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Villa Serego

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Villa Serego (o Sarego), sita in località Santa Sofia di Pedemonte in San Pietro in Cariano (provincia di Verona) e per questo detta anche villa Santa Sofia, è una villa veneta progettata dall'architetto Andrea Palladio nel 1565. È dal 1996 nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, assieme alle altre ville palladiane del Veneto. È l'unica villa palladiana ancora presente in Provincia di Verona.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Villa Serego (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Villa Serego
Via della Negrara,

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N 45.499444 ° E 10.925556 °
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Via della Negrara

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37024
Veneto, Italia
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Luoghi vicini

Chiesetta di Santa Sofia
Chiesetta di Santa Sofia

La chiesetta di Santa Sofia è un edificio religioso situato a Pedemonte, frazione di San Pietro in Cariano, in provincia di Verona. Grazie all'epigrafe su una lapide, ora custodita presso il convento dei padri Stimatini a Sezano di Valpantena, su cui si legge: si sa che già era presente un edificio di culto cristiano edificato nel IX secolo dall'abate Odiberto I appartenente al monastero di Santa Maria in Organo di Verona. Di questa prima costruzione (che si suppone fosse stato, a sua volta, costruito su di uno precedente) non rimane, tuttavia, alcuna traccia ad esclusione delle fondamenta. L'attuale fabbricato risale alla metà del XIV secolo e costituisce un esempio di architettura tardo romanica del veronese. All'interno presenta affreschi databili intorno alla fine del XIV secolo e l'inizio del XV, oltre alle firme di vicari e notabili che la frequentarono, mentre l'impianto strutturale risale ad un periodo compreso tra l'831 e l'845. La chiesa si affaccia su un'antica via utilizzata ancora oggi dai pastori per il transito delle greggi: alcune firme ancora oggi leggibili ne sono una testimonianza. L'edificio si presenta con una facciata a capanna, più alta del tetto, realizzata con conci di tufo squadrata orientata verso ovest, come tradizione per le chiese romaniche. L'interno, ad un'unica navata, è coperto da un tetto sorretto da capriate lignee mentre il pavimento è costituito sa semplici lastroni in marmo. A nord vi è una piccola cappella, da cui si accede da una porticciola subito prima del presbitero, di recente costruzione. L'altare barocco è realizzato in marmo, principalmente con l'utilizzo del rosso veronese. All'estremo orientale, la chiesa termina con un'abside di forma rettangolare. I muri interni e l'abside sono impreziositi da alcuni affreschi di pregevole fattura, probabilmente realizzati, almeno in parte, nel trecento da un allievo del Turone. Sempre sui muri interni si possono trovare iscrizioni di vicari e personaggi di rilievo che hanno, negli anni, frequentato questo luogo. Attualmente la chiesa risulta inagibile, soprattutto in seguito ai danni riportati dai terremoti del 2012. Rimangono visitabili solamente il sagrato e il giardino esterno. È stata luogo del cuore FAI del 2014, raccogliendo dei fondi per il mantenimento della struttura. Dal 2015 è costituita l'Associazione per la tutela e la valorizzazione della Chiesa di Santa Sofia di Pedemonte che ne promuove la conoscenza e il restauro. Gianfranco Benini, Chiese romanche nel territorio veronese, Rotary Club Verona Est, 1995, ISBN non esistente. Giuseppe Franco Viviani (a cura di), Chiese nel veronese, Società cattolica di assicurazione, 2004, ISBN non esistente. Pierpaolo Brugnoli, San Pietro in Cariano ieri e oggi, Centro di documentazione per la storia della Valpolicella, 2009, ISBN non esistente. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Santa Sofia

Corrubbio
Corrubbio

Corrubbio è una frazione del comune italiano di San Pietro in Cariano, in provincia di Verona. Il toponimo Corrubbio deriva dal latino quadruvium "quadrivio" e si riferisce al transito della romana via Claudia Augusta o comunque di una sua diramazione. Sino al 1929 ha costituito la sede dell'ex comune di Negarine, comprendente anche la vicina Settimo di Pescantina. Durante la seconda guerra mondiale, la zona fu teatro di eccidi e distruzioni. Dopo l'8 settembre 1943, come gran parte dell'arco alpino, Corrubbio venne occupato dalle truppe della Germania nazista. Vennero quindi requisite ville, edifici privati e scuole. L'imprecisione delle bombe sganciate dagli aerei alleati nel tentativo di colpire la ferrovia e la strada del Brennero causò numerosi danni e diversi morti e feriti tra la popolazione civile. Al termine del conflitto, il 25 aprile 1945 alle dieci e mezza di sera circa, i tedeschi ormai in fuga fecero esplodere una polveriera a Corrubbio (sul monte Sausto) causando 29 morti e distruggendo decine di abitazioni. Compare per la prima volta in un documento del Duecento, tuttavia la dedicazione al santo-guerriero Martino di Tours la potrebbe far risalire all'epoca longobarda. La chiesa attuale è un edificio romanico del XII secolo (forse ricostruito dopo il terremoto di Verona del 1117) ma conserva alcune parti più antiche: in particolare la parete settentrionale reca i resti di un affresco risalente alla prima metà del X secolo. Altri dipinti risalgono al XIV secolo e vengono attribuiti al maestro Pierfrancesco Cicogna. Adiacente è la cappella di San Rocco, tardo-gotica: fu innalzata nel Quattrocento dalla famiglia Banda per chiedere la fine di una pestilenza. La chiesa, come del resto l'intera frazione, dipende dalla parrocchia di Castelrotto. A Corrubbio vi sono alcune ville venete: Villa Zambelli, Caldera, detta "Le Cedrare" Villa Amistà (ora utilizzata come hotel di lusso) Villa Lorenzi-Banda Villa Betteloni detta "San Giusto" Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Corrubbio