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Chiesa di Santa Maria in Siaris

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La chiesetta di Santa Maria in Siaris sv. Marija na Pečah
La chiesetta di Santa Maria in Siaris sv. Marija na Pečah

La chiesa di Santa Maria in Siaris (in sloveno Cerkev Sv. Marije na Pečah) si trova nel comune di San Dorligo della Valle (Dolina), nella Riserva Naturale della Val Rosandra, lontana da ogni centro abitato e raggiungibile solo a piedi tramite un sentiero. Secondo la leggenda venne fatta costruire da Carlo Magno che avrebbe voluto esservi sepolto. I primi dati storici risalgono alla Confraternita del SS. Sacramento (o dei Battuti), attiva a Trieste fin dal Duecento. Nello statuto dell'anno 1330 è tra l'altro prevista la penitenza per i bestemmiatori: il peccatore doveva recarsi scalzo a questa chiesetta che dista ben 12 chilometri dal monastero e che era già allora meta di pellegrinaggi. Si conserva poi un testamento del 1497 con il quale un certo Vale da Boljunec lascia in eredità una vigna ai monaci sulle rocce. Il nome della chiesetta in lingua slovena è in effetti Marija na Pečah (Madonna sulle rocce). Nell'anno 1647 la chiesetta venne restaurata e ampliata, ma di questo intervento rimane solo la data incisa sull'architrave dell'entrata, in quanto per i due secoli seguenti il santuario fu dimenticato e, data la lontananza da ogni centro abitato, ripetutamente e pesantemente vandalizzato. Solo negli ultimi decenni alcuni interventi privati hanno ridato lustro all'antico santuario, riprendendo anche la pratica della processione attraverso tutta la valle.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa di Santa Maria in Siaris (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa di Santa Maria in Siaris
SP10, Trieste Altipiano Est

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Coordinate geografiche (GPS)

Latitudine Longitudine
N 45.616953 ° E 13.876167 °
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Indirizzo

Riserva Naturale Val Rosandra / Naravni rezervat Dolina Glinščice

SP10
34018 Trieste, Altipiano Est
Friuli-Venezia Giulia, Italia
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Sito web
riservavalrosandra-glinscica.it

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La chiesetta di Santa Maria in Siaris sv. Marija na Pečah
La chiesetta di Santa Maria in Siaris sv. Marija na Pečah
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Massacri delle foibe
Massacri delle foibe

I massacri delle foibe (in sloveno poboji v fojbah; in croato masakri fojbe; in serbo mасакри фоjбе - masakri fojbe?) sono stati degli eccidi ai danni di militari e civili italiani autoctoni della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia, avvenuti durante e subito dopo la seconda guerra mondiale da parte dei partigiani jugoslavi e dell'OZNA. Il nome di tali eccidi deriva dai grandi inghiottitoi carsici (chiamati in Venezia Giulia "foibe") dove furono gettati i corpi di alcune vittime (o, in alcuni casi, le stesse ancora in vita). Per estensione i termini "foibe" e il neologismo "infoibare" sono diventati sinonimi di uccisioni che in realtà furono in massima parte perpetrate in modo diverso: la maggioranza delle vittime morì nei campi di prigionia jugoslavi o durante la deportazione verso di essi. Secondo gli storici Pupo e Spazzali, l'utilizzo simbolico di questo termine «può divenire fonte di equivoci qualora si affronti il nodo della quantificazione delle vittime», in quanto la differenza tra il numero relativamente ridotto dei corpi materialmente gettati nelle foibe, e quello più alto degli uccisi nei campi di prigionia, dovrebbe portare a parlare di "deportati" e "uccisi" per indicare tutte le vittime della repressione. Secondo gli storici Raoul Pupo e Roberto Spazzali le vittime in Venezia Giulia, nel Quarnaro e nella Dalmazia sono comprese tra le 3 000 e le 5 000 (comprese le salme recuperate e quelle stimate, nonché i morti nei campi di concentramento jugoslavi). Altre fonti invece fanno salire questo numero fino a 11 000, numero che secondo Raoul Pupo si può raggiungere soltanto conteggiando anche i caduti che si ebbero da parte italiana nella lotta antipartigiana. Al massacro delle foibe seguì l'esodo giuliano dalmata, ovvero l'emigrazione forzata della maggioranza dei cittadini di etnia e di lingua italiana dalla Venezia Giulia, dal Quarnaro e dalla Dalmazia, territori del Regno d'Italia prima occupati dalla Germania nazista, poi dall'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia del maresciallo Josip Broz Tito e successivamente annessi dalla Jugoslavia tramite i trattati di pace di Parigi del 1947. L'emigrazione fu dovuta sia all'oppressione esercitata da un regime di natura totalitaria che impediva la libera espressione dell'identità nazionale, sia al rigetto dei mutamenti nell'egemonia nazionale e sociale nell'area e infine per la vicinanza dell'Italia, vicinanza che costituì un fattore oggettivo di attrazione per popolazioni perseguitate ed impaurite, nonostante il governo italiano si fosse a più riprese adoperato per fermare, o quantomeno contenere, l'esodo. Si stima che i giuliani, i quarnerini e i dalmati che emigrarono dalle loro terre di origine, tra il 1941 e il 1956, ammontino a un numero compreso tra le 250 000 e le 350 000 persone; in base a stime pubblicate nel 2020 emigrarono circa 300 000 persone, di cui circa 45 000 di etnia slovena e croata non disposti ad accettare il nuovo regime dittatoriale.