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Paderno Franciacorta

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Castello Oldofredi (Paderno Franciacorta) Ingresso sul retro e panorama della piazza
Castello Oldofredi (Paderno Franciacorta) Ingresso sul retro e panorama della piazza

Paderno Franciacorta (Padérem in dialetto bresciano) è un comune italiano di 3 652 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia. Paderno Franciacorta sorge nell'alta Pianura Padana, e appartiene al territorio della Franciacorta. Il territorio è delimitato a nord dalle Prealpi Bresciane, è pianeggiante a sud ed in collina nella zona centro storico. Con la D.G.R. 11 luglio 2014, n. X/2129, è stato pubblicato l’aggiornamento della classificazione sismica dei Comuni della regione Lombardia. La delibera, che avrebbe dovuto entrare in vigore il 14 ottobre 2014, contiene la nuova classificazione sismica e la nuova cartografia. È funzionale anche al riordino delle disposizioni regionali relative alla vigilanza delle costruzioni in zona sismica e dispone che i Comuni riclassificati aggiornino la componente sismica degli studi geologici di supporto agli strumenti urbanistici. Paderno Franciacorta è in zona 3, ovvero di bassa sismicità. Il castello di paderno è stato costruito probabilmente nell'anno 1009 per difendere persone e bestiame dagli attacchi degli ungari. Dopo l'invasione francese delle truppe di Enrico VII nel XV secolo si stima che a Paderno la popolazione rimasta fosse di soli 52 abitanti contro i quasi 500 di prima dell'occupazione. Il castello ha subito pesanti modifiche nel XX secolo. Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con D.P.R. del 24 maggio 1964. Il gonfalone è un drappo partito di bianco e di rosso. Abitanti censiti Stazione di Paderno Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Paderno Franciacorta Sito ufficiale, su padernofranciacorta.net. Sito ufficiale, su comune.padernofranciacorta.bs.it. Padèrno Franciacórta, su sapere.it, De Agostini.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Paderno Franciacorta (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Paderno Franciacorta

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Castello Oldofredi (Paderno Franciacorta) Ingresso sul retro e panorama della piazza
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Stazione di Paderno

La stazione di Paderno è una fermata ferroviaria della linea Brescia-Iseo-Edolo a servizio dell'abitato di Paderno Franciacorta. Fu aperta il 21 giugno 1885 assieme alla ferrovia Brescia-Monterotondo-Iseo. Dal 1911 fino al 1945, la fermata si trovò al centro di due linee ferroviarie: la vecchia Brescia-Iseo e il raccordo Bornato-Paderno, quest'ultimo corrispondente all'attuale Brescia-Iseo. Tra il 1911 e il 1920, presso questa stazione terminavano le corse provenienti da Bornato-Calino che garantivano la coincidenza con i convogli che da Edolo erano diretti a Rovato. Paderno era anche capolinea delle corse destinate alla stazione cazzaghese, le quali erano in coincidenza in partenza, con i convogli provenienti da Brescia e destinati a Monterotondo e a Iseo, e in arrivo, con quelli provenienti da Rovato e destinati ad Edolo. Dopo il 1920, con l'istituzione della relazione Brescia–Bornato–Iseo– Edolo, e fino al 1931 l'impianto fu capolinea delle corsette dirette ad Iseo via Monterotondo. Nel secondo dopoguerra, il binario di quest'ultima relazione fu definitivamente disarmato. Lo stile del fabbricato viaggiatori è il medesimo delle fermate della vecchia linea Brescia-Iseo. Il lato campagna dell'edificio è orientato verso l'attuale linea ferroviaria, poiché al momento della costruzione la linea originale passava dal lato opposto. Il piazzale è composto dal solo binario di corsa, servito da una banchina. Fra l'edificio e la banchina è presente un binario tronco, utilizzato da Ferrovienord per la sosta dei mezzi di manutenzione. La stazione è servita dai treni regionali (R) in servizio sulle relazioni Brescia-Iseo e Brescia-Breno, eserciti da Trenord nell'ambito del contratto di servizio stipulato con la Regione Lombardia. La stazione dispone di: Sala d'attesa Biglietteria a sportello Mario Bicchierai, Quel treno in Valcamonica - La Brescia-Iseo-Edolo e le sue diramazioni, in Mondo ferroviario, vol. 67, gennaio 1992, pp. 6-73. Gianni Donni, Monterotondo di Passirano - Un borgo antico in Franciacorta, Brescia, Edizioni Brixia, 1995. ISBN non esistente Mauro Pennacchio, La meccanica viabilità - La ferrovia nella storia del lago d'Iseo e della Vallecamonica, Marone, Fdp Editore, 2006.. ISBN 889027140X. Ferrovienord.it - Stazione di Paderno, su ferrovienord.it (archiviato dall'url originale il 21 ottobre 2013).

Stazione di Passirano
Stazione di Passirano

La stazione di Passirano è una stazione ferroviaria della linea Brescia-Iseo-Edolo a servizio dell'omonimo comune. È posta a meridione del centro abitato in prossimità della località Vallosa. È gestita da Ferrovienord. La stazione fu aperta nel 1911 con la denominazione di Passirano-Paderno. Essa era l'unico scalo dell'originario raccordo Bornato-Paderno il quale congiungeva la Iseo-Rovato con la vecchia Brescia-Iseo. Nel progetto originario, la stazione non era prevista, ma fu richiesta dal comune di Passirano nel 1910 allo scopo di dotare l'abitato meridionale di una seconda stazione oltre a quella già esistente, denominata Passirano o Passirano Superiore, che si trovava dietro la chiesa parrocchiale. Secondo quanto riportato dal Donni (1995), la motivazione della richiesta dipendeva dalla volontà dell'amministrazione municipale di non escludere il comune dal probabile instradamento dei traffici dalla vecchia alla nuova linea. Le paure dell'amministrazione ebbero conferma nel 1931, quando si chiuse l'esercizio sulla linea vecchia tra la stazione di Paderno e quella di Iseo. Tra il 1941 e il 1945, con la dismissione e il disarmo di questa ferrovia e la conseguente chiusura della Passirano Superiore, la stazione assunse l'attuale denominazione. Il fabbricato viaggiatori ha l'impostazione da stazione secondaria SNFT, impresenziata. Il piazzale è composto da due binari di corsa, serviti da due banchine collegate mediante attraversamento a raso del primo binario. L'impianto presenta inoltre un binario tronco, a servizio di un magazzino in disuso. Un terzo binario passante, privo di banchina, è stato soppresso. La stazione, oltre alla sala d'attesa, era dotata di bagni che in seguito ad atti di vandalismo sono stati chiusi al pubblico. La struttura dei servizi è ancora presente, ma inaccessibile. La stazione è servita dai treni regionali (R) in servizio sulla relazione Brescia-Iseo e Brescia-Breno, eserciti da Trenord nell'ambito del contratto di servizio stipulato con la Regione Lombardia. La stazione dispone di: Sala d'attesa (attualmente chiusa) Gianni Donni, Monterotondo di Passirano - Un borgo antico in Franciacorta, Brescia, Edizioni Brixia, 1995. ISBN non esistente Mauro Pennacchio, La meccanica viabilità - La ferrovia nella storia del lago d'Iseo e della Vallecamonica, Marone, Fdp Editore, 2006.. ISBN 889027140X. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stazione di Passirano Ferrovienord.it - Stazione di Passirano, su ferrovienord.it (archiviato dall'url originale il 21 ottobre 2013).

Passirano
Passirano

Passirano (Pasirà in dialetto bresciano) è un comune italiano di 6 914 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia. Fa parte della rinomata regione vitivinicola della Franciacorta. Il paese è nato nel Medioevo quando si svilupparono i villaggi di Passirano Mattina e Passirano Sera intorno ai rispettivi castelli, feudi intestati alla famiglia dei Passirani che hanno preso il nome dall'abitato. Nel 1479 gli abitanti dei due centri sfuggiti ad un'epidemia di peste cedettero un terreno in località Dosso dei Budrioli ai Servi di Maria che da qualche anno avevano eretto il convento dell'Annunciata a Rovato, e qui costruirono il Santuario di San Rocco, a metà strada fra i due villaggi. Nel XVII secolo i frati abbandonarono il convento e con decreto del 19 maggio 1670 il vescovo Marino Giorgi fece nascere la nuova parrocchia di San Zenone. Col tempo intorno al santuario si andarono sviluppando nuove case tanto che nel XIX secolo i due centri si erano ormai fusi. Il santuario fu ampliato e diventò l'attuale chiesa parrocchiale di San Zenone. Alla fine dell'Ottocento il suo territorio comunale fu ampliato comprendendo la frazione di Monterotondo e negli anni trenta si aggiunse anche la frazione di Camignone. Lo stemma è stato riconosciuto con decreto del capo del Governo dell'11 agosto 1933. Il gonfalone, concesso con decreto del presidente della Repubblica del 29 dicembre 1995, è un drappo di giallo. Il castello di Passirano Sera è stato eretto a cavallo ta il X secolo e il XIV secolo per garantire un rifugio agli abitanti della zona in caso di attacco. È costituito da mura alte e massicce che formano una pianta quadrata realizzate in pietra di Sarnico a blocchi irregolari. All'esterno delle mura, un'alta torre a pianta quadrata. Due torri a pianta semicircolare contraddistinguono il recinto fortificato: una più alta verso Levante e l'altra più bassa a Ponente, detta anche "Torre della Specola" che nel XVIII secolo ospitava un osservatorio astronomico. Le merlature ghibelline risalgono al periodo seicentesco. Il castello era interamente circondato da un fossato che isolava la cinta muraria dal territorio circostante. Oggi la fossa non è quasi più visibile per essere stata quasi totalmente coperta e colmata. Il portale di accesso al castello è successivo e risale al XVIII secolo, periodo in cui il castello fu oggetto di alcune modifiche. Nei dintorni del castello sorgono due ville signorili: villa Fassati edificata nel XVIII secolo e villa la Tesea del XVI secolo. Al suo interno sono conservate alcune stanze più antiche a nord-ovest ed altre, più recenti, che fungono da deposito e da scuderie, ricavate sul finire del '700 come succursali della adiacente Villa Fassati. La chiesa di San Zenone fu costruita sul preesistente santuario di San Rocco nel Seicento. Conserva pitture interne realizzate nel XIX secolo da Antonio Guadagnini pittore di Esine (1817-1900), e la pala dell'altare maggiore raffigurante la Madonna col Bambino e San Zeno dipinta da Sante Cattaneo alla fine del XVIII secolo. Nell'altare della Madonna del Rosario è conservata una statua lignea con la Madonna ed il Bambino di Stefano Lamberti. Nella chiesa adiacente della Maternità sono conservati 60 ex voto dedicati alla Madonna dell'Abito e una incisione di Antonio Paglia. L'attuale facciata fu completata nel 1903. Abitanti censiti Nel territorio, oltre all'abitato principale, sono presenti due frazioni, riconosciute come tali dal comma 1 dell'articolo 4 dello statuto comunale: Monterotondo e Camignone. Sono inoltre presenti le seguenti località: Al Ponte; Baldossa; Bettole di Camignone, situate a nord della frazione, a ridosso del territorio di Monticelli Brusati; Bettolino di Monterotondo, a sud-ovest dell'omonima frazione, sul confine col comune di Corte Franca; Breda, cascina non lungi da Monterotondo, adibita a maneggio e scuola d'equitazione; Brognolo, cascina isolata a est, presso la zona industriale di Rodengo-Saiano; Cadei, parte di Vallosa; Cadenone, borgo costruito attorno all'omonima e antica cascina, sull'antica via romana che collegava Passirano a Polaveno (qui sono stati infatti rinvenuti alcuni reperti di epoca pre romana); Camignone di Sopra; Camignone di Mezzo; Camignone di Sotto, gruppo di abitazioni isolate, frapposte tra Passirano e Camignone propriamente detto; Campagna; Cantone di Sopra, antichissima contrada a nord-est del paese, costruita attorno ad antiche mura romane, e un castello più recente (alto medioevale), del quale oggi rimangono solo un quadrato di mura; Cantone di Sotto, vecchia contrada a sud-est, in direzione di Paderno Franciacorta, attorno alla tenuta Guarneri e alla antica chiesetta di San Pietro (oggi ormai perduta); Castello; Confaloniera, ossia la zona industriale nei pressi di Ospitaletto, a sud; Dosso; Egitto, nome di una piccola località di Camignone di Sotto; Europa, la zona del comune immediatamente circostante la piazza omonima, che comprende la corte della stessa e i cortili del comune e degli uffici attorno; Piazze, borgo a ridosso di via Roma, che congiunge il centro del paese alla stazione e alla località Vallosa, a sud. L'antico centro di questa contrada anticamente adibita a mercato è la chiesiola di Sant'Anna, nella quale si celebrano le festività che cadono il giorno di sant'Anna; Rondinella, zona di villeggiatura costituita da case nuove e posizionata tra la stazione e le Piazze; San Faustino, contrada rettilinea posizionata ai piedi della collina "Monte Delma di Camignone", che congiunge Camignone alla località, più ad est, di Valenzano; San Rocco, la località immediatamente dietro la parrocchiale, che prende il nome dall'omonimo convento costruito nel XIV secolo in epoca della Peste; Valenzano, antichissima località tradizionalmente legata alla coltura e alla vendita dei prodotti vinicoli. Si trova a nord-est di Camignone; Vallosa, gruppo disomogeneo di cascine a sud della stazione e dell'abitato principale, in direzione di Barco (frazione di Cazzago San Martino). L'abitato principale, Passirano, fino a qualche decennio fa si distingueva in due villaggi: Passirano di sera e di mattina. Il primo si suddivideva in due contrade: di sopra e di sotto. A sua volta, Passirano di mattina si suddivideva in due cantoni: superiore e inferiore. Carlo Perogalli, Enzo Pifferi e Angelo Contino, Castelli in Lombardia, Como, Editrice E.P.I., 1982. Stazione di Passirano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Passirano Wikivoyage contiene informazioni turistiche su Passirano Sito ufficiale, su comune.passirano.bs.it. Passirano, su sapere.it, De Agostini.

Chiesa di San Zenone (Passirano)
Chiesa di San Zenone (Passirano)

La chiesa di San Zenone è la parrocchiale di Passirano, in provincia e diocesi di Brescia; fa parte della zona pastorale del Sebino. La primitiva chiesa della zona di Passirano dedicata a San Zenone, oggi non più esistente, sorse come filiale della pieve di Bornato nel Basso Medioevo in borgata Piazze; coeva a questa era la chiesa di San Pietro in borgata Novagli. Nel 1479, in seguito ad una tremenda epidemia di peste che aveva colpito la zona, gli abitanti di Passirano fecero edificare dove oggi sorge la parrocchiale un santuario dedicato a San Rocco. Nel XVII secolo le chiese di San Pietro e di San Zenone vennero demolite e le loro parrocchie furono riunite in una con patrono San Zenone e, dal 1670, con chiesa parrocchiale il santuario di San Rocco, che, ricostruito proprio in quel secolo, venne dunque ridedicato al santo veronese. La chiesa fu rifatta nel 1763, restaurata nel 1874 e rifatta di nuovo nel 1879. Nel 1882 terminarono i lavori di decorazione dell'edificio e, l'anno successivo, fu realizzato l'organo. Verso la fine del XIX secolo la chiesa venne aggregata al vicariato di Rovato, per poi passare, successivamente, a quello di Iseo. Venti anni dopo venne ricostruita la facciata e, nel 1907, fu sopraelevato il campanile. Nel 1989, con la riforma territoriale diocesana, la chiesa entrò a far parte della neo-costituita zona pastorale del Sebino. Infine, nel 2004 la parrocchiale venne ristrutturata. Nel 1479 la “comunità” di Passirano concorda di donare ai frati Servi della SS. Annunziata di Rovato il terreno per costruirvi una nuova chiesa dedicandola a San Rocco, come ex voto per la cessazione di una epidemia esiziale dilagata nel 1478. Il 16 maggio 1479 le autorità comunali, consegnarono una “capeletta” (intitolata presumibilmente ai santi Firmo e Rustico), e un terreno adiacente all'ordine dei Servi di Maria che ne presero subito possesso con sette frati serviti. Dal 1479 con l'arrivo dei frati, la struttura venne ampliata e inglobata in un piccolo monastero fino all'ottobre del 1656 quando in una nota del Nunzio Apostolico di Venezia si prescrive l’abbandono del conventino entro due giorni, con rientro dei frati nel convento di Venezia. Qualche anno dopo, il 19 maggio 1670, il Vescovo Marino Giovanni Zorzi (o Giorgi) fece nascere in San Rocco la nuova parrocchiale dedicata a San Zenone. Fu decretato inoltre che le vecchie chiese di S. Zeno e S. Pietro fossero dismesse e divenissero semplici oratori. Negli anni che seguirono, il vecchio conventino fu rimaneggiato per adattarlo a casa canonica, e la chiesa a 5 altari, senza l'attuale presbiterio, con il tetto a capanna (come si può presupporre dall'ex-voto del 1755), fu man mano sistemata e ampliata fin verso la fine del settecento. Una visione si può avere dalla pala dell'altare maggiore dedicata a San Zenone dipinta da Sante Cattaneo nell'ultimo decennio del '700, dove l'artista ha inserito anche la veduta con la chiesa dell'epoca. Nell'Ottocento con i parroci don G.B. Felini e don Ezechiele Davini, si avviò l'abbellimento della chiesa. Si rifece la pavimentazione, il presbiterio fu ampliato e l'abside arrotondata. L'architetto Antonio Tagliaferri progettò e segui i lavori di muratura dell'impresario Delbono che realizzò lesene e cornicioni e preparò l'intonaco al pittore Antonio Guadagnini e ai decoratori Ovidio Franchini e Carlo Chimeri.Nei primi anni del novecento il parroco don Luigi Falsina fece restaurare le pale d'altare da Paolo Bertelli. Inserì nuovi elementi: la statua di San Zeno eseguita da Umberto Bartoli; le pancate del clero eseguite dalla ditta Beneducci di Orzinuovi; dal Poisa fece restaurare la Madonna del Rosario di Stefano Lamberti; Fece decorare la canonica e restaurare al pittore Mario Pescatori l'affresco dell'altare di San Giuseppe. Nel 2019 il parroco don Luigi Guerini ha avviato e completato i lavori di restauro della chiesa, riportandola all'antico splendore. Di linee settecentesche fu rifatta nel 1903 sulla struttura esistente, con l’aggiunta sulla facciata a sud di un rivestimento in pietra alla base. Sulla facciata la vetrata che riproduce la Madonna dell'Abito di Antonio Paglia, eseguita dai fratelli Marengoni di Brescia nel 1931. Sul lato est la loggetta di inizio settecento con sei arcate e con la Cappella della Maternità che conserva: 52 ex-voto dedicati alla Madonna dell'Abito; la pala con i Santi Carlo Borromeo, Antonio da Padova e Gaetano da Thiene eseguita da Domenico Carretti (originariamente collocata all'altare di San Carlo nella chiesa); La lastra in rame eseguita da Francesco Zucchi su disegno di Antonio Paglia; la statua della Madonna di Claudio Botta. Sul lato ovest, dall'arco del portone si entra nel cortile dell'attuale canonica con il portichetto cinquecentesco dell'antico conventino. Dal lato nord le antiche strutture della sacrestia e l'Aula Capitolare seicentesca. Opere di pregio conservate all'interno della chiesa sono la pala dell'altare maggiore raffigurante la Madonna col Bambino assieme a San Zeno, dipinta sul finire del Seicento da Sante Cattaneo, l'altare ligneo del XVII secolo, impreziosito da una pala raffigurante l'Ultima Cena, eseguita da Antonio Guadagnini ed una statua lignea posta sull'altare della Madonna del Rosario con la Madonna ed il Bambino scolpita da Stefano Lamberti. Gli altari Sin dalla visita di Carlo Borromeo il 21 aprile 1580 tramite il delegato Ottaviano Abbiati de Foreriis, la chiesa aveva cinque altari: Altare maggiore in marmo policromo, su gradini e base in marmo rosso di Verona. Scaletta a due rampe in marmo Botticino sul retro. Anno: 1772. Sull'arco dell'abside la pala di Sante Cattaneo (a lui attribuita dal prof. Luciano Anelli) raffigurante la Vergine col Bambino e San Zenone. L'artista ha raffigurato alla sinistra della Vergine la parrocchiale e al lato destro il castello di Passirano. Altare della Madonna con statua lignea di Stefano Lamberti (1482-1538) (proveniente da S. Rocchino di BS?). L'altare fu realizzato su disegno di Domenco Vantini, architetto bresciano. Altare di S. Giuseppe, con il più antico affresco della chiesa, di autore sconosciuto, ma risalente forse alla fine del 1500 poiché già allora esisteva in S. Rocco una cappella dedicata al Santo Altare di S. Carlo, con dipinto a fresco di Antonio Guadagnini realizzato nel 1878-1879 a sostituzione del dipinto di Domenico Carretti ora nella chiesetta della Maternità. Altare del SS. Sacramento, opera lignea, di particolare pregio, con tela del Guadagnini rappresentante l’Ultima Cena, (a sostituzione di un dipinto di Stefano Viviani datato 1616) .Statue lignee di S. Pietro e di S. Zeno, scolpite con l’altare presumibilmente alla fine del ‘600. In apposito alloggio, sotto la pala, statua lignea del Cristo Morto del bresciano Poisa. Gli affreschi e le decorazioni Dal 1877 al 1883 la chiesa ha subito una trasformazione a livello decorativo. Il parroco dell'epoca don Gian Battista Felini aveva incaricato l'architetto Antonio Tagliaferri di progettare il restauro e l'abbellimento della chiesa. Incaricato delle pitture fu Antonio Guadagnini, pittore di Esine che aveva frequentato l'Accademia Carrara sotto la guida di Giuseppe Diotti, che affiancato da Ovidio Franchini, nel periodo dal 1877 al 1880 aveva realizzato nella navata numerose medaglie con relative decorazioni: L'adorazione dei Magi sulla controfacciata, dove si ritrae come un pastore. L'opera di grandi dimensioni ritrae nelle 13 figure anche i personaggi dell'epoca: G.B. Guarneri nel re col mantello bianco; l'architetto Presti nel re prostrato e le sorelle Presti nelle donne a fianco di Maria. I profeti Melchisedech ed Elia sempre nella controfacciata a fianco della finestra. L'incoronazione di Maria sulla volta La Trasfigurazione sempre sulla volta I 4 chiaro scuri raffiguranti con l'aiuto di Ovidio Franchini sulle pareti laterali: la consegna delle chiavi a Pietro; la conversione di Paolo; la Samaritana al pozzo e il battesimo di Cristo I Dottori della Chiesa sulle pareti a dividere gli altari: San Girolamo; Sant'Agostino; San Gregorio Magno; Sant'Ambrogio; Sant'Anastasio e San Giovanni Crisostomo. San Carlo che comunica l'ammalata sull'altare di San Carlo. In questa scena, più volte ripetuta dal Guadagnini in lavori nel bresciano, raffigura altri personaggi d'epoca: la maestra Faustini nell'ammalata; il curato don G.B. Ceni nel parroco con in braccio un fanciullo e il notaio G.B. Guarneri nel personaggio che seminascosto si tura il naso. In origine sopra l'altare di San Carlo c'era il dipinto di Domenico Carretti, ora nella cappella della Maternità. Ovidio Franchini realizzò i medaglioni in chiaroscuro, sempre su disegni del Guadagnini, sulla volta con angeli festanti. Dal 1880 al 1883 dopo che il mastro Delbono aveva finito la sistemazione dell'architrave che sorregge l'ingresso al presbiterio, il Guadagnini con Carlo Chimeri, che aveva sostituito il Franchini deceduto nel 1880, realizza i lavori del presbiterio e abside: La Resurrezione sulla cupola, dove Cristo col braccio sinistro teso indica la morte e il demone e col destro sorregge il vessillo mentre in basso i soldati impauriti si proteggono il volto dal bagliore dell'evento. I quattro evangelisti nei pennacchi della cupola. La Deposizione dalla Croce nel catino dell'abside. Sono diciotto le figure che riempiono la scena divise in 5 gruppi: Cristo calato dagli uomini; le pie donne; Maddalena che prepara il sudario; gli uomini che aprono il sepolcro e i soldati che da lato osservano. I Santi Faustino e Giovita ai lati dell'altare. Due angeli di fianco alla pala centrale. I Profeti Mosè e Aronne alle pareti del presbiterio. La chiesa è ricca di decorazioni: angeli attorno alle finestre; lesene e capitelli corinzi; cornici e festoni dorati opera dei fratelli Mora di Bergamo e finti marmi eseguiti da Carlo Chimeri che ha lasciato come firma numerosi animali mimetizzati nelle venature del marmo con la data '1883'. L'organo Nel 1882 Egidio Sgritta di Iseo presentava il progetto per la costruzione di un nuovo organo che andava a sostituire il vecchio che lui stesso aveva ritirato per lire 1000. Il nuovo organo fu collocato nella nicchia appositamente ampliata, di fronte alla cantoria, ed inaugurato nel 1883. Il progetto prevedeva 21 registri 23 'Istrumenti di concerto'. Il campanile e l'orologio Il campanile fu rinforzato alla base alla fine dell'Ottocento, e nel 1907 su progetto di Antonio Tagliaferri fu innalzato da 32 metri a 45. Contemporaneamente l'orologio voluto da don Felini e realizzato da Stefano Boldini di Rovato nel 1850, fu alzato affinché si potessero vedere il passare delle ore anche in lontananza. Le campane fuse nel 1839 da Giacomo Crespi di Cremona, nel 1942 furono requisite per scopi bellici e successivamente nel 1947 vennero ricollocate nuove 5 fusione istoriate con dediche delle famiglie committenti. Parrocchie della diocesi di Brescia Diocesi di Brescia Passirano Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Zenone Parrocchia di Passirano, su parrocchiadisanzenone.it. URL consultato il 10 agosto 2019.

Camignone
Camignone

Camignone (Camignù in dialetto bresciano) è una frazione del comune bresciano di Passirano. La località è un piccolo villaggio agricolo di antica origine. Camignone divenne frazione di Rodengo su ordine di Napoleone, ma gli austriaci annullarono la decisione al loro arrivo nel 1815 con il Regno Lombardo-Veneto. Dopo l'unità d'Italia il paese crebbe da meno di seicento a più di settecento abitanti. Fu il fascismo a decidere la soppressione del comune unendolo a Passirano. Camignone si trova a nord di Passirano ed è posto a 226 m sul livello del mare. Il nome, per alcuni deriverebbe da Cà minor (casa minore) o da Caminus (camino di fornace) oppure, per altri, da un nome di persona Caminio. L’ipotesi più accreditata è la derivazione da Cà minor (del Guerrini), in quanto collegata, come casa monastica minore, al monastero cluniacense di Rodengo. Fin dall’epoca romana Camignone doveva far parte di un pago romano in quanto Valenzano, un gruppo di abitazioni con edifici di rilievo e una chiesa situato ad est verso Brescia, era probabilmente la villa suburbana di qualche ricco patrizio della "gens Valentia". Valenzano è forse l’insediamento più antico di tutto il territorio comunale. Attorno a questo primo insediamento perciò, si sviluppa il comune medioevale di Camignone e, verso il 1000, vi sorge una casa colonica dei monaci cluniacensi, che, trovandosi presso le vie di comunicazione, ospitava viandanti e pellegrini. Lungo la strada provinciale sorgeva un gruppo di case con una casa d’albergo (bettola – posta nella zona dell’attuale Via Bettole) che indicavano la presenza di una antica diaconia, che si trasformerà poi nella Parrocchia di Camignone. Una vera comunità sorse nel X secolo quando si formò una vicinia e sorse un castello o una rocca in località San Lorenzo dove si possono vedere ancora alcune forme architettoniche. È di questa epoca la presenza di una famiglia importante e potente, quella dei Camignoni che, trasferitasi a Brescia nel 1113 diede il nome a una via della città. La vita ecclesiastica di Camignone gravitò attorno alla pieve di Bornato fino al XV secolo, periodo in cui si sviluppò autonomamente attorno alla chiesa di San Lorenzo in castro. Oltre alla chiesa parrocchiale dedicata a San Lorenzo, ampliata e completata con la grande scalinata a fine ottocento, è presente la quattrocentesca chiesa di San Faustino in monte, posta sul monte di Valenzano, ma già nel 1567 in decadimento. Da segnalare la costituzione del "Monte frumentario" verso la metà del 1500, eretto per aiutare la popolazione di Camignone e Valenzano, trasformato nel 1882 nella "Cassa dei prestiti Agrari". Lombardia Beni Culturali, su lombardiabeniculturali.it.

Abbazia di San Nicola (Rodengo-Saiano)
Abbazia di San Nicola (Rodengo-Saiano)

L'abbazia olivetana di San Nicola a Rodengo-Saiano, in Franciacorta, è un complesso religioso di grande rilevanza spirituale e di notevole interesse storico-artistico. L'abbazia fu fondata dai monaci cluniacensi - congregazione dell'Ordine di San Benedetto - verso la metà dell'XI secolo. Le più antiche attestazioni documentate dell'esistenza del monastero risalgono agli anni 1085-1090; un altro documento del 1109 fa menzione della dedicazione a san Nicola, che rimarrà inalterata nel tempo. La ubicazione del monastero fu posta su un quadrivio romano, che portava alla città e serviva da ostello per i pellegrini in viaggio per Roma. Il sito era già stato occupato in età romana ed altomedievale, come documentato da scavi archeologici hanno portato alla luce i resti di un muro romano e di una capanna longobarda. Lo sviluppo del monastero - come quello di altri cenobi cluniacensi presenti in Franciacorta- avvenne inizialmente per impulso della importante badia di Pontida e di quella di San Paolo d'Argon. Il monastero di Rodengo affermò presto una propria autonomia, in connessione anche con lo sviluppo economico dovuto alle molteplici donazioni ed acquisti di proprietà terriere. Come per tutti gli altri monasteri benedettini la gestione di tali proprietà fece subito riferimento all'ausilio di fratelli conversi. Già nella seconda metà del XIII secolo, tuttavia, lo sviluppo spirituale ed economico del monastero si era arrestato. Documenti relativi alle adunanze capitolari riferiscono di un numero di monaci e di conversi che non arrivava a dieci persone. Alla fine del XIV secolo si arrivò alla installazione di un abate commendatario al posto di quello nominato dall'ordine cluniacense; ma tale evenienza non arrestò - anzi accelerò – la decadenza del monastero. Le autorità che avevano voce in capitolo (dal papato, alla diocesi di Brescia, alla Repubblica di Venezia che aveva inglobato i territori bresciani, alla municipalità di Rodengo) si trovarono spesso in disaccordo sulle scelte relative alla gestione del monastero. Nel 1446, per volere di papa Eugenio IV, la primitiva abbazia fu affidata agli olivetani. Aspri contrasti segnarono la rinuncia ai propri privilegi da parte dell'ultimo abate commendatario, e solo nel 1450 il passaggio del monastero agli olivetani divenne definitivo. Iniziò subito una forte ripresa delle fortune spirituali ed economiche del monastero. Fu consolidato l'impiego delle proprietà terriere ed altre vennero acquisite anche attraverso i lavori di bonifica dei terreni paludosi circostanti. Fin dal 1450 si assunse la decisione di riedificare il complesso abbaziale, a cominciare dalla chiesa di San Nicola, interamente ricostruita nel luogo ove sorgeva la vecchia chiesa cluniacensa. Il progetto di ampliamento delle strutture architettoniche riguardò presto anche la costruzione del chiostro occidentale e del chiostro grande, (rifatto poi nel 1560-70, con l'ampliamento dei piani superiori), e progressivamente interessò tutto il monastero. I priori olivetani si mostrarono subito consapevoli della importanza della azione intrapresa e furono attenti a valersi della collaborazione dei più importanti artisti bresciani. Il fervore di opere costruttive si protrasse per circa tre secoli dando luogo ad uno dei complessi abbaziali artisticamente più significativi dell'Italia settentrionale. Nel Cinquecento furono coinvolti pittori come il Romanino, il Moretto, Lattanzio Gambara e Grazio Cossali; in epoche successive troviamo impegnati i pittori Gian Giacomo Barbelli, Giovan Battista Sassi ed altri. Di grande pregio sono anche alcune opere lignee (come il coro a tarsie realizzato da Cristoforo Rocchi nel 1480), opere marmoree ed in ceramica (come le decorazioni del chiostro maggiore). Nel 1797 il Governo Provvisorio di Brescia, in virtù delle leggi napoleoniche, decretò la soppressione del monastero e la sua assegnazione all'Ospedale femminile di Brescia. Dopo un lungo periodo di decadenza, nel 1969 l'abbazia è tornata, per interessamento di papa Paolo VI ai monaci olivetani. Si è da allora avviata – con il sostegno della Sovrintendenza di Brescia e di numerose associazioni – un'ininterrotta opera tesa a riportare il complesso architettonico al suo antico splendore. Costruita a partire dalla metà del XV secolo, la chiesa dell'abbazia, intitolata a San Nicola, venne a più riprese ampliata e modificata nelle sue strutture e negli apparati decorativi. Dell'aspetto che presentava l'edificio quattrocentesco si è conservata soprattutto la facciata, con la sua semplice forma a capanna, racchiusa ai lati da due robusti piloni. Quattrocentesca è anche la decorazione in maiolica gialla e verde che corre lungo la linea del tetto Al di sotto di tale decorazione in maiolica ancora si intravedono le tracce di un affresco raffiguranti due angeli in volo, al centro dei quali si apriva una monofora ad arco a sesto acuto. Quattrocentesco è il portale realizzato in pietra simona, decorato con motivi vegetali e con tondi a bassorilievo posti sull'architrave. Esso è sormontato da una lunetta nella quale era posto un affresco della Madonna col Bambino, già attribuito al Foppa. Il protiro con volta a crociera che protegge l'ingresso è opera posteriore. Anche il finestrone mistilineo posto al centro della facciata è posteriore, databile ai primi decenni del settecento, secolo nel quale la chiesa fu oggetto di una risistemazione in stile barocco. La struttura architettonica interna lascia ancora intuire la originale soluzione quattrocentesca che, con le campate suddivise da archi traversi e con l'ampio presbiterio quadrato, rimanda ad analoghe soluzioni visibili in alcune chiese coeve presenti nel territorio bresciano. Le pareti della chiesa sono impreziosite da un'ininterrotta decorazione a fresco - realizzata nel terzo decennio del Settecento da artisti prevalentemente di area milanese, Giovan Battista Sassi, Giacomo Lecchi e Giuseppe Castellini – composta da finte architetture, da medaglioni, e da motivi vegetali che inquadrano narrazioni agiografiche. Notevole è l'apparato decorativo delle sei cappelle che si aprono sulla sinistra della chiesa. Nella prima cappella, detta del Santissimo Sacramento, troviamo una pregevole pala d'altare di G.B. Sassi raffigurante la SS. Trinità con il trionfo della Croce. Nella cappella seguente, detta di San Pietro, è possibile ammirare una pala del Moretto raffigurante Gesù in gloria consegna le chiavi a san Pietro e il libro della dottrina a san Paolo. La pala, di dimensioni non molto ampie, è databile dopo il 1540: essa è stata qui impiegata dopo un lavoro di risagomatura ed il suo inserimento in una cornice settecentesca. Il dipinto celebra con grande attenzione didascalica la solidità della Chiesa e della sua missione pastorale, affidata direttamente da Gesù ai due santi che ne costituiscono le colonne portanti. Le figure dei santi che si ergono maestosamente verso il Cristo occupano la maggior parte della scena; sullo sfondo, per dare profondità al dipinto, si profila un paesaggio pieno di luce e di poesia.Nella stessa cappella, sulle pareti laterali, sono collocate due opere del Sassi (1730) riferite rispettivamente ai due santi raffigurati nella pala d'altare: Quo vadis Domine? e S. Paolo di fronte al Dio Ignoto. Nella cappella del Rosario troviamo ancora tele del Sassi: una Madonna del Rosario sull'altare e, ai lati, una Annunciazione ed una Visitazione. Nella cappella di san Bernardo Tolomei, fondatore della congregazione di Monte Oliveto Maggiore, troviamo, al centro, una pala d'altare di incerta attribuzione con la figura del Santo; ai lati tele del Sassi con episodi della sua vita. Alquanto suggestiva è la scena di san Bernardo Tolomei che dà sepoltura ai morti della peste che colpì Siena nel 1348. Nella cappella di Santa Francesca Romana, fondatrice delle Oblate di Tor di Specchi, sono poste tele del Sassi, tra cui un notevole San Benedetto in gloria con Santa Francesca Romana e un Angelo La sesta cappella, priva di altare e decorata con finte architetture, è dedicata a Maria Bambina. Custodisce un'urna ottagonale con il Simulacro di Maria Bambina, oggetto di speciale devozione da parte degli olivetani. L'altare maggiore della chiesa è stato realizzato nel 1668 ad opera di Paolo Sambinelli detto il Puegnago. Ai lati del presbiterio, in posizione simmetrica, a metà delle pareti, sono poste due cantorie: quella di destra ospita un organo, mentre quella di sinistra è decorata con un seicentesco affresco raffigurante Santa Cecilia all'organo, attribuito al pittore cremasco Gian Giacomo Barbelli. Al centro dell'abside è posta una pala seicentesca raffigurante la Madonna col Bambino ed i santi Nicola e Benedetto. Notevolissimo è il coro a tarsie addossato all'abside, opera di Cristoforo Rocchi, datata 1480. Riprendendo un impianto decorativo molto stimato in quell'epoca (come testimoniano tra l'altro le superbe tarsie di Fra Giovanni di Verona a Monte Oliveto Maggiore) il coro monastico è formato da sedici sedili con schienali che ripetono, quasi identiche, le raffigurazioni ad intarsio della prospettiva di una corte con pavimentazione a scacchiera. Al centro del coro trovava posto un magnifico leggio in legno (con intarsi ricavati probabilmente da disegni del Romanino), opera di Raffaele da Brescia (datato circa 1530), ora conservato presso la Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia. Nella chiesa è oggi collocata anche la grande tela di Grazio Cossali, firmata e datata 1608, raffigurante le Nozze di Cana. Essa era posta in precedenza sulla parete di fondo del refettorio, a coprire l'affresco di inizio Cinquecento della Crocifissione. Il dipinto, di grande qualità artistica, denuncia il debito artistico dell'autore verso Antonio Campi Altre opere di notevole interesse artistico sono conservate nella sacrestia, a cominciare dalla porta decorata da trentun formelle intarsiate, opera realizzata (alla pari degli stalli del coro) da Cristoforo Rocchi. Occorre tuttavia osservare come, secondo alcuni, l'autore degli intagli della porta sarebbe Raffaello da Brescia. L'interno alquanto spazioso e luminoso della sacrestia ospita un cospicuo arredo ligneo ed un elegante apparato decorativo a fresco. Tra le due finestre troviamo un affresco cinquecentesco raffigurante la Madonna col Bambino affiancata dai Santi Nicola e Benedetto, opera appartenente al manierismo bresciano vicina ai modi stilistici di Lattanzio Gambara. Il contributo più importante all'apparato decorativo della sacrestia viene dalla mano di Gian Giacomo Barbelli: suoi sono gli affreschi posti nelle undici lunette sulle pareti, con episodi della Vita di San Benedetto (tratti dai Dialoghi di San Gregorio Magno), sue sono le decorazioni del soffitto al centro del quale campeggia il grande affresco con la SS Trinità adorata da San Benedetto, dal Beato Bernardo Tolomei, da Santa Scolastica e da Santa Francesca Romana Maestro orafo lombardo, Pace di Rodengo, inizio XVI secolo, oggi al Museo di Santa Giulia, Brescia Uno degli elementi che maggiormente caratterizzano l'Abbazia di Rodengo è dato dalla presenza di tre chiostri rinascimentali, realizzati con continuità, a partire dagli ultimi decenni del XV secolo, in un arco di tempo di un centinaio di anni. Il chiostro piccolo, posto in prossimità della chiesa, è verosimilmente quello avviato per primo, utilizzando anche materiale proveniente dal preesistente chiostro cluniacense. Le dimensioni ridotte, le linee di grande semplicità dei suoi corridoi e delle sue arcate con cordonature in cotto, l'aspetto ancora goticizzante dato dalle diverse forme dei capitelli a fogliami, conferiscono all'ambiente un'atmosfera di notevole raccoglimento. Il chiostro grande (o chiostro del Cinquecento) si connota per la elegante maestosità, dei due loggiati sovrapposti: quello inferiore, con dieci archi per lato, e quello superiore che corre, con archi raddoppiati, lungo tre lati della pianta quadrata. La qualità estetica del chiostro, di gusto pienamente rinascimentale, è impreziosita da una decorazione in maiolica che compone il cornicione che occupa ininterrottamente il lato meridionale. Al centro del prato è posta una pergola in ferro battuto. Si affacciano sul chiostro quelli che earano i locali di servizio dell'abbazia (la cucina, il pozzo e l'acquaio, il forno, la foresteria, ecc.). Vi si affaccia inoltre la cosiddetta "sala Sansone" che prende il nome dagli affreschi, opera di un artista bresciano del XVI secolo, che ne adornano la parete centrale e le lunette, aventi come tema le imprese dell'eroe biblico. Il chiostro della cisterna (o chiostro delle meridiane) fu realizzato all'incirca nel decennio 1580 -90. La struttura architettonica, con archi sorretti da colonne binate poggianti direttamente sulla pavimentazione, è improntata ad un gusto tardorinascimentale poco diffuso in territorio bresciano. Al centro del cortile acciottolato, su un basamento di tre scalini, poggia un pozzo di ferro battuto (costruito in un periodo più tardo). Caratteristica è la presenza di tre meridiane su tre lati diversi del chiostro; la più elegante, datata 1648, mostra lo stemma degli olivetani (monte di tre cime sormontato da croce con rami d'ulivo) Sul chiostro si affaccia quella che era la Sala del Capitolo (oggi utilizzata come cappella), la cui parete centrale è adornata da un affresco raffigurante Cristo risorgente (1599). Il dipinto, già attribuito a Lattanzio Gambara, è ora assegnato al pittore bresciano Pietro da Morone. Sul soffitto della sala che immette al refettorio è posto uno straordinario ciclo di affreschi realizzato nel 1570 da Lattanzio Gambara. Il pittore, affermatosi a Brescia come collaboratore del Romanino e poi come erede della sua bottega, dimostra qui una piena assimilazione dei modi pittorici del manierismo settentrionale. Il programma decorativo che si dispiega sul soffitto dell'antirefettorio e che dovette esser stato dettagliatamente concordato con i committenti olivetani, ha come tema generale la Salvezza dell'uomo. Al centro della volta, in una grande cornice a stucco è raffigurata una scena di difficile lettura iconografica: Si tratta della traduzione pittorica del settimo libro dell'Apocalisse, attenta a cogliere il maggior numero di dettagli di quanto viene riportato nel visionario e profetico racconto. Attorno al grande riquadro centrale, nelle zone incassate tra grandi mensole in stucco, sono affrescate altre dieci scene tratte dall'Apocalisse (un tema che il Gambara aveva già affrontato negli affreschi, andati distrutti, della Loggia di Brescia). Tra le raffigurazioni più efficaci (e più facilmente riconoscibili) si nota quella dei Quattro cavalieri dell'Apocalisse. Negli spazi tra i piedritti dei mensoloni sono affrescate tredici scene dell'Antico Testamento, scelte secondo un criterio dottrinale che le collega al tema della Salvezza. Lo straordinario impegno profuso nella decorazione della volta si completa attraverso figure di putti con ornati vegetali e mascherone, festoni floreali e scenette monocrome affrescate sui fianchi delle venti grandi mensole in stucco. Il grande refettorio dell'abbazia fu sopraelevato nel 1600, risparmiando uno solo degli affreschi preesistenti: il grande Cristo crocifisso tra la Madonna e san Giovanni e la Maddalena abbracciata alla croce sulla parete di fondo. Si tratta di un'opera di notevole qualità artistica che alcuni studiosi hanno assegnato a Vincenzo Foppa; ma che ora viene per lo più attribuita ad un ignoto pittore bresciano attivo nel primo Cinquecento (vicino ai modi stilistici di Floriano Ferramola). Dopo la sopraelevazione furono chiamati a decorare le alte pareti e l'ampio soffitto i pittori bresciani Tommaso Sandrini e Grazio Cossali, specialisti nel genere – allora molto stimato- delle finte architetture. Colpisce, in particolare, la profonda conoscenza delle leggi della prospettiva impiegata nel dipingere, come trompe-l'œil di tipico gusto barocco, le finte colonne della volta: esiste un punto preciso, in mezzo alla sala, dal quale esse appaiono allo spettatore tutte quante diritte. La visita al refettorio della foresteria – dov'era la mensa riservata ad accogliere gli ospiti forestieri – presenta un notevolissimo interesse per la presenza di affreschi che il Romanino eseguì verso il 1530. Essa viene anche indicata come "Sala Romanino". Due notevoli scene di soggetto evangelico, oggi non più visibili, furono affrescate dal pittore bresciano sulla parete occidentale della sala: la Cena in Emmaus e la Cena in casa di Simone Fariseo; due raffigurazioni scelte con evidenza per celebrare il tema della Ospitalità. Esse furono staccate nel 1864 e trasferite nel 1882 alla Pinacoteca Tosio Martinengo. A seguito dei lavori di restauro del 1979 sono riemersi sulla parete consistenti strati di pittura che erano rimasti aderenti all'intonaco: essi consentono ancora di intravedere il disegno delle due scene e di intuire così quale poteva essere l'aspetto originale del refettorio. Una copia (in dimensioni ridotte) delle due scene è stata riproposta nella sala a vantaggio dei visitatori: essi possono in tal modo apprezzare nel dipinto la forza del colorito, la solidità delle figure, lo stile rapido e sciolto, l'ambientazione popolana delle scene, narrate con un linguaggio connotato da grande umanità e da un marcato anticlassicismo. Sulla parete di fronte si possono ancora ammirare, intatti, gli affreschi eseguiti dal Romanino: una lunetta con la Madonna col Bambino e San Giovannino e, più in basso, due riquadri incassati nel muro, raffiguranti Gesù e la Samaritana al pozzo e (esempio insolito di "natura morta") una Dispensa con stoviglie. L'affresco nella lunetta costituisce uno struggente brano di poesia. La Madonna è raffigurata mentre guarda con animo dolente verso san Giovannino, che ha al suo fianco un agnello annunciante il necessario sacrificio del Redentore, mentre il Bambino sembra, con un gesto assai familiare, voler scendere dalle ginocchia della madre. Le figure sono illuminate da una luce che viene dal basso sulla loro sinistra; esattamente dov'è posta una finestra che dà luce alla stanza: si tratta di un'altra invenzione dettata dal realismo del Romanino. Enzo Fabiani, Enzo Pifferi e Maria Teresa Balboni, Abbazie di Lombardia, Como, Editrice E.P.I., 1980. L. Anelli, San Nicola di Rodengo. La Chiesa dell'Abbazia, Monte Oliveto, 1987 P. V. Begni Redona, Gli affreschi di Lattanzio Gambara nell'abbazia olivetana di Rodengo, Edizioni "l'Ulivo", abbazia di Monte Oliveto Maggiore (Siena), 1996 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su abbazia di San Nicola Sito ufficiale dell'Abbazia, su benedettiniabbaziaolivetana.org. URL consultato il 16 novembre 2008 (archiviato dall'url originale il 10 maggio 2009).

Rodengo-Saiano
Rodengo-Saiano

Rodengo Saiano (Rudènch Saià in dialetto bresciano) è un comune italiano di 9 920 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia. Rodengo dal punto di vista della geografia fisica è collinare, ma presenta comunque un rilievo montano, Monte Pianello (678 m s.l.m.). Altri rilievi collinari sono il Monte Delma (340 m s.l.m.) e il colle della Rocca (299 m s.l.m.). Rodengo, in epoca romana, era attraversato da un'importante strada romana consolare che metteva in comunicazione Brescia (lat. Brixia) con la Val Camonica (lat. Vallis Camunnorum) costeggiando il lago d'Iseo (lat. Sebinus lacus: da cui il nome della strada) e terminando a Rogno (lat. Rognum). La nascita del comune risale al 18 ottobre 1927, quando, col Regio Decreto nº 2011, Rodengo e Saiano vennero unificati in un'unica municipalità. I due centri, infatti, mantennero nei secoli la loro indipendenza in considerazione della diversa origine storica. Saiano, infatti, nasce in epoca romana, come provato dal rinvenimento di un cippo funerario conservato al Museo di Santa Giulia di Brescia; Rodengo, invece, ha un’origine longobarda, come attestato da una carta topografica del 910 d.C. Si narra anche che Carlo Magno avrebbe fatto costruire a Rodengo una chiesa dedicata al santo vescovo francese Dionigi e avrebbe battezzato la zona "piccola Francia", da qui il nome Franciacorta. Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 6 aprile 1987. Il gonfalone è costituito da un drappo troncato d'azzurro e di bianco. Parco delle Colline, assieme ai comuni di Collebeato, Brescia, Botticino, Cellatica, Bovezzo e Rezzato è stato istituito il Parco delle colline. Abbazia Olivetana di San Nicola, risalente al 1085-1090. Accademia Symposium, ex convento francescano risalente al 1534 voluto dal politico e cavaliere della Repubblica di Venezia, Scipione Provaglio. Abitanti censiti Muraga, Saiano, Bettola, Bettolino, Delma, Moie, Padergnone e Ponte Cingoli. Kürten Dal 1983 al 2011 aveva sede nel Comune la società di calcio Associazione Calcio Rodengo Saiano. La squadra C.S. Saiano, nata nel 2000, milita nel campionato di Promozione. Lo Stadio Polisportivo Comunale è una struttura dotata di un campo da calcio in erba, dalle dimensioni di 105 × 65 m e di una tribuna laterale da 2 500 posti a sedere. Abbazia di San Nicola (Rodengo-Saiano) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Rodengo-Saiano Wikivoyage contiene informazioni turistiche su Rodengo-Saiano Sito ufficiale, su comune.rodengo-saiano.bs.it. Rodéngo-Saiano, su sapere.it, De Agostini.

Castegnato
Castegnato

Castegnato (Castignàt in dialetto bresciano), in passato noto anche come Castegnatto, è un comune italiano di 8 379 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia. Il comune di Castegnato fa parte del movimento Patto dei sindaci, un'iniziativa della Commissione Europea lanciata nel 2008 per riunire in una rete permanente le città che intendono avviare un insieme coordinato di iniziative per la lotta ai cambiamenti climatici. Castegnato si trova nella parte meridionale della Franciacorta, in un contesto sostanzialmente pianeggiante. Dista otto chilometri dal capoluogo di provincia. Si estende su una superficie di 9,17 km² e si trova ad un'altezza di 143 m s.l.m. circa. Dal punto di vista idrografico, il territorio comunale viene attraversato ad est dal torrente Gandovere e ad ovest dal canale della Seriola Nuova di Chiari (che per un certo tratto del suo percorso funge da linea di confine con il comune di Rodengo Saiano). Il clima a Castegnato è caldo e temperato, con piovosità significativa durante tutto l'anno. La temperatura media annuale è di 12,1 °C, essendo luglio il mese con temperature più alte (22,1 °C) e gennaio il mese con temperature più basse (2,0 °C). La piovosità media annuale è di 1077 mm. In particolare le piogge sono più scarse nel mese di gennaio (54 mm) e più abbondanti nel mese di novembre (122 mm). Classificazione sismica: zona 3 (zona con pericolosità sismica bassa, che può essere soggetta a scuotimenti modesti), Ordinanza del PCM n. 3519/2006 Classificazione climatica: zona E, 2410 GR/G Classificazione dei climi di Köppen: Cfa Le origini della città di Castegnato siano incerte; alcuni indizi sulle sue origini sono un ritrovamento archeologico risalente all'epoca imperiale romana e l'etimologia di alcuni toponimi (tra cui la località "Moie" e il torrente "Gandovere"), derivati dalle lingue celtiche. L'origine del toponimo "Castegnato" è dibattuta: secondo lo storico Gianmaria Biemmi potrebbe fare riferimento ad un bosco di castagni che si trovava a sud del centro abitato, analogamente ad altri toponimi di centri abitati vicini (Castenedolo, Carpenedolo, Rovato, Canelo) che secondo lo stesso autore farebbero riferimento anch'essi alla vegetazione che si trovava attorno a tali centri abitati (rispettivamente: castagni, carpini, roveti e canneto). Secondo Dante Olivieri deriverebbe invece dal gentilizio latino Castinus, da cui sarebbe poi derivato Castinea e infine Castegnato. La presenza di alberi di castagno nel luogo è attestata in un documento dell'estimo del 1641, in cui è indicata "una pezza di terra castagniva" nella zona del Paradello dell'estensione di un piò, appartenuta alla signora Aloisia Nassino. Probabilmente tali alberi di castagno non costituivano un bosco, bensì erano parte di una vegetazione mista, nella quale i castagni, che sono normalmente presenti in collina, costituivano un fatto curioso nel territorio pianeggiante del luogo, per cui il toponimo sarebbe stato scelto da tale "eccezionalità". Secondo molti storici bresciani dell'Ottocento (tra cui Cocchetti e Odorici), in epoca romana Castegnato era attraversata da un'importante strada romana consolare che metteva in comunicazione Brescia (lat. Brixia) con Bergamo e la Val Camonica (in latino Vallis Camunnorum), costeggiando il lago d'Iseo (in latino Sebinus lacus, da cui il nome della strada) e terminando a Rognum (Rogno). È probabile che il paese abbia fatto parte del Territorium Civitatis e perciò dipendente spiritualmente dalla Plebs urbana, che si estendeva per un raggio di circa 10 km intorno alla città. Nel periodo medievale il territorio di Castegnato appartenne almeno in parte al monastero di Santa Giulia, mentre la parte più a nord-est fece parte dei beni del monastero di Rodengo. Dall'inventario del monastero di Santa Giulia (la cui redazione, tra l'879 e il 906, è attribuita alla badessa Berta, figlia del re d'Italia Berengario), risulta che tale monastero avesse una corte dominica a Castegnato (chiamato nell'inventario "Castaneto"). L'inventario indica che nel villaggio di Castegnato e all'interno della corte si trovavano una cappella (con altare, arredi sacri e cinque libri sacri), due case, una "caminata", e decine di moggi di terra destinata all'agricoltura. Tra il IX e il X secolo fu edificata la prima chiesa di Castegnato, ovvero la chiesa di San Zenone (con una singola navata e un altare), che fu demolita alla fine del Seicento, senza lasciarne traccia, al fine di riutilizzare i suoi materiali per la costruzione della nuova chiesa di San Giovanni Battista. L'autorità vescovile diede il consenso a tale demolizione e riuso dei materiale della chiesa di San Zenone a patto che il luogo dove sorgeva la vecchia chiesa di San Zenone fosse stato "considerato luogo sacro e conservato". Probabilmente la chiesa di San Zenone era situata dove fu successivamente costruito il cimitero di Castegnato: tale ipotesi è rafforzata dal ritrovamento delle fondamenta e i ruderi durante i lavori di ampliamento del cimitero nel 1877 e dal fatto che nel catasto napoleonico era indicato che i terreni nella zona del cimitero stavano in "S. Zeno" o "S. Zenino". Castegnato era probabilmente dotata di un castello situato in contrada Torre. Il nome della contrada Torre potrebbe derivare forse da una torre presente in tale castello o più in generale dalla presenza a Castegnato di fortificazioni o cascine fortificate. Secondo Don Piccinelli il castello era stato fatto costruire dal feudatario Beniamino da Manerba, che avrebbe avuto il feudo di Castegnato dall'imperatore Federico II, ma dalla lettura del diploma di Federico II pubblicato nel Codice Diplomatico Bresciano dell'Odorici risulta che il feudo chiamato "Castignati" e assegnato a Beniamino da Manerba in realtà fosse un feudo situato nel territorio di Manerba, quindi non corrispondente a Castegnato. Da un estimo risalente al 1385 si legge che il comune di Castegnato faceva parte della quadra di Rovato. Successivamente, secondo un documento ducale della Repubblica di Venezia risalente al 1450, Castegnato fu inserito nella quadra di Gussago, assieme a Gussago, Cellatica, Rodengo, Ronco, Saiano, Brione, Ome, Polaveno, Monticelli Brusati, Provezze, Provaglio d'Iseo e Valenzano. Nel 1493 la popolazione di Castegnato ammontava a 310 abitanti. Tale numero scese nel 1505 a 250, come conseguenza di una pestilenza, per poi salire a 587 abitanti nel 1561. Nel 1600 Castegnato fu sede di diversi episodi di criminalità, con aumento di risse e omicidi, spesso legati all'utilizzo dell'acqua, a dispute su confini dei terreni o altri torti subiti. Tali episodi includono una rissa con sparatoia del 1605, iniziata nella contrada dello Stallo, e l'uccisione di quattro persone nel 1646. La peste del 1630 provocò circa un centinaio di morti a Castegnato, portando la popolazione a circa 640 presenze. In ricordo di tale tragico periodo, fu eretta una santella nei pressi del lazzaretto. Le prime scuole sorsero intorno al 1650 e in seguito fu aperto un collegio femminile presso il convento. Nel 1686 fu edificata la nuova chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, che fu consacrata sei anni dopo, nel 1692. Tra il 1701 e il 1707 Castegnato, come altre città bresciane, subì gravi conseguenze economiche e morali causate dai soldati coinvolti nella battaglia di Chiari, che saccheggiarono le case dei cittadini derubandoli di foraggio e altri beni, come testimoniano le 66 polizze di rimborso dei danni subiti, conservate nell'Archivio Storico Civico di Brescia. In seguito alla conquista di Napoleone Bonaparte, nel 1797 è istituito lo Stato della Repubblica Cisalpina, e di conseguenza è abolita la precedente organizzazione comunale basata sulle "quadre" per introdurre una nuova organizzazione basata sui dipartimenti. Castegnato entra così a far parte del Dipartimento del Mella. Durante la dominazione napoleonica, attraverso il catasto napoleonico sono stilate mappe dettagliate che permettono di avere una rappresentazione attendibile del territorio di Castegnato, che include la dislocazione dei fondi e degli edifici castegnatesi. In questo periodo sono inoltre istituite le prime scuole gratuite a Castegnato, con la scuola maschile nell'antica chiesa parrocchiale e la scuola femminile nei locali dell'orfanotrofio (successivamente adibito a convento delle suore). In seguito al Congresso di Vienna del 1814 il governo austriaco instaurò il Regno Lombardo-Veneto e una nuova organizzazione comunale, che vedeva Castegnato aggregato al II Distretto di Ospitaletto. Quest'ultima dominazione terminò all'alba del 14 giugno 1859, quando gli eserciti dell'avanguardia di Vittorio Emanuele II e di Napoleone III entrarono in paese, a cui seguì, tre giorni dopo, la visita a Brescia di Vittorio Emanuele II e Napoleone III, che intanto sostarono rispettivamente a Travagliato e Castegnato. In particolare, Vittorio Emanuele II ebbe il suo quartier generale presso il palazzo di proprietà di Panzerini e Franzoni. Ne rimangono tangibili tracce nell'attuale dimora dei signori De Leone, in località Case. Nel 1869, attraverso apposito Regio Decreto, le frazioni di Borbone e Case furono staccate dal comune di Rodengo (a cui erano state aggregate nel 1816, staccandole da Castegnato) e riunite al comune di Castegnato. Dieci anni dopo, al comune di Castegnato fu unita anche la frazione di Pianera, staccata dal comune di Travagliato. All'inizio del 1869 Castegnato aveva un solo mulino, detto "il Molinetto" e situato nella contrada Molino. Con l'aggregazione delle frazioni Borbone e Case, avvenuta nello stesso anno, si aggiunge un secondo mulino, più grande, chiamato "il Molinasso". Nel 1919, terminata la prima guerra mondiale, risultavano aperti a Castegnato il Circolo operaio, l'Associazione nazionale combattenti (promotore dell'erezione del monumento ai caduti della prima guerra mondiale) e la sezione del Partito popolare. A queste iniziative popolari, si aggiunge nel 1920 la Lega dei contadini. A seguito di un'aggressione, lo storico di Castegnato don Piccinelli muore nel 1924 a Ospitaletto. Il 28 aprile 1945 si svolse tra le strade di Castegnato una battaglia che si concluse con la morte di 3 patrioti e di 9 civili e 30 feriti. Tale battaglia ebbe inizio quando, in risposta al transito di automezzi tedeschi che svetolavano la bandiera bianca della resa, i patrioti castegnatesi spararono alcuni colpi di fucile come avvertimento, a cui gli avversari risposero sparando su case, patrioti e cittadini. Qualche giorno dopo, il 1 maggio 1945, venne costituito a Castegnato il Comitato di Liberazione Nazionale. Nel 2012 Castegnato ha costituito un accordo di collaborazione con gli altri comuni della Franciacorta. Lo stemma del comune è stato riconosciuto con decreto del capo del governo del 3 aprile 1933. È un'arma parlante ed è documentata almeno dal 1783, quando nel frontespizio del registro d'estimo del borgo compare un ramoscello di castagno come simbolo della Comunità di Castegnato. Il gonfalone è un drappo di bianco. La prima chiesa di San Giovanni Battista fu edificata nel Quattrocento, utilizzando i materiali della chiesa di san Zenone, anticamente presente nella zona del cimitero. In seguito alla costruzione della nuova chiesa di San Giovanni Battista, la prima chiesa di San Giovanni Battista (che si trova nella stessa piazza della nuova chiesa) cambiò il suo nome in chiesa di Santa Maria. Essendo stata utilizzata per usi civili durante la dominazione napoleonica, fu oggetto di restauro e impreziosita negli anni '90. L'attuale chiesa di San Giovanni Battista è la chiesa parrocchiale del paese. Nella seconda metà del XVII secolo, come conseguenza dell'aumento demografico in seguito alla peste del 1630, sorse la necessità della costruzione di una nuova chiesa. La cerimonia della posa della prima pietra della nuova chiesa ebbe luogo nel 1682. La progettazione della chiesa fu probabilmente opera dagli architetti e capomastri Antonio e Bartolomeo Spazio (padre e figlio), mentre la direzione dei lavori fu svolta probabilmente dal figlio Bartolomeo. All'esterno il portale è composto da una statua di San Giovanni Battista, sorretta da cherubini e da due colonne a tutto tondo in marmo Botticino. La navata risulta del XVII secolo, mentre transetto, cupola e presbiterio sono ben più recenti a causa degli ampliamenti degli anni '40 e '80 del 1900. La pala (in olio su tela) dell'altare maggiore, opera di Sante Cattaneo, raffigura la Sacra Famiglia con san Vitale, san Giovannino e sant'Antonio da Padova in una fastosa cornice barocca. Lungo tutta la navata sono presenti i ritratti dei Dodici Apostoli del 1714, dipinti da Antonio Paglia. A destra, nel primo altare detto "di Sant'Anna", vi è una tela raffigurante la Madonna col Bambino tra i santi Angelo Custode, Anna e Gioacchino, mentre nella nicchia del secondo altare a destra vi è una statua della Beata Vergine affiancata dai misteri dal Rosario e dalle statue di san Giovanni evangelista e san Marco; sotto alla statua della Madonna è presente la teca contenente i resti mortali del patrono, san Vitale. Sul lato sinistro il primo altare detto "dei Santi Filippo Neri e Francesco di Sales" ospita un dipinto di sante Cattaneo; nel secondo altare è presente un dipinto della Santa Croce affiancato dalle statue di san Luca e san Matteo. Nella controfacciata vi è una grande tela (450 × 280 cm) raffigurante la decollazione di san Giovanni Battista. Maestosa è anche la tela (390 × 340 cm) raffigurante l'Imposizione del nome del Battista, collocata nel transetto destro. La costruzione della chiesa di Sant'Antonio, ad opera della famiglia Mainetti, risale al 1683. All'interno si trovano una statua di Sant'Antonio, una statua della Madonna con Bambino e una pala dell'Apparizione della Madonna con Bambino a sant'Antonio. Nella frazione denominata "Pianera", a sud dell'abitato di Castegnato sul confine con il comune di Travagliato, sorge l'antico Oratorio di Santa Maria in Silva. La frazione prende la denominazione da una nobile famiglia bresciana originaria di Quinzano d'Oglio: i Pianeri. Il Monsignor Paolo Guerrini riporta uno scritto di Giuseppe Nember nel quale così parla dei Pianeri: «I Planeri ebbero case e fondi anche nel territorio fra Travagliato e Castegnato, e la grande fattoria Pianera ebbe da loro il nome perché era di loro proprietà [...] il 13 gennaio 1452 il Comune di Brescia concedeva la cittadinanza bresciana ai due fratelli Andreolo e Bartolomeo qm. Pietro Bono de Planeris. I Planeri erano emigrati in città di Quinzano loro patria natia». Certamente la famiglia aveva la residenza sui possedimenti in Pianera, poiché nell'estimo delle contrade Borbone e Pianera del 1641 si legge: «Pianeri Francesco quondam Andrea - un casamento da padrone e massaro a mezzodì della terra con sette corpi di stanze, quattro terranee e tre superiori, con aia, brolo, orto e colombaia, corcondata da muro...». Francesco Pianeri, unitamente al fratello Andrea, nel Seicento fece costruire un oratorio privato dedicato a Santa Maria in Silva, che serviva per le celebrazioni liturgiche alle quali partecipavano, oltre ai loro famigliari, i contadini della frazione e dei cascinali limitrofi. Chiamata così perché Camillo Benso, conte di Cavour pernottò qui per una notte. La via si chiama proprio via Cavour in Località Case, che confina con il comune di Rodengo-Saiano e bagnata dalla Seriola Nuova. La località conta circa 180 abitanti ed è formata da 12-13 abitazioni. Dietro le abitazioni più a sud della località è presente un campo da calcio dove giocano le giovanili del Brescia Calcio e del Castegnato. Palazzo Chizzola Palazzo Rodengo Palazzo De Leone Villa Baitella è una grande tenuta agricola al confine tra Castegnato e Ospitaletto. Comprende un nucleo centrale costituito da una villa settecentesca e da abitazioni seicentesche. Il nome è derivato da quello dei Baitelli, una ricca famiglia bergamasca di commercianti di stoffe, che nel Trecento si trasferirono in Franciacorta acquisendo delle terre, facendo costruire il primo nucleo edilizio del complesso. Nel 1670 la proprietà passò alla famiglia Martinengo, che diede inizio alla costruzione della villa. Dal 1838, estintosi l'ultimo dei discendenti, la tenuta passò varie volte di mano, iniziando una fase di decadenza, che, alla fine della Seconda guerra mondiale, durante la quale la struttura fu occupata, si trasformò in abbandono, fino al successivo restauro, avvenuto nel 2000. Il complesso è circondato da un parco di 30.000 m2. Villa Calini si affaccia nel centro storico, sulla strada che dalla Parrocchiale porta all'oratorio e al cimitero. Costruita nel XVIII secolo, fu la residenza di campagna dei conti Calini. Ora è adibita ad abitazione privata. Villa Camadini Villa Rota Abitanti censiti Secondo i dati ISTAT nel 2021 la popolazione straniera residente era di 924 persone (pari al 11,1%), con le seguenti nazionalità maggiormente rappresentate: Pakistan - 148 Egitto - 133 Romania - 102 Senegal - 95 Marocco - 79 India - 57 Albania - 48 Moldavia - 39 Ucraina - 36 A partire dal 1972 a Castegnato opera il "Complesso Bandistico di Castegnato", presente durante principali le feste e manifestazioni di Castegnato, tra cui 8 marzo, 25 aprile, la festa di San Vitale, la festa della Cultura (30 maggio), il concerto di primavera in Villa Bertoli (31 maggio), la festa della Repubblica (2 giugno), il Corpus Domini, "Franciacorta in Bianco", la festa delle Forze Armate (4 novembre) e il concerto di Natale. Dal 1996, anno in cui si esibisce per il concerto di chiusura delle manifestazioni per il Giubileo di San Vitale, il complesso bandistico è parte del "Comitato per la Festa di San Vitale". È gemellato con la banda musicale "Braccio Fortebraccio" di Montone. Dal 2020 ha assunto il nuovo nome "Corpo Bandistico Castegnato". Durante le celebrazioni del 2015 dedicate al santo patrono, il Comune di Castegnato ha indetto un concorso per scegliere la "Torta di San Vitale", destinata a diventare il dolce tipico di Castegnato. Il concorso è stato vinto dalla Pasticceria Sinigaglia di Castegnato, con la presentazione di una torta in pastafrolla con pralinatura e crema frangipane alle mandorle. La ricetta della torta di San Vitale è stata resa pubblica e depositata presso il Comune di Castegnato in modo da potere essere preparata da tutti. La seconda domenica di maggio si svolge a Castegnato la tradizionale festa del patrono, san Vitale martire. Tale tradizione ha inizio nel 1685 quando, durante la costruzione della nuova chiesa di Castegnato, vennero donate le reliquie del santo patrono dal cappuccino fra Giocondo da Padenghe al nobile Girolamo Clera. Tali reliquie sono conservate in un'urna all'interno di un altare della chiesa di San Giovanni Battista e sono portate in processione una volta ogni 25 anni durante il Giubileo. Sebbene siano note le vicende delle reliquie del santo patrono e sia particolarmente venerato dai castegnatesi, non è noto a quale dei tanti "san Vitale martire" appartengano tali reliquie. Dal 1974 a Castegnato, il primo sabato di ottobre, si svolge il "Palio delle antiche contrade", una gara a staffetta sulla distanza di 1 km, a cui partecipano quattro squadre, una per ogni contrada della città. Dal 1985, una settimana prima del Palio, si svolge inoltre il "Minipalio", una gara a staffetta su un percorso tra le vie della città (con punto di partenza e arrivo in via Trebeschi) che si estende per circa 400 m. Al Minipalio partecipano quattro squadre di ragazzi, una per ogni contrada della città (in analogia alle regole del Palio delle antiche contrade). Tutti i sabati in piazza Dante si svolge il tradizionale mercato rionale. Il paese è suddiviso in quattro contrade: la Piazzetta, il Molino, la Torre e le Porte: La Piazzetta si trova nella zona settentrionale della città, in località "Case". È simboleggiata dal colore rosso e non confina con il Molino. Il Molino (o Mulino, con riferimento ad un antico mulino fatto costruire in zona dalla famiglia Mainetti) è la contrada più estesa del paese. In passato era la meno abitata, ma la nuova urbanizzazione ha incrementato la popolazione della contrada. Rimane a sud del paese e i suoi colori sono il bianco con tinte d'azzurro. La Torre è la contrada meno estesa del paese, ma è una delle più abitate. È simboleggiata dal colore blu, comprende buona parte del centro storico e confina con tutte le altre contrade. Le Porte sono simboleggiate dal colore verde e giallo (o oro), che richiamano i grandi portoni caratteristici della contrada. Si sviluppa sulla parte ad est del paese e, come la Torre, confina con tutte le altre contrade. Tale suddivisione fu stabilita nel 1974, in occasione della prima edizione del "Palio delle antiche contrade". Intorno al XV secolo a Castegnato risultavano definiti due quartieri, uno a nord e uno a sud, all'interno dei quali si trovavano le contrade la Torre, la Piazzetta (o "Stallo"), il Bosco, la Baitella e il Barco. A queste si aggiungeva la contrada Porte, mentre le contrade Borbone, Pianera e Camaione appartenevano ai comuni di Rodengo e Passirano. Alle quattro contrade di Castegnato è stato dedicato nel 2018 un murale, opera dell'artista Mario Raineri. Il comune di Castegnato comprende le località di Baitella, Buca, Verginello, Pianera, Ponte Baitello e Romiglia. Storicamente, l'economia di Castegnato è stata basata principalmente sull'agricoltura. Nel 1548 Castegnato contava 1656 piò di terra, con più del 93% di tale superficie agricola posseduta dai cittadini. La maggior parte dei terreni agricoli (86%) era in mano a cinque famiglie: i Rodengo, i Baitelli, i Sala, i Dosso e i Bocca. In questo periodo, i prodotti delle coltivazioni comprendevano il vino, il frumento, la segale, il miglio, il panico e legumi. Le opere di sistemazione delle rogge e di realizzazione di nuovi canali per l'irrigazione dei terreni (tra cui l'escavazione della Seriola Castrina e della Seriola Nuova di Chiari), favorirono lo sviluppo agricolo nel territorio di Castegnato. Nella prima metà del XIX secolo si sviluppa nel territorio bresciano l'industria della seta, che comprendeva la gelsicoltura e l'allevamento dei bachi da seta. A Castegnato nel 1850 tre filatoi per la torcitura della seta, che risentirono dell'atrofia del baco da seta, per cui nel 1876 era rimasto a Castegnato solo un filatoio. Il territorio comunale è attraversato dall'Autostrada Torino-Trieste, presso il quale si trova l'uscita di Castegnato, che collega quest'ultima al raccordo autostradale dell'A35 con la Tangenziale Sud di Brescia. A sud del centro abitato passa la strada statale 11 Padana Superiore. Castegnato è servito dall'omonima stazione della ferrovia Brescia-Iseo-Edolo. Castegnato è gemellata con: Trujillo, Spagna Montone, Italia Il campo sportivo comunale di Castegnato è stato lo stadio della squadra di calcio A.S.D. Atletico Castegnato, (che nel 2022 ha cambiato il nome in "Cast Brescia") e della A.S.D. Rigamonti Castegnato. Gianpietro Belotti, Storia di Castegnato dalle origini all'Ottocento, vol. 1, Comune di Castegnato, 2008. Gianpietro Belotti, Mario Baldoli, Storia di Castegnato Il Novecento, vol. 2, Comune di Castegnato, 2009. Parrocchia di San Giovanni Battista, Le chiese di Castegnato Arte e Storia, T. P FotoGafica, 1996. Paolo Guerrini, Memorie Storiche, Brescia, Edizioni del Moretto, 1934 Stazione di Castegnato Franciacorta Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Castegnato Sito ufficiale, su comune.castegnato.bs.it. Castegnato, su sapere.it, De Agostini.

Stazione di Castegnato
Stazione di Castegnato

La stazione di Castegnato è una stazione ferroviaria della linea Brescia-Iseo-Edolo a servizio dell'omonimo comune. Si trova in via Roma a poca distanza dal municipio e dal centro storico del paese. Essa fu attiva fin dall'inaugurazione della linea ferroviaria, il 21 giugno 1885. Poco prima dell'inizio dei lavori del secondo lotto, tra il 1882 e il 1883, i comuni di Ome, Rodengo e Paderno chiesero che la stazione fosse posizionata in località Paradello, allo scopo di servire meglio anche questi tre abitati, ma la proposta fu rigettata dalla Società italiana per le strade ferrate meridionali. Tra il 15 giugno 2008 e il 12 giugno 2010, la stazione fu capolinea del servizio regionale denominato S/ con corse a cadenza oraria che collegavano il paese franciacortino al capoluogo. A paritre dal 2023 sono iniziati i lavori di ammodernamento in vista dei nuovi treni ad idrogeno. Il fabbricato viaggiatori si presenta nello stile architettonico previsto dalle stazioni della vecchia Brescia-Iseo di cui, fra l'altro, è l'unica che risulta ancora attiva, essendo state dismesse quelle di Passirano Superiore e Provaglio Superiore. Al piano terra si trovano il locale impianti, la sala d'attesa e la biglietteria (non più attiva); al piano superiore l'appartamento dell'assuntore. Il piccolo fabbricato dei servizi igienici, situato a breve distanza, è ancora presente, ma chiuso al pubblico. Il piazzale è composto da due binari, il primo di corsa e il secondo per gli incroci, serviti da altrettanti marciapiedi, collegati da attraversamenti a raso dei binari. In passato era inoltre presente un tronchino lato Iseo a fianco del primo binario, dotato di rampa di carico e destinato al traffico merci, a testimonianza del quale rimane oggi solo il paraurti in cemento. L'area è attualmente adibita a parcheggio a servizio della stazione. La stazione è stata declassata da Ferrovienord a fermata impresenziata. Presso la sala d'attesa è presente una sezione staccata della biblioteca comunale. La stazione è servita dai treni regionali (R) in servizio sulle relazioni Brescia-Iseo e Brescia-Breno, eserciti da Trenord nell'ambito del contratto di servizio stipulato con la Regione Lombardia. La stazione dispone di: Sala d'attesa Biglietteria a sportello Antonio Burlotti. Stazioni e fermate della linea ferroviaria Brescia/Iseo/Edolo, in Mauro Pennacchio. La meccanica viabilità - La ferrovia nella storia del lago d'Iseo e della Vallecamonica. Marone, Fdp Editore, 2006. ISBN 889027140X Gianni Donni. Provaglio e i provagliesi. Provaglio d'Iseo, La Cartotecnica, 1998. ISBN non esistente Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla stazione di Castegnato Ferrovienord.it - Stazione di Castegnato, su ferrovienord.it (archiviato dall'url originale il 21 ottobre 2013).