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Chiesa di San Teodoro (Genova)

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Genova chiesa di San Teodoro
Genova chiesa di San Teodoro

La chiesa di San Teodoro è un edificio religioso italiano di Genova, situato nell'omonimo quartiere che da essa prese il nome. La struttura originale era una delle più antiche di Genova: l'originaria chiesa romanica, di cui si avevano notizie dal X secolo, venne demolita per ragioni urbanistiche nel 1870, e una nuova fu riedificata poco distante. La comunità parrocchiale fa parte del vicariato San Teodoro-Oregina dell'arcidiocesi di Genova. Le prime notizie della chiesa intitolata a San Teodoro e San Salvatore risalgono al X secolo. La chiesa sorgeva fuori dalle mura cittadine, su una scogliera a picco sul mare nella zona di Fassolo, dov'è ora via B. Buozzi. Nel 1097 fu affidata dal vescovo di Genova Airaldo Guaracco ai canonici mortariensi, congregazione a cui egli stesso apparteneva. I mortariensi riedificarono la chiesa in chiesa in forme romaniche e lo stesso vescovo la consacrò il 20 luglio 1100. Sempre nel XII secolo fu eretta in parrocchia. La chiesa aveva tre navate e vi era affiancato il monastero dei canonici. Alcune famiglie patrizie finanziarono la realizzazione delle cappelle e delle decorazioni interne. Tra queste si distinsero in particolare i Lomellini che nel 1303 fecero costruire nella chiesa una cappella dedicata a San Sebastiano e all'inizio del XVI secolo commissionarono a Filippino Lippi una pala raffigurante il martirio del santo. Nel 1449 i mortariensi vennero integrati dal papa Niccolò V nella congregazione lateranense, che prese formalmente possesso della chiesa il 5 luglio 1458. Nel 1481 papa Sisto IV, la elevò al rango di abbazia. La chiesa, per la sua posizione prossima al mare era particolarmente vulnerabile alle violenza dei marosi, come avvenne nel 1596 quando fu gravemente danneggiata da una mareggiata. Nel 1630 l'edificio venne inglobato all'interno della nuova cinta muraria, restando parzialmente coperto dalla stessa e perdendo il contatto diretto con il mare. Per le leggi di soppressione napoleoniche nel 1797 i lateranensi dovettero abbandonare la chiesa e poterono farvi ritorno solo nel 1825; nel periodo della dominazione napoleonica il governo francese fece trasferire in Francia molte opere d'arte, tra cui il citato "Martirio di San Sebastiano" di Filippino Lippi restituito solo anni dopo alla città di Genova e attualmente conservato nella galleria di Palazzo Bianco. La pianificazione urbanistica della prima metà del XIX secolo e la successiva espansione a ponente del porto, nella seconda metà del secolo, decretarono la fine dell'antica chiesa. Nel 1820, per l'ampliamento della strada di Fassolo (attuale via Bruno Buozzi) furono demoliti l'adiacente oratorio del Rosario e il convento annesso alla chiesa con il suo chiostro. Con la nuova sistemazione urbanistica la chiesa venne a trovarsi a un livello inferiore rispetto alla nuova strada per Sampierdarena, rendendo necessaria la creazione di una discesa per accedervi. In quegli stessi anni, nel giorno di Natale del 1821 un'altra violenta mareggiata aveva minato la stabilità dell'antico edificio, la cui sorte era comunque ormai segnata, poiché la zona dove sorgeva era destinata all'espansione a ponente del porto. Per consentire la costruzione dei nuovi "Magazzini Generali" del porto la chiesa venne demolita il 4 ottobre 1870 mediante cariche di polvere pirica, alla presenza di una folla numerosa. Insieme alla chiesa venne demolito quanto restava dell'antistante cinta muraria seicentesca, dando avvio alla costruzione delle nuove infrastrutture portuali. La nuova chiesa, in stile neogotico, fu costruita tra il 1871 e il 1876 all'inizio di via Venezia, a poche centinaia di metri dal sito della chiesa precedente, su progetto dell'architetto palermitano Vittore Garofalo e consacrata nel mese di novembre del 1876 dal vescovo di Piacenza Giovanni Battista Scalabrini. Durante la seconda guerra mondiale la chiesa subì danni non gravi per i bombardamenti aerei dell'ottobre 1940 e del 2 agosto 1944, prontamente riparati nell'immediato dopoguerra. Tra il 1953 e il 1957 le finestre della chiesa furono abbellite dalle vetrate dipinte di Amalia Panigati. Nel 1960 venne costruita una nuova sagrestia, mentre nel 1963 fu completato il rivestimento esterno in travertino della facciata, realizzato su progetto di Angelo Sibilla. Importanti lavori di ristrutturazione sono stati eseguiti tra il 2013 e il 2015. Ad agosto del 2013 ai canonici lateranensi, che avevano officiato la chiesa per oltre cinque secoli, sono subentrati i religiosi dell'Istituto del Verbo Incarnato. La chiesa sorge all'inizio di via Venezia, con l'ingresso principale aperto sulla porzione di piazza Dinegro posta a monte della linea ferroviaria e che nel 2014 è stata intitolata a don Bruno Venturelli, che ha retto la parrocchia dal 1945 al 1991. La chiesa è l'unica a Genova in puro stile neogotico. La facciata tripartita è rivestita con lastre di travertino ed è caratterizzata da un alto campanile a guglia piramidale posto al centro e tre portali d'ingresso in corrispondenza delle navate, sormontati ciascuno da un'alta monofora. Il tetto, a due falde, ha la struttura portante in legno e la copertura in lastre di ardesia. La chiesa ha tre navate, separate da otto pilastri ottagonali a costoloni che sorreggono arcate a sesto acuto a bande bianche e nere, con tredici altari, presbiterio e abside poligonale. Vi sono conservate numerose opere d'arte trasferite dalla vecchia chiesa, tra cui due tombe cinquecentesche dei Lomellini, di Antonio Della Porta e Pace Gaggini, e una pala di Luca Baudo raffigurante S. Agostino con S. Monica e S. Ambrogio. Sull'altare maggiore è collocato un gruppo ligneo della bottega del Maragliano raffigurante la Vergine circondata da Angeli, proveniente dalla scomparsa chiesa di Santa Maria della Pace. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Teodoro Di Negro, su C'era una volta Genova, 14 febbraio 2016.

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Chiesa di San Teodoro (Genova)
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Chiesa di San Teodoro

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16126 Genova, San Teodoro
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Genova chiesa di San Teodoro
Genova chiesa di San Teodoro
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Luoghi vicini

Villa Di Negro Rosazza dello Scoglietto
Villa Di Negro Rosazza dello Scoglietto

Villa Di Negro Rosazza detta "dello Scoglietto" o "lo Scoglietto" è una villa di Genova, situata in piazza Dinegro 3, nel quartiere di San Teodoro, municipio II Centro-Ovest. Fu realizzata nel 1565 per il Doge Ambrogio Di Negro o per suo figlio Orazio in una zona che, a quel tempo, si trovava al di fuori delle mura cittadine, in posizione panoramica sul mare. Passata alla famiglia Durazzo, fu rimaneggiata in stile neoclassico alla fine del Settecento dall'architetto Tagliafichi. Nell'Ottocento, la costruzione della linea ferroviaria Torino-Genova ne compromise l'integrità del parco e portò alla costruzione di nuove rampe d'accesso al piano stradale. Denominata "lo Scoglietto" dal colle ad ovest della città alle pendici del quale fu costruita, villa Rosazza conserva tuttora i caratteri tipici di villa litoranea, edificata tra il mare e il grande parco sul colle retrostante, nonostante il deciso mutamento del tessuto urbanistico nel quale è inserita. Oggi di proprietà del Comune di Genova, è collegata ad un parco storico ad uso pubblico di circa 14.000 m². La villa si trova in prossimità della stazione della metropolitana Dinegro. La villa fu commissionata nel XVI secolo dal doge Ambrogio Di Negro o per suo figlio Orazio nella zona di Fassolo — a quel tempo ubicata al di fuori delle mura cittadine — ove la famiglia Di Negro già dall'inizio del Quattrocento possedeva una villa suburbana. Passata alla famiglia Maniero, quindi ai Durazzo, la villa fu completamente restaurata nel 1787 dall'architetto genovese Emanuele Andrea Tagliafichi per incarico di Gian Luca Durazzo, e assunse le attuali forme neoclassiche. L'edificio originario, con logge angolari, fu mutato soprattutto all'esterno e decorato a bugnato, timpani e statue terminali. Nell'Ottocento la villa ospitò personaggi illustri, quali Carolina di Brunswick sposa di Giorgio IV d'Inghilterra (1815), papa Pio VII (1836), Honoré de Balzac e Lorenzo Pareto. Passata alla famiglia Rolla Rosazza, fu in seguito acquisita dal Comune di Genova. La collocazione originaria è oggi sensibilmente mutata a causa degli interventi di urbanizzazione che, a partire dal piano urbanistico del 1816, hanno interessato la zona. In particolare, la costruzione della linea ferroviaria Torino-Genova e della strada costiera (oggi via Milano) nella seconda metà dell'Ottocento ha causato la pesante mutilazione dei terrazzamenti a giardino sul lato a mare. In quell'occasione, furono costruiti una doppia scala e un sottopasso per permettere l'attraversamento della strada ferrata e collegare la villa alla nuova viabilità. I terrazzamenti a monte e il grande parco, invece, rimasero intatti e, restaurati nel 2015, oggi sono aperti al pubblico. L'originaria fisionomia della villa cinquecentesca, ricostruibile da una stampa del XVIII secolo, presentava due logge laterali al piano nobile e una facciata con motivi architettonici e grandi figure, attribuite dal Ratti nel 1780 e dall'Alizeri nel 1846 a Giovanni Andrea Ansaldo. Dopo il restauro settecentesco, la facciata presenta un timpano neoclassico con putti scolpiti da Nicolò Stefano Traverso, con un neoclassicismo formale ma articolato dall'alternarsi dei volumi. Internamente, la pianta irregolare a "U" articolato, porta ad una distribuzione atipica, con l'atrio non in posizione centrale. La decorazione interna conserva elementi originali cinquecenteschi della villa dei Di Negro, affiancati da motivi settecenteschi. Della villa cinquecentesca rimangono i portali in ardesia, la volta del salone centrale del piano nobile raffigurante le imprese del doge Ambrogio Di Negro contro i Corsi, e le decorazioni a grottesche delle altre sale. Gli elementi decorativi settecenteschi, invece, traspaiono nei motivi a stucco e nelle dorature. Il parco della villa, organizzato dall'architetto Tagliafichi nel Settecento, si sviluppava verso il mare con terrazzamenti ormai perduti. A livello del piano nobile si trova un monumentale ninfeo con decorazioni a mosaico polimaterico. Il parco, seppur ridotto, continua nella parte posteriore della villa, sulla collina. La disposizione originale è documentata dal Gauthier. Lauro Magnani, Villa Rosazza (lo Scoglietto), Guide di Genova n. 69, Sagep Editrice, 1978. Catalogo delle Ville Genovesi, Italia Nostra, Genova 1967, p. 64-71. Guida d'Italia Liguria, Touring Club Italiano, 2009, p. 173. Le Ville del Genovesato, SAGEP, 2008. Federico Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, Genova 1846. Martin-Pierre Gauthier, Les plus beaux edifices de la ville de Genes, Paris, 1832, Ville di Genova Di Negro (famiglia) Durazzo (famiglia) San Teodoro (Genova) Dinegro (metropolitana di Genova) Wikiquote contiene citazioni di o su Villa Di Negro Rosazza dello Scoglietto Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Di Negro Rosazza dello Scoglietto Villa Di Negro Rosazza "Dello Scoglietto", su catalogo.beniculturali.it.

Dinegro (metropolitana di Genova)
Dinegro (metropolitana di Genova)

Dinegro è una stazione sotterranea della metropolitana di Genova. È sita in località San Teodoro, sotto l'omonima piazza da cui prende il nome, in prossimità della Villa Di Negro Rosazza dello Scoglietto e non lontana dal Matitone (nel quartiere direzionale di San Benigno). In superficie sono presenti interscambi con numerose linee di autobus e filobus. Nei pressi è situato anche il terminal traghetti. Iniziata nel 1986, fu inaugurata il 13 giugno 1990 insieme alla stazione di Brin, con cui costituiva la prima tratta della linea di metropolitana del capoluogo ligure, a due sole fermate. Rimase capolinea per due anni, fino all'apertura della successiva fermata di Principe, attivata il 13 luglio 1992. Nell'ambito del progetto "La tua metropolitana", la stazione è stata soggetta a lavori di riqualificazione ed ammodernamento estetico, effettuato da parte dello sponsor COOP. Al termine dei lavori è stata riattivata la scala mobile ferma da tempo, dotata di copertura . Secondo le intenzioni del comune, in un prossimo futuro Dinegro potrebbe diventare stazione di origine di una diramazione verso la zona Fiumara, ad oggi in fase di progetto. Progettata dall'architetto genovese Renzo Piano, la stazione Dinegro fu costruita deviando il percorso originario della galleria Certosa (che sbucava in Via Venezia) più verso mare, nella zona dei vecchi magazzini portuali sotterranei di Via Buozzi. La struttura è a due banchine laterali. Sulla banchina nord sostano i treni diretti a Certosa, su quella sud sostano i treni diretti a Brignole. I binari sono localizzati a una profondità di circa 5 metri sotto il piano stradale e meno di 1 metro sopra il livello del mare. Nel 1990, con l'entrata in servizio dei primi 6 convogli, nella zona sud ed est della stazione venne allestito il deposito e il polo manutentivo (essendo Brin sprovvista degli spazi necessari). Tale deposito è stato rimodernato ed ampliato tra il 2011 e il 2017 e ospita tuttora le 25 unità rotabili della linea. La stazione è dotata di un parcheggio di interscambio allo scoperto da 170 posti, inaugurato nel 2019. Dispone di quattro accessi pedonali: quello principale è sito in piazza Dinegro, il secondo poco distante, accanto alla fermata dei bus, costituito da una scala mobile scoperta; l'assenza di una copertura ha negli anni causato guasti, accumuli di acqua e sporcizia, tanto che la scala, diventata inaccessibile nei giorni di pioggia, venne chiusa al pubblico nel 2015 e riaperta nel 2021 dopo essere stata sostituita e coperta integralmente da una struttura in muratura e pannelli vetrati. Il terzo ed il quarto accesso inizialmente non erano presenti: da quel lato era stata prevista solo un'uscita di emergenza, di fatto mai utilizzata. Durante i lavori per il deposito e per il nuovo parcheggio, il lato sud di via Buozzi venne completamente modificato: marciapiede più largo, una pista ciclabile e una fermata aggiuntiva per gli autobus, rendendo così necessaria la realizzazione di un ulteriore accesso lato mare. Nel 2017 vennero quindi aperti due ingressi (uno a levante e uno a Ponente) e un nuovo ascensore, collegando via Buozzi ai due sottopassi della stazione. La stazione è stata sottoposta ad ammodernamento tecnico, comprendente la manutenzione dei binari, la sostituzione degli impianti di segnalamento e automazione del deposito. Nel 2023 è stato sostituito l'armamento e sono stati rifatti alcuni tratti del sedime in cemento armato. La stazione di Dinegro è inoltre predisposta per un ulteriore proseguimento della linea verso il quartiere di Sampierdarena. La banchina sud permette l'accesso da entrambi i lati ed il terzo binario presente in stazione, ora utilizzato per operazioni di servizio, è stato costruito per permettere quest'estensione. Metropolitana di Genova Renzo Piano San Teodoro Villa Di Negro Rosazza dello Scoglietto Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stazione di Dinegro Sito ufficiale AMT Genova, su amt.genova.it. Metrogenova - Sito indipendente su metropolitana e trasporto pubblico genovese, su metrogenova.com.

Matitone
Matitone

Il Matitone (ufficialmente San Benigno Torre Nord) è un grattacielo italiano, situato nel quartiere di San Teodoro di Genova. Si tratta di uno degli edifici più alti e caratteristici del capoluogo ligure, in virtù della sua particolare forma architettonica che ricorda una matita. L'edificio è stato progettato dallo studio Skidmore, Owings and Merrill alla fine degli anni '80, uno dei più grandi studi di ingegneria, architettura e urbanistica statunitense, in collaborazione con gli architetti Mario Lanata e Andrea Messina per divenire un moderno edificio per uffici. La costruzione del complesso è iniziata il 16 novembre 1987 ed è terminata nel novembre 1990, in vista delle Colombiadi del 1992. Il grattacielo sorge nel quartiere di San Teodoro, nella zona di San Benigno, in prossimità del casello autostradale di Genova-Ovest e della stazione Dinegro della metropolitana di Genova. Si trova posizionato dirimpetto alla torre della Lanterna, restando visibile sia dal porto, sia da tutta la zona ovest della città. È alto 109 metri, suddivisi in 26 piani fuori terra. È l'edificio più alto di Genova, superando di un solo metro la centrale Torre Piacentini. Il grattacielo presenta tre corpi di fabbrica: gli uffici al centro, i parcheggi a ovest e l'area commercio a est, tra via Cantore e via di Francia. La volontà non era quella di costruire un edificio a forma di matita, ma la forma architettonica dell'edificio gli è valsa l'appellativo popolare di "Matitone" per via della sua somiglianza a una grande matita appunto e che sarebbe invece ispirata all'ottagonale torre campanaria della chiesa di San Donato sita nel centro storico di Genova. Le facciate presentano un rivestimento a fasce alterne in granito grigio e vetrate verdi. La copertura piramidale, invece, è realizzata in rame. La bandiera con la croce di San Giorgio, simbolo di Genova, sventola sulla sua sommità. Attualmente il grattacielo è sede anche di alcuni uffici del Comune di Genova. Il grattacielo è visibile nei film Padre e figlio di Pasquale Pozzessere, 500! di Giovanni Robbiano, Lorenzo Vignolo e Matteo Zingirian, e Voci di Franco Giraldi. A Savona è presente il "Matitino", un piccolo grattacielo che ha forme simili al Matitone ed è stato chiamato così proprio per ricordare il fratello "maggiore" genovese. Gianfranco Rizzoglio, La Grande Storia del Genoa, Nuova Editrice Genovese, 1989. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Matitone (EN) Matitone, su Skyscraper Center. (EN) Il Matitone, su Emporis (archiviato dall'url originale il 24 giugno 2022). Webcam Matitone (JPG), su Comune di Genova.

Chiesa di San Benedetto al Porto
Chiesa di San Benedetto al Porto

La Chiesa di San Benedetto al Porto (nome ufficiale Chiesa della Santissima Trinità e San Benedetto al Porto), è una chiesa del quartiere di San Teodoro di Genova, in Liguria, anticamente sede di un convento di Trinitari. Una chiesa dedicata a San Benedetto con annessa comunità di monache Cistercensi, è nominata in un documento dell’anno 1129. Il monastero di S. Benedetto è ritenuto il primo ad essere abitato in Genova dalle Cistercensi, che subentrarono alle monache benedettine del vicino monastero di Santa Maria delle Grazie di Fassolo. Verso la fine del Cinquecento le monache abbandonarono il complesso che fu affidato all’Ordine della Santissima Trinità per il riscatto degli schiavi. I trinitari furono chiamati a Genova da Zenobia del Carretto, moglie di Gianandrea Doria, erede del celebre ammiraglio Andrea Doria, che trasformò la chiesa nella cappella gentilizia della famiglia, che risiedeva nell'attigua Villa del Principe, ottenendo che fosse eretta in parrocchia nel 1596. Per volere dei Doria Il monastero e la chiesa furono ricostruiti tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento dall’architetto Andrea Ceresola detto il Vannone e da Gaspare Corte. Il convento fu demolito nel 1928 per l’apertura di Via Adua. La chiesa presenta una facciata a capanna, preceduta da un pronao con frontone triangolare su tre fornici ad arco. L'interno è a pianta centrale, con un presbiterio concluso da abside semicircolare. La chiesa ospita importanti dipinti, commissionati dalla facoltosa famiglia Doria, fra cui: La pala d'altare, con la Santissima Trinità e i santi Rocco e Maria Maddalena con Gianandrea Doria e Zenobia del Carretto, opera di Cesare e Alessandro Semino tela di Giovanni Andrea De Ferrari (1592-1669), con Santi Trinitari che adorano la Madonna del Rimedio Miracolo di S. Benedetto di Domenico Cresti, detto il Passignano quattro tele, due per lato, poste a fianco dell’Altare maggiore, raffiguranti i Santi Cecilia, Pietro, Paolo ed il Re Davide, opere di Benedetto Brandimarte, pittore manierista di Lucca. Originariamente queste tele costituivano le ante dell'organo Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Benedetto al Porto Chiesa di San Benedetto al Porto, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Sito web ufficiale, su chiesadigenova.it.

San Benigno (Genova)
San Benigno (Genova)

San Benigno è un moderno quartiere direzionale e di servizi nel comune di Genova, compreso nelle ex circoscrizioni di Sampierdarena e San Teodoro, che insieme formano il Municipio II - Centro Ovest. La zona di San Benigno, oggi sede di centri direzionali, infrastrutture e servizi, in gran parte legati alle attività portuali, si è sviluppata a partire dal dopoguerra sull'area ricavata negli anni trenta dallo sbancamento dell'omonimo colle, parte terminale del crinale che fino ad allora rappresentava il confine tra Genova e Sampierdarena. La maggior parte degli edifici del moderno quartiere direzionale sono stati costruiti tra gli anni ottanta e novanta. Tra questi il World Trade Center e il Matitone (terminato di costruire nel 1992). Vi hanno sede la CULMV, la storica "Compagnia Unica dei lavoratori portuali", gli scaricatori del porto un tempo chiamati camalli e la caserma che ospita il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Genova. Storicamente il colle di San Benigno era la parte terminale del crinale che separava Genova dal limitrofo comune di Sampierdarena, chiudendo a ponente l'anfiteatro naturale alle spalle della città e del porto antico. Il colle prendeva il nome dalla storica abbazia di San Benigno, costruita nel XII secolo, nome attribuito anche al moderno quartiere direzionale. Il crinale collinare terminava a picco sul mare con il promontorio di Capo di Faro, dove sempre nel XII secolo era stata costruita la primitiva Lanterna. Oggi la roccia su cui poggia la Lanterna rappresenta l'ultimo resto del colle di S. Benigno. La strada che collegava Sampierdarena a Genova, fino all'apertura di una prima galleria nel XIX secolo doppiava il capo sul quale si erge tuttora il faro. Tra il 1626 e il 1632, lungo il crinale furono costruite a difesa della città le "Mura Nuove", che inglobarono all'interno della cinta difensiva l'antica abbazia. Con la costruzione delle mura, tra il 1633 ed il 1643 fu aperta nei pressi del faro la Porta della Lanterna, lungo la strada che da Sampierdarena immetteva in città. Intorno al 1850 sul sito dell'antica abbazia, abbandonata dai monaci per le leggi di soppressione del 1798, fu costruito il grande complesso delle caserme che funzionarono fino ai primi decenni del XX secolo; dopo scomparvero con lo sbancamento dell'intero colle. Tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX sia Genova, sia diversi dei comuni che dal 1926 ne costituiscono i quartieri, videro un aumento delle attività industriali, dell'attività portuale (alcune delle strutture attualmente esistenti nell'area del porto antico vengono edificate proprio in questo periodo) e la creazione di nuove infrastrutture al servizio di queste. In quest'ambito nel 1898 venne proposta la creazione di una nuova strada di collegamento tra Sampierdarena ed il confine occidentale di Genova, che avrebbe dovuto transitare nella zona dove allora sorgeva il colle si San Benigno. Il colle in questo periodo appartiene a diversi proprietari, alcuni pubblici (un terzo dell'area è del demanio militare), altri privati (principalmente la ditta Carena che gestisce in loco una cava di pietrame). Pareri discordanti sul tipo di tecnica da utilizzare (scavo in trincea, galleria, ecc..), contrattazioni inerenti alla cifra da pagare all'autorità militare per permettere l'uso dell'area di sua competenza (1.500.000 lire nel 1905, poi ridotti a 1.100.000 lire) e gli interessi spesso opposti dei vari enti pubblici e proprietari privati dell'area hanno tuttavia rallentato di molto le decisioni, al punto di arrivare allo scoppio della prima guerra mondiale che porta ad un momentaneo congelamento del progetto. Negli anni venti del Novecento la ritrovata necessità di migliori collegamenti con il porto permettono di riprendere la progettazione dell'opera. Nell'estate del 1925 il Consorzio Autonomo del Porto presenta al consiglio superiore del Ministero per i Lavori Pubblici un nuovo progetto per la strada e in generale per tutta l'area, che dovrà essere destinato al futuro centro direzionale del porto, con la dismissione delle infrastrutture militari presenti. Il progetto viene approvato e il Consorzio acquista il possesso dell'area per 31 milioni di lire. La strada viene inaugurata il 19 settembre 1929. I materiali ricavati dalla demolizione furono utilizzati per i riempimenti necessari alla costruzione dei nuovi moli davanti a Sampierdarena. Il 10 ottobre del 1944, durante la seconda guerra mondiale quanto restava del colle di S. Benigno fu squassato da una tremenda esplosione che distrusse un complesso di gallerie ferroviarie, utilizzate in parte dall'esercito tedesco come deposito di munizioni, ma anche dalla popolazione come rifugio antiaereo. Le cause dell'esplosione, che provocò la morte di centinaia di civili, tra rifugiati nelle gallerie e abitanti dei soprastanti palazzi distrutti, oltre a 200 soldati tedeschi (le vittime sono stimate almeno 1000 ma alcune fonti indicano anche 2000), non furono mai ufficialmente accertate. Una prima inchiesta ipotizzò che la deflagrazione fosse stata innescata da un fulmine, mentre in seguito ci fu chi attribuì la responsabilità ad un'azione di sabotaggio da parte di gruppi partigiani, che non ne avrebbero ben calcolato i devastanti effetti sulla popolazione civile. Nel 2004, in occasione del sessantesimo anniversario del tragico evento, il senatore Franco Servello di Alleanza Nazionale, con riferimento ad un libro sull'argomento pubblicato dallo scrittore genovese Raffaele Francesca in quello stesso anno ha presentato un'interrogazione al Ministro della Giustizia. Le vicende storiche e urbanistiche che negli ultimi due secoli hanno modificato completamente l'aspetto del quartiere hanno portato alla totale scomparsa di alcuni storici edifici. Tra questi l'antica abbazia che aveva dato il nome alla zona e le strutture militari sorte nel Seicento a difesa della città. La chiesa di S. Benigno, con l'annesso monastero dei benedettini era stata costruita nel XII secolo. Il complesso, comprendente anche un ospitale per viandanti, fu attivo per quasi sette secoli. Dapprima inglobato nelle "Mura Nuove" seicentesche, fu definitivamente abbandonato dai monaci nel 1798 per le leggi di soppressione napoleoniche ed utilizzato come caserma e magazzino dall'esercito sabaudo. Intorno al 1850 quanto restava del complesso fu demolito per costruire le due grandi caserme. Il tratto delle Mura Nuove che correva lungo il crinale del colle prendeva il nome di Mura di San Benigno e terminava alla Lanterna, dove una monumentale porta consentiva l'accesso in città. L'originaria porta della Lanterna fu demolita nel 1877, nonostante numerosi pareri contrari, e sostituita da un'altra architettonicamente più modesta ma più adatta per il crescente traffico. Questa porta è oggi riposizionata ai piedi della Lanterna, in un luogo diverso da quello originario. L'antica abbazia, ormai in rovina dopo il forzato abbandono dei monaci nel 1798, ribattezzata "Forte S. Benigno", fu utilizzata come deposito di munizioni e caserma, mentre sul piazzale antistante fu sistemata una batteria composta da due cannoni e otto mortai, collocati a protezione del porto ma anche per contenere eventuali rivolte della popolazione, come esplicitamente dichiarato da rapporti militari intorno al 1840. Cosa che puntualmente accadde il 5 aprile 1849, quando, durante l'insurrezione di Genova contro il governo sabaudo, il generale Alfonso La Marmora da questa postazione fece bombardare la città; repressa l'insurrezione, fu lo stesso La Marmora a suggerire il potenziamento del sito, per prevenire nuove sommosse. Tra il 1852 e il 1860, demolito completamente l'antico monastero, furono costruite due grandi caserme, che potevano ospitare 1276 soldati ciascuna. Le caserme furono sede di comandi militari fino al 22 giugno 1930, quando con una fastosa cerimonia furono dismesse in previsione della loro demolizione, conseguente al progettato spianamento del colle. I lavori di sbancamento non erano ancora completati durante la seconda guerra mondiale, quando parte dei ruderi furono utilizzati come batteria contraerea, ed ancora nel dopoguerra come ricovero per senza tetto, e furono eliminati definitivamente negli anni settanta, prima della costruzione dei nuovi centri direzionali. Batterie della Lanterna. A protezione della Lanterna e del porto, fin dall'epoca della costruzione delle mura, nel XVII secolo, ai piedi del faro fu realizzata una prima postazione di pezzi d'artiglieria, rafforzata un secolo dopo con un'altra batteria posta quasi al livello del mare all'estremità del promontorio, denominata "Batteria a fior d'acqua della Lanterna". Durante l'assedio di Genova del 1800 il fuoco di queste batterie costrinse una squadra navale inglese a riprendere il largo. Nella prima metà dell'Ottocento attorno alla Lanterna furono realizzate altre tre batterie. Oggi restano solo le murature perimetrali di una di esse, sul terrazzo a lato del faro. Batteria San Benigno. Nel 1878, nel piazzale antistante le due caserme fu sistemata un'altra grossa batteria a difesa del porto, affacciata su due fronti: quello di levante, armato con sei cannoni da 32 GRC (Ret) e quello di ponente con quattro cannoni da 24 GRC (Ret). Il quartiere è servito dalla piccola stazione ferroviaria non presenziata di Genova Via di Francia in cui, nelle ore di punta dei giorni feriali, fermano alcuni dei treni regionali del nodo genovese. Oltre a questo sono presenti in zona alcuni capolinea delle linee di autobus urbani dell'AMT. Nell'antistante zona portuale si trova il terminal traghetti progettato dall'architetto Aldo Luigi Rizzo e costruito tra il 1993 e il 1999. Nella zona di San Benigno confluiscono alcune delle principali vie di comunicazione del nodo viario genovese, quali l'autostrada A7 con il casello di Genova Ovest, la strada sopraelevata, oltre ad alcune delle principali strade urbane che collegano i quartieri di Sampierdarena e San Teodoro: via A. Cantore, lungomare G. Canepa, via di Francia e via Milano. La viabilità della zona è interessata dagli interventi previsti nel nodo stradale e autostradale genovese, per i quali la Conferenza dei servizi ha già dato la propria approvazione, riguardanti il nuovo collegamento tra la barriera autostradale di Genova-Ovest e il porto e la sua connessione con la viabilità ordinaria. Lo scopo di questi interventi è la separazione della viabilità ordinaria dai flussi di traffico diretti o provenienti dal porto. Sempre nel quadro della razionalizzazione del traffico in questo snodo cruciale della viabilità cittadina è prevista realizzazione del "Tunnel subportuale", che passando sotto il bacino del porto vecchio, dovrebbe collegare direttamente i quartieri di ponente con quelli di levante, evitando l'attraversamento del centro della città; questa opera è inserita dal 2001 nel "Programma delle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale" , anche se non sono ancora stati definiti finanziamenti e tempi di realizzazione. Filmato promozionale del quartiere dirigenziale, realizzato dalla SCI S.p.a. - Costruzioni ed insediamenti edilizi, ed ospitato sul canale YouTube dell'Archivio nazionale cinema d'impresa