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Depugliano

Frazioni di LetterePagine con mappe
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Depugliano è una frazione di 900 abitanti del comune di Lettere nella città metropolitana di Napoli. Il paese è una delle nove borgate con annessa chiesa (casali con cura) che compongono il comune di Lettere già dal XVII secolo. Nel 1790 la frazione contava 490 abitanti.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Depugliano (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Depugliano
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Luoghi vicini

Santuario di Sant'Anna (Lettere)
Santuario di Sant'Anna (Lettere)

Il santuario di Sant'Anna è una chiesa monumentale di Lettere ed è sede della parrocchia di Santa Maria Assunta e San Giovanni Battista; è stata inoltre cattedrale della soppressa diocesi di Lettere ed al suo interno si venera sant'Anna, patrona della città. Quando la cattedrale nei pressi del castello di Lettere, dedicata a santa Maria Trinitatorum, divenne troppo piccola per le esigenze religiose, papa Pio V diede l'approvazione per edificare una nuova cattedrale, più grande e spostata nei pressi del centro del borgo. I lavori di costruzione iniziarono nel 1570 e terminarono nel 1600, ma la chiesa fu solennemente consacrata solo nel 1696 e dedicata a santa Maria Assunta e san Giovanni Battista: la prima struttura era caratterizzata da una semplice navata centrale, a cui in seguito furono aggiunti il transetto e la cupola del presbiterio. Le prime opere di restauro ed ampliamento si ebbero nel 1706, per volontà di monsignor Giovanni Cito, con la costruzione del campanile; nel 1721 venne completata la cappella dedicata a sant'Anna, voluta da monsignor Domenico Galisio, il quale fece aggiungere anche il coro, il battistero e una balaustra in marmo, poi rimossa. Anche sotto il vescovo Agostino Giannini furono svolti altri lavori di abbellimento, nel periodo compreso tra il 1740 ed il 1756; tuttavia fu verso la fine del XVIII secolo che si iniziò ad ipotizzare una nuova copertura, in quanto quella esistente era divenuta ormai fatiscente: la morte del vescovo Francesco D'Afflitto e la sede vacante per sei anni, ritardò l'inizio dei lavori. Nel 1789 Ferdinando I delle Due Sicilie stanziò una cifra di denaro per il restauro, vennero studiati due progetti, opera dell'ingegnere Giovanni Del Ganzi, di cui uno risultò il vincente nel 1790 e nell'anno successivo, con la nomina del nuovo vescovo Bartolomeo Criscuolo, la realizzazione della nuova copertura ebbe inizio. Tra il 1863 ed il 1875 fu ristrutturata la cappella di Sant'Anna, mentre nei primi anni del XXI secolo venne nuovamente rifatta la copertura, restaurata la facciata e sostituiti gli arredi interni. Alla chiesa si accede tramite una scalinata in piperno; la facciata, modellata più volte nel corso degli anni, si presenta strutturata nella parte centrale da un portale d'ingresso, sormontato da un finestrone semicircolare e lateralmente caratterizzato da una coppia di lesene, che racchiudono una nicchia, dove sono ospitate da un lato la statua di san Pietro e dall'altra quella di san Paolo, entrambe in stucco, realizzate nella seconda metà del XVIII secolo da uno scultore napoletano: la facciata si conclude con le paraste che sostengono un timpano triangolare spezzato. Il portale d'ingresso in bronzo è stato realizzato dallo scultore Tommaso Gismondi nel 1982 per volere di Gaetano Rosanova: benedetto dal vescovo Antonio Zama, ha un peso di circa venti quintali ed è composto da nove pannelli, otto dei quali, quattro a destra e quattro sinistra, raffigurato scene del Nuovo Testamento come l'Annunciazione, la Natività, il Battesimo di Gesù, l'Ultima Cena, la Crocifissione, la Risurrezione, la Discesa dello Spirito Santo e l'Assunzione, mentre sul grande pannello superiore è raffigurata sant'Anna portata in processione e sullo sfondo il castello di Lettere; il portale si completa con una cornice decorata con grappoli d'uva e spighe di grano e gli stemmi di papa Giovanni Paolo II e del vescovo Zama. Internamente la chiesa è lunga trentasei metri, larga dieci ed alta sedici: si presenta a croce latina, con navata unica, volta a botte a cassettoni e pavimentazione in marmo. Superato l'ingresso, ai lati, sono poste due acquasantiere e due lapidi che ricordano rispettivamente la riconsacrazione del tempio da parte di Angelo Maria Scanzano nel 1838 e il millenario della fondazione dell'ex diocesi di Lettere; addossata alla controfacciata, sulla cantoria sostenuta da due colonne, è posto un organo del XX secolo, realizzato dalla ditta Pacifico. Ai lati della navata, incastonate in archi e lesene in ordine ionico, si aprono sul lato destro quattro cappelle, mentre sul lato sinistro tre: le cappelle del lato destro sono dedicate, la prima, a san Michele Arcangelo, con tela del XVII secolo di autore ignoto, nella quale è anche conservata una lapide sepolcrale, la seconda a san Domenico, senza altare e con tela di ignoto del XVIII secolo, a cui si aggiunge un confessionale del XVII secolo e un'ulteriore lapide, la terza a san Giuseppe, con altare in marmo policromo e statua lignea del santo con in braccio il Bambino Gesù, entrambe del XVIII secolo, e la cappella della Pietà, in origine di patronato della famiglia Coppola, con tela del XVIII secolo. Le cappelle sul lato sinistro invece ospitano una tela raffigurante la Madonna tra san Pietro e san Giovanni Battista, opera di Nicola De Mimaco del 1722, oltre ad un fonte battesimale in marmo policromo fatto realizzare da monsignore Agostino Giannini nel 1765, in un'altra, la tela dell'Immacolata, probabilmente sempre del De Mimaco, un confessionale del XVII secolo, una statua in bronzo del 1986 effigiante il Battesimo di Cristo, opera di Egidio Ambrosetti e una lastra marmorea sepolcrale della famiglia Fattorosi e Barnabà e nell'ultima una tela rappresentante l'Annunciazione, realizzata tra il 1711 ed il 1724, oltre a una lapide della famiglia De Fusco. Sullo stesso lato si apre l'ingresso alla sagrestia, nella quale sono conservati: registri a partire dal XVI secolo, numerosi ex voto, una statua lignea del XVII secolo raffigurante l'Ecce homo, una stele funeraria dedicata a Cornelio Quartione ed un'urna cineraria del II o III secolo dedicata a Miniaria Prisca, vissuta tre anni, due mesi ed otto giorni, oltre ai vari paramenti per le funzioni religiose. Sull'arco trionfale trova sede un crocifisso in legno del XIV secolo, opera di un ignoto spagnolo, originariamente ospitato nella cappella di Sant'Anna. Al centro del transetto si trova un altare realizzato con i marmi provenienti dallo smembramento della balaustra; sulla parte destra, oltre ad un altro altare in marmo policromo del XIX secolo, è posta la tela raffigurante la Madonna del Carmine con san Giovanni Battista, san Lorenzo e sant'Orso, del XVIII secolo, un organo settecentesco e una statua dell'Immacolata. Nella parte sinistra del transetto si trova un quadro della Madonna del Rosario tra san Domenico e san Tommaso, una statua della Madonna del Rosario con il Bambino, entrambi con corone d'argento realizzate da Lorenzo Cavaliere e una tela di Santa Lucia, san Giovanni Battista, sant'Aniello ed il beato Fusco, del XVI secolo. Dal transetto si accede a due cappelle: una con statua del Sacro Cuore di Gesù, del XX secolo, in cartapesta, altare in marmo policromo, con al centro medaglione raffigurante Cristo che porta la croce e una tela del 1855 della Madonna del Rosario con i quindici misteri, mentre l'altra cappella è dedicata alla patrona della città, sant'Anna. Nella cappella di Sant'Anna, costruita nel 1721, sull'altare, è posto la statua lignea risalente al 1503 e commissionata da Antonio Mirobello: diversi giorni prima della festività, che cade il 26 luglio, quando la statua viene posta sull'altare maggiore, la gente usa raccogliere la polvere che si posa sul monumento durante il corso dell'anno. Nella parte alta della cappella sono presenti due mezzi busti in legno dei santi Orso e Clemente a sinistra e Candida e Lucida a destra: di questi santi sono conservati, in reliquari lignei, le ossa, donate dal vescovo Onofrio De Ponte, che le aveva ricevute dal cardinale Giambattista De Alteriis; a queste si aggiungono le ossa di diciannove martiri ed il sangue pietrificato di santo Stefano. Completano la cappella due tele, opera di De Mimico, ritraenti San Giuseppe ed il Bambino e San Giovanni Evangelista. Il presbiterio ha una pianta quadrata: l'altare maggiore è realizzato in marmi policromi ed al centro è posta la tela dell'Assunzione della Vergine, opera di Giuseppe Martorelli del XVIII secolo; ai lati sono disposti vari frammenti di lapidi che ricordano eventi della storia religiosa di Lettere. Esternamente alla chiesa è il campanile: alto circa trentadue metri, è stato edificato nel 1706 per volere di monsignor Giovanni Cito, danneggiato poi dal terremoto del 1980, è stato restaurato nel 2006; realizzato in parte in pietra calcarea ed in parte in tufo, ha uno stile moresco ed è suddiviso in quattro livelli: i primi tre sono a base quadrata, mentre l'ultima parte, che ospita la cella campanaria, è a pianta ottagonale, per poi terminare a guglia. Nella parte centrale è posto un orologio, mentre è possibile raggiungere la sommità tramite una scala che nella prima parte è in muratura per poi proseguire in ferro. Autori Vari, Monumenti porte aperte Napoli sud, Castellammare di Stabia, Longobardi Editore, 1996. ISBN non esistente Lettere - Sito ufficiale, su comune.lettere.na.it.

Castello di Lettere
Castello di Lettere

Il castello di Lettere è stata una struttura militare di Lettere in uso dal X secolo fino al termine della dominazione aragonese; dopo un periodo di abbandono, che l'ha ridotto ad un rudere, è stato restaurato e reso visitabile. Il castello, che sorge ad un'altezza di circa 340 metri, sulla collina di San Nicola del Vaglia, fu costruito probabilmente sotto Mansone I di Amalfi dopo la conquista del borgo di Castrum Licterensis da parte degli Amalfitani: la principale funzione della struttura era quella di confine e prevenire eventuali attacchi dal golfo di Napoli al ducato di Amalfi; il castello inoltre proteggeva entro le sue mura una chiesa, alcune abitazioni e diverse botteghe. Con l'arrivo dei Normanni la fortezza fu ampliata: furono costruite infatti nuove mura, una nuova porta, dotata di ponte levatoio e protetta da un camminamento con arcieri e a poca distanza dal castello fu costruita la cattedrale di Santa Maria Trinitatorum, in stile romanico, con decorazioni in tufo giallo e verde. Durante la fase Sveva, il feudo di Lettere, passò nel 1263 a Riccardo Filangieri: a lui si devono la costruzione del mastio e di una torre. Con l'arrivo degli Angioini, il castello fu protagonista nella guerra del vespro e venne notevolmente ampliato e strutturato in modo da poter ospitare i nuovi sistemi difensivi: fu ampliata la cinta muraria, costruita una nuova torre nel lato sud, affiancata da due piccole torrette, armate con armi da fuoco e furono costruiti dei corridoi pensili in modo tale da mettere in comunicazione i vari camminamenti. Durante la dominazione Aragonese, persa la sua funzione difensiva, fu trasformato in residenza privata e nelle possenti mura furono aperte numerose finestre; nel 1529, fu venduto a Isabella de Caprona che così lo descriveva: Persa in seguito qualsiasi funzione sia militare che abitativa, il conseguente stato di abbandono lo ridusse a un rudere: soltanto tra la fine del XX e l'inizio del XXI secolo sono stati effettuati importanti lavori di ristrutturazione, grazie ai quali è stato possibile recuperare le mura perimetrali e le torri, riportandolo almeno in parte all'antico splendore. Inoltre nel luglio 2007, nell'area intorno al castello sono iniziati alcuni scavi archeologici che hanno riportato alla luce diverse strutture che si ricollegavano alla fortezza: una casatorre del X secolo e resti di edifici realizzati in pietra calcarea, uniti con malta di calce. Il castello è a forma trapezoidale con quattro torri: una, chiamata Torre del Grano, in quanto utilizzata come deposito del cereale, è più bassa rispetto alle altre tre, le quali presentano una base scarpata; in una torre inoltre è stato ricavato anche un lavatoio in muratura e diverse vasche. Il mastio è a pianta poligonale e fu edificato durante l'epoca sveva, con mattoni di tufo rosso, e ristrutturato durante la fase angioina. Due le porte di accesso: la principale, a saracinesca, di cui rimangono solo gli stipiti ed una, più piccola, situata ad est, andata però completamente distrutta; sullo stesso versante sono ancora presenti le mura con doppia merlatura e torrette. All'interno del castello si notano bassi muretti, quasi certamente basamenti di mura di diverse costruzione e strutture con coperture a volta, probabilmente delle cisterne o una cappella. Autori Vari, Monumenti porte aperte Napoli sud, Castellammare di Stabia, Longobardi Editore, 1996. ISBN non esistente Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Castello Sito del comune di Lettere, su comune.lettere.na.it.

Cattedrale di Santa Maria Trinitatorum

La cattedrale di Santa Maria Trinitatorum, conosciuta anche con il nome di Santa Maria delle Vigne, è una chiesa sconsacrata e ridotta allo stato di rudere di Lettere: è stata la prima cattedrale della diocesi di Lettere. Con la consacrazione del primo vescovo della diocesi di Lettere, Stefano, nel 987, da parte dell'arcivescovo di Amalfi Comite Orso, si rese necessaria la costruzione di una cattedrale: il luogo prescelto fu all'interno della cerchia muraria del castello; prese il nome di Santa Maria Trinitatorum o di Santa Maria delle Vigne probabilmente perché l'edificio era circondato da viti. Architettonicamente risentì dell'influsso della vicina Amalfi, venendo costruita in stile arabo e romanico. Nel XII secolo venne eretto il campanile mentre nel XV secolo si rese necessario un totale rifacimento della cattedrale: questo fu realizzato dal feudatario di Lettere Giovanni II Miroballo e portò all'ampliamento della struttura per le maggiori esigenze liturgiche, alla creazione di una nuova facciata, a quelle del nuovo muro perimetrale del lato e nord e a quelle delle absidi centrale e settentrionale. Tuttavia, già nel secolo successivo mostrò segni di deterioramento, tant'è che vennero realizzati nuovi interventi di restauro. Con lo spopolamento del borgo intorno al castello durante la metà del XVI secolo, il vescovo Bartolomeo Ferri decise di edificare, nel 1570, una nuova cattedrale nel borgo più abitato, ossia quello di Piazza: venne inaugurata nel 1600 e al suo interno vennero trasferiti tutti gli arredi, le opere d'arte e i documenti, questi ultimi andati perduti in un incendio avvenuto nel 1799. La vecchia cattedrale venni quindi abbandonata, anche se le festività principali venivano celebrate al suo interno. A seguito del crollo del tetto della navata centrale si decise di realizzare delle cappelle chiudendo la navata sud: l'unica superstite è quella della Madonna del Soccorso, con all'interno l'affresco omonimo, restaurata tra il 1651 e il 1656. Della cattedrale restano esclusivamente dei ruderi, eccetto il campanile che si è conservato quasi nella sua interezza. Della prima costruzione è ipotizzabile che era lunga il doppio della sua larghezza ed era internamente divisa in tre navate terminanti con tre absidi di cui quella centrale di maggiori dimensioni rispetto alle due laterali: aveva inoltre un impianto decorativo ad affresco, testimoniato da alcuni frammenti ritrovati, era illuminata da monofore ed aveva un tetto a capriate con tegole decorate. Di questa struttura inoltre si conserva una parte del portale e un crocifisso ligneo del XIII secolo custoditi nella sacrestia del santuario di sant'Anna. A seguito dei lavori di ampliamento, conservando della precedente struttura solo parte della muratura del lato sud e dell'abside di destra, la chiesa assunse una pianta rettangolare, sempre divisa in tre navate coperte da volta a crociera e terminante con due absidi laterali e un presbiterio centrale di forma rettangolare; la facciata aveva tre portali d'ingresso corrispondenti alle tre navate. Di questa struttura sono visibili le basi delle mura perimetrali e parti delle cappelle con copertura a volta, una delle quali conserva l'affresco della Madonna del Soccorso, realizzato nel XVII secolo. Il campanile venne edificato nel XII secolo e realizzato in tufo bianco e arenaria gialla: stilisticamente rispecchia l'architettura di strutture simili del XII e XIII secolo in Campania e in Sicilia. Originariamente posto in linea con la facciata, è composto da quattro livelli: il primo livello presenta un arco sotto il quale passava probabilmente una strada e nel sottarco est sono visibili i resti di un affresco raffigurante un santo; tra il primo e il secondo livello è un marcapiano con decorazioni a losanghe, mentre il marcapiano tra il secondo e il terzo piano ha delle decorazioni con stelle a sei punte. Nei tre piani superiori si aprono delle monofore: in particolare quelle del secondo piano furono ristrette per dare maggiore stabilità alla struttura, realizzando degli archi decorati con un'alternanza di pietra calcarea con blocchi di tufo, a cui si aggiungono delle decorazioni a rosoni con all'interno delle stelle poste ai lati, nella parte alta; inoltre è probabile che il quarto piano sia stato aggiunto o rifatto successivamente al resto del campanile. Antonio Ziino, Chiese e castelli medioevali, Pompei, Edizione Ricerche Istituto Sociale, 1999, ISBN non esistente. Domenico Camardo, Paola Marzullo e Mario Notomista, Il castello di Lettere, Castellammare di Stabia, Nicola Longobardi Editore, 2020, ISBN 978-88-85867-10-9.

Santa Maria la Carità
Santa Maria la Carità

Santa Maria la Carità è un comune italiano di 11 617 abitanti della città metropolitana di Napoli in Campania. È posizionato nella piana stabiese-vesuviana, al confine con l'Agro Nocerino-Sarnese. La sua struttura urbana è a raggiera e parte da piazza Borrelli. Il nome è ispirato e riflette il culto della Santa patrona: Santa Maria delle Grazie; l'aggiunta "la Carità" è probabilmente una designazione locale e per superare casi di omonimia con altre località. Le prime notizie sulla città risalgono al 900 a.C. allorquando le genti Osche cominciarono a insediarsi sul territorio. Si trattava di insediamenti rurali che sorgevano in un'area di intenso traffico commerciale. Dall'insediamento dei Sanniti (500 a.C.) all'eruzione del Vesuvio (79 d.C.) si susseguirono tutta una serie di cruente guerre e sanguinose battaglie nelle quali eserciti di diverse origini, scorrazzando nelle pianure del Sarno, razziavano le campagne alla ricerca di approvvigionamenti alimentari. Successivamente, nel 574 d.C., i Longobardi invasero il sud Italia arrivando nella piana del Sarno. Dopo secoli di relativa pace, sul finire del primo millennio (950 d.C.), i Longobardi cominciarono a edificare sul territorio torri militari di avvistamento per difendersi dalla minaccia apportata dai Saraceni, che invano avevano tentato di raggiungere Amalfi da Gragnano. Proprio una di queste torri, secoli e secoli dopo, diverrà il campanile della chiesa di Santa Maria la Carità. La tradizione vuole che l'antica strada di collegamento tra il Sarno e i Monti Lattari passasse sotto la torre-campanile in prosecuzione con l'attuale via Pioppelle. D'altro canto, le grandi aperture alla base del campanile, tuttora esistenti, avrebbero proprio questo scopo funzionale. Una data storica importante è il 1318, quando re Roberto d'Angiò delimita il feudo di Cancelleria stabilendo come termine di confine la chiesa di Santa Maria la Carità. Dal 1450 circa fino alla fine del XIX secolo si susseguirono numerosissimi tentativi di bonificare quei territori a tratti paludosi che causavano numerose morti per malaria. Ma solo nel 1855 Ferdinando II di Borbone istituirà l'Amministrazione delle Bonificazioni. Ultimo focolaio bellicoso prima delle grandi guerre mondiali sorse nel 1860, quando numerosi sammaritani antigaribaldini, dopo violenti scontri, si diedero al brigantaggio non potendo far valere diversamente la propria fedeltà ai sovrani borbonici. La presenza all'interno della chiesa di Madonna delle Grazie di un quadro di Sandro Botticelli è accertata fin dalla fine del '400 quando lo stesso artista, su spinta di papa Sisto IV, decise di donare il quadro della Madonna con Bambino al territorio sammaritano con lo scopo di entrare nelle grazie della famiglia Medici proprietaria di alcuni terreni in quella zona. Negli anni '60 il quadro viene spostato in seguito a lavori di restauro della chiesa, da quel momento si perde ogni traccia dell'opera fino al dicembre del 2023 quando viene ritrovato in condizioni critiche e successivamente sottoposto ad un'opera urgente di restauro. Le ultime date degne di nota appartengono tutte al ventesimo secolo. Nel 1950 nascono le prime proposte di legge per istituire il comune autonomo di Santa Maria la Carità, ma si deve attendere fino al 1978 per ottenere la totale autonomia dal comune di Gragnano. Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con DPR del 21 dicembre 1989. Lo stemma si presenta di rosso, a tre stelle di otto raggi, male ordinate, d'oro; al capo d’oro, caricato delle lettere maiuscole S e M, di azzurro. Ornamenti esteriori da Comune. Il gonfalone è un drappo di azzurro. Chiesa di Santa Maria la Carità. Pur risalendo probabilmente XVII secolo, è stata oggetto di continue trasformazioni, tra le quali la più radicale fu senz'altro quella del 1935, anno indicato anche nell'iscrizione collocata nel prospetto. La facciata, di linee classicheggianti, è costituita da un corpo centrale dove l'ordine gigante delle colonne con capitelli compositi, impostate su un alto basamento, inquadra sia il portale architraviato con timpano sia il finestrone superiore. Chiesa di Santa Maria del Carmine. Edificata nel 1825. Chiesa della Madonna delle Grazie. Rimasta, purtroppo, in uno stato di evidente degrado che ne compromette la staticità. L'edificio mostra sul prospetto tratti ancora visibili di lesene che inquadrano un portale lapideo, mentre l'interno a unica navata è ritmato da paraste e cornici che emergono sulla tradizionale muratura in conci di tufo. Cimitero di Santa Maria la Carità, edificato nel 2019 Ville di epoca romana: Nel territorio sammaritano sono state ritrovate diverse ville di epoca romana, che risalgono al I secolo a.C. In alcune di esse si può notare che conservano ancora una cella vinaria, una frumentaria, una olearia e una fructuaria. Abitanti censiti Festa patronale di Santa Maria delle Grazie il 2 luglio (prima domenica di luglio) e 21 novembre. Santa Maria la Carità possiede un'unica frazione, denominata "Petraro", al confine con Castellammare di Stabia. La frazione si sviluppa attorno alla Chiesa di Santa Maria del Carmine. Le maggiori attività economiche della piccola cittadina campana sono l'agricoltura, con la produzione di pomodori, frutta e olive, la floricoltura e, per quanto riguarda l'aspetto industriale, ci sono piccoli stabilimenti di materiali da costruzione, soprattutto per il lapilcemento. AA. VV., Santa Maria la Carità. Il mio Paese, tra passato, presente e futuro, Scuola Elementare, 2002 D'Amora - Cascone, Frammenti di memorie, a cura della Proloco, 1996 Di Massa Giuseppe, Santa Maria la Carità, Trenta Anni di Autonomia, Tremila Anni di Storia, 2008 Di Massa Giuseppe, La chiesa di Santa Maria del Carmine al Petraro, EIDOS 2004 Girace Francesco, La voce della campagna, Strenna rurale, 1905 Scala Raffaele, Appunti per una storia di Santa Maria la Carità in La Camera del Lavoro di Gragnano, Nicola Longobardi Editore, 2010 Storie di Santa Maria la carità "Armandino storia di un grande Uomo" Storie di Santa Maria la carità " l'illustre Armandino e le mele Scala Raffaele - Cascone Ettore, Santa Maria la Carità. 23 settembre 1943: una strage dimenticata, BookSprint Edizioni, 2017 Antonio D' Amora, Il "mio" Comune.Cenni storici e lotta per l'Autonomia, 2011 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Santa Maria la Carità Sito ufficiale, su comune.santa-maria-la-carita.na.it.

Chiesa di San Benedetto alle Venelle

La chiesa di San Benedetto alle Venelle, conosciuta anche come grotta di San Benedetto alle Venelle, è una chiesa rupestre in rovina ubicata a Lettere. Non si conosce la data precisa di costruzione della chiesa: dai resti degli affreschi è possibile datare la sua edificazione in un periodo collocabile tra l'XI e il XII secolo. Si trattava, come ricordato dal nome, di un insediamento benedettino, i quali, nel Medioevo, si occupavano della gestione dei territori circostanti, nonché della bonifica dei campi e dell'agricoltura. La chiesa era intitolata a san Benedetto poiché gestita da monaci benedettini, mentre il toponimo Venelle deriva dalle vene d'acqua che scendevano lungo la roccia, raccolte dei monaci per soddisfare i loro bisogni quotidiani. È posta poco distante dal castello di Lettere, addossata a una parete rocciosa, in posizione panoramica sulla valle del Sarno. Della struttura restano solo poco tracce di muratura: era dotata di una facciata con copertura a vela, a cui seguiva un ambiente rettangolare che a sua volta immetteva in una piccola area con fondo absidato; questo divideva la chiesa dalla roccia retrostante, ma venne abbattuto poiché si supponeva che nell'intercapedine che si veniva a formare fossero nascosti degli oggetti, ipotesi poi rivelatasi errata. L'abside, di cui rimane una base alta circa 50 centimetri, aveva al centro un affresco raffigurante la Madonna in trono con Bambino e due santi, su un fondo a fasce gialle, rosse e verdi, completamente perduti; sul lato sinistro si conserva l'affresco di un motivo a scacchiera a righe rosse con al centro cerchi di colore giallo mentre su quello di destra erano dipinti tre santi di cui restano visibili solo i piedi: i santi erano racchiusi in una cornica rossa, alla cui base era possibile leggere la scritta "Ego Ioh", riferita probabilmente all'autore degli affreschi. Altro affresco superstite si trova nell'ambiente rettangolare, ossia una cornice verticale rossa con rombi e tratti orizzontali bianchi. Tutti gli affreschi sono stati realizzati tra l'XI e il XII secolo. Intorno ai ruderi della chiesa, nella roccia, sono presenti delle cavità naturali, presumibilmente utilizzate come romitori o luoghi di sepoltura. Domenico Camardo, Paola Marzullo e Mario Notomista, Il castello di Lettere, Castellammare di Stabia, Nicola Longobardi Editore, 2020, ISBN 978-88-85867-10-9.