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Chiesa di Cristo Re (Rodengo-Saiano)

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Chiesa di Cristo Re (Saiano, Rodengo Saiano) 01
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La chiesa di Cristo Re è la parrocchiale di Saiano, frazione-capoluogo del comune sparso di Rodengo-Saiano, in provincia e diocesi di Brescia; fa parte della zona pastorale di Gussago.

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Chiesa di Cristo Re (Rodengo-Saiano)
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Chiesa di Cristo Re

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Chiesa di Cristo Re (Saiano, Rodengo Saiano) 01
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Rodengo-Saiano
Rodengo-Saiano

Rodengo Saiano (Rudènch Saià in dialetto bresciano) è un comune italiano di 9 920 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia. Rodengo dal punto di vista della geografia fisica è collinare, ma presenta comunque un rilievo montano, Monte Pianello (678 m s.l.m.). Altri rilievi collinari sono il Monte Delma (340 m s.l.m.) e il colle della Rocca (299 m s.l.m.). Rodengo, in epoca romana, era attraversato da un'importante strada romana consolare che metteva in comunicazione Brescia (lat. Brixia) con la Val Camonica (lat. Vallis Camunnorum) costeggiando il lago d'Iseo (lat. Sebinus lacus: da cui il nome della strada) e terminando a Rogno (lat. Rognum). La nascita del comune risale al 18 ottobre 1927, quando, col Regio Decreto nº 2011, Rodengo e Saiano vennero unificati in un'unica municipalità. I due centri, infatti, mantennero nei secoli la loro indipendenza in considerazione della diversa origine storica. Saiano, infatti, nasce in epoca romana, come provato dal rinvenimento di un cippo funerario conservato al Museo di Santa Giulia di Brescia; Rodengo, invece, ha un’origine longobarda, come attestato da una carta topografica del 910 d.C. Si narra anche che Carlo Magno avrebbe fatto costruire a Rodengo una chiesa dedicata al santo vescovo francese Dionigi e avrebbe battezzato la zona "piccola Francia", da qui il nome Franciacorta. Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 6 aprile 1987. Il gonfalone è costituito da un drappo troncato d'azzurro e di bianco. Parco delle Colline, assieme ai comuni di Collebeato, Brescia, Botticino, Cellatica, Bovezzo e Rezzato è stato istituito il Parco delle colline. Abbazia Olivetana di San Nicola, risalente al 1085-1090. Accademia Symposium, ex convento francescano risalente al 1534 voluto dal politico e cavaliere della Repubblica di Venezia, Scipione Provaglio. Abitanti censiti Muraga, Saiano, Bettola, Bettolino, Delma, Moie, Padergnone e Ponte Cingoli. Kürten Dal 1983 al 2011 aveva sede nel Comune la società di calcio Associazione Calcio Rodengo Saiano. La squadra C.S. Saiano, nata nel 2000, milita nel campionato di Promozione. Lo Stadio Polisportivo Comunale è una struttura dotata di un campo da calcio in erba, dalle dimensioni di 105 × 65 m e di una tribuna laterale da 2 500 posti a sedere. Abbazia di San Nicola (Rodengo-Saiano) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Rodengo-Saiano Wikivoyage contiene informazioni turistiche su Rodengo-Saiano Sito ufficiale, su comune.rodengo-saiano.bs.it. Rodéngo-Saiano, su sapere.it, De Agostini.

Abbazia di San Nicola (Rodengo-Saiano)
Abbazia di San Nicola (Rodengo-Saiano)

L'abbazia olivetana di San Nicola a Rodengo-Saiano, in Franciacorta, è un complesso religioso di grande rilevanza spirituale e di notevole interesse storico-artistico. L'abbazia fu fondata dai monaci cluniacensi - congregazione dell'Ordine di San Benedetto - verso la metà dell'XI secolo. Le più antiche attestazioni documentate dell'esistenza del monastero risalgono agli anni 1085-1090; un altro documento del 1109 fa menzione della dedicazione a san Nicola, che rimarrà inalterata nel tempo. La ubicazione del monastero fu posta su un quadrivio romano, che portava alla città e serviva da ostello per i pellegrini in viaggio per Roma. Il sito era già stato occupato in età romana ed altomedievale, come documentato da scavi archeologici hanno portato alla luce i resti di un muro romano e di una capanna longobarda. Lo sviluppo del monastero - come quello di altri cenobi cluniacensi presenti in Franciacorta- avvenne inizialmente per impulso della importante badia di Pontida e di quella di San Paolo d'Argon. Il monastero di Rodengo affermò presto una propria autonomia, in connessione anche con lo sviluppo economico dovuto alle molteplici donazioni ed acquisti di proprietà terriere. Come per tutti gli altri monasteri benedettini la gestione di tali proprietà fece subito riferimento all'ausilio di fratelli conversi. Già nella seconda metà del XIII secolo, tuttavia, lo sviluppo spirituale ed economico del monastero si era arrestato. Documenti relativi alle adunanze capitolari riferiscono di un numero di monaci e di conversi che non arrivava a dieci persone. Alla fine del XIV secolo si arrivò alla installazione di un abate commendatario al posto di quello nominato dall'ordine cluniacense; ma tale evenienza non arrestò - anzi accelerò – la decadenza del monastero. Le autorità che avevano voce in capitolo (dal papato, alla diocesi di Brescia, alla Repubblica di Venezia che aveva inglobato i territori bresciani, alla municipalità di Rodengo) si trovarono spesso in disaccordo sulle scelte relative alla gestione del monastero. Nel 1446, per volere di papa Eugenio IV, la primitiva abbazia fu affidata agli olivetani. Aspri contrasti segnarono la rinuncia ai propri privilegi da parte dell'ultimo abate commendatario, e solo nel 1450 il passaggio del monastero agli olivetani divenne definitivo. Iniziò subito una forte ripresa delle fortune spirituali ed economiche del monastero. Fu consolidato l'impiego delle proprietà terriere ed altre vennero acquisite anche attraverso i lavori di bonifica dei terreni paludosi circostanti. Fin dal 1450 si assunse la decisione di riedificare il complesso abbaziale, a cominciare dalla chiesa di San Nicola, interamente ricostruita nel luogo ove sorgeva la vecchia chiesa cluniacensa. Il progetto di ampliamento delle strutture architettoniche riguardò presto anche la costruzione del chiostro occidentale e del chiostro grande, (rifatto poi nel 1560-70, con l'ampliamento dei piani superiori), e progressivamente interessò tutto il monastero. I priori olivetani si mostrarono subito consapevoli della importanza della azione intrapresa e furono attenti a valersi della collaborazione dei più importanti artisti bresciani. Il fervore di opere costruttive si protrasse per circa tre secoli dando luogo ad uno dei complessi abbaziali artisticamente più significativi dell'Italia settentrionale. Nel Cinquecento furono coinvolti pittori come il Romanino, il Moretto, Lattanzio Gambara e Grazio Cossali; in epoche successive troviamo impegnati i pittori Gian Giacomo Barbelli, Giovan Battista Sassi ed altri. Di grande pregio sono anche alcune opere lignee (come il coro a tarsie realizzato da Cristoforo Rocchi nel 1480), opere marmoree ed in ceramica (come le decorazioni del chiostro maggiore). Nel 1797 il Governo Provvisorio di Brescia, in virtù delle leggi napoleoniche, decretò la soppressione del monastero e la sua assegnazione all'Ospedale femminile di Brescia. Dopo un lungo periodo di decadenza, nel 1969 l'abbazia è tornata, per interessamento di papa Paolo VI ai monaci olivetani. Si è da allora avviata – con il sostegno della Sovrintendenza di Brescia e di numerose associazioni – un'ininterrotta opera tesa a riportare il complesso architettonico al suo antico splendore. Costruita a partire dalla metà del XV secolo, la chiesa dell'abbazia, intitolata a San Nicola, venne a più riprese ampliata e modificata nelle sue strutture e negli apparati decorativi. Dell'aspetto che presentava l'edificio quattrocentesco si è conservata soprattutto la facciata, con la sua semplice forma a capanna, racchiusa ai lati da due robusti piloni. Quattrocentesca è anche la decorazione in maiolica gialla e verde che corre lungo la linea del tetto Al di sotto di tale decorazione in maiolica ancora si intravedono le tracce di un affresco raffiguranti due angeli in volo, al centro dei quali si apriva una monofora ad arco a sesto acuto. Quattrocentesco è il portale realizzato in pietra simona, decorato con motivi vegetali e con tondi a bassorilievo posti sull'architrave. Esso è sormontato da una lunetta nella quale era posto un affresco della Madonna col Bambino, già attribuito al Foppa. Il protiro con volta a crociera che protegge l'ingresso è opera posteriore. Anche il finestrone mistilineo posto al centro della facciata è posteriore, databile ai primi decenni del settecento, secolo nel quale la chiesa fu oggetto di una risistemazione in stile barocco. La struttura architettonica interna lascia ancora intuire la originale soluzione quattrocentesca che, con le campate suddivise da archi traversi e con l'ampio presbiterio quadrato, rimanda ad analoghe soluzioni visibili in alcune chiese coeve presenti nel territorio bresciano. Le pareti della chiesa sono impreziosite da un'ininterrotta decorazione a fresco - realizzata nel terzo decennio del Settecento da artisti prevalentemente di area milanese, Giovan Battista Sassi, Giacomo Lecchi e Giuseppe Castellini – composta da finte architetture, da medaglioni, e da motivi vegetali che inquadrano narrazioni agiografiche. Notevole è l'apparato decorativo delle sei cappelle che si aprono sulla sinistra della chiesa. Nella prima cappella, detta del Santissimo Sacramento, troviamo una pregevole pala d'altare di G.B. Sassi raffigurante la SS. Trinità con il trionfo della Croce. Nella cappella seguente, detta di San Pietro, è possibile ammirare una pala del Moretto raffigurante Gesù in gloria consegna le chiavi a san Pietro e il libro della dottrina a san Paolo. La pala, di dimensioni non molto ampie, è databile dopo il 1540: essa è stata qui impiegata dopo un lavoro di risagomatura ed il suo inserimento in una cornice settecentesca. Il dipinto celebra con grande attenzione didascalica la solidità della Chiesa e della sua missione pastorale, affidata direttamente da Gesù ai due santi che ne costituiscono le colonne portanti. Le figure dei santi che si ergono maestosamente verso il Cristo occupano la maggior parte della scena; sullo sfondo, per dare profondità al dipinto, si profila un paesaggio pieno di luce e di poesia.Nella stessa cappella, sulle pareti laterali, sono collocate due opere del Sassi (1730) riferite rispettivamente ai due santi raffigurati nella pala d'altare: Quo vadis Domine? e S. Paolo di fronte al Dio Ignoto. Nella cappella del Rosario troviamo ancora tele del Sassi: una Madonna del Rosario sull'altare e, ai lati, una Annunciazione ed una Visitazione. Nella cappella di san Bernardo Tolomei, fondatore della congregazione di Monte Oliveto Maggiore, troviamo, al centro, una pala d'altare di incerta attribuzione con la figura del Santo; ai lati tele del Sassi con episodi della sua vita. Alquanto suggestiva è la scena di san Bernardo Tolomei che dà sepoltura ai morti della peste che colpì Siena nel 1348. Nella cappella di Santa Francesca Romana, fondatrice delle Oblate di Tor di Specchi, sono poste tele del Sassi, tra cui un notevole San Benedetto in gloria con Santa Francesca Romana e un Angelo La sesta cappella, priva di altare e decorata con finte architetture, è dedicata a Maria Bambina. Custodisce un'urna ottagonale con il Simulacro di Maria Bambina, oggetto di speciale devozione da parte degli olivetani. L'altare maggiore della chiesa è stato realizzato nel 1668 ad opera di Paolo Sambinelli detto il Puegnago. Ai lati del presbiterio, in posizione simmetrica, a metà delle pareti, sono poste due cantorie: quella di destra ospita un organo, mentre quella di sinistra è decorata con un seicentesco affresco raffigurante Santa Cecilia all'organo, attribuito al pittore cremasco Gian Giacomo Barbelli. Al centro dell'abside è posta una pala seicentesca raffigurante la Madonna col Bambino ed i santi Nicola e Benedetto. Notevolissimo è il coro a tarsie addossato all'abside, opera di Cristoforo Rocchi, datata 1480. Riprendendo un impianto decorativo molto stimato in quell'epoca (come testimoniano tra l'altro le superbe tarsie di Fra Giovanni di Verona a Monte Oliveto Maggiore) il coro monastico è formato da sedici sedili con schienali che ripetono, quasi identiche, le raffigurazioni ad intarsio della prospettiva di una corte con pavimentazione a scacchiera. Al centro del coro trovava posto un magnifico leggio in legno (con intarsi ricavati probabilmente da disegni del Romanino), opera di Raffaele da Brescia (datato circa 1530), ora conservato presso la Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia. Nella chiesa è oggi collocata anche la grande tela di Grazio Cossali, firmata e datata 1608, raffigurante le Nozze di Cana. Essa era posta in precedenza sulla parete di fondo del refettorio, a coprire l'affresco di inizio Cinquecento della Crocifissione. Il dipinto, di grande qualità artistica, denuncia il debito artistico dell'autore verso Antonio Campi Altre opere di notevole interesse artistico sono conservate nella sacrestia, a cominciare dalla porta decorata da trentun formelle intarsiate, opera realizzata (alla pari degli stalli del coro) da Cristoforo Rocchi. Occorre tuttavia osservare come, secondo alcuni, l'autore degli intagli della porta sarebbe Raffaello da Brescia. L'interno alquanto spazioso e luminoso della sacrestia ospita un cospicuo arredo ligneo ed un elegante apparato decorativo a fresco. Tra le due finestre troviamo un affresco cinquecentesco raffigurante la Madonna col Bambino affiancata dai Santi Nicola e Benedetto, opera appartenente al manierismo bresciano vicina ai modi stilistici di Lattanzio Gambara. Il contributo più importante all'apparato decorativo della sacrestia viene dalla mano di Gian Giacomo Barbelli: suoi sono gli affreschi posti nelle undici lunette sulle pareti, con episodi della Vita di San Benedetto (tratti dai Dialoghi di San Gregorio Magno), sue sono le decorazioni del soffitto al centro del quale campeggia il grande affresco con la SS Trinità adorata da San Benedetto, dal Beato Bernardo Tolomei, da Santa Scolastica e da Santa Francesca Romana Maestro orafo lombardo, Pace di Rodengo, inizio XVI secolo, oggi al Museo di Santa Giulia, Brescia Uno degli elementi che maggiormente caratterizzano l'Abbazia di Rodengo è dato dalla presenza di tre chiostri rinascimentali, realizzati con continuità, a partire dagli ultimi decenni del XV secolo, in un arco di tempo di un centinaio di anni. Il chiostro piccolo, posto in prossimità della chiesa, è verosimilmente quello avviato per primo, utilizzando anche materiale proveniente dal preesistente chiostro cluniacense. Le dimensioni ridotte, le linee di grande semplicità dei suoi corridoi e delle sue arcate con cordonature in cotto, l'aspetto ancora goticizzante dato dalle diverse forme dei capitelli a fogliami, conferiscono all'ambiente un'atmosfera di notevole raccoglimento. Il chiostro grande (o chiostro del Cinquecento) si connota per la elegante maestosità, dei due loggiati sovrapposti: quello inferiore, con dieci archi per lato, e quello superiore che corre, con archi raddoppiati, lungo tre lati della pianta quadrata. La qualità estetica del chiostro, di gusto pienamente rinascimentale, è impreziosita da una decorazione in maiolica che compone il cornicione che occupa ininterrottamente il lato meridionale. Al centro del prato è posta una pergola in ferro battuto. Si affacciano sul chiostro quelli che earano i locali di servizio dell'abbazia (la cucina, il pozzo e l'acquaio, il forno, la foresteria, ecc.). Vi si affaccia inoltre la cosiddetta "sala Sansone" che prende il nome dagli affreschi, opera di un artista bresciano del XVI secolo, che ne adornano la parete centrale e le lunette, aventi come tema le imprese dell'eroe biblico. Il chiostro della cisterna (o chiostro delle meridiane) fu realizzato all'incirca nel decennio 1580 -90. La struttura architettonica, con archi sorretti da colonne binate poggianti direttamente sulla pavimentazione, è improntata ad un gusto tardorinascimentale poco diffuso in territorio bresciano. Al centro del cortile acciottolato, su un basamento di tre scalini, poggia un pozzo di ferro battuto (costruito in un periodo più tardo). Caratteristica è la presenza di tre meridiane su tre lati diversi del chiostro; la più elegante, datata 1648, mostra lo stemma degli olivetani (monte di tre cime sormontato da croce con rami d'ulivo) Sul chiostro si affaccia quella che era la Sala del Capitolo (oggi utilizzata come cappella), la cui parete centrale è adornata da un affresco raffigurante Cristo risorgente (1599). Il dipinto, già attribuito a Lattanzio Gambara, è ora assegnato al pittore bresciano Pietro da Morone. Sul soffitto della sala che immette al refettorio è posto uno straordinario ciclo di affreschi realizzato nel 1570 da Lattanzio Gambara. Il pittore, affermatosi a Brescia come collaboratore del Romanino e poi come erede della sua bottega, dimostra qui una piena assimilazione dei modi pittorici del manierismo settentrionale. Il programma decorativo che si dispiega sul soffitto dell'antirefettorio e che dovette esser stato dettagliatamente concordato con i committenti olivetani, ha come tema generale la Salvezza dell'uomo. Al centro della volta, in una grande cornice a stucco è raffigurata una scena di difficile lettura iconografica: Si tratta della traduzione pittorica del settimo libro dell'Apocalisse, attenta a cogliere il maggior numero di dettagli di quanto viene riportato nel visionario e profetico racconto. Attorno al grande riquadro centrale, nelle zone incassate tra grandi mensole in stucco, sono affrescate altre dieci scene tratte dall'Apocalisse (un tema che il Gambara aveva già affrontato negli affreschi, andati distrutti, della Loggia di Brescia). Tra le raffigurazioni più efficaci (e più facilmente riconoscibili) si nota quella dei Quattro cavalieri dell'Apocalisse. Negli spazi tra i piedritti dei mensoloni sono affrescate tredici scene dell'Antico Testamento, scelte secondo un criterio dottrinale che le collega al tema della Salvezza. Lo straordinario impegno profuso nella decorazione della volta si completa attraverso figure di putti con ornati vegetali e mascherone, festoni floreali e scenette monocrome affrescate sui fianchi delle venti grandi mensole in stucco. Il grande refettorio dell'abbazia fu sopraelevato nel 1600, risparmiando uno solo degli affreschi preesistenti: il grande Cristo crocifisso tra la Madonna e san Giovanni e la Maddalena abbracciata alla croce sulla parete di fondo. Si tratta di un'opera di notevole qualità artistica che alcuni studiosi hanno assegnato a Vincenzo Foppa; ma che ora viene per lo più attribuita ad un ignoto pittore bresciano attivo nel primo Cinquecento (vicino ai modi stilistici di Floriano Ferramola). Dopo la sopraelevazione furono chiamati a decorare le alte pareti e l'ampio soffitto i pittori bresciani Tommaso Sandrini e Grazio Cossali, specialisti nel genere – allora molto stimato- delle finte architetture. Colpisce, in particolare, la profonda conoscenza delle leggi della prospettiva impiegata nel dipingere, come trompe-l'œil di tipico gusto barocco, le finte colonne della volta: esiste un punto preciso, in mezzo alla sala, dal quale esse appaiono allo spettatore tutte quante diritte. La visita al refettorio della foresteria – dov'era la mensa riservata ad accogliere gli ospiti forestieri – presenta un notevolissimo interesse per la presenza di affreschi che il Romanino eseguì verso il 1530. Essa viene anche indicata come "Sala Romanino". Due notevoli scene di soggetto evangelico, oggi non più visibili, furono affrescate dal pittore bresciano sulla parete occidentale della sala: la Cena in Emmaus e la Cena in casa di Simone Fariseo; due raffigurazioni scelte con evidenza per celebrare il tema della Ospitalità. Esse furono staccate nel 1864 e trasferite nel 1882 alla Pinacoteca Tosio Martinengo. A seguito dei lavori di restauro del 1979 sono riemersi sulla parete consistenti strati di pittura che erano rimasti aderenti all'intonaco: essi consentono ancora di intravedere il disegno delle due scene e di intuire così quale poteva essere l'aspetto originale del refettorio. Una copia (in dimensioni ridotte) delle due scene è stata riproposta nella sala a vantaggio dei visitatori: essi possono in tal modo apprezzare nel dipinto la forza del colorito, la solidità delle figure, lo stile rapido e sciolto, l'ambientazione popolana delle scene, narrate con un linguaggio connotato da grande umanità e da un marcato anticlassicismo. Sulla parete di fronte si possono ancora ammirare, intatti, gli affreschi eseguiti dal Romanino: una lunetta con la Madonna col Bambino e San Giovannino e, più in basso, due riquadri incassati nel muro, raffiguranti Gesù e la Samaritana al pozzo e (esempio insolito di "natura morta") una Dispensa con stoviglie. L'affresco nella lunetta costituisce uno struggente brano di poesia. La Madonna è raffigurata mentre guarda con animo dolente verso san Giovannino, che ha al suo fianco un agnello annunciante il necessario sacrificio del Redentore, mentre il Bambino sembra, con un gesto assai familiare, voler scendere dalle ginocchia della madre. Le figure sono illuminate da una luce che viene dal basso sulla loro sinistra; esattamente dov'è posta una finestra che dà luce alla stanza: si tratta di un'altra invenzione dettata dal realismo del Romanino. Enzo Fabiani, Enzo Pifferi e Maria Teresa Balboni, Abbazie di Lombardia, Como, Editrice E.P.I., 1980. L. Anelli, San Nicola di Rodengo. La Chiesa dell'Abbazia, Monte Oliveto, 1987 P. V. Begni Redona, Gli affreschi di Lattanzio Gambara nell'abbazia olivetana di Rodengo, Edizioni "l'Ulivo", abbazia di Monte Oliveto Maggiore (Siena), 1996 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su abbazia di San Nicola Sito ufficiale dell'Abbazia, su benedettiniabbaziaolivetana.org. URL consultato il 16 novembre 2008 (archiviato dall'url originale il 10 maggio 2009).

Stazione di Paderno

La stazione di Paderno è una fermata ferroviaria della linea Brescia-Iseo-Edolo a servizio dell'abitato di Paderno Franciacorta. Fu aperta il 21 giugno 1885 assieme alla ferrovia Brescia-Monterotondo-Iseo. Dal 1911 fino al 1945, la fermata si trovò al centro di due linee ferroviarie: la vecchia Brescia-Iseo e il raccordo Bornato-Paderno, quest'ultimo corrispondente all'attuale Brescia-Iseo. Tra il 1911 e il 1920, presso questa stazione terminavano le corse provenienti da Bornato-Calino che garantivano la coincidenza con i convogli che da Edolo erano diretti a Rovato. Paderno era anche capolinea delle corse destinate alla stazione cazzaghese, le quali erano in coincidenza in partenza, con i convogli provenienti da Brescia e destinati a Monterotondo e a Iseo, e in arrivo, con quelli provenienti da Rovato e destinati ad Edolo. Dopo il 1920, con l'istituzione della relazione Brescia–Bornato–Iseo– Edolo, e fino al 1931 l'impianto fu capolinea delle corsette dirette ad Iseo via Monterotondo. Nel secondo dopoguerra, il binario di quest'ultima relazione fu definitivamente disarmato. Lo stile del fabbricato viaggiatori è il medesimo delle fermate della vecchia linea Brescia-Iseo. Il lato campagna dell'edificio è orientato verso l'attuale linea ferroviaria, poiché al momento della costruzione la linea originale passava dal lato opposto. Il piazzale è composto dal solo binario di corsa, servito da una banchina. Fra l'edificio e la banchina è presente un binario tronco, utilizzato da Ferrovienord per la sosta dei mezzi di manutenzione. La stazione è servita dai treni regionali (R) in servizio sulle relazioni Brescia-Iseo e Brescia-Breno, eserciti da Trenord nell'ambito del contratto di servizio stipulato con la Regione Lombardia. La stazione dispone di: Sala d'attesa Biglietteria a sportello Mario Bicchierai, Quel treno in Valcamonica - La Brescia-Iseo-Edolo e le sue diramazioni, in Mondo ferroviario, vol. 67, gennaio 1992, pp. 6-73. Gianni Donni, Monterotondo di Passirano - Un borgo antico in Franciacorta, Brescia, Edizioni Brixia, 1995. ISBN non esistente Mauro Pennacchio, La meccanica viabilità - La ferrovia nella storia del lago d'Iseo e della Vallecamonica, Marone, Fdp Editore, 2006.. ISBN 889027140X. Ferrovienord.it - Stazione di Paderno, su ferrovienord.it (archiviato dall'url originale il 21 ottobre 2013).

Paderno Franciacorta
Paderno Franciacorta

Paderno Franciacorta (Padérem in dialetto bresciano) è un comune italiano di 3 652 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia. Paderno Franciacorta sorge nell'alta Pianura Padana, e appartiene al territorio della Franciacorta. Il territorio è delimitato a nord dalle Prealpi Bresciane, è pianeggiante a sud ed in collina nella zona centro storico. Con la D.G.R. 11 luglio 2014, n. X/2129, è stato pubblicato l’aggiornamento della classificazione sismica dei Comuni della regione Lombardia. La delibera, che avrebbe dovuto entrare in vigore il 14 ottobre 2014, contiene la nuova classificazione sismica e la nuova cartografia. È funzionale anche al riordino delle disposizioni regionali relative alla vigilanza delle costruzioni in zona sismica e dispone che i Comuni riclassificati aggiornino la componente sismica degli studi geologici di supporto agli strumenti urbanistici. Paderno Franciacorta è in zona 3, ovvero di bassa sismicità. Il castello di paderno è stato costruito probabilmente nell'anno 1009 per difendere persone e bestiame dagli attacchi degli ungari. Dopo l'invasione francese delle truppe di Enrico VII nel XV secolo si stima che a Paderno la popolazione rimasta fosse di soli 52 abitanti contro i quasi 500 di prima dell'occupazione. Il castello ha subito pesanti modifiche nel XX secolo. Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con D.P.R. del 24 maggio 1964. Il gonfalone è un drappo partito di bianco e di rosso. Abitanti censiti Stazione di Paderno Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Paderno Franciacorta Sito ufficiale, su padernofranciacorta.net. Sito ufficiale, su comune.padernofranciacorta.bs.it. Padèrno Franciacórta, su sapere.it, De Agostini.

Camignone
Camignone

Camignone (Camignù in dialetto bresciano) è una frazione del comune bresciano di Passirano. La località è un piccolo villaggio agricolo di antica origine. Camignone divenne frazione di Rodengo su ordine di Napoleone, ma gli austriaci annullarono la decisione al loro arrivo nel 1815 con il Regno Lombardo-Veneto. Dopo l'unità d'Italia il paese crebbe da meno di seicento a più di settecento abitanti. Fu il fascismo a decidere la soppressione del comune unendolo a Passirano. Camignone si trova a nord di Passirano ed è posto a 226 m sul livello del mare. Il nome, per alcuni deriverebbe da Cà minor (casa minore) o da Caminus (camino di fornace) oppure, per altri, da un nome di persona Caminio. L’ipotesi più accreditata è la derivazione da Cà minor (del Guerrini), in quanto collegata, come casa monastica minore, al monastero cluniacense di Rodengo. Fin dall’epoca romana Camignone doveva far parte di un pago romano in quanto Valenzano, un gruppo di abitazioni con edifici di rilievo e una chiesa situato ad est verso Brescia, era probabilmente la villa suburbana di qualche ricco patrizio della "gens Valentia". Valenzano è forse l’insediamento più antico di tutto il territorio comunale. Attorno a questo primo insediamento perciò, si sviluppa il comune medioevale di Camignone e, verso il 1000, vi sorge una casa colonica dei monaci cluniacensi, che, trovandosi presso le vie di comunicazione, ospitava viandanti e pellegrini. Lungo la strada provinciale sorgeva un gruppo di case con una casa d’albergo (bettola – posta nella zona dell’attuale Via Bettole) che indicavano la presenza di una antica diaconia, che si trasformerà poi nella Parrocchia di Camignone. Una vera comunità sorse nel X secolo quando si formò una vicinia e sorse un castello o una rocca in località San Lorenzo dove si possono vedere ancora alcune forme architettoniche. È di questa epoca la presenza di una famiglia importante e potente, quella dei Camignoni che, trasferitasi a Brescia nel 1113 diede il nome a una via della città. La vita ecclesiastica di Camignone gravitò attorno alla pieve di Bornato fino al XV secolo, periodo in cui si sviluppò autonomamente attorno alla chiesa di San Lorenzo in castro. Oltre alla chiesa parrocchiale dedicata a San Lorenzo, ampliata e completata con la grande scalinata a fine ottocento, è presente la quattrocentesca chiesa di San Faustino in monte, posta sul monte di Valenzano, ma già nel 1567 in decadimento. Da segnalare la costituzione del "Monte frumentario" verso la metà del 1500, eretto per aiutare la popolazione di Camignone e Valenzano, trasformato nel 1882 nella "Cassa dei prestiti Agrari". Lombardia Beni Culturali, su lombardiabeniculturali.it.

Stazione di Castegnato
Stazione di Castegnato

La stazione di Castegnato è una stazione ferroviaria della linea Brescia-Iseo-Edolo a servizio dell'omonimo comune. Si trova in via Roma a poca distanza dal municipio e dal centro storico del paese. Essa fu attiva fin dall'inaugurazione della linea ferroviaria, il 21 giugno 1885. Poco prima dell'inizio dei lavori del secondo lotto, tra il 1882 e il 1883, i comuni di Ome, Rodengo e Paderno chiesero che la stazione fosse posizionata in località Paradello, allo scopo di servire meglio anche questi tre abitati, ma la proposta fu rigettata dalla Società italiana per le strade ferrate meridionali. Tra il 15 giugno 2008 e il 12 giugno 2010, la stazione fu capolinea del servizio regionale denominato S/ con corse a cadenza oraria che collegavano il paese franciacortino al capoluogo. A paritre dal 2023 sono iniziati i lavori di ammodernamento in vista dei nuovi treni ad idrogeno. Il fabbricato viaggiatori si presenta nello stile architettonico previsto dalle stazioni della vecchia Brescia-Iseo di cui, fra l'altro, è l'unica che risulta ancora attiva, essendo state dismesse quelle di Passirano Superiore e Provaglio Superiore. Al piano terra si trovano il locale impianti, la sala d'attesa e la biglietteria (non più attiva); al piano superiore l'appartamento dell'assuntore. Il piccolo fabbricato dei servizi igienici, situato a breve distanza, è ancora presente, ma chiuso al pubblico. Il piazzale è composto da due binari, il primo di corsa e il secondo per gli incroci, serviti da altrettanti marciapiedi, collegati da attraversamenti a raso dei binari. In passato era inoltre presente un tronchino lato Iseo a fianco del primo binario, dotato di rampa di carico e destinato al traffico merci, a testimonianza del quale rimane oggi solo il paraurti in cemento. L'area è attualmente adibita a parcheggio a servizio della stazione. La stazione è stata declassata da Ferrovienord a fermata impresenziata. Presso la sala d'attesa è presente una sezione staccata della biblioteca comunale. La stazione è servita dai treni regionali (R) in servizio sulle relazioni Brescia-Iseo e Brescia-Breno, eserciti da Trenord nell'ambito del contratto di servizio stipulato con la Regione Lombardia. La stazione dispone di: Sala d'attesa Biglietteria a sportello Antonio Burlotti. Stazioni e fermate della linea ferroviaria Brescia/Iseo/Edolo, in Mauro Pennacchio. La meccanica viabilità - La ferrovia nella storia del lago d'Iseo e della Vallecamonica. Marone, Fdp Editore, 2006. ISBN 889027140X Gianni Donni. Provaglio e i provagliesi. Provaglio d'Iseo, La Cartotecnica, 1998. ISBN non esistente Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla stazione di Castegnato Ferrovienord.it - Stazione di Castegnato, su ferrovienord.it (archiviato dall'url originale il 21 ottobre 2013).

Passirano
Passirano

Passirano (Pasirà in dialetto bresciano) è un comune italiano di 6 914 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia. Fa parte della rinomata regione vitivinicola della Franciacorta. Il paese è nato nel Medioevo quando si svilupparono i villaggi di Passirano Mattina e Passirano Sera intorno ai rispettivi castelli, feudi intestati alla famiglia dei Passirani che hanno preso il nome dall'abitato. Nel 1479 gli abitanti dei due centri sfuggiti ad un'epidemia di peste cedettero un terreno in località Dosso dei Budrioli ai Servi di Maria che da qualche anno avevano eretto il convento dell'Annunciata a Rovato, e qui costruirono il Santuario di San Rocco, a metà strada fra i due villaggi. Nel XVII secolo i frati abbandonarono il convento e con decreto del 19 maggio 1670 il vescovo Marino Giorgi fece nascere la nuova parrocchia di San Zenone. Col tempo intorno al santuario si andarono sviluppando nuove case tanto che nel XIX secolo i due centri si erano ormai fusi. Il santuario fu ampliato e diventò l'attuale chiesa parrocchiale di San Zenone. Alla fine dell'Ottocento il suo territorio comunale fu ampliato comprendendo la frazione di Monterotondo e negli anni trenta si aggiunse anche la frazione di Camignone. Lo stemma è stato riconosciuto con decreto del capo del Governo dell'11 agosto 1933. Il gonfalone, concesso con decreto del presidente della Repubblica del 29 dicembre 1995, è un drappo di giallo. Il castello di Passirano Sera è stato eretto a cavallo ta il X secolo e il XIV secolo per garantire un rifugio agli abitanti della zona in caso di attacco. È costituito da mura alte e massicce che formano una pianta quadrata realizzate in pietra di Sarnico a blocchi irregolari. All'esterno delle mura, un'alta torre a pianta quadrata. Due torri a pianta semicircolare contraddistinguono il recinto fortificato: una più alta verso Levante e l'altra più bassa a Ponente, detta anche "Torre della Specola" che nel XVIII secolo ospitava un osservatorio astronomico. Le merlature ghibelline risalgono al periodo seicentesco. Il castello era interamente circondato da un fossato che isolava la cinta muraria dal territorio circostante. Oggi la fossa non è quasi più visibile per essere stata quasi totalmente coperta e colmata. Il portale di accesso al castello è successivo e risale al XVIII secolo, periodo in cui il castello fu oggetto di alcune modifiche. Nei dintorni del castello sorgono due ville signorili: villa Fassati edificata nel XVIII secolo e villa la Tesea del XVI secolo. Al suo interno sono conservate alcune stanze più antiche a nord-ovest ed altre, più recenti, che fungono da deposito e da scuderie, ricavate sul finire del '700 come succursali della adiacente Villa Fassati. La chiesa di San Zenone fu costruita sul preesistente santuario di San Rocco nel Seicento. Conserva pitture interne realizzate nel XIX secolo da Antonio Guadagnini pittore di Esine (1817-1900), e la pala dell'altare maggiore raffigurante la Madonna col Bambino e San Zeno dipinta da Sante Cattaneo alla fine del XVIII secolo. Nell'altare della Madonna del Rosario è conservata una statua lignea con la Madonna ed il Bambino di Stefano Lamberti. Nella chiesa adiacente della Maternità sono conservati 60 ex voto dedicati alla Madonna dell'Abito e una incisione di Antonio Paglia. L'attuale facciata fu completata nel 1903. Abitanti censiti Nel territorio, oltre all'abitato principale, sono presenti due frazioni, riconosciute come tali dal comma 1 dell'articolo 4 dello statuto comunale: Monterotondo e Camignone. Sono inoltre presenti le seguenti località: Al Ponte; Baldossa; Bettole di Camignone, situate a nord della frazione, a ridosso del territorio di Monticelli Brusati; Bettolino di Monterotondo, a sud-ovest dell'omonima frazione, sul confine col comune di Corte Franca; Breda, cascina non lungi da Monterotondo, adibita a maneggio e scuola d'equitazione; Brognolo, cascina isolata a est, presso la zona industriale di Rodengo-Saiano; Cadei, parte di Vallosa; Cadenone, borgo costruito attorno all'omonima e antica cascina, sull'antica via romana che collegava Passirano a Polaveno (qui sono stati infatti rinvenuti alcuni reperti di epoca pre romana); Camignone di Sopra; Camignone di Mezzo; Camignone di Sotto, gruppo di abitazioni isolate, frapposte tra Passirano e Camignone propriamente detto; Campagna; Cantone di Sopra, antichissima contrada a nord-est del paese, costruita attorno ad antiche mura romane, e un castello più recente (alto medioevale), del quale oggi rimangono solo un quadrato di mura; Cantone di Sotto, vecchia contrada a sud-est, in direzione di Paderno Franciacorta, attorno alla tenuta Guarneri e alla antica chiesetta di San Pietro (oggi ormai perduta); Castello; Confaloniera, ossia la zona industriale nei pressi di Ospitaletto, a sud; Dosso; Egitto, nome di una piccola località di Camignone di Sotto; Europa, la zona del comune immediatamente circostante la piazza omonima, che comprende la corte della stessa e i cortili del comune e degli uffici attorno; Piazze, borgo a ridosso di via Roma, che congiunge il centro del paese alla stazione e alla località Vallosa, a sud. L'antico centro di questa contrada anticamente adibita a mercato è la chiesiola di Sant'Anna, nella quale si celebrano le festività che cadono il giorno di sant'Anna; Rondinella, zona di villeggiatura costituita da case nuove e posizionata tra la stazione e le Piazze; San Faustino, contrada rettilinea posizionata ai piedi della collina "Monte Delma di Camignone", che congiunge Camignone alla località, più ad est, di Valenzano; San Rocco, la località immediatamente dietro la parrocchiale, che prende il nome dall'omonimo convento costruito nel XIV secolo in epoca della Peste; Valenzano, antichissima località tradizionalmente legata alla coltura e alla vendita dei prodotti vinicoli. Si trova a nord-est di Camignone; Vallosa, gruppo disomogeneo di cascine a sud della stazione e dell'abitato principale, in direzione di Barco (frazione di Cazzago San Martino). L'abitato principale, Passirano, fino a qualche decennio fa si distingueva in due villaggi: Passirano di sera e di mattina. Il primo si suddivideva in due contrade: di sopra e di sotto. A sua volta, Passirano di mattina si suddivideva in due cantoni: superiore e inferiore. Carlo Perogalli, Enzo Pifferi e Angelo Contino, Castelli in Lombardia, Como, Editrice E.P.I., 1982. Stazione di Passirano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Passirano Wikivoyage contiene informazioni turistiche su Passirano Sito ufficiale, su comune.passirano.bs.it. Passirano, su sapere.it, De Agostini.