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Santa Maria la Carità

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Santa Maria La Carità
Santa Maria La Carità

Santa Maria la Carità è un comune italiano di 11 617 abitanti della città metropolitana di Napoli in Campania. È posizionato nella piana stabiese-vesuviana, al confine con l'Agro Nocerino-Sarnese. La sua struttura urbana è a raggiera e parte da piazza Borrelli. Il nome è ispirato e riflette il culto della Santa patrona: Santa Maria delle Grazie; l'aggiunta "la Carità" è probabilmente una designazione locale e per superare casi di omonimia con altre località. Le prime notizie sulla città risalgono al 900 a.C. allorquando le genti Osche cominciarono a insediarsi sul territorio. Si trattava di insediamenti rurali che sorgevano in un'area di intenso traffico commerciale. Dall'insediamento dei Sanniti (500 a.C.) all'eruzione del Vesuvio (79 d.C.) si susseguirono tutta una serie di cruente guerre e sanguinose battaglie nelle quali eserciti di diverse origini, scorrazzando nelle pianure del Sarno, razziavano le campagne alla ricerca di approvvigionamenti alimentari. Successivamente, nel 574 d.C., i Longobardi invasero il sud Italia arrivando nella piana del Sarno. Dopo secoli di relativa pace, sul finire del primo millennio (950 d.C.), i Longobardi cominciarono a edificare sul territorio torri militari di avvistamento per difendersi dalla minaccia apportata dai Saraceni, che invano avevano tentato di raggiungere Amalfi da Gragnano. Proprio una di queste torri, secoli e secoli dopo, diverrà il campanile della chiesa di Santa Maria la Carità. La tradizione vuole che l'antica strada di collegamento tra il Sarno e i Monti Lattari passasse sotto la torre-campanile in prosecuzione con l'attuale via Pioppelle. D'altro canto, le grandi aperture alla base del campanile, tuttora esistenti, avrebbero proprio questo scopo funzionale. Una data storica importante è il 1318, quando re Roberto d'Angiò delimita il feudo di Cancelleria stabilendo come termine di confine la chiesa di Santa Maria la Carità. Dal 1450 circa fino alla fine del XIX secolo si susseguirono numerosissimi tentativi di bonificare quei territori a tratti paludosi che causavano numerose morti per malaria. Ma solo nel 1855 Ferdinando II di Borbone istituirà l'Amministrazione delle Bonificazioni. Ultimo focolaio bellicoso prima delle grandi guerre mondiali sorse nel 1860, quando numerosi sammaritani antigaribaldini, dopo violenti scontri, si diedero al brigantaggio non potendo far valere diversamente la propria fedeltà ai sovrani borbonici. La presenza all'interno della chiesa di Madonna delle Grazie di un quadro di Sandro Botticelli è accertata fin dalla fine del '400 quando lo stesso artista, su spinta di papa Sisto IV, decise di donare il quadro della Madonna con Bambino al territorio sammaritano con lo scopo di entrare nelle grazie della famiglia Medici proprietaria di alcuni terreni in quella zona. Negli anni '60 il quadro viene spostato in seguito a lavori di restauro della chiesa, da quel momento si perde ogni traccia dell'opera fino al dicembre del 2023 quando viene ritrovato in condizioni critiche e successivamente sottoposto ad un'opera urgente di restauro. Le ultime date degne di nota appartengono tutte al ventesimo secolo. Nel 1950 nascono le prime proposte di legge per istituire il comune autonomo di Santa Maria la Carità, ma si deve attendere fino al 1978 per ottenere la totale autonomia dal comune di Gragnano. Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con DPR del 21 dicembre 1989. Lo stemma si presenta di rosso, a tre stelle di otto raggi, male ordinate, d'oro; al capo d’oro, caricato delle lettere maiuscole S e M, di azzurro. Ornamenti esteriori da Comune. Il gonfalone è un drappo di azzurro. Chiesa di Santa Maria la Carità. Pur risalendo probabilmente XVII secolo, è stata oggetto di continue trasformazioni, tra le quali la più radicale fu senz'altro quella del 1935, anno indicato anche nell'iscrizione collocata nel prospetto. La facciata, di linee classicheggianti, è costituita da un corpo centrale dove l'ordine gigante delle colonne con capitelli compositi, impostate su un alto basamento, inquadra sia il portale architraviato con timpano sia il finestrone superiore. Chiesa di Santa Maria del Carmine. Edificata nel 1825. Chiesa della Madonna delle Grazie. Rimasta, purtroppo, in uno stato di evidente degrado che ne compromette la staticità. L'edificio mostra sul prospetto tratti ancora visibili di lesene che inquadrano un portale lapideo, mentre l'interno a unica navata è ritmato da paraste e cornici che emergono sulla tradizionale muratura in conci di tufo. Cimitero di Santa Maria la Carità, edificato nel 2019 Ville di epoca romana: Nel territorio sammaritano sono state ritrovate diverse ville di epoca romana, che risalgono al I secolo a.C. In alcune di esse si può notare che conservano ancora una cella vinaria, una frumentaria, una olearia e una fructuaria. Abitanti censiti Festa patronale di Santa Maria delle Grazie il 2 luglio (prima domenica di luglio) e 21 novembre. Santa Maria la Carità possiede un'unica frazione, denominata "Petraro", al confine con Castellammare di Stabia. La frazione si sviluppa attorno alla Chiesa di Santa Maria del Carmine. Le maggiori attività economiche della piccola cittadina campana sono l'agricoltura, con la produzione di pomodori, frutta e olive, la floricoltura e, per quanto riguarda l'aspetto industriale, ci sono piccoli stabilimenti di materiali da costruzione, soprattutto per il lapilcemento. AA. VV., Santa Maria la Carità. Il mio Paese, tra passato, presente e futuro, Scuola Elementare, 2002 D'Amora - Cascone, Frammenti di memorie, a cura della Proloco, 1996 Di Massa Giuseppe, Santa Maria la Carità, Trenta Anni di Autonomia, Tremila Anni di Storia, 2008 Di Massa Giuseppe, La chiesa di Santa Maria del Carmine al Petraro, EIDOS 2004 Girace Francesco, La voce della campagna, Strenna rurale, 1905 Scala Raffaele, Appunti per una storia di Santa Maria la Carità in La Camera del Lavoro di Gragnano, Nicola Longobardi Editore, 2010 Storie di Santa Maria la carità "Armandino storia di un grande Uomo" Storie di Santa Maria la carità " l'illustre Armandino e le mele Scala Raffaele - Cascone Ettore, Santa Maria la Carità. 23 settembre 1943: una strage dimenticata, BookSprint Edizioni, 2017 Antonio D' Amora, Il "mio" Comune.Cenni storici e lotta per l'Autonomia, 2011 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Santa Maria la Carità Sito ufficiale, su comune.santa-maria-la-carita.na.it.

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Scavi archeologici di Stabia
Scavi archeologici di Stabia

Gli scavi archeologici di Stabia hanno restituito i resti dell'antica città di Stabia (in latino Stabiae), nell'area dell'odierna Castellammare di Stabia, presso la collina di Varano, oltre a un insieme di costruzioni che facevano parte del suo ager. La campagna di scavi iniziò nel 1749, durante il regno di Carlo di Borbone tramite cunicoli, mentre per delle indagini ordinate e sistematiche a cielo aperto bisognerà attendere il 1950, anno a partire dal quale fu centrale l'opera del preside Libero D'Orsi. Di dimensioni minori rispetto agli scavi di Pompei e di Ercolano, permettono di osservare un diverso aspetto dello stile di vita degli antichi romani: infatti, mentre le prime due località erano delle città, Stabia, dopo un passato di borgo fortificato, era in epoca romana un luogo di villeggiatura, in cui furono costruite numerose ville residenziali decorate con pitture e abbellite con suppellettili; non mancavano, tuttavia, ville rustiche. Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce solo una piccola parte dell'antica città: sono visitabili la Villa San Marco, Villa Arianna e il secondo complesso; certa è l'esistenza di altre ville, come quella denominata del Pastore o di Anteros ed Heraclo, ancora parzialmente o completamente interrate, mentre altre ancora sono totalmente inesplorate: nella zona dell'ager stabianus (così veniva chiamato all'epoca dai romani il territorio che ricadeva sotto l'influenza di Stabia e che comprendeva oltre alla cittadina stabiana anche i territori degli attuali comuni di Sant’Antonio Abate, Santa Maria la Carità, Gragnano, Casola di Napoli e Lettere), sono presenti una cinquantina di costruzioni tra ville d'otium e ville rustiche. Per dare un nuovo impulso turistico al sito sia il comune, che diverse fondazioni, come la Restoring Ancient Stabiae (RAS), hanno proposto progetti per la realizzazione di un parco archeologico e di un museo che possa raccogliere le opere, le suppellettili e quant'altro rinvenuto dagli scavi della collina di Varano. I reperti stabiani sono conservati in diversi musei del mondo: le più cospicue raccolte sono al Museo archeologico di Stabia Libero D'Orsi, che ha sostituito il precedente Antiquarium stabiano e al Museo archeologico nazionale di Napoli. Nel 2023 gli scavi hanno fatto registrare 32 899 visitatori.

Stadio Romeo Menti (Castellammare di Stabia)
Stadio Romeo Menti (Castellammare di Stabia)

Lo stadio comunale Romeo Menti è il maggior impianto sportivo di Castellammare di Stabia. È uno dei tre stadi di calcio italiani dedicati a Romeo Menti, attaccante del Grande Torino scomparso nella Tragedia di Superga: gli altri due sono quelli di Vicenza e di Montichiari. Ospita le partite interne della Juve Stabia. L'impianto sportivo possiede una capienza complessiva di posti 12 800, e nel 2024, posti a sedere omologati 7 642. Costruito nel 1984, fu intitolato a Romeo Menti prendendo il nome da una lapide commemorativa, posta nel vecchio impianto sportivo nel 1949, per volere della tifoseria stabiese, a memoria e ricordo delle gesta sportive del calciatore, a seguito della sua prematura scomparsa nella Tragedia di Superga, avvenuta nello stesso anno (il nome originario dello stadio è "stadio San Marco" ed è ancora così registrato al comune di Castellammare di Stabia). Fu inaugurato nel 1985 con un'amichevole contro l'Avellino che militava in Serie A: la Juve Stabia si impose per 3-1 davanti ad oltre 15.000 spettatori. Nel 2004 lo stadio è stato teatro della sfida Juve Stabia-Massese valevole come finale di ritorno di Coppa Italia Serie D 2003-2004, finita 4-2 per i padroni di casa. Nel 2006 lo stadio ospitò il derby contro il Napoli nel girone B della Serie C1: la Juve Stabia vinse 3-1 davanti ad oltre 10.000 spettatori. Ad aprile 2011 la Juve Stabia ha disputato nello stadio la finale di Coppa Italia Lega Pro contro il Carpi, terminata con la vittoria per le "vespe". Nel giugno dello stesso anno, sono state disputate le gare di andata valevoli per gli scontri play-off Lega Pro Prima Divisione 2010-2011, dove la Juve Stabia ha affrontato prima il Benevento terminata con il risultato di 1-0 e poi l'Atletico Roma finita 0-0. Nell'estate 2011 sono stati eseguiti nuovi lavori di adeguamento dello stadio (nuova Tribuna stampa, palestra e nuovi spogliatoi) per permettere alla Juve Stabia, neo promossa in Serie B, di disputare le partite casalinghe di cadetteria, inoltre nel luglio nel 2012 il comune di Castellammare di Stabia ha fatto eseguire nuovi lavori di restyling tinteggiando i gradoni di tutti i settori con i colori sociali della squadra giallo-blu. Il 28 ottobre 2017 in occasione della partita di campionato di Serie C, Juve Stabia-Rende (1-0), viene inaugurato il nuovo manto erboso sintetico. Inoltre nella stessa giornata viene intitolata una parte della tribuna centrale all'ex presidente delle vespe dal 1991 al 2001, Roberto Fiore scomparso nel febbraio dello stesso anno. Curva San Marco (tifosi locali): 1.800 posti a sedere; Tribuna Varano: 2.200 posti a sedere; Tribuna Quisisana: 2.200 posti a sedere; Tribuna Monte Faito: 2.200 posti a sedere; Tribuna Panoramica: 300 posti a sedere; Curva Ferrovia (settore ospiti): 1.500 posti a sedere. Lo stadio è dotato un manto di erba sintetica di ultima generazione che, grazie all'intaso prestazionale Ecofill, garantisce il rispetto della sicurezza e delle performance dei giocatori, omogeneità su tutta la superficie del gioco, un'eccellente risposta allo shock e un ritorno energetico controllato. Inoltre, assicura un minor assorbimento di calore e pieno rispetto dell'ambiente circostante. Il nuovo manto ha ottenuto la certificazione FIFA 2 Star. Lo stadio è ubicato a Castellammare di Stabia al civico 283 di via Giuseppe Cosenza, una delle arterie principali della città. La sua centralissima posizione consente ai tifosi locali ed ospiti di raggiungere l'impianto agevolmente anche con i mezzi pubblici o a piedi da diversi punti della città. Lo stadio del quartiere San Marco, da cui in passato prendeva la denominazione, dista poche centinaia di metri dalla stazione Circumvesuviana di Via Nocera. Per favorire l'afflusso delle tifoserie ospiti, l'impianto dispone di un ingresso privilegiato facilmente raggiungibile dall'uscita autostradale e dalla stazione ferroviaria della Circumvesuviana. Nella stagione 2019-2020, la Cavese usufruisce del Romeo Menti a causa dell'inagibilità dello Stadio Simonetta Lamberti. Castellammare di Stabia S.S. Juve Stabia Romeo Menti Sport in Campania Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stadio Romeo Menti

Real Polverificio Borbonico

Il Real Polverificio Borbonico è un complesso di edifici di Scafati, risalenti al XIX secolo, utilizzato per la produzione di polvere da sparo e successivamente convertito per la produzione e lavorazione del tabacco. Costruito nel 1851, per volontà di Ferdinando II di Borbone re del Regno delle Due Sicilie, per spostare la fabbricazione delle polveri da sparo dalla Real Fabbrica di Polveri e Nitri di Torre Annunziata dopo il verificarsi di due esplosioni che misero in serio pericolo la zona. Fu quindi scelto il sito di Scafati per l'allora lontananza dal centro urbano della città e grazie anche alla posizione favorevole, prossima al Canale Conte di Sarno e ad un suo derivato il Canale Bottaro. Quest'ultimo possedeva una caratteristica rara, quasi unica: quella di far correre l’acqua fresca e pulita del Sarno a una quota superiore rispetto a quella della campagna circostante. Una vera e propria meraviglia di ingegneria idraulica, famosa in Europa al tempo. Con la occasione, per ragioni strategiche di rapido accesso lungo il fiume, il Re Borbone pose mano anche alla rettifica dell’ultimo tratto del fiume Sarno da Scafati alla sua foce a mare, che fu rifatta. Il Polverificio di Scafati restò attivo per circa quarant'anni fino al 1895 quando, per ragioni strategiche del neonato Regno d’Italia, la struttura militare fu convertita in Istituto Sperimentale del Tabacco. Il Regio Istituto sperimentale per la coltivazione dei Tabacchi, fondato nella seconda metà dell’ottocento per “contribuire al miglioramento della produzione nazionale del tabacco". La trasformazione del sito servì anche a ridurre l’impatto sui livelli occupazionali della scomparsa del Polverificio. Esso ebbe una lunga vita edilizia fino al 1980, quando tutta la struttura fu abbandonata a seguito dei danni del terremoto del 1980. Fino al 2004 il CRA Centro di ricerca per l’agricoltura ha continuato a lavorare concentrandosi sulle culture del pomodorino del piennolo e sugli asparagi, ma successivamente il centro è stato trasferito a Caserta. Il complesso di forma rettangolare, del XIX secolo, lambito sul lato destro dal fiume Sarno, è costituito da un complesso principale ad uso amministrativo, dalla chiesa di Santa Barbara, dai laboratori Chimici, dalle officine, inserite all'interno di un’area verde, che ne costituisce il parco, caratterizzata da due viali di rigogliosi platani e verdeggianti tratti secondari. All'ingresso di quest'ultima si trova un'iscrizione che recita "ne ferro, ne fuoco", a sottolineare la pericolosità del luogo che richiedeva l'assenza di qualsiasi materiale d'innesco. Attualmente la gestione del sito è stata divisa in due: l'area del parco è stata affidata alla gestione del Parco archeologico di Pompei, mentre la struttura principale fino all'ingresso del parco è stata affidata alla gestione della città di Scafati. Il Real Polverificio, su ambientesa.beniculturali.it, Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Salerno e Avellino - Ministero della cultura. Pompeii Sites Portale Ufficiale Parco Archeologico di Pompei - Polverificio Borbonico. Ministero della Cultura - Parco Archeologico di Pompei - Ex Real Polverificio Borbonico. Il Real Polverificio Borbonico di Scafati: la fabbrica che riforniva l'esercito del regno. Né ferro né fuoco, il Real Polverificio di Scafati Gente e Territori - Il pasticcio del Polverificio Borbonico di Scafati

Sant'Antonio Abate (Italia)
Sant'Antonio Abate (Italia)

Sant'Antonio Abate è un comune italiano di 18 988 abitanti della città metropolitana di Napoli in Campania. Sito nella pianura sovrastata dalla catena dei Monti Lattari, culminante nella penisola sorrentina con la vetta del Faito, Sant'Antonio Abate si estende nell'immediato entroterra stabiese (Ager Stabianus). Di origini amministrative recenti, la cittadina si è costituita comune autonomo nel 1925, distaccandosi nel 1929 dalla sovrastante Lettere. Il suo territorio è stato abitato, sin dalle epoche remote, da popolazioni indigene e di origini indoeuropee come gli Opici, gli Osci, gli Etruschi, i Greci, i Sanniti, i Campani ed i Romani. Soprattutto la civiltà di questi ultimi è documentata da numerosi reperti archeologici, riportati alla luce in loco in anni di ricerche. Di particolare importanza storica è stato lo scontro finale della guerra Gotico-Greca, specialmente nella Battaglia dei Monti Lattari, avvenuta in territorio abatese e risoltasi con la diaspora dei Goti e la morte del loro re Teia, il quale fu molto probabilmente ucciso in territorio abatese e buttato in un pozzo, presso la località Pozzo dei Goti di Angri. Dopo un oscuro periodo di abbandono fino all'anno mille, la cittadina ha conosciuto, a partire dall'XI secolo, una lenta ripresa economica grazie alla bonifica delle zone paludose, un tempo molto estese, favorita anche dalla nascita, intorno al XV secolo, delle prime masserie che hanno costituito il nucleo del vecchio "Borgo di Sant'Antuono". Nei secoli successivi il paese si è sviluppato gradatamente, fondando la sua ricchezza sull'agricoltura prima e poi sulle attività ad essa connesse. Negli ultimi anni l'economia di Sant'Antonio Abate si è concentrata soprattutto sul settore industriale della trasformazione del pomodoro e delle colture specializzate in serre che hanno comportato anche, tra le altre, lo sviluppo delle attività del terziario. Lo stemma civico del Comune di Sant'Antonio Abate si ispira alla presenza del castello di Lettere sulla omonima collina. Il castello è posto su di uno scudo ornato da una corona e due rami di ulivo, uniti da un fiocco. Il gonfalone è un drappo di azzurro. Parrocchia del paese, intitolata a sant'Antonio Abate. La chiesa, risalente al 1801, divenne parrocchia solamente nel 1812, ma fu completata solo nel 1829. Molte delle opere presenti nella chiesa provengono dall'Abbazia di Santa Maria di Realvalle di Scafati, tra le quali le due acquesantiere marmoree databili al XVIII secolo, le tele della Deposizione e della Immacolata Concezione e le formelle marmoree poste sul tabernacolo, su una delle quali è anche inciso MONASTERIUM SANCTAE MARIAE REGALIS VALLIS, a maggior testimonianza della loro provenienza. La chiesa, composta da una sola navata e con pianta a croce latina, è composta anche di quattro cappelle, dedicate all'Addolorata, a San Giuseppe, al Sacro Cuore di Gesù e all'Immacolata Concezione. La cappella dell'Addolorata, posta come prima a sinistra dall'ingresso della chiesa, è composta da un altare sovrastato dal quadro della Vergine Addolorata (opera del saccense Giuseppe Cammarano e datata al 1828), inserito in una composizione di marmi pregiati. La cappella, realizzata a spese del dottor Leonardo Santoro nel 1828 è composta anche da una lapide, contenente i resti mortali delle due nipoti dello stesso Santoro, Luisa e Sofia. La cappella di San Giuseppe, posta a destra della navata poco prima dell'altare, è composta da una nicchia all'interno della quale è posta una statua in legno di san Giuseppe, padre putativo di Gesù. Ai lati della cappella sono presenti due statue raffiguranti la Beata Vergine Maria del Monte Carmelo e san Pio da Pietrelcina. La cappella del Sacro Cuore di Gesù, la prima posta a destra dell'ingresso principale, è composta da una nicchia, all'interno della quale è presente una statua del Sacro Cuore di Gesù. La nicchia, incastonata in una composizione di marmi pregiati, sovrasta un altare contenente reliquia. Ai lati della cappella, su basi di marmo, sono poste due statue, raffiguranti san Francesco d'Assisi e sant'Antonio da Padova. La cappella dell'Immacolata Concezione di Maria, posta alla sinistra della navata poco prima dell'altare, in una nicchia incastonata in marmi che compongono l'altare che, prima dei lavori che modificarono la chiesa tra gli anni '10 e '20 del XX secolo, costituiva la parte finale dell'abside della chiesa. Ai lati della cappella sono presenti due statue, raffiguranti sant'Alfonso Maria de' Liguori e la Madonna Immacolata. Alla fine della navata è posta l'abside, dominata dal maestoso altare di sant'Antonio Abate e dall'altare. Ulteriori opere notevoli presenti nella chiesa sono il fonte battesimale in marmo della seconda metà del ventesimo secolo e la statua, posta in una nicchia alla prima destra dall'ingresso, della Vergine Addolorata. Ulteriori opere in legno accrescono il pregio dell'edificio, come il pulpito e la cassa lignea dell'organo, entrambe opere di grande pregio eseguite dal maestro locale Pasquale D'Aniello, oltre ad altre teche e confessionali della chiesa. Il pulpito, grande opera di intarsio e di intaglio, è posto sulla destra della navata, tra la cappella del Sacro Cuore e quella di san Giuseppe. È inoltre qui che è posta la statua di sant'Antonio Abate, oggetto di grande devozione e che viene posta ogni anno, nelle date adiacenti al 17 gennaio, festa del santo, nel maestoso e colorato trono a lui dedicato. Completato nel 1966, dopo la posa della prima pietra avvenuta nel 1937 con la benedizione dell'allora vescovo della diocesi di Castellammare di Stabia Federico Emanuel. Dopo lunghi lavori, il 4 dicembre 1966 monsignor Corrado Ursi, arcivescovo di Napoli, consacra il tempio e il suo altare maggiore. Il completamento dell'edificio, la cui costruzione fu chiesta e voluta da don Mosè Mascolo, fondatore dell'ordine delle Suore Gerardine di Sant'Antonio Abate, avvenne quindi di fatto sei anni dopo la morte dello stesso, avvenuta il 24 febbraio del 1960. La fine dei lavori fu inoltre anche motivata dal fatto che il 16 aprile 1962 la Sacra Congregazione dei Riti dichiarò san Gerardo Maiella compatrono del paese. L'11 dicembre 2005, inoltre, a 49 anni dalla consacrazione del tempio, la chiesa diventa santuario diocesano. Dalla facciata monumentale, alta più di 42 metri e con un'altezza alla cupola di 33 metri, il santuario si estende su più di 900 m² di superficie. Con pianta a croce latina a tre navate, di particolare impatto è il mosaico in oro misto posto alle spalle della statua di san Gerardo, che ne compone la nicchia, la cui cornice è in marmo rosso di Francia e il cui piedistallo (pesante ben cinque quintali) è in marmo ornato di piccole croci di amiato fondo oro. Di marmo anche la cattedra del celebrante, con sfondo di marmo rosso di Spagna e troni di marmo bianco. Arricchiscono l'edificio la cappella del Santissimo Sacramento, le statue del Sacro Cuore di Gesù e dell'Immacolata Concezione, il sarcofago del fondatore don Mosè Mascolo e il confessionale da quest'ultimo usato durante il suo ministero. Completata nel 1863, la costruzione della chiesa cominciò nel 1858, su un terreno donato dalla signora Anna D'Antuono alla diocesi. Dedicata alla Beata Vergine del Buon Consiglio, la sua prima messa viene celebrata l'8 novembre 1863 dal sacerdote don Alfonso d'Aniello. A causa del forte aumento della popolazione, viene deciso nel 1894 di ampliarla e il 25 novembre 1894 monsignor Sarnelli benedice la prima pietra. L'ampliamento, completato nel 1900, aggiunge all'edificio l'abside e la casa canonica. Chiesa ad una navata, con abside e altari laterali, trova alla fine della navata l'altare della titolare della chiesa, ove era presente fino al 1975 un'antica tela ovale raffigurante la Vergine del Buon Consiglio, poi trafugata da ignoti. La tela ovale sarà poi prontamente sostituita da un'altra nuova, ora presente sul trono. L'abside, presentante molti affreschi, ha raffigurati, fra gli altri, anche san Gerardo Maiella (compatrono del paese) e sant'Alfonso Maria de' Liguori. Sono inoltre presenti nella chiesa varie statue, tra le quali quella di San Francesco da Paola e della Vergine Addolorata. Posta sulla strada che da Gragnano porta a Sant'Antonio Abate, viene inizialmente costruita nell'anno 1864 e dedicata a San Clemente I Papa, la chiesa viene chiusa nell'anno 1870. Riaperta pochi anni dopo, viene dedicata a San Clemente I Papa e alla Beata Vergine de La Salette. La chiesa, ad una navata, è decorata con alcuni affreschi originali della prima costruzione, tra i quali uno rappresentante san Francesco d'Assisi ai piedi della Croce e uno, posto sulla volta, rappresentante l'apparizione della Vergine de La Salette. Altri affreschi sono quelli dei quattro evangelisti, posti sulle trombe d'angolo della cupola, in modo simile a quanto accade nella chiesa del Buon Consiglio o nella parrocchia di sant'Antonio Abate. Una statua dal grandissimo valore artistico è posta sull'altare, rappresentante la Vergine de La Salette. Sono presenti inoltre varie statue, fra le quali si vedono una rappresentante sant'Isidoro, una rappresentante san Pio da Pietrelcina, una raffigurante Sant'Antonio da Padova e una raffigurante san Francesco d'Assisi, oltre ad un pulpito di legno databile al XIX secolo. Costruita e benedetta nel 1945, la chiesa originale era composta da una navata che culminava in un altare al centro del quale era posta un'icona del Cristo Emmanuele Redentore del Mondo. Il ministero nella chiesa originale procede tranquillo dal 1945 al 1979, quando questa viene chiusa per condizioni inagibili della struttura. A peggiorare le cose, inoltre, influì il Terremoto dell'Irpinia del 1980. L'ultimo rettore della chiesa fu don Vincenzo Rosanova, poi diventato parroco della parrocchia di Sant'Antonio Abate e restato tale dal 1985 al 2009. Contemporaneamente, nel 1985 è posto un prefabbricato per soddisfare l'esigenze della popolazione. Nel 1997 la chiesa viene eretta Parrocchia e don Luigi Di Giovanni ne diventa il primo parroco. Nel 2001 don Luigi Elefante diventa il secondo parroco della chiesa parrocchiale di Gesù Redentore in Pontone. Lo stesso parroco don Luigi, ha avviato una raccolta fondi e iniziato i lavori per la costruzione della nuova parrocchia di Gesù Redentore, che è diventata uno dei più grandi edifici di culto del paese Ultimata nel 1946, la prima pietra fu posata il 17 dicembre 1939. La consacrazione avviene il 29 ottobre 1950, festività di Cristo Re, quando il vescovo di Castellammare mons. Federico Emanuel la intitola a Gesù Bambino. La chiesa, ad una navata, mostra sull'altare, posta in baldacchino in metallo dorato, la statua lignea del Bambino Gesù, il quale proviene dalla chiesa parrocchiale di sant'Antonio Abate, dopo essere stato in via Casa D'Auria e in Pozzo dei Goti (Angri). Nella chiesa, inoltre, sono presenti varie opere d'arte di antica data (oltre ovviamente al Bambinello originale, che era datato alla metà del XIX secolo), come le due tele provenienti dall'abbazia di Santa Maria di Realvalle di Scafati, rappresentanti una la Madonna con il bambino fra i santi Bruno e Giacomo apostolo (risalente al 1701) e l'altra rappresentante la Regina delle Vittorie (particolarmente posta davanti al bosco di Scafati, data tra il secolo XVII e il XVIII, che celebra la vittoria di Carlo I d'Angiò su Manfredi dopo la battaglia di Benevento) e una statua dell'Immacolata Concezione, risalente al XIX secolo e proveniente dalla Certosa di San Giacomo di Pozzo dei Goti. Chiesa più antica di Sant'Antonio, ora non più in uso, è risalente al XIII secolo circa, posta sulla strada che collegava la città di Nuceria Alfaterna alla città di Castrum ad Mare Stabiae, risalente all'epoca romana. La prima prova certa della presenza della chiesa risale all'anno 1470, anche se si intuisce che la chiesa sia molto più antica. Nel 1470, infatti, la chiesa viene inserita nella descrizione di un feudo, il feudo dei Certosini di Pozzo dei Goti. Nel 1520 monsignor Geronimo Cannavacciuolo, vicario generale della diocesi di Lettere, parla appunto della chiesa in una bolla, data la morte del sacerdote don Tolomeo Pentangelo, consacrando nuovo prete della chiesa il sacerdote Andriano Sorrentino. La chiesa viene visitata il 17 settembre 1627 da mons. Andrea Caputo, vescovo di Lettere, che la trova però sprovvista nella decorazione e anche nella struttura. Va notato che la chiesa era infatti l'unico riferimento per tutti i contadini che abitavano le zone contigue e che già da un po' di tempo aveva costituito il Borgo di Sant'Antuono ed erano in continuo aumento. Il 27 dicembre 1651 la chiesa riceve una nuova visita da parte del nuovo vescovo di Lettere, monsignor Onofrio De Ponte, il quale viene in visita del cappellano, il sacerdote don Onofrio De Angelo (originario di Gragnano). Il 27 giugno 1735, il vescovo di Lettere mons. Agostino Giannini effettua la Santa Visita alla chiesa e nomina nuovo sacerdote l'abate della chiesa parrocchiale di sant'Antonio Abate a Porta Capuana, parrocchia del Borgo Sant'Antonio Abate di Napoli, don Giovanni Battista Zola. Il successivo parroco diviene don Francesco Grasso, che riceve la visita dello stesso mons. Giannini, nel 15 ottobre 1746. Il vescovo di Lettere monsignor Bernardo Maria della Torre la fa ingrandire e ristrutturare, in modo da renderla molto più adeguata alle esigenze della popolazione. Lo stesso Bernardo della Torre la erige parrocchia di sant'Antonio Abate in Lettere nel 1813, rimanendo tale fino al 1829, quando, con il completamento della nuova chiesa parrocchiale di sant'Antonio Abate, questa riceve il titolo con la benedizione, avvenuta il 5 febbraio 1829, da parte di don Bonaventura Rispoli, primo parroco della nuova chiesa. Sarà però in questa chiesa che, grazie a Leonardo Santoro, su decreto reale di Ferdinando II re di Napoli, verrà istituita la confraternita dell'Immacolata Concezione. La confraternita userà la chiesa come propria chiesa dal 1834 all'inizio degli anni quaranta del XIX secolo, quando questi si spostano nella seconda chiesa di sant'Antonio Abate, la quale, con il completamento della nuova parrocchia (l'attuale chiesa parrocchiale di sant'Antonio Abate), aveva perso il titolo ed era stata dai confratelli intitolata all'Immacolata Concezione di Maria. Dopo lo spostamento nella nuova chiesa della Congrega (costruita in sopraelevazione), la chiesa viene adibita, dalla stessa Confraternita, a cripta funeraria per gli stessi confratelli. La chiesa, ad una navata ed in stile romanico con volte a vela e archi a tutto sesto, è stata poi spogliata di tutte le decorazioni, e sono ora visibili solo gli elementi architettonici, oltre agli ambienti romani ad essa contigui, data l'antica costruzione della chiesa e la sua posizione. Costruita nel 1813 per soddisfare le esigenze della popolazione durante la costruzione dell'attuale chiesa parrocchiale di Sant'Antonio Abate in sopraelevazione dell'antica chiesetta di Sant'Antuono. La chiesa fu allora intitolata all'Immacolata Concezione dalla confraternita dell'Immacolata Concezione del dottor Leonardo Santoro, medico di camera delle Altezze Reali, oltre che professore di medicina e chirurgia alla Regia università degli Studi di Napoli. Il primo priore della confraternita fu eletto Filippo Ferrigno Santoro, nipote di Leonardo. Ad una sola navata, viene definitivamente completata (anche nelle decorazioni) qualche decennio dopo la metà del XIX secolo. La chiesa è ricca di opere d'arte, dovute anche ai vari finanziamenti ricevuti dai Confratelli per abbellirla. Prima fra tutte è, ad esempio, l'edicola votiva della Madonna del Rosario, che si trova appena fuori dalla chiesa in mattonelle maioliche, posta sulla parete absidale esterna della chiesa. Ai lati della navata sono presenti i bancali in legno, ove siedono i confratelli durante le celebrazioni, e la stessa navata si conclude con l'altare dell'Immacolata, ove è posta la statua dell'Immacolata. Le vesti stesse dei confratelli sono del tutto identiche a quelle indossate dalla statua della Vergine Maria. Nella chiesa è presente anche un confessionale in legno datato alla costruzione della chiesa, ancora in ottime condizioni, realizzato dal maestro di Pagani Domenico Mantiello. Il pavimento della chiesa è fatto, come l'edicola votiva, anch'esso di 2200 mattonelle maiolicate. Fra gli affreschi presenti nella chiesa, si notano quattro affreschi di parete, tutti eseguiti dall'artista Francesco Galizia di Angri, raffiguranti la Buona Comunione, la Rosa Mistica, la Buona Confessione e la Torre d'avorio. Quest'ultimo dipinto è molto interessante perché la Torre d'avorio viene rappresentata dall'artista in modo molto simile alla torre principale del Castello di Lettere, specie nel suo aspetto come si presenta se visto proprio da Sant'Antonio Abate. Nelle pareti della chiesa sono inoltre presenti tre nicchie, dentro le quali sono presenti le statue di San Ciro di Alessandria, San Ludovico di Tolosa e del profeta Elia. Sulla volta è presente un affresco rappresentante la proclamazione del Dogma dell'Immacolata Concezione. La chiesa beneficia di due campane, una risalente al 1857 e l'altra risalente al 1881. La costruzione della chiesa, intitolata a San Giuseppe padre putativo di Gesù, inizia nel 1931 nell'area di un precedente fabbricato. La chiesa viene completata nel 1936 e viene benedetta da mons. Pasquale Ragosta, Ordinario Diocesano. La chiesa è ad una sola navata, che si conclude con l'altare, in marmo arabescato, dietro al quale è presente il tabernacolo, inserito in una struttura in marmo a forma di croce. Al di sopra del tabernacolo, poggiata su una base di marmo pendente al muro, vi è una statua di San Giuseppe Artigiano, raffigurato come un carpentiere nell'atto di intagliare un tronco di legno. La chiesa contiene inoltre, oltre ad un artistico confessionale in legno, di dodici formelle rappresentanti la sequenza della Via Crucis, e di due statue, raffiguranti una la Madonna con il bambino e l'altra il Sacro Cuore di Gesù, poste l'una alla destra e l'altra alla sinistra dell'altare. Sul soffitto è presente un notevole dipinto, rappresentante il Transito di San Giuseppe, dell'artista Beniamino Gargiulo. La chiesa beneficia inoltre di un portale d'ingresso in legno e di una torretta campanaria sulla quale è posta anche una piccola campana. Della stessa struttura della chiesa fa parte, inoltre, il Centro Pastorale San Giuseppe, usato fino a qualche anno fa per le attività pastorali della parrocchia, quando si è cominciato ad usare il nuovo centro in costruzione, il Centro Pastorale Santa Maria Rosa Nova, grande progetto portato avanti dai parroci. La chiesa fu edificata nei primi cinquanta del XX secolo su un terreno donato dalla sig.ra Teresa Santonicola alla nascente comunità di Suore Carmelitane e di Piccole Ancelle di Maria Regina, unite nell'Unione Opere Pie di Somma Vesuviana. La comunità si sposta da Somma Vesuviana a Sant'Antonio Abate, proprio in località Teilliti, dove però non hanno un grande seguito. La superiora allora dona lo stabile alle locali Gerardine. La chiesa era aperta al culto dal 1956, ed era retta dai Padri appartenenti alla congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, comunemente detti Dehoniani. Dal 1970 il rettore è don Giovanni D'Auria. La chiesa è stata ricostruita, con il complesso monacale, nel 1981, in seguito ai danni subiti a causa del sisma dell'Irpinia del 1980. La chiesa è a una navata, alla fine della quale vi è un altare. Sul lato sinistro della chiesa, poco prima dell'altare, è presente una tela raffigurante la Vergine del Carmelo, titolare della chiesa. Nella chiesa sono presenti, inoltre, due Bambinelli, un pannello ligneo raffigurante la Vergine del Carmelo, una statua raffigurante il Sacro Cuore di Gesù e una statua raffigurante San Gennaro. La costruzione della suddetta cappella avviene agli inizi degli anni sessanta del XX secolo, assieme alla scuola missionaria gestita dai Padri della congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù. L'architettura dell'edificio è moderna, sorretta da poderosi archi che ricordano alcune chiese americane. La chiesa, ad una navata, termina in un altare in marmo al di sopra del quale è presente un grande dipinto raffigurante l'ultima cena. Ai lati della cappella sono presenti vari pannelli della Via Crucis di stile moderno, a opera dell'artista Livio Orazio Valentini, risalenti al 1963. Un'altra importante tela presente nella chiesa è quella raffigurante Cristo Sacerdote, opera dell'artista Luigi Fortunato. La cappella, completata nel 1936, venne edificata assieme al civico cimitero, risalente al 1934. La pianta della cappella è circolare e la parte più rappresentativa è l'enorme cupola, la cui pianta coincide con quella della cappella, di colore blu. All'esterno della cappella è presente un pannello in mattonelle, raffigurante Cristo Risorto. L'altare, di marmo, è posto in modo opposto all'entrata, con i banchi che si pongono circolarmente rispetto ad esso. Nella cappella sono presenti varie statue, tra cui una rappresentante l'Immacolata Concezione e un'icona del Cristo Pantocratore. Nel territorio comunale sono state ritrovate diverse costruzioni di epoca romana, tra cui una villa, denominata Villa Sant'Antonio Abate, scoperta nel 1974, di tipo rustico: a pianta quadrata conserva una parte d'otium, dedicata ai proprietari, ed una zona fructuaria, riservata alle attività agricole. Abitanti censiti La maggior parte della popolazione è cattolica di rito latino. La città fa parte dell'arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia ed il santo patrono è sant'Antonio Abate, compatrono san Gerardo Maiella. Il 2 febbraio 1931 don Mosè Mascolo vi fondò la congregazione delle Suore gerardine di Sant'Antonio Abate. Particolarmente sentita, data la festa del santo patrono, è la fiera che si tiene ogni anno nei giorni adiacenti al 17 gennaio, data che segna la ricorrenza di Sant'Antonio Abate. La fiera, che ha il suo cuore nella fiera campionaria, dura ogni anno dai nove agli undici giorni. La fiera campionaria, posta all'interno di una tendostruttura, si trova accanto a vari stand gastronomici di locali del paese che, data anche la nomenclatura della fiera, servono specialmente porchetta. La vigilia della festa del santo, inoltre, è di tradizione l'accensione del cippo, un colossale fuoco alimentato da rami d'ulivo nel quale tutti i fedeli sono tenuti a lanciare bigliettini contenenti peccati da ardere nel fuoco (uno dei tanti attributi di Sant'Antonio Abate), attorno al quale si balla e si intonano canti della tradizione popolare locale (e, in particolare, le varie tammurriate). L'apice delle celebrazioni si raggiunge il 17 gennaio, giorno dedicato appunto alla memoria del santo, durante il quale le strade si popolano di venditori ambulanti e l'affluenza alla fiera campionaria diventa massima. Particolare anche è la benedizione degli animali domestici da parte dei parroci. Durante il pomeriggio ha luogo la grande processione religiosa in onore del santo patrono, alla quale partecipano, oltre ai parroci, i membri della Confraternita dell'Immacolata Concezione (fondata dal dott. Leonardo Santoro nel 1834), le autorità civili e militari e i fedeli. A caratterizzare la processione i fedeli ai balconi che creano un'atmosfera di festa con fuochi d'artificio e partecipazione alle preghiere e ai canti. La fiera prosegue con i vari spettacoli ed esibizioni fino alla domenica successiva. Prima del 1929, quando il comune di Sant'Antonio Abate apparteneva alla gestione comunale di Lettere la popolazione andava, ed ancora oggi rispetta questa tradizione, a piedi fino a Lettere per venerare la santa patrona Sant'Anna. Sul territorio abatese sono presenti circa sedici edifici scolastici statali. Sei scuole materne, sei scuole primarie, tre scuole secondarie di primo grado ed infine una scuola secondaria di secondo grado (il Liceo Scientifico Statale Ernesto Pascal di Pompei, presente con una sede staccata abatese). La compagine calcistica principale di Sant'Antonio Abate è l'A.C. Sant'Antonio Abate 1971, che gioca le partite casalinghe presso lo Stadio Comunale "Vigilante Varone". Nella stagione 2020-2021 la squadra milita nel campionato regionale di Eccellenza, dopo circa sette presenze nel massimo campionato dei dilettanti. La città ospita anche una squadra di basket, la Pallacanestro Antoniana, le squadre di pallavolo maschile e femminile del Santa Maria Rosa Nova Volley, che gioca le partite casalinghe presso il Pala Officina, e la squadra di pallavolo femminile dell'Abatese Volley, che gioca le gare casalinghe presso il PalaTenda. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Sant'Antonio Abate Sito ufficiale, su comune.santamariaamonte.pi.it.