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Sede Rai di Cagliari

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La Sede Rai di Cagliari è il centro di produzione radiotelevisiva regionale della Rai nella Sardegna. La sede Rai di Cagliari fu costruita nel secondo dopoguerra. Direttore della sede regionale Rai di Cagliari dal 1 febbraio 2022 è l'ing. Carmen Botti mentre il Caporedattore della Redazione Giornalistica è Andrea Caglieris. Buongiorno Regione Il Settimanale TG Regione TGR Meteo (14:20 e 19:55). Il territorio regionale è suddiviso in zone climatiche: Sardegna Settentrionale (comprendente Sassari, Alghero e Olbia), la Sardegna Centrale (comprendente Nuoro e Oristano) e la Sardegna Meridionale (comprendente Cagliari, Carbonia e Iglesias). Rai Sardegna Rai Ufficio Stampa - CAGLIARI, su ufficiostampa.rai.it. Immagine della sede Rai di Cagliari TGR Sardegna, su rainews.it.

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Sede Rai di Cagliari
Viale Bonaria, Cagliari Bonaria

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Stazione di Cagliari (FCS)
Stazione di Cagliari (FCS)

La stazione di Cagliari delle Ferrovie Complementari della Sardegna, comunemente nota come stazione di Cagliari Viale Bonaria (dal nome della strada in cui era ubicata), era una stazione ferroviaria a servizio del comune di Cagliari, originario capolinea della ferrovia per Isili. Realizzata nel centro di Cagliari, fu una delle più importanti stazioni della rete a scartamento ridotto della Sardegna sino al momento della sua dismissione. La costruzione di questo impianto risale all'ultima parte dell'Ottocento, quando venne avviata la realizzazione della linea ferroviaria a scartamento ridotto che avrebbe collegato Cagliari con Isili, Sorgono e Arbatax. Il progetto della struttura fu firmato dall'ingegner Giuseppe Bonzanigo, che scelse di realizzare gli edifici in stile classico, con una caratteristica copertura metallica del piazzale binari. L'inaugurazione della stazione, sita nel quartiere di Bonaria tra l'omonimo viale e viale Diaz, avvenne il 15 febbraio 1888 insieme alla ferrovia Cagliari-Isili, di cui era il capolinea cagliaritano nonché la sede delle principali officine e di una delle rimesse dei rotabili. Gestore della stazione era all'epoca la Società per le Strade Ferrate Secondarie della Sardegna, che si era occupata della costruzione della linea e di tutte le sue stazioni. Nel 1921 a questa società subentrarono le Ferrovie Complementari della Sardegna, a cui passò la gestione della stazione. Immediatamente prima dell'entrata in guerra dell'Italia nel secondo conflitto mondiale la grande copertura metallica della stazione fu rimossa (come quelle della stazione FS di piazza Matteotti e di quella di Sassari) per ricavarne ferro e altri metalli necessari per la causa bellica. Negli anni del conflitto lo scalo lavorò a pieno ritmo per permettere a tanti cagliaritani di scappare in treno verso l'interno dell'isola, in particolare dopo i bombardamenti alleati del 1943. Tornata la pace e riparati i danni della guerra, si cominciò a discutere della possibilità di trasferire in un'altra zona di Cagliari il capolinea delle Complementari (il cui fabbricato viaggiatori aveva subito importanti lavori di restyling nel corso del secolo), in quanto il percorso ferroviario andava a interferire con la viabilità stradale in alcune zone importanti della città e si trovava in un'area interessata a possibili sviluppi urbanistici. Fu così che le FCS e le varie istituzioni giunsero alla decisione di spostare il capolinea della ferrovia dalla stazione di Viale Bonaria ad una nuova da realizzarsi in piazza Repubblica (a circa un chilometro di distanza) in quanto il Ministero dei trasporti pretendeva il mantenimento dello scalo in centro per evitare ricadute negative sul numero dei passeggeri della ferrovia. Del progetto faceva parte la costruzione di una nuova ferrovia Monserrato-San Paolo finalizzata a ripristinare il collegamento con la stazione FS che sarebbe venuto a mancare con la chiusura dello scalo di viale Bonaria (collegato allo scalo ferroviario di Cagliari Marittima, sito nel porto di Cagliari e raggiunto anche da un raccordo proveniente dalla stazione FS), ma che non fu mai completata. Gli impianti di manutenzione, i depositi e altri uffici furono invece spostati in periferia a poca distanza dalla SS 554 (realizzata in quegli anni) nell'allora frazione di Monserrato, anche in questo caso con la realizzazione di un nuovo impianto. I lavori furono completati sul finire degli anni sessanta e fu così che il 1º dicembre 1968 venne aperta la stazione di Cagliari-Monserrato (in seguito Monserrato), il nuovo impianto di Cagliari Piazza Repubblica divenne il capolinea delle FCS nel capoluogo sardo, mentre venivano chiusi al traffico i 1165 metri di linea che da quest'ultimo impianto permettevano di raggiungere, passando per la via Dante ed il viale Cimitero, lo scalo di viale Bonaria, il quale cessava così la sua attività dopo 80 anni. I binari di collegamento tra il vecchio e il nuovo capolinea vennero poi rimossi nella seconda metà degli anni ottanta. L'area ferroviaria di viale Bonaria era stata destinata dal piano regolatore cittadino del 1962 alla realizzazione di un centro direzionale: l'attuazione di ciò avvenne tra gli anni settanta e i novanta, con la completa demolizione degli edifici e delle infrastrutture ferroviarie e la costruzione di un complesso finanziario (palazzi del Banco di Sardegna e dell'allora Credito Industriale Sardo, edificio in quest'ultimo caso basato su un progetto di Renzo Piano). L'unica traccia rimasta del vecchio impianto è riscontrabile nella toponomastica: la via che fiancheggia il lato ovest di quella che era l'area ferroviaria dello scalo di viale Bonaria è denominata via Stazione Vecchia. La stazione di Viale Bonaria costituiva lo scalo di testa della dorsale meridionale delle SFSS e in seguito delle FCS. Il piazzale consisteva negli anni sessanta in un fascio di 4 binari, compreso tra il fabbricato viaggiatori (situato nella zona nord-ovest del complesso ferroviario, e accessibile dal viale Bonaria), ed un ulteriore fabbricato situato sul lato di viale Diaz. Tali edifici furono uniti sia prima che dopo la seconda guerra mondiale da grosse coperture metalliche. Il fabbricato viaggiatori era un edificio a due piani con pianta rettangolare, la cui facciata, alterata nel corso dei decenni rispetto alla configurazione originale, fu realizzata in stile classico e si caratterizzava per la presenza di un timpano con incastonato un orologio. Ulteriori fasci binari si trovavano ancora più a sud, ed erano utilizzati sia per la sosta dei rotabili che per il servizio merci (il cui magazzino si trovava infatti nell'area sud degli impianti). Alcuni di questi binari inoltre erano interconnessi con la rete tranviaria di Cagliari, consentendo ai convogli merci di raggiungere il porto di Cagliari sia per l'intermodalità navale che per i trasbordi di merci con le FS, che all'epoca avevano un raccordo tra la stazione di piazza Matteotti e il vicino scalo marittimo. Altri fabbricati erano presenti nell'area ferroviaria, tra cui le rimesse dei rotabili, situate nell'area est dello scalo, oltre la curva che immetteva in viale Cimitero. La direzione del movimento avveniva in loco da parte del locale Dirigente Movimento. Durante il periodo di attività, ma anche negli anni immediatamente successivi alla chiusura della stazione, nell'impianto era ospitata la direzione d'esercizio delle linee ferroviarie delle FCS nel sud Sardegna. La stazione era servita dai treni passeggeri espletati dalle SFSS ed in seguito dalle FCS diretti lungo la Cagliari-Isili e verso la linea per Arbatax. L'impianto era dotato di vari servizi all'utenza, tra cui una sala d'aspetto ed una biglietteria a sportello Biglietteria a sportello Sala d'attesa Servizi igienici Edoardo Altara, Binari a Golfo Aranci - Ferrovie e treni in Sardegna dal 1874 ad oggi, Ermanno Albertelli Editore, 1992, ISBN 88-85909-31-0. Elettrio Corda, Le contrastate vaporiere - 1864/1984: 120 anni di vicende delle strade ferrate sarde: dalle reali alle secondarie, dalle complementari alle statali, Sassari, Chiarella, 1984. Francesco Ogliari, La sospirata rete - 4° volume, Milano, Cavallotti Editori, 1978. Cagliari Ferrovia Cagliari-Isili Stazione di Cagliari Piazza Repubblica Stazione di Monserrato Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla stazione di Cagliari

Santuario di Nostra Signora di Bonaria
Santuario di Nostra Signora di Bonaria

Il santuario di Nostra Signora di Bonaria è un complesso religioso della città di Cagliari situato in cima al colle omonimo. È uno degli edifici mariani più importanti della Sardegna ed è costituito: dal santuario in stile gotico-catalano risalente alla prima metà del XIV secolo; qui è custodito il simulacro di "Nostra Signora di Bonaria" (o "Madonna di Bonaria"), titolo dato alla Madonna, come patrona massima della Sardegna e di Cagliari, protettrice dei naviganti. dalla basilica risalente al XVIII secolo, in stile neoclassico, elevata a basilica minore da Pio XI nel 1926. dal cimitero-parco monumentale omonimo. dal convento omonimo gestito dall'Ordine dei padri mercedari, che altresì officiano, come sede parrocchiale, le funzioni religiose. Nel chiostro, è presente anche il Museo di Bonaria. Il santuario è la parte più antica del complesso e fu il primo esempio di architettura gotico-catalana in Sardegna. Nel 1324, durante l'assedio di Castel di Castro, l'infante Alfonso fece costruire su questo colle, detto in catalano di Bon Aire ovvero "buona aria", una cittadella fortificata. Nel 1326 Pisa abbandonò per sempre la Sardegna e, nel 1335, il re donò l'area di Bonaria ai frati dell'Ordine di Santa Maria della Mercede, all'epoca nel suo massimo splendore, i quali vi fecero costruire un convento con annessa la chiesetta, di stile catalano-aragonese. La costruzione della basilica, che affianca il santuario, risale al 1704, quando i frati mercedari decisero di edificare una chiesa più grande in onore della Vergine di Bonaria. La chiesa, costruita su progetto dell'architetto piemontese Antonio Felice De Vincenti, era stata progettata in origine in stile barocco; i lavori subirono però delle interruzioni, e verso la fine del XVIII secolo vennero affidati all'architetto Giuseppe Viana, che rielaborò il progetto in stile neoclassico. Nel corso dell'Ottocento i lavori subirono ancora diversi rallentamenti. Il 24 aprile 1885 l'arcivescovo di Cagliari Paolo Maria Serci Serra riconsacrò il santuario dopo che erano stati effettuati dei lavori; una grande lapide, fu posta a ricordo del duplice avvenimento. L'edificio venne però terminato solo nel 1926, anno in cui il papa Pio XI gli conferì il titolo di basilica minore. Durante la seconda guerra mondiale l'edificio subì gravi danni dovuti ai bombardamenti; venne ristrutturato tra il 1947 e il 1960 e poi di nuovo nel 1998. Il santuario di Bonaria è stato visitato il 24 aprile 1970 da papa Paolo VI, da papa Giovanni Paolo II il 20 ottobre 1985, da papa Benedetto XVI il 7 settembre 2008 durante la sua visita a Cagliari e da papa Francesco il 22 settembre 2013, per sottolineare il legame tra le città di Cagliari e Buenos Aires, dato che proprio da questo santuario la capitale dell'Argentina prende il nome. Il santuario trecentesco venne ampiamente rimaneggiato negli anni cinquanta del XX secolo, allo scopo di riportarlo alla forma originaria. La facciata, allineata a quella della basilica, è molto semplice, a capanna. Per accedere alla chiesa si entra dal portale, in stile gotico, che fu recuperato dalla medievale chiesa di San Francesco in Stampace, che fu demolita nel XIX secolo. L'interno, sempre in stile gotico-catalano, è a navata unica con volta ogivale. Sul lato sinistro si aprono tre cappelle, anch'esse in stile gotico, voltate a crociera, mentre sul lato destro si trova l'arco che unisce il santuario alla basilica (le quattro cappelle che si aprivano su questo lato furono demolite in seguito ai lavori di costruzione della basilica). In fondo all'aula, sopraelevato rispetto al pavimento, si trova il presbiterio che termina con l'abside poligonale dov'è l'altare maggiore; questo è il cuore del santuario, perché sull'altare è intronizzata l'imponente statua lignea trecentesca della Madonna col Bambino, detta Nostra Signora di Bonaria, meta della devozione dei fedeli che, per venerarla, salgono le scalette ai due lati dell'altare, trovandosi così all'altezza dei piedi della statua. Alla base della balaustra, ai lati della scala d'accesso al presbiterio, vi sono le tombe di Domenico Alberto Azuni (sinistra) e quella del servo di Dio fra' Antonino Pisano (destra), frate mercedario di Cagliari, morto nel 1927. In tribuna è ubicato un organo (1886), costruito da Carlo Aletti di Monza. Nel corso dei secoli, al santuario di Bonaria sono stati donati numerosi oggetti ex voto che anticamente venivano appesi nelle pareti laterali. Tra questi una piccola statua raffigurante una navicella di avorio, lunga circa 30 cm che si trova nell'architrave immediatamente prima dell'abside dove è collocata la statua della Vergine. Tale oggetto è uno dei più antichi che il santuario possa vantare. Secondo la leggenda, la navicella fu donata nel XV secolo da una tra i tanti pellegrini che si recavano al santuario per venerare la statua. La pellegrina, del quale non si conosce l'identità, inizialmente, aveva pensato di destinare l'ex voto alla Terra santa ma, rimasta colpita dalla storia del santuario, decise di donare la navicella alla Madonna di Bonaria. Questa fu appesa con una cordicella, sospesa sopra l'abside, e fin da subito fu meta di pellegrinaggio dei pescatori della zona, ed ivi è rimasta: si dice infatti che quest'oggetto indichi la direzione delle correnti che spirano nel Golfo di Cagliari. Per questo motivo i pescatori cagliaritani, prima di avventurarsi nel mare aperto, si recavano al santuario per chiedere informazioni e la navicella si spostava e con la prua indicava la direzione del vento. La facciata della basilica si presenta in un semplice stile neoclassico, risalente al periodo 1704-1730, e costruita sempre grazie al contributo dell'Ordine Mercedario. È composta da pietre bianche in calcare con un ampio porticato, sopra il quale, in corrispondenza della navata centrale, vi è un timpano che racchiude lo stemma dell'Ordine della Mercede e, più in basso, sovrastata da un altro timpano e inquadrata da colonnine classicheggianti, si apre la loggia delle benedizioni. La facciata fu ristrutturata intorno al 1958, ad opera dell'architetto perugino Gina Baldracchini. Nell'atrio d'ingresso, sulla sinistra, si trova una scultura del milanese Enrico Manfrini raffigurante il papa Paolo VI, che visitò il santuario di Bonaria nel 1970. I portali laterali in bronzo, risalenti al periodo di ristrutturazione del 1985-1990, raffigurano figure alate che sorreggono lo stemma di Cagliari e vennero realizzate dallo scultore Ernesto Lamagna. Il portone principale invece, è stato restaurato con nuove 24 formelle di Stefania Ariu nel 2016, in occasione del centenario dell'Ordine mercedario (2018). Sul sagrato, sono altresì presenti due sculture di Franco D'Aspro. Per giungere fino in cima al complesso, negli anni 30 del XX secolo il Comune di Cagliari intese costruire una gradinata in cemento, granito e calcare a partire dal sottostante viale Armando Diaz. Tuttavia i lavori furono rimandati a causa della seconda guerra mondiale, per cui la scalinata fu costruita tra il 1962 e il 1967, ad opera degli architetti Adriano e Lucio Cambellotti (figli di Duilio Cambellotti). Il vasto e luminoso interno ha pianta a croce latina, diviso in tre navate, con ampio transetto sovrastato da un'alta cupola (50 metri) ottagonale. Le navate sono separate da quattro arcate, poggianti su colonne binate in calcare bianco. La navata centrale, lunga 54 metri, ha una copertura a volta a botte, mentre quelle laterali sono coperte rispettivamente da quattro cupolette. L'altare maggiore è sormontato da un baldacchino sorretto da quattro colonne di marmo verde decorato da figure di angeli in rame dorato, così come i capitelli e le arcate. Di fronte al presbiterio, all'altezza dell'ultima coppia di colonne a destra si trova una riproduzione della statua della Madonna di Bonaria. Nelle navate laterali si aprono le cappelle, quattro a destra e tre sulla sinistra, in cui si trovano grandi tele raffiguranti la Madonna, risalenti agli anni cinquanta del XX secolo. Le tele raffiguranti Maria Ausiliatrice (prima cappella a destra), l'Assunta (seconda cappella a destra), la Madonna di Fátima (quarta cappella a destra), la Madonna del Rosario (prima cappella a sinistra), la Vergine Immacolata (terza cappella a sinistra) sono opera di Antonio Mura. Nella terza cappella della navata destra, si trova il dipinto della Sacra Famiglia di Giuseppe Aprea, mentre la seconda cappella della navata sinistra racchiude la tela raffigurante la Madonna della Mercede, opera di Gina Baldracchini risalente al 1961. Il transetto custodisce la statua della Madonna del Combattente, opera di Francesco Ciusa, realizzata tra il 1936 e il 1938. Sempre nel transetto si aprono due cappelle nei rispettivi bracci, in quello destro la cappella della Madonna della Vittoria o dei Caduti, edificata nel 1930 per desiderio delle madri dei caduti in guerra, ornata da un altare marmoreo in stile barocco con un bassorilievo raffigurante La Pietà, nel braccio sinistro la cappella del Santissimo Sacramento, in cui si trova un'altra tela di Antonio Mura, raffigurante la Cena in Emmaus. Nel transetto della chiesa, su due cantorie, si trova l'organo a canne Tamburini opus 438, costruito nel 1961. Lo strumento, a trasmissione elettrica, ha tre tastiere di 61 note ciascuna ed una pedaliera concavo-radiale di 32. Nel chiostro del convento si trova il Museo del santuario, che conserva testimonianze archeologiche, modellini navali, arredi sacri ed ex voto. Dopo i restauri degli anni cinquanta, l'edificio del santuario fu riportato alle sue linee architettoniche originali, cioè al più puro stile gotico-catalano; fu quindi necessario rimuovere tutte le sovrapposizioni precedenti. Anche gli ex-voto che vi si conservavano furono tutti rimossi e sistemati alla meglio in alcuni locali, in attesa di una sistemazione definitiva. Nel 1968, il rettore padre Pasquale Pasquariello creò un piccolo museo, destinato a conservare e preservare dalla distruzione gli ex-voto; tale museo fu inaugurato nel luglio 1968, in occasione della sagra estiva di Bonaria. Secondo la leggenda, il 25 marzo 1370 una nave partita dalla Catalogna fu sorpresa da una tempesta. I marinai decisero allora di gettare in mare tutto il carico, tra cui una pesante cassa. Appena la cassa venne gettata in mare, la tempesta si placò. La cassa approdò quindi a Cagliari, proprio sotto il colle di Bonaria; i frati del convento, apertala, vi trovarono una statua in legno di carrubo della Vergine Maria che tiene con una mano in braccio il Bambino Gesù e nell'altra ha una candela accesa Santa Maria della Candelora. La devozione alla statua miracolosa si diffuse immediatamente in tutta la Sardegna, specie tra i marinai che la invocano come protettrice. Narra infatti sempre la leggenda che la navicella d'avorio, offerta in ringraziamento alla Vergine da una devota, che era stata appesa davanti alla statua con una corda di canapa, avesse iniziato a muoversi segnando i venti che spiravano fuori dal golfo di Cagliari e che i marinai, prima di prendere il mare, si recassero sempre nel santuario. I conquistadores spagnoli diedero per devozione il suo nome alla capitale dell'Argentina, Buenos Aires. Il 13 settembre 1907 papa Pio X proclamò la Madonna di Bonaria patrona massima della Sardegna. Cento anni dopo, nel 2007, si è celebrato il centenario di tale proclamazione, conclusosi il 7 settembre 2008 con la solenne celebrazione presieduta da papa Benedetto XVI, giunto in visita pastorale a Cagliari (l'annuncio ufficiale dell'evento è stato dato alla Sardegna intera dall'arcivescovo di Cagliari Giuseppe Mani nella messa della Natività nel duomo, il 25 dicembre 2007). La visita a Cagliari è stato il terzo e ultimo viaggio apostolico in Italia per il 2008, dopo la Liguria e la Puglia. Il 22 settembre 2013 papa Francesco ha visitato il santuario della Madonna di Bonaria per la sua prima visita pastorale. La festa di Nostra Signora di Bonaria viene celebrata il 24 aprile. Chiese di Cagliari Buenos Aires Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne del santuario di Nostra Signora di Bonaria Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul santuario di Nostra Signora di Bonaria Il sito del santuario, su nsdibonaria.it. URL consultato il 24 settembre 2006 (archiviato dall'url originale il 1º febbraio 2009). Sito dedicato a Nostra Signora di Bonaria, su spazioinwind.libero.it. Storia della statua della Madonna di Bonaria, su capoterraweb.it. URL consultato il 24 settembre 2006 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2006). L'organo a canne (PDF), su organaccademy.altervista.org. URL consultato il 26 agosto 2012 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).

Chiesa di San Lucifero
Chiesa di San Lucifero

La chiesa di San Lucifero è un luogo di culto di Cagliari, sede della parrocchia della Beata Vergine del Rimedio. Il tempio sorge in via San Lucifero, a breve distanza dalla basilica di San Saturnino, nel quartiere Villanova. L'area in cui sorgono la chiesa di San Lucifero e la basilica di San Saturnino venne utilizzata come necropoli in epoca paleocristiana. Nel primo quarto del XVII secolo quest'area fu oggetto di scavi, allo scopo di riportare alla luce le reliquie dei santi, particolarmente dei martiri, che si riteneva vi fossero sepolti. L'operazione si svolse in seguito alla disputa tra gli arcivescovi di Cagliari e Sassari, ciascuno dei quali rivendicava per sé il titolo di Primate di Sardegna e Corsica. Si pensò quindi di stabilire la maggior dignità e prestigio di una sede rispetto all'altra, misurandola secondo il numero di "corpi santi" (reliquie di martiri o presunte tali) che si sarebbe riusciti a rinvenire nelle antiche necropoli dei territori delle rispettive diocesi. A Cagliari, nell'area di San Saturnino, si portarono alla luce numerosi resti umani che, attribuiti a diversi santi martiri (a questo proposito è bene ricordare che la sigla B.M., presente nelle epigrafi funerarie delle tombe rinvenute, veniva sistematicamente interpretata come le iniziali di Beatus Martir, mentre Bonae Memoriae era un'altra interpretazione della sigla), vennero solennemente traslati nel santuario dei Martiri, la cripta appositamente scavata sotto il presbiterio del duomo di Cagliari. Tra le reliquie vi erano anche quelle attribuite a san Saturnino martire, patrono di Cagliari e quelle di san Lucifero. Queste ultime furono rinvenute nel 1623 in un sarcofago, all'interno di un antico sacello, che oggi, insieme ad altri due ambienti ipogeici, costituisce la cripta dell'attuale chiesa dedicata al santo vescovo. Le due iscrizioni ritrovate insieme al sarcofago, Hic iacet BM Lucif Crus Arcepis Callaritanus Primarius Sardine et Corice.ca fl s r me eclesiae que vixit.annis LXXXI.K.Die XX Mai e A. Llucifer Epp (custodite anch'esse nel Santuario dei Martiri), sembrarono non lasciare dubbi sull'identità del personaggio sepolto nel sacello. La chiesa di San Lucifero venne eretta tra il 1646 e il 1682, a spese della Municipalità di Cagliari, sopra quello che si ritenne essere il luogo di sepoltura del santo, in zona all'epoca campestre. L'edificio si ispira alla cattedrale della città, per quanto riguarda la pianta, a croce latina, l'alta cupola e il presbiterio sopraelevato, sotto il quale si trova la cripta. Lo stile impiegato nella costruzione fu il tardo manierismo. Tra il 1693 e il 1767, la chiesa con l'annesso convento e collegio erano retti dai frati domenicani. Successivamente il complesso passò ai trinitari, provenienti dalla loro antica sede, la chiesa di San Bardilio, che rimasero a San Lucifero sino al 1803. Nel 1826 Carlo Felice volle che il complesso fosse adibito a ospizio dei poveri, successivamente trasformato in orfanotrofio. Tuttavia, nel 1861 la chiesa e il convento, abbandonati, si presentano agli occhi di Giovanni Spano in stato di degrado. Nel 1891, l'arcivescovo Francesco Gregorio Barchialla, vista l'estensione del quartiere Villanova, eresse la chiesa di San Lucifero a parrocchia succursale della collegiata di San Giacomo. L'ospizio invece, dal 1907, divenne sede della regia scuola industriale, che esiste ancora col nome di "istituto tecnico industriale". Nel 1924, l'arcivescovo Ernesto Maria Piovella eresse la parrocchia autonoma, intitolata alla Beata Vergine del Rimedio, con sede nella chiesa di San Lucifero. Il primo parroco fu don Mosè Farci, che resse la comunità fino al 1957. La chiesa di San Lucifero presenta la facciata, a coronamento orizzontale, divisa in due livelli per mezzo di una cornice, retta da due paraste angolari con capitelli ionici. Nel livello superiore si trovano un oculo e due aperture rettangolari, mentre nel livello inferiore si apre il portale, completato nel 1692, che si presenta incorniciato da due colonne di spoglio, di granito, sormontato da una cornice con volute curve ai lati. Al centro campeggia lo stemma della città. Posati sulle volute, ai lati dello stemma, sono le statue di due cani, simbolo dei domenicani, Domini canes, che officiarono il tempio per lungo tempo. L'interno presenta un'unica navata, scandita da paraste, con tre cappelle intercomunicanti per lato, transetto e abside rettangolare. L'imposta della volta a botte della navata e del transetto è percorsa da una trabeazione in stile classico, decorato a dentelli. Il presbiterio, costruito sopra la cripta, è sopraelevato e cinto da una singolare balaustra lignea, retta da due leoni dello stesso materiale, posti ai lati della scalinata centrale d'accesso. I gradini della stessa scalinata sono decorati da azulejos. La parete di fondo dell'abside è dominata dalle canne dell'organo, costruito dalla casa "Tamburini" di Crema nel 1961 (tre tastiere e 27 registri). Nel braccio destro del transetto è collocato l'imponente altare barocco in legno dorato, intitolato alla Madonna del Rimedio, patrona della parrocchia, dove è esposta una statua della Vergine, opera di Giuseppe Antonio Lonis. Nel transetto sinistro si trova la tomba di don Mosè Farci. La prima cappella laterale destra ospita, sotto la mensa dell'altare, una statua in marmo bianco, raffigurante san Lucifero giacente, rivestito dagli abiti pontificali, e una tela che raffigura lo stesso santo assiso in cattedra. Oltre a questo, la chiesa custodisce anche altri pregevoli dipinti, come Il martirio dei santi Lussorio, Cesello e Camerino e La Madonna col Bambino tra i santi Lucifero e Domenico e i cinque consiglieri della città, entrambi risalenti alla fine del XVII secolo, di autore anonimo e restaurati nel 2007. Francesca Segni Pulvirenti, Aldo Sari. Architettura tardogotica e d'influsso rinascimentale. Nuoro, Ilisso, 1994. ISBN 88-85098-31-2 Antioco Piseddu, Le chiese di Cagliari, illustrazioni di Gianflorest Pani, Sestu, Zonza Editori, marzo 2000, ISBN 978-88-8470-030-8. Chiese di Cagliari Villanova (Cagliari) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Lucifero

Palazzo ENEL
Palazzo ENEL

Il palazzo ENEL è un edificio di Cagliari, sede regionale dell'omonima azienda, oggi considerato uno dei simboli della città stessa. Attualmente è sede dell'Enel (torre) e della società Terna spa, gestrice della rete elettrica nazionale ad alta tensione (corpo basso). A seguito della distruzione, avvenuta nel 1943, della centrale elettrica della Società Elettrica Sarda (SES) (edificio situato a fianco di palazzo Tirso, costruito negli anni venti e tuttora sussistente, e allora sede principale della stessa società), si decide di costruire un grattacielo, il più alto dell'isola negli anni sessanta. Dopo aver ricevuto la deroga del piano urbanistico da parte del comune, che autorizzò questo progetto, insieme a quello del palazzo del Banco di Roma in piazza Yenne, per il suo valore simbolico della rinascita dopo la guerra, la Società elettrica sarda affida nel 1947 il progetto a Gigi Ghò, architetto milanese che aveva già lavorato con Gio Ponti. L'edificio viene inaugurato nel 1961, in occasione dei cinquant'anni di attività della società. Tuttavia l'anno seguente segna già il cambio di proprietà, con la nazionalizzazione della distribuzione dell'energia e il passaggio all'Enel. L'edificio è composto da un corpo basso prospettante su viale Diaz, sulla cui facciata è ospitato un bassorilievo di Eugenio Tavolara, e una torre prospettante su via Roma. La facciata continua su via Roma si caratterizza per l'uso di una intelaiatura in cemento armato che contrasta con la parete cieca rivestita in kindler turchese smaltato del lato della torre che dà su viale Diaz. L'architettura dell'edificio all'epoca provocò un acceso dibattito, in quanto diversa da quella del resto di via Roma, per lo più ispirata allo stile liberty. Nel 2012 ha avuto luogo la ristrutturazione del corpo basso dell'edificio prospettante la via Pirastu a cura della società proprietaria Terna spa. Anche il bassorilievo di Eugenio Tavolara è stato restaurato a cura del MiBAC. Nel 2017 è stata effettuata una ristrutturazione che comprende tutte le sue parti.. AA. VV., Architetture del '900 a Cagliari, Cuec, Cagliari 2003. Franco Masala, Architettura dall'Unità d'Italia alla fine del Novecento, Ilisso, 1999. Marco Lucchini, L'identità molteplice. Architettura moderna in Sardegna 1930-2008, Aisara, Cagliari 2008 Cagliari Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Palazzo ENEL