana furono mostrate al pubblico prima dell'effettivo inizio del servizio metropolitano. Fu quindi aperta al servizio pubblico il 2 marzo seguente, come il resto della linea. La fermata si trova lungo il tracciato in trincea coperta, ma ha la particolarità di avere una struttura molto più simile alle stazioni profonde che a quelle in trincea. È stata costruita su tre livelli: sul piano stradale si trovano cinque lucernari a forma piramidale che forniscono la luce naturale al piano banchina a 11 m di profondità. L'ingresso è unico, sotterraneo, posto sul secondo livello in direzione del complesso commerciale e amministrativo Futura. Le banchine sono collegate all'atrio d'ingresso grazie a due rampe di scale mobili e da due linee di ascensori. La struttura complessiva, comprendente anche la piazza aperta del complesso Futura, è stata concepita per essere al centro di un palcoscenico della cavea di un teatro. Come in tutte le altre stazioni della metropolitana, sono presenti le porte di banchina, che impediscono ai viaggiatori di accedere ai binari in assenza del treno. La stazione dispone di: Biglietteria automatica Fermata autobus Loris Zanirato (a cura di), Stazioni metropolitane = Underground-upperpeople, Brescia, Brescia Mobilità, 2012. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stazione Casazza (EN) Casazza, su Structurae.

Prealpino (metropolitana di Brescia)
Prealpino (metropolitana di Brescia)

La stazione di Prealpino è la fermata della metropolitana di Brescia a servizio dell'omonimo quartiere. È il capolinea settentrionale della linea. La stazione fu aggiunta nel 2004 in sede di Valutazione di impatto ambientale (VIA). Nel progetto definitivo presentato dall'ASM nel 2000, infatti, il capolinea era posizionato ai confini con il comune di Concesio al termine del tracciato in viadotto iniziato a Kossuth. Quando si decise di convertire il tracciato su viadotto in trincea coperta, per contenere i costi di costruzione il capolinea fu spostato più a sud, nei pressi del Villaggio Prealpino. L'impianto fu concepito con la possibilità che la metropolitana potesse proseguire a nord in direzione della Val Trompia, com'era nelle intenzioni degli amministratori locali agli inizi degli anni Novanta. Fu inaugurata il 2 febbraio 2013 alla presenza del Sindaco Adriano Paroli, nell'ambito di una serie di cerimonie in cui le singole fermate della metropolitana furono mostrate al pubblico prima dell'effettivo inizio del servizio metropolitano. Il Sindaco colse anche l'occasione per annunciare pubblicamente l'apertura della linea completa il 2 marzo: due settimane dopo la conclusione del preesercizio, per evitare di far coincidere l'evento con le elezioni politiche del 24-25 febbraio. All'infrastruttura ferroviaria fu affiancato un parcheggio scambiatore di circa cinquecento posti che, a causa di ritardi nella conclusione dei lavori, fu messo in funzione solo nel mese di maggio 2013. Data l'elevata richiesta di parcheggi, nel 2021 l'amministrazione Del Bono iniziò le procedure per portare a un migliaio i posteggi disponibili costruendo una struttura multipiano che funga anche da terminal per le autolinee extraurbane e da nuova sede di Brescia Infrastrutture. Nel maggio 2017, dopo circa sei mesi di lavori, furono completate le coperture agli accessi in superficie, aggiungendo due strutture in vetro e acciaio. Per quanto riguarda l'estensione verso la Val Trompia, il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS) di Brescia, approvato nel 2018, inserì la possibilità di proseguire in direzione di San Vigilio, a nord di Concesio. Tuttavia, il progetto preliminare del prolungamento triumplino risale al 2001 e rispetta le specifiche del tempo con il tracciato settentrionale ancora in viadotto. Di conseguenza, secondo Federico Manzoni, assessore alle politiche della mobilità del comune di Brescia, nel lungo termine dovrà essere avviata una procedura di riprogettazione complessiva del prolungamento che richiederà la compartecipazione di Concesio e degli enti sovracomunali della comunità montana triumplina e della provincia. L'impianto rispetta le specifiche delle altre fermate di tipo seminterrato della metropolitana bresciana: le due banchine a servizio dei binari di corsa hanno accesso separato con una rampa di scale e una linea di ascensori ciascuna, mentre l'illuminazione delle stesse è naturale, fornita da otto lucernari a forma piramidale. Come in tutte le altre stazioni della linea, sono presenti le porte di banchina che impediscono ai viaggiatori di accedere ai binari in assenza del treno. Fermata autobus La stazione dispone di: Biglietteria automatica Loris Zanirato (a cura di), Stazioni metropolitane = Underground-upperpeople, Brescia, Brescia Mobilità, 2012. Gianpiero Belotti e Mario Baldoli, Una corsa lunga cent'anni - Storia dei trasporti pubblici di Brescia dal tram a cavalli al progetto Metrobus, Brescia, Fondazione Civiltà Bresciana, 1999. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Prealpino

Europa (metropolitana di Brescia)
Europa (metropolitana di Brescia)

Europa è una fermata della metropolitana di Brescia situata nell'omonimo viale della città. Si trova in prossimità delle facoltà di Medicina e Ingegneria dell'Università di Brescia. La fermata fu inserita nei primi studi di fattibilità della linea metropolitana stesi nella primavera del 1987. Denominata provvisoriamente Viale Europa, fu pensata per essere a servizio del polo universitario delle facoltà di Ingegneria e Medicina dell'Università degli Studi di Brescia e della zona residenziale presso la strada omonima. Nel progetto definitivo presentato dall'ASM nel 2000, la fermata di Europa si sarebbe dovuta trovare nel tratto in galleria Kossuth-Bresciadue. In sede di Valutazione di impatto ambientale (VIA), divenne invece una fermata in trincea coperta dopo che si decise di convertire in tale forma il tracciato a nord della fermata di Ospedale fino al capolinea. Fu inaugurata il 3 novembre 2012, nell'ambito di una serie di cerimonie in cui le singole fermate della metropolitana furono mostrate al pubblico prima dell'effettivo inizio del servizio metropolitano, ed entrò in servizio il 2 marzo 2013, assieme a tutta la linea. La fermata riprende le stesse strutture degli altri impianti di tipo seminterrato: le due banchine a servizio dei binari di corsa hanno accesso separato con una rampa di scale e una linea di ascensori ciascuna, mentre l'illuminazione delle stesse è naturale, fornita da otto lucernari a forma piramidale. Come in tutte le stazioni sono presenti le porte di banchina, che impediscono ai viaggiatori di accedere ai binari in assenza del treno. La stazione dispone di: Biglietteria automatica Fermata autobus Loris Zanirato (a cura di), Stazioni metropolitane = Underground-upperpeople, Brescia, Brescia Mobilità, 2012. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Europa

Borgo Trento (Brescia)
Borgo Trento (Brescia)

Borgo Trento precedentemente noto come Borgo Pile è un quartiere cittadino di circa 7.000 abitanti appartenente al comune di Brescia inserito all'interno della Circoscrizione Nord. Sorto intorno al XII secolo al di fuori della cinta muraria urbana come borgo indipendente, fu unito definitivamente alla municipalità di Brescia nel 1881. Nel 1237 venne approvato il più antico piano regolatore della città di Brescia ad opera del frate umiliato Alberico da Gambara che prevedeva l'espansione del perimetro urbano e la costruzione di una nuova cinta muraria. Ciò favorì la nascita di un primo borgo extraurbano già nel 1254, che prese in nome di Borgo Pile dal nome della porta cittadina attraverso la quale era obbligatorio passare per raggiungere l'abitato. Nel 1512 Brescia, all'epoca sotto dominazione veneziana, fu temporaneamente conquistata dall'esercito francese durante la Guerra della Lega di Cambrai. I cittadini bresciani si ribellarono nei confronti della dominazione francese, ma il loro atto si concluse con il saccheggio della città ad opera delle truppe mercenarie guidate da Gastone di Foix. Dopo esser tornata in possesso della città, Venezia, al fine di prevenire eventi analoghi, decise di demolire qualsiasi casolare, chiesa o villa per circa un miglio di distanza dalla cinta muraria, al fine di creare una "spianata difensiva" attorno al perimetro urbano. Stessa sfortunata sorte toccò a Borgo Pile, ma già a distanza di meno di un secolo ne è documentata la ricostruzione. Nel 1609 il catasto del podestà veneziano Giovanni Da Lezze segnalava che il Borgo delle Pille contava una settantina di case e già dal 1580 gli abitanti avevano costruito a proprie spese una chiesa intitolata a San Giovanni Evangelista, tuttavia senza ottenere lo status di parrocchia Nel XIX secolo il Borgo Pile aumentò di dimensioni, estendendosi sino all'estremità meridionale dell'abitato di Isolabella, crebbe in numero degli abitanti e sorsero nuove attività commerciali ed artigianali. Il Borgo infatti rappresentava un punto nevralgico per il commercio diretto verso i paesi della Val Trompia e della Val Sabbia. Durante la dominazione austro-ungarica venne riorganizzata la municipalità di Brescia. Da un punto di vista amministrativo il centro cittadino venne isolato dal territorio circostante, che fu suddiviso in cinque comuni autonomi. Borgo Pile fu fatto rientrare all'interno del territorio del vicino Borgo di San Bartolomeo. Solo nel 1881 Brescia, ormai passata in mani sabaude ottenne la riaggregazione dei cinque comuni periferici. Nel 1886 fu completata la costruzione della nuova chiesa, i cui lavori erano cominciati nel 1879 ad opera dell'architetto Carlo Melchiotti e il Borgo poté così fregiarsi del titolo di parrocchia coprendo un territorio molto vasto: Costalunga, Sant'Eustacchio, San Bartolomeo e San Gottardo. Nel 1897 venne approvato un nuovo piano urbanistico sotto tale spinta si andò a riempire il vuoto esistente tra Borgo Pile e il centro cittadino. La spinta principale fu data dalla posatura della tramvia che da Brescia portava a Gardone Val Trompia e dalla realizzazione nel 1913 della linea n.2 del tram elettrico cittadino. Nel 1903 il Borgo Pile fu ribattezzato Borgo Trento in onore della città italiana non ancora redenta e successivamente l'edificio scolastico fu intitolato a Cesare Battisti, il martire trentino. Nel 1926 anche la Chiesa Parrocchiale del Borgo modificò il proprio titolo e fu dedicata a Cristo Re. L'insediamento più antico del Borgo sorge sulla riva destra del torrente Garza, a circa un chilometro dal centro cittadino. Il cuore dell'abitato si snodava lungo un'unica arteria principale, oggi via Trento, fiancheggiata ininterrottamente a destra e sinistra da due schiere di abitazioni. Le propaggini del nucleo storico del Borgo si estendono lungo l'asse nord-sud. A meridione sorge l'abitato di Isolabella, a settentrione quello delle Grazzine, entrambi sorti sempre lungo l'argine del Garza. Oggi il torrente è stato coperto dal manto stradale di Via Giambattista Cipani e Via Montesuello e vi sono soltanto alcune aperture di sfogo che permettono di vedere il greto del Garza. Attorno al nucleo storico del borgo antico sono sorte numerose abitazioni che hanno congiunto il quartiere con il resto del tessuto urbano. Il simbolo (+) indica una via in parte inclusa in un altro quartiere. Lino Monchieri (prefazione di Franco Nardini), Il mio Borgo, 1996. Brescia Quartieri di Brescia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Borgo Trento Comune di Brescia, su comune.brescia.it.

Mompiano (metropolitana di Brescia)
Mompiano (metropolitana di Brescia)

Mompiano è una fermata della metropolitana di Brescia a servizio dell'omonimo quartiere. La fermata fu inserita nei primi studi di fattibilità della linea metropolitana stesi nella primavera del 1987 dall'ASM Brescia. Fu denominata Kossuth dal nome del piazzale dove fu posizionata inizialmente, in prossimità dello Stadio Mario Rigamonti, entrambi nel quartiere di Mompiano. Nel progetto definitivo presentato dall'ASM nel 2000, la stazione Kossuth fu posizionata al termine settentrionale della galleria diretta a Bresciadue. In sede di Valutazione di impatto ambientale (VIA), divenne invece una fermata in trincea coperta dopo che si decise di convertire in tale forma il tracciato a nord della fermata di Ospedale fino al capolinea. Fu spostata a sud-est dalla precedente posizione, nel piazzale compreso tra via Ildebrando Vivanti e via Famiglia Boccacci, e le fu cambiato nome in Mompiano, dal nome del quartiere. I lavori di costruzione furono occasione per riqualificare l'area, armonizzando la fermata con l'ambiente e migliorando l'illuminazione pubblica. L'impianto fu inaugurato il 3 novembre 2012, nell'ambito di una serie di cerimonie in cui le singole fermate della metropolitana furono mostrate al pubblico prima dell'effettivo inizio del servizio metropolitano. Fu aperta al servizio pubblico il 2 marzo 2013, assieme al resto della linea. Mompiano riprende le stesse strutture delle altre fermate di tipo seminterrato: le due banchine a servizio dei binari di corsa hanno accesso separato con una rampa di scale e una linea di ascensori ciascuna, mentre l'illuminazione delle stesse è naturale, fornita da otto lucernari a forma piramidale. Come in tutte le stazioni sono presenti le porte di banchina, che impediscono ai viaggiatori di accedere ai binari in assenza del treno. La stazione dispone di: Biglietteria automatica Accesso per persone con mobilità ridotta. Fermata autobus Loris Zanirato (a cura di), Stazioni metropolitane = Underground-upperpeople, Brescia, Brescia Mobilità, 2012. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stazione Mompiano

Collebeato
Collebeato

Collebeato (Cobiàt in dialetto bresciano) è un comune italiano di 4 457 abitanti della provincia di Brescia, nella bassa Val Trompia, in Lombardia. Collebeato, nell'hinterland nord di Brescia è racchiuso all'interno della conca dei monti Picastello, Campiani, Peso, Dosso Boscone e Sasso nella parte in cui la bassa Val Trompia si incontra con la pianura padana, sul confine più orientale della Franciacorta, bagnato dal fiume Mella. In epoca romana il territorio di Collebeato era una zona collinare poco abitata a ridosso delle paludi create dal fiume Mella. Vi sono stati rinvenuti pochissimi reperti: quattro cippi sepolcrari di età imperiale e i resti dell'antico tracciato romano che da Brixia attraverso il Ponte Crotte portava alla Valle Trompia salendo sulle colline. Nel 958 nel diploma di Berengario II e Adalberto una chiesa dedicata a San Paolo risulta come proprietà dell'Abbazia di Leno, si tratta probabilmente del primo riferimento alla comunità di Collebeato. Nel 1014 il nome Cubiadum (Cubiado) compare in modo esplicito per la prima volta fra le proprietà dell'Abbazia di Leno nel diploma imperiale di Enrico II. L'etimologia del nome deriva dal latino "copulatum" e sta a significare "accoppiato". Il nome ricorre anche nel diploma di Enrico II del 1019 e poi in quelli di Corrado II del 1026 e 1036 e risulta presente in bolle papali e diplomi imperiali fino al 1434. I monaci benedettini di Leno provvedono ad ampie bonifiche delle paludi del Mella. A fianco dei territori gestiti dagli abati sorge una vicinia comunale nelle terre da cui trae le decime il vescovo di Brescia. Dal 1186 al 1194 risulta attivo il notaio Gerardus de Cubiado, nominato dall'imperatore Federico Barbarossa. Ci sono pervenuti otto documenti da lui firmati. Nel 1194 (15 novembre) si tiene un processo per determinare se le proprietà terriere di Cubiado fossero sotto l'Abate di Leno o sotto il Vescovo di Brescia. Testimoniano i due capofamiglia anziani di Cubiado Villano di Fra Le Corti e Alberto da Pozzo. Nel 1274 Padre Giovanni da Cobiado è direttore del complesso ospitaliero della Chiesa di San Giacomo al Mella, sulla via che da Brescia porta a Milano. Nel 1280 Cobiato è annoverato tra i comuni che debbono mantenere il Ponte delle Crotte sulla strada verso Brescia. Il 1º dicembre 1336 Jacopo da Cobiado, medico in Brescia, è annoverato come teste in una investitura feudale in città presso il vescovo Giacomo de Actis. Nel 1483 il nobile veneziano Marco Sanuto descrive nel suo itinerario nella terraferma veneziana il "giardino bellissimo" del nobile conte Antonio Martinengo. Nel secolo XV Collebeato diviene luogo di villeggiatura per nobili e religiosi della città di Brescia per la stagione estiva, sono edificate importanti ville e due monasteri (Santa Croce e Santo Stefano). Nel 1512 Collebeato subì assedio militare da parte di soldatesche francesi che attaccavano la veneziana Brescia. Mariotto Martinengo, ispirato dalla distruzione delle battaglie, scrive il poemetto in volgare italiano "Il Pianto del dio Pan per la rovina del Colle beato", utilizzando per la prima volta il nome poetico "Colle-beato" invece del più medievale "Cobiato". Nel clima rinascimentale e di umanesimo portato dai nobili che villeggiavano a Collebeato, oltre allo sviluppo di ville e palazzi, nascono anche maestranze artistiche locali, tra queste risulta attivo nel XVI secolo un pittore e decoratore nativo del paese Jacobino da Cobiato, di cui però non si conoscono opere. Nel 1554 Galeazzo dagli Orzi, segretario di Mariotto Martinengo, pubblica a Brescia una prima edizione del poema in volgare bresciano "La massera da bé" (la brava massaia) primo libro che nobilita la lingua bresciana come lingua letteraria. La protagonista del libro è la massaia Flor da Coblat. Nel 1565 esce la versione veneziana del libro. Nel 1609 il veneziano Giovanni Da Lezze descrive nel Catastico Bresciano il territorio di Cobiato, le ville e gli edifici religiosi. Nel 1640 il Comune di Cobiato si dota di precisi statuti per l'amministrazione delle acque e per regolare la vita comune. Nel 1701 inizia l'uso ufficiale del nome Collebeato sulle cartine francesi e dal 1779 sulle carte lombardo-venete il nome resterà ufficialmente questo. Dal 1770 al 1794 risulta attivo a Collebeato il notaio Bartolomeo Mattanza. Dal 1737 al 1800 risulta attivo il notaio Gaetano Bonera. Nel 1833 il patrimonio dei Conti Martinengo, alla morte di Girolamo Silvio Martinengo, nobile veneziano (traduttore nel 1801 del Paradiso perduto di Milton), passò al cugino Alessandro Molin e attraverso la figlia di questi, Maria ai conti friulani Panciera di Zoppola tuttora possessori dei giardini e della splendida villa. Nel 1850 il Conte Giuseppe Torre presso i giardini della sua villa (l'attuale Parco 1º Maggio) seleziona un nuovo tipo di fiore, la Camelia Japonica "Vergine di Collebeato", un particolarissimo tipo di camelia bianca a spirali concentriche, descritto e ammirato nel 1857 dallo statista Giuseppe Zanardelli in una sua lettera. Dal 1851 al 1856 Collebeato fu centro dei moti risorgimentali bresciani, vi si rifugiavano i mazziniani ospitati e nascosti presso le ville e le corti del paese; vi era installata una stamperia clandestina. Il patriota Tito Speri radunava e allenava le truppe rivoluzionarie antiaustriache presso i campi del paese. Nel 1889 nasce a Collebeato il sacerdote, scrittore e intellettuale Pietro Rigosa. Ebbe come allievo e amico Giovan Battista Montini (futuro papa Paolo VI), scrisse molti racconti, tra questi Il leone di Brescia (Gatti, Brescia 1932) romanzo ambientato a Collebeato e dedicato alla vita di Tito Speri. Nel 1910 l'industriale e benefattore Filippo Rovetta importa dalla Louisiana piantine di pesco americano e nel 1919 avvia una produzione di pesche su larga scala, dissodando ampi appezzamenti di terreno nella zona nord del paese, frutteti ancora oggi esistenti. L'esempio fu seguito ben presto da tutti i proprietari terrieri del paese trasformando l'agricoltura locale in modo radicale. Collebeato fu il principale produttore di pesche nel bresciano fino agli anni Quaranta e tra i principali a livello nazionale producendo oltre novanta specie diverse di pesche. Nel 1936 il "Dopolavoro" organizza la prima Sagra delle Pesche, festa per cui ancora oggi il paese è rinomato nella provincia di Brescia. Dal 1956 al 1965 fu attiva la cava e la fabbrica del cementificio CEMBRE, attività che portò al declino della peschicoltura per l'incompatibilità ambientale tra le due attività produttive che insistevano sullo stesso territorio. Nel dopoguerra iniziò l'espansione edilizia del paese, prima con i villaggi delle cooperative bianche di padre Ottorino Marcolini negli anni Cinquanta e Sessanta e negli anni successivi con cooperative rosse. Oggi il territorio pianeggiante è quasi completamente costruito di ville e condomini con ampio giardino. L'abitato residenziale di pregio è inserito nel locale "Parco delle Colline". Nel settembre 2012 è stato completato il nuovo centro sportivo, un'opera che ha riqualificato completamente la zona dell'ex cementificio Cembre. Nel 2018 Collebeato vince il premio "La Città per il Verde 2018”. Il premio è stato assegnato all'unanimità dalla giuria della XIX edizione quale riconoscimento della validità ambientale del “Corridoio ecologico del Fiume Mella”. Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con DPR del 6 ottobre 1975. L'albero da frutto nello stemma allude alla tradizionale e rinomata coltura delle pesche di Collebeato; nel capo, la ruota dentata rappresenta le attività industriali e l'uva, quelle agricole. Il gonfalone è un drappo partito di rosso e di azzurro. Unico palazzo a Collebeato ancora oggi abitato dai diretti discendenti della nobile famiglia Martinengo è quello dei conti Panciera di Zoppola, una grande proprietà in zona pedecollinare con boschi, giardini e un bellissimo vigneto storico prospiciente l'ingresso principale. Palazzo Conti Martinengo, già Maggi Via (XV e XVI secolo, sede della Biblioteca); Villa Nobili Quaglieni (XV - XIX secolo); Palazzo ex-Congrega Apostolica, già Villa Conti Durandi (XV - XVII secolo); Municipio, già Villa Nobili Ferrari (XV - XX secolo); Villa Peschiera (XVIII secolo); Villa Del Bono, già Conti Torre (XIX secolo); Villa Rota, già Rovetta (XVII secolo); Villa Trebeschi, già Uberti (XIX secolo); Palazzo Galesi (XIX secolo). Seppur le prime notizie di una comunità a Collebeato siano attestate all'XI secolo, la parrocchia di Collebeato fu costituita, staccandosi dalla Pieve di Concesio, solo nel XV secolo ed intitolata a San Paolo. L'attuale chiesa parrocchiale fu costruita ingrandendo la precedente a fine XIX secolo e inaugurata nel 1901. Essa contiene opere d'arte del XVI/XX secolo tra le quali i cicli di affresco del Rubagotti sulla Conversione di San Paolo e un Sant'Antonio Adorante opera di Piero Agnetti (1982). Più antiche le fondamenta del Santuario della Madonna della Calvarola con resti pavimentali del XII secolo. L'attuale edificio è una costruzione settecentesca al cui interno sono presenti affreschi di Pietro Scalvini. Edifici ecclesiali presenti nel territorio: chiesa parrocchiale Conversione di San Paolo (XIX secolo); santuario Madonna della Calvarola (XVIII secolo); cappella di Sant'Antonio ai Campiani (XVIII secolo); cappella cimiteriale dei sacerdoti defunti (XIX secolo); cappella del Ricovero Comini (XX secolo); monastero di Santo Stefano (XV secolo). Parte del territorio comunale è incluso nel Parco delle colline, che comprende le alture di Dosso Boscone, Monte Zuccolo, Monte Calvarola, Monte Picastello, Monte Ratto e il Monte Peso; quest'ultimo raggiunge un'altitudine massima di 487 m che rappresenta anche il punto più elevato del territorio comunale. Nel territorio di Collebeato, accanto all'italiano, è parlata la lingua lombarda prevalentemente nella sua variante di dialetto bresciano. Abitanti censiti L'economia agricola di Collebeato, principalmente basata nel Novecento sulla coltivazione delle pesche, oggi si trova ad essere quasi completamente soppiantata dall'edilizia privata. Sono presenti agriturismi e trattorie tipiche bresciane, nonché ristoranti noti per la qualità dei prodotti. La parte produttiva più consistente è però data dal tessuto artigianale e dalla piccola industria, collocata nella zona sud del paese. Molto attivi anche alcuni noti marchi di pasticceria e abbigliamento che hanno la loro sede nel paese. Di seguito l'elenco dei sindaci eletti direttamente dai cittadini (dal 1993): Collebeato è stata gemellata, nel biennio 2004-2005, al fine di favorire la produzione di pesche, con: Bivona La principale squadra di calcio del paese è la Polisportiva Collebeato 1984 che milita nel girone E bresciano di Seconda Categoria. D. Andreoli, Il Sacro a Collebeato, Fondazione Civiltà Bresciana, Collebeato 2011. S. Agnetti, F. Maffezzoni, Breve storia di Collebeato, Centro Culturale 999, Collebeato 2002. S. Agnetti, F. Maffezzoni, Nel giardino all'ombra dei cachi, Fondazione Civiltà Bresciana, Collebeato 2004. S. Agnetti, F. Maffezzoni, Report. 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Spedali Civili di Brescia
Spedali Civili di Brescia

Gli Spedali Civili di Brescia (ufficialmente Azienda Socio Sanitaria Territoriale degli Spedali Civili di Brescia), sono un ospedale e un'Azienda Sanitaria Locale che dispone di personalità giuridica pubblica e di autonomia imprenditoriale. È stato dichiarato secondo miglior ospedale italiano nella classifica stilata dall'Agenas nel 2013. La storia dell'odierna Azienda Ospedaliera ha origini risalenti al XV secolo ed è legata a quella della città. Gli Spedali Civili furono fondati nel 1427 con il nome Hospitale unum magnum et universale, conosciuto anche come Ospedale di San Luca, ma il nome odierno è entrato nell'utilizzo comune dalla fine dell'Ottocento. L'antico ospedale fu costituito dall'insieme delle istituzioni che si preoccupavano di soccorrere infermi ed indigenti. All'inizio del Novecento, l'insufficienza dei locali adibiti ad uso ospedaliero, unito al grande fabbisogno dei cittadini, portò alla costruzione di un nuovo ospedale. I lavori partirono nel 1938 e vennero conclusi più di dieci anni dopo, anche a causa della seconda guerra mondiale. La nuova struttura venne inaugurata il 10 dicembre 1950. Per ulteriori richieste, nel 1966 vennero avviati i lavori per la costruzione del Policlinico Satellite. Terminati i lavori nel 1972, si avviò la ristrutturazione di parte dell'ospedale. Nel 1997 al nome Spedali Civili, a seguito della D.C.R. 18/11/97 n. VI/742, venne aggiunta la sigla Azienda Ospedaliera e l'anno successivo vennero annessi all'ospedale i Presidi ospedalieri di Gardone Val Trompia e di Montichiari, e l'Ospedale dei Bambini. Nell'ottobre 2013 gli Spedali Civili arrivano al secondo posto nella classifica dei migliori ospedali d'Italia stilata dell'agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, dietro al San Raffaele di Milano. Dal 1º gennaio 2016 a seguito dell'entrata in vigore della legge Regionale 11 agosto 2015 - n. 23 viene convertita in ASST (Azienda Socio Sanitaria Territoriale) degli Spedali Civili di Brescia. Gli Organi Istituzionali dell'Azienda Socio Sanitaria Territoriale sono: il Direttore Generale, Luigi Cajazzo, cui fanno capo tutti i poteri di gestione; il Direttore Sanitario Aziendale Frida Fagandini; il Direttore Amministrativo Aziendale Fabio Agrò; il Direttore Socio Sanitario Enrico Burato. Inoltre, nell'Azienda sono presenti organi di consultazione e organi di supporto per i dirigenti, e altri organismi di tutela dell'utente. L'Azienda Socio Sanitaria Territoriale si articola nelle seguenti strutture: L'ospedale è raggiungibile tramite la fermata Ospedale della metropolitana di Brescia. Statuto degli Spedali Maggiore e Donne in Brescia, Brescia, Tipografia Pio Istituto Pavoni, 1880. Giuseppe Bonelli, L'archivio dell'ospedale di Brescia. Notizia e inventario (PDF), Brescia, Tipografia Pio Istituto Pavoni, 1916. URL consultato il 7 aprile 2019. Ospitato su misinta.it. (IT, EN, FR, ES, DE) Felice Grondona, Centro italiano di storia ospitaliera, Assistenza ospitaliera a Milano e Brescia nella campagna del 1859, Atti del primo congresso europeo di storia ospitaliera, Reggio Emilia, 6-12 giugno 1960, Rocca San Casciano, Arti Grafiche Cappelli, 1962. Marcello Zane, Il "Civile" di Brescia. Mezzosecolo, Brescia, Fondazione Luigi Micheletti, 1988. Franco Robecchi, Spedali civili di Brescia: mezzo millennio di carità e di assistenza sanitaria, vol. 1, Brescia, Edimet, 2000, ISBN 9788886259200. Franco Robecchi, Spedali civili di Brescia: mezzo millennio di carità e di assistenza sanitaria, vol. 2, Brescia, Edimet, 2001, ISBN 9788886259217. Francesco Gussago, Radici bresciane. La proprietà immobiliare extra-moenia, Brescia, Azienda Ospedaliera "Spedali Civili di Brescia", 2004. Università degli Studi di Brescia Istituto superiore di sanità Brescia Metodo Stamina Ospedale Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su azienda socio sanitaria territoriale degli Spedali Civili di Brescia Sito ufficiale, su spedalicivili.brescia.it.