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Chiesa dei Santi Agostino e Monica (Casciago)

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Casciago Santi Agostino e Monica 0526
Casciago Santi Agostino e Monica 0526

La chiesa dei Santi Agostino e Monica a Casciago, in provincia di Varese è una delle quattro chiese presenti nel paese ed è l'attuale chiesa parrocchiale. Completata nel 1938, fu voluta dall'allora arcivescovo di Milano, il cardinale Alfredo Ildefonso Schuster, come luogo di culto dedicato alla memoria di Sant'Agostino, la cui conversione spirituale è legata al periodo trascorso proprio in questi luoghi, e della madre, Santa Monica. Progettata dall'architetto Cornelio Bregonzio, la prima pietra fu posata il 28 agosto 1937, completata la costruzione in un solo anno fu consacrata il 22 settembre 1938 dal beato cardinal Schuster, arcivescovo di Milano. Le decorazioni furono completate fra il 1968 ed il 1971. Negli affreschi del soffitto sono riportate frasi tratte dagli scritti di Sant'Agostino. Secondo un'ipotesi, non completamente verificata, il paese di Casciago sarebbe infatti Cassiciacum, la località citata dallo stesso Agostino in cui egli con la madre Monica, il fratello Navigio, il figlio Adeodato, l'amico Alipio e i discepoli Rustico, Lastidiano, Taigezio e Licenzio hanno soggiornato, ospitati dall'amico Veracondo, nel periodo precedente al battesimo, ricevuto da Agostino durante la veglia pasquale, il 24 aprile 387, per mano di Sant'Ambrogio, vescovo di Milano. Il cardinale Schuster volle che si ponesse particolare attenzione alle "sofferenze vissute dalle madri per causa della cattiva condotta dei figli, dando loro una speranza qualora le loro lacrime si mescolino alle lacrime di Monica". Nei progetti originali era stata prevista anche l'edificazione di un battistero esterno e di un campanile, la cui costruzione, però, non è mai stata realizzata. Dante Isella professore emerito e filologo all’Università degli Studi di Pavia, ha scritto un opuscolo intitolato: Alessandro Manzoni e il rus Cassiciacum di S. Agostino, edito per cura del comune di Casciago nel 1986. Isella scrive come Manzoni partecipò alle ricerche cui era stato invitato da uno studioso francese, Jean Joseph Poujoulat che stava scrivendo una Storia di S. Agostino, circa quel Cassiciacum in cui Agostino si ritirò nel 386 in meditazione, abbandonata la cattedra milanese di retorica. Il Manzoni fu il primo a stabilire un nesso tra quel Cassiciacum e Casciago in relazione a Sant’Agostino. Casciago = Cas’ciagh = Cassiciacum. Come nella pronuncia viva dei suoi abitanti e come esito fonetico. Da un punto di vista linguistico era difficile identificare Cassiciacum con Cassago = Cassiacum (oggi Cassago Brianza) ove esiste solo una pietra nella chiesa su cui era voce che il santo avesse celebrato, e un documento del XVII secolo. Il punto di partenza è l’accertamento testuale delle Confessioni di Agostino con la sua descrizione delle amenità dei luoghi e l’accertamento filologico che attesta nelle edizioni critiche dell’opera rus Cassiciacum, mentre la lezione Cassiacum appare solo nei codici recentiores et deteriores. Nel 2014 sono cominciati i lavori, conclusi il successivo anno, per la costruzione di un battistero all'interno della chiesa, realizzato nel transetto destro (che precedentemente era stato murato) e decorato con un mosaico ad opera dell'artista padre Marko Ivan Rupnik, raffigurante la discesa agli inferi. Cassago Brianza Alfredo Ildefonso Schuster Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa dei Santi Agostino e Monica Chiesa di Sant’Agostino e santa Monica Archiviato l'8 novembre 2018 in Internet Archive.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa dei Santi Agostino e Monica (Casciago) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa dei Santi Agostino e Monica (Casciago)
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Casciago Santi Agostino e Monica 0526
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Chiesa di Sant'Eusebio (Casciago)
Chiesa di Sant'Eusebio (Casciago)

La chiesa di Sant'Eusebio da Vercelli a Casciago, in provincia di Varese, è una chiesa romanica di origine medioevale dedicata alla memoria del vescovo Eusebio da Vercelli. È una delle quattro chiese presenti nel territorio del paese. I primi documenti che riguardano la chiesa di Sant'Eusebio risalgono alla metà del 1056. Pur ignorando chi fossero i promotori ed i finanziatori della costruzione dell'edificio, certo è che la chiesa rientrò sotto il governo della comunità locale: infatti un documento del 1170 attesta la vendita fatta da due possidenti il cui corrispettivo fu destinato, appunto, alla chiesa di Sant'Eusebio. Conserva dell'antica costruzione romanica il campanile snello e slanciato, scandito da larghe lesene che incorniciano cinque specchiature sormontate da serie di archetti pensili, similmente alla torre di San Pietro di Gemonio. Ulteriori e più completi documenti risalgono all'epoca del concilio di Trento: infatti è documentata la prima visita pastorale delegata a G.B. Carcano, arciprete di Monza effettuata, ne 1567; due anni dopo il gesuita padre Leonetto Chiavone precisava, in un suo documento, le misure della navata (5,95 x 8,93 m) e sottolineava lo stato di parziale dissesto della facciata e dell'abside, e segnalava l'inizio della costruzione della sagrestia. San Carlo Borromeo visitò personalmente la chiesetta nel 1574, e nel 1581 il visitatore generale mons. Antonio Seneca, rilevando il perdurare del dissesto e la mancanza della costruenda sagrestia ordinò, tra l'altro, di riparare, intonacare e rinnovare gli affreschi dell'abside; di intonacare le pareti; di fornire la chiesa di acquasantiera con piedistallo; di ampliare le finestre. Gli ordini di monsignor Seneca non furono immediatamente ottemperati: infatti l'arcivescovo Federico Borromeo, nel 1612, documentò che solo allora si stava dando inizio ad un sostanziale rinnovamento. Infatti si stava costruendo un nuovo presbiterio e le pareti, sebbene intonacate all'interno, all'esterno apparivano ancora rustiche; il pavimento era stato accomodato, ma le finestre non erano ancora state ampliate. Allora l'arcivescovo Borromeo ordinò che il presbiterio avesse forma rettangolare e che la navata fosse coperta da una volta. Ma ancora nel 1637, durante una visita del cardinal Monti, si registrò come i lavori fossero ancora in corso, compresa la persistente mancanza della sagrestia, e si ribadirono quindi gli ordini precedenti. Gli atti preparatori alla visita del cardinal Federico Visconti, datata 1687, rilevarono il nuovo presbiterio rettangolare e la copertura a volta della navata, ma denotarono ancora la mancanza della sagrestia. Pur avendo notizia di altre cronache risalenti al 1732 e 1742, l'ultima descrizione significativa risale alla visita del cardinal Pozzobonelli nel 1755, che attestò le pareti intonacate a stucco, il pavimento, anche del presbiterio, di sabbia mista a calce, gli accessi muniti di porte lignee e la presenza di due acquasantiere; la cappella maggiore rialzata di due gradini e la costruzione avvenuta della sagrestia. Gli ornamenti attuali della facciata con lesene (pilastri lievemente sporgenti dal muro) cornici e frontone si possono datare intorno al 1787, quando una cronaca giornalistica dell'epoca ne parla. La statua lignea di Sant'Eusebio, oggi conservata sopra l'altare in una nicchia chiusa da vetrata, viene menzionata per la prima volta in una relazione del 1683 ad opera del parroco Borzio: dal documento pare possa dedursi che la statua stessa, all’epoca, fosse posta all'esterno della chiesa, sopra la porta principale. Successivamente, nel corso di una visita pastorale dell'arcivescovo Romilli, nel 1855, si menziona la presenza della statua di Sant'Eusebio all'interno della costruzione, protetta da vetro. L'attuale pavimento in piastrelle di cemento e graniglia risale al XX secolo. Il restauro del tetto e degli esterni risale agli anni ottanta, mentre nel 2000 è cominciato il restauro della torre campanaria e degli interni. Eusebio nacque nel III secolo in Sardegna e fu uno dei maggiori paladini della lotta contro l'eresia; fu il primo vescovo di Vercelli, consacrato nel 345. A Vercelli fondò un monastero per la vita comune degli ecclesiastici e un monastero femminile. Esiliato a Scitopoli di Palestina dal concilio di Milano nel 355 per essersi opposto alla fazione ariana, patì per sei anni penosi tormenti. Liberato nel 361 rimase a lungo in Asia Minore ad operare come apostolo e come medico. Tornò a Vercelli dove morì il 1º agosto 371 logorato dalle sofferenze dell'esilio e dalla fatica dell'apostolato, e per questo gli fu riconosciuto il titolo di martire. Fu sepolto nella chiesa che egli edificò sulla tomba del martire San Teonesto, laddove oggi sorge la basilica a lui dedicata. Fin dal 1200 si attesta la ricorrenza della festa di Sant'Eusebio con la celebrazione del 1º agosto, giorno in cui numerosi devoti si riuniscono e celebrano il santo, al quale viene attribuita la virtù di risanare i malati dalla febbre. Già ai tempi di san Carlo il culto di sant'Eusebio diventa vistoso. Agli inizi del XX secolo la festa diventa una sagra del Varesotto, con diversi aspetti profani, che ancora oggi si mantengono. La festa si apre alla vigilia, il 31 luglio, con l'incendio del pallone, globo di materiale infiammabile che appeso all'esterno dell'edificio viene bruciato in memoria del martirio del santo. La mattina di buon'ora inizia la celebrazione della Messa che si ripete diverse volte fino a prima di pranzo. Durante il pomeriggio, intorno alla chiesa, si tiene una sorta di mercato con bancarelle di dolci, giochi e oggetti vari. Culmine delle celebrazioni è l'arrivo della Processione dell'Offerta dove i fedeli portano delle "barelle" con ricchi doni che vengono messi all'incanto, tenuto rigorosamente in dialetto, ed il ricavato è donato alla Chiesa. Le "barelle" consistevano nelle offerte del popolo portate in panieri, in ceste oppure su carriole adornate di fiori e nastri: erano quindi particolari doni che venivano confezionati da famiglie, gruppi rionali o intere corti, con generi alimentari e prodotti stagionali, che poi venivano messi all'incanto. Oggi poi, come degna conclusione di una festa sempre intensamente vissuta dalla comunità, si usa terminare la sagra con bellissimi fuochi d'artificio. Informazioni tratte da Una chiesa millenaria – S.Eusebio – già parrocchiale di Casciago di P. Frigerio e C. Ciotti – Parrocchia dei Ss. Agostino e Monica – Casciago – 2000 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Sant'Eusebio http://www.comunitasanteusebio.com/santeusebio/ Archiviato il 10 novembre 2018 in Internet Archive.

Stazione di Morosolo-Casciago
Stazione di Morosolo-Casciago

La stazione di Morosolo-Casciago è una fermata della Saronno – Laveno situata al km 55 della linea a metà strada dei due paesi a cui è intestata, Morosolo e Casciago. È gestita da Ferrovienord. Prima dei lavori di ammodernamento la fermata era presenziata, trattandosi di un casello per la chiusura del passaggio a livello della Varese-Morosolo. Dal 1994, in seguito appunto a tali lavori e all'installazione del Comando Centralizzato del Traffico (CTC) e l'attivazione del Dirigente Centrale Operativo sedente a Varese, la fermata è diventata un Posto di Blocco Automatico (PBA). Per questo c'è ancora la Leopolder funzionante. L'impianto è costituito da un piccolo edificio e da un marciapiede, dotato di panchina. Parte del fabbricato è stato murato, ma rimane aperta la piccola sala d'attesa. Il marciapiede è in curva ed è interrotto dal passaggio a livello della strada Varese-Morosolo. Il passaggio a livello è comandato da Varese-Casbeno con verifica tramite Televisione a circuito chiuso (TVCC). Dal 1998, non è presente alcun servizio di biglietteria. La fermata è servita dai treni regionali Trenord della direttrice Laveno Mombello-Milano Cadorna. Essi effettuano soste ad orari cadenzati al minuto 06 in direzione Milano Cadorna e al minuto 56 in direzione Laveno. Negli orari di punta la cadenza diventa semioraria. Inoltre la fermata è servita dai treni RegioExpress RE1 Laveno - Varese - Saronno - Milano. Trasporti in Lombardia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stazione di Morosolo-Casciago Ferrovienord.it - Stazione di Morosolo-Casciago, su ferrovienord.it. URL consultato il 18 ottobre 2008 (archiviato dall'url originale il 5 luglio 2013).

Museo Tattile Varese

Il Museo Tattile Varese è un museo sito all'interno della Villa Baragiola in località Masnago a Varese, in Lombardia. Fondato nel 2011, ospita una collezione di modelli tattili di paesaggi, architetture, opere d'arte, reperti archeologici e pezzi di design. Il museo offre anche percorsi e installazioni multisensoriali. Il museo è stato pensato per permettere alle persone con disabilità visiva di poter conoscere luoghi, oggetti e opere d'arte, ma prevede anche percorsi bendati per utenti normovedenti. Il museo è nato nel 2011 per volere di Livia Cornaggia e dell'Istituto dei Ciechi di Milano. Il percorso di visita del museo è strutturato in cinque sezioni: particolari architettonici, storia dell'architettura, vie d'acqua e mulini, modelli geografici e paesaggistici, guide turistiche tridimensionali. Questa sezione comprende opere scultoree, pittoriche, architettoniche e infrastrutture con modelli che riproducono i diversi particolari architettonici, utili a identificare differenti stili architettonici. La sezione dedicata alla storia dell'architettura ospita modelli che riproducono chiese, monumenti e altri edifici rappresentativi di differenti periodi della storia dell'architettura, consentendo ai visitatori con disabilità visiva di conoscere le peculiarità degli elementi strutturali e architettonici di questi edifici. Il questa sezione viene illustrata una delle caratteristiche del territorio del Varesotto, ovvero la grande quantità di mulini e di corsi d'acqua. I modelli presenti in questa sezione permettono di comprendere la struttura di questi edifici, ma anche i meccanismi che consentono il funzionamento dei mulini ad acqua. Qui si trovano anche modelli che raccontano i corsi d'acqua naturali e artificiali del territorio. I modelli tattili di questa sezione descrivono l'orografia del terreno, la conformazione delle coste, la forma del corso di un fiume e altre caratteristiche naturali del paesaggio. Altri modelli permettono invece di conoscere il paesaggio antropico proponendo alcuni esempi quali un acquedotto, un ponte, uno svincolo autostradale, un viadotto, eccetera. La sezione dedicata alle guide turistiche tridimensionali ospita modelli tridimensionali che permettono di conoscere la pianta di alcune città turistiche italiane, al fine di facilitare la successiva visita delle stessa da parte di persone con disabilità visiva. Gli edifici più significativi e le strade principali presentano indicazioni in braille. Sito ufficiale, su museotattilevarese.it. Museo Tattile Varese, su beniculturali.it, Ministero della cultura.

Villa Baragiola
Villa Baragiola

La Villa Baragiola, detta anche Villa Baragiola Tedeschi o Villa Emma è una villa in stile eclettico eretta dal nobile comasco Andrea Baragiola De Bustelli con il nome di Villa Emma in omaggio alla moglie Emma Ronzini, a Masnago presso Varese. La villa fu edificata da Andrea Baragiola De Bustelli, noto per la costruzione del vicino ippodromo, a partire dal 1892, su proprietà appartenenti alla famiglia Baragiola De Bustelli, trasformando i fabbricati rustici in villa padronale e i fondi agricoli in parco paesaggistico. L’edificio presentava una pianta quadrata, con al centro il vano della scala intorno a cui si articolano vari ambienti: biblioteca, armeria, il salone d’onore, illuminato da una grande vetrata che affacciava vasto parco. Nel corso del Novecento, la villa divenne proprietà dapprima del banchiere Giacomo Tedeschi e, successivamente, fu trasformata nel Seminario arcivescovile della città, fino al 1991. A questo momento risalgono ulteriori modifiche all’edificio come la costruzione di un sopralzo e nel 1951 venne edificato il lungo edificio rettangolare che ospitava le aule dei seminaristi. Nel 1932 il Tedeschi fece costruire la dacia ungherese, Chalet in legno che svetta sul colle al centro del parco. Il vasto parco all’inglese, caratterizzato da rarità botaniche, berceaux, viali curvilinei e sinuosi con una lunga scalinata prospettica sul modello tardo-rinascimentale di Villa Cicogna a Bisuschio, e un lago artificiale da percorrere anche con barche, fu completamente snaturato a seguito del riadattamento a seminario. Oggi è aperto al pubblico. Notevole, al suo interno, la Sequoia gigante. Langè S. e Vitali F., Ville della provincia di Varese, MIlano, Rusconi, 1984, p. 443. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Baragiola

Stadio Franco Ossola
Stadio Franco Ossola

Lo stadio comunale Franco Ossola - velodromo Luigi Ganna è uno stadio polisportivo sito nella città italiana di Varese, utilizzato principalmente per la pratica del calcio: attualmente accoglie le gare casalinghe della principale squadra cittadina, il Città di Varese militante in Serie D nella stagione 2020/2021 Ha inoltre ospitato competizioni a carattere nazionale ed internazionale di ciclismo su pista e vari eventi di altri sport o extra-sportivi. Il progetto per l'edificazione di uno stadio polisportivo in località Masnago (da dedicare essenzialmente alla pratica di calcio, atletica leggera e ciclismo su pista) fu presentato all'Ufficio Tecnico del Comune di Varese il 3 gennaio 1935 e i lavori di costruzione furono conclusi entro la fine di quell'anno. Lo Stadio del Littorio fu quindi inaugurato l'8 dicembre, allorché la Varese Sportiva vi giocò la prima partita interna e abbandonò il vecchio campo di gioco in località Bettole (sul cui sito venne poi costruito l'ippodromo cittadino, precedentemente ubicato proprio a Masnago). Dopo la caduta del fascismo, l'impianto (che nel 1945 venne adibito a campo di prigionia temporaneo sotto la responsabilità del CLNAI) venne denominato informalmente Stadio di Masnago, per poi assumere l'intitolazione a Franco Ossola a seguito della tragedia di Superga, in cui perse la vita l'intera squadra del Grande Torino (ivi compreso il calciatore varesino). L'adozione di tale nome venne resa ufficiale il 3 settembre 1950 con la posa di un cippo presso la cancellata principale. La struttura originaria disponeva di una sola tribuna, posizionata sul lato est del terreno di gioco, attorno al quale si sviluppavano la pista di atletica leggera e il velodromo, costruito con un'impalcatura di ferro e calcestruzzo; gli spogliatoi erano seminterrati, ubicati in una bassa costruzione al di sotto della curva meridionale della pista ciclistica e l'accesso al campo era possibile mediante un tunnel che sbucava dietro il relativo lato corto del terreno di gioco. Successivamente l'impianto fu più volte rimaneggiato e dotato di spalti lungo pressoché tutto il suo perimetro: il 13 settembre 1959, in occasione dell’arrivo della Tre Valli Varesine, il sindaco Lino Oldrini inaugurò la tribuna coperta in cemento armato (poco prima era stata abbattuta la vecchia struttura d’epoca fascista); nella circostanza si giocò un’amichevole tra Varese e Torino. In seconda battuta si procedette alla costruzione delle due curve (nord e sud) e del settore distinti sul lato ovest, dapprima in legno e tubi d'acciaio e poi in calcestruzzo. Ciò consentì, negli anni delle maggiori fortune del Varese Calcio (che tra gli anni 1960 e 1970 disputò più volte il campionato di Serie A), di portare la capienza fino a 23.000 spettatori (complice il fatto che i posti non erano numerati e si permetteva agli spettatori di accomodarsi non solo sulle gradinate, ma anche sul velodromo o sulla pista di atletica). Per ragioni di sicurezza, la capienza massima dell'impianto venne via via stabilizzata a poco meno di 10.000 posti. Gli spogliatoi e i locali tecnici dello stadio vennero poi progressivamente trasferiti dalla curva sud (i cui locali finirono in abbandono o usati come deposito) all'interno della tribuna. Nel 1967 l'Azienda Autonoma di Soggiorno varesina commissionò all'architetto Luigi Vermi un progetto di sistemazione urbanistica della zona adiacente allo stadio (che non venne mai attuato). Esso prevedeva la creazione di una sorta di "quartiere polisportivo", comprendente un campo da hockey su ghiaccio, delle piscine e piste di atletica leggera, più altri spazi e locali pubblici. Nel 2007, dinnanzi alle necessità di adeguare lo stadio (le cui infrastrutture erano ormai obsolescenti) ai regolamenti in vigore per la Serie C2 (categoria in cui a quel tempo militava il Varese), l'amministrazione comunale e il club biancorosso decisero di chiudere la curva nord (obbligando i gruppi della tifoseria organizzata a spostarsi nei distinti) e ridurre la capienza complessiva degli spalti al di sotto dei 7.500 posti. Al fine di contenere ulteriormente i costi di gestione, negli anni successivi vennero attuate ulteriori chiusure di settori e limitazioni all'accesso del pubblico. Ulteriori difficoltà derivarono altresì dall'inefficienza dell'impianto di illuminazione (sia sul campo che sugli spalti e nelle pertinenze) Lo stadio poté essere riaperto nella sua quasi totalità solo a seguito della promozione del Varese in Serie B: in occasione dei play-off e soprattutto al termine della stagione 2009-2010, il comune di Varese si occupò infatti di implementare una sistemazione dell'impianto che, dopo alcune valutazioni, fu portato ad una capienza di 8 213 posti. Contestualmente fu rivista la mappa degli ingressi agli spalti (che vennero riverniciati e dotati di numerazione dei posti), al fine di separare il più possibile i tifosi a seconda del settore di appartenenza, fu potenziata la videosorveglianza e furono installate gabbie e tornelli elettronici per il prefiltraggio del pubblico. In tal modo curva nord e distinti poterono essere riaperti integralmente. In occasione delle gare di playoff della Serie B (nelle stagioni 2010-2011 e 2011-2012) la capienza delle tribune è stata ulteriormente aumentata, fino ad un massimo di 9 926 posti (ferma restando la necessità di mantenere chiuso uno spicchio degli spalti per dividere il settore dei distinti dalla curva sud). Contestualmente, tra il 2011 e il 2012 si provvide ad intitolare la tribuna centrale e la curva nord dello stadio rispettivamente a Bruno Arcari e Pietro Maroso. Nell'estate 2011 sono partiti altri lavori di adeguamento della struttura: installazione di ulteriori telecamere di videosorveglianza, ampliamento degli spogliatoi ed altri interventi di minore entità. Nel luglio 2013, su iniziativa del presidente in carica del Varese, Nicola Laurenza, alcuni writers hanno realizzato 88 graffiti di vario tema sulle mura esterne di recinzione. Nel 2015 la dirigenza societaria del Varese ha intrapreso una nuova opera di ristrutturazione dell'impianto, comprendente il risanamento del campo sterrato alle spalle del settore distinti e di quello in sintetico prospiciente la tribuna, la ristrutturazione dei locali siti al di sotto delle curve (trasformati in spogliatoi e spazi di servizio e per il settore giovanile) e la realizzazione di spazi dedicati a dirigenti e sponsor sulla tribuna centrale. Contestualmente, date le ridotte necessità di capienza richieste dal campionato di Eccellenza (donde il club è ripartito a seguito del fallimento della vecchia società), si è optato per aprire stabilmente al pubblico solo la tribuna e i Distinti, aggiungendo la curva sud solo in caso di un significativo afflusso di tifosi ospiti. La prassi è proseguita anche nei tre anni a seguire (addirittura nel 2019 l'accesso dovette essere ridotto alla sola tribuna per motivi di sicurezza). Nell'estate 2018 il Varese provvide ad attuare alcuni lavori sulla tribuna centrale, sostituendo i seggiolini e ritinteggiando le parti murarie rivolte verso il campo di colore rosso. A causa di una nuova crisi, tra la fine del 2018 e l'inizio del 2019, lo stadio venne lasciato privo da ogni manutenzione minima a causa del mancato pagamento delle utenze di metano e corrente elettrica, la cui interruzione obbligò a chiudere tutto l'impianto. Dopo circa un anno lo stadio fu riaperto per estemporanee partite di altre squadre cittadine, tra le quali il Città di Varese, erede informale del cessato Varese; proprio quest'ultima infine ne ottenne la concessione, consentendone la stabile riapertura. Negli anni 2000 la crescente obsolescenza dell'impianto stimolò il dibattito sull'ipotesi di effettuarvi un'opera di ristrutturazione o di praticarne la demolizione e successiva riedificazione ex novo in un'altra località. Nel dicembre 2005, durante la presidenza di Riccardo Sogliano, il Varese 1910 presentò un progetto preliminare per la riattazione dell'intera area del quartiere di Masnago ove sorge lo stadio. Essa prevedeva la realizzazione di un grande parco, che inglobasse il limitrofo palasport e la nuova arena, dotata di campo in erba sintetica, spalti capaci di contenere 9 900 spettatori, totalmente coperta (indoor) e con spazi contigui dedicati ad esercizi commerciali di vario genere. Il costo stimato di un tale intervento era di 150 milioni di euro. Negli anni successivi si continuò a parlare del suddetto progetto, e ne vennero altresì presentati altri (dapprima sempre durante la gestione Sogliano, poi rispettivamente dai presidenti Antonio Rosati, Nicola Laurenza, Alì Zeaiter e Gabriele Ciavarrella), senza che però si riuscisse ad arrivare ad alcun risultato concreto, complici anche i tre fallimenti patiti dal club nel corso dei primi anni del terzo millennio. Lo stadio presenta una configurazione a pianta ellittica. Gli spalti sono costruiti in calcestruzzo e cemento armato e si dividono nei seguenti settori: Tribuna Bruno Arcari, posizionata lungo il lato ovest del campo, è suddivisa in tribuna centrale (ove sono ubicati i posti d'onore), tribuna laterale nord, tribuna laterale sud, tribuna parterre e tribuna stampa (dedicata agli operatori giornalistici). È l'unico settore dotato di copertura e di posti provvisti di seggiolino e ospita al suo interno gli spogliatoi principali, la sala stampa e buona parte delle infrastrutture di servizio dello stadio. Curva nord Peo Maroso, di forma semicircolare, ospita usualmente i gruppi della tifoseria organizzata varesina. Distinti nord, costituisce lo spicchio orientale della curva casalinga ed è parte integrante del settore dei distinti. Distinti, posizionato lungo il lato est del campo, è il settore più capiente di tutto l'impianto. Al di sotto di esso, a livello del terreno di gioco, è ubicato il sotto-settore distinti parterre. Distinti sud, costituisce lo spicchio orientale della curva meridionale ed è usualmente chiuso al pubblico per ragioni di sicurezza. Curva sud, riservata alle tifoserie ospiti, ospita al di sotto di essa gli spogliatoi secondari dello stadio. Curve e distinti (seppur aventi altezza e capienza differenti) sono raccordate tra loro e costituiscono di fatto un'unica struttura, mentre la tribuna è un settore a sé stante, del tutto separato ed indipendente dal resto degli spalti. Tutti i posti dello stadio sono a sedere e numerati. Le tribune sono separate dal campo da gioco (la cui superficie è in erba naturale) dall'ex pista di atletica (ormai usurata) ora coperta in asfalto e da un velodromo scoperto in cemento, lungo 446 metri e dedicato al ciclista varesotto Luigi Ganna. L'illuminazione dello stadio è garantita da quattro torri faro angolari. Le pertinenze dello stadio comprendono inoltre tre campi da gioco laterali, più piccoli del principale (utilizzati essenzialmente dalle squadre giovanili del Varese) e alcune abitazioni originariamente destinate all'alloggio del custode, che dal 2015 ospitano la sede legale ed operativa del Varese e dell'associazione dei tifosi del club. Il 1º novembre 1970, si disputò al Franco Ossola una partita della Nazionale Under-23 contro i pari età dell'Austria. Il risultato finale fu di 3-1 a favore dell'Italia. Il 1º giugno 1988, la Nazionale italiana disputa al Franco Ossola un'amichevole contro il Lugano, chiusa sul punteggio di 4-1 per l'Italia. Il 10 agosto 2011 lo stadio ospitò per la terza volta una partita di una Nazionale italiana: l'amichevole tra l'Italia Under-21 e i pari età della Svizzera, terminata 1-1. Nel 1971 il velodromo Luigi Ganna ha ospitato i campionati mondiali di ciclismo su pista (assegnati a Varese congiuntamente a quelli di ciclismo su strada, svoltisi nella vicina città svizzera di Mendrisio). In tale occasione la pista ciclistica venne integralmente ricostruita, con un aumento della pendenza delle curve. Il 7 luglio 2012 la struttura ha ospitato la Vª edizione dell'Italian Superbowl, la finale del campionato di Serie A1 IFL di football americano, vinta dai Panthers Parma. Lo stadio è servito dagli autobus della rete urbana dei trasporti di Varese, gestiti dalla società Autolinee Varesine, tramite le seguenti linee e fermate: E Palasport-Bizzozero (fermate di via Daniele Manin, via Giovanni Borghi, via Giuseppe Bolchini, via Severo Piatti e via Aurelio Saffi) H Scuola europea-San Fermo, P Olona-Velate (fermate di via Giuseppe Bolchini, via Stadio e via Vellone) Z Bregazzana-Calcinate degli Origoni (fermata di via Sorrisole). Nei giorni di gara le linee talora modificano i loro percorsi e sono affiancate da servizi suppletivi dedicati. Masnago PalaWhirlpool Varese Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stadio Franco Ossola GLI STADI DI 1a e 2a DIVISIONE (PDF), su lega-calcio-serie-c.it, F.I.G.C. Lega Italiana Calcio Professionistico, 200. URL consultato il 03-04-2009 (archiviato dall'url originale il 15 aprile 2012). Stadio comunale "Franco Ossola" Archiviato il 18 febbraio 2019 in Internet Archive. - comune.varese.it Lo Stadio Franco Ossola - varese-calcio.it Stadio - varese1910.it

Casciago
Casciago

Casciago (Cas'ciàgh in dialetto varesotto) è un comune italiano di 3 588 abitanti della provincia di Varese in Lombardia. Il comune è situato a pochi chilometri dal lago di Varese ed è facilmente raggiungibile tramite l'Autostrada A8 (uscita Varese) oppure con le Ferrovie Nord Milano (stazione Morosolo/Casciago). Presenta edifici religiosi interessanti quali la chiesa di Sant'Eusebio, la chiesa di San Giovanni, la chiesa parrocchiale dei Santi Agostino, Monica e Giovanni Battista, la chiesa parrocchiale di Sant'Ambrogio nella frazione Morosolo. Altri edifici rilevanti sono la Villa Andreani Castelbarco-Albani del 1780 e la Villa Stampa Foscarini del 1700 dove ha soggiornato Alessandro Manzoni. Casciago è lambito dal torrente Tinella. Le prime tracce certe sul paese di Casciago risalgono ad un documento anteriore al 959, nel quale è riportato il debito in denaro, vino e grano che alcuni abitanti avevano nei confronti del santuario di Santa Maria del Monte. Questa è solo una tra le testimonianze che si susseguono negli anni posteriori alla fine del regno longobardo, durante il dominio dei re italici e degli imperatori germanici, quando la Chiesa ambrosiana riveste anche un importante ruolo politico ed economico. Conseguentemente a donazioni e ad acquisti di terreni e immobili il santuario di Santa Maria del Monte diventa proprietario delle terre intorno al Campo dei Fiori e a Casciago. In quegli anni la popolazione, fatta di poveri agricoltori e allevatori, conta anche alcuni schiavi e servi, proprietà di pochi signori. Impossibile scindere Casciago dalla Chiesa di sant'Eusebio e dall'importante festa che vi si svolge il primo agosto di ogni anno. La prima notizia precisa di questa chiesa si trova in un atto di vendita del 1170, dove si afferma che la chiesa ha due custodi e che è di proprietà comunale, amministrata dai quattro consoli di Casciago. Dall'anno mille in poi le vicende si succedono in modo altalenante. La pressione di nuove classi sociali: valvassori, commercianti e artigiani, porta ad una parziale disgregazione delle antiche famiglie, a ciò si sussegue un periodo di tranquillità che vede fiorire il commercio e aumentare la crescita demografica. Casciago non resta estraneo alle lotte tra il pontefice Gregorio VII e l'imperatore Enrico IV che coinvolgono i territori di Milano e di Varese, infatti, molte persone si rifugiano nel suo territorio per programmare piani di rivincita. Il paese vive profonde trasformazioni sociali, politiche ed economiche; nell'epoca dei Comuni i consoli e il curato di Sant'Eusebio entrano in conflitto con l'arciprete di Santa Maria del Monte. Lentamente cresce un relativo benessere e le nuove professioni, come quelle di giudice e di notaio, si affiancano a quelle tradizionali. Nel Duecento Varese si stacca dal Seprio e entra nell'orbita di Milano. In questo periodo diversi sono gli atti di vendita che riguardano Casciago: nel 1206 un prete vende, per conto della chiesa di Sant'Eusebio, delle terre al santuario di Santa Maria del Monte e molte altre vendite seguiranno, contribuendo ad aumentare l'influenza del santuario. L'arcipretura di Santa Maria del Monte concedeva ai massari contratti di varia durata nei quali era previsto un fitto in contanti e natura in cambio dell'utilizzo delle vaste terre. Durante il Trecento Varese vive un declino politico, ma il secolo è positivo economicamente. In un atto del 1396 un residente di Velate attesta un lascito ai poveri di Casciago. Risale a quest'epoca l'importanza del ramo casciaghese della famiglia Castiglioni. A metà del Quattrocento alcune donne condividono le loro vite e le dedicano all'aiuto dei pellegrini presso il santuario, e con l'approvazione del papa, nel 1474, la nascita del monastero di clausura è ufficiale. Questo fatto fa crescere la competizione tra le famiglie nobili per rendere il luogo sempre più adorno. In questo periodo il santuario acquista sempre più terre a Casciago per arrivare addirittura a 276 pertiche nell'anno 1469. Arriva nel Cinquecento il dominio dell'imperatore Carlo V, il quale nel 1538 autorizza la vendita dei territori della "Frazione Superiore di Varese", che comprendevano anche Casciago, e dà a Varese il privilegio di non essere mai infeudata, separando così la storia dei due paesi. Varese resta libera, mentre la Frazione passa ai Visconti Borromeo e in seguito ai Litta Visconti Arese, fino all'abolizione del feudalesimo, nel 1796. Nella seconda metà del Cinquecento, Varese diventa ricca e meta di visitatori, mentre la Frazione Superiore non vive mutamenti di rilievo. Tra il 1558 e il 1590 si può notare come i possidenti di Casciago diminuiscano e come le famiglie di piccoli proprietari spariscano, probabilmente costrette a vendere per debiti, sostituite da una nascente borghesia fatta da medici, mercanti e notai. In occasione della visita pastorale a Varese di Carlo Borromeo, nel 1567, alcuni suoi delegati visitano Casciago. Qualche anno dopo san Carlo si reca personalmente al paese e la preparazione a questa visita ci dà l'opportunità di conoscere le modeste dimensioni dei luoghi di culto che esistevano allora. Attenzione particolare è data agli arredi e ai paramenti sacri, il cardinale sottolinea che a Sant'Eusebio l'altare era piccolo e la necessità di ristrutturazioni. Il santo pensa anche ad aspetti meno pratici, e più importanti: spingendo lo studio della Dottrina e riorganizzando le feste votive. Nel 1581 un collaboratore del cardinale visitò il paese e trovò Sant'Eusebio in buono stato. Il cardinale Federico Borromeo visita Casciago nel 1612 e dà il suo appoggio alla costruzione del Sacro Monte di Varese. Nei primi anni trenta del secolo la peste colpì anche Casciago lasciando tracce profonde sul territorio. È durante il Seicento che si ha la certezza della coltivazione del gelso sui terreni del paese; i mestieri più diffusi continuavano ad essere quelli del contadino e del muratore. Malgrado la morte nera, dal 1631 al 1657 i nati sono 283. Le vicende della Lombardia durante il Settecento sono di arretratezza rispetto alle isole Britanniche e alla Francia e il nostro piccolo paese viene fotografato nel 1722 da un catasto che fissa la popolazione in poco più di 300 anime, impiegate maggiormente nella coltivazione di frumento, segale, gelso e viti, viene riportata l'esistenza di quattro torchi e di nessuna osteria, né di mulini o di fornaci. Degno di nota è l'oggettivo valore superiore delle terre di Casciago rispetto a quelle di Morosolo. Nella seconda metà del secolo ville e palazzi iniziano a sorgere grazie alla notevole bellezza del territorio casciaghese. Il palazzo sede del municipio è stato costruito dal nobile Andreani, ha visto la proprietà di Ballabio e dei Principi Castelbarco. Le abitazioni più diffuse, in questo secolo, sono le case massaricie, a più piani, costruite da pietre e calce, con annesso un rustico adibito a stalla o fienile. Una scala esterna unisce il porticato ai piani superiori e i bachi da seta sono allevati in cucina o nelle camere. Ogni casa è autonoma, possedendo forno e pozzo. Con l'assolutismo illuminato della dominazione austriaca di Maria Teresa e in seguito di Giuseppe II lo stato moderno muove i primi passi. La gestione della cosa pubblica è affidata ai proprietari terrieri e ai commercianti. Le riforme della modernità cancellano la tradizione democratica di Casciago che era molto antica, infatti c'era un consiglio generale con due sindaci, un console e nella pubblica piazza si tenevano assemblee. Con l'età napoleonica i mutamenti sono profondi: l'abolizione del feudalesimo, l'arruolamento obbligatorio, l'abolizione di enti religiosi — tra i quali il santuario di Santa Maria del Monte —, la vendita a privati — nobili e borghesi — di beni ecclesiastici, nuovi ordini amministrativi e il Codice Civile non possono che coinvolgere anche Casciago. Pochi sono arruolati, ma il grande cambiamento interessa alcune famiglie sia borghesi sia nobili che entrano in possesso delle proprietà degli enti religiosi. In quegli anni Casciago perde la municipalità entrando a far parte del vicino paese di Masnago. Il ritorno dell'Austria segna la partenza per la leva obbligatoria che durava otto anni e che coinvolge molti giovani del paese. Di questi anni è l'obbligatorietà di aprire scuole per i bambini, finanziate dai comuni e supervisionate dai parroci, atto che Casciago riesce a compiere. Nel 1845 i fratelli Talacchini aprono la prima filanda serica che nel giro di alcuni anni vedrà nascere altri stabilimenti darà lavoro a tantissimi operai. Con la seta continua, in modo economicamente rilevante, la coltivazione del gelso che molte famiglie compiono. Ciò non esclude l'esigenza d'emigrazione che si presenta in modo ricorrente. Un'entrata era anche fornita dagli esposti: diverse famiglie accettavano l'affidamento di questi bambini illegittimi e abbandonati in cambio di un compenso. La famiglia Talacchini si distingue anche per aver dato i natali ad Antonio, che da muratore diventa appaltatore del Lombardo-Veneto e costruisce il ponte della ferrovia, ancora utilizzato, che unisce Venezia a Mestre e localmente provvede a canalizzare l'acqua per uso domestico. All'apice del suo successo, la famiglia Talacchini commissiona a Carlo Gerosa, ritenuto il ritrattista per eccellenza dell'alta borghesia milanese dell'epoca, un ritratto di famiglia sullo sfondo delle loro proprietà di Casciago. Durante la visita pastorale dell'arcivescovo Romilli nel 1855 si annota che gli edifici sacri sono tenuti bene, ma ormai piccoli per il numero crescente della popolazione. Mentre le gesta di Garibaldi risuonavano, l'autorità austriaca obbliga Casciago ad un mutuo di 2000 lire nel 1848, per coprire le spese militari. Anche Casciago ebbe il suo patriota, Giuseppe Riboni, che morì nel 1860 combattendo per la libertà d'Italia. Fin dal 1898 i sindaci dello stato italiano erano nominati dal re, scelti tra i consiglieri e in seguito eletti dal consiglio comunale. Il primo sindaco di Casciago fu Antonio Talacchini, non l'impresario edile. Dall'Unità allo scoppio della Grande Guerra i cimiteri sono ampliati, costruiti gli uffici comunali, aiutata la parrocchia. La rete stradale, che aveva avuto importanti attenzioni durante dominazione austriaca, è migliorata e viene stanziato molto denaro per la scuola e i bisognosi. Agli inizi del Novecento il comune e le Congregazioni di carità danno l'avvio all'asilo. Con grandi sforzi, ma mediocri risultati si investe nell'istruzione. Casciago ha una scuola elementare per i bambini e una per le bambine. Le scuole serali sono frequentate specialmente dagli adulti. In questo periodo si afferma un monopolio politico fatto da idee liberali, moderati, democratici e cattolici come il principe Castelbarco e il conte Stampa. Alcuni erano dichiaratamente massoni. Dai parroci parte l'iniziativa di un'Unione rurale con intento antisocialista. La vita economica continua ad essere agricola e i maggiori proprietari terrieri sono i Talacchini, l'ospedale di Varese, i nobili tra cui Castelbarco, Maffei e Stampa e la parrocchia. L'attività industriale è intorno alle filande. Nel 1884 la ferrovia attraversa il territorio del paese, ma solo più tardi viene edificata una stazione con traffico ridotto. Nel 1914 il tram passa anche da Casciago e negli stessi anni gli abitanti iniziano anche ad usare un efficiente servizio postale. Gli abitanti crescono lentamente ma costantemente, così com'è costante la presenza di casciaghesi, in cerca d'impiego, all'estero; talmente rilevante che prima della partenza dei lavoratori stagionali a sant'Eusebio si fa una festa. Il 1885 vede la fondazione della Società di Mutuo Soccorso, ad opera dell'ingegnere Lanfranconi, questa si distingue per l'impegno verso i lavoratori. Nella sede vengono organizzati corsi serali e le sale sono affittate a costi contenuti. I soci raggiungeranno la cifra di 450. Sulla scia della Società di mutuo soccorso nel 1905 il Circolo familiare viene aperto, con il divieto d'accesso alle donne, e nel giro di breve tempo dei socialisti lo trasformano in sede di conferenze e riunioni di partito. In quegli anni la convivenza tra vita politica e rilegiosa non fu facile. In seguito all'omicidio di re Umberto I i rappresentanti del comune non mettono alcun segno di lutto attirando le critiche del parroco. Tra il 1866 e il 1868 la parrocchia è ampliata e il nuovo parroco riesce a creare dei gruppi di Luigini e di Figlie di Maria; ristabilendo anche la festa del patrono, san Giovanni Battista, preparando i bambini alla Prima Comunione e inaugurando l'oratorio dedicato a San Carlo. In risposta a queste opere positive ci sono profanazioni, sacrilegi, e furti di elemosine. L'arrivo del XX secolo porta con sé venti di guerra e la popolazione di Casciago ne è duramente colpita. Vasto è il numero dei giovani partiti per il fronte che non faranno ritorno ma è anche la miseria della guerra a far soffrire chi è rimasto. L'oratorio è chiuso, alla Società di mutuo soccorso - che aveva donato dei soldi alle famiglie dei soldati - sono requisiti i locali e i corsi scolastici sospesi. Per dare impiego ai disoccupati si amplia il cimitero. L'aiuto del Governo alle famiglie è irrisorio. Durante l'amministrazione socialista di Casciago, negli anni venti, la situazione economica è preoccupante e il sindaco sollecita le famiglie agiate, Castelbarco, dell'Acqua e Valerio a contribuire alle spese obbligatorie del comune. Il Fascismo penetra lentamente e con difficoltà nel paese, ma nel 1924 la cittadinanza onoraria viene data a Mussolini. Il Circolo familiare è costretto a mutare orientamento politico, e il consiglio di amministrazione della Società di mutuo soccorso viene sciolto e affidato ai commissari prefettizi. L'opera di fascistizzare Casciago comprende la realizzazione di lavori pubblici, e la presenza di numerose ville signorili (Castelbarco, Pirelli, della Torre, dell'Acqua, Pozzi, Galimberti, Valerio…) garantiva una dignitosa entrata all'erario comunale. Il podestà decide di realizzare con quei soldi, una diversa sede municipale, scuole, assistenza medica gratuita per chi non poteva permettersela, approvvigionamento idrico, illuminazione pubblica, telefono, e una pompa di benzina. Ma le condizioni di vita peggiorano, molti emigrano, i dipendenti hanno stipendi più magri. Fortunatamente la Società di mutuo soccorso aiuta gli ammalati, le vedove, istruisce la popolazione. Nel 1931 il Regime fa chiudere l'oratorio e scioglie le associazioni cattoliche del paese. Tuttavia la vita religiosa non cambia molto. La visita del cardinale Schuster segna un momento importante nella vita della parrocchia. Egli sottolinea l'esigenza della costruzione di una nuova chiesa, più grande, che grazie allo sforzo e ai sacrifici di tutti è eretta in poco più di un anno. La guerra torna, fin dal 1940 i beni di prima necessità sono razionati, e il campo sportivo trasformato in agricolo, le campane fuse per scopi militari. Partono i soldati per la Grecia, l'Africa, la Russia. La notte del 1º aprile 1943 Casciago è quasi colpita dal bombardamento Americano, teso a colpire la vicina Macchi, a Varese. La nottata si risolve in un grande spavento per la popolazione, ma fortunatamente non ci sono né danni, né feriti. Le prime elezioni libere dopo la conclusione della seconda guerra mondiale, alle quali le donne possono recarsi, si svolgono nell'aprile 1946. Negli anni seguenti, riflettendo il clima europeo, a Casciago si contrappongono le idee di una società liberal-occidentale e quelle del modello sovietico. Nel maggio del 1951 l'affermazione della Dc è schiacciante e l'allora conte Carlo Castelbarco Albani viene eletto sindaco, carica che mantiene fino al 1989. La sua amministrazione investe su strutture fondamentali come la rete elettrica, completa quella fognaria, asfalta le strade, e acquista la villa Castelbarco dal padre dello stesso Sindaco ove si trasferisce la sede comunale, l'ambulatorio, le scuole e gli uffici postali. Viene ampliato l'asilo e si collega, tramite i mezzi pubblici, Casciago inferiore con il capoluogo. La popolazione aumenta, fino a raddoppiare, a causa dello sviluppo edilizio non sempre ordinato. Secondo le ricerche fatte da Alessandro Manzoni, sollecitate da Jean Joseph Poujoulat, il rus Cassiciacum dove Agostino restò circa un anno e dove compose le sue prime opere, è proprio il paese di Casciago. In occasione del milleseicentesimo anniversario della conversione del santo, nel 1986 il Comune decise di promuovere un convegno di studi per raccogliere l'eredità agostiniana. Viene poi commissionato un monumento, una statua di marmo di Carrara realizzata dal professor Floriano Bodini, affinché anche l'arte non resti esclusa dai lavori culturali del convegno e come testimonianza fisica e tangibile del ricordo del santo. Nello stemma comunale è raffigurata una torre medievale posta sulla pianura di verde. Il gonfalone è un drappo di azzurro. La prima menzione della caratteristica chiesa è rintracciabile nel 1056, in seguito alla Riforma cattolica e in particolare al periodo della cattedra ambrosiana di Carlo Borromeo le testimonianze diventano più frequenti. Le pareti laterali e la facciata risalgono ad un'epoca non molto posteriore, anche se durante il Seicento sono state modificate. La monofora murata a doppio strombo sulla parete meridionale si fa risalire all'architettura romanica. I primi lavori importanti avvennero nel Seicento e si protrassero per diversi anni. Da notare è la statua lignea del santo, Eusebio di Vercelli, della quale si parla già nel 1683 e che era posta al di fuori dell'edificio, in una nicchia esterna sopra la porta. L'altare risale al Settecento e in una annotazione del 1855 l'arcivescovo indica che la statua è riposta al centro dell'altare in una nicchia protetta da vetri. Il decoro sobrio dell'interno risale al 1892. Negli anni 80 del XX secolo e successivamente a partire dal 2000 sono stati fatti dei lavori di mantenimento e ristrutturazione. Già nella seconda metà del Cinquecento si parla del sagrato come del cimitero dell'allora piccola comunità. Ai tempi di san Carlo il culto di sant'Eusebio diventa vistoso. Il primo di agosto numerosi devoti si riuniscono e celebrano il santo, al quale viene attribuita la virtù di risanare i malati dalla febbre. Agli inizi del XX secolo la festa diventa una sagra del Varesotto, con diversi aspetti profani, che ancora oggi si mantengono. La festa si apre alla vigilia, il 31 luglio con l'incendio del pallone, globo di materiale infiammabile che appeso all'esterno dell'edificio viene bruciato in memoria del martirio del santo. La mattina di buon'ora inizia la celebrazione della Messa che si ripete diverse volte fino a prima di pranzo. Durante il pomeriggio, intorno alla chiesa, si tiene una sorta di mercato con bancarelle di dolci, giochi, e oggetti vari. Culmine delle celebrazioni è l'arrivo della Processione dell'Offerta dove i fedeli portano delle "barelle" con ricchi doni che vengono messi all'incanto, tenuto rigorosamente in dialetto, e il ricavato è donato alla parrocchia. La sera attira migliaia di visitatori dai paesi limitrofi, anche grazie allo spettacolo pirotecnico. Chiesa di San Giovanni Battista Progettata da Leopold Pollack e inserita in un parco all'inglese curato da Emilio Alemagna, Villa Andreani-Castelbarco-Andreani (XVIII secolo) è un edificio in stile neoclassico. Iniziata a costruire nel 1780, la villa non fu mai completata. All'Alemagna si deve anche la costruzione dell'ala occidentale (1867), la più recente, che si presenta come un corpo di fabbrica a pianta quadrata, all'interno del quale fu realizzato lo scalone d'onore. La frazione di Morosolo ospita Villa Stampa Foscarini, edificio tardosettecentesco già appartenuto a Stefano Decio Stampa (marito della seconda moglie di Alessandro Manzoni). A Casciago, nella frazione di Morosolo, è attiva una stazione meteo gestita in collaborazione con il Centro Meteorologico Lombardo. 300 nel 1751 407 nel 1805 annessione a Masnago nel 1809 e a Luvinate nel 1812 613 nel 1853 Abitanti censiti Fra il 1914 e il 1940 Casciago ospitò una fermata della tranvia Varese-Angera, gestita dalla Società Anonima Tramvie Orientali del Verbano (SATOV). Ad oggi, il medesimo percorso è svolto dall'autolinea N20 Varese-Angera-Sesto Calende di Autolinee Varesine, la quale ha in carico anche la linea M che collega il capoluogo alla frazione di Morosolo. Il comune di Casciago, insieme alla frazione di Morosolo, è servito dalla linea ferroviaria FN Saronno-Varese-Laveno Mombello tramite la stazione di Morosolo-Casciago. Santino Langè, Ville delle province di Como, Sondrio e Varese, a cura di Pier Fausto Bagatti Valsecchi, Vol. Lombardia 2, Milano, Edizioni SISAR, 1968. Stazione di Morosolo-Casciago Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Casciago Sito ufficiale, su comune.casciago.va.it.

Palasport Lino Oldrini
Palasport Lino Oldrini

Il palasport Lino Oldrini, dal 2023 denominato per ragioni di sponsorizzazione Itelyum Arena, è la più importante arena coperta della città di Varese; ospita le partite casalinghe della Pallacanestro Varese, maggiore club cestistico cittadino. Verso la metà degli anni 1960 l'interesse della popolazione varesina per il gioco della pallacanestro era in notevole crescita; di riflesso, la vetusta e poco capiente palestra XXV Aprile (fin dal 1945 campo di casa della principale squadra cittadina) non era più in grado di ospitare il volume di pubblico che desiderava seguire le partite. Ciò palesò la necessità di procedere alla costruzione di un nuovo palazzetto, il cui sito venne individuato nelle adiacenze dello stadio comunale, nel quartiere di Masnago. Il sindaco in carica Lino Oldrini promosse l'iniziativa e appaltò il progetto allo Studio di architettura Brusa Pasquè. I lavori partirono nel 1961 e durarono poco più di tre anni: il 6 dicembre 1964 l'edificio fu inaugurato con la disputa della partita di campionato Pall. Varese-Milano 1958 78-64. Il palasport fu intitolato allo stesso sindaco Oldrini (scomparso proprio nel 1964 a causa di un tumore); a seguito della stipula di contratti di sponsorizzazione, la struttura assunse via via i nomi ufficiali di PalaIgnis, PalaWhirlpool, PALA2A, Enerxenia Arena e Itelyum Arena Nel 1989 sono iniziati dei lavori di ampliamento atti a creare un secondo ordine di gradinate (denominato "galleria"), poi interrotti nel 1995 e da allora rimasti incompiuti. A partire dal 2011, grazie alla convenzione tra il proprietario dell'impianto ovvero il Comune di Varese e Pallacanestro Varese, il palazzetto è oggetto di un intervento di ristrutturazione, comprensivo di aumento dei posti a sedere, ridipintura delle opere murarie, ampliamento ed adeguamento delle strutture di servizio e dell'accessibilità a carico della società cestistica varesina. Tra la fine del 2017 e l'inizio del 2018 sono stati ultimati i lavori per la creazione del nuovo settore "courtside" e quelli per l'installazione del "jumbotron" (cluster di maxischermi sospeso sopra il campo). Il palazzetto dello sport di Masnago è suddiviso in diversi settori: Tribuna Gold Est Tribuna Silver Est Parterre Est (panchine e tavolo) Tribuna Galleria (settore est) Curva Nord Parterre Nord Tribuna Stampa (sotto la curva ospiti) Curva ospiti Parterre Sud Tribuna Silver A e B Tribuna Gold Ovest Tribuna Silver Ovest Parterre Ovest Oltre che per manifestazioni sportive, il palazzetto è usato anche per eventi di spettacolo come concerti, mostre, competizioni di eSports e conferenze. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su palasport Lino Oldrini Il progetto originale e l'ampliamento presentati dallo Studio Brusa Pasqué, su brusapasque.it. URL consultato il 31 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016). Il progetto originale sulla rivista VITRUM N. 161/1967 (PDF), su brusapasque.it. URL consultato il 31 luglio 2013 (archiviato dall'url originale l'8 settembre 2015).

Castello di Masnago
Castello di Masnago

Il Castello di Masnago (detto anche "Castello Castiglioni-Mantegazza"), è una fortificazione medioevale, trasformata in villa dalla famiglia Castiglioni nel XV secolo, e abbellito con un importante ciclo di affreschi profani in stile gotico cortese. Sito su un'altura, in posizione dominante, all'interno del parco omonimo in via Cola di Rienzo 12, è oggi di proprietà del Comune di Varese e ospita il Museo Civico d'Arte Moderna e Contemporanea. L'attuale castello ha origine da una torre di avvistamento, risalente al XII secolo, ancor oggi esistente. Originariamente inserito nel sistema di fortificazioni facenti capo alla torre di Velate, il castello apparteneva in principio alla famiglia dei Marliani. A questi ultimi subentrarono i Castiglioni, che fecero erigere una villa attorno alla torre. Rielaborazioni architettoniche si registrarono nei secoli XVI e XVII. Nel Settecento il marchese Giuseppe Castiglioni e la moglie Paola Litta lo trasformarono in villa di delizia, aggiungendo l’ala ovest e il giardino all'italiana. La famiglia Castiglioni Stampa, cedette il castello nel 1934 al varesino Angelo Mantegazza, che nel 1937, durante alcuni lavori di ristrutturazione, scoprì il celebre ciclo di affreschi. Nel 1981 fu acquistato dal Comune di Varese, e dal 1995 è aperto al pubblico quale sede del Museo Civico d'Arte Moderna e Contemporanea, che ospita opere di autori come Giuseppe Pelizza da Volpedo, Fontana e Balla. Il castello si presenta con un'ala tardomedievale, alla quale sono annessi alcuni rustici e un corpo di fabbrica seicentesco con pianta ad "L". Le varie strutture sono disposte in modo tale da formare un cortile quadrangolare, aperto in corrispondenza dell'estremità nord-occidentale dello stesso cortile. Nel 1937 furono scoperti i due cicli di affreschi del pian terreno e del secondo piano, che costituiscono uno dei più importanti cicli pittorici profani del gotico cortese in Italia (XV secolo). L'autore ne resta ignoto; è stato accostato, per affinità, dai critici, agli affreschi di Jacquerio nel Castello di Fenis, e al Maestro dei Giochi Borromeo di Palazzo Borromeo a Milano. Un altro nome proposto dagli studiosi è quello di Bonifacio Bembo. La Sala degli Svaghi, collocata al piano terra, secondo la critica fu affrescata verso la metà del Quattrocento, quando il castello fu abitato da Maria Lampugnani, vedova di Giovanni Castiglioni. Presenta una serie di scene di vita cortese medioevale: la partenza per la caccia con il falcone la gita in barca di tre dame, intente a scambiarsi dei fiori la colazione sull'erba di un gruppo di gentiluomini la partita ai tarocchi di un gruppo di dame su una piccola imbarcazione; una dama intenta a suonare l'organo sotto una tenda riccamente decorata, che reca in cima gli stemmi delle famiglie Castiglioni e Lampugnani. La Sala dei Vizi e delle Virtù è collocata al piano superiore del Castello, le pareti sono rigorosamente scandite da pilastrini dipinti, che formano una serie di riquadri architettonici, ciascuno dei quali occupato da gruppi di tre figure allegoriche, due Vizi e una Virtù. Fra le figure identificate vi sono la "Liberalità" tra l'"Avarizia" e della "Prodigalità", che sperpera le sue monete; la "Castità", con la "Lussuria" e la "Vanità" che si guarda allo specchio, l'"Ira", l'"Umiltà", con "Superbia" e "Arroganza", la "Carità", tra l'"Ipocrisita" e l'"Invidia"; la "Sollecitudine", tra la "Pigrizia" e l'"Accidia"; la "Temperanza", tra "Gola" e "Maldicenza", la "Fede", con il calice, la "Speranza" con un'ancora. Quali fonti letterarie per il ciclo pittorico, che non ha immediati paralleli in nessun'altra opera, sono stati indicati da L'Acerba di Cecco d'Ascoli, all'ideale della virtù nel mezzo di derivazione aristotelica. Nella cappella privata del castello, decorata a motivi geometrici, è affrescata una piccola Crocefissione con santi. La collezione del museo comprende opere di pittura, scultura e grafica che vanno dal Cinquecento al Novecento, provenienti dal territorio lombardo. La provenienza comprende donazioni, fra cui spicca la donazione della collezione dei coniugi Luigi De Grandi e Amelia Bolchini oltre ad acquisti grazie anche al lavoro del celebre critico d'arte Giovanni Testori. Fra le opere più importanti vi sono: Giacomo Balla, Bambina con fiori, 1902 Renato Guttuso, Torre di Velate Tranquillo Cremona, Ritratto di Carlo Villa, 1871 Tranquillo Cremona, Tra i fiori, ritratti di bambini, 1871 Francesco Hayez, Tamar di Giuda, 1847 Pietro Antonio Magatti, La Vergine fa giungere il viatico a una devota del Santissimo Sacramento Giovanni Migliara, Capriccio architettonico, 1815-1825 Pier Francesco Mazzucchelli, detto Morazzone, Compianto sul Cristo morto Carlo Francesco Nuvolone, Strage degli Innocenti Eleuterio Pagliano, Il libro di preghiere, 1857-1858 Giulio Cesare Procaccini, Resurrezione di Cristo Daniele Ranzoni, Ritratto di Luigi Villa bambino, 1872-1873 Daniele Ranzoni, Ritratto di Margherita Villa bambina, 1872-1873 Girolamo Romanino, Arazzo del Giudizio di Salomone Vincenzo Vela, Girolamo Ghirlanda, busto in marmo del 1851 Sculture provenienti dal Sacro Monte di Varese, attribuite a Martino Retti Il castello è oggi circondato da un parco all'inglese, esteso per quasi tre ettari. Sono rimaste poche tracce dell'antico giardino settecentesco, di cui si conservano a testimonianza due leoni in pietra, simbolo dei Castiglioni, in cima ai pilastri d’ingresso. All'interno sono ospitate oltre cento differenti varietà di alberi e arbusti: nella parte inferiore del giardino troviamo distese di prati con latifoglie, invece nella parte alta faggi, ippocastani, querce, carpini e cedri. Santino Langè, Ville delle province di Como, Sondrio e Varese, a cura di Pier Fausto Bagatti Valsecchi, Vol. Lombardia 2, Milano, Edizioni SISAR, 1968. Carlo Perogalli, Enzo Pifferi e Angelo Contino, Castelli in Lombardia, Como, Editrice E.P.I., 1982. G. Limido, Il ciclo dei vizi e delle virtù nel castello di Masnago, in Arte Cristiana, n. 73, 1985, pp. 385-404. Carlo Perogalli, Gli affreschi della Sala dei Vizi e delle Virtù nel «Castello» di Masnago, in Arte Lombarda, No. 80/81/82 (1-2-3), 1987, pp. 73-83. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Castello di Masnago Castello Castiglioni Mantegazza - Varese (VA), su lombardiabeniculturali.it. Dame e cavalieri in costume quattrocentesco, su lombardiabeniculturali.it. Civico Museo d'Arte Moderna e Contemporanea - Castello di Masnago, su lombardiabeniculturali.it. CASTELLO DI MASNAGO E PARCO MANTEGAZZA, su natureurbane.it. URL consultato il 29 aprile 2020 (archiviato dall'url originale il 3 febbraio 2019).

Luvinate
Luvinate

Luvinate (Lunà in dialetto varesotto) è un comune italiano di 1 300 abitanti della provincia di Varese in Lombardia. Il comune è attraversato dal torrente Tinella. Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 7 ottobre 1963. Nello stemma comunale è raffigurata una torre d'argento fondata sulla pianura di verde e affiancata da due girasoli. Il gonfalone è un drappo partito bianco e di azzurro. Chiesa di Sant'Antonio (ante 1150), edificio romanico che nel 1876 risultava essere dotato di absidi oggi non più visibili. Dell'ex-monastero benedettino di Sant'Antonio, attuale sede del Golf club Varese, sopravvive un chiostro databile al XV secolo. Inserita in un ampio giardino all'inglese, la villa fu costruita nel 1877 in stile eclettico, su commissione dei Mazzorin, famiglia veneta che nel 1930 passò la proprietà ai Rossi. Il complesso della villa comprende un rustico in stile neogotico. 225 nel 1751 284 nel 1805 Annessione di Barasso, Morosolo, Casciago e Oltrona nel 1812 505 nel 1853 557 nel 1859 annessione a Comerio nel 1927 810 nel 1961 Abitanti censiti Fra il 1914 e il 1940 Luvinate ospitava una fermata della tranvia Varese-Angera, gestita dalla Società Anonima Tramvie Orientali del Verbano (SATOV). Santino Langè, Ville delle province di Como, Sondrio e Varese, a cura di Pier Fausto Bagatti Valsecchi, Vol. Lombardia 2, Milano, Edizioni SISAR, 1968. Carlo Perogalli, Enzo Pifferi e Laura Tettamanzi, Romanico in Lombardia, Como, Editrice E.P.I., 1981. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Luvinate Sito ufficiale, su comune.luvinate.va.it. Luvinate, su sapere.it, De Agostini.