place

Chiesa di Sant'Antonio Abate (San Dorligo della Valle, Sant'Antonio in Bosco)

Chiese dedicate a sant'Antonio abateChiese della diocesi di TriesteChiese della provincia di TriesteChiese neoclassiche del Friuli-Venezia GiuliaPagine con mappe
Chiesa di Sant'Antonio Abate (Sant'Antonio in Bosco, San Dorligo della Valle)
Chiesa di Sant'Antonio Abate (Sant'Antonio in Bosco, San Dorligo della Valle)

La chiesa di Sant'Antonio Abate (in sloveno Sv. Anton puščavnik) è la parrocchiale di Sant'Antonio in Bosco (Boršt), frazione del comune di San Dorligo della Valle, in provincia e diocesi di Trieste; fa parte del decanato di Opicina.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa di Sant'Antonio Abate (San Dorligo della Valle, Sant'Antonio in Bosco) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa di Sant'Antonio Abate (San Dorligo della Valle, Sant'Antonio in Bosco)
Strada regionale Trieste 11 di Prebenico, San Dorligo della Valle

Coordinate geografiche (GPS) Indirizzo Sito web Collegamenti esterni Luoghi vicini
placeMostra sulla mappa

Wikipedia: Chiesa di Sant'Antonio Abate (San Dorligo della Valle, Sant'Antonio in Bosco)Continua a leggere su Wikipedia

Coordinate geografiche (GPS)

Latitudine Longitudine
N 45.62406 ° E 13.8585 °
placeMostra sulla mappa

Indirizzo

Chiesa di Sant'Antonio / Cerkev svetega Antona

Strada regionale Trieste 11 di Prebenico
34018 San Dorligo della Valle
Friuli-Venezia Giulia, Italia
mapAprire su Google Maps

Sito web
diocesi.trieste.it

linkVisita il sito web

linkWikiData (Q56255351)
linkOpenStreetMap (36684444)

Chiesa di Sant'Antonio Abate (Sant'Antonio in Bosco, San Dorligo della Valle)
Chiesa di Sant'Antonio Abate (Sant'Antonio in Bosco, San Dorligo della Valle)
Condividere l'esperienza

Luoghi vicini

Massacri delle foibe
Massacri delle foibe

I massacri delle foibe (in sloveno poboji v fojbah; in croato masakri fojbe; in serbo mасакри фоjбе - masakri fojbe?) sono stati degli eccidi ai danni di militari e civili italiani autoctoni della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia, avvenuti durante e subito dopo la seconda guerra mondiale da parte dei partigiani jugoslavi e dell'OZNA. Il nome di tali eccidi deriva dai grandi inghiottitoi carsici (chiamati in Venezia Giulia "foibe") dove furono gettati i corpi di alcune vittime (o, in alcuni casi, le stesse ancora in vita). Per estensione i termini "foibe" e il neologismo "infoibare" sono diventati sinonimi di uccisioni che in realtà furono in massima parte perpetrate in modo diverso: la maggioranza delle vittime morì nei campi di prigionia jugoslavi o durante la deportazione verso di essi. Secondo gli storici Pupo e Spazzali, l'utilizzo simbolico di questo termine «può divenire fonte di equivoci qualora si affronti il nodo della quantificazione delle vittime», in quanto la differenza tra il numero relativamente ridotto dei corpi materialmente gettati nelle foibe, e quello più alto degli uccisi nei campi di prigionia, dovrebbe portare a parlare di "deportati" e "uccisi" per indicare tutte le vittime della repressione. Secondo gli storici Raoul Pupo e Roberto Spazzali le vittime in Venezia Giulia, nel Quarnaro e nella Dalmazia sono comprese tra le 3 000 e le 5 000 (comprese le salme recuperate e quelle stimate, nonché i morti nei campi di concentramento jugoslavi). Altre fonti invece fanno salire questo numero fino a 11 000, numero che secondo Raoul Pupo si può raggiungere soltanto conteggiando anche i caduti che si ebbero da parte italiana nella lotta antipartigiana. Al massacro delle foibe seguì l'esodo giuliano dalmata, ovvero l'emigrazione forzata della maggioranza dei cittadini di etnia e di lingua italiana dalla Venezia Giulia, dal Quarnaro e dalla Dalmazia, territori del Regno d'Italia prima occupati dalla Germania nazista, poi dall'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia del maresciallo Josip Broz Tito e successivamente annessi dalla Jugoslavia tramite i trattati di pace di Parigi del 1947. L'emigrazione fu dovuta sia all'oppressione esercitata da un regime di natura totalitaria che impediva la libera espressione dell'identità nazionale, sia al rigetto dei mutamenti nell'egemonia nazionale e sociale nell'area e infine per la vicinanza dell'Italia, vicinanza che costituì un fattore oggettivo di attrazione per popolazioni perseguitate ed impaurite, nonostante il governo italiano si fosse a più riprese adoperato per fermare, o quantomeno contenere, l'esodo. Si stima che i giuliani, i quarnerini e i dalmati che emigrarono dalle loro terre di origine, tra il 1941 e il 1956, ammontino a un numero compreso tra le 250 000 e le 350 000 persone; in base a stime pubblicate nel 2020 emigrarono circa 300 000 persone, di cui circa 45 000 di etnia slovena e croata non disposti ad accettare il nuovo regime dittatoriale.