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Monumento a Carlo Ottavio Castiglioni

Cortile d'onore del palazzo di BreraPagine con mappeSculture nella Pinacoteca di Brera
Antonio Galli, Monumento a Carlo Ottavio Castiglione, Accademia di Brera, Milano, 1855
Antonio Galli, Monumento a Carlo Ottavio Castiglione, Accademia di Brera, Milano, 1855

Il monumento a Carlo Ottavio Castiglioni è un'opera scultorea realizzata da Antonio Galli (1812–1861) posta nel cortile d'onore del palazzo di Brera a Milano. Per la realizzazione di una statua a Carlo Ottavio Castiglioni, filologo, orientalista e numismatico, venne aperta una sottoscrizione nel gennaio 1851. Raggiunto un numero sufficiente di sottoscrizioni, venne dato incarico allo scultore Antonio Galli. Il monumento fu inaugurato solennemente il 5 settembre 1855. Questo monumento e quello a Bonaventura Cavalieri furono restaurati nel 2015. B. Biondelli, Elogio del conte Carlo Ottavio Castiglioni, Milano, 1856. Palazzo di Brera Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su monumento a Carlo Ottavio Castiglioni

Estratto dall'articolo di Wikipedia Monumento a Carlo Ottavio Castiglioni (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Monumento a Carlo Ottavio Castiglioni
Via Fiori Oscuri, Milano Municipio 1

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Antonio Galli, Monumento a Carlo Ottavio Castiglione, Accademia di Brera, Milano, 1855
Antonio Galli, Monumento a Carlo Ottavio Castiglione, Accademia di Brera, Milano, 1855
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Luoghi vicini

Archivio storico Ricordi
Archivio storico Ricordi

L'Archivio Storico Ricordi raccoglie i documenti dell'editore musicale Ricordi dalla fondazione nel 1808 fino al 1994 e costituisce una delle più importanti raccolte musicali private del mondo. Nel 1994 l'Archivio è acquisito dal gruppo dei media Bertelsmann che da allora ne garantisce la conservazione e lo sviluppo culturale. Dal 2003 è ospitato all'interno della Biblioteca Nazionale Braidense nel Palazzo di Brera a Milano. L'Archivio conserva le partiture autografe di 23 delle 28 opere di Giuseppe Verdi, di tutte le opere di Giacomo Puccini (con la sola eccezione de La rondine), nonché di opere di Vincenzo Bellini, Gioachino Rossini e Gaetano Donizetti, fino ai contemporanei come Luigi Nono, Salvatore Sciarrino e Sylvano Bussotti. L'Archivio custodisce inoltre un ricco patrimonio iconografico legato alle prime rappresentazioni operistiche, composto da bozzetti scenici, figurini dei costumi, schizzi e piante sceniche, il fondo fotografico e quello epistolare oltre a una documentazione aziendale che permette di ricostruire la genesi dei grandi capolavori operistici. La sezione iconografica dell'Archivio dà la possibilità di conoscere un patrimonio che non è solo legato all'attività strettamente musicale, ma si estende a quello pittorico, scenografico, e delle arti minori (come ad esempio la storia del costume, i gioielli, i diversi manufatti), aziendale (ricostruendo i rapporti che intercorrevano fra editore e artista, fosse musicista, poeta o grafico), e al mondo del teatro (dall'impresario ai cantanti ai direttori d'orchestra). La collezione permette di ripercorrere la vita umana e professionale dei compositori, partendo dalle loro primissime opere, ad esempio Oberto, Conte di San Bonifacio di Giuseppe Verdi e Le Villi di Giacomo Puccini, fino ad arrivare ai loro ultimi capolavori, come il verdiano Falstaff e l'incompiuta Turandot di Puccini.

Palazzo di Brera
Palazzo di Brera

Il palazzo di Brera è un edificio storico di Milano situato in via Brera n. 28. Il palazzo, costruito nel XVII secolo per ospitare il collegio della compagnia di Gesù, ospita oggi vari istituzioni, tra le quali la pinacoteca di Brera, la Biblioteca Nazionale Braidense e l'accademia di belle arti. Il termine brera deriva dal longobardo braida e rimase nel latino medievale per indicare un "campo o un terreno in prossimità dell'abitato" o come "terra chiusa". In alcuni dialetti lombardi il termine breda indicava un possedimento costituito da più campi con una casa colonica. Nel 1173 la zona era indicata come borgo nella brera del Guercio. In un atto del 7 novembre 1178 è indicato che un terreno di 12 pertiche e otto tavole, posto nella braida detta del Guercio di Baggio (braida que fuit de Guertio de Badagio), venne acquistato per alcuni religiosi che intendevano viverci. Nel 1198 Suzo, "prelato della congregazione dei frati della braida del fu Guercio da Baggio", acquistò altri terreni confinanti. Questi frati erano Umiliati, ordine religioso riconosciuto ufficialmente da papa Innocenzo III solo nel 1201; dediti principalmente alla lavorazione della lana, divennero una potente associazioni religiosa ed economica del tardo Medioevo milanese. Il monastero di Brera costituiva la casa madre dell'ordine ed era affiancato dalla chiesa di Santa Maria in Brera. L'ordine religioso fu abolito nel 1571 con bolla pontificia di papa Pio V e il convento di Brera fu ceduto ai Gesuiti per la realizzazione di un'istituzione a scopo d'istruzione. Si impose la necessità di costruire un nuovo e più ampio edificio. I primi progetti furono realizzati da Martino Bassi e prevedevano soluzioni diverse: un cortile quadrato o rettangolare oppure tre diversi cortili. I lavori iniziarono nel 1591, ma la morte di Bassi nello stesso anno, rallentò molto la realizzazione. Nel 1615 Francesco Maria Richini, importante architetto dell'epoca in Lombardia, fu incaricato della direzione dei lavori e presentò nuovi progetti. Anche a causa della pestilenza però, il progetto venne approvato solo nel 1651. Alla morte del Richini, la direzione dei lavori passò al figlio Giandomenico e successivamente fu assegnata a Gerolamo Quadrio e a Pietro Giorgio Rossone, che mantennero il progetto del Richini. Già nel 1760 all'interno del collegio era attivo un osservatorio e attorno al 1764-1765 fu realizzata la specola astronomica che fu potenziata negli anni successivi e fu diretta da importanti astronomi dell'epoca come Ruggero Giuseppe Boscovich. Soppressa la Compagnia di Gesù nel 1773, l'edificio era ancora incompiuto e privo della facciata. Il governo austriaco affidò il completamento a Giuseppe Piermarini che lo portò a termine tra il 1778 e il 1795. Divenuto Reale Palazzo, Maria Teresa d'Austria lo adibì a sede delle Scuole Palatine (un appartamento del Palazzo fu peraltro abitato, fino alla sua morte, da Giuseppe Parini, che a partire dal 1769 tenne la cattedra di Belle Lettere) e, oltre alle già esistente scuole aperte dai Gesuiti, vi trovarono sede nuove istituzioni. La biblioteca di Brera venne fondata grazie all'unione delle biblioteche di Brera e di San Fedele, lasciate dai Gesuiti. Si aggiunsero varie donazioni di biblioteche private come quelle di Carlo Pertusati e di Albrecht von Haller. L'orto, già dei Gesuiti, dal 1774 fu trasformato in orto botanico, diretto dal padre vallombrosano Fulgenzio Witman e destinato agli studenti di botanica officinale a Brera. Nel 1817 venne affidato al collegio di Sant'Alessandro. Nel 1863 passò all'Istituto tecnico superiore di Milano e ne fu direttore Théodore Caruel. L'Accademia di belle arti venne fondata nel 1776, dotandola di un contributo annuo di 10.000 lire provenienti dai soppressi beni ecclesiastici. Nel 1786 venne realizzato un orologio pubblico che doveva servire di riferimento agli altri orologi milanesi. All'inizio dell'Ottocento si aggiunsero nuove istituzioni. L'Istituto nazionale, fondato nel 1802 a Bologna, venne trasferito a Milano nel 1810 nel palazzo di Brera con il nome di Istituto di scienze, lettere ed arti. Nel 1838 venne suddiviso in Imperial Regio Istituto Lombardo di Scienze, Lettere ed Arti e Istituto veneto. In concomitanza con le spoliazioni napoleoniche dei beni artistici italiani, parte dei dipinti sottratti alle chiese vennero fatti confluire nei centri principali per la creazione di pinacoteche a scopo didattico. A Milano nel primo decennio dell'Ottocento iniziò la creazione delle gallerie come parte dell'Accademia di belle arti; solo dal 1882 la pinacoteca di Brera si separò come istituzione autonoma ed ebbe come primo direttore Giuseppe Bertini. Dal 2013 la Società storica lombarda ha sede presso la Biblioteca Nazionale Braidense. L'edificio attuale rispetta il progetto del Richini con un esterno in mattoni di colore rosso scuro con rinforzi agli angoli. Presenta regolari paraste a bugnato e cornici sporgenti marcapiano. Le finestre hanno frontoni in pietra. Il palazzo si apre sul cortile d'onore circondato da un elegante porticato su due piani: gli archi al piano terreno sono alla serliana con colonne di ordine dorico, al primo piano gli archi alla serliana si ripetono ma con colonne di ordine jonico, mentre al centro è situato il Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore, copia in bronzo di un marmo di Antonio Canova. Durante la prima guerra mondiale le sale del palazzo di Brera furono chiuse. Dopo la sconfitta di Caporetto, i quadri della pinacoteca furono temporaneamente trasferiti a Roma. Con l'inizio della seconda guerra mondiale i quadri furono immediatamente trasferiti. Il palazzo fu colpito dai bombardamenti tra 7 e 8 agosto 1943. Dopo il conflitto fu però rapidamente ricostruito e le sale riaprirono nel 1950. G. Tiraboschi, Vetera humiliatorum monumenta, vol. 2, Milano, 1767. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo di Brera Palazzo di Brera, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia.

Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore (Milano)
Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore (Milano)

Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore è una scultura in bronzo di Antonio Canova (copia dell'originale in marmo) posta al centro del cortile d'onore del palazzo di Brera a Milano. Nella primavera del 1807 il ministro Charles-Jean-Marie Alquier, ambasciatore di Francia a Roma, per disposizione del principe Eugenio di Beauharnais, viceré del Regno d'Italia nonché figliastro di Napoleone, commissionò ad Antonio Canova, per la cifra di cinquemila luigi francesi, una copia esatta in bronzo della statua marmorea di Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore. Il grande gesso preparatorio ora conservato nella sala XIV della Pinacoteca di Brera è uno dei cinque che furono commissionati dal Canova in preparazione alla fusione a cera persa del monumento a Napoleone. Realizzata come le altre quattro da Vincenzo Malpieri nel 1808, questa copia era stata destinata alla biblioteca dell'Università di Padova, per l'amico del Canova Daniele Francesconi. Le casse che contenevano il grande gesso, alto più di 3 metri e pesante quasi due tonnellate, rimasero però per lungo tempo presso gli uffici della dogana di Padova vista l'impossibilità del Francesconi di accollarsi il costo di 330 scudi dello sdoganamento dell'opera. Dopo trattative del Governo del Regno d'Italia il gesso venne acquistato in pessime condizioni per essere destinato all'Accademia Reale di Belle Arti. Rimossa dai saloni napoleonici già nel 1814, l'opera venne conservata negli scantinati dell'Accademia e poi nell'aula VI. Ritirato nel 2008 fu restaurato e collocato nella sala XIV della pinacoteca nel maggio 2009. Il bronzo necessario alla realizzazione della statua venne ottenuto fondendo alcuni cannoni di Castel Sant'Angelo, mentre per l'esecuzione furono incaricati Francesco e Luigi Righetti, fonditori romani. La perfetta fusione riuscì solamente al secondo tentativo a causa della difficoltà dell'operazione. Nel maggio 1812 lo stesso Viceré ordinò che la statua fosse innalzata a Milano in conveniente luogo per cui il Ministro dell'interno Luigi Vaccari (in carica dal 1809 al 1814) invitò il senatore Luigi Castiglioni, allora presidente dell’Accademia di belle arti, a proporre il luogo e un disegno del piedestallo. Quando l'opera giunse a Milano venne posta in un angolo del portico del palazzo delle scienze: i membri dell’accademia di Brera suggerirono di innalzare il monumento in piazza del Duomo o nell'attuale piazza Fontana nel nicchione dell'antica piazza de’ Tribunali, dove precedentemente si trovava la statua di Filippo II. Per via della divergenza di opinioni sul dove porre il monumento il viceré dispose che fosse provvisoriamente collocato nel secondo cortile del palazzo del Senato ma, ritardato l’adempimento di quest’ordine, il cavalier architetto Giuseppe Zanoia, allora presidente dell’Accademia, ottenne nel giugno 1813 che fosse temporaneamente deposto nella sala delle antichità. Caduto Napoleone la statua venne immagazzinata nei sotterranei dell’Accademia dove rimase finché, il 3 marzo 1857, l’Imperatore d’Austria, durante un suo soggiorno a Milano, ordinò che «per quella statua venisse sùbito eretto un conveniente piedestallo, a spese dello Stato, e che sovr’esso la si collocasse poi ne’ pubblici giardini di questa capitale». L'ordine, non eseguito, fu uno degli ultimi impartiti a Milano dall'Imperatore austriaco. Il monumento, grazie alla visita di Napoleone III a Milano, venne posto al centro del cortile d'onore del palazzo di Brera, sua collocazione attuale, il giorno 14 agosto 1859 con una grande manifestazione inaugurale e un discorso di Giulio Carcano. Una nuova inaugurazione fu fatta l'8 novembre 1864 per il posizionamento definitivo sul piedistallo disegnato da Luigi Bisi. Nel 1980 la Vittoria Alata venne sostituita in seguito al furto dell'originale avvenuto nel 1978. Nel 2014 il monumentale bronzo è stato sottoposto ad un meticoloso intervento di restauro volto a frenare l'azione degli agenti atmosferici e le conseguenti alterazioni chimico-fisiche del materiale. Giulio Carcano, Per l'inaugurazione della statua colossale di Napoleone I., opera di Canova, in Milano, il giorno XIV Agosto MDCCCLIX, Milano, coi tipi di Luigi di Giacomo Pirola, 1859. Palazzo di Brera Neoclassicismo a Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore

Monumento a Pietro Verri
Monumento a Pietro Verri

Il monumento a Pietro Verri è un'opera scultorea realizzata da Innocenzo Fraccaroli (1805-1882) posta nel cortile d'onore del palazzo di Brera a Milano. L'idea di dedicare una statua a Pietro Verri, celebre filosofo, economista e storico milanese, venne nel 1843 in contemporanea a quella per il monumento a Bonaventura Cavalieri che doveva essere realizzato in occasione della sesta riunione degli scienziati italiani che si sarebbe tenuta a Milano proprio nel palazzo di Brera, sede dell'Istituto Lombardo di scienze, lettere e arti. Le due statue avrebbero occupato così posizioni contrapposte nel cortile. La sottoscrizione venne aperta dal 2 luglio 1843 e fu incaricato della realizzazione Innocenzo Fraccaroli. Il monumento fu inaugurato il 12 settembre 1844 (giorno successivo all'inaugurazione del monumento a Bonaventura Cavalieri). In occasione dell'inaugurazione venne anche coniata una medaglia con effigie di Pietro Verri. Dritto: CONTE PIETRO VERRI MILANESE Busto a sinistra.Esergo: F. PUTINATI Rovescio: Nel campo in dodici righe sormontate da corona di alloro: FILOSOFO ISTORIOGRAFO | CERCÒ E SCRISSE IL VERO GIOVEVOLE A TUTTI | MAGISTRATO DI RETTITUDINE E DI ZELO | CON SAPIENZA OPEROSA E CONSIGLIO MAGNANIMO | PROSPERÒ LA PATRIA E LO STATO | ITALIANI E STRANIERI | ALL'UOMO BENEMERENTE DEGLI UOMINI | ERESSERO IN MILANO PUBBLICA STATUA | L'ANNO MDCCCXLIV | PRESENTE PLAUDENTE | IL VI CONGRESSO SCIENTIFICO | DELL'ITALIA Venne inoltre realizzata un'edizione speciale delle Opere filosofiche ed economiche di Pietro Verri con inserite le riproduzioni del monumento e della medaglia. Palazzo di Brera Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su monumento a Pietro Verri

Cortile d'onore del palazzo di Brera
Cortile d'onore del palazzo di Brera

Il cortile d'onore del palazzo di Brera è il cortile principale del palazzo di Brera, sede dell'omonima pinacoteca e accademia. Il cortile, così come tutto il palazzo, risale alla prima metà del '600 e nasce in origine come chiostro per il monastero di Santa Maria di Brera, retto dall'ordine dei Gesuiti, fino a quando l'istituto religioso fu soppresso e reso di proprietà dello Stato, che trasformò il palazzo nella sede della nuova accademia di belle arti e pinacoteca. I lavori per il palazzo dell'ordine furono assegnati a Francesco Maria Richini, maggiore architetto del primo barocco lombardo: questi progettò il chiostro di pianta rettangolare (30x40 m) con un doppio ordine di colonne a reggere archi a tutto sesto. Al pian terreno le colonne tuscaniche poggiano su semplici basi, mentre al piano superiore le colonne di ordine ionico poggiano su piedistalli che fungono da intermezzi per la balaustrata: la loggia a doppio ordine sovrapposto è un chiaro omaggio al cortile del collegio Borromeo di Pavia di Pellegrino Tibaldi e rappresenta uno dei capolavori del Richini, nonché il prototipo barocco dei cortili di area lombarda. Il porticato, originariamente disadorno, fu arricchito, a partire dal XIX secolo, con numerose statue, busti e lapidi dedicati alle maggiori personalità scientifiche ed artistiche della Lombardia. Nel vano del portale di ingresso del cortile sono presenti due monumenti. A sinistra il Monumento a Ranieri Girotti (1833) di Gaetano Motelli A destra il Monumento a Luigi Canonica (1847) di Raffaele Monti Nel vano delle arcate del cortile sono presenti sei statue (elencate qui partendo da sinistra dell'ingresso). Monumento a Tommaso Grossi (1858) di Vincenzo Vela Monumento a Bonaventura Cavalieri (1844) di Giovanni Antonio Labus Monumento a Carlo Ottavio Castiglioni (1855) di Antonio Galli Monumento a Luigi Cagnola (1849) di Benedetto Cacciatori Monumento a Pietro Verri (1844) di Innocenzo Fraccaroli Monumento a Gabrio Piola (1857) di Vincenzo Vela Le prime due statue nel cortile vennero inaugurate nel 1844 in occasione della VI Riunione degli scienziati italiani. Sullo scalone richiniano furono poste due statue. Monumento a Cesare Beccaria (1837) di Pompeo Marchesi Monumento a Giuseppe Parini (1838) di Gaetano Monti Nel 1859 al centro del cortile fu posta la riproduzione bronzea di un'opera di Antonio Canova. Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore Sono inoltre presenti decine di busti, cippi, statue minori dedicate ad altre personalità reputate meno illustri ma degne di menzione. Paolo Mezzanotte, Giacomo Bascapè, Milano nell'arte e nella storia, Milano, Bestetti, 1968, ISBN non esistente. Palazzo di Brera Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Cortile d'onore del palazzo di Brera

Biblioteca europea di informazione e cultura

La Biblioteca europea di informazione e cultura - più conosciuta come Biblioteca europea di Milano, o BEIC - è una biblioteca digitale multimediale. Il progetto per la realizzazione di una nuova grande biblioteca moderna per la città di Milano - sul modello di quelle istituite a cavallo del II millennio a Parigi, Monaco di Baviera, San Francisco e altrove - nasce alla fine degli anni novanta del XX secolo per iniziativa dell'associazione "Milano Biblioteca del 2000". Con lo stanziamento di Fondazione Cariplo e altre istituzioni viene redatto lo studio di fattibilità, relativo alla configurazione architettonica e a quella biblioteconomica. Nel 1999 il progetto rientra nell'ambito di un accordo di programma tra il Ministero dei beni culturali, il Comune di Milano, la Regione Lombardia, l'Università degli Studi e il Politecnico di Milano. Il progetto prevede la creazione di «una grande biblioteca pubblica, capace di soddisfare i bisogni di informazione, divulgazione e cultura interdisciplinare di un'area metropolitana di oltre 7 milioni di cittadini, e che si proponga anche come luogo d'incontro e di socializzazione». La Fondazione BEIC - partecipata dal Ministero dei Beni culturali, dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, dal Comune di Milano, dalla Regione Lombardia, dal Politecnico e dall'Università degli Studi di Milano - ha preso avvio nel 2004 con la messa punto del progetto architettonico e dando vita ad una grande nuova biblioteca digitale. La Fondazione è stata presieduta da Antonio Padoa-Schioppa, promotore del Progetto BEIC, dal 2003 al 2017; dal marzo 2017 è presieduta da Francesco Paolo Tronca, già prefetto di Milano e commissario del Comune di Roma; vicepresidente il prof. Padoa-Schioppa. Nel progetto la sede della nuova biblioteca è situata nell'area dell'ex stazione ferroviaria di Porta Vittoria, messa a disposizione dal Comune di Milano che la ha inserita nel proprio Piano regolatore (2001 e 2007). Lo studio Bolles+Wilson, vincitore del concorso internazionale di progettazione bandito dal Comune di Milano, ha predisposto il progetto architettonico definitivo e il progetto esecutivo validato dal Politecnico di Milano e approvato dal Consiglio dei lavori Pubblici nel marzo del 2009. La previsione di spesa per i lavori, gli arredi e gli oneri per la sicurezza ammontava a 152 milioni di euro. Le caratteristiche del piano architettonico e della biblioteca digitale della BEIC sono state descritte nel volume La Biblioteca Europea di Milano, edito da Skira nel 2014. In attesa dei finanziamenti richiesti al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il progetto ha subito una battuta d'arresto. Nel 2012 si è formulata un'ipotesi alternativa, tale da poter eventualmente ridurre le superfici e conseguentemente i costi di costruzione. Il 30 dicembre 2021 è stata sottoscritta una convenzione per regolare i rapporti tra Ministero della Cultura, Comune di Milano e Fondazione BEIC in ordine all'attuazione dell'«intervento Biblioteca Europea di Informazione e Cultura - BEIC» all'interno del PNRR. Nel marzo 2022 è stato indetto un nuovo concorso, del quale a luglio è stato proclamato vincitore Onsitestudio: prevede la costruzione e ultimazione della "Nuova BEIC" per il 2026. La Fondazione Beic ha acquisito e catalogato la biblioteca e l'archivio di Giuseppe Pontiggia nonché l'Archivio fotografico Paolo Monti, depositato presso il Civico archivio fotografico del Castello Sforzesco di Milano. La biblioteca digitale (BeicDL) è stata inaugurata il 30 novembre 2012 e comprende, a dicembre 2016, 32.232 documenti digitali, 90.756 registrazioni bibliografiche, 4.200 autori, 912 siti web. Il patrimonio digitale accessibile è articolato in venti collezioni ed è consultabile dal catalogo in linea. Tra le collezioni figurano: incunaboli in lingua italiana, classici del diritto in manoscritti ed edizioni antiche, atti di Accademie, Biblioteca idraulica, biblioteca musicale, classici della pittura. BeicDL comprende inoltre una serie di mostre virtuali e una sezione di progetti didattici online. Le consultazioni di risorse di BeicDL sono circa 100.000 mensili (dati dicembre 2016). La Biblioteca europea di informazione e cultura è membro del Consortium of European Research Libraries e di Europeana. A seguito della legge sul deposito legale n. 106 del 15 aprile 2004 e del successivo regolamento, la Regione Lombardia ha affidato la gestione dell'Archivio della produzione editoriale lombarda alla Fondazione BEIC, con il sostegno della Biblioteca nazionale braidense. Nel sito della Biblioteca BEIC un OPAC specifico consente la consultazione di tale archivio. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla Biblioteca Europea di Informazione e Cultura Sito ufficiale, su beic.it. Biblioteca europea di informazione e cultura, su Anagrafe delle biblioteche italiane, Istituto centrale per il catalogo unico. Biblioteca europea di informazione e cultura, su Sistema archivistico nazionale, Istituto centrale per gli archivi.

Biblioteca Nazionale Braidense
Biblioteca Nazionale Braidense

La Biblioteca Nazionale Braidense appartiene allo Stato e dipende dalla Direzione Generale Biblioteche e Istituti Culturali, del Ministero della Cultura; è la terza biblioteca italiana per ricchezza del patrimonio librario, comprensivo di circa 1.500.000 unità. In virtù delle normative vigenti sul diritto di stampa, la Biblioteca riceve dagli editori di Milano e provincia il 40% delle pubblicazioni nazionali, il che concorre ad accrescerne di continuo il posseduto. Tra i maggiori sottoinsiemi di quest’ingente patrimonio ricordiamo: i 2.367 manoscritti, i 40.000 autografi, i 2.368 incunaboli, le 24.401 cinquecentine, le oltre 23.000 testate di periodici di cui 4.500 correnti, le 5.200 stampe fotografiche anteriori al 1950, i 50.000 negativi su lastra, le 30.000 bobine di microfilm che riproducono 1.300 testate di periodici, le 120.000 microforms. Dal luglio 2015 è confluita nel sistema museale della Pinacoteca di Brera, sotto la direzione generale di James M. Bradburne. È sita a Milano, in via Brera 28. La Biblioteca Nazionale Braidense fu istituita nel 1770 dall'imperatrice Maria Teresa, per supplire alla mancanza "di una biblioteca aperta ad uso comune di chi desidera maggiormente coltivare il proprio ingegno, e acquistare nuove cognizioni". La Biblioteca Ambrosiana, "ricca bensì di manoscritti", ma non di "libri stampati", veniva infatti considerata inadeguata allo scopo. In considerazione di ciò, l’imperatrice decise di destinare ad uso pubblico la biblioteca del conte Carlo Pertusati, che nel 1763 era stata acquistata dalla Congregazione di Stato per la Lombardia su iniziativa del ministro di Maria Teresa, principe di Kaunitz, risoluto a garantire la permanenza a Milano della pregevole raccolta. Negli intenti del funzionario austriaco, il fondo Pertusati avrebbe dovuto costituire la pietra d’angolo di una biblioteca ad uso pubblico, in linea con l’azione riformatrice teresiana nel campo dell’istruzione. Nel 1773, con la soppressione della Compagnia di Gesù, le biblioteche del Collegio Braidense e delle case professe gesuitiche di San Fedele e San Girolamo divennero proprietà dello Stato e andarono così ad accrescere il fondo Pertusati di 34.000 unità. Alcune sale del Palazzo braidense, anch’esso statalizzato, furono riadibite a biblioteca, in conformità a una precedente direttiva di Maria Teresa, che aveva palesato la sua volontà di inaugurare il nuovo istituto “in un sito opportuno e per quanto possibile vicino al centro della città, di facile e comodo accesso a ciascuno che vorrà frequentarla”. Nel 1778 fu acquistata e incorporata la biblioteca di Albrecht von Haller, medico e botanico svizzero di chiara fama. Con i suoi 24.000 volumi, il fondo Haller avrebbe dovuto nutrire un settore scientifico sin lì piuttosto carente. Forte del suo considerevole patrimonio di 80.000 volumi, la Regia Imperialis Biblioteca Mediolanensis poté aprire i battenti nel 1786. Gradatamente, gli esemplari provenienti da diverse raccolte private e monastiche e poi i duplicati della Biblioteca Imperiale di Vienna andarono ad affollare gli scaffali dell’istituto. In data 30 aprile 1788 fu emanata dalla Regia Intendenza politica di Milano una legge per la regolamentazione del “diritto di stampa”. A ogni tipografo attivo in Lombardia si prescriveva il deposito obbligatorio in Biblioteca di una copia per ogni documento stampato. Con l’entrata in vigore della nuova disciplina, la Biblioteca poté quindi incamerare tutte le pubblicazioni dello Stato di Milano, il che rese ancora più ampia e diversificata la sua offerta libraria. Durante la Restaurazione l’obbligo di deposito ricadde su tutte le pubblicazione del Regno Lombardo-Veneto. In seguito fu nuovamente delimitato alla sola provincia milanese. La Biblioteca è ancora oggi titolare del deposito legale relativo a tutte le pubblicazioni cittadine. Nel corso del XIX secolo la Braidense fu preposta sia alla conservazione sia alla pubblica lettura e dal 1861 la frequentazione del pubblico fu agevolata dall’apertura serale. La Biblioteca ha sede nel palazzo di Brera, costruzione monumentale il cui nucleo originario ospitava l’ordine degli Umiliati, soppresso nel 1571 per volontà del pontefice Pio V. Tacciati di devianza rispetto alle norme tridentine (per il tenore di vita opulento o, secondo altri, per la prossimità alle tesi calviniste) gli Umiliati furono spossessati di tutte le loro sostanze. Su disposizione di San Carlo Borromeo, il palazzo e gli altri beni dell’ordine andarono a beneficio dei padri gesuiti, che dapprima affidarono a Martino Bassi un ampliamento dell’edificio e poi commissionarono a Francesco Maria Richini un progetto di sostanziale ristrutturazione, avallato dal Generale dei Gesuiti nel 1651. Dalla seconda metà del Settecento, per diretto interessamento dei regnanti asburgici, il palazzo fu oggetto di un gran numero di ampliamenti e migliorie. Maria Teresa d'Austria e i suoi successori erano infatti intenzionati a fare dell’area braidense il cuore pulsante della città. La denominazione di “Brera” rinvia a braida, voce tardolatina di presunta derivazione longobarda, con la quale si designava il suburbio incolto. Il palazzo inoltre ospita la Pinacoteca di Brera, l'osservatorio astronomico di Brera, l'orto botanico, l'Istituto Lombardo di scienze e lettere e l'Accademia di belle arti. Superato lo scalone d’onore si ha accesso all'ampio atrio d’ingresso, arredato con scaffalature in noce e radica risalenti al tardo Seicento, modificate nel 1785 circa da Giuseppe Piermarini. Un prezioso complemento ornamentale è offerto dagli affreschi che Gaetano Vaccani eseguì intorno al 1823. Attraversato l’atrio, si è immessi nella sala di lettura, altrimenti detta sala Teologica, in quanto precedentemente adibita a biblioteca religiosa. La sala è sormontata da una grande volta affrescata e anche qui la scaffalatura e il relativo ballatoio in noce e radica risalgono alla fine del Seicento. In fondo alla sala campeggia il grande ritratto dell'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe (1830 – 1916), prospiciente a quello dell'imperatore Francesco II d'Asburgo-Lorena (1768– 1835), collocato al di sopra della porta d’entrata. Alla destra dell’atrio, la Sala Maria Teresa, ricavata dalla precedente aula di lettura del Collegio. Il ritratto della sovrana (commissionato al maestro Agostino Comerio nel 1834) giganteggia poco dopo l’entrata; ancora una volta, l’elegante scaffalatura in legno di noce e il ballatoio continuo si devono al Piermarini, che disegnò il progetto in maniera tale da armonizzare tra loro gli arredi delle diverse sale; al Vaccani si accreditano gli affreschi classicheggianti che adornano la volta soprastante. I due grandi lampadari a goccia in cristallo di Boemia furono assemblati utilizzando le magre rimanenze dell’impianto d’illuminazione settecentesco un tempo sfavillante nel Salone delle Cariatidi di Palazzo Reale, devastato dagli incendi e dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Appena dopo l’ingresso, schermato da una teca, un globo terrestre che un tempo aveva trovato una provvisoria sistemazione nell’adiacente Sala Cataloghi, non a caso nota come Sala del globo. Realizzato nel 1829 sotto la direzione scientifica dell’Osservatorio, il globo riproduceva con esattezza le ultimissime rilevazioni geodetiche, dunque si presentava sotto la specie di un ellissoide anziché di una sfera. Il cerchio dell’orizzonte è attorniato da una fascia d’ottone su cui erano state incise le coordinate delle principali città del mondo, nonché le altezze delle montagne più importanti. (la sala contiene circa 24.000 volumi). Con circa 180 posti a sedere, la sala è oggigiorno utilizzata per esposizioni e manifestazioni culturali e viene anche data in uso per eventi culturali. Lungo la parete destra si aprono due ulteriori spazi: la Sala Gerli (ex sala Manzoniana nel 1886), dove ha trovato ricetto la biblioteca liturgica dei Duchi di Parma, con la sua ricca messe di rarissimi libri delle ore e di preziose legature, e la Sala Lalla Romano. Inaugurata l’11 marzo 2014, la Sala Lalla Romano è stata progettata ed allestita pro bono publico dall’architetto Jacopo Gardella, con il generoso sostegno della Fondazione Cariplo. Nella sala ha trovato una consona sistemazione il fondo della scrittrice, contemplante i manoscritti, i carteggi, i libri, i dipinti, i disegni e i materiali fotografici dell'autrice, nonché il mobilio da lei stessa ideato nel 1932, in vista delle nozze con il banchiere Innocenzo Monti. Il fondo è stato donato al Ministero dei Beni Culturali nel 2005, su concessione del giornalista, saggista e fotografo Antonio Ria, unico erede della Romano. Ganglio vitale dell’intera struttura è la Sala Cataloghi, in cui si trovano le postazioni informatiche per la ricerca in OPAC, il bancone della distribuzione e del prestito, i servizi di informazione e riproduzione. Qui è anche possibile consultare il catalogo cartaceo a schede per autori e per soggetti, nonché i ponderosi volumi contenenti di cataloghi più antichi, a cui purtroppo è ancora necessario ricorrere perché non tutto il posseduto è presente nell'OPAC. La sala fu edificata sulle macerie della vecchia sartoria dei Gesuiti, abbattuta per dare spazio a nuovi ambienti. La costruzione, su progetto dell’architetto Pietro Gilardoni, fu ultimata nel 1818. Scaffalature e ballatoi in legno ben si accordano agli arredi delle sale già passate in rassegna. Il soffitto, ancora una volta affrescato dal Vaccani, è a finte cupole cassettonate. In fondo, sulla destra, la Sala Manoscritti, un tempo conosciuta con la più esotica denominazione di Sala della Mummia. Dal 1816 al 1919, nelle tre salette alla sinistra dell’atrio, ebbe il suo domicilio il Gabinetto Numismatico fondato da Gaetano Cattaneo, che dopo la grande guerra prese la via per il Castello Sforzesco per essere conglobato nel Medagliere civico. Nei nuovi spazi sgomberati poterono essere allestite la Sala di Consultazione e l'attuale Sala Manzoniana. Nella prima è possibile interrogare a scaffale aperto repertori bibliografici ed altri strumenti di ricerca. La volta che sovrasta la sala è ornata dagli affreschi del Vaccani, raffiguranti la dea Minerva e alcuni uomini illustri dell’antichità classica, del Rinascimento e dell’epoca dei Lumi. La Sala Manzoniana fu inaugurata il 5 novembre 1951, alla presenza del presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Già sul finire dell’Ottocento, al fondo Manzoniano era stata consacrata una sala ad hoc, ma dato il continuo afflusso di nuovi materiali si erano resi ben presto necessari degli spazi aggiuntivi. Al di sopra della porta d'ingresso è possibile ammirare un ritratto a olio dello scrittore, firmato nel 1835 da Giuseppe Molteni. L’opera si staglia sullo sfondo di una veduta del lago di Como dipinta da Massimo d'Azeglio. Ultimo costituente di questa “galleria manzoniana” è il mezzobusto marmoreo scolpito da Francesco Confalonieri nel 1886 e donato da re Umberto I. Dagli affreschi è possibile arguire l’originaria destinazione della sala a Gabinetto Numismatico: sopra le scaffalature, infatti, si dispiega una fascia con dodici medaglie, recanti in rilievo le effigi degli antichi sovrani di cui il Gabinetto conservava le monete. La Sala è attualmente in uso per la consultazione dei manoscritti e dei libri rari della Braidense, oltre che del Fondo Manzoniano e dell'Archivio Storico Ricordi. La Braidense ha al suo attivo più di cinquanta fondi librari, di cui si elencano quelli più significativi. Nucleo primigenio della biblioteca, il fondo del Collegio gesuita, comprensivo di 34.000 volumi che negli annessi cataloghi erano già stati coscienziosamente disposti secondo una rigorosa scansione per “argomenti”. L’ampia raccolta del collegio rifrangeva gli innumerevoli interessi e orientamenti dell’ordine, i cui orizzonti culturali erano abbastanza vasti da includere anche apporti extraeuropei e contributi scientifici d’ultimissima stampa. La biblioteca del Conte Pertusati (Milano 1674-1755), esponente di punta dei maggiori cenacoli intellettuali lombardi, che aveva trascorso buona parte della propria vita a nutrire una biblioteca privata di cui già i contemporanei raccontavano mirabilia. Con un totale di 24.000 volumi, la biblioteca occupava tre sale, in conformità alla tradizionale tripartizione del sapere in ecclesiastico, storico e letterario. La sezione ecclesiastica comprendeva un rilevante numero di Bibbie (circa 350), manoscritti ed incunaboli. Nel 1763 i volumi del conte Carlo Pertusati furono divisi tra la Braidense e la biblioteca Universitaria di Pavia. Il cospicuo fondo di Albrecht von Haller (Berna 1708-1777), docente benemerito di anatomia, botanica e chirurgia a Gottinga, clinico di fama, prolifico autore di trattati medici e occasionalmente anche di versi, fondatore della moderna fisiologia. Sopra ogni altra cosa, von Haller era uomo imbevuto d’una cultura d'aspirazioni enciclopediche; fu quindi nel segno dell’erudizione e della bibliofilia che von Haller assemblò la sua ragguardevole raccolta. Alla sua morte, il fondo fu messo all’asta dagli eredi ed acquistato nel 1778 dall’imperatore Giuseppe II. Dopo una quasi rocambolesca traversata del Passo del Gottardo, il fondo approdò a Brera sul dorso di un mulo. Diversi avvenimenti concorsero al depauperamento della raccolta: la decisione del governo austriaco di dividere i volumi tra la Braidense, la biblioteca Universitaria di Pavia e le biblioteche di Lodi, Cremona e alla Biblioteca Teresiana di Mantova, le campagne napoleoniche (con cui l’erbario halleriano - 60 vol. in folio – prese la via per il Musée National d'Histoire Naturelle), una donazione del Governo Italiano a quello Svizzero nel 1928. Nel 1795 il cardinale Angelo Maria Durini, campione di mecenatismo e bibliofilia, destinò alla biblioteca un fondo con edizioni assai rare, incunaboli e manoscritti. Amico e patrono di artisti, letterati ed intellettuali d’alta statura (tra costoro Domenico Balestrieri, Giuseppe Parini, Giorgio Giulini, Guido Ferrari), il cardinale fu celebrato per la sua liberalità nell’ode pariniana de La Gratitudine, composta nel 1791. Nota ai più per le legature pregiate e le cinquecentine, la collezione del cardinal Angelo Maria Durini possiede un’immediata riconoscibilità in virtù degli ex libris apposti a ogni singolo volume. La Biblioteca possiede circa 2000 manoscritti. Doverosa la segnalazione dell'Hexameron di Sant'Ambrogio e dei Vangeli in greco, risalenti al 1110 circa. Tra i cosiddetti libri in cuna, si ricordino almeno il Catholicon del grammatico e teologo domenicano Giovanni Balbi, tirato a Magonza nel 1460 con la nuova tecnica della stampa a caratteri e il celebre Lattanzio di Subiaco, stampato nel 1465 in un monastero sito nella piccola località laziale e rientrante nel novero dei primissimi libri a stampa tirati in Italia. Purtroppo il catalogo generale dei manoscritti è rimasto quello di Giuseppe Cossa, che lavorò a Brera soltanto fino al 1864; questo catalogo fu poi schedato per soggetti nel cosiddetto schedario Staderini. Sul sito attuale della Braidense per nessuno di questi due cataloghi si indica la data di stesura, ma è presumibile in base alla biografia dell'inventore, Aristide Staderini, che risalga a più di un secolo fa. La Biblioteca Braidense possiede circa 650 edizioni aldine, tutte collocabili tra il 1494 e il 1598. Tra gli incunaboli afferenti al fondo aldino (104 in totale) l’arcinota Hypnerotomachia Poliphili, che a motivo delle splendide xilografie di cui è adorna si è ben guadagnata la sua fama di più bel libro del Rinascimento. Il fondo aldino della Braidense, quanto a consistenza, è secondo unicamente a quello custodito presso la Biblioteca Nazionale Marciana. Nel 1885 Pietro Brambilla, marito di Vittoria Manzoni, donava alla Braidense tutte le carte ed i libri del Manzoni (di cui molti punteggiati da postille dell’autore). Il lascito fu vincolato a una serie di condizioni: la prima prevedeva che il fondo restasse in via permanente a Milano; la seconda che si allestisse una sala appositamente deputata ad accoglierlo; la terza che si chiarificasse con espressa menzione l’appartenenza di volumi e carteggi alla donazione fatta. Per far fede al terzo impegno concordato, il 5 novembre 1886, alla presenza dei sovrani d'Italia, fu inaugurata la prima Sala Manzoniana, cui nel 1951 se ne affiancò una seconda, progettata da Tomaso Buzzi e tenuta a battesimo sempre in data 5 novembre, con il presidente della Repubblica Luigi Einaudi a far da padrino. Per tutto il XX secolo, il fondo è stato foraggiato con ulteriori lettere autografe, dagherrotipi e cimeli di vario titolo, frutto dei numerosi donativi da parte di enti, associazioni e privati. Attualmente la raccolta manzoniana comprende 250 manoscritti, 550 volumi della biblioteca del Manzoni di cui 200 postillati, circa 5.000 pezzi di carteggio, oltre 1.000 volumi di opere del Manzoni, quasi 3.000 volumi di critica di cui 1.800 in miscellanea. Avventore occasionale della Braidense, Alessandro Manzoni fu in rapporti più che cordiali con i bibliotecari: Gaetano Cattaneo, direttore del Gabinetto Numismatico, gli riservò un trattamento di favore, facendogli recapitare direttamente a casa i volumi di cui aveva necessità; Francesco Rossi fu un impagabile dispensatore di notizie e di documenti relativi alle vicende della Colonna Infame (questi è infatti la “dotta e gentile persona” di cui Manzoni si diceva riconoscente nell’ultimo capitolo della Storia della Colonna Infame). Da qualche tempo, con il lancio del progetto BiD (Braidense in Digitale) è possibile consultare l’edizione ventisettana dei Promessi sposi. Alla piattaforma digitale fa capo anche la raccolta drammatica Corniani-Algarotti, acquistata dalla Braidense nel 1891, e comprensiva dei circa 10.000 libretti teatrali appartenuti al conte Marco Antonio Corniani Algarotti (1768 - 1845), studioso di geologia con il bernoccolo del melodramma e della letteratura teatrale. Un'altra sezione di gran rinomanza è quella foscoliana, formatasi gradualmente attraverso le diverse tranches che hanno ampliato un nucleo originario di 24 lettere (databili tra 1804-1814) con ulteriori pezzi del carteggio e con rare edizioni dei primordi e del periodo inglese. Una finestra sul più bel fiore dell’arte tipografica settecentesca è offerta dalla raccolta bodoniana, cui danno corpo 922 esemplari dell’officina di Giambattista Bodoni, appartenuti dapprima al bibliofilo Anton Enrico Mortara e poi a Giuseppe Spinelli, che nel 1886 li ha fatti pervenire in forma di donativo alla Biblioteca. Dal 1994 la catalogazione dei nuovi volumi avviene immettendo i dati nell'OPAC (Online Public Access Catalog), che fa capo al grande catalogo informatizzato del Servizio Bibliotecario Nazionale. Contestualmente ha preso le mosse il recupero dei cataloghi antichi, di cui devono essere ancora riversate alcune centinaia di migliaia di schede (pertanto, per risalire alle opere non ancora presenti in OPAC è possibile consultare i cataloghi cartacei disponibili nell’apposita Sala). Previa iscrizione, tutti i maggiorenni con cittadinanza italiana o con regolare permesso di soggiorno possono beneficiare dei servizi di prestito (in sede o a domicilio), consultazione e utilizzo delle banche dati. Tutti i servizi sono erogati a titolo gratuito, ad eccezione del prestito interbibliotecario e delle riproduzioni digitali. Come altre Biblioteche afferenti al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, la Braidense si è fatta scrupolo di digitalizzare alcuni dei propri fondi storici, così da favorirne la diffusione e la preservazione dall’inevitabile usura associata alla consultazione manuale. Nel sito istituzionale, alla voce “Risorse”, è possibile risalire alle seguenti collezioni: Emeroteca digitale (2.000.000 pagine di circa 1000 periodici e giornali digitalizzati della Braidense e di altri Istituti); Raccolta drammatica (500.000 immagini di circa 9000 libretti teatrali e per musica dal XVI al XIX secolo); Monografie digitalizzate [100.000 pagine di oltre 330 titoli di editoria lombarda, di materiale quasi esclusivamente ottocentesco, fino agli anni '20 del XX secolo circa, prevalentemente narrativa minore, di interesse grafico, di autografi manzoniani (1), di fonti storiche (in senso stretto Cavazzi della Somaglia, Alleggiamento; ma ovviamente tutte queste monografie si possono considerare fonti storiche), ricercabili per autore, titolo, etc. purtroppo quasi tutti da consultarsi in sede]; Testi in linea (progetti scaffale aperto); Legature (una galleria di 113 immagini delle legature storiche di maggior pregio di volumi della Braidense, dal XV al XVII secolo); Fondo fotografico Sommariva (14.930 fotografie di Emilio Sommariva: ritratti, vedute e riproduzioni di opere d'arte, dal 1904 al 1973); Catalogo nazionale dei manoscritti musicali (catalogo nazionale dei manoscritti musicali redatti fino al 1900, conservati in biblioteche pubbliche, private e ecclesiastiche italiane); l'Ottocento (Circa 325.000 immagini di 5.000 romanzi e opere letterarie dell'Ottocento italiano).La Biblioteca destina sovente gli spazi a sua disposizione per mostre, visite guidate, conferenze, convegni e presentazioni di libri, anche in collaborazione con altre istituzioni pubbliche e private. La Biblioteca ha anche facoltà di ospitare iniziative culturali promosse da privati e giudicate compatibili con i propri fini istituzionali. In conformità a quanto previsto dal Codice dei beni culturali e del Paesaggio, i locali possono essere concessi in uso per eventi promozionali, riprese televisive e cinematografiche. Al fine di dare visibilità al proprio posseduto, la Biblioteca indice incontri rivolti a tutti coloro che hanno desiderio di conoscerne la storia e i fondi più antichi (Pertusati, Biblioteca Gesuitica, Haller, Manzoni). Previo appuntamento concordato con il personale addetto, la visita è aperta sia ai privati cittadini che alle scuole. A partire dal 2021, a seguito dell’emergenza globale dovuta alla pandemia di COVID-19 che ha causato la sospensione di attività didattiche in presenza, la Biblioteca ha avviato una collaborazione con Libri Finti Clandestini, la Pinacoteca di Brera e il “Centro Internazionale di Ricerca sulla Cultura dell’Infanzia”, a cura di James Bradburne, nell’ambito del progetto "Il cantiere dei libri": dei video tutorial inerenti alla realizzazione di prodotti editoriali in maniera sperimentale che mirano ad approfondire il tema della creazione di libri d’artista, gratuiti ed usufruibili tramite il sito web della Biblioteca. Nell'ambito di una concezione avveniristica in cui al testo multimediale viene attribuita una dignità pari al testo stampato, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha dotato la Biblioteca di Brera di una Mediateca che è una biblioteca multimediale interattiva. Per tali fini è stato attrezzato l'edificio della Chiesa di Santa Teresa, da tempo sconsacrata. È così possibile accedere alle risorse digitali che stanno assumendo un ruolo fondamentale per chi lavora nella società dell'informazione. Nel 1830 Giuseppe Acerbi, console austriaco in Egitto, aveva fatto dono alla Biblioteca di una mummia mirabilmente conservata, di due sarcofagi e di alcuni papiri d’argomento mitologico. La donazione era stato dapprincipio esposta nella Sala Manoscritti, ribattezzata proprio per questa ragione col nome di Sala della Mummia. Dal 1910, il tutto ha trovato una ricollocazione presso il Museo Egizio del Castello Sforzesco. Dopo la Biblioteca di New York, la Braidense si dotò per prima, in Europa, di un impianto di illuminazione elettrica e fece stampare a smeriglio sulle proprie lampadine Rubato alla Biblioteca Nazionale Braidense. Nella prima metà del Novecento, i gatti randagi erano inquilini ben accetti della Biblioteca, cui avevano accesso per mezzo di una piccola feritoia praticata nel portone. A ridosso dell’ora di chiusura, il personale lasciava che i gatti attraversassero la breccia, così da cacciare nottetempo gli eventuali topi e da impedir loro di rosicchiare i libri. Nel 1938, a causa delle proteste avanzate dagli addetti alle pulizie, il varco fu chiuso. La Biblioteca è stata ceduta per un evento privato pubblicizzato tramite i social. L'evento, organizzato da un'azienda di cosmetici, si è svolto il 15 giugno 2024. La cessione della biblioteca ha suscitato numerose critiche da parte di studiosi, intellettuali e cittadini milanesi. Molti hanno espresso preoccupazione per la commercializzazione di uno spazio culturale così importante e per il messaggio che questo evento manda sulla priorità data al profitto rispetto alla cultura. Aurelio Aghemo, La Biblioteca Nazionale Braidense, "Biblioteche Oggi", Milano, Ed. Bibliografica, n. 8, ottobre 2008, pp. 15–20. Ufficio Ricerca Fondi Musicali Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Biblioteca nazionale Braidense Sito ufficiale, su bibliotecabraidense.org. Sito ufficiale, su braidense.it. Sito ufficiale, su braidense.it. Sito ufficiale, su bibliotecabraidense.org. Bibliotèca Nazionale Braidènse, su sapere.it, De Agostini. Opere di Biblioteca Nazionale Braidense, su MLOL, Horizons Unlimited. Biblioteca Nazionale Braidense, su Anagrafe delle biblioteche italiane, Istituto centrale per il catalogo unico. Biblioteca Nazionale Braidense, su Sistema archivistico nazionale, Istituto centrale per gli archivi.