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Chiesa dei Santi Gioacchino e Anna ai Monti

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Santi Gioacchino e Anna ai Monti esterno
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La chiesa dei Santi Gioacchino e Anna ai Monti è una chiesa di Roma, nel rione Monti, che affaccia su largo Venosta, all'inizio di via in Selci. L'edificio sacro ha una pianta a croce greca e la sua costruzione iniziò nel 1589 per terminare nel Settecento con la costruzione del convento annesso per le suore di san Francesco di Paola. In occasione di successivi ampliamenti, nella vicina via in Selci, in quello che oggi è l'ex monastero delle Paolotte, fu trovato un tesoro, che l'Armellini così descrive: La tradizione popolare attribuiva questo tesoro ad un re polacco che abitava nella zona: da qui il nome della rampa di scale che costeggia la chiesa, ossia Monte Polacco. Nella chiesa con l'accordo di san Giovanni Paolo II, officia il culto, a certi orari, la Chiesa ortodossa etiope Tewahedo, alla quale, con Convenzione della Diocesi di Roma, sono peraltro affidati i locali al piano interrato della chiesa. Nel 1984 Raffaella Carrà registra il videoclip del brano "Buon Natale" all'interno di essa.

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Chiesa dei Santi Gioacchino e Anna ai Monti
Via Monte Polacco, Roma Municipio Roma I

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Chiesa dei Santi Gioacchino e Anna ai Monti

Via Monte Polacco
00184 Roma, Municipio Roma I
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Santi Gioacchino e Anna ai Monti esterno
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Tomba di Giulio II
Tomba di Giulio II

La tomba di Giulio II, che in realtà è un cenotafio, è un progetto architettonico e scultoreo di Michelangelo Buonarroti che, nella sua versione definitiva ma ridotta, è collocato nella basilica di San Pietro in Vincoli a Roma. Lo scultore viene incaricato dal Papa stesso della costruzione del proprio monumento sepolcrale nel 1505, data che vede il rinvio dell'inizio dei lavori fino al 1544: in tutto questo periodo di "stallo artistico", Michelangelo vive una profonda sensazione di irrequietezza, delusione ed avvilimento, che fece seguito alla forte esaltazione del periodo romano del primo commissionamento. Lui stesso non esitò a riferirsi a questo progetto come la "tragedia della sepoltura", un autentico calvario che fino agli ultimi giorni della sua vita fu fonte di inesauribili accuse, tormenti e rimorsi. Scrisse il suo biografo ufficiale, Ascanio Condivi, che l'impresa gli arrecò «infiniti impacci, dispiaceri e travagli e, quel ch'è peggio, per la malizia di certi uomini, infamia, della quale appena dopo molti anni s'è purgato». Da un monumentale mausoleo a pianta rettangolare con più di quaranta statue (primo progetto, 1505) si finì per arrivare a un monumento addossato a una parete di una basilica secondaria romana (1545), con appena sette statue di cui solo tre di Michelangelo e una sola (il Mosè) degna della sua fama: l'artista, ormai estenuato, avrebbe poi fatto scrivere al suo biografo che «questa sola statua è bastante a far onore alla sepoltura di Papa Giulio II».