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Chiesa di Santa Maria Materdomini

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Facciata Materdomini
Facciata Materdomini

La chiesa di Santa Maria Materdomini è una delle chiese monumentali di Napoli; è ubicata a margine della piazzetta Fabrizio Pignatelli. Venne fondata nel 1573 dal cavaliere gerosolimitano Fabrizio Pignatelli, Balì di Sant'Eufemia e fratello del secondo duca di Monteleone. La chiesa venne costruita lo stesso anno in cui fu eretta la vicina struttura ospedaliera dei "Pellegrini" e, alla morte del fondatore, la cappella venne ceduta all'Arciconfraternita della Santissima Trinità, che già gestiva il nosocomio. Il disegno della facciata è attribuibile all'architetto Giovanni Francesco Di Palma. Sul portale d'ingresso, originariamente, era collocata una statua della Madonna con Bambino di Francesco Laurana (XV secolo), attualmente disposta sull'altare maggiore. L'interno, composto da un'unica navata, è stato sottoposto a rimaneggiamenti rilevanti durante il XIX secolo. Nella chiesa è collocato il Monumento funebre di Fabrizio Pignatelli, commissionato nel 1590 a Michelangelo Naccherino e completato nel 1609. Sulla sinistra è presente un dipinto di Leonardo Olivieri del 1721, raffigurante la Vergine con i Pellegrini e la Carità, mentre sul lato opposto è esposta una tela di Nicola Malinconico (la Vergine e i Santi Gennaro e Francesco di Paola). Nel tempio è ospitato anche il Monumento funebre di Maria Luisa Colonna di Stigliano, ottocentesca di Francesco Liberti.

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Chiesa di Santa Maria Materdomini
Via Giovanni Ninni, Napoli Municipalità 2

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Indirizzo

Ospedale dei Pellegrini

Via Giovanni Ninni
80135 Napoli, Municipalità 2
Campania, Italia
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Facciata Materdomini
Facciata Materdomini
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Luoghi vicini

Palazzi Brunasso
Palazzi Brunasso

I palazzi Brunasso sono una coppia di edifici di valore storico e architettonico di napoletani ubicati lungo via Toledo, a ridosso della basilica dello Spirito Santo. I suoli dove sorgono i palazzi attualmente appartennero fino al 1561 ai padri di San Severino e Sossio fino a quando non furono ceduti con censuo a tali Tosone e Maranta. L'estensione del suolo ceduto andava dalla chiesa dello Spirito Santo fino al vico Pellegrini. I due aprirono nel suolo ceduto l'attuale vico Bianchi allo Spirito Santo dividendo di fatto le due proprietà e quindi edificate le relative proprietà. Nel primo trentennio del XVIII secolo il palazzo appartenuto al Tosone fu acquistato dal duca Giuseppe Brunasso, mercante di professione ed elevato al rango di duca di San Filippo il 15 agosto 1722, che espanse la sua nuova proprietà all'attiguo palazzo del Maranta. Tra il 1722 e il 1769 sono databili gli interventi di rifacimento delle preesistenze voluti dal Brunasso. Nella veduta di Antonio Joli del 1762 si nota come i due palazzi fossero gemelli nell'organizzazione e che un ponte li unisse all'ultimo piano. Sono emersi documenti trovati dal Mormone e dal Fiengo che gli interventi di rifacimento furono eseguiti in gran parte dopo il terremoto del 1731. Contemporaneamente nella vicina basilica dello Spirito Santo si effettuarono lavori e ricognizioni da parte dell'architetto ed ingegnere regio Nicola Tagliacozzi Canale. Non è da escludere la presunta presenza del Tagliacozzi Canale nella fabbrica delle case del Brunasso. In quegli anni il pittore Filippo Falciatore vi eseguì un ciclo di affreschi perduto. I due edifici furono trasformati tra il 1731 e il 1735. Il palazzo accostato alla chiesa, dotato di spazio maggiore, fu riorganizzato intorno ad una corte più lunga dotandolo di una serliana sul lato del vestibolo e di una scala aperta a loggia più profonda dell'altro fabbricato.

Palazzo Spinelli di Tarsia
Palazzo Spinelli di Tarsia

Il Palazzo Spinelli di Tarsia è uno dei palazzi monumentali di Napoli, ubicato in piazzetta Tarsia. Il palazzo fu eretto, anche se solo parzialmente, su commissione di Ferdinando Vincenzo Spinelli, principe di Tarsia: la costruzione prevedeva il rifacimento di un precedente fabbricato, documentato da Carlo Celano, e il progetto fu affidato a uno dei più noti architetti napoletani del Settecento, Domenico Antonio Vaccaro. Le decorazioni ad affresco negli appartamenti furono eseguite, oltre che dallo stesso Vaccaro, da pittori come Nicola Maria Rossi, Nicola Cacciapuoti e Giovanni De Simone. L'edificio, in origine, occupava una vasta zona alle spalle della chiesa di San Domenico Soriano. Nella struttura, secondo un disegno assonometrico redatto dallo stesso Vaccaro, si nota un fastoso ingresso che dà accesso a due scenografiche rampe a tenaglia per le carrozze con al centro una scalinata, dopo le quali ci si trovava davanti al primo corpo di fabbrica, che racchiude tre archi a sesto ribassato in legno intarsiato. Da questo si passa all'ampio cortile rettangolare, dove prospetta il maestoso palazzo elevato, a due piani con pianterreno. La grande area verde del palazzo intendeva rifarsi ai giardini pensili di Babilonia, ma essa è oggi quasi del tutto scomparsa. L'intera struttura, dall'Unità d'Italia a oggi, non è mai stata al centro di un accurato piano di restauro e di salvaguardia, teso alla sua rivalorizzazione. A eccezione della facciata l'intero comprensorio è in profondo degrado, con un parcheggio auto abusivo.