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Chiesa di San Giorgio Martire (Cellatica)

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Parrocchia San Giorgio e case circostanti a Cellatica (BS)
Parrocchia San Giorgio e case circostanti a Cellatica (BS)

La chiesa di San Giorgio Martire è la parrocchiale di Cellatica, in provincia e diocesi di Brescia; fa parte della zona pastorale di Gussago.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa di San Giorgio Martire (Cellatica) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa di San Giorgio Martire (Cellatica)
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Parrocchia San Giorgio e case circostanti a Cellatica (BS)
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Luoghi vicini

Chiesa di Santa Maria Assunta (Gussago)
Chiesa di Santa Maria Assunta (Gussago)

La chiesa prepositurale di Santa Maria Assunta è la parrocchiale di Gussago, in provincia e diocesi di Brescia; fa parte della zona pastorale di Gussago. La prima pietra della chiesa fu posta nel 1743; la struttura, edificata in stile neoclassico su progetto di Giorgio Massari, venne terminata nel 1760.Nel secolo successivo l'interno della chiesa fu decorato e venne decorata la facciata, disegnata da Rodolfo Vantini e Luigi Donegani.Nel 1857 fu costruita la scalinata d'accesso alla parrocchiale, mentre nel 1879 quest'ultima venne dotata dell'organo, opera della ditta Tonoli. Nel 1931 fu iniziato il campanile.La chiesa venne consacrata nel 1950. Opere di pregio conservate all'interno della chiesa sono il cinquecentesco fonte battesimale, la tela raffigurante l'Angelo della Purità, realizzata nel 1855 da Angelo Inganni, il settecentesco altare del Rosario, la pala con soggetto la Madonna del Rosario assieme ai Santo Domenico, Fermo, Apollonia e Lucia, opera di Sante Cattaneo, dello stesso autore la tela della Predicazione del Battista, la statua dell'Angelo della Rivelazione, scolpita da Domenico Ghidoni, e l'affresco che ha come soggetto San Giovanni Battista, dipinto da Tita Mozzoni nel 1945. Parrocchie della diocesi di Brescia Regione ecclesiastica Lombardia Diocesi di Brescia Gussago Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla Santa Maria Assunta Parrocchia di SANTA MARIA ASSUNTA, su parrocchiemap.it. URL consultato il 6 febbraio 2020. La parrocchiale di Gussago, su bresciainfoto.it. URL consultato il 6 febbraio 2020.

Sale (Gussago)
Sale (Gussago)

Sale (Sàle in dialetto bresciano) è una frazione di Gussago che conta circa 6 000 abitanti, dislocata nella zona sud del comune di Gussago. Confina con gli abitati del Villaggio Badia e della Mandolossa di Brescia e con Cellatica. La frazione deve infatti il suo sviluppo alle nobili famiglie dei Sala (che hanno dato il nome alla frazione) e Caprioli, che nel Quattrocento fecero costruire numerosi palazzi e vi stabilirono la propria residenza di campagna.Arroccata sul Monticello si trova la parrocchia dedicata a Santo Stefano, l'oratorio femminile dedicato a Santa Maria Crocifissa di Rosa. Scendendo dal Monticello per via Santo Stefano e via Sorda, si giunge in via Trieste ove si colloca l'oratorio maschile, itrova trono è Lodovico Pavoni.A Sale sono presenti tre chiese: la chiesa parrocchiale di Santo Stefano, la chiesa della Santa Croce e la chiesa privata di Sant'Adriano Martire. Nell'anno in cui la festa dell'Esaltazione della Santa Croce cade in domenica, si svolge una grande festa solenne, così come nell'anno nel quale la Festa di Sant'Adriano cade di domenica, si celebra una grande processione con le reliquie ed una festa nei grandi palazzi nobiliari circostanti. Le arterie principali della frazione sono via Sale, strada antica che dà il nome all'intera frazione e che collega Gussago a Castegnato tramite la località La Stacca (Stàca); via Santa Croce, altra via antica cuore della festa di Sale; via Trieste, via dell'oratorio, del campo sportivo e della scuola materna statale; viale Italia, strada che porta alla zona industriale della Mandolossa; via Togni, strada di campagna che costeggia il torrente e porta alla località Localnuovo (Löcnöf). Sale è la contrada che ha visto crescere maggiormente il proprio numero di abitanti, grazie alla costruzione e successivo allargamento del villaggio Le Frusche (Frösche), il cosiddetto "Villaggio Vaila". Inoltre, sorge la scuola elementare più ampia del paese, intitolata a Teresio Olivelli.

Civine
Civine

Civine (Siìne in dialetto bresciano) è una piccola frazione montana del comune di Gussago in provincia di Brescia. Civine, in latino Civinarum, risalirebbe secondo lo storico locale Vittorio Nichilo al Medioevo. Pur essendo frazione, questa località dai primi anni del Seicento era parrocchia dedicata a San Girolamo. Co patroni della frazione sono i santi persiani Abdon e Sennen, a cui, nel 1796 è stata dedicata una santella in località Riviere. Gli abitanti della frazione sono stati boscaioli, contadini e pastori fino ai primi del Novecento e, dalla prima guerra mondiale, sono scesi a lavorare nelle fabbriche della sottostante Valle Trompia. Il paesino ha ricevuto grande impulso dalla costruzione della strada che lo collega a Gussago, il capoluogo. Tale costruzione fu fortemente voluta dall'allora sacerdote don Pietro Chitò. La località era molto famosa per la produzione di ciliegie che erano molto ricercate per il loro intenso sapore dovuto probabilmente all'acidità del terreno di coltivazione. Esse erano spesso coltivate all'interno delle vigne che sovrastavano, le piante raggiungevano altezze importanti e gli abitanti del paese erano famosi per la capacità di arrampicarsi fino alle estremità durante il periodo di raccolta. Importante era anche la coltivazione del castagno, con varietà a maturazione precoce che venivano facilmente commercializzate in tutta la provincia. Con l'emigrazione che colpì il paese a favore delle industrie della sottostante Valle Trompia le coltivazioni caddero presto in stato di abbandono così come la maggior parte delle vigne.

Omicidio dei coniugi Donegani

L'omicidio dei coniugi Donegani è un caso di duplice omicidio in cui furono vittime i coniugi Aldo Donegani, 77 anni, e Luisa De Leo, 61 anni. I due scomparvero dalla città natale, Brescia, il 1º agosto 2005 e se ne persero le tracce per oltre due settimane, fino a quando i loro cadaveri vennero rinvenuti fatti a pezzi e chiusi in sacchi della spazzatura in una zona boschiva impervia in Val Paisco, al confine tra le province di Bergamo e Brescia, il 17 agosto 2005. Dalle salme mancavano le teste, che furono ritrovate circa un anno dopo, quella del marito il 4 febbraio 2006 e quella della moglie il successivo 16 novembre, in entrambi i casi nei boschi attorno al comune di Provaglio d'Iseo. Le indagini si appuntarono su uno dei nipoti della coppia, Guglielmo Gatti, che viveva nella stessa casa degli zii; arrestato il giorno stesso del ritrovamento dei corpi, si professò innocente. Rinviato a giudizio sulla base di vari indizi e testimonianze, fu condannato all'ergastolo; l'iter processuale si concluse nel 2009. Non è mai stato effettivamente chiarito il movente. Il 1º agosto 2005 l'appuntato Luciano De Leo, 35enne carabiniere in servizio presso la stazione di Castelfidardo, in provincia di Ancona, si recò a casa degli zii, Aldo Donegani e Luisa De Leo, che l'avevano invitato a trascorrere qualche giorno di ferie in loro compagnia. A mezzogiorno il carabiniere suonò al campanello della casa di famiglia, una villetta a due piani degli anni '60 ubicata al civico 15 di via Ugolino Ugolini a Brescia, nell’Oltremella, senza ottenere risposta. Preoccupato, De Leo suonò al piano superiore, ove viveva per conto proprio un altro nipote della coppia, Guglielmo Gatti, 41enne disoccupato, personaggio schivo, solitario e riservato, da tempo studente fuori corso di ingegneria al Politecnico di Milano; Gatti era però fuori casa e aveva lasciato sul citofono un biglietto con scritto "torno dopo le 17". Raggiunto telefonicamente, disse di non sapere cosa potesse essere successo e di non vedere gli zii da qualche giorno. Di lì a poco tornò alla villa e, insieme a De Leo, provò ad aprire la porta di casa Donegani, che era però chiusa a chiave. Dopo aver tentato vanamente un contatto tramite il cellulare, che risultò staccato, i due allertarono i vigili del fuoco, i quali fecero irruzione nell'appartamento del pianterreno: al suo interno non c'era nessuno e tutto sembrava perfettamente in ordine, senza alcun oggetto mancante. Ugualmente nel garage si trovavano l'autovettura Renault Clio e le biciclette usate dai due coniugi. Gatti e De Leo si recarono quindi alla stazione dei Carabinieri di Brescia-San Faustino, dove sporsero denuncia di scomparsa, dando inizio alle indagini. Gli inquirenti, sotto la guida del sostituto procuratore Claudia Moregola, determinarono che la scomparsa dei coniugi dovesse risalire almeno a domenica 31 luglio, data alla quale risalivano le ultime testimonianze oculari (già discordanti) della loro presenza in città, segnatamente per seguire la messa presso la parrocchia di Sant'Antonio in via degli Antegnati; i vicini di casa e i negozianti presso i quali erano soliti far compere li avevano invece visti l'ultima volta il giorno prima, sabato 30 luglio, e lo stesso valeva per il nipote Luciano, che li aveva sentiti al telefono alle 11:39. A chi aveva parlato con loro, i coniugi avevano detto di attendere visite e di avere alcuni appuntamenti programmati per la settimana entrante. La pista di un allontanamento volontario, pur avvalorata da alcuni dettagli (l'assenza in casa del mazzo di chiavi principale - era rimasto quello di scorta - e la testimonianza di un amico di famiglia che asseriva di aver raccolto una loro confidenza di tale tenore), era in contrasto con la presenza nella dimora sia dell'auto e delle bici, sia di alimenti deperibili (avanzi di sugo e pasta nel forno, vari vasetti di yogurt in frigorifero), sia anche alla luce del fatto che i coniugi fossero da poco rientrati dalla loro consueta villeggiatura a San Benedetto del Tronto, dove si recavano ogni anno. Inoltre, nessun messaggio era stato lasciato dentro l'appartamento e, a differenza delle altre volte in cui mancavano da casa, i Donegani non avevano dato alcuna disposizione ai vicini riguardo la cura del giardino di casa e il ritiro della posta. Luisa De Leo, nondimeno, era impegnata quasi tutti i giorni come volontaria alla già citata parrocchia di Sant'Antonio, per la quale si occupava, a turno con altri, di gestire il bar; non aveva dato nessuna indicazione ai "colleghi" riguardo eventuali salti di turno. Infine il cellulare che i due utilizzavano risultava del tutto irrintracciabile, come se fosse spento. Si ipotizzò pertanto che i due potessero essere incorsi in un qualche incidente mentre compivano una breve escursione: via Ugolini non è infatti distante da vari percorsi ciclopedonali che portano verso le campagne e le colline dell'hinterland bresciano, e i Donegani ne erano assidui frequentatori. Al nipote Guglielmo Gatti era inoltre intestata una seconda casa all'Aprica, nella quale ugualmente si recavano e dove probabilmente sarebbero andati ai primi di agosto insieme all'altro nipote carabiniere, che però definì impossibile l'ipotesi che potessero essere partiti prima del suo arrivo a Brescia senza dirgli nulla. Le ricerche in tal senso (anche nei fiumi e dragando lo stagno della Fantasina) non diedero esito. L'altra pista conduceva allo scenario di un'azione delittuosa, ipotesi per la quale era però difficile individuare un movente plausibile, a cominciare da quello venale, poiché da casa non mancava alcun articolo di valore e i coniugi non erano particolarmente benestanti: Donegani era un ex operaio metalmeccanico e De Leo una casalinga; dall'esame del loro conto corrente non emerse alcun movimento sospetto. I due inoltre avevano molte amicizie ed erano generalmente molto benvoluti nella loro zona. Un particolare interessante in tale ottica era che Donegani, all'insaputa dei più, collezionasse armi da fuoco: i "pezzi" rinvenuti nella villa erano tutti regolarmente dichiarati e le analisi non evidenziarono un loro utilizzo da parte del padrone di casa. Dalle indagini emerse però che dalla collezione mancavano tre pistole, denunciate alle autorità nel 1975, ma probabilmente esse erano solo state cedute a terzi, omettendo di darne comunicazione a chi di dovere. Fin da subito gli inquirenti ascoltarono ripetutamente e lungamente Guglielmo Gatti, che ostentava un atteggiamento calmo e misurato, ribadendo sia a loro che ai cronisti che seguivano la vicenda di non sapersi spiegare la sparizione degli zii. Iniziarono anche i rilievi nella villetta di via Ugolini, durante i quali fu da un lato riscontrata l'assenza di alcuni vestiti, delle carte d'identità e della macchina fotografica utilizzata dai coniugi, ma d'altronde fu rinvenuto (spento e scarico) il cellulare che era stato vanamente cercato con i sistemi di tracciamento; apparentemente però non si manifestò alcun elemento dirimente per la risoluzione della vicenda. Attorno a Ferragosto 2005 un residente a Corteno Golgi, comune della Val Camonica, informò i Carabinieri che il 1º agosto, attorno alle 15:30, mentre era in macchina col figlio 14enne sulla strada del passo del Vivione, una vettura Fiat Punto blu (modello di macchina detenuto da Guglielmo Gatti) proveniente in direzione opposta alla loro li aveva sfiorati ad alta velocità, rischiando di causare un incidente. Il ragazzino, in particolare, riconobbe nell'autista il nipote dei Donegani, affermando di averlo visto pallido, sudato e trafelato. Le ricerche vennero quindi potenziate nella zona e il 17 agosto, durante un giro di perlustrazione, alcuni uomini del Corpo Forestale dello Stato e del Soccorso Alpino rinvennero lungo la scarpata di un vallone profondo circa 400 metri in Val Paisco (laterale della Val Camonica, tra la bergamasca e il bresciano), poco lontano dal Vivione, una decina di sacchetti della spazzatura, dentro cui erano chiusi i resti smembrati di due cadaveri in avanzato stato di decomposizione. Poco discoste, furono trovate delle cesoie imbrattate di sangue e alcune buste della spesa compatibili con gli acquisti fatti dai due coniugi prima di sparire. Appena le salme, da cui mancavano le teste (trovate poi altrove diversi mesi dopo da dei cercatori di funghi), furono identificate come appartenenti a Aldo e Luisa Donegani, la Procura della Repubblica di Brescia mise sotto indagine Guglielmo Gatti per duplice omicidio premeditato, vilipendio e occultamento di cadavere, disponendone l'immediata custodia cautelare in carcere. Ad incastrare il nipote intervennero alcuni elementi: oltre alla testimonianza dell'automobilista e del figlio lungo il passo del Vivione, una vicina di casa dei Donegani disse di aver sentito dei rumori sospetti la notte del 30-31 luglio, di essersi affacciata e di aver visto Guglielmo Gatti in giardino, che l'aveva tranquillizzata. Un'albergatrice di Breno, sempre in Val Camonica, affermò di avergli dato una camera la notte seguente, ma di non averlo registrato dal momento che era arrivato molto tardi per poi ripartire molto presto. Nondimeno, nell'appartamento di Gatti, al piano superiore di via Ugolini, fu altresì ritrovato lo scontrino della spesa fatta dagli zii al sabato e una nuova ispezione alla villa, eseguita con l'ausilio del luminol, evidenziò nel garage in uso al nipote la presenza di amplissime tracce di sangue ripulite, fino a un'altezza di un metro da terra, tali da far ritenere che quella stanza fosse stata l'effettiva scena del crimine; residui ematici furono anche repertati nell’autovettura e su una scarpa di Gatti. I cugini del ramo materno dissero altresì che da quel vano, il giorno della denuncia della scomparsa, proveniva un forte odore di candeggina. Gli inquirenti ricostruirono così la dinamica dei fatti: attorno a mezzogiorno di sabato 30 luglio Gatti avrebbe avvelenato gli zii, o quantomeno somministrato loro un narcotico, per poi trasportarli nel box e lì dissezionarli (forse prima ancora che fossero clinicamente morti) con le cesoie. Completata l’operazione e ripulito l’ambiente dal sangue, l’indomani avrebbe caricato i resti in macchina e si sarebbe diretto verso il passo del Vivione per sbarazzarsene, fermandosi poi a dormire a Breno. Il 1º agosto avrebbe quindi fatto rientro a Brescia, venendo frattanto raggiunto dalla telefonata di Luciano De Leo, non prima però di essersi fermato in un autolavaggio a pulire la macchina. Dal canto proprio, Gatti si dichiarò innocente e vittima di un tentativo di "incastrarlo", negando di essere mai stato in Val Camonica in quei giorni, sostenuto in ciò da parte della sua stessa famiglia e da alcuni giornali che misero in evidenza la presenza di incongruenze e lacune nel sistema accusatorio. La difesa, nella persona dell'avvocato Luca Broli, chiese il rito immediato: il processo si aprì a metà 2006 dinnanzi alla Corte d'assise di Brescia e il 16 maggio 2007 Guglielmo Gatti fu riconosciuto colpevole e condannato all'ergastolo con tre anni d'isolamento diurno. La sentenza fu confermata in Appello il 20 giugno 2008 e infine dalla Cassazione il 12 febbraio 2009. Nelle motivazioni, pur non essendo possibile individuare un sicuro movente, i giudici ipotizzano che Gatti potesse aver sfogato nel crimine il rancore e l'invidia accumulati nei confronti dell'esistenza varia e attiva degli zii e coinquilini, specie a riscontro della sua vita monotona e solitaria. Pur non avendo mai smesso di professare la propria innocenza, Guglielmo Gatti (che sconta l'ergastolo presso il carcere di Opera, dedicandosi perlopiù allo studio e alla gestione della biblioteca interna al penitenziario) ha rifiutato negli anni le proposte dei suoi legali di chiedere una revisione del processo; nel 2019 bensì chiese di poter accedere all'indulto, ma l'istanza fu respinta. Nel 2021 ha usufruito per la prima volta di alcuni benefici al regime detentivo. Dal momento che la condanna escluse Gatti dalla possibilità di ereditare dagli zii, la villetta di via Ugolini a Brescia entrò in un "limbo", poiché per diversi anni non fu chiaro se fosse passata alla famiglia De Leo o al Demanio. Essa rimase così sostanzialmente disabitata per oltre 11 anni, nonostante alcuni tentativi di venderla, anche solo parzialmente, all'asta per racimolare almeno parte del risarcimento che il nipote era stato condannato a corrispondere al resto della famiglia; l'incuria fece crescere una rigogliosa vegetazione infestante in giardino. Nel 2016 lo stabile fu altresì soggetto a un'occupazione abusiva perpetrata da alcune associazioni e centri sociali, che fecero sistemare al piano rialzato una famiglia sfrattata dalle case popolari; l'intrusione si concluse dopo pochi giorni allorché vennero staccate le utenze di metano, elettricità e acqua alla casa. Otto persone furono rinviate a giudizio con le accuse di occupazione abusiva aggravata, danneggiamento e riunione senza preavviso al Questore; il processo si concluse nel 2023 con l'assoluzione di 6 imputati per non aver commesso il fatto, mentre per gli altri 2 intervenne la prescrizione. La completa cessione dell'immobile a terzi è stata infine perfezionata nel 2017 e nel 2023 la dimora è stata sottoposta a una consistente ristrutturazione. Rita Di Giovacchino, Delitti privati. Trent'anni di omicidi in famiglia: da Maso a Erika e Omar, dai Carretta a Tullio Brigida, dal piccolo Tommy alla strage di Erba, Roma, Fazi Editore, 2007, ISBN 978-88-8112-762-7. Enzo Biagi, Quello che non si doveva dire, Milano, Rizzoli, 2006, ISBN 88-486-0364-5. Giorgio Dell'Arti, Aldo Donegani, 77 anni e la moglie Luisa De Leo, 61, mancano da casa da sabato, su Cinquantamila.it, Bcd Srl, 11 nov 2016. URL consultato il 21 nov 2023.

Centro sportivo San Filippo
Centro sportivo San Filippo

Il centro sportivo San Filippo è un impianto sportivo polifunzionale sito a Brescia, che comprende un palazzetto dello sport, tre campi da calcio a 11, due campi da calcio a 7, un campo da calcio a 6, un campo da calcio a 5, tre campi da tennis in sintetico, un campo da tennis in terra rossa, una piscina coperta, una piscina estiva all'aperto e altre strutture minori Il centro ospita le sedi del Brescia Basket Leonessa, del C.O.N.I., e di 17 Federazioni Sportive. Ha inoltre ospitato la sede del Brescia Calcio fino all'estate del 2018. Il palazzetto è la struttura predominante per dimensione, e costituisce il corpo centrale del centro sportivo. È sovrastato da una struttura in volta di legno lamellare, con pavimentazione in parquet. Ha una superficie di 2.400 m2. La planimetria è composta da 4 tribune, due fisse e due estendibili, ed è omologata per una capienza di 2.400 unità. È prevista una futura realizzazione dell'aumento della capienza fino a 3.500 posti. Ospita le gare interne della Pallamano Brescia, società che partecipa alla Serie A2 di Pallamano e della Icaro Basket Brescia, società che partecipa alla Serie B di Pallacanestro in carrozzina. In passato ha ospitato le gare del Basket Brescia, e della Pallavolo Brescia, e più recentemente del Basket Brescia Leonessa. Quest'ultima vi ha giocato fino ai Gara 2 dei quarti di finale play-off di Serie A2 2015/2016, mentre ha disputato Gara 5 dei quarti di finale al PalaRadi di Cremona, e le semifinali e le finali al PalaGeorge di Montichiari. Questa struttura è sede anche di concerti nazionali ed internazionali. In passato, tra quelli nazionali si possono ricordare quelli di Laura Pausini, Max Pezzali, Pino Daniele; tra quelli internazionali si ricorda quello del gruppo metal dei Manowar. Il centro sportivo permette lo svolgimento di molte attività tra cui calcio, tennis e nuoto. Nei campi da calcio a 11 hanno luogo le partite casalinghe della squadra primavera del Brescia Calcio, oltre alle partite casalinghe dell'Urago Mella, Società dell'omonimo quartiere cittadino che partecipa alla L.N.D. di Calcio a 11. Sito ufficiale, su sanfilippo.it.

Villaggio Badia
Villaggio Badia

Il Villaggio Badia è un quartiere di Brescia. L'area del quartiere è delimitata a ovest, dai comuni di Gussago e Roncadelle con i quali condivide la frazione Mandolossa; a nord, da via del Santellone e dalla chiesa di Sant'Antonio alla Badia, che tuttavia appartiene al vicino quartiere delle Chiusure; a est, da via Fortunato Canevali, via Violino di Sotto, la ferrovia Brescia-Iseo-Edolo, via Colombaie e ancora via Violino di Sotto; a sud, dal comune di Roncadelle. Il toponimo deriva dalla corruzione del termine "Abbadia": l'abbazia dei santi Gervasio e Protasio fondata dai monaci appartenenti alla Congregazione vallombrosana e poi passata ai frati cappuccini. L'abbazia, dedicata ai santi Gervasio e Protasio, fu fondata nel XII secolo alle pendici occidentali della collina di sant'Anna dai monaci della congregazione benedettina di Vallombrosa. Nel Cinquecento, il cenobio passò ai frati cappuccini che l'amministrarono fino alla fine dell'Ottocento. A eccezione della località Mandolossa, condivisa con Gussago e Roncadelle, l'area occupata dall'attuale quartiere rimase profondamente rurale. Fino al 1880 appartenne al comune di Fiumicello Urago, per poi entrare nel territorio comunale cittadino. Nel 1955, fu costruito un nuovo villaggio per iniziativa di padre Ottorino Marcolini: case costruite su larga scala, a basso costo e sotto forma di cooperativa, utilizzando finanziamenti provenienti dalle banche d'orientamento cattolico, come la «Banca San Paolo di Brescia». Il primo esempio era stato il vicino villaggio Violino, ma la forte domanda di case convinse Marcolini a costruire un altro villaggio proprio alla Badia. Nei primi due anni furono costruiti settecento alloggi; nel 1967 avevano superato il migliaio. Nel 1972, il consiglio comunale approvò il progetto sperimentale dei consigli di quartiere, suddividendo l'area cittadina in trenta quartieri. Il consiglio del Villaggio Badia, con una popolazione di 4 158 abitanti, fu eletto l'11 novembre 1973. Quattro anni dopo, la Giunta Trebeschi recepì le disposizioni previste dalla legge 278/1976 e istituì nove circoscrizioni che accorparono i trenta quartieri. Villaggio Badia, assieme a Chiusure, Urago Mella e Villaggio Violino, entrò a far parte della Terza circoscrizione, che fu subito ribattezzata "dell'Oltremella" perché raggruppava i quartieri che risultavano separati dal resto della città dal fiume. Nel 2007, la giunta Corsini ridusse il numero delle circoscrizioni portandole da nove a cinque: Villaggio Badia, come tutto il resto della Terza Circoscrizione, fu assegnata alla nuova Circoscrizione Ovest. Nel 2014, a seguito dell'abolizione delle circoscrizioni per i nuovi limiti imposti dalla legge 191/2009, la Giunta Del Bono decise di ricostituire gli organi consultivi di rappresentanza dei quartieri. Le prime elezioni del consiglio di quartiere si tennero in tutta la città il 14 ottobre. chiesa della Madonna del Rosario, aperta nel 1958, ospita il dittico dell'Annunciazione un tempo all'interno della chiesa di Sant'Antonio alla Badia; chiesa della Madonna alla strada, in località Mandolossa. monumento ai Caduti La chiesa della Madonna del Rosario appartiene all'unità pastorale Sacra Famiglia Padre Marcolini dei villaggi Badia e Violino della diocesi cattolica di Brescia. Nel quartiere è presente la scuola secondaria di primo grado Kennedy. Il quartiere è servito da due linee di trasporto urbano: la 3 (Mandolossa-Virle) e la 9 (Violino-Buffalora). Sulla ferrovia Brescia-Iseo è presente la fermata della Mandolossa, priva di servizio viaggiatori dal 2008, mentre da dicembre 2023 è attiva la fermata di Brescia Violino, vicina all'area residenziale del quartiere omonimo da cui è stato tratto il nome. Lisa Cesco, Diego Serino, 30 anni di partecipazione: l'esperienza delle circoscrizioni a Brescia. Circoscrizione Ovest, Brescia, Comune di Brescia, 2010. Maurillio Lovatti, Marco Fenaroli, Governare la città. Movimento dei quartieri e forze politiche a Brescia 1967-77, Brescia, Nuova ricerca editrice, 1978. Le elezioni dei Consigli di Quartiere a Brescia nel 2014 (PDF), su comune.brescia.it. URL consultato il 13 novembre 2022 (archiviato dall'url originale il 13 giugno 2022). Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villaggio Badia

Costorio
Costorio

Costorio (Custùr nel dialetto locale) è una delle frazioni del comune di Concesio, situata a nord del paese, sulla sinistra orografica del fiume Mella, a 9 km dalla città di Brescia, e ad una altitudine di 225 metri sul livello del mare. La frazione di Costorio include anche le località di Codolazza e Valpiana. Codolazza segna anche il confine col comune di Villa Carcina. Costorio, Codolazza e Valpiana contano tutte insieme circa 1 800 abitanti e fanno capo alla parrocchia di S. Giulia (Costorio). Santa Giulia è la patrona della comunità, ad essa sono dedicate sia la chiesa parrocchiale (XX secolo) sia la vecchia chiesetta, che fino al 2011 è stata adibita ad oratorio e circolo giovanile, oggi trasferito in un più ampio e nuovo edificio nei pressi degli argini del fiume Mella. L'edificio più antico, è citato già nella relazione della visita pastorale del vescovo Dolfin del 20 giugno del 1582 ma è stato consacrato soltanto nel XVI secolo. La dedica a Santa Giulia è quasi certamente dovuta a delle proprietà che l'omonimo potente monastero Bresciano possedeva nel territorio di Costorio. L'attuale chiesa parrocchiale invece è stata terminata nel 1912 ed è stata eretta a parrocchia nel 1952 staccandosi dalla Pieve di Concesio. Tra le opere d'arte contemporanea è visibile la grande tela dell'"Ascensione" di Piero Agnetti (1984). F. Nardini, P. Pierattini, C. Stella, Atlante Valtriumplino, Edizioni Grafo, Brescia 1982. A. Fappani (a cura di), Enciclopedia Bresciana, Ed. La Voce del Popolo, Brescia 1989, vol. II. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Costorio