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Chiesa di Sant'Ambrogio ad Nemus

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Gesioeul de Sant Ambrosin S1
Gesioeul de Sant Ambrosin S1

La chiesa di Sant'Ambrogio ad Nemus (in milanese gesioeul de Sant Ambrosin, pronuncia ˈʤesiø de sãːt amˈbruzĩː, conosciuto anche con il nomignolo di Sant Ambroeus Andem) è una chiesa cattolica di Milano. Si trova fuori dal centro storico, non lontano da Corso Sempione.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa di Sant'Ambrogio ad Nemus (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa di Sant'Ambrogio ad Nemus
Via Peschiera, Milano Municipio 1

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Chiesa di Sant'Ambrogio ad Nemus

Via Peschiera
20154 Milano, Municipio 1
Lombardia, Italia
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Gesioeul de Sant Ambrosin S1
Gesioeul de Sant Ambrosin S1
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Luoghi vicini

Porta Sempione
Porta Sempione

Porta Sempione è stata la prima delle nuove cinque porte più recenti di Milano, ricavata lungo i bastioni spagnoli, oggi demoliti, e realizzata nell'ampio piazzale retrostante la piazza d'Armi del Castello Sforzesco come ingresso trionfale alla città dalla Francia. Posta a nord-ovest della città, è costituita da due caselli daziari e dal monumentale Arco della Pace, realizzato dal Cagnola. Sorge al centro dell'attuale piazza Sempione, alle spalle dell'omonimo parco, all'imbocco dell'Asse del Sempione. Una Porta Giovia romana era già presente nelle mura romane di Milano, edificate, probabilmente, sotto il principato di Ottaviano Augusto e si trovava in fondo alla attuale Via San Giovanni sul Muro, forse dalla parte verso via Cusani. La Porta si apriva verso l'importante strada verso Castelseprio ed il suo contado. All'esterno delle mura erano ospitati, in linea con la tradizione romana, edifici sepolcrali che hanno lasciato traccia di sé attraverso alcune lapidi reimpiegate nella costruzione di chiese quali San Carpoforo (in Brera) e la vicina basilica di San Simpliciano (lungo corso Garibaldi). Della porta romana non rimane alcuna traccia se non il toponimo S. Giovanni al muro rotto, che sembra suggerire la sopravvivenza, nei secoli, di tracce dell'antica fortificazione. La porta venne sostituita dalla Porta Giovia medievale nell'impianto delle mura medievali di Milano realizzate a partire dal 1155, nonché delle mura rifatte nel 1171, successive alle devastazioni del Barbarossa. Essa venne avanzata verso nord, sino all'altezza dell'attuale Rocchetta all'interno del Castello. Oggi l'edificio non è più rintracciabile a motivo delle intense trasformazioni subite dall'area a seguito della costruzione della Rocca di Porta Giovia, tra il 1358 e il 1368. Sotto Filippo Maria Visconti esso divenne residenza di città del duca e venne, quindi, trasformata in un vero e proprio castello con pianta quadrangolare, con attorno un nuovo fossato e difeso da due doppi ponti levatoi: uno verso la città, l'altro verso il Seprio. L'area retrostante, verso la campagna, venne trasformata in una tenuta boschiva per facili battute di caccia. Da questo momento, la storia della porta si confonde interamente con quella del Castello Sforzesco. Essa rinacque metaforicamente con l'edificazione, all'inizio dell'Ottocento, dell'Arco della Pace del Cagnola. Da Porta Giovia uscì la sera del 22 marzo 1848 l'esercito austriaco del feldmaresciallo Josef Radetzky, sconfitto dai milanesi alle cinque giornate. Arco della Pace Strada statale 33 del Sempione Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Porta Sempione Porta Sempione, su milanofree.it. URL consultato l'8 aprile 2018 (archiviato dall'url originale l'8 aprile 2018). Caselli daziari di Porta Sempione, su turismo.milano.it.

Chiesa del Corpus Domini (Milano)
Chiesa del Corpus Domini (Milano)

La chiesa del Corpus Domini si trova a Milano, in via Canova n. 4, a brevissima distanza dall'Arco della Pace. È parte del decanato Sempione dell'arcidiocesi di Milano e fu elevata al rango di basilica minore da papa Pio XII per volontà dell'arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, poi papa Paolo VI. La chiesa è divisa in una basilica inferiore, consacrata il 31 dicembre 1900, e in una basilica superiore, eretta successivamente. L'edificio è parte di un vasto complesso religioso voluto da padre Gerardo Beccaro (1846-1912), superiore della provincia lombarda carmelitana: comprendeva, oltre alla basilica, il convento dei carmelitani scalzi, la biblioteca provinciale, la tipografia Santa Lega Eucaristica e l'Ospizio Nazionale pei piccoli Derelitti, inaugurato il 4 novembre 1904. L'idea di innalzare a Milano un tempio monumentale alla Santa Eucaristia (il Corpus Domini) fu proposta durante il secondo Congresso eucaristico di Torino (2-6 settembre 1894) dal Carmelitano Scalzo padre Gerardo Beccaro, già noto in Italia per altre numerose imprese caritatevoli. Il frate era reduce dalle missioni nelle Indie orientali e da qualche anno si dedicava all'espansione dell'ordine dei Carmelitani in Italia fabbricando chiese e conventi a Piacenza e a Cherasco. Per il finanziamento della nuova chiesa il religioso fondò la Santa Lega Eucaristica, che si diffuse in tutta Italia con lo scopo di riunire fedeli che aiutassero a sostenere le spese necessarie alla costruzione dell'opera. La prima sede provvisoria fu consacrata nel settembre 1895 ed era ospitata in un padiglione in legno recuperato dalle Esposizioni riunite che si erano tenute all'interno del Parco Sempione nel 1894. Cronaca contemporanea - 5, in La Civiltà Cattolica, Anno LII, Serie XVIII, vol. I, fasc. 1213, Roma, Tip. A. Befani, 1901, pp. 363-364. Virginio Muzio, La chiesa del Corpus Domini per i padri Carmelitani al Sempione, in L'Edilizia Moderna, Anno IX, fasc, I, Milano, gennaio 1900, p. 1. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa del Corpus Domini

Chiesa della Santissima Trinità (Milano)
Chiesa della Santissima Trinità (Milano)

La chiesa della Santissima Trinità è una chiesa parrocchiale di Milano, posta in zona Paolo Sarpi. Fu costruita negli anni sessanta del XX secolo per sostituire una chiesa precedente. La chiesa della Santissima Trinità fu costruita dal 1964 al 1967 su progetto di Fritz Metzger, per sostituire la precedente chiesa parrocchiale, posta poco distante e abbattuta per necessità urbanistiche. Di essa resta il solo campanile. La chiesa fu aperta al culto la notte di Natale del 1967 e consacrata l'8 giugno dell'anno seguente. La chiesa è posta a 3 metri di altezza dal piano stradale, ed è preceduta da un sagrato accessibile tramite una scalinata laterale. Il sagrato è sovrastato dalla copertura, poggiante su sei grandi pilastri a croce, dei quali quattro sono posti all'interno della chiesa, e due sul sagrato stesso. Lo spazio ecclesiale è a pianta quadrata di 33 metri di lato; i fedeli sono disposti in modo assembleare, a semicerchio intorno all'altare. Cecilia de Carli (a cura di), Le nuove chiese della diocesi di Milano 1945-1993, Milano, Edizioni Vita e Pensiero, 1994, ISBN 88-343-3666-6. Chiese di Milano Parrocchie dell'arcidiocesi di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa della Santissima Trinità Sito ufficiale, su trinita.tv. Chiesa della Santissima Trinità, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Parrocchia della Santissima Trinità, su lombardiabeniculturali.it.

Biblioteca provinciale dei Carmelitani scalzi
Biblioteca provinciale dei Carmelitani scalzi

La Biblioteca provinciale dei Carmelitani scalzi è una biblioteca ecclesiastica gestita dall'Ordine dei carmelitani scalzi, sita in via Canova 4 a Milano. È deputata alla conservazione di tutti i volumi antichi e di pregio (manoscritti, incunaboli, edizioni dei secoli XV-XVIII) provenienti dalle biblioteche dei conventi della Provincia Lombarda dei Carmelitani scalzi. La Biblioteca provinciale nasce con la volontà di raccogliere in un unico luogo tutto il patrimonio librario appartenente alla Provincia religiosa di S. Carlo dei Carmelitani Scalzi. Viene istituita intorno agli anni 70 del XX secolo presso il convento di Piacenza fino a quando, nel 1992, il convento viene chiuso e la Biblioteca provinciale viene spostata a Milano presso il convento del Corpus Domini, dove ha anche sede la Curia Provinciale. La Biblioteca provinciale conserva e custodisce al suo interno: manoscritti, incunaboli, edizioni dei secoli XVI-XVIII e circa 50.000 volumi moderni. Dal 2011, ha preso avvio un progetto di catalogazione, oggi ancora in corso e concordato con la Soprintendenza ai Beni Librari della Regione Lombardia, che ha come scopo la descrizione e la fruizione dell’intero patrimonio della biblioteca. Il progetto finora è progredito grazie ai finanziati della Conferenza Episcopale Italiana, ai bandi di Regione Lombardia per la valorizzazione di biblioteche e archivi e a una erogazione liberale della ditta CEMB di Mandello del Lario e a un contributo di Fondazione Cariplo. La Biblioteca a partire dall’aprile 2017 è operativa sul Polo regionale lombardo del Servizio Bibliotecario Nazionale SBN e porta avanti progetti di digitalizzazione del proprio patrimonio librario. Il fondo antico si articola in 3 sezioni: 200 manoscritti, compresi tra XV-XX secolo, di cui due manoscritti liturgici medievali. I manoscritti sono quasi interamente descritti all'interno del sistema Manus-online 29 incunaboli, sono catalogati all'interno del progetto internazionale del CERL: Material Evidence in Incunabula 4.100 circa edizioni comprese tra XVI-XVIII secolo. Il fondo moderno si articola in 3 sezioni: Studentato Teologico S. Lega Eucaristica Deposito centrale Tutti i volumi del fondo moderno sono in fase di catalogazione e risultano ricercabili nel catalogo del Polo regionale lombardo SBN e nel Catalogo SBN nazionale. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Biblioteca provinciale dei Carmelitani scalzi Sito ufficiale, su ilcarmelo.it. Biblioteca provinciale dei Carmelitani scalzi, su Anagrafe delle biblioteche italiane, Istituto centrale per il catalogo unico. Biblioteca provinciale dei Carmelitani scalzi, su Anagrafe degli istituti culturali ecclesiastici, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Biblioteca provinciale dei Carmelitani scalzi, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Zona Paolo Sarpi
Zona Paolo Sarpi

La zona Paolo Sarpi (detto anche quartiere Sarpi in riferimento all'omonima via), è un quartiere del Municipio 1 di Milano noto in passato come il Borgo degli Ortolani (originariamente, in dialetto milanese, il nome era Borgh di scigulatt cioè "borgo dei produttori di cipolle"). Essa è compresa tra via Luigi Canonica e via Paolo Sarpi, nelle vicinanze di Porta Volta. Il Borgo degli Ortolani (Borgh di Ortolan in lingua lombarda) era un rione di Milano sito tra Porta Tenaglia e l'Arco della Pace, nell'odierna via Luigi Canonica, in corrispondenza dell'odierna zona Sarpi. Il nome deriva dal fatto che era sede di un'ampia comunità di ortolani. In dialetto milanese era anche noto come Borgh di goss, ossia "borgo dei gozzi", poiché vi erano varie parti di animali esposte al pubblico durante il lavoro. Chinatown è il nome attribuito nel gergo giornalistico (spesso in modo spregiativo), alla zona che va dal Municipio 1 di Milano e si estende anche fin dentro il Municipio 8, caratterizzata dalla notevole concentrazione di esercizi commerciali gestiti da membri della comunità cinese. La presenza cinese a Milano ha avuto inizio intorno al 1920 con una massiccia immigrazione dalla regione dello Zhejiang, soprattutto dalla città di Wenzhou, dalla quale proviene circa il 90% delle persone cinesi residenti in Italia; nel capoluogo lombardo scelsero una zona che, per il particolare tessuto urbanistico, favoriva la concentrazione di laboratori nei cortili delle abitazioni. Già durante il fascismo il quartiere era chiamato "quartier generale dei cinesi". Tradizionalmente invece, anche se la cosa non è veritiera, il primo cinese insediatovisi è stato il pellettiere Wang Sang (1919-2009), detto "Romanino", a Milano dal 1937, attivo anche nella mediazione culturale, citato dal poeta dialettale Sergio Gobbi nel verso Wang Sang prim cinese el derva bottega (Wang Sang primo cinese apre bottega). Le prime attività, localizzate principalmente attorno a via Luigi Canonica furono legate alla lavorazione della seta, specialmente per la produzione di cravatte, favorita dalla vicinanza con gli impianti industriali del comasco. Durante la seconda guerra mondiale la lavorazione venne convertita in quella della pelle, al fine di fornire cinture militari ai contingenti italiani e tedeschi. Il commercio, principalmente all'ingrosso, era sostanzialmente monotematico, concentrato soprattutto sull'abbigliamento e la pelletteria. Dalla fine degli anni novanta inizia il boom: l'area diventa un punto di riferimento per i cittadini cinesi non solo di Milano ma anche del resto della Lombardia. Nascono così supermercati, erboristerie/farmacie e librerie, esercizi in grado di soddisfare le richieste di prodotti cinesi da parte di una clientela cinese. Dagli anni 2000 l'attività si fa via via più ramificata, comprendendo pressoché qualsiasi forma di esercizio commerciale, non più solo all'ingrosso ma al dettaglio: negozi di abbigliamento, telefonia, alta tecnologia, fotografia, ottica; inoltre nascono molti negozi che offrono servizi, come assistenza e riparazione computer e telefoni cellulari, servizi per gli immigrati, agenzie viaggi, parrucchieri, estetisti, internet point e KTV (karaoke cinese). Parallelamente all'esplosione del commercio al dettaglio, dal 1999 si è assistito anche al massiccio incremento del commercio all'ingrosso, insediatosi progressivamente al posto dei dettaglianti italiani, grazie al pagamento di buonuscite molto elevate per subentrare nei loro locali; questi esercizi si espandono lungo via Paolo Sarpi e nelle strade adiacenti del quartiere Canonica-Sarpi-Bramante. Alla fine del 2014, la comunità cinese propose la realizzazione di due paifang alle estremità della strada, in modo analogo a quanto realizzato molte altre chinatown del mondo; tuttavia tale progetto non è stato ad oggi ancora realizzato. Le contraddittorie caratteristiche della presenza cinese nel quartiere Canonica-Sarpi di Milano hanno comportato la decisione comunale di operare per la delocalizzazione dei grossisti, creando una frizione tra l'amministrazione comunale e la comunità cinese, e tra questa e i residenti non cinesi nel quartiere. Il 25 novembre 2000 si ebbe una prima manifestazione di protesta nella zona, ad opera del Comitato ViviSarpi. Diversamente da quanto spesso riferito, essa non era assolutamente in opposizione alla presenza cinese, bensì contro il degrado comportato dall'aumento del commercio all'ingrosso, con conseguente indebolimento del commercio di prossimità. Le proteste del comitato, ripetute nel tempo, ottennero che il Comune stabilisse nell'area una regolamentazione dell'orario in cui è permesso il carico e scarico delle merci nei magazzini e nei negozi, volto nella pratica a regolamentare le attività gestite dalla comunità del quartiere, sia essa italiana o cinese. Il 12 aprile 2007 ebbe luogo una breve rivolta in strada della comunità cinese, con cariche della polizia e l'intervento del console cinese a Milano. Alla fine del 2008 il Comune ha reso via Paolo Sarpi ZTL, ossia Zona a Traffico Limitato, mentre nel 2011 ha pedonalizzato la stessa via, rendendola una lunga passeggiata lastricata che congiunge Porta Volta con Corso Sempione. La massiccia presenza cinese, unita ai tipici ideogrammi per le strade, conferisce al quartiere una forte identità. Al suo interno si possono distinguere delle sotto-aree tipiche della zonizzazione presente nelle città cinesi. In particolare, la parte lungo via Paolo Sarpi e via Antonio Rosmini è specializzata in negozi di tecnologia, in abbigliamento al dettaglio e nell'alimentare (è presente pure un centro commerciale); quella lungo via Messina in parrucchieri e servizi per il corpo; quella lungo via Bramante in abbigliamento all'ingrosso. Per l'Expo del 2015, è stato pure inaugurato un hotel cinese, nel cuore del quartiere, tra le vie Rosmini e Sarpi. Ogni anno è festeggiata la ricorrenza del capodanno cinese, durante il quale una coppia di draghi sfila per la via principale del quartiere (via Paolo Sarpi), addobbata per l'occasione. Il corteo si snoda da piazza Antonio Gramsci, all'estremità occidentale del quartiere, preceduto da danze e rulli di tamburi, e attira una folla di curiosi provenienti da ogni parte della città. Recentemente, inoltre, è stato promosso, sempre in piazza Gramsci, il China Film Festival, una rassegna all'aperto di film in lingua cinese sottotitolati in italiano. Nel quartiere si trovano numerosi ristoranti cinesi della città, che offrono soprattutto la cucina cinese dello Zhejiang. Recentemente hanno cominciato a fare la loro comparsa anche ristoranti specializzati in cucina del Sichuan, di Pechino e in hot pot. Si tratta di cucine diverse rispetto a quella dello Zhejiang, di norma quella più comune in Italia. In questi ultimi anni, anche per le recensioni delle più aggiornate guide turistiche, sta crescendo l'interesse turistico legato sia alla scoperta di una nuova forma di ristorazione cinese, sia alla possibilità di uno shopping di tipo diverso, più contenuto nei prezzi e più eccentrico. Il quartiere ospita inoltre le redazioni di numerosi giornali in lingua cinese che vengono stampati nella periferia della città e distribuiti in tutta Italia. Uno dei più importanti è lo Europe China News. Nei primi anni duemila la Chinatown milanese ha fatto da sfondo ad alcuni fatti di cronaca nera tanto efferati quanto improvvisi che hanno svelato la presenza di bande mafiose dedite a reati come il controllo dell’immigrazione clandestina e del gioco d’azzardo, la gestione della prostituzione, il racket nei confronti di esercizi commerciali e lo spaccio di droghe sintetiche; il tutto perpetrato da cinesi esclusivamente ai danni di altri cinesi. Tutto questo ha visto l'ascesa e il declino di giovanissimi veri e propri boss quali Zhou Wei, detto "il Ballerino", assassinato nel 2007 nemmeno ventenne, Hu Libin, detto Limin, attivo tra Torino e Milano, assassinato ventiduenne nel 2009, e Hu Yun Xiao, detto Wenjie, macchiatosi nel 2015 dell'assassinio di un malavitoso in ascesa, il proprietario di un locale di karaoke Hu Xipu. Carlo Linati, Quartiere Cinese, Casa Editrice Leonardo, Milano, 1942 Piero Colaprico, Mala storie - Il giallo e il nero della vita metropolitana, il Saggiatore, Milano, 2010 Daniele Cologna, La Cina sotto casa - Convivenza e conflitti tra cinesi e italiani in due quartieri di Milano, FrancoAngeli, Milano, 2002. ISBN 88-464-3997-X Donatella della Porta (a cura di), Comitati di cittadini e democrazia urbana, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 2004 Patrizia Farina, Cina a Milano - Famiglie, ambienti e lavori della popolazione cinese a Milano, AIM - Associazione Interessi Metropolitani, Milano, 1997 Istituto Nazionale di Urbanistica, Urbanistica, n. 110-111 Giampiero Rossi, Simone Spina (Introduzione di Nando dalla Chiesa), I boss di Chinatown - La mafia cinese in Italia, Editore Melampo, Milano, 2008 Borgo degli Ortolani Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su zona Paolo Sarpi