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Porta Santi

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Cesena porta Santi
Cesena porta Santi

Porta Santi (o "porta dei Santi" o anche "porta Romana") è una delle porte cittadine di Cesena. Nota anche come "Porta Romana" perché posta sulla strada per andare a Roma, se ne trova menzione in atti risalenti al XIV secolo; nella prima metà del XV secolo fu ristrutturata. Nel 1819 fu monumentalizzata in stile neoclassico su progetto dell’architetto Curzio Brunelli in onore del papa Pio VII, di origini cesenati, come testimoniato dall'iscrizione e dagli stemmi. Roberto Casalini, Storia di Cesena. Dalla preistoria all'anno Duemila, Il Ponte Vecchio, 2013, ISBN 8865413344. Antonio Dal Muto, Cesena sparita. Una passeggiata nella Cesena di inizio '800 da Porta Romana a Porta Fiume, EBS Print, 2019, ISBN 8893497549. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Porta Santi

Estratto dall'articolo di Wikipedia Porta Santi (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Porta Santi
Corso Ubaldo Comandini, Unione dei comuni Valle del Savio

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Cesena porta Santi
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Mura di Cesena
Mura di Cesena

Le mura di Cesena sono una cinta muraria a protezione della città risalenti al periodo intorno all'anno Mille. La signoria cittadina dei Malatesta racchiuse la cittadina con una cinta muraria dalla forma "a scorpione" della quale si conservano ampi tratti. Delle antiche porte ne rimangono solo tre: Porta Montanara, Porta Santi e Porta Fiume. Un'altra porta (detta Cervese) venne sostituita nell'800 dalla Barriera Cavour; delle altre due porte, Porta Figarola e Porta Trova, non rimane traccia. Di tre antiche porte ci è stata tramandata l'esistenza: Porta Ravegnana all'incrocio tra le attuali Via Boccaquattro e Via Chiaramonti; Porta dei Leoni all'incrocio fra le attuali Via Beccaria e Via Fra' Michelino; Porta Sapigna davanti al Teatro La relazione del cardinale Anglico de Grimoard del 1371 (Descriptio Romandiole) descrive circa 1660 fuochi (famiglie) dentro le mura e un castello (la Rocca Vecchia, ormai diruta) di otto porte. Alla cittadella fortificata detta "Murata" si accedeva attraverso tre varchi: Porta Montanara, fino al 1625 posta sulla cortina dello Sferisterio, poi nell'attuale posizione; una seconda porta, detta più tardi Porta del Leone, che può essere identificata con l'attuale arco su Piazza del Popolo; una terza porta, detta più tardi Porta del Soccorso, ubicata all'inizio dell'odierna via Fattiboni, venne poi demolita del XVIII secolo. Cinque erano, poi, le apertura della cinta muraria principale: Porta Figarola, dal 1684 Porta di Santa Maria, venne demolita intorno al 1867; Porta Santi o Porta Romana, trasformata nella attuali forme da Curzio Brunelli nel 1819; Porta Cervese, abbattuta nel 1864, venne sostituita dalla Barriera Cavour; Porta Trova, abbattuta nel 1867; e infine Porta del Ponte o Porta Fiume, che con l'annesso Ponte di San Martino costituiva l'unico punto d'accesso alla città da Forlì, prima dell'apertura dell'attuale Via Canonico Lugaresi; venne restaurata nel 1822 da Curzio Brunelli. Fu l'ultimo signore di Cesena, Novello Malatesta, a dare alla città, nel XIV secolo, il volto che conserva ancora oggi. Le modifiche e gli ampliamenti apportati ai quartieri "Chiesa Nuova" e "Strada Fuori" portarono la cinta muraria, circondata dal fossato (oggi non più), ad assumere la caratteristica forma a scorpione che la contraddistingue. Il numero di quartieri raggiunge il totale di dieci (San Giovanni, Porta Ravegnana, Porta Trova, San Zenone, Croce di Marmo, Talamello, San Severo, Strada Dentro, Strada Fuori, Chiesa Nuova). Sempre sotto Novello, in corrispondenza del torrente Cesuola, vennero aperte due porte, denominate Portacce. Dopo l'Unità d'Italia, dei sette varchi nelle mura medievali alcuni furono abbattuti, altri modificati. Alcuni tratti di mura, in special modo lungo l'odierna Via Padre Vicinio da Sarsina, vennero rasi al suolo, altri accorpati ad abitazioni, mentre il fossato veniva riempito dalla perforazione del Tunnel (1882-1892). Oggi la compagine muraria risulta ancora per la maggior parte intatta e ben individuabile nel tessuto urbanistico, anche se l'altezza della cortina è in certi parti alquanto inferiore all'originale. Quattro infine le porte superstiti tra quelle menzionate: Porta Santi, Porta Fiume, una delle due Portacce e Porta Montanara. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. Barriera Cavour Cesena Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su mura di Cesena Le Mura di Cesena, su homolaicus.com.

Pinacoteca comunale di Cesena
Pinacoteca comunale di Cesena

La Pinacoteca comunale di Cesena è una galleria d'arte antica, moderna e contemporanea. Ha sede dal 1984 nell'Ex-convento di San Biagio. La collezione dei dipinti di proprietà del comune di Cesena si venne formando fra il XIX secolo e il XX secolo a seguito delle soppressioni napoleoniche e post-unitarie e, successivamente, vi furono altre acquisizioni di dipinti provenienti dalla Congregazione di Carità e da collezioni private. Dopo un primo allestimento in alcune stanze della Biblioteca Malatestiana nel 1883, si ebbero sistemazioni provvisorie e, solo dal 1984, la collezione è stabilmente raccolta ed esposta presso l'ex-convento di San Biagio. Le opere esposte coprono un arco di tempo compreso tra il XV secolo e l'età contemporanea, offrendo anche una panoramica della produzione di dipinti locali e arricchita da alcune importanti presenze di rilevanza nazionale. Il museo espone opere di: Gino Barbieri, Guercino, Corrado Cagli, Antonio Cardile, Vittorio Matteo Corcos, Girolamo Forabosco, Bartolomeo Gennari, Renato Guttuso, Maestro dei Baldraccani, Giannetto Malmerendi, Pompilio Mandelli, Roberto Melli, Sante Monachesi, Bartolomeo Passarotti, Giovanni Battista Piazzetta, Francesco Francia, Scipione Sacco, Giovanni Battista Salvi, Cristoforo Serra, Mario Schifano, Alberto Sughi, Giulio Turcato, Luigi Veronesi e altri. L'ambiente centrale: la Sala 1, ospita i dipinti più antichi che vanno dal XV secolo fino al XVII secolo; la sala a sinistra: la Sala 2, le tele sono del XVIII secolo e del XIX secolo e quella a destra: la Sala 3, è la sezione dedicata all'arte contemporanea, intitolata a Luigi Veronesi, costituita da opere lasciate da artisti e da recenti acquisizioni. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. Romina Rossi, Cesena: Lo scorpione e l'elefante., Città di Castello, Edimond, 2007. Galleria dei dipinti antichi della Cassa di risparmio di Cesena Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Pinacoteca comunale di Cesena (IT, EN) Sito ufficiale della pinacoteca, su servizi.comune.cesena.fc.it.

Teatro Alessandro Bonci
Teatro Alessandro Bonci

Il Teatro Alessandro Bonci (Teatro Comunale fino al 1927) è un teatro di Cesena. Venne inaugurato il 15 agosto del 1846, tre anni dopo l'inizio dei lavori progettati dall'architetto Vincenzo Ghinelli, e si affaccia su Piazza Guidazzi, all'interno della cinta muraria del centro storico cittadino, vicino ai Giardini Pubblici. Dagli esordi si distinse per la rappresentazione di importanti produzioni drammatiche e liriche, con la presenza di noti interpreti italiani del periodo. Il teatro fu poi dedicato nel 1927 al tenore cesenate Alessandro Bonci che qui si esibì più volte. Fa parte del circuito italiano delle Strade Europee dei Teatri Storici. A Cesena le prime notizie di rappresentazioni teatrali risalgono alla fine del 1400, tenute presso alcuni palazzi cittadini come il Palazzo Alidosi (qui Giacomo Casanova, nel 1748 di passaggio a Cesena, vi assistette a un'opera); una parte del palazzo fu acquistato dall'aristocrazia cesenate e qui, dal 1796 al 1797, fu costruito in legno il primo teatro cittadino che chiamarono "Teatro Spada". Col tempo le dimensioni anguste resero necessario costruirne uno più adatto e si decise di abbattere il teatro e ricostruirne uno nuovo. I lavori, su progetto di Vincenzo Ghinelli (ammiratore del Giuseppe Piermarini e delle linee neoclassiche del nuovo Teatro alla Scala di Milano), si protrassero dal 1843 al 1846. L'inaugurazione avvenne il 15 agosto 1846 con la Maria di Rohan di Gaetano Donizetti, con Teresa De Giuli Borsi (soprano) e Gaetano Fraschini (tenore), e con il balletto Beatrice di Gand, con la famosa Fanny Elssler come protagonista. Negli anni seguenti e per tutto il primo novecento, il teatro mantenne un posto di assoluto rilievo nazionale nel campo dell'opera lirica e del melodramma. Nel 1891 il giovane e promettente Alessandro Bonci vi eseguì un'accademia per pagarsi gli studi di canto a Pesaro. Trascorsi pochi anni, Bonci divenne uno dei migliori interpreti italiani, conosciuto e apprezzato all'estero. Nel 1904 Bonci tornò a Cesena per interpretare un Faust di Charles Gounod e poi nel 1927, al ritiro dalle scene, un Requiem e nella occasione gli venne intitolato il teatro. In occasione del 150º anniversario della sua inaugurazione, il 25 gennaio 1996, fu riaperto al pubblico dopo un restauro. Dal 2001 è una delle sedi principali di produzione teatrale dell'Emilia Romagna Teatro. Nell'ultimo dopoguerra, la prosa, già in cartellone del 1862, sostituì poco a poco l'opera nei gusti degli spettatori. Gli anni cinquanta e sessanta sono quelli dei “tutto esaurito” in serie, dei record d'incassi frantumati. Si dà qui di seguito un breve resoconto cronologico di quegli anni: 1952 – Vittorio Gassman esordisce al Bonci con un Amleto. 1954 – Torna a Cesena Peppino De Filippo con compagnia propria e, nella stessa stagione, Nino Taranto. 1956 – Grande successo per Wanda Osiris con La granduchessa e i camerieri. 1957 – Due commedie decretano il successo di Ugo Tognazzi. 1958 – Vittorio Gassman dirige Irma la dolce, il Comune gli conferisce una medaglia d'oro. 1959 – Torna a Cesena Eduardo; Sandra Mondaini, Raimondo Vianello e Gino Bramieri interpretano la commedia musicale Sayonara Butterfly; infine Delia Scala, Nino Manfredi, Mario Carotenuto, Paolo Panelli e il Quartetto Cetra presentano Un trapezio per Lisistrata. 1961 – Rinaldo in campo, regia di Garinei e Giovannini, interpretato da Domenico Modugno, Delia Scala, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. 1962 – La Compagnia Mediterranea di Vittorio De Sica e Eduardo De Filippo presenta Liolà, nella stessa stagione Renzo Ricci recita nel Cardinale di Spagna e, infine, Carlo Dapporto in Babilonia. 1964 – Nuova comicità di Walter Chiari in Buonanotte Bettina, nello stesso anno anche Rugantino con Aldo Fabrizi e regia di Garinei e Giovannini. 1965 – Erminio Macario stabilisce il nuovo record di incasso con Febbre Azzurra. 1966 – In questa stagione: un nuovo successo per Renzo Ricci in Tutto per bene (il Comune gli dona una medaglia d'oro), Romolo Valli ne Il gioco delle parti, Renato Rascel ne Il giorno della tartaruga con la regia di Garinei e Giovannini ed infine, sempre per la regia di questi ultimi, lo spettacolo La voce dei padroni stabilisce un nuovo record al botteghino, con Alighiero Noschese. 1967 – Grande successo per l'attore cinematografico Gino Cervi. 1967 – Prima assoluta de La monaca di Monza di Giovanni Testori, con la regia di Luchino Visconti. 1968 – Grazie a Natale in casa Cupiello e Filumena Marturano Eduardo riscuote nuovamente un grande successo. L'edificio è di chiara derivazione "piermariniana": la facciata presenta un portico in bugnato al primo ordine, colonnato ionico al secondo ordine e una ricca decorazione ad opera del bolognese Gaetano Bernasconi. Sulla facciata si trovano sette figure mitologiche racchiuse in riquadri: Ercole dio della forza, Calliope musa del poema eroico, Venere dea dell'amore, Apollo dio delle arti, Talia musa della commedia, Melpomene musa della tragedia, Clio musa della storia, e un timpano triangolare con l'allegoria del Savio e del Rubicone, e lo stemma della città al centro. Sul fianco destro sono poste due formelle con Tersicore e Bacco, così come su quello sinistro con Polinnia e, di nuovo, Bacco. Entrati dal portale principale ci accoglie un vestibolo con, da un lato, il busto di Alessandro Bonci, dopo si passa al foyer dove possiamo trovare un grande lampadario e delle iscrizioni a ricordo delle esibizioni di celebri esecutori, come Marietta Alboni, Luciano Pavarotti, Giuseppe Verdi e Richard Wagner. La struttura interna del teatro è a ferro di cavallo, con una platea, quattro ordini di palchi e un loggione; il totale è di circa 800 posti a sedere. Il sipario e il bellissimo lampadario sono copie degli originali. Le decorazioni all'interno sono opera del ferrarese Francesco Migliari. Sul soffitto si possono ammirare quattro riquadri con scene della Divina Commedia (L'incontro di Dante e Virgilio con le Furie, Il Conte Ugolino che vede morire i figli, Dante e Virgilio al Purgatorio e L'apparizione del Padre Eterno) intervallate da quattro medaglioni che rappresentano la musa del melodramma, della tragedia, della musica e della poesia; gli stucchi si devono a Mirotti e gli intagli a Giuseppe Casalini. I particolari del Bonci che lo fanno uno dei più apprezzati d'Italia sono: l'acustica e il palcoscenico, la cui ampiezza e profondità lo collocano tra i più ampi nel panorama internazionale. All'interno, in un archivio, si conserva la documentazione della storia secolare del teatro e della musica a Cesena di cui sono testimonianze locandine, manifesti e programmi di sala, fotografie e disegni, costumi e scenografie. La storia del Teatro sul sito ufficiale, su teatrobonci.it. Teatro Comunale Alessandro Bonci su homolaicus.com, su homolaicus.com. Teatro Comunale Alessandro Bonci su queen.it, su queen.it. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. G. Azzaroni, F. Dell'Amore, Pier Giovanni Fabbri, Romano Pieri, A. Maraldi, (a cura di), Un palcoscenico per Cesena. Storia del Teatro Comunale, Società Editrice "Il Ponte Vecchio", Cesena 1997. F. Battaglia, M. Gradara, G. Conti, G. Foschi, Il Teatro Comunale "Bonci" e la Musica a Cesena, Cesena 1992 D. Dell'Amore (a cura di), La scena variabile. Teatro e musica a Cesena dal Medioevo all'Ottocento, Comune di Cesena - Teatro Alessandro Bonci, Cesena 1995. Immagini di teatro, Anni Ottanta a Cesena, fotografie di G. P. Senni, testi di F. Pollini, Cesena 1991. F. Pollini (a cua di), Il teatro di Luigi Veronesi, Società editrice "Il Ponte Vecchio", Cesena 1998. F. Pollini (a cura di), Museo del Teatro, Cesena 1998 F. Pollini (a cura di), Il Suono della Scena, Marco Facondini, Società editrice "Il Ponte Vecchio", Cesena 1999. Teatro Giuseppe Verdi (Cesena) Emilia Romagna Teatro Alessandro Bonci Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su teatro Alessandro Bonci Sito ufficiale, su cesena.emiliaromagnateatro.com.

Chiesa di Santa Maria dei Servi (Cesena)
Chiesa di Santa Maria dei Servi (Cesena)

La chiesa di Santa Maria dei Servi è un edificio di culto cattolico situato in piazzetta Ravaglia, nel centro storico di Cesena. Un preesistente complesso religioso venne probabilmente ricostruito nel 1240, e nel 1367, vi si insediarono i "Servi di Maria". Come per molti degli edifici sacri di Cesena, a fine del ’400 si procedette a una ricostruzione dell'intero complesso. Tra il 1756 e il 1765, la chiesa assunse le forme attuali su progetto di Pietro Carlo Borboni, mentre il convento, ricostruito tra il 1776 e il 1797 da Azzoli, venne poi lasciato incompiuto per l'arrivo dei francesi. Soppresso l'ordine dei Serviti, dal 1834 si insediarono nel complesso i "Missionari del Preziosissimo Sangue". La chiesa costituisce la "fabbrica" dove il talento del Ticino Pietro Carlo Borboni (massimo architetto sia civile che religioso della città a metà Settecento) poté esprimersi più compitamente. Sua è la facciata, sobria, con portale e finestre di gusto borromiano e timpano triangolare; suo il campanile, del tutto simile a quello di Sant'Agostino; suo il progetto dell'interno, ad un'unica navata e sei cappelle con pregevoli stucchi e confessionali. In controfacciata, a sinistra Madonna con Bambino di un autore ignoto; a destra Monumento funebre a Margherita Tiberti (XVI secolo) e Madonna col Bambino, anch'esso di un autore ignoto. Nel presbiterio, Annunciazione del pittore di scuola forlivese Livio Modigliani, eseguita col figlio Gianfrancesco, del 1602; una Pietà; l'altare sormontato do un Crocifisso; quadri conIrene che soccorre San Sebastiano e Gesù crocifisso con San Giovanni Evangelista, Vergine e Maddalena del 1514. L'organo muto (le canne sono state rubate durante la seconda guerra mondiale), con solo le canne di facciata, occupa il transetto sinistro La prima cappella a destra reca Gesù guarisce San Pellegrino Laziosi (XVIII secolo. La successiva presenta, in preziosa ancona lignea, una scultura de La Vergine addolorata con Cristo morto di Giovan Battista Ballanti Graziani . Un dipinto con Gloria di San Filippo Benizi del Lascari (fine Seicento) occupa la terza cappella di destra. A sinistra nella terza cappella si trova un dipinto con San Gaspare del Bufalo fondatore dei Missionari del Preziosissimo Sangue. Segue, in preziosa ancona lignea, il notevole San Carlo Borromeo comunica un appestato di Carlo Saraceni del 1618, donato alla chiesa nel 1676 dal cardinale cesenate Francesco Albizzi; nella cimasa, Assunzione della Vergine di un autore incerto. Infine, nella prima cappella di sinistra si trova una scultura con Angelo e Santa Rita. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. Chiesa di Santa Maria dei Servi sul sito del Comune di Cesena, su comune.cesena.fc.it.

Abbazia di Santa Maria del Monte
Abbazia di Santa Maria del Monte

Il complesso dell'Abbazia di Santa Maria del Monte sorge sul colle Spaziano, a Cesena. Sorto sui resti di una precedente chiesa costruita nel IX secolo, ampliata e abbellita in un periodo presumibilmente compreso tra il 1001 e il 1026 quando fu fondato il monastero, ha raggiunto l'aspetto attuale al termine dei successivi restauri tra il XV secolo e il XVI secolo. L'interno è a una navata con quattro cappelle per lato, che conservano opere d'arte di grande prestigio. In alto, sui tre lati, corre il fregio di Gerolamo Longhi che contiene quattordici scene della vita della Vergine. Patrimonio insigne dell'abbazia è la collezione di ex voto, una raccolta di 690 pezzi di grande valore, costituita da tavolette dipinte a partire dal 1400 che raffigurano i miracoli con i quali la Vergine del Monte esprimeva la sua protezione a Cesena e ai cesenati. Nel 1986, papa Giovanni Paolo II, durante la visita in Romagna, ha soggiornato e visitato l'abbazia; per ricordare il grandioso evento è stato anche dipinto un ex voto. Sul Colle Spaziano, che un tempo era ricoperto da un fitto bosco, secondo San Pier Damiani (Vita Mauri, 1044-1072), il vescovo Mauro (m. nel 946) andava a ritirarsi in preghiera. Dopo la sua morte, secondo la tradizione, si susseguirono numerosi miracoli sul luogo di sepoltura, la venerazione popolare crebbe e la piccola celletta da lui costruita venne ampliata. Dopo l'anno 1000 fu edificata una basilica a tre navate e tra il 1001 e il 1026, venne infine fondato il monastero benedettino. Arricchitosi notevolmente nel corso del XIII secolo, il complesso accolse, nel 1318, la Statua della Madonna (essa proveniva dalla Chiesetta di Montereale); si ebbe subito una manifestazione popolare con la realizzazione di piccole tavolette votive per grazia ricevuta: gli ex voto. La basilica fu prima profanata e poi fortificata da Francesco degli Ordelaffi ( venne circondata da forti palizzate in occasione dell'assalto alla città di Cesena da parte delle truppe franco italiane nel maggio del 1357- (( Storia a fumetti di Cesena, Rimini, Ravenna e Forlì. Di Antonio Dal Muto - quarto volume pag 166)) ), nel Cinquecento visse il suo "secolo d'oro" sotto i Malatesta ( in realtà il "secolo d'oro" malatestiano è contenuto nel Quattrocento (XV secolo). Il dominio malatestiano a Cesena iniziò il giorno 8 gennaio del 1378, quando con uno stratagemma riuscirono, i riminesi, a cacciare dalla città le truppe di John Hawkwood (Giovanni Acuto), e terminò con la morte dell'ultimo Signore di Cesena: Domenico Malatesta Novello, avvenuta il 20 novembre del 1468 (Storia a fumetti di Cesena, Rimini, Ravenna e Forlì di Antonio Dal Muto - Quinto volume da pag 4 a pag 124). Il secolo del Cinquecento iniziò con il dominio di Cesare Borgia che durò quattro anni: dal 1500 al 1503, così divenne un vero e proprio punto di riferimento della cultura cesenate. Lungo il corso dei secoli accolse numerose personalità e ricevette la visita di numerosi pontefici. Tra il 1536 e il 1548 la chiesa venne ad assumere le forme attuali, secondo un progetto di Domenico Garavini da Brisighella, su disegno originale del Bramante. Centro della vita artistica della città, la Basilica del Monte vide anche all'opera i migliori artisti attivi nel cesenate: Scipione Sacco, Girolamo Longhi e Francesco Masini, nonché il giovanissimo Giuseppe della Valle di Scalve, che tra il 1560 e il 1562 realizzò lo splendido coro in noce. Importante anche gli interventi di Francesco Morandi detto il Terribilia, cui si devono la cupola (decorata dal Masini tra il 1568 e il 1571) e l'originale scalone in pietra, e di Alessandro Corsi che, nel 1588 fu l'autore del monumentale pozzo del Chiostro Grande. Una serie di eventi nefasti aprì la strada alla crisi del complesso benedettino, che si protrasse per tutto il settecento, aggravata dal terribile terremoto del 1768 che distrusse la cupola della basilica, fu ricostruita da Pietro Carlo Borboni e venne decorata da Giuseppe Milani dal 1773 al 1774. Abbandonata all'arrivo dei francesi nel 1797, l'abbazia fu requisita e nel 1812 venne posta in vendita. Solo il provvidenziale intervento di Pietro Maria Semprini la salvò dalla rovina: egli l'acquistò con le proprie sostanze e poi la donò a papa Pio VII. In gioventù fu novizio all'abbazia, quando divenne papa il 1º maggio del 1814 incoronò la Madonna e Bambino e, nell'atto del testamento, destinò l'intero complesso ai monaci; solo nel 1888, superate varie traversie, essi poterono tornare definitivamente al "Monte". Durante la seconda guerra mondiale il complesso accolse numerosi sfollati e subì un devastante bombardamento. Nella seconda metà del XX secolo, l'abbazia, vide la riapertura del Laboratorio per il restauro del libro antico ed è meta di turisti e pellegrini, il complesso benedettino non ha perso il suo ruolo di propulsore della cultura: segnalandosi per l'organizzazione di concerti di musica classica nei mesi di luglio e agosto. Infine, all'inizio del XXI secolo, grazie alla passione della Società amici del Monte, sono stati creati un refettorio per le comitive, dotato di 80 posti a sedere e la moderna sala delle conferenze Pio VII con 100 posti. L'abbazia di Santa Maria del Monte, posta sul colle Spaziano (135m), offre un panorama vasto che si può apprezzare dal piazzale antistanteː Dal Monte Titano ai primi Appennini, che cullano la città di Cesena, fino alla distesa della pianura Romagnola e del mare Adriatico. L'ingresso è posto sul lato destro e introduce a un suggestivo interno che colpisce per l'ampiezza degli spazi ma anche per il silenzio. La forma è ad un'unica ampia navata, con delle cappelle laterali. In alto corre il fregio di Girolamo Longhi con quattordici scene della Vita della Madonna (1559), venuto alla luce solamente nel 1914 e miracolosamente preservato dal bombardamento della seconda guerra mondiale del 1944, ma non fu così per l'affresco della contro facciata, il Mosè si toglie i calzari prima di salire all'Oreb del Gavarini (XVI secolo). La chiesa ha la dignità di basilica minore. Percorrendo l'ampia navata verso lo scalone ci si dirige verso la zona presbiterale, si può notare, sul pavimento, il simbolo dei benedettini di Congregazione cassinese (ai loro lati si trova l'accesso per la cripta, a destra si scorge la Deposizione di Cristo del Mastelletta, invece a sinistra Gesù con la sammaritana di Marcantonio Franceschini, di fine XVII secolo). Salito lo scalone, eccoci di fronte all'altare maggiore; ove dietro si possono ammirare il mirabile coro monastico in noce, un capolavoro di Giuseppe della Val di Scalve detto lo "Scalvini", scolpito tra il 1560 e il 1562; e la Madonna Assunta statua creata con stucco e legno dipinti nel XIII secolo, il bambino che tiene in braccio è un'aggiunta posteriore, mentre le corone sui due capi furono poste da papa Pio VII il 1º maggio del 1814. L'intero apparato pittorico di questa parte della basilica è opera di Giuseppe Milani, le opere furono affrescate tra il 1773 e il 1774. Vi si nota la prospettiva melozziana, dal basso in alto, e l'influsso della cupola della cappella della Madonna del Fuoco, nel duomo di Forlì, di Carlo Cignani. All'inizio degli archi della cupola troviamo Principali virtù cristiane, sui pennacchi i Quattro evangelisti, nel tamburo otto Scene dell'Antico Testamento, nella cupola troviamo una monumentale Assunzione della Vergine, nel catino dell'abside c'è l'Incoronazione della Vergine Maria. All'interno dell'abbazia sono presenti quattro cappelle da un lato e tre dall'altro. Nella prima cappella di destra troviamo una pregevole Annunciazione di Bartolomeo Coda, dipinto nel 1543, e un Capo di san Giovanni in tondo; nella seconda cappella è presente un San Mauro risana gli infermi di Francesco Mancini, dipinto nel 1704, e una Deposizione in tondo di Girolamo Marchesi, del XVI secolo. La terza cappella di destra presenta l'opera pittorica di maggior pregio contenuta nella basilica: si tratta del La presentazione di Gesù Bambino al tempio e la purificazione della Vergine ad opera del maestro bolognese Francesco Raibolini detto il "Francia", decorato nel 1515; nella lunetta è una Deposizione di Girolamo Marchesi (XVI secolo). Nella prima cappella di sinistra troviamo San Sebastiano di Vincenzo Ansaloni (XVII secolo ?); segue la cappella con San Lorenzo del XVII secolo; infine, nella terza cappella, è visibile la Gloria dei santi Benedetto e Scolastica del G. B. Barbiani ornato sempre nel XVII secolo. Mentre nella quarta cappella sono presenti varie reliquie e riposa il corpo di San Agapo. Alcuni dipinti di una Cesena antica introducono al deambulatorio, dove è conservata parte della preziosissima collezione di ex voto, una delle più ricche e antiche d'Europa. Continuando, sempre nel deambulatorio, ammiriamo tre cappelle, in esse sono presenti: un crocefisso del XIV secolo, una statua in terracotta di San Giuseppe, primo Novecento, e di San Benedetto di Leonardo Lucchi del 1987. La cripta, cui si accede attraverso cancelli di ferro battuto (opera novecentesca di Frà Pio Nobilione), presenta una croce di pietra del IX secolo e un sarcofago romano, antica sepoltura di San Mauro, che oggi è collocata presso la Cattedrale di San Giovanni Battista nel centro storico della città. Un ampio vano introduce alla sacrestia del XIV secolo, al suo interno sono presenti mobili risalenti al XVIII secolo e un ciclo di affreschi di Giovanni Cappelli del 1946; sulle pareti sono presenti altri affreschi: San Giovanni evangelista di Lorenzo Veneziano (1370 circa), Prestazione al tempio di Francesco Menzocchi (1534) e La sacra Famiglia di Gaspare Sacchi (1536). Sulla facciata della basilica si possono notare i segni della prima chiesa, che è visibile solo dal "Chiostro Piccolo" (XV secolo), costituito da un porticato a colonnine e pozzale in ferro del XVII secolo, sul quale si affacciano, grazie alla conservazioni delle tradizioni monastiche: la biblioteca, il Laboratorio per il restauro del libro antico e l'erboristeria monastica. Dei tre chiostri originari, rimane anche il cosiddetto "Chiostro Grande" del XVI secolo, con un pregevole pozzale di Alessandro Corsi; gli studiosi ritengono che l'apparato per l'approvvigionamento dell'acqua sia opera di Leonardo Da Vinci. Il refettorio, risalente al XX secolo, fu ricavato dal restauro delle cantine del convento; presenta un soffitto a cassettoni e dipinti con scene del Nuovo Testamento. Nella biblioteca e il Laboratorio per il restauro del libro antico i monaci portano avanti la tradizione di operosità conforme alla regola benedettina; in particolare il laboratorio svolge un lavoro fondamentale per la conservazione del patrimonio librario. L'erboristeria è situata sotto il porticato del Chiostro Piccolo dove si possono acquistare liquori della tradizione benedettina, caramelle balsamiche, diversi tipi di miele, infusi e vini tipici del territorio prodotti dagli stessi monaci. A Cesena, e nel Cesenate, è antichissima la tradizione di dipingere, o far dipingere da mani più esperte, tavolette votive per grazia ricevuta alla Madonna del Monte; questa tradizione è iniziata nel XV secolo e continua ancora oggi, tanto che il numero degli ex voto è destinato ad aumentare. Si tratta delle documentazioni grafiche d'intercessioni della Beata Vergine che incontrano la storia (un ex voto, ad esempio, raffigura un crollo del vecchio teatro cittadino avvenuto nel 1820, un altro la scampata fucilazione di un uomo al termine della seconda guerra mondiale) oppure, molto più spesso, i piccoli drammi di vita familiare, di solito rurale o marinaro (si va dalla malattia di un uomo del Quattrocento, a una disgrazia nei campi e a uno scampato naufragio nel Cinquecento, fino a un incidente tra una Vespa e un'automobile). Veri e propri sguardi su un passato più o meno remoto, molte pagine della storia locale e di quella della basilica sono state scritte grazie alle immagini giunte fino ai giorni nostri. La riproduzione su lastre in vetro di gran parte della collezione è conservata presso l'Archivio fotografico Zangheri. Pierluigi Moressa, Guida storico-artistica di Cesena e del suo comprensorio. Il monte, il ponte, il fonte, Forlì, Foschi, 2008, ISBN 978-88-89325-43-8. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. Cesena Congregazione Cassinese Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sull'abbazia di Santa Maria del Monte Sito ufficiale dell'abbazia, su abbaziadelmonte.it. Galleria di alcuni dipinti votivi dell'abbazia, su homolaicus.com. Galleria di alcune opera d'arte presenti nell'abbazia, su homolaicus.com. Abbazia di Santa Maria del Monte, su homolaicus.com. Sito ufficiale del Laboratorio di restauro del libro dell'abbazia, su restaurolibrocesena.weebly.com.

Barriera Cavour
Barriera Cavour

La Barriera Cavour è una porta cittadina di Cesena costituita ai lati da due padiglioni e chiusa, fino agli inizi del XX secolo, da un cancello in ferro. Venne costruita in sostituzione della precedente Porta Cervese di origine malatestiana della quale rimangono visibili i resti di un barbacane. L'abbattimento dell'antica Porta Cervese, risalente al XIV secolo, e l'edificazione di questa costruzione, nel 1864, su progetto di Davide Angeli, costituiscono uno degli interventi di maggior rilievo tra i tanti che, dopo l'Unità d'Italia e in nome della modernità, intesero dare alla città un indiscutibile aspetto "borghese". In questo caso la porta, che segnava da secoli il punto in cui la romana Via del Sale, oggi Corso Cavour, usciva dalla città in direzione di Cervia, venne sostituita da due neoclassici padiglioni a lesene doriche, chiusi da una robusta cancellata. Negli intendimenti il risultato era quello di offrire, a chi entrasse in città provenendo dalla stazione ferroviaria, la miglior immagine di Cesena. I due padiglioni ottocenteschi speculari ai lati fungevano da barriera daziaria. Sono entrambi porticati su di un lato e ornati da lesene doriche e da un fregio con triglifi. Nel 2002 un'opera di restauro ha restituito alla città l'originale cancello che oggi si trova all'ingresso dei Giardini Pubblici. Gianfranco Lauretano, Cesena, nello sguardo, nella mente, nel cuore, a cura di Marisa Zattini, Cesena, Il Vicolo, 2010, ISBN 978-88-96431-15-3. Pierluigi Moressa, Guida storico-artistica di Cesena e del suo comprensorio. Il monte, il ponte, il fonte, Forlì, Foschi, 2008, ISBN 978-88-89325-43-8. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. Mura di Cesena Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Barriera Cavour Le Mura di Cesena, su homolaicus.com.

Ospedale Maurizio Bufalini

L'ospedale Maurizio Bufalini è l'ospedale pubblico della città di Cesena, struttura sanitaria afferente all'Azienda USL della Romagna. È sede di DEA (Dipartimento Emergenza Urgenza e Accettazione) di secondo livello nonché una struttura avanzata con alcune eccellenze che gli conferiscono rilievo a livello regionale e nazionale. La prima testimonianza di una struttura ospedaliera a Cesena risale al 1297. A dare avvio a una fervida attività ospedaliera furono i religiosi e le confraternite laicali. Alla fine del XIV secolo sono in funzione gli ospedali San Bartolomeo, Sant'Antonio, San Tobia e il lazzaretto del Santissimo Crocifisso. Quest'ultimo, nel XVI secolo, viene riconvertito in una vera e propria struttura sanitaria. Nel 1797 viene trasferito nell'ex convento di San Rocco e successivamente nel 1811 nell'ex convento di San Domenico. Il 24 aprile del 1907 la Congregazione di carità, in accordo con la giunta comunale, delibera la costruzione di un nuovo ospedale nei pressi della ferrovia. Il 31 luglio del 1911 la struttura venne inaugurata e intitolata al medico e senatore cesenate Maurizio Bufalini. Al termine della seconda guerra mondiale prendono via i lavori ai piedi del Colle Spaziano, il 22 febbraio del 1962 la struttura entra in servizio, mentre l'inaugurazione ufficiale avvenne il 14 luglio dello stesso anno alla presenza dell'allora presidente del Consiglio Amintore Fanfani. Nel settembre 2009 l'ospedale è entrato nella cronaca nazionale quando vi è morta una paziente di 57 anni affetta da influenza A H1N1. Nel 2011 l'ospedale è stato scelto per l'assistenza ai cittadini italiani o stranieri che, provenienti dal Giappone, volessero sottoporsi a controlli a seguito dell'incidente di Fukushima Daiichi. Pierluigi Moressa, Guida storico-artistica di Cesena e del suo comprensorio. Il monte, il ponte, il fonte, Forlì, Foschi, 2008, ISBN 978-88-89325-43-8. Sito ufficiale, su auslromagna.it.

Palazzo Ghini
Palazzo Ghini

Il Palazzo Ghini si trova nel centro storico di Cesena in corso Sozzi, su un'area nella quale i ritrovamenti effettuati accertano la presenza di edifici romani del I secolo a.C. Fu per oltre un secolo la residenza dei marchesi Ghini. Esiste un secondo palazzo omonimo nella vicina via Chiaramonti. La famiglia Ghini nel 1654 acquistò dei terreni per trasferirsi in città. Il palazzo venne commissionato nel 1680 dai fratelli Giacomo Francesco e Alessandro Bruno Ghini all'architetto cesenate Pier Mattia Angeloni; venne costruito all'incrocio dell'antica strada Cervese e la contrada S. Zenone. Inizialmente il progetto prevedeva una pianta ad "U" ma poi furono realizzati solo i corpi di fabbrica su corso Sozzi e, parzialmente, su via Uberti; la facciata su corso Sozzi rimase incompiuta nelle finiture lapidee. All'interno, nel salone d’onore, vennero eseguite intorno al 1720 delle pitture con soggetti storico-mitologici tipiche del tardo barocco. In seguito ad una divisione tra eredi, Monsignor Ghino Ghini riuscì ad acquistare l'intera proprietà del palazzo dando poi al palazzo la connotazione di residenza ecclesiastica per poi donarlo all'Ordine dei Gesuiti cesenati, che, secondo la sua volontà, vi stabilì la propria sede dal 1942 al 1962 e vi aprì una scuola apostolica. Divenne poi proprietà della curia. Sugli spigoli in pietra d'Istria si trovano le insegne pontificie di Papa Pio VI. La facciata interna del cortile presenta uno degli squarci più suggestivi di tutta la Romagna: si tratta di uno splendido loggiato a tre ordini, con colonne in pietra bianca ai due inferiori, dal quale è possibile godere di una delle visioni frontali della Biblioteca Malatestiana. Dallo scalone si accede a una loggia ornata da quattro statue di Francesco Calligari (Minerva, Cerere, Gloria e Marte); da qui si accede al grande salone d'onore, caratterizzato dal ciclo pittorico di Giacomo Bolognini, realizzato tra il 1719 e il 1721. Sono presenti tuttora, dono ufficiale e personale dei Papi Pio VI e Pio VII parenti stretti della famiglia, i busti marmorei raffiguranti gli stessi Papi e per cui i due Sommi Pontefici avevano posato. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. Curzio Maria Ghini, I Ghini di Roccabernarda. Baldoni, Daniela (a cura di), Scavi archeologici a Cesena: storia di un quartiere urbano, Ravenna, Essegi, 1998, ISBN 978-88-7189-260-3. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. Curzio Maria Ghini, I dipinti di palazzo Ghini a Cesena, Forlì, 1977. Archeologia dell'Emilia-Romagna 1/2, 1997. Palazzi di Cesena Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo Ghini