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Chiesa di Sant'Antonio Abate (Pescantina)

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ChiesaDiSettimo
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La chiesa di Sant'Antonio Abate è un edificio religioso situato nella frazione di Settimo del comune di Pescantina, in provincia e diocesi di Verona. Angelo Vezza, Pescantina: cenni storici e vicende paesane, Verona, Scuola Grafica "Don Bosco", 1965, ISBN non esistente. Chiesa di San Michele Chiesa di San Lorenzo Martire Valpolicella Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Sant'Antonio Abate

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa di Sant'Antonio Abate (Pescantina) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa di Sant'Antonio Abate (Pescantina)
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Chiesa di Sant'Antonio Abate

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ChiesaDiSettimo
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Luoghi vicini

Chiesa di San Martino (Corrubbio)
Chiesa di San Martino (Corrubbio)

La chiesa di San Martino è un edificio religioso cattolica situato a Corrubbio di San Pietro in Cariano, in provincia di Verona. Dipende dalla parrocchia di Castelrotto. San Martino ha origini molto antiche. L'attuale costruzione viene fatta risalire ai primi decenni del XII secolo, tuttavia alcune parti sembrano essere precedenti: la parete nord, in particolare, presenta un lacerto di affresco collocabile nella prima metà del X secolo. Anche la stessa intitolazione al santo-guerriero Martino di Tours ne rimanderebbe la fondazione all'epoca longobarda. Fu probabilmente ricostruita dopo il Terremoto di Verona del 1117. Nonostante le ridotte dimensioni, l'architettura dell'edificio rivela strette analogie con quella della pieve di San Floriano. Costituito da una sola navata con tetto a capriate lignee e facciata a capanna, nel corso dei secoli ha subito numerose trasformazioni, e in particolare nel 1478, quando gli fu addossata nel lato sud, da parte dei conti Banda, una cappella dedicata a San Rocco come voto in occasione di un'epidemia di peste. Nel settembre del 1741 la chiesa di San Martino subì il rialzo di un paio di metri delle strutture murarie, allo scopo di ridurne il divario d'altezza rispetto alla cappella quattrocentesca. Interessante è pure il campanile, la cui parte inferiore è certamente coeva alla primitiva costruzione di San Martino, mentre la parte più alta (cella campanaria e cuspide) è da ritenersi coeva alla costruzione della Cappella di San Rocco. La chiesa di San Martino è importante anche nel campo della pittura medioevale della Valpolicella, visti i numerosi affreschi due-trecenteschi che ancor oggi ne adornano le pareti, alcuni dei quali attribuiti al pittore Maestro Cicogna e datati 1300. Nel 1945 il tetto dell'edificio crollò a seguito dell'esplosione di una polveriera, situata sul monte Sausto, fatta saltare dai tedeschi in fuga (strage di Corrubbio). Il complesso fu oggetto di un intervento di ripristino da parte di Piero Gazzola.

San Vito al Mantico
San Vito al Mantico

San Vito al Mantico è l'unica frazione di Bussolengo in provincia di Verona. La frazione dista all'incirca 3 chilometri dal capoluogo. La frazione di San Vito al Mantico si trova nella parte occidentale della provincia di Verona, nell'alta pianura veronese, a ridosso delle cerchie moreniche del Garda e delle prime anse della pianura del fiume Adige. A nord, il territorio del comune cui appartiene San Vito al Mantico è diviso rispetto al comune di Pescantina dal fiume Adige. A Ovest si possono notare le ultime cerchie moreniche risalenti alla glaciazione rissiana. L'alta pianura veronese caratterizza il resto del territorio. San Vito al Mantico sorge a 91 metri sopra il livello del mare. L'insediamento più antico archeologicamente documentato, risale all'età del bronzo, circa 3500 anni fa. Sul territorio si succedono Veneti, Reti, Celti e infine i Romani. Il re franco Pipino nell'anno 807, dona un terreno in San Vito al Mantico all'abate del monastero di San Zeno di Verona. Nel XII secolo sembra regnare la signoria rurale degli Olderico. Nel 1405 tutto il Comune passa sotto il dominio della Serenissima Repubblica di Venezia. Nel 1866 viene annesso al Regno d'Italia. Nell'anno 1378 viene documentata una cappella sul limitare del bosco, in prossimità del fiume Adige; ma solo nell'anno 1532 si scopre essere dedicata ai Santi Vito e Modesto. La Chiesa mantiene la sua originaria struttura medioevale fino al XVIII secolo. Intorno all'anno 1769 viene costruita un'aula nuova, semplice e spaziosa, priva di particolari opere d'arte. È stata mantenuta intatta l'antica cappella contenente al suo interno un affresco raffigurante la Madonna con il Bambino e un Santo, probabilmente San Vito. L'affresco risale probabilmente alla fine del XIV secolo. Sulla parete esterna si intravedono tracce di altri affreschi ormai deteriorati. La chiesa di San Giovanni Battista, sita in località Corno Basso, fu fatta edificare a cavallo degli anni 1734/1735 dal latifondista Giovanni Battista Campetti, già proprietario di terreni in località Corno. Divenuta di proprietà della Diocesi nel 1936, nel 1959 diviene la chiesa parrocchiale della nascente parrocchia di Corno-San Vito. Nel 1984 crolla una buona porzione del tetto, danneggiando irreparabilmente la volta decorata. La ricostruzione avviene nel 1985. La chiesa presenta un'unica aula rettangolare, decorata secondo l'estetica tardo-barocca. Il coro è rialzato di un gradino rispetto all'aula e si nota come la volta in canniccio di quest'ultimo, decorata a cassettoni, sia rimasta illesa dal crollo del tetto. Eleganti lesene con capitelli compositi marcano i prospetti all'interno dell'aula, mentre stucchi decorativi riquadrano le opere pittoriche di Antonio Balestra, oggi sostituite da riproduzioni. Di notevole pregio risulta la pala d'altare che raffigura una “Vergine con bambino ed i Santi Giovanni Battista ed Antonio”. L'altare, di pregevole fattura, è costituito da marmi policromi. Bussolengo Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su San Vito al Mantico http://www.comune.bussolengo.vr.it

Corrubbio
Corrubbio

Corrubbio è una frazione del comune italiano di San Pietro in Cariano, in provincia di Verona. Il toponimo Corrubbio deriva dal latino quadruvium "quadrivio" e si riferisce al transito della romana via Claudia Augusta o comunque di una sua diramazione. Sino al 1929 ha costituito la sede dell'ex comune di Negarine, comprendente anche la vicina Settimo di Pescantina. Durante la seconda guerra mondiale, la zona fu teatro di eccidi e distruzioni. Dopo l'8 settembre 1943, come gran parte dell'arco alpino, Corrubbio venne occupato dalle truppe della Germania nazista. Vennero quindi requisite ville, edifici privati e scuole. L'imprecisione delle bombe sganciate dagli aerei alleati nel tentativo di colpire la ferrovia e la strada del Brennero causò numerosi danni e diversi morti e feriti tra la popolazione civile. Al termine del conflitto, il 25 aprile 1945 alle dieci e mezza di sera circa, i tedeschi ormai in fuga fecero esplodere una polveriera a Corrubbio (sul monte Sausto) causando 29 morti e distruggendo decine di abitazioni. Compare per la prima volta in un documento del Duecento, tuttavia la dedicazione al santo-guerriero Martino di Tours la potrebbe far risalire all'epoca longobarda. La chiesa attuale è un edificio romanico del XII secolo (forse ricostruito dopo il terremoto di Verona del 1117) ma conserva alcune parti più antiche: in particolare la parete settentrionale reca i resti di un affresco risalente alla prima metà del X secolo. Altri dipinti risalgono al XIV secolo e vengono attribuiti al maestro Pierfrancesco Cicogna. Adiacente è la cappella di San Rocco, tardo-gotica: fu innalzata nel Quattrocento dalla famiglia Banda per chiedere la fine di una pestilenza. La chiesa, come del resto l'intera frazione, dipende dalla parrocchia di Castelrotto. A Corrubbio vi sono alcune ville venete: Villa Zambelli, Caldera, detta "Le Cedrare" Villa Amistà (ora utilizzata come hotel di lusso) Villa Lorenzi-Banda Villa Betteloni detta "San Giusto" Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Corrubbio

Aeroporto di Verona-Boscomantico
Aeroporto di Verona-Boscomantico

L'aeroporto di Verona Boscomantico Angelo Berardi è un piccolo aeroporto situato a pochi chilometri da Verona. L'aeroporto viene utilizzato per voli turistici, per manifestazioni, come base per paracadutisti ed elicotteri, poiché la lunghezza della pista consente decollo e atterraggio solo ad aeromobili di dimensioni ridotte. Nasce come una delle basi della sezione Aviazione del Battaglione Specialisti del Genio del Regio Esercito. Nel gennaio 1911, da qui si sollevò il dirigibile Ausonia bis di Nino Piccoli. Dal 25 marzo arriva il primo dirigibile militare, il P.3 che dal mese di maggio partì per Tripoli, destinato alle operazioni in Libia durante la guerra italo-turca. Nel 1913 fu sede dell'aeronave Parseval P.L.17 e dal il 20 aprile del P.5. All'inizio della guerra il P.5 era a Boscomantico. Il cantiere Dirigibili era attrezzato con tutti i servizi accessori e disponeva di un campo di manovra che si prestava anche al decollo e all'atterraggio di aerei. Nel gennaio del 1916, il cantiere fu in grado di ricoverare i dirigibili tipo M. Il 3 aprile del 1916 l'aeroscalo ospitava il dirigibile M.3, e dal 29 aprile anche l'M.1, operante per la 1ª Armata fino al mese di agosto. L'aeroporto di Boscomantico si trova in una vasta area nella zona nord di Verona e venne attrezzato nel 1916, quando venne stanziato il III Gruppo Aeroplani, che partecipò alla prima guerra mondiale, insieme ad altre squadriglie. Dal 28 giugno 1917 vi volava l'M.11. Esso è composto da una pista di atterraggio in cemento di 1014 m x 22 m per aerei di piccole e medie dimensioni. La zona militare situata a nord della pista di volo è stata acquistata dal Comune di Verona alla fine degli anni ottanta del secolo scorso. È stata negli anni utilizzata come base antincendio dal Corpo Forestale dello Stato. Parte di questa zona dell'aeroporto ha mantenuto le caratteristiche dell'utilizzo militare e reti di filo spinato proteggevano l'accesso ai fortini della seconda guerra mondiale, usati dai militari impegnati nella battaglia. Questi fortini, immersi nel verde e costruiti sottoterra, si raggiungono tramite botole con strette scalette di ferro. Nell'immenso parco del forte ci sono innumerevoli tracce dei bombardamenti, con grandi buche, che danno un'idea della potenza che poteva sprigionare una bomba lasciata cadere da un aereo. Sono pure presenti piccoli rustici utilizzati dai combattenti per proteggersi dal fuoco nemico. Immersi nel verde, sono strutture nascoste che rimangono così quasi inalterate nell'aspetto originario. Il 20 dicembre 1925 vi rinasce il XV Gruppo della Regia Aeronautica con la 32ª Squadriglia e 35ª Squadriglia del 21º Stormo di Bologna. Fu base temporanea operativa americana a partire dal 1958 con l'insediamento dell'Air Group 509 (AIRBONE) quale base di supporto dell'US ARMY fino alla fine anni 60 causa lo spostamento della S.E.T.A.F. da Verona (Ex Caserma Passalacqua) a Vicenza, ugualmente provvista di analogo aeroporto logistico nei pressi della base (Dal Molin). Attività ad uso civile tuttora presenti oltre al normale impiego privato: AeroClub di Verona, fondato nel 1928, che gestisce una delle scuole di volo più frequentate d'Italia. Dispone di 9 velivoli che permettono voli per qualsiasi meta in Italia e all'estero. La Scuola di Volo (IT ATO 0050) è autorizzata ad erogare i seguenti corsi di addestramento LAPL, PPL, CPL, ATPL, Instrument Rating, Night Rating, Flight Instructor, MCC APS. Da qualche anno è presente anche la scuola VDS (Volo da Diporto Sportivo) per il conseguimento dell'attestato basico e avanzato. Associazione Volovelistica Scaligera, nasce il 7 aprile 1997 da un gruppo di volovelisti veronesi decisi a promuovere e sviluppare il volo con alianti nella città e provincia di Verona. Si trova a nord del sedime aeroportuale con accesso a richiesta presso il bar. Dispone di un hangar di circa 1000 m2, di un traino e di circa 18 alianti. Nel 2012 apre la scuola di volo a vela per il conseguimento del brevetto. Negli anni 2000, una parte dell'aeroporto, a nord, è stata adibita dal sindaco Paolo Zanotto a sede per un campo autorizzato di Rom, che abitavano in prefabbricati posizionati nei pressi degli hangar acquistati negli anni ottanta dal Comune e poi caduti in disuso, e nelle vecchie palazzine che in passato servivano ad ospitare i militari americani. Dopo l'elezione a sindaco nel 2007 del leghista Flavio Tosi, il campo è stato smantellato. Nel passato ogni 2 anni si svolgeva la manifestazione aerea di Verona dove era sempre presente la Pattuglia Acrobatica Nazionale Frecce Tricolori, e migliaia di cittadini andavano ad ammirare questo spettacolo, passando dal ponte della Ferrovia e seguendo una passeggiata immersa nel verde per raggiungere l'aeroporto. Dopo una pausa di 7 anni causata dall'incidente di Ramstein in Germania la manifestazione riprese nel 1995 con un programma migliorato per aumentare i livelli di sicurezza per gli spettatori, fino al 1999 sempre con frequenza biennale. Il 10 settembre 2016 a Boscomantico si sono festeggiati i 100 anni dell'aeroporto. Quasi ottomila persone hanno varcato i cancelli nell'area a nord, per conoscere tutte le realtà operanti in aeroporto. Aerei, elicotteri, ultraleggeri, ma anche aerea di ristoro, gonfiabili per i bambini e molte associazioni hanno intrattenuto il numero pubblico fino a sera. Elenco degli aeroporti italiani Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Aeroporto di Verona-Boscomantico

Forte Parona
Forte Parona

Forte Parona, originariamente chiamato Werk Erzherzog Albrecht, è una fortificazione posta a nord-ovest di Verona, parte del complesso sistema difensivo cittadino e più in particolare del secondo campo trincerato di pianura, messo in opera tra 1859 e 1866. La struttura fortificata fu realizzata tra 1859 e 1860 e i lavori furono diretti dall’Imperiale Regio Ufficio delle Fortificazioni di Verona. La struttura fu colpita da un bombardamento aereo alleato nel 1944, verso la fine della seconda guerra mondiale, che causò l'esplosione dei depositi di esplosivi ivi contenuti, riducendolo in completa rovina. Rimangono quindi solo i resti del terrapieno e del fossato, completamente invasi dalla vegetazione. Il forte è intitolato all'arciduca Alberto, comandante di una divisione nella guerra del 1849, sotto la guida di Radetzky, e infine comandante dell'armata d'Italia durante la terza guerra di indipendenza. Forte Parona era un grande forte a tracciato poligonale misto, con ridotto centrale. All'inizio del 1859 il forte fu tracciato sul terreno e costruito in stile semipermanente; nel fossato, il terrapieno era quindi difeso da palizzate, mentre il ridotto circolare centrale era protetto da una copertura provvisoria, di travi lignee accostate e terra. Venne solo successivamente trasformato in opera permanente, con muri distaccati, caponiere e coperture casamattate. Il forte era situato poco a monte del ponte ferroviario di Parona, quasi a contatto con la riva destra dell'Adige, e faceva sistema con il forte Chievo, a sud, anche se, per via della notevole distanza da quel corpo di piazza, venne realizzato come caposaldo autosufficiente. Forte Parona fu integrato nella linea più avanzata del secondo campo trincerato, divenendo il cardine settentrionale del sistema difensivo scaligero. Le sue artiglierie potevano battere l'intero giro d'orizzonte (pianura, fiume e colli) con la medesima potenza di fuoco, tuttavia la sua principale funzione era di presidiare il ponte della ferrovia proveniente da Bolzano, e di battere d'infilata e di fianco la ferrovia del Brennero al suo ingresso nello spazio della piazzaforte. Dominava pertanto la doppia grande ansa dell'Adige da Settimo di Pescantina a Chievo, che era un tratto favorevole al passaggio del fiume per imprese offensive condotte sulla riva sinistra: il nemico, anche se avesse superato l'Adige, era soggetto alle artiglierie del forte che battevano la riva opposta, i versanti collinari e la strada postale del Brennero, presa d'infilata e di rovescio su tutto il lungo rettilineo da Parona a porta San Giorgio. La strada di accesso raggiungeva il forte sul fronte orientale, e sdoppiandosi si dirigeva verso due portali d'accesso, ai fianchi della caponiera. Transitati sui ponti levatoi, dal cortile di sicurezza fronteggiato da fuciliere, si accedeva alla poterna orientale, risalendo poi verso il piazzale interno. Il dispositivo di ingresso, combinato con la caponiera, è tra i più originali e studiati: la medesima poterna orientale svolgeva il duplice compito di comunicazione interna e di ingresso al forte. Il grande ridotto casamattato, a pianta circolare, deriva dalla tipologia a torre cilindrica per artiglieria con cortile interno. In posizione perfettamente centrale nell'impianto del forte, il ridotto si eleva su un solo piano, con copertura terrapienata, in origine disposta per la difesa di fanteria. Il piano terra, oltre a contenere i ricoveri per la numerosa guarnigione, e varie attività di servizio, era predisposto per la difesa. La corona esterna settentrionale del ridotto era ordinata per le artiglierie in casamatta, mentre nella corona opposta era prevista solo la difesa dei fucilieri; due delle cannoniere battevano d'infilata le poterne opposte, sul diametro. Nel cortile del ridotto, a segmento di cerchio, era collocato al centro il pozzo per la riserva d'acqua, un secondo pozzo era all'interno del ridotto, e infine altri due pozzi erano accessibili negli angoli opposti del piazzale, in nicchie casamattate protette sotto il terrapieno. Sul poligono d'impianto ottagonale, con scarpata esterna che scendeva fino al livello del fossato asciutto, era modellata l'opera principale da combattimento: il terrapieno, le traverse casamattate e le postazioni a cielo aperto per le artiglierie da fortezza. Due poterne con annesse polveriere, mettevano in comunicazione il piazzale interno del forte con il cammino di ronda lungo il muro, ordinato per fucileria, e con le quattro caponiere. Lungo il profilo esterno completavano l'opera la controscarpa a pendenza naturale, rivestita dal muro aderente solo in corrispondenza delle caponiere. L'armamento della fortificazione consisteva in: 4 cannoni rigati da 12 cm a retrocarica 24 cannoni di diverso calibro ad anima liscia Riserve di munizioni: 45 000 kg di polveri. Il presidio in caso di guerra della fortificazione consisteva in: 450 fanti 70 artiglieri Era inoltre possibile disporre un presidio di emergenza di 400 uomini. Verona Monumenti di Verona Sistema difensivo di Verona

Chiesetta di Santa Sofia
Chiesetta di Santa Sofia

La chiesetta di Santa Sofia è un edificio religioso situato a Pedemonte, frazione di San Pietro in Cariano, in provincia di Verona. Grazie all'epigrafe su una lapide, ora custodita presso il convento dei padri Stimatini a Sezano di Valpantena, su cui si legge: si sa che già era presente un edificio di culto cristiano edificato nel IX secolo dall'abate Odiberto I appartenente al monastero di Santa Maria in Organo di Verona. Di questa prima costruzione (che si suppone fosse stato, a sua volta, costruito su di uno precedente) non rimane, tuttavia, alcuna traccia ad esclusione delle fondamenta. L'attuale fabbricato risale alla metà del XIV secolo e costituisce un esempio di architettura tardo romanica del veronese. All'interno presenta affreschi databili intorno alla fine del XIV secolo e l'inizio del XV, oltre alle firme di vicari e notabili che la frequentarono, mentre l'impianto strutturale risale ad un periodo compreso tra l'831 e l'845. La chiesa si affaccia su un'antica via utilizzata ancora oggi dai pastori per il transito delle greggi: alcune firme ancora oggi leggibili ne sono una testimonianza. L'edificio si presenta con una facciata a capanna, più alta del tetto, realizzata con conci di tufo squadrata orientata verso ovest, come tradizione per le chiese romaniche. L'interno, ad un'unica navata, è coperto da un tetto sorretto da capriate lignee mentre il pavimento è costituito sa semplici lastroni in marmo. A nord vi è una piccola cappella, da cui si accede da una porticciola subito prima del presbitero, di recente costruzione. L'altare barocco è realizzato in marmo, principalmente con l'utilizzo del rosso veronese. All'estremo orientale, la chiesa termina con un'abside di forma rettangolare. I muri interni e l'abside sono impreziositi da alcuni affreschi di pregevole fattura, probabilmente realizzati, almeno in parte, nel trecento da un allievo del Turone. Sempre sui muri interni si possono trovare iscrizioni di vicari e personaggi di rilievo che hanno, negli anni, frequentato questo luogo. Attualmente la chiesa risulta inagibile, soprattutto in seguito ai danni riportati dai terremoti del 2012. Rimangono visitabili solamente il sagrato e il giardino esterno. È stata luogo del cuore FAI del 2014, raccogliendo dei fondi per il mantenimento della struttura. Dal 2015 è costituita l'Associazione per la tutela e la valorizzazione della Chiesa di Santa Sofia di Pedemonte che ne promuove la conoscenza e il restauro. Gianfranco Benini, Chiese romanche nel territorio veronese, Rotary Club Verona Est, 1995, ISBN non esistente. Giuseppe Franco Viviani (a cura di), Chiese nel veronese, Società cattolica di assicurazione, 2004, ISBN non esistente. Pierpaolo Brugnoli, San Pietro in Cariano ieri e oggi, Centro di documentazione per la storia della Valpolicella, 2009, ISBN non esistente. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Santa Sofia