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Galleria Granarolo

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La galleria Granarolo è una galleria posta sulla "via Granarolo", la tratta ferroviaria che collega la stazione di Genova Piazza Principe con la linea succursale dei Giovi, che conduce verso Milano e Torino. Prende il nome dalla località di Granarolo, posta sulle alture genovesi.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Galleria Granarolo (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori).

Galleria Granarolo
Via al Forte Tenaglia, Genova Centro Ovest

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Via al Forte Tenaglia

Via al Forte Tenaglia
16127 Genova, Centro Ovest
Liguria, Italia
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Luoghi vicini

Forte Tenaglia
Forte Tenaglia

Forte Tenaglia (208 s.l.m.) è un'opera fortificata di Genova, risalente al 1633. Originariamente inserita nell'andamento delle "Mura Nuove" a difesa della città, è situata sulle alture di Sampierdarena, in un crinale dominante sulla val Polcevera. Deve il suo nome alla particolare conformazione architettonica che assomiglia a una tenaglia, opera che in architettura militare viene detta opera a corno. Il nome deriva dalla prima forma che gli era stata data ai tempi dell'edificazione, appunto a tenaglia. Tuttavia c'è il dubbio se il nome corretto sia tenaglia o tenaglie. Nella maggior parte dei documenti storici il nome è al singolare, tuttavia nella recente fase di recupero da parte dell'associazione "La Piuma OdV" è stata riscoperta una targa marmorea recante il nome tenaglie. La storpiatura dal singolare al plurale deriva da una errata traduzione del francese la tenaille, come recitano i disegni di progetto. Il forte sorge sull'area originariamente occupata dalla Bastia di Promontorio, una fortificazione che risalirebbe al 1478. La posizione era per Genova cruciale per la difesa del territorio, vista la posizione dominante sulla Val Polcevera. Della rocca quattrocentesca non si hanno fonti certe sulla composizione architettonica. Il bastione fu demolito nel 1633, durante la costruzione delle Mura Nuove, per far posto ad una fortificazione avanzata, una “tenaglia” (come veniva definita questo tipo di fortificazione nell’architettura militare coeva) a forma di corno (ossia una tenaglia realizzata come opera a corno), con batterie rivolte alla foce del torrente Polcevera. Già nel 1625, con la minaccia degli eserciti franco-savoiardi, fra i molti consigli per difendere la città vi fu quello del frate Pier Francesco da Genova, secondo il quale occorreva potenziare la Bastia del Promontorio, della quale era evidente l'importanza strategica : Secondo le indicazioni dell'architetto Padre Fiorenzuola, il tracciato delle Mura lasciò fuori il promontorio pianeggiante dove sorgeva la Bastia, che però per ragioni di sicurezza non doveva essere demolita "fino a che non sia finito il cinto in detta parte". Nel 1747 durante l'assedio austriaco, la linea occidentale delle mura fu rinforzata secondo i dettami dell'ingegnere francese Jacques De Sicre, per poi essere quasi abbandonato fino al 1797 anno di una rivolta antifrancese, in cui nel forte si asserragliarono l'11 luglio, alcuni insorti, sconfitti dalle truppe del generale Duphont. Con l'intervento del Genio Militare Sabaudo, iniziarono quei lavori che renderanno l'opera da semplice avanguardia, a vero e proprio forte. In un periodo compreso tra il 1815 ed il 1830, lo stretto camminamento all'opera a corno fu rialzato, con materiale di riporto, di circa 10 m, ed allargato di 25, in modo da formare un terrapieno. A metà di questo, dal 1831 fu inglobata la caserma interrata. Con l'elevazione della cortina settentrionale e della fronte a ponente, e l'innalzamento di cortine in parallelo a chiusura del perimetro, si ottenne la finale forma a "L". Nel 1849 con i moti popolari, il Forte fu occupato da insorti (come accadde per i forti vicini, Belvedere e Crocetta), ma a causa di un traditore nelle file dei rivoltosi, il forte fu riconquistato dalle truppe regie; Nel 1914 l'intero sistema difensivo genovese, ritenuto ormai inadeguato, venne abbandonato, passando dal Demanio Pubblico Militare al Demanio Patrimoniale dello Stato. Nel 1917 vi vennero rinchiusi prigionieri di guerra dell'esercito austro-ungarico. Tuttavia all'inizio del secondo conflitto mondiale l'esercito modificò le vecchie postazioni sull'opera, edificando quattro piazzole in cemento armato per pezzi di contraerea da 88/56, oggi ancora visibili, nei pressi delle quali furono realizzati piccole strutture per il servizio della guarnigione. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, il forte passò nelle mani della Wehrmacht, e fu danneggiato da un bombardamento alleato, effettuato per indurre la guarnigione alla resa, che diroccò in parte sulla cortina meridionale. Dal 2011 il forte è stato dato in concessione dall'ente proprietario, che era il Demanio e oggi è il Comune di Genova, all'associazione onlus La Piuma (oggi OdV) che ha proceduto tramite volontari alla bonifica dalle piante infestanti, dai rifiuti di ogni sorta e ai rilevamenti topografici nell'ottica di un progetto con finalità sociali, culturali e ambientali, a favore della città di Genova e del pubblico in generale. L'associazione ha condotto il restauro della Casa del Telegrafo, nella parte superiore del complesso, dove oggi risiede la casa-famiglia della Piuma e vi sono locali ad uso di gruppi, volontari ed eventi. L'associazione accoglie regolarmente gruppi di visitatori in occasione di giornate di apertura (Porte Aperte), eventi a tema storico, culturale, artistico o naturalistico, trekking urbani, attività didattiche o di volontariato, e su prenotazione concordata. Ne dà comunicazione tramite sito web, pagina facebook e newsletter. Inoltre due giorni a settimana (mercoledì e sabato) è possibile partecipare ai lavori di manutenzione e recupero condotti da volontari, previa contatto con i responsabili. Il forte presenta elementi originari, come intonaci con impresse le firme di soldati, l'argano per il sollevamento dei materiali, inferriate originali, una santabarbara in ottimo stato di conservazione e diverse piazzole in cui erano posizionati i cannoni della contraerea. A piedi, per gli amanti dell'escursionismo, un interessante percorso alla scoperta di alcune delle opere fortificate occidentali di Genova conduce dalla collina di Belvedere fino al Forte Sperone lungo il sentiero delle antiche Mura, passando per Forte Tenaglia, toccando anche i resti del Forte Belvedere, Forte Crocetta e poi prosegue per Forte Begato. In automobile da Dinegro prendendo via Venezia, via Ferrara e poi via Bianco verso sinistra. Oppure da via Cantore a Sampierdarena, si segue salita Belvedere e poi salita al Forte della Crocetta, dove si lascia l'automobile per prendere un veloce sentiero che porta fino al Forte. In autobus da Stazione Principe con il n.38 fino al capolinea Granarolo, e a piedi per 10 minuti lungo via Bianco fino allo sterrato indicato per il Forte. Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2007, ISBN 978-88-89384-27-5 Tarantino Stefano-Gaggero Federico-Arecco Diana, Forti di Genova e sentieri tra Nervi e Recco alta via dei monti liguri, Edizioni del Magistero, Genova. Roberto Badino, Forti di Genova, Sagep, Genova 1969 Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova editrice genovese, Genova, 2008, [prima edizione 1984]. Cappellini A., Le Fortificazioni di Genova, Ed. F.lli Pagano Editore, Genova, 1939 Comune di Genova - Assessorato giardini e foreste, Genova. Il parco urbano delle Mura. Itinerari storico-natura Forti di Genova Mura di Genova Fortificazione Fortificazione alla moderna Regno di Sardegna Val Polcevera Sampierdarena Forte Belvedere (Genova) Forte Crocetta Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Forte Tenaglia Mappe, itinerari e foto dei forti di Genova, su forti-genova.com. URL consultato il 4 settembre 2018 (archiviato dall'url originale il 24 luglio 2010).

Chiesa di San Bartolomeo Apostolo (Genova, Sampierdarena)
Chiesa di San Bartolomeo Apostolo (Genova, Sampierdarena)

La chiesa di San Bartolomeo Apostolo è un luogo di culto cattolico Italiano, situato a Promotorio, località del quartiere genovese di Sampierdarena. La sua comunità parrocchiale fa parte del vicariato di Sampierdarena dell'arcidiocesi di Genova. Sorge sulla costa della collina di Promontorio, antico borgo rurale sulle alture di Sampierdarena, al margine della salita proveniente da San Bartolomeo del Fossato. La chiesa fu fondata dai religiosi vallombrosani come dipendenza della sottostante abbazia San Bartolomeo del Fossato, con la stessa intitolazione. Tradizionalmente è indicato il 1090 come anno di fondazione, ed è citata, in termini assai generici, in un documento del 1138, mentre il primo documento specifico riferito all'insediamento è del 1311. Rimasta una dipendenza dei vallombrosani fino a quando essi restarono al Fossato, fu più volte ristrutturata e trasformata nel corso dei secoli. Nel 1580 fu restaurata a spese del patrizio Bartolomeo Centurione. Nel 1632 i monaci di Vallombrosa abbandonarono definitivamente le due chiese, che vennero entrambe affidate all'arcivescovo di Genova, quella del Fossato come commenda e quella di Promontorio come parrocchia, funzioni esercitate tramite vicari da lui delegati. Intorno al 1780 fu condotta una profonda trasformazione architettonica, che stravolse l'originario impianto romanico, e nella prima metà dell'Ottocento, grazie ai contributi di alcuni fedeli, la chiesa venne ulteriormente ampliata. Con questi due interventi vennero aggiunte le due navate laterali, rifatta la facciata ed ampliati presbiterio ed abside. A partire dal 1865 con l'istituzione delle nuove parrocchie di Santa Maria delle Grazie e di San Gaetano la giurisdizione parrocchiale di Promontorio venne fortemente ridimensionata. Altre parti del territorio parrocchiale vennero scorporate nel corso del Novecento per la creazione di altre nuove parrocchie (Belvedere, Fossato, Santa Maria della Vittoria). Restauri eseguiti verso la fine dell'Ottocento hanno portato alla luce alcune delle superstiti strutture medioevali, attraverso le quali è stato possibile ricostruire la struttura originaria dell'edificio. Nonostante gli ampliamenti intervenuti nel corso dei secoli, la chiesa si presenta di modeste dimensioni ed appare oggi nel suo rifacimento ottocentesco. La facciata a capanna è priva di decorazioni ed ha un portale molto semplice, sormontato da una finestra semicircolare. Caratteristica è la torre nolare, unico elemento superstite della struttura romanica originaria, che si eleva sulla crociera: di forma esagonale, è costruita in pietra di Promontorio e termina con una cuspide piramidale in mattoni. La chiesa ha tre brevi navate, ciascuna con un proprio abside. Oltre all'altare maggiore, le absidi laterali ospitano due cappelle. Poche le opere d'arte conservate nella chiesa: la più notevole è il seicentesco dipinto della Madonna della Salute, collocato nella cappella absidale di destra, attribuito alla scuola del Sassoferrato; nella chiesa è conservata anche una statua lignea della Madonna del Rosario, tradizionalmente attribuita alla scuola del Maragliano, appartenente alla confraternita del Rosario, che ha il proprio oratorio accanto alla chiesa. Nell'oratorio sono conservati due grandi crocifissi lignei da processione finemente intagliati (Cristo bianco e Cristo moro). Nel pavimento della chiesa si trova la tomba di Francisco José Rodrigues de Andrade, vescovo di Funchal, nell'isola portoghese di Madera, dal 1821 al 1838. Il prelato, sostenitore del re Michele, fu costretto all'esilio nel 1834 quando questi, sconfitto dagli avversari politici, dovette abdicare. Rimasto formalmente a capo della diocesi portoghese, il vescovo riparò a Genova, ospite in San Bartolomeo del Fossato; alla sua morte, nel 1838, venne sepolto a Promontorio. Guida d'Italia - Liguria, Milano, TCI, 2009. C. Praga, Genova fuori le mura, 2006, Fratelli Frilli Editori. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Bartolomeo di Promontorio

Belvedere (Genova)
Belvedere (Genova)

Belvedere (Bervei in ligure) è un quartiere del comune di Genova ed una delle unità urbanistiche che compongono la circoscrizione di Sampierdarena. Fa parte del Municipio II Centro Ovest. La collina su cui sorge (altitudine: 129 m slm) si affaccia sul versante sinistro della Val Polcevera e sul sottostante abitato di Sampierdarena. Gli antichi genovesi denominarono questa località Belovidere per la folta vegetazione e per la presenza di numerose ville e giardini patrizi che a partire dal XV secolo molte famiglie nobili di Genova vi avevano costruito come loro residenze di campagna. Il toponimo, di derivazione intuitiva, fa riferimento al panorama che si gode da questa collina, che insieme a quella di Coronata, sul versante opposto della valle, segna la fine della Valpolcevera. Il panorama spazia dal monte di Portofino a Capo Mele, con ampia vista sulla Valpolcevera, facendo della collina un luogo strategico, caratteristica che nell'Ottocento ne ha determinato la militarizzazione, con la costruzione di fortificazioni che hanno stravolto e sacrificato l'abitato. A poca distanza da Belvedere si trova la località detta Crocetta (in ligure Croxetta de Bervei), il cui nome fa riferimento all'incrocio tra due antiche strade, quella che da Sampierdarena, superato Belvedere, proseguiva a mezza costa per l'alta Valpolcevera e quella che da Genova (quartiere di San Teodoro) conduceva a ponente passando per il Campasso (altro rione sampierdarenese nella bassa Valpolcevera). Questo incrocio, anche se non più frequentato dai viaggiatori, è ancor oggi riconoscibile e ben delimitato da antiche case. Per secoli importante luogo di transito, fino all'apertura delle prime strade di fondovalle, anche questo borgo ospitò case di villeggiatura di ricche famiglie genovesi e nell'Ottocento subì anch'esso i disagi causati dalla presenza del vicino Forte Crocetta, costruito poco più a monte del citato quadrivio sulla struttura del soppresso convento agostiniano del S.S. Crocefisso, con annessa chiesa, risalente ai primi anni del Seicento. Sulla piazza principale, in posizione dominante sull'abitato di Sampierdarena, sorge il Santuario di Nostra Signora di Belvedere, la cui prima edificazione risale alla fine del XIII secolo come cappella dell'annesso convento delle monache agostiniane. La chiesa, citata per la prima volta in un documento del 1285, è composta da un'unica navata ed ha subito nel tempo una serie di rifacimenti. Nel 1665 è stata completamente rifatta ed arricchita dei due altari laterali. Le pareti sono ornate da pregevoli tele e dipinti. Nel 1351 alle monache agostiniane subentrarono i frati dello stesso ordine che, salvo un'interruzione dal 1409 al 1472, vi rimasero fino alla soppressione napoleonica del 1800. Nel 1819 la chiesa rischiò di essere demolita per far spazio alle fortificazioni volute dal governo sabaudo, provvedimento poi rientrato. La chiesa fu riaperta nel 1821, sotto la custodia di preti diocesani. Fu eretta in parrocchia dal 1931 (con decreto del 24 dicembre 1930) dal cardinale Carlo Dalmazio Minoretti, arcivescovo di Genova. La festa patronale viene celebrata nella solennità della Natività di Maria, l'8 settembre. Caratterizza il paesaggio di Belvedere anche la presenza di diverse fortificazioni (vedi anche Mura di Genova), costruite tra il 1815 e il 1830. Già durante gli assedi austriaci del 1746-1747 e del 1800 sull'altura di Belvedere erano state approntate delle postazioni difensive. Vista l'importanza strategica della collina, a partire dal 1815, dopo l'annessione della Liguria al Regno di Sardegna, stabilita dal Congresso di Vienna, furono erette dal governo sabaudo due nuove fortificazioni che avevano lo scopo di difendere le mura principali di Genova: Forte Belvedere, la cui struttura costituisce oggi il terrapieno del campo sportivo M. Morgavi; per la sua realizzazione furono demolite diverse case ed anche la chiesa rischiò di essere abbattuta. Alla fine dell'Ottocento, venute meno le motivazioni strategiche che avevano portato alla sua edificazione, fu trasformato in una batteria a difesa del porto di Genova. Nel 1938 vi fu collocata una batteria contraerea. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 fu occupato dai soldati tedeschi che lo tennero fino al termine del conflitto. Nel dopoguerra, dismesso dal demanio militare, fu ceduto a privati. Come detto, dagli anni settanta sulla sua struttura sorge il campo sportivo Morgavi. Forte Crocetta, sovrastato dall'imponente Forte Tenaglia (che fa parte delle mura secentesche di Genova, anch'esso ampliato tra il 1815 e il 1830), fu costruito poco a monte di Belvedere, presso il borgo della Crocetta, sull'area già occupata dal secentesco convento degli Agostiniani e dall'annessa chiesa del Santissimo Crocefisso. L'edificio religioso fu demolito nel 1818. La costruzione del forte, dopo una modifica di progetto intervenuta nel corso dei lavori, si concluse nel 1830. Dismesso dal demanio militare nel 1914, a varie riprese fu abitato fino al 1961. Oggi è chiuso e in stato di abbandono. Corinna Praga, Genova fuori le mura, Fratelli Frilli Editori, 2006. Goffredo Casalis, Dizionario geografico, storico, statistico e commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, 1849. Stefano Finauri, Forti di Genova, Edizioni Servizi Editoriali, 2007. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Belvedere

Chiesa di San Teodoro (Genova)
Chiesa di San Teodoro (Genova)

La chiesa di San Teodoro è un edificio religioso italiano di Genova, situato nell'omonimo quartiere che da essa prese il nome. La struttura originale era una delle più antiche di Genova: l'originaria chiesa romanica, di cui si avevano notizie dal X secolo, venne demolita per ragioni urbanistiche nel 1870, e una nuova fu riedificata poco distante. La comunità parrocchiale fa parte del vicariato San Teodoro-Oregina dell'arcidiocesi di Genova. Le prime notizie della chiesa intitolata a San Teodoro e San Salvatore risalgono al X secolo. La chiesa sorgeva fuori dalle mura cittadine, su una scogliera a picco sul mare nella zona di Fassolo, dov'è ora via B. Buozzi. Nel 1097 fu affidata dal vescovo di Genova Airaldo Guaracco ai canonici mortariensi, congregazione a cui egli stesso apparteneva. I mortariensi riedificarono la chiesa in chiesa in forme romaniche e lo stesso vescovo la consacrò il 20 luglio 1100. Sempre nel XII secolo fu eretta in parrocchia. La chiesa aveva tre navate e vi era affiancato il monastero dei canonici. Alcune famiglie patrizie finanziarono la realizzazione delle cappelle e delle decorazioni interne. Tra queste si distinsero in particolare i Lomellini che nel 1303 fecero costruire nella chiesa una cappella dedicata a San Sebastiano e all'inizio del XVI secolo commissionarono a Filippino Lippi una pala raffigurante il martirio del santo. Nel 1449 i mortariensi vennero integrati dal papa Niccolò V nella congregazione lateranense, che prese formalmente possesso della chiesa il 5 luglio 1458. Nel 1481 papa Sisto IV, la elevò al rango di abbazia. La chiesa, per la sua posizione prossima al mare era particolarmente vulnerabile alle violenza dei marosi, come avvenne nel 1596 quando fu gravemente danneggiata da una mareggiata. Nel 1630 l'edificio venne inglobato all'interno della nuova cinta muraria, restando parzialmente coperto dalla stessa e perdendo il contatto diretto con il mare. Per le leggi di soppressione napoleoniche nel 1797 i lateranensi dovettero abbandonare la chiesa e poterono farvi ritorno solo nel 1825; nel periodo della dominazione napoleonica il governo francese fece trasferire in Francia molte opere d'arte, tra cui il citato "Martirio di San Sebastiano" di Filippino Lippi restituito solo anni dopo alla città di Genova e attualmente conservato nella galleria di Palazzo Bianco. La pianificazione urbanistica della prima metà del XIX secolo e la successiva espansione a ponente del porto, nella seconda metà del secolo, decretarono la fine dell'antica chiesa. Nel 1820, per l'ampliamento della strada di Fassolo (attuale via Bruno Buozzi) furono demoliti l'adiacente oratorio del Rosario e il convento annesso alla chiesa con il suo chiostro. Con la nuova sistemazione urbanistica la chiesa venne a trovarsi a un livello inferiore rispetto alla nuova strada per Sampierdarena, rendendo necessaria la creazione di una discesa per accedervi. In quegli stessi anni, nel giorno di Natale del 1821 un'altra violenta mareggiata aveva minato la stabilità dell'antico edificio, la cui sorte era comunque ormai segnata, poiché la zona dove sorgeva era destinata all'espansione a ponente del porto. Per consentire la costruzione dei nuovi "Magazzini Generali" del porto la chiesa venne demolita il 4 ottobre 1870 mediante cariche di polvere pirica, alla presenza di una folla numerosa. Insieme alla chiesa venne demolito quanto restava dell'antistante cinta muraria seicentesca, dando avvio alla costruzione delle nuove infrastrutture portuali. La nuova chiesa, in stile neogotico, fu costruita tra il 1871 e il 1876 all'inizio di via Venezia, a poche centinaia di metri dal sito della chiesa precedente, su progetto dell'architetto palermitano Vittore Garofalo e consacrata nel mese di novembre del 1876 dal vescovo di Piacenza Giovanni Battista Scalabrini. Durante la seconda guerra mondiale la chiesa subì danni non gravi per i bombardamenti aerei dell'ottobre 1940 e del 2 agosto 1944, prontamente riparati nell'immediato dopoguerra. Tra il 1953 e il 1957 le finestre della chiesa furono abbellite dalle vetrate dipinte di Amalia Panigati. Nel 1960 venne costruita una nuova sagrestia, mentre nel 1963 fu completato il rivestimento esterno in travertino della facciata, realizzato su progetto di Angelo Sibilla. Importanti lavori di ristrutturazione sono stati eseguiti tra il 2013 e il 2015. Ad agosto del 2013 ai canonici lateranensi, che avevano officiato la chiesa per oltre cinque secoli, sono subentrati i religiosi dell'Istituto del Verbo Incarnato. La chiesa sorge all'inizio di via Venezia, con l'ingresso principale aperto sulla porzione di piazza Dinegro posta a monte della linea ferroviaria e che nel 2014 è stata intitolata a don Bruno Venturelli, che ha retto la parrocchia dal 1945 al 1991. La chiesa è l'unica a Genova in puro stile neogotico. La facciata tripartita è rivestita con lastre di travertino ed è caratterizzata da un alto campanile a guglia piramidale posto al centro e tre portali d'ingresso in corrispondenza delle navate, sormontati ciascuno da un'alta monofora. Il tetto, a due falde, ha la struttura portante in legno e la copertura in lastre di ardesia. La chiesa ha tre navate, separate da otto pilastri ottagonali a costoloni che sorreggono arcate a sesto acuto a bande bianche e nere, con tredici altari, presbiterio e abside poligonale. Vi sono conservate numerose opere d'arte trasferite dalla vecchia chiesa, tra cui due tombe cinquecentesche dei Lomellini, di Antonio Della Porta e Pace Gaggini, e una pala di Luca Baudo raffigurante S. Agostino con S. Monica e S. Ambrogio. Sull'altare maggiore è collocato un gruppo ligneo della bottega del Maragliano raffigurante la Vergine circondata da Angeli, proveniente dalla scomparsa chiesa di Santa Maria della Pace. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Teodoro Di Negro, su C'era una volta Genova, 14 febbraio 2016.