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Monumento ad Antonio Rosmini

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8875 Milano Giardini Pubblici Monumento ad Antonio Rosmini Foto Giovanni Dall'Orto 13 Sept 2007
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Il monumento ad Antonio Rosmini è una scultura in bronzo posta nei giardini pubblici di Milano. La statua di Antonio Rosmini fu realizzata dallo scultore Francesco Confalonieri e inaugurata il 12 luglio 1896. La raccoltà di sottoscrizioni per un monumento a Rosmini fu iniziata da Antonio Stoppani nel 1880, ma fu da lui interrotta per dedicarsi alle sottoscrizioni del monumento ad Alessandro Manzoni a Lecco (sempre da Francesco Confalonieri) e del monumento a Giovanni Battista Piatti a Milano. A.M. Cornelio, Antonio Rosmini e il suo monumento in Milano, 1896. Antonio Rosmini Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Monumento ad Antonio Rosmini

Estratto dall'articolo di Wikipedia Monumento ad Antonio Rosmini (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Monumento ad Antonio Rosmini
Via Daniele Manin, Milano Municipio 1

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Monumento ad Antonio Rosmini

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8875 Milano Giardini Pubblici Monumento ad Antonio Rosmini Foto Giovanni Dall'Orto 13 Sept 2007
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Luoghi vicini

Palazzo Dugnani
Palazzo Dugnani

Il Palazzo Dugnani è uno storico palazzo di Milano risalente al XVII secolo e poi restaurato durante il secolo successivo in stile rococò. Il palazzo venne eretto a partire dal XVII secolo e fu inizialmente dimora patrizia della famiglia Cavalchini, seppure di modesta entità. I Cavalchini vi rimasero sino al 1730, quando le case vennero cedute alla famiglia Casati che si impegnò nella realizzazione vera e propria del palazzo. I Casati rivendettero l'abitazione nel 1753 ai Dugnani, illustre famiglia milanese che annoverava al proprio casato tra gli altri anche un cardinale, Antonio, e che fecero di questa dimora uno dei maggiori centri di pensiero della Milano di fine Settecento, organizzando riunioni conviviali con personaggi come il poeta Andrea Oltolina per l'Accademia dei Fenici che qui venne stabilita dal 1762. Nel 1835, con la morte dell'ultima erede diretta, Teresa Dugnani Viani, la proprietà venne ereditata dal conte Giovanni Vimercati che, dal 1837, vi installò la prima collezione naturalistica personale, denominandola "Museo di Storia Naturale". Nel 1846 il Vimercati vendette il palazzo con la collezione al Comune di Milano che ne fece la prima sede del Civico Museo di Storia Naturale, successivamente trasferito in corso Venezia. Fino al 1977 ha ospitato la Civica Scuola Femminile Alessandro Manzoni, mentre oggi ospita il Museo del Cinema, i Laboratori delle Serre ed alcune mostre annuali. Il palazzo dispone esternamente di due fronti distinti, uno rivolto verso la sede stradale dove viene dato ampio risalto alla torretta belvedere di forma ottagonale dotata di lanterna, e l'altro, porticato, affacciato sul parco e composto da un corpo centrale che appare arretrato rispetto ai corpi laterali più sporgenti. Col passaggio della proprietà alla famiglia Dugnani a metà Settecento, il palazzo divenne sede di grandiose feste mondane e ritrovo di intellettuali e per questo i suoi interni sono ancora oggi tra i più sfarzosi della Milano barocca: alle pareti e sui soffitti si trovano grandi affreschi di Ferdinando Porta. Sul soffitto della Sala da Ballo al primo piano un grandioso dipinto del Tiepolo (1731-32), dove figure mitologiche che ondeggiano in un cielo terso e narrano le vicende di Scipione e Massinissa, a sottintendere la celebrazione della stessa famiglia dei Casati. La commissione degli affreschi pervenne al Tiepolo da Giuseppe Casati (1673-1740), ricco affarista e commerciante della nuova nobiltà emergente, che nel 1728 era stato creato conte e nel 1730 aveva ottenuto il feudo di Spino d'Adda. È proprio per consolidare in Milano il prestigio da poco acquisito a fronte di molte altre antiche casate del milanese che il Casati diede commissione al Tiepolo per le decorazioni, servendosi anche della collaborazione di altri artisti veneziani come Giovanni Antonio Cucchi, Mattia Bortoloni e il Megatti. Gran parte di questi affreschi sono stati strappati nel 1944 per paura che venissero danneggiati nel corso della Seconda guerra mondiale, ma sono ancora oggi conservati su tela nelle posizioni originarie nel palazzo. Esternamente, il palazzo conserva ancora traccia degli antichi giardini che oggi compongono il complesso più ampio dei giardini pubblici che venne ampiamente rimodellato nell'Ottocento con l'intervento dell'architetto Balzaretto che iniziò appena ad abbozzare l'opera nel 1848 che abbandonò a causa dei fermenti rivoluzionari per poi riprenderla nel 1855. Tiepolo - Allegoria della Famiglia Dugnani Tiepolo - Storie di Scipione e Massinissa fiorio maria teresa e terraroli valerio, TIEPOLO E LE STORIE DI SCIPIONE, Skira, 2009. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo Dugnani

Monumento a Indro Montanelli
Monumento a Indro Montanelli

Il monumento a Indro Montanelli è una scultura dello scultore Vito Tongiani realizzata in bronzo dorato posta nei giardini pubblici di Milano, intitolati a Montanelli stesso. La statua ritrae il giornalista intento ad utilizzare una macchina da scrivere Olivetti MP1, riprendendo la posizione da una nota fotografia del 1940 di Fedele Toscani in cui Montanelli stava scrivendo a macchina seduto su una pila di giornali in un corridoio della sede del Corriere della Sera. Nella foto Montanelli porta un cappello, che nella statua è invece appoggiato alla sua destra; l'idea era di mostrare la testa e «meglio metterla a nudo, per evidenziare quel cervello concentrato per tanta potenza». Il monumento fu posto nei giardini pubblici intitolati a Montanelli, all'interno di uno spazio delimitato da un muretto che intende simboleggiare La Stanza di Montanelli, nome di una sua nota rubrica. Montanelli era solito passeggiare in quei giardini e la posizione scelta è poco distante da dove, nel giugno 1977, subì un attentato da parte delle Brigate Rosse. Sul piedistallo è presente l'incisione «INDRO MONTANELLI / GIORNALISTA». L'inaugurazione ebbe luogo il 22 aprile 2006 da parte del sindaco Gabriele Albertini. La statua fu oggetto di critiche a causa della nota avversione di Montanelli alle celebrazioni e alle statue, il fotografo Oliviero Toscani affermò che «con questa statua è come se l'avessero gambizzato una seconda volta», mentre Elio Fiorucci affermò che «sono riusciti a fargli da morto quel che da vivo non era riuscito a nessuno, neppure a Berlusconi: metterlo in gabbia». Il sindaco difese la scelta, dicendo di aver agito in accordo con la compagna e con la nipote di Montanelli. La statua è stata più volte oggetto di contestazioni. Nel febbraio 2012 fu imbrattata con vernice rossa e fu rinvenuta una finta bomba. Nell'aprile 2018 furono apposte scritte inerenti al controverso rapporto di madamato che Montanelli ebbe in Etiopia nel 1935 con una bambina eritrea di 12 anni. L'8 marzo 2019 il monumento fu imbrattato con vernice rosa durante lo svolgimento del corteo femminista per la Giornata internazionale della donna; la statua venne ripulita il giorno successivo senza aver subito danni. Nel giugno 2020 un gruppo di attivisti ha richiesto al sindaco Sala la rimozione della statua in concomitanza con le manifestazioni antirazziste seguite alla morte di George Floyd; il 13 giugno 2020 la statua è stata imbrattata con vernice rossa. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su monumento a Indro Montanelli

Palazzo Montecatini (primo)
Palazzo Montecatini (primo)

Il Palazzo Montecatini è un edificio del centro di Milano, sito in Via della Moscova 3, angolo Largo Donegani, ad uso uffici. Fu progettato dallo Studio Ponti-Fornaroli-Soncini tra il 1935 e il 1938. Ci si riferisce spesso a esso come Primo Palazzo Montecatini per distinguerlo dall'altro palazzo Montecatini, anch'esso prospettante su Largo Donegani, progettato da Ponti e Fornaroli nel 1947-1951. "La storia dell'architettura moderna deve essere riconoscente in modo particolare agli industriali... per la creazione più rappresentativa delle moderne organizzazioni: gli uffici delle grandi amministrazioni. ... Il nuovo palazzo della Montecatini può essere considerato come un'opera di alta classe, [per] la serietà e modernità degli impianti, il calcolato tecnicismo, l'ardimento di taluni provvedimenti, come il condizionamento dell'aria." Il Palazzo fu commissionato allo Studio Ponti-Fornaroli-Soncini da Guido Donegani, fondatore e presidente della Montecatini "con il preciso mandato di dotarlo di tutti i perfezionamenti fin qui sperimentati e realizzati in tutto il mondo." "L'intensa (e combattuta) collaborazione tra [i progettisti] e il committente ha fatto alzare il tiro ad entrambi e l'edificio ha raggiunto, nonché l'efficienza, l'immagine che divenne subito popolare al suo primo apparire". "A vincolare la nascita del progetto vi sono tre elementi: la preesistente costruzione [su via Turati del vecchio Palazzo Montecatini] da integrare alla nuova in un unico complesso; la sagoma dell'area destinata al nuovo intervento e i conseguenti allineamenti stradali; l'ambientazione stilistica con gli edifici attigui. Ponti, Fornaroli e Soncini liberano la pianta [dalle forme classiche], consentendole di delinearsi nel modo più consono e razionale rispetto [alla forma del lotto e] alla distribuzione esterna e interna delle attività funzionali, dandole la forma di una H rastremata." Essa realizza una connessione naturale con l'edificio preesistente e "la centralizzazione degli uffici e dei servizi: nel braccio centrale sono posti gli uffici dei dirigenti; nei due corpi allungati gli altri uffici, che si trovano così a uguale distanza dai dirigenti." "Ma l'immagine dell'edificio è data non dal solenne fronte (arretrato, su una strada minore), bensì dalla parete laterale continua, sulla via principale (via Turati). Perfettamente liscia, con serramenti e cristalli a filo, questa impenetrabile parete appare senza spessore e la ripetizione delle aperture appare, significativamente, senza peso. Nel contatto con la vecchia facciata del vecchio Palazzo Montecatini, con cui si allinea, questa parete aerea (piacque a Malaparte, piacque a Savinio) esprime il totale distacco delle due architetture." "Impostata sulla funzionale pianta ad H, con accesso a corte su via Moscova, la macchina d'uffici studiata da Ponti, Fornaroli e Soncini realizza il risultato di una perfetta coerenza progettuale tra il design dell'involucro e quello delle attrezzature interne." Si è ricercata "l'unità dei rapporti, per cui tutte le sue forme nascono da una funzione naturale.... [Ad esempio,] i progettisti hanno misurato la scrivania, che è il mobile dominante dell'ambiente di ufficio, e su questa misura hanno fissato il modulo di tutta la costruzione. ... Gli assi di luce sono determinati dalla posizione di questi mobili; l'altezza dei davanzali è determinata dall'altezza degli scaffali. Ogni ufficio diventa uno spazio-modulo: nella addizione di questi elementi è immaginato tutto l'organismo." "Gli uffici sono divisi con "pareti trasparenti a settori mobili, che in breve tempo possono essere facilmente spostati." Lo spazio di lavoro è infatti un unico grande ambiente. "Il trattamento delle affilate superfici esterne è una precisa dichiarazione in favore della sincerità espressiva dei materiali predicata dal razionalismo. Le levigatissime pareti in marmo cipollino verde e i serramenti standardizzati in ferro e alluminio enfatizzano, infatti, il valore di pelle del rivestimento rispetto all'ordito strutturale della fabbrica." "Marmo e alluminio, materiali Montecatini; quel marmo che Gio Ponti dice ho fatto tagliare i massi controverso e ho inventato un marmo nuovo, e lo chiama il tempesta." Di grande effetto è il risultato cromatico che combina il grigio-argento dell'alluminio degli infissi, al verde cangiante del marmo della facciata. L'edificio non ammette modanature né rilievi e le pareti a piombo precipitoso hanno nella finestra un modulo essenziale, ripetuto ritmicamente in orizzontale nei corpi di fabbrica laterali e in verticale nell'edificio centrale. Ponti, nonostante le dimensioni del Palazzo, lo immagina leggero e ne leviga l'esterno tenendo sullo stesso piano il rivestimento e le cornici dei serramenti" "Una importanza notevole rivestono gli impianti, alloggiati nel secondo piano sotterraneo: posta pneumatica, centrale telefonica, gruppi di climatizzazione (rara a quei tempi in Italia), archivi, montacarichi, magazzini e ricoveri antiaerei per 500 persone." "E Ponti volle non nascondere ma rendere visibile e visitabili le bellissime centrali." Gli apparecchi e gli arredi furono tutti revisionati con entusiasmo dai progettisti o da loro appositamente disegnati (e fonte di "avvio di studi sulla prefabbricazione, come le scale pronte Montecatini, studiate da Libera, Ponti, Soncini e Vaccaro"). La meticolosa predisposizione progettistica, passione mia e dei miei collaboratori, scrive Ponti, assume nei disegni, oltre un valore tecnico, anche un valore morale di sforzo e uno estetico di grafia. Talvolta queste tavole assumono aspetti come l'ordinativo delle pietre, il cui interesse grafico ci pare assumere un suo valore astratto, al di là dello scopo pratico. Questa nostra passione progettistica si è accompagnata all'entusiasmo della revisione di tutti quanti i particolari, dagli impianti ai procedimenti, agli apparecchi, alle lampade etc: di tutto quanto cioè appariva da rivedere, da migliorare, da sperimentare e da prevedere. Dalla illuminazione di gala al percorso turistico per visitare il palazzo s'è cercato di prevedere tutto il prevedibile, di intervenire in ogni dove." "In un bombardamento durante la seconda Guerra Mondiale, l'edificio fu seriamente danneggiato. In occasione della ricostruzione delle ali laterali, Donegani volle realizzare l'elevazione dell'edificio, portando i piani da otto a nove. Ponti era fermamente contrario a questa modifica, che sentiva ledere il carattere di forma finita dell'opera. Ma Donegani motivò la decisione affermando che un edificio funzionale accresciuto di un piano funziona di più." G. Ponti, (a cura di), Il Palazzo per uffici Montecatini, Milano 1938 AA.VV., Il palazzo per uffici Montecatini inaugurato a Milano il 28 ottobre XVI. Montecatini società generale per l'industria mineraria e chimica, Tipografia Pizzi e Pizio, Milano 1938 Giuseppe Pagano, Alcune note sul palazzo della Montecatini, in Casabella Costruzioni, n. 138-139-140, Editoriale Domus, giugno-luglio agosto 1938. G. Ponti, Come è nato l'edificio, in Casabella Costruzioni, n. 138-139-140, Editoriale Domus, giugno-luglio-agosto 1939 P. Masera, La nuova sede della Montecatini in Milano, in "Edilizia Moderna", Estratto di Gennaio - Giugno, 1939 G. Ponti, Un palazzo del lavoro, in "Domus", n. 135, pagg. 36-47, 1939, C. Malaparte, Un palazzo d'acqua e di foglie, in Aria d'Italia, maggio 1940 G. Ponti, Superfici, in "Stile", n. 2, 1941 G. Ponti, Genesi di un perfezionamento, in "Stile", n. 25, pagg. 16-19, 1941 A. Savinio, Ascolto il tuo cuore città, Bompiani, Milano 1944 G. Ponti, I materiali dello stile di domani, in "Domus", n. 229, 1948 G. Ponti, L'alluminio e l'architettura, in "Domus", n. 230, 1948 G. Ponti, Alcune considerazioni sugli edifici per uffici, in "Edilizia Moderna", n. 49, pagg. 11-19, 1952 L. Cappellini e G. Ricci, Guide di Architettura: Milano, Milano 1990 L. L. Ponti, Gio Ponti: l'opera, Leonardo Editore, Milano 1990 ISBN 88-355-0083-4 G. Arditi e C. Serrato, Giò Ponti: venti cristalli di architettura, Il Cardo, Venezia 1994 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul primo palazzo Montecatini

Centro Svizzero
Centro Svizzero

Il Centro Svizzero è un complesso direzionale di Milano, sito in piazza Cavour. Conosciuto in particolare per la sua torre (80 metri) - la seconda a Milano dopo la Torre Snia Viscosa di piazza San Babila (1937) - è stato il grattacielo più alto della città dal 1952 (anno della sua inaugurazione) al 1954 circa, quando venne superato dalla Torre Breda di piazza della Repubblica. Si compone di due corpi separati: la cosiddetta Casa Bassa, alta quattro piani, che costituisce il fronte strada su piazza Cavour e l'elemento di raccordo con l'edificato preesistente della via Palestro, e la Torre, alta 80 metri per 21 piani, disposta più interamente. Architetti furono lo svizzero Armin Meili e l'italiano Giovanni Romano. A partire dagli inizi del Novecento venne a costituirsi a Milano una comunità svizzera, che negli anni successivi si organizzò riunendosi attorno al cosiddetto Schweizer Verein (Circolo Svizzero), per il quale venne in un primo momento trovata una sede in via Disciplini. L'attività del circolo proseguì a fasi alterne durante attraverso le due guerre, fino alla distruzione della sede storica, avvenuta nel corso del bombardamento del 14 febbraio 1943. A partire dal dopoguerra si pensò a una nuova sede, che sarebbe stata costruita sui terreni a est di piazza Cavour, precedentemente occupati dallo storico Hotel Cavour, offerti allo Schweizer Verein dal Comune di Milano. Venne indetto pertanto nel 1947 un concorso interno ai quali furono invitati gli architetti Armin Meili e Giovanni Romano, che sarebbero diventati il primo progettista, il secondo direttore dei lavori. Vennero presentate diversi progetti, fra i quali venne preferita la soluzione con la torre, accompagnata da un corpo basso che si affacciasse sulla strada. Diverse modifiche al progetto originale vennero apportate nel corso degli anni e in fase di realizzazione. La posa della prima pietra avvenne il 6 novembre 1949, accompagnata da una pergamena che riportava quanto segue. Il nuovo complesso venne pensato interamente autosufficienza, sia nell'approvvigionamento dell'energia elettrica, sia nella dotazione di acqua potabile. Per le finiture vennero impiegati materiali di pregio, quali marmo, travertino, granito e acero, che conferirono all'edificio - sia internamente che esternamente - una particolare eleganza. I lavori si protrassero per un paio di anni: già nell'autunno del 1951 fu tuttavia pronta e inaugurata la Casa Bassa, in presenza del Consigliere federale Enrico Celio; nel 1952 fu poi la volta della Torre. Il Centro Svizzero ospita oggi le più importanti istituzioni che rappresentano la Svizzera a Milano e nell'Italia settentrionale. Oltre al Consolato Generale di Svizzera, vi hanno sede: l'Istituto Svizzero di Roma, Swiss Chamber - Camera di Commercio Svizzera in Italia, Svizzera Turismo, la Società Svizzera Archiviato il 26 dicembre 2009 in Internet Archive. e la Radiotelevisione Svizzera di Lingua Italiana. Architettura Cantiere n. 1 (1952), pp. 72–76. Vitrum n. 41 (marzo 1953), pp. 2–12. Piero Bottoni, Antologia di edifici moderni a Milano, Editoriale Domus, Milano 1954, pp. 105–110. G. Veronesi, L'architettura dei grattacieli a Milano, in Comunità n. 74 (novembre 1959), pp. 78–91. A. Pica, Architettura moderna a Milano. Guida, Ariminum, Milano 1964. Maurizio Grandi, Attilio Pracchi, Milano. Guida all'architettura moderna, Zanichelli, 1980. ISBN 8808052109. (DE) Das Centro Svizzero in Mailand, in Schweizerische Bauzeitung, anno 72, fascicolo 5, 30 gennaio 1954, pp. 57-61. Grattacieli di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Centro Svizzero Sito ufficiale della Società Svizzera di Milano, su societasvizzera.it. URL consultato il 9 ottobre 2010 (archiviato dall'url originale il 26 dicembre 2009). Sito ufficiale Centro Svizzero Milano, su centrosvizzero.com.

Chiesa di San Bartolomeo (Milano, 1864)
Chiesa di San Bartolomeo (Milano, 1864)

La chiesa di San Bartolomeo (in milanese gesa de San Bartolamee) è un luogo di culto cattolico di Milano, situato in via Moscova 6/8. È stata costruita nel 1864, in stile neorinascimentale, su progetto di Maurizio Garavaglia (1812-1874). L'attuale edificio prese il posto di una precedente chiesa dedicata a San Bartolomeo situata di fronte alla Porta Nuova medievale e demolita per consentire l'apertura di via Turati. Fu sostituita dall'edificio attuale, il cui progetto fu affidato all'architetto Maurizio Garavaglia. La chiesa ricalca stilemi palladiani. Ospita alcune opere d'arte provenienti dalla chiesa demolita. Fra le opere trasferite dal precedente edificio, è il monumento funebre in stile neoclassico al conte Karl Joseph von Firmian (1717-1782), ministro plenipotenziario della Lombardia austriaca, scolpito da Giuseppe Franchi (1731-1806). L'iscrizione specifica che il monumento fu restaurato nel 1815, dopo essere stato rimosso durante l'occupazione francese. Chiese di Milano Chiesa di San Bartolomeo (Milano) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Bartolomeo Sito ufficiale, su sanbartolomeomilano.it. Chiesa di San Bartolomeo, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. L'antica storia della chiesa di San Bartolomeo a Milano, su viaggionellarte.it. Il museo diffuso: “Il martirio di San Bartolomeo” di Daniele Crespi, su blog.urbanfile.org.