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Monumento a Indro Montanelli

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Monumento a Indro Montanelli Giardini Pubblici P.ta Venezia
Monumento a Indro Montanelli Giardini Pubblici P.ta Venezia

Il monumento a Indro Montanelli è una scultura dello scultore Vito Tongiani realizzata in bronzo dorato posta nei giardini pubblici di Milano, intitolati a Montanelli stesso. La statua ritrae il giornalista intento ad utilizzare una macchina da scrivere Olivetti MP1, riprendendo la posizione da una nota fotografia del 1940 di Fedele Toscani in cui Montanelli stava scrivendo a macchina seduto su una pila di giornali in un corridoio della sede del Corriere della Sera. Nella foto Montanelli porta un cappello, che nella statua è invece appoggiato alla sua destra; l'idea era di mostrare la testa e «meglio metterla a nudo, per evidenziare quel cervello concentrato per tanta potenza». Il monumento fu posto nei giardini pubblici intitolati a Montanelli, all'interno di uno spazio delimitato da un muretto che intende simboleggiare La Stanza di Montanelli, nome di una sua nota rubrica. Montanelli era solito passeggiare in quei giardini e la posizione scelta è poco distante da dove, nel giugno 1977, subì un attentato da parte delle Brigate Rosse. Sul piedistallo è presente l'incisione «INDRO MONTANELLI / GIORNALISTA». L'inaugurazione ebbe luogo il 22 aprile 2006 da parte del sindaco Gabriele Albertini. La statua fu oggetto di critiche a causa della nota avversione di Montanelli alle celebrazioni e alle statue, il fotografo Oliviero Toscani affermò che «con questa statua è come se l'avessero gambizzato una seconda volta», mentre Elio Fiorucci affermò che «sono riusciti a fargli da morto quel che da vivo non era riuscito a nessuno, neppure a Berlusconi: metterlo in gabbia». Il sindaco difese la scelta, dicendo di aver agito in accordo con la compagna e con la nipote di Montanelli. La statua è stata più volte oggetto di contestazioni. Nel febbraio 2012 fu imbrattata con vernice rossa e fu rinvenuta una finta bomba. Nell'aprile 2018 furono apposte scritte inerenti al controverso rapporto di madamato che Montanelli ebbe in Etiopia nel 1935 con una bambina eritrea di 12 anni. L'8 marzo 2019 il monumento fu imbrattato con vernice rosa durante lo svolgimento del corteo femminista per la Giornata internazionale della donna; la statua venne ripulita il giorno successivo senza aver subito danni. Nel giugno 2020 un gruppo di attivisti ha richiesto al sindaco Sala la rimozione della statua in concomitanza con le manifestazioni antirazziste seguite alla morte di George Floyd; il 13 giugno 2020 la statua è stata imbrattata con vernice rossa. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su monumento a Indro Montanelli

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Monumento a Indro Montanelli
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Monumento a Indro Montanelli Giardini Pubblici P.ta Venezia
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Luoghi vicini

Centro Svizzero
Centro Svizzero

Il Centro Svizzero è un complesso direzionale di Milano, sito in piazza Cavour. Conosciuto in particolare per la sua torre (80 metri) - la seconda a Milano dopo la Torre Snia Viscosa di piazza San Babila (1937) - è stato il grattacielo più alto della città dal 1952 (anno della sua inaugurazione) al 1954 circa, quando venne superato dalla Torre Breda di piazza della Repubblica. Si compone di due corpi separati: la cosiddetta Casa Bassa, alta quattro piani, che costituisce il fronte strada su piazza Cavour e l'elemento di raccordo con l'edificato preesistente della via Palestro, e la Torre, alta 80 metri per 21 piani, disposta più interamente. Architetti furono lo svizzero Armin Meili e l'italiano Giovanni Romano. A partire dagli inizi del Novecento venne a costituirsi a Milano una comunità svizzera, che negli anni successivi si organizzò riunendosi attorno al cosiddetto Schweizer Verein (Circolo Svizzero), per il quale venne in un primo momento trovata una sede in via Disciplini. L'attività del circolo proseguì a fasi alterne durante attraverso le due guerre, fino alla distruzione della sede storica, avvenuta nel corso del bombardamento del 14 febbraio 1943. A partire dal dopoguerra si pensò a una nuova sede, che sarebbe stata costruita sui terreni a est di piazza Cavour, precedentemente occupati dallo storico Hotel Cavour, offerti allo Schweizer Verein dal Comune di Milano. Venne indetto pertanto nel 1947 un concorso interno ai quali furono invitati gli architetti Armin Meili e Giovanni Romano, che sarebbero diventati il primo progettista, il secondo direttore dei lavori. Vennero presentate diversi progetti, fra i quali venne preferita la soluzione con la torre, accompagnata da un corpo basso che si affacciasse sulla strada. Diverse modifiche al progetto originale vennero apportate nel corso degli anni e in fase di realizzazione. La posa della prima pietra avvenne il 6 novembre 1949, accompagnata da una pergamena che riportava quanto segue. Il nuovo complesso venne pensato interamente autosufficienza, sia nell'approvvigionamento dell'energia elettrica, sia nella dotazione di acqua potabile. Per le finiture vennero impiegati materiali di pregio, quali marmo, travertino, granito e acero, che conferirono all'edificio - sia internamente che esternamente - una particolare eleganza. I lavori si protrassero per un paio di anni: già nell'autunno del 1951 fu tuttavia pronta e inaugurata la Casa Bassa, in presenza del Consigliere federale Enrico Celio; nel 1952 fu poi la volta della Torre. Il Centro Svizzero ospita oggi le più importanti istituzioni che rappresentano la Svizzera a Milano e nell'Italia settentrionale. Oltre al Consolato Generale di Svizzera, vi hanno sede: l'Istituto Svizzero di Roma, Swiss Chamber - Camera di Commercio Svizzera in Italia, Svizzera Turismo, la Società Svizzera Archiviato il 26 dicembre 2009 in Internet Archive. e la Radiotelevisione Svizzera di Lingua Italiana. Architettura Cantiere n. 1 (1952), pp. 72–76. Vitrum n. 41 (marzo 1953), pp. 2–12. Piero Bottoni, Antologia di edifici moderni a Milano, Editoriale Domus, Milano 1954, pp. 105–110. G. Veronesi, L'architettura dei grattacieli a Milano, in Comunità n. 74 (novembre 1959), pp. 78–91. A. Pica, Architettura moderna a Milano. Guida, Ariminum, Milano 1964. Maurizio Grandi, Attilio Pracchi, Milano. Guida all'architettura moderna, Zanichelli, 1980. ISBN 8808052109. (DE) Das Centro Svizzero in Mailand, in Schweizerische Bauzeitung, anno 72, fascicolo 5, 30 gennaio 1954, pp. 57-61. Grattacieli di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Centro Svizzero Sito ufficiale della Società Svizzera di Milano, su societasvizzera.it. URL consultato il 9 ottobre 2010 (archiviato dall'url originale il 26 dicembre 2009). Sito ufficiale Centro Svizzero Milano, su centrosvizzero.com.

Palazzo Dugnani
Palazzo Dugnani

Il Palazzo Dugnani è uno storico palazzo di Milano risalente al XVII secolo e poi restaurato durante il secolo successivo in stile rococò. Il palazzo venne eretto a partire dal XVII secolo e fu inizialmente dimora patrizia della famiglia Cavalchini, seppure di modesta entità. I Cavalchini vi rimasero sino al 1730, quando le case vennero cedute alla famiglia Casati che si impegnò nella realizzazione vera e propria del palazzo. I Casati rivendettero l'abitazione nel 1753 ai Dugnani, illustre famiglia milanese che annoverava al proprio casato tra gli altri anche un cardinale, Antonio, e che fecero di questa dimora uno dei maggiori centri di pensiero della Milano di fine Settecento, organizzando riunioni conviviali con personaggi come il poeta Andrea Oltolina per l'Accademia dei Fenici che qui venne stabilita dal 1762. Nel 1835, con la morte dell'ultima erede diretta, Teresa Dugnani Viani, la proprietà venne ereditata dal conte Giovanni Vimercati che, dal 1837, vi installò la prima collezione naturalistica personale, denominandola "Museo di Storia Naturale". Nel 1846 il Vimercati vendette il palazzo con la collezione al Comune di Milano che ne fece la prima sede del Civico Museo di Storia Naturale, successivamente trasferito in corso Venezia. Fino al 1977 ha ospitato la Civica Scuola Femminile Alessandro Manzoni, mentre oggi ospita il Museo del Cinema, i Laboratori delle Serre ed alcune mostre annuali. Il palazzo dispone esternamente di due fronti distinti, uno rivolto verso la sede stradale dove viene dato ampio risalto alla torretta belvedere di forma ottagonale dotata di lanterna, e l'altro, porticato, affacciato sul parco e composto da un corpo centrale che appare arretrato rispetto ai corpi laterali più sporgenti. Col passaggio della proprietà alla famiglia Dugnani a metà Settecento, il palazzo divenne sede di grandiose feste mondane e ritrovo di intellettuali e per questo i suoi interni sono ancora oggi tra i più sfarzosi della Milano barocca: alle pareti e sui soffitti si trovano grandi affreschi di Ferdinando Porta. Sul soffitto della Sala da Ballo al primo piano un grandioso dipinto del Tiepolo (1731-32), dove figure mitologiche che ondeggiano in un cielo terso e narrano le vicende di Scipione e Massinissa, a sottintendere la celebrazione della stessa famiglia dei Casati. La commissione degli affreschi pervenne al Tiepolo da Giuseppe Casati (1673-1740), ricco affarista e commerciante della nuova nobiltà emergente, che nel 1728 era stato creato conte e nel 1730 aveva ottenuto il feudo di Spino d'Adda. È proprio per consolidare in Milano il prestigio da poco acquisito a fronte di molte altre antiche casate del milanese che il Casati diede commissione al Tiepolo per le decorazioni, servendosi anche della collaborazione di altri artisti veneziani come Giovanni Antonio Cucchi, Mattia Bortoloni e il Megatti. Gran parte di questi affreschi sono stati strappati nel 1944 per paura che venissero danneggiati nel corso della Seconda guerra mondiale, ma sono ancora oggi conservati su tela nelle posizioni originarie nel palazzo. Esternamente, il palazzo conserva ancora traccia degli antichi giardini che oggi compongono il complesso più ampio dei giardini pubblici che venne ampiamente rimodellato nell'Ottocento con l'intervento dell'architetto Balzaretto che iniziò appena ad abbozzare l'opera nel 1848 che abbandonò a causa dei fermenti rivoluzionari per poi riprenderla nel 1855. Tiepolo - Allegoria della Famiglia Dugnani Tiepolo - Storie di Scipione e Massinissa fiorio maria teresa e terraroli valerio, TIEPOLO E LE STORIE DI SCIPIONE, Skira, 2009. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo Dugnani

Palazzo dell'Informazione
Palazzo dell'Informazione

Il Palazzo dell'Informazione, o Palazzo dei Giornali, in origine Palazzo del Popolo d'Italia, è un edificio storico situato in piazza Cavour al civico 2, nella zona centrale della città di Milano. Fu realizzato in stile littorio fra il 1938 e il 1942 dall'architetto Giovanni Muzio su commissione di Benito Mussolini che vi entrò il 20 ottobre 1942 come direttore della testata il Popolo d'Italia, organo del Partito Nazionale Fascista. Il palazzo, imponente in dimensioni e dalla sagoma monumentale, fu eretto sull'area del preesistente Hotel Cavour in concomitanza con il riordino della piazza nel periodo delle grandi risistemazioni urbanistiche operate dall'amministrazione fascista nel centro di Milano, cominciate un decennio prima con l'interessamento dello stesso Muzio e dei colleghi architetti-urbanisti del movimento del Novecento italiano. Per garantire la più efficiente realizzazione di un palazzo di stampa che potesse definirsi modernissimo, Muzio visitò insieme a una commissione d’esperti le sedi dei principali quotidiani europei a statunitensi, in modo da adottare le più innovative tecniche di stampa di quel tempo e di realizzare una struttura architettonica avanzata dal punto di vista produttivo e costruttivo. Il compito era particolarmente rilevante e delicato, poiché si trattò di progettare la sede di un importante quotidiano che era anche l’organo del Partito Nazionale Fascista, fondato dal Duce stesso. La soluzione architettonica presentata vedeva la costruzione di due corpi principali, con quello prospettante su piazza Cavour caratterizzato da una facciata monumentale e simmetrica interamente ricoperta di marmo vicentino; i primi tre piani sono formalmente raccordati dall’ordine gigante dei pilastri. L'ingresso centrale è impreziosito dal soprastante balcone in porfido e dal grande bassorilievo, entrambi opera di Mario Sironi autore anche del grande mosaico dal titolo Il lavoro fascista (1936-1937) oggi all'interno dell'edificio con il titolo modificato in L'Italia corporativa, e la cui parte centrale era stata presentata alla VI Triennale di Milano nel 1936. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo dell'Informazione L’ultima sede de «Il Popolo d’Italia»: il Palazzo dell’Informazione, su Archivio di Stato di Milano, http://www.archiviodistatomilano.beniculturali.it/, 2018 (archiviato dall'url originale il 28 marzo 2019). R. Bossaglia, E. Braun, Il Palazzo dell'Informazione e l'architettura milanese del Novecento (PDF), su Centro culturale di Milano, https://www.centroculturaledimilano.it, 2018.

Chiesa di San Bartolomeo (Milano)
Chiesa di San Bartolomeo (Milano)

La chiesa di San Bartolomeo era un luogo di culto cattolico di Milano, situato nell'attuale piazza Cavour. Risalente nelle sue forme primitive all'XI secolo, la chiesa fu demolita nel 1861. La primitiva chiesa di San Bartolomeo era già esistente nell'XI secolo ed era ubicata in prossimità della Cerchia dei Navigli, alla confluenza tra le vie Manzoni e Fatebenefratelli con l'attuale piazza Cavour, di fronte alla Porta Nuova medievale. Della sua conformazione prima del XVI sappiamo ben poco grazie agli ordino di ampliamento degli arcivescovi-cardinali san Carlo e Federico Borromeo, che affidò il progetto di rifacimento a Francesco Maria Richini. Di come questa chiesa potesse apparire abbiamo un'immagine settecentesca da un'incisione di Marc'Antonio Dal Re. La chiesa, spoglia di opere d'arte e di devozione, divenne presto meta dell'aristocrazia cittadina e fu così che nel 1683, a pochi mesi di distanza dalla vittoria sui turchi a Vienna, la contessa Teresa Gordone Serbelloni donò alla chiesa di San Bartolomeo un'icona della Madonna del Buon Aiuto, copia di un originale attribuito a Lucas Cranach il Vecchio, già pittore di Federico III di Sassonia. Sino alle disposizioni dell'Editto di Saint Cloud del 1804, la chiesa divenne anche uno dei luoghi privilegiati per la sepoltura dei personaggi delle più eminenti famiglie milanesi tra le quali i Bascapé, i Bodio, i Brivio, i d'Adda, i Fagnani, i Lattuada, i Meda, i Melzi, i Porta, i Recalcati, i Simonetta e gli Zanardi, oltre a personalità politiche e militari delle varie epoche. A partire dal 1805 gli venne annessa come sussidiaria anche la vicina chiesa di San Francesco di Paola. La chiesa, nel 1848, fu protagonista di un episodio accaduto durante le celebri Cinque giornate: un reparto di soldati capeggiati dal tenente Wolf aveva sfondato la porta della chiesa di San Bartolomeo nella ricerca di un sovversivo e non trovandolo si recò nella casa del parroco massacrandolo dopo il rifiuto di questi di collaborare. Per consentire l'apertura di via Principe Umberto, oggi via Turati, si decise di demolire l'antica chiesa, che venne sostituita da un nuovo edificio in via Moscova, sempre dedicato a San Bartolomeo; lì confluirono tutte le opere della chiesa, tra cui si segnala il neoclassico monumento funebre al conte Karl Joseph von Firmian. Maria Teresa Fiorio, Le chiese di Milano, Milano, Electa, 2006, pg. 181. Chiese di Milano Chiesa di San Bartolomeo (Milano, 1864) Chiese scomparse di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su antica chiesa di San Bartolomeo

Porta Nuova (medievale, Milano)
Porta Nuova (medievale, Milano)

Gli archi di Porta Nuova sono una delle porte maggiori sul tracciato medievale delle mura di Milano. Fra il 1330 e il 1339 venne inserito il tabernacolo marmoreo della Madonna col Bambino e i Santi. La porta, giunta fino ai nostri giorni, ha subito alcune modifiche nel corso del '800 e '900 come l'allargamento dei passaggi pedonali, ai lati del doppio fornice medievale. La porta rischiò di essere demolita dopo che il Comune di Milano, nel 1869, indisse una discussione circa la demolizione o il mantenimento degli archi: la demolizione non venne approvata anche grazie alla ferma opposizione di una larga parte del mondo culturale della Milano dell'epoca; in particolare si può ricordare il dotto discorso tenuto all'Accademia fisio-medico-statistica il 18 febbraio di quell'anno dallo storico e patriota Damiano Muoni a difesa del mantenimento della porta. La porta, inglobata tra edifici minori, è situata al termine esterno di via Manzoni dove passava l'antica cerchia muraria medievale della città nonché la cerchia dei navigli. Il lato esterno dell'antica Porta Nuova dà invece su Piazza Cavour, caratterizzata dal monumento bronzeo del primo Presidente del Consiglio dei Ministri del neonato Regno d'Italia. Nel paramento del lato interno della porta sono inoltre state inserite a scopo decorativo delle lapidi di età romana di cui è ignota la collocazione originaria. Mura di Milano Mura medievali di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sugli Archi di Porta Nuova Porta Nuova, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia.

Sestiere di Porta Nuova
Sestiere di Porta Nuova

Il sestiere di Porta Nuova è uno dei sei sestieri in cui era anticamente divisa la città di Milano limitatamente ai confini del moderno centro storico, che è delimitato dalla Cerchia dei Navigli, ovvero dal tracciato delle mura medievali di Milano, di cui la Cerchia costituiva originariamente il fossato difensivo. Prende il nome dall'antica Porta Nuova medievale. Del sestiere di Porta nuova faceva parte il Palazzo della Ragione, per secoli sede del municipio di Milano, da cui dipartivano a raggiera i confini dei sei sestieri della città. Questo sestiere deriva il nome da Porta Nuova medievale, che a sua volta prende la denominazione dalla precedente Porta Nuova romana. Porta Nuova romana fu costruita durante il periodo imperiale dell'epoca romana, e venne ricavata nella cinta delle mura romane di Milano. Venne fatta erigere lungo il nuovo perimetro di mura (da cui il nome della porta), frutto dell'estensione della cinta muraria verso nord est, che venne realizzata dopo il 291 su volere dell'imperatore Massimiano in seguito alla crescita urbanistica e all'elevazione di Mediolanum a capitale dell'Impero romano d'Occidente. Porta Nuova romana era conosciuta anche con il nome di Porta Aurea. Come per Porta Orientale, di cui rappresentava uno "spostamento" verso est, anche da Porta Nuova dipartiva verso oriente l'arteria stradale che, attraverso Bergomum (Bergamo) e Brixia (Brescia), portava a Verona (Verona). Poi in epoca medievale, con la costruzione delle nuove mura cittadine, più esterne quelle precedenti, "Porta Nuova" venne spostata, seguendo la direttrice della strada lungo cui sorgeva, più esternamente, lungo il nuovo vallo difensivo. Sorte analoga ebbe Porta Nuova spagnola che venne eretta, analogamente, lungo le mura spagnole di Milano, che sostituirono quelle medievali. Lo stemma del sestiere di Porta Nuova ha subito modifiche nei secoli. Quello che è giunto fino ai tempi moderni è descritto così da Bonvesin de la Riva: Lo stemma giunto sino ai tempi moderni è costituito da quattro quadrati, con il primo e il quarto di colore bianco e il secondo e il terzo di colore nero. Galvano Fiamma menziona la presenza, più anticamente, anche di un leone bianco, che poi è scomparso. Questo leone bianco era sovrapposto a uno sfondo interamente nero: Analogamente Bernardino Corio scrive: Questo stemma è quindi quasi identico a uno degli stemmi storici del sestiere di Porta Comasina: in luogo del rosso, sullo stemma del sestiere di Porta Nuova era presente il nero. Anche Giacomo Filippo Besta conferma la presenza, un tempo, di un leone, questa volta però scaccato di bianco e nero. Questo stemma, che è successivo al precedente, quello con il leone interamente bianco, è così descritto: Serviliano Latuada, riferendosi allo stemma più recente, quello senza leone, ci riferisce quanto segue: Il sestiere di Porta Nuova era a sua volta suddiviso in cinque contrade: Alessandro Colombo, I trentasei stendardi di Milano comunale (PDF), Milano, Famiglia Meneghina, 1935, ISBN non esistente. Milano Mura di Milano Sestiere (Milano) Contrade di Milano Porta Nuova (medievale, Milano) Porte e pusterle di Milano I sestieri e le contrade di Milano - Con le mappe delle antiche suddivisioni di Milano, su filcasaimmobili.it. URL consultato il 17 dicembre 2017 (archiviato dall'url originale il 26 ottobre 2017).

Palazzo Montecatini (primo)
Palazzo Montecatini (primo)

Il Palazzo Montecatini è un edificio del centro di Milano, sito in Via della Moscova 3, angolo Largo Donegani, ad uso uffici. Fu progettato dallo Studio Ponti-Fornaroli-Soncini tra il 1935 e il 1938. Ci si riferisce spesso a esso come Primo Palazzo Montecatini per distinguerlo dall'altro palazzo Montecatini, anch'esso prospettante su Largo Donegani, progettato da Ponti e Fornaroli nel 1947-1951. "La storia dell'architettura moderna deve essere riconoscente in modo particolare agli industriali... per la creazione più rappresentativa delle moderne organizzazioni: gli uffici delle grandi amministrazioni. ... Il nuovo palazzo della Montecatini può essere considerato come un'opera di alta classe, [per] la serietà e modernità degli impianti, il calcolato tecnicismo, l'ardimento di taluni provvedimenti, come il condizionamento dell'aria." Il Palazzo fu commissionato allo Studio Ponti-Fornaroli-Soncini da Guido Donegani, fondatore e presidente della Montecatini "con il preciso mandato di dotarlo di tutti i perfezionamenti fin qui sperimentati e realizzati in tutto il mondo." "L'intensa (e combattuta) collaborazione tra [i progettisti] e il committente ha fatto alzare il tiro ad entrambi e l'edificio ha raggiunto, nonché l'efficienza, l'immagine che divenne subito popolare al suo primo apparire". "A vincolare la nascita del progetto vi sono tre elementi: la preesistente costruzione [su via Turati del vecchio Palazzo Montecatini] da integrare alla nuova in un unico complesso; la sagoma dell'area destinata al nuovo intervento e i conseguenti allineamenti stradali; l'ambientazione stilistica con gli edifici attigui. Ponti, Fornaroli e Soncini liberano la pianta [dalle forme classiche], consentendole di delinearsi nel modo più consono e razionale rispetto [alla forma del lotto e] alla distribuzione esterna e interna delle attività funzionali, dandole la forma di una H rastremata." Essa realizza una connessione naturale con l'edificio preesistente e "la centralizzazione degli uffici e dei servizi: nel braccio centrale sono posti gli uffici dei dirigenti; nei due corpi allungati gli altri uffici, che si trovano così a uguale distanza dai dirigenti." "Ma l'immagine dell'edificio è data non dal solenne fronte (arretrato, su una strada minore), bensì dalla parete laterale continua, sulla via principale (via Turati). Perfettamente liscia, con serramenti e cristalli a filo, questa impenetrabile parete appare senza spessore e la ripetizione delle aperture appare, significativamente, senza peso. Nel contatto con la vecchia facciata del vecchio Palazzo Montecatini, con cui si allinea, questa parete aerea (piacque a Malaparte, piacque a Savinio) esprime il totale distacco delle due architetture." "Impostata sulla funzionale pianta ad H, con accesso a corte su via Moscova, la macchina d'uffici studiata da Ponti, Fornaroli e Soncini realizza il risultato di una perfetta coerenza progettuale tra il design dell'involucro e quello delle attrezzature interne." Si è ricercata "l'unità dei rapporti, per cui tutte le sue forme nascono da una funzione naturale.... [Ad esempio,] i progettisti hanno misurato la scrivania, che è il mobile dominante dell'ambiente di ufficio, e su questa misura hanno fissato il modulo di tutta la costruzione. ... Gli assi di luce sono determinati dalla posizione di questi mobili; l'altezza dei davanzali è determinata dall'altezza degli scaffali. Ogni ufficio diventa uno spazio-modulo: nella addizione di questi elementi è immaginato tutto l'organismo." "Gli uffici sono divisi con "pareti trasparenti a settori mobili, che in breve tempo possono essere facilmente spostati." Lo spazio di lavoro è infatti un unico grande ambiente. "Il trattamento delle affilate superfici esterne è una precisa dichiarazione in favore della sincerità espressiva dei materiali predicata dal razionalismo. Le levigatissime pareti in marmo cipollino verde e i serramenti standardizzati in ferro e alluminio enfatizzano, infatti, il valore di pelle del rivestimento rispetto all'ordito strutturale della fabbrica." "Marmo e alluminio, materiali Montecatini; quel marmo che Gio Ponti dice ho fatto tagliare i massi controverso e ho inventato un marmo nuovo, e lo chiama il tempesta." Di grande effetto è il risultato cromatico che combina il grigio-argento dell'alluminio degli infissi, al verde cangiante del marmo della facciata. L'edificio non ammette modanature né rilievi e le pareti a piombo precipitoso hanno nella finestra un modulo essenziale, ripetuto ritmicamente in orizzontale nei corpi di fabbrica laterali e in verticale nell'edificio centrale. Ponti, nonostante le dimensioni del Palazzo, lo immagina leggero e ne leviga l'esterno tenendo sullo stesso piano il rivestimento e le cornici dei serramenti" "Una importanza notevole rivestono gli impianti, alloggiati nel secondo piano sotterraneo: posta pneumatica, centrale telefonica, gruppi di climatizzazione (rara a quei tempi in Italia), archivi, montacarichi, magazzini e ricoveri antiaerei per 500 persone." "E Ponti volle non nascondere ma rendere visibile e visitabili le bellissime centrali." Gli apparecchi e gli arredi furono tutti revisionati con entusiasmo dai progettisti o da loro appositamente disegnati (e fonte di "avvio di studi sulla prefabbricazione, come le scale pronte Montecatini, studiate da Libera, Ponti, Soncini e Vaccaro"). La meticolosa predisposizione progettistica, passione mia e dei miei collaboratori, scrive Ponti, assume nei disegni, oltre un valore tecnico, anche un valore morale di sforzo e uno estetico di grafia. Talvolta queste tavole assumono aspetti come l'ordinativo delle pietre, il cui interesse grafico ci pare assumere un suo valore astratto, al di là dello scopo pratico. Questa nostra passione progettistica si è accompagnata all'entusiasmo della revisione di tutti quanti i particolari, dagli impianti ai procedimenti, agli apparecchi, alle lampade etc: di tutto quanto cioè appariva da rivedere, da migliorare, da sperimentare e da prevedere. Dalla illuminazione di gala al percorso turistico per visitare il palazzo s'è cercato di prevedere tutto il prevedibile, di intervenire in ogni dove." "In un bombardamento durante la seconda Guerra Mondiale, l'edificio fu seriamente danneggiato. In occasione della ricostruzione delle ali laterali, Donegani volle realizzare l'elevazione dell'edificio, portando i piani da otto a nove. Ponti era fermamente contrario a questa modifica, che sentiva ledere il carattere di forma finita dell'opera. Ma Donegani motivò la decisione affermando che un edificio funzionale accresciuto di un piano funziona di più." G. Ponti, (a cura di), Il Palazzo per uffici Montecatini, Milano 1938 AA.VV., Il palazzo per uffici Montecatini inaugurato a Milano il 28 ottobre XVI. Montecatini società generale per l'industria mineraria e chimica, Tipografia Pizzi e Pizio, Milano 1938 Giuseppe Pagano, Alcune note sul palazzo della Montecatini, in Casabella Costruzioni, n. 138-139-140, Editoriale Domus, giugno-luglio agosto 1938. G. Ponti, Come è nato l'edificio, in Casabella Costruzioni, n. 138-139-140, Editoriale Domus, giugno-luglio-agosto 1939 P. Masera, La nuova sede della Montecatini in Milano, in "Edilizia Moderna", Estratto di Gennaio - Giugno, 1939 G. Ponti, Un palazzo del lavoro, in "Domus", n. 135, pagg. 36-47, 1939, C. Malaparte, Un palazzo d'acqua e di foglie, in Aria d'Italia, maggio 1940 G. Ponti, Superfici, in "Stile", n. 2, 1941 G. Ponti, Genesi di un perfezionamento, in "Stile", n. 25, pagg. 16-19, 1941 A. Savinio, Ascolto il tuo cuore città, Bompiani, Milano 1944 G. Ponti, I materiali dello stile di domani, in "Domus", n. 229, 1948 G. Ponti, L'alluminio e l'architettura, in "Domus", n. 230, 1948 G. Ponti, Alcune considerazioni sugli edifici per uffici, in "Edilizia Moderna", n. 49, pagg. 11-19, 1952 L. Cappellini e G. Ricci, Guide di Architettura: Milano, Milano 1990 L. L. Ponti, Gio Ponti: l'opera, Leonardo Editore, Milano 1990 ISBN 88-355-0083-4 G. Arditi e C. Serrato, Giò Ponti: venti cristalli di architettura, Il Cardo, Venezia 1994 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul primo palazzo Montecatini