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Stazione di Madonna delle Grazie

Pagine con mappeStazioni ferroviarie di Gragnano
Stazione di Madonna delle Grazie 2
Stazione di Madonna delle Grazie 2

La stazione di Madonna delle Grazie è una fermata ferroviaria di Gragnano ed è ubicata lungo la ferrovia Torre Annunziata - Gragnano.

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Stazione di Madonna delle Grazie
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Stazione di Madonna delle Grazie 2
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Luoghi vicini

Scavi archeologici di Stabia
Scavi archeologici di Stabia

Gli scavi archeologici di Stabia hanno restituito i resti dell'antica città di Stabia (in latino Stabiae), nell'area dell'odierna Castellammare di Stabia, presso la collina di Varano, oltre a un insieme di costruzioni che facevano parte del suo ager. La campagna di scavi iniziò nel 1749, durante il regno di Carlo di Borbone tramite cunicoli, mentre per delle indagini ordinate e sistematiche a cielo aperto bisognerà attendere il 1950, anno a partire dal quale fu centrale l'opera del preside Libero D'Orsi. Di dimensioni minori rispetto agli scavi di Pompei e di Ercolano, permettono di osservare un diverso aspetto dello stile di vita degli antichi romani: infatti, mentre le prime due località erano delle città, Stabia, dopo un passato di borgo fortificato, era in epoca romana un luogo di villeggiatura, in cui furono costruite numerose ville residenziali decorate con pitture e abbellite con suppellettili; non mancavano, tuttavia, ville rustiche. Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce solo una piccola parte dell'antica città: sono visitabili la Villa San Marco, Villa Arianna e il secondo complesso; certa è l'esistenza di altre ville, come quella denominata del Pastore o di Anteros ed Heraclo, ancora parzialmente o completamente interrate, mentre altre ancora sono totalmente inesplorate: nella zona dell'ager stabianus (così veniva chiamato all'epoca dai romani il territorio che ricadeva sotto l'influenza di Stabia e che comprendeva oltre alla cittadina stabiana anche i territori degli attuali comuni di Sant’Antonio Abate, Santa Maria la Carità, Gragnano, Casola di Napoli e Lettere), sono presenti una cinquantina di costruzioni tra ville d'otium e ville rustiche. Per dare un nuovo impulso turistico al sito sia il comune, che diverse fondazioni, come la Restoring Ancient Stabiae (RAS), hanno proposto progetti per la realizzazione di un parco archeologico e di un museo che possa raccogliere le opere, le suppellettili e quant'altro rinvenuto dagli scavi della collina di Varano. I reperti stabiani sono conservati in diversi musei del mondo: le più cospicue raccolte sono al Museo archeologico di Stabia Libero D'Orsi, che ha sostituito il precedente Antiquarium stabiano e al Museo archeologico nazionale di Napoli. Nel 2023 gli scavi hanno fatto registrare 32 899 visitatori.

Stadio Romeo Menti (Castellammare di Stabia)
Stadio Romeo Menti (Castellammare di Stabia)

Lo stadio comunale Romeo Menti è il maggior impianto sportivo di Castellammare di Stabia. È uno dei tre stadi di calcio italiani dedicati a Romeo Menti, attaccante del Grande Torino scomparso nella Tragedia di Superga: gli altri due sono quelli di Vicenza e di Montichiari. Ospita le partite interne della Juve Stabia. L'impianto sportivo possiede una capienza complessiva di posti 12 800, e nel 2024, posti a sedere omologati 7 642. Costruito nel 1984, fu intitolato a Romeo Menti prendendo il nome da una lapide commemorativa, posta nel vecchio impianto sportivo nel 1949, per volere della tifoseria stabiese, a memoria e ricordo delle gesta sportive del calciatore, a seguito della sua prematura scomparsa nella Tragedia di Superga, avvenuta nello stesso anno (il nome originario dello stadio è "stadio San Marco" ed è ancora così registrato al comune di Castellammare di Stabia). Fu inaugurato nel 1985 con un'amichevole contro l'Avellino che militava in Serie A: la Juve Stabia si impose per 3-1 davanti ad oltre 15.000 spettatori. Nel 2004 lo stadio è stato teatro della sfida Juve Stabia-Massese valevole come finale di ritorno di Coppa Italia Serie D 2003-2004, finita 4-2 per i padroni di casa. Nel 2006 lo stadio ospitò il derby contro il Napoli nel girone B della Serie C1: la Juve Stabia vinse 3-1 davanti ad oltre 10.000 spettatori. Ad aprile 2011 la Juve Stabia ha disputato nello stadio la finale di Coppa Italia Lega Pro contro il Carpi, terminata con la vittoria per le "vespe". Nel giugno dello stesso anno, sono state disputate le gare di andata valevoli per gli scontri play-off Lega Pro Prima Divisione 2010-2011, dove la Juve Stabia ha affrontato prima il Benevento terminata con il risultato di 1-0 e poi l'Atletico Roma finita 0-0. Nell'estate 2011 sono stati eseguiti nuovi lavori di adeguamento dello stadio (nuova Tribuna stampa, palestra e nuovi spogliatoi) per permettere alla Juve Stabia, neo promossa in Serie B, di disputare le partite casalinghe di cadetteria, inoltre nel luglio nel 2012 il comune di Castellammare di Stabia ha fatto eseguire nuovi lavori di restyling tinteggiando i gradoni di tutti i settori con i colori sociali della squadra giallo-blu. Il 28 ottobre 2017 in occasione della partita di campionato di Serie C, Juve Stabia-Rende (1-0), viene inaugurato il nuovo manto erboso sintetico. Inoltre nella stessa giornata viene intitolata una parte della tribuna centrale all'ex presidente delle vespe dal 1991 al 2001, Roberto Fiore scomparso nel febbraio dello stesso anno. Curva San Marco (tifosi locali): 1.800 posti a sedere; Tribuna Varano: 2.200 posti a sedere; Tribuna Quisisana: 2.200 posti a sedere; Tribuna Monte Faito: 2.200 posti a sedere; Tribuna Panoramica: 300 posti a sedere; Curva Ferrovia (settore ospiti): 1.500 posti a sedere. Lo stadio è dotato un manto di erba sintetica di ultima generazione che, grazie all'intaso prestazionale Ecofill, garantisce il rispetto della sicurezza e delle performance dei giocatori, omogeneità su tutta la superficie del gioco, un'eccellente risposta allo shock e un ritorno energetico controllato. Inoltre, assicura un minor assorbimento di calore e pieno rispetto dell'ambiente circostante. Il nuovo manto ha ottenuto la certificazione FIFA 2 Star. Lo stadio è ubicato a Castellammare di Stabia al civico 283 di via Giuseppe Cosenza, una delle arterie principali della città. La sua centralissima posizione consente ai tifosi locali ed ospiti di raggiungere l'impianto agevolmente anche con i mezzi pubblici o a piedi da diversi punti della città. Lo stadio del quartiere San Marco, da cui in passato prendeva la denominazione, dista poche centinaia di metri dalla stazione Circumvesuviana di Via Nocera. Per favorire l'afflusso delle tifoserie ospiti, l'impianto dispone di un ingresso privilegiato facilmente raggiungibile dall'uscita autostradale e dalla stazione ferroviaria della Circumvesuviana. Nella stagione 2019-2020, la Cavese usufruisce del Romeo Menti a causa dell'inagibilità dello Stadio Simonetta Lamberti. Castellammare di Stabia S.S. Juve Stabia Romeo Menti Sport in Campania Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stadio Romeo Menti

Santa Maria la Carità
Santa Maria la Carità

Santa Maria la Carità è un comune italiano di 11 617 abitanti della città metropolitana di Napoli in Campania. È posizionato nella piana stabiese-vesuviana, al confine con l'Agro Nocerino-Sarnese. La sua struttura urbana è a raggiera e parte da piazza Borrelli. Il nome è ispirato e riflette il culto della Santa patrona: Santa Maria delle Grazie; l'aggiunta "la Carità" è probabilmente una designazione locale e per superare casi di omonimia con altre località. Le prime notizie sulla città risalgono al 900 a.C. allorquando le genti Osche cominciarono a insediarsi sul territorio. Si trattava di insediamenti rurali che sorgevano in un'area di intenso traffico commerciale. Dall'insediamento dei Sanniti (500 a.C.) all'eruzione del Vesuvio (79 d.C.) si susseguirono tutta una serie di cruente guerre e sanguinose battaglie nelle quali eserciti di diverse origini, scorrazzando nelle pianure del Sarno, razziavano le campagne alla ricerca di approvvigionamenti alimentari. Successivamente, nel 574 d.C., i Longobardi invasero il sud Italia arrivando nella piana del Sarno. Dopo secoli di relativa pace, sul finire del primo millennio (950 d.C.), i Longobardi cominciarono a edificare sul territorio torri militari di avvistamento per difendersi dalla minaccia apportata dai Saraceni, che invano avevano tentato di raggiungere Amalfi da Gragnano. Proprio una di queste torri, secoli e secoli dopo, diverrà il campanile della chiesa di Santa Maria la Carità. La tradizione vuole che l'antica strada di collegamento tra il Sarno e i Monti Lattari passasse sotto la torre-campanile in prosecuzione con l'attuale via Pioppelle. D'altro canto, le grandi aperture alla base del campanile, tuttora esistenti, avrebbero proprio questo scopo funzionale. Una data storica importante è il 1318, quando re Roberto d'Angiò delimita il feudo di Cancelleria stabilendo come termine di confine la chiesa di Santa Maria la Carità. Dal 1450 circa fino alla fine del XIX secolo si susseguirono numerosissimi tentativi di bonificare quei territori a tratti paludosi che causavano numerose morti per malaria. Ma solo nel 1855 Ferdinando II di Borbone istituirà l'Amministrazione delle Bonificazioni. Ultimo focolaio bellicoso prima delle grandi guerre mondiali sorse nel 1860, quando numerosi sammaritani antigaribaldini, dopo violenti scontri, si diedero al brigantaggio non potendo far valere diversamente la propria fedeltà ai sovrani borbonici. La presenza all'interno della chiesa di Madonna delle Grazie di un quadro di Sandro Botticelli è accertata fin dalla fine del '400 quando lo stesso artista, su spinta di papa Sisto IV, decise di donare il quadro della Madonna con Bambino al territorio sammaritano con lo scopo di entrare nelle grazie della famiglia Medici proprietaria di alcuni terreni in quella zona. Negli anni '60 il quadro viene spostato in seguito a lavori di restauro della chiesa, da quel momento si perde ogni traccia dell'opera fino al dicembre del 2023 quando viene ritrovato in condizioni critiche e successivamente sottoposto ad un'opera urgente di restauro. Le ultime date degne di nota appartengono tutte al ventesimo secolo. Nel 1950 nascono le prime proposte di legge per istituire il comune autonomo di Santa Maria la Carità, ma si deve attendere fino al 1978 per ottenere la totale autonomia dal comune di Gragnano. Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con DPR del 21 dicembre 1989. Lo stemma si presenta di rosso, a tre stelle di otto raggi, male ordinate, d'oro; al capo d’oro, caricato delle lettere maiuscole S e M, di azzurro. Ornamenti esteriori da Comune. Il gonfalone è un drappo di azzurro. Chiesa di Santa Maria la Carità. Pur risalendo probabilmente XVII secolo, è stata oggetto di continue trasformazioni, tra le quali la più radicale fu senz'altro quella del 1935, anno indicato anche nell'iscrizione collocata nel prospetto. La facciata, di linee classicheggianti, è costituita da un corpo centrale dove l'ordine gigante delle colonne con capitelli compositi, impostate su un alto basamento, inquadra sia il portale architraviato con timpano sia il finestrone superiore. Chiesa di Santa Maria del Carmine. Edificata nel 1825. Chiesa della Madonna delle Grazie. Rimasta, purtroppo, in uno stato di evidente degrado che ne compromette la staticità. L'edificio mostra sul prospetto tratti ancora visibili di lesene che inquadrano un portale lapideo, mentre l'interno a unica navata è ritmato da paraste e cornici che emergono sulla tradizionale muratura in conci di tufo. Cimitero di Santa Maria la Carità, edificato nel 2019 Ville di epoca romana: Nel territorio sammaritano sono state ritrovate diverse ville di epoca romana, che risalgono al I secolo a.C. In alcune di esse si può notare che conservano ancora una cella vinaria, una frumentaria, una olearia e una fructuaria. Abitanti censiti Festa patronale di Santa Maria delle Grazie il 2 luglio (prima domenica di luglio) e 21 novembre. Santa Maria la Carità possiede un'unica frazione, denominata "Petraro", al confine con Castellammare di Stabia. La frazione si sviluppa attorno alla Chiesa di Santa Maria del Carmine. Le maggiori attività economiche della piccola cittadina campana sono l'agricoltura, con la produzione di pomodori, frutta e olive, la floricoltura e, per quanto riguarda l'aspetto industriale, ci sono piccoli stabilimenti di materiali da costruzione, soprattutto per il lapilcemento. AA. VV., Santa Maria la Carità. Il mio Paese, tra passato, presente e futuro, Scuola Elementare, 2002 D'Amora - Cascone, Frammenti di memorie, a cura della Proloco, 1996 Di Massa Giuseppe, Santa Maria la Carità, Trenta Anni di Autonomia, Tremila Anni di Storia, 2008 Di Massa Giuseppe, La chiesa di Santa Maria del Carmine al Petraro, EIDOS 2004 Girace Francesco, La voce della campagna, Strenna rurale, 1905 Scala Raffaele, Appunti per una storia di Santa Maria la Carità in La Camera del Lavoro di Gragnano, Nicola Longobardi Editore, 2010 Storie di Santa Maria la carità "Armandino storia di un grande Uomo" Storie di Santa Maria la carità " l'illustre Armandino e le mele Scala Raffaele - Cascone Ettore, Santa Maria la Carità. 23 settembre 1943: una strage dimenticata, BookSprint Edizioni, 2017 Antonio D' Amora, Il "mio" Comune.Cenni storici e lotta per l'Autonomia, 2011 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Santa Maria la Carità Sito ufficiale, su comune.santa-maria-la-carita.na.it.

Antiquarium stabiano

L'Antiquarium stabiano è stato un museo archeologico ubicato a Castellammare di Stabia che raccoglieva una collezione di circa 8.000 reperti provenienti dal sito archeologico dell'antica città di Stabiae: chiuso dalla fine degli anni novanta, è stato sostituito nel 2020 dal Museo archeologico di Stabia Libero D'Orsi. L'Antiquarium stabiano venne inaugurato nel 1957 per volere di Libero D'Orsi, il quale, nel 1950, aveva intrapreso una campagna di scavi sulla collina di Varano, per riportare alla luce le vestigia dell'antica città romana di Stabiae: il museo fu realizzato in diversi ambienti di una scuola media di Castellammare di Stabia del quale Libero D'Orsi era preside, e arrivò a raccogliere oltre 8.000 reperti, non solo provenienti dalle ville stabiane, ma anche dalle altre costruzioni che nel corso degli anni venivano esplorate nel territorio che un tempo facevano parte del cosiddetto ager stabianus; rimasto aperto fino alla fine degli anni novanta, fu chiuso in attesa di una miglior collocazione. Inoltre, gran parte della collezione è stata rimossa dalla sua posizione originale per far parte delle mostre Otium Ludens ed In Stabiano, mentre una piccola parte dei reperti è stata trasferita al museo diocesano sorrentino-stabiese. L'Antiquarium stabiano è stato sostituito nel 2020 dal Museo archeologico di Stabia Libero D'Orsi, che ne ha inglobato la collezione, ubicato nella reggia di Quisisana. Il museo si articolava in undici sale, di cui due, la cinque e la dieci erano utilizzate come deposito. La Sala I conteneva due bacheche, sedici antefisse, quattro anfore e un dolia tutti in terracotta, due stele funerarie, due capitelli dorici in tufo risalenti al IV secolo a.C. e cinquantasei affreschi, provenienti per la maggior parte dell'atrio di Villa San Marco: tra queste si ricordano Edipo interroga la Sfinge, Paesaggio con scena mistica, Paesaggio fluviale nilotico con architettura, Giove redimito, Dioniso, Pan musico e caprone, Atteone sbranato dai lupi e resti di intonaci raffiguranti volti di donne, animali e pesci; nella stessa sala era esposta una testa raffigurante Medusa ed un frammento di parete proveniente da Villa Sant'Antonio Abate, sul quale è riportato il graffito: Si tratta di un reperto fondamentale per la storia stabiana in quanto è la più antica testimonianza scritta nella quale si riconosce la parola Stabiani. Nella Sala II erano raccolti ventisei stucchi provenienti da Villa Petraro, in particolar modo dagli ambienti termali, tra cui quelli raffiguranti due pugili, Dedalo e Pasifae, Aura su Cervide, Psiche, Narciso, Eros, la Personificazione del fiume Sarno, un Satiro con capro e un Satiro con rython e numerosi frammenti di affreschi staccati sia da Villa San Marco che da Villa Arianna con la Quadriga di Elios, Apollo arciere, Pastore e caprone, Paesaggio di villa marina e il Gruppo del Teseo. Seguivano poi quattro bacheche all'interno delle quali erano raccolti oltre duecento oggetti ritrovati nelle necropoli stabiane: in particolar modo vasi corinzi, campani e sannitici, buccheri, una kylix attica della scuola dei miniaturisti; erano conservati anche reperti di origine romana come un piatto in pasta vitrea, cerniere di porte, lucerne e ventidue oggetti in vetro. Nella Sala III erano esposti nove anfore, un'olla, uno stamnos in terracotta e trentotto quadretti provenienti da Villa San Marco e Villa Arianna: dalla prima si ricorda il Planisfero, Melpomene, Minerva, il Cavaliere a caccia, Medusa Passardi, Hermes e diversi paesaggi e nature morte, come raffigurazioni di fogliame, selvaggina e fichi, mentre dalla seconda Teseo trattenuto da Minerva, Centauro marino con fanciullo, Centauro con fanciulla e donna e l'Estetica; completano la sala altri centosettanta pezzi ritrovati nelle necropoli tra cui vasi corinzi e attici, fibule, oggetti in bronzo e vasi per impasto. Nella Sala IV si trovavano gli affreschi staccati da Villa Carmiano, caratterizzati dallo stampo tipicamente ellenistico: tra le varie opere il Trionfo di Dioniso, Bacco e Cerere, Nettuno e Amimone, un Sileno, un Satirello e un affresco raffigurante Tetide che trasporta Achille su un ippocampo all'isola dei beati; era poi ricostruito un larario, con edicola in stucco incorniciato da due colonne, sul cui fondo è dipinta Minerva armata e seduta su un trono: l'opera si conclude con il disegno di un serpente nell'atto di mangiare delle uova e della frutta, offerti dai proprietari della villa. Da un cubicolo della stessa villa inoltre proveniva un quadretto di tipo erotico raffigurante una copulazione a tergo. La Sala VI, dalle dimensioni ridotte, ospita sessantadue frammenti di affreschi, come una donna addolorata, un amorino ed una testa di vecchio, delle testa in stucco bianco e sessantasei tra gusci di ostriche e conchiglie; sulle pareti erano apposti tre resti di pavimento in opus sectile e una raffigurazione di un uomo orante nei pressi di una tomba, di fattura che ricorda la futura pittura impressionistica. All'interno della Sala VII era conservata una tomba ad incinerazione, risalente all'età del ferro con tutto il suo corredo: all'interno erano ossa bruciate, un coltello, anelli e fibule, mentre all'esterno tredici vasi arcaici. Nelle diciotto bacheche esposte lungo le pareti erano conservati pezzi di ceramica attica, corinzia ed etrusca o di fattura locale, oggetti in bronzo ed in ferro: in tutto si contavano oltre un migliaio di reperti, provenienti in larga parte dalla necropoli di Madonna delle Grazie. Nella stessa sala erano esposti quattordici affreschi, tra cui diverse nature morte ed un quadretto proveniente dal tepidarium di Villa San Marco, sette capitelli marmorei, due lapidi in marmo, due anfore in terracotta, una macina ed un mortaio. Nella Sala VIII erano conservati reperti ritrovati durante la costruzione della cappella di San Catello della cattedrale di Castellammare di Stabia: basi di colonne, capitelli, sarcofagi con coperchi, lapidi, due steli funerarie, statue, fregi e anfore in terracotta; caratteristica è l'iscrizione funeraria di Gaio Longinio Proculo, formata da quattordici esametri e scritta in latino classico e il sarcofago di Giulio Longinio, decorato nella parte centrale da Apollo, Minerva e le nove Muse, oltre ad ippocampi, delfini ed amorini. Di rilevante importanza anche un cippo miliare risalente al 121 che testimonia la ripresa della vita nella zona dopo l'eruzione del Vesuvio del 79; tutti questi reperti sono stati trasferiti al museo diocesano sorrentino-stabiese. Completavano la sala due statue in marmo sarnese, proveniente da una villa rustica ritrovata nel fondo Pellicano e oggetti da cucina in bronzo ritrovati a Villa Carmiano. Anche all'interno della Sala IX erano presenti altri reperti provenienti dalla cattedrale, in particolare settantasei oggetti di epoca romana e cristiana come lucerne, frammenti di vetro e d'osso ed una fibula in avorio raffigurante i santi Pietro e Paolo nell'atto di abbracciarsi. Erano conservati anche reperti di epoca più recente come un monumento sepolcrale del XVI secolo ed una lastra marmorea affissa su un torre di guardia della città, chiamata Torre Alfonsina, che riportava due iscrizioni una del 1635, l'altra 1795. Su una parete era collocato un portale in piperno del XV secolo, staccato dall'antica chiesa dedicata a San Francesco, poi abbattuta: anche questo, insieme agli altri oggetti di questa sala sono conservati nel museo diocesano sorrentino-stabiese. In una bacheca era inoltre esposta lo scheletro di una donna stabiana morta durante l'eruzione del Vesuvio nel 79. Nella Sala XI erano esposti 27 frammenti di affreschi di soffitto e 50 frammenti di affreschi parietali raffiguranti donne in corsa, animali, un sileno ed altri di dubbia identificazione, cinque corredi funerari provenienti dalla necropoli di Madonna delle Grazie, anfore in terracotta, lapidi, un capitello ed una meridiana; erano presenti tre sculture: due ritrovate all'interno di Villa del Pastore, ossia la statua del Pastore ed un labrum di una fontana ed un cratere in alabastro, proveniente dalla piscina di Villa San Marco. Infine due pezzi di pareti contenenti dei graffiti in lingua greca, di cui uno erotico, staccati da Villa Arianna e tre lastre funerarie proveniente una dalla villa del fondo Pellicano e le altre due dal sepolcreto dei Virtii. Lista di alcune opere che facevano parte della collezione del museo, spostate poi al Museo archeologico di Stabia Libero D'Orsi. In Stabiano - Cultura e archeologia da Stabiae, Castellammare di Stabia, Longobardi Editore, 2006, ISBN 88-8090-126-5. Arnold De Vos e Mariette De Vos, Pompei, Ercolano, Stabia, Roma, Editori Laterza, 1982, ISBN non esistente. Salvatore Ferrara, Stabiae: le ville e l'Antiquarium, Napoli, Biblioteca del Clero della Chiesa del Gesù, 1989, ISBN non esistente. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Antiquarium stabiano Castellammare di Stabia - Sito ufficiale della città, su comune.castellammare-di-stabia.napoli.it. (IT, EN) Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei - Sito ufficiale, su pompeiisites.org.