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Monumento a Tommaso Grossi

Cortile d'onore del palazzo di BreraPagine con mappeSculture nella Pinacoteca di BreraTommaso Grossi
Vincenzo Vela, Monumento a Tommaso Grossi (1858) Accademia di Brera
Vincenzo Vela, Monumento a Tommaso Grossi (1858) Accademia di Brera

Il monumento a Tommaso Grossi è un'opera scultorea realizzata da Vincenzo Vela (1820-1891) posta nel cortile d'onore del palazzo di Brera a Milano. Per la realizzazione di una statua a Tommaso Grossi, scrittore e poeta, amico di Carlo Porta e di Alessandro Manzoni, venne aperta una sottoscrizione nel maggio 1854 (pochi mesi dopo la morte del Grossi). Alla sottoscrizione contribuì anche Camillo Benso. La commissione per il monumento, formata nel 1855 e comprendente anche Giulio Carcano e Alessandro Manzoni, diede incarico nel 1856 al Vela per la realizzazione dell'opera. Il monumento fu inaugurato solennemente il 1 luglio 1858. Fu l'ultima delle sei grandi statue ad essere posta nel cortile. Giulio Carcano, Nell'inaugurazione del monumento a Tommaso Grossi in Milano, Milano, 1858. Palazzo di Brera Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su monumento a Tommaso Grossi

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Monumento a Tommaso Grossi
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Vincenzo Vela, Monumento a Tommaso Grossi (1858) Accademia di Brera
Vincenzo Vela, Monumento a Tommaso Grossi (1858) Accademia di Brera
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Cortile d'onore del palazzo di Brera
Cortile d'onore del palazzo di Brera

Il cortile d'onore del palazzo di Brera è il cortile principale del palazzo di Brera, sede dell'omonima pinacoteca e accademia. Il cortile, così come tutto il palazzo, risale alla prima metà del '600 e nasce in origine come chiostro per il monastero di Santa Maria di Brera, retto dall'ordine dei Gesuiti, fino a quando l'istituto religioso fu soppresso e reso di proprietà dello Stato, che trasformò il palazzo nella sede della nuova accademia di belle arti e pinacoteca. I lavori per il palazzo dell'ordine furono assegnati a Francesco Maria Richini, maggiore architetto del primo barocco lombardo: questi progettò il chiostro di pianta rettangolare (30x40 m) con un doppio ordine di colonne a reggere archi a tutto sesto. Al pian terreno le colonne tuscaniche poggiano su semplici basi, mentre al piano superiore le colonne di ordine ionico poggiano su piedistalli che fungono da intermezzi per la balaustrata: la loggia a doppio ordine sovrapposto è un chiaro omaggio al cortile del collegio Borromeo di Pavia di Pellegrino Tibaldi e rappresenta uno dei capolavori del Richini, nonché il prototipo barocco dei cortili di area lombarda. Il porticato, originariamente disadorno, fu arricchito, a partire dal XIX secolo, con numerose statue, busti e lapidi dedicati alle maggiori personalità scientifiche ed artistiche della Lombardia. Nel vano del portale di ingresso del cortile sono presenti due monumenti. A sinistra il Monumento a Ranieri Girotti (1833) di Gaetano Motelli A destra il Monumento a Luigi Canonica (1847) di Raffaele Monti Nel vano delle arcate del cortile sono presenti sei statue (elencate qui partendo da sinistra dell'ingresso). Monumento a Tommaso Grossi (1858) di Vincenzo Vela Monumento a Bonaventura Cavalieri (1844) di Giovanni Antonio Labus Monumento a Carlo Ottavio Castiglioni (1855) di Antonio Galli Monumento a Luigi Cagnola (1849) di Benedetto Cacciatori Monumento a Pietro Verri (1844) di Innocenzo Fraccaroli Monumento a Gabrio Piola (1857) di Vincenzo Vela Le prime due statue nel cortile vennero inaugurate nel 1844 in occasione della VI Riunione degli scienziati italiani. Sullo scalone richiniano furono poste due statue. Monumento a Cesare Beccaria (1837) di Pompeo Marchesi Monumento a Giuseppe Parini (1838) di Gaetano Monti Nel 1859 al centro del cortile fu posta la riproduzione bronzea di un'opera di Antonio Canova. Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore Sono inoltre presenti decine di busti, cippi, statue minori dedicate ad altre personalità reputate meno illustri ma degne di menzione. Paolo Mezzanotte, Giacomo Bascapè, Milano nell'arte e nella storia, Milano, Bestetti, 1968, ISBN non esistente. Palazzo di Brera Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Cortile d'onore del palazzo di Brera

Osservatorio astronomico di Brera
Osservatorio astronomico di Brera

L'osservatorio astronomico di Brera, INAF, è uno storico osservatorio costituito nella seconda metà del Settecento nel palazzo di Brera, a Milano. Agli inizi degli anni venti del Novecento la sezione osservativa fu distaccata a Merate, in Brianza. Le due sedi condividono a tutt'oggi l'amministrazione e la direzione, e talvolta la designazione. Parte della sua fama è dovuta alle osservazioni dei canali di Marte eseguite da Giovanni Virginio Schiaparelli nel 1877. "Brera" è parola che vien da braida, termine della bassa latinità longobarda che significa prato, piazza erbosa, campo vicino alla città; "braida" scende a sua volta dal latino praedia, plurale di proedium che significa podere. In effetti la zona si trovava in quei tempi al limitare della città. La costituzione dell'osservatorio cadde in un periodo di grandi novità istituzionali per la città di Milano, da pochi decenni passata dalla dominazione spagnola all'austriaca. Fu proprio durante il dominio spagnolo, restato in auge per due secoli, che s'iniziò la costruzione del nuovo palazzo nei pressi della chiesa di Santa Maria nella Brera, demolita agli inizi dell'Ottocento, adiacente al duecentesco convento degli Umiliati, eretto nel 1171. Era questo un antico ordine religioso tra i numerosi nati nel Medioevo, assai potente in Milano e noto per la sua arte nella produzione della lana, soppresso nel 1571 da Pio V. Il convento e parte delle ingenti ricchezze dell'ordine furono in seguito assegnati ai Gesuiti dal cardinale Carlo Borromeo, affinché insediassero nell'edificio un centro universitario di studi per il clero e per la classe nobile. Ciò richiese lavori di ampliamento che ebbero inizio nel 1591 e vennero affidati nel 1615 all'architetto barocco Francesco Maria Richini, ma già nel 1630 si arenarono per colpa soprattutto della peste che attanagliò i milanesi per lunghi anni, tanto che l'ambizioso progetto iniziale dovette abbandonarsi a favore di uno meno pretenzioso approvato nel 1651. Dopo la morte di Richini, avvenuta nel 1658, lavorarono al nuovo progetto dapprima il figlio dello stesso Richini e dappoi Gerolamo Quadrio e Pietro Giorgio Rossone. Il palazzo fu ultimato solo nel 1776, dopo la soppressione dell'ordine dei Gesuiti comandata da Clemente XIV nel 1773 (l'ordine fu poi ricostituito nel 1814 da Pio VII), quando l'osservatorio era ormai operativo da oltre un decennio. Negli anni subito successivi l'architetto Giuseppe Piermarini completò la facciata e costruì l'alto portale neoclassico. Per desiderio di Maria Teresa d'Austria il palazzo fu adibito ad ospitare la Biblioteca Braidense, che aprì al pubblico nel 1786, e fu anche ampliato l'Orto botanico e istituita l'Accademia di belle arti. Oggi nel vasto comprensorio del palazzo hanno sede la pinacoteca, la biblioteca braidense, l'orto botanico, l'Istituto lombardo di scienze e lettere, l'Accademia di belle arti e l'osservatorio astronomico. Il palazzo si apre con un ampio cortile ingentilito dall'elegante porticato che lo attornia, al cui centro si erge il monumento a Napoleone I di Antonio Canova. L'inizio delle attività osservative svolte dal palazzo di Brera non è conosciuto con esattezza e quindi è impossibile indicare una data precisa per la nascita dell'osservatorio. La prima osservazione di cui è giunta sicura memoria scritta avvenne nel febbraio del 1760 per opera di Giuseppe Bovio e Domenico Gerra, due padri del collegio dei gesuiti lettori di filosofia e appassionati di astronomia, che dopo aver scoperto a occhio nudo una cometa ne seguirono il passaggio con il loro cannocchiale. La notizia, molto interessante in quei tempi, fu comunicata ai milanesi con manifesti murali affissi nelle vie della città. Dal testo accurato e ricco di descrizioni sia della cometa sia del cielo si appalesa l'interesse non certo episodico dei due padri per l'astronomia. Essi conoscevano la cartografia celeste di Hevelius, sapevano rintracciare gli oggetti celesti e descriverne con cura la posizione grazie ai riferimenti stellari e alle costellazioni, possedevano un telescopio (probabilmente rifrattore, cioè un cannocchiale). Altre fonti testimoniano l'insegnamento da parte loro di nozioni di astronomia agli allievi del Collegio. È anche plausibile, vista la loro competenza, che l'anno precedente avessero osservato il primo ripassaggio della cometa di Halley, previsto a tavolino da Edmond Halley e quindi di enorme interesse astronomico poiché riconferma della legge di gravitazione di Newton. In seguito all'entusiasmo per la scoperta della cometa del 1760 i due chiesero al rettore del Collegio, padre Federico Pallavicini, di far installare strumenti astronomici presso i locali del palazzo da cui erano usi compiere le osservazioni del cielo. Il rettore, uomo di vasti interessi scientifici e di mentalità aperta, acconsentì volentieri al progetto e si adoperò per procurare ai due padri alcuni telescopi rifrattori e un preciso orologio a pendolo, essenziale per l'astrometria. Il quadrante astrometrico di ampio raggio per le accurate misure di posizione si rivelò troppo costoso per l'acquisto e i due astronomi decisero di tentare la costruzione in proprio di un sestante, con l'aiuto di un artigiano per la lavorazione del ferro battuto e dell'ottone. Il sestante venne realizzato ma risultò poco preciso. In seguito all'episodio il rettore Pallavicini decise d'invitare presso il Collegio padre Louis Lagrange (Mâcon, 1711-ivi, 1783), astronomo a Marsiglia, per aiutare il nascente osservatorio di Brera. La Grange giunse sul finire del 1762. Poco dopo il suo arrivo i due padri fondatori si ritirarono ed egli assunse la gestione dell'osservatorio assieme ai gesuiti Francesco Reggio, già allievo del Gerra presso il Collegio, e Angelo Cesaris, che divenne poi direttore della Specola astronomica. Erano gli anni della stesura degli atlanti celesti, della misura dei moti planetari per raffinare i parametri orbitali, dell'astronomia di posizione. Per la migliore riuscita delle misure comparative fu necessario determinare dapprima la posizione dell'osservatorio con buona accuratezza, lavoro cui il La Grange attese già dall'anno successivo il suo insediamento. Sempre nel 1763 egli iniziò l'attività collaterale di misura delle condizioni meteorologiche: temperatura, pressione atmosferica, stato del cielo, eventuali precipitazioni. Intanto il senato milanese s'accordò per chiamare all'insegnamento di Matematica presso l'università di Pavia padre Ruggero Giuseppe Boscovich, gesuita, matematico e astronomo eclettico, mentre Pallavicini pervenne alla decisione di creare in Brera un'autentica specola astronomica. Boscovich afferì all'ateneo pavese nella primavera del 1764 e già nell'estate di quell'anno ebbe occasione d'incontrare Pallavicini durante i giorni vacanzieri ch'egli aveva ritenuto di trascorrere presso il Collegio di Brera. Fu tosto convinto ad assumere l'incarico di organizzatore della nascente specola. Alcuni considerano pertanto il 1764 come data della fondazione dell'osservatorio, ma è più corretto parlare di costituzione poiché l'anno di fondazione è incerto e si ritiene cada tra il 1762 e il 1764. Egli mise subito a frutto la pregressa esperienza maturata in seno al Collegio Romano quando ne aveva progettato la specola, poi rimasta irrealizzata, e stese il disegno delle modifiche da apportare al palazzo: erigere una torre a sezione quadrata di tredici metri di altezza sul cui tetto, piano e terrazzato, disporre due piccole cupole coniche di tre metri di diametro per ospitare gli strumenti osservativi. Altri strumenti si affacciavano al cielo da botole disposte sul terrazzo sommitale, dalla cui ampia superficie si poteva contemplare il cielo a occhio nudo per quelle osservazioni che non richiedevano l'uso di strumenti. Fu questo un raffinato progetto che prese le mosse dalla scelta dell'ala Sud-Est del palazzo, la più remota dagli eventuali disturbi cagionabili agli strumenti dai tremori indotti all'edificio dai veicoli in transito sul ciottolato e sul pavé delle vicine via Brera e via dei Fiori, a quell'epoca ancora contrade. Speciale cura egli dedicò alla forma, alle dimensioni e alla disposizione delle strutture portanti ad arco e delle volte, e al tirantaggio in ferro e legno necessario per irrigidire la sommità della specola, affinché gli strumenti potessero dirsi stabili. Tra questi vi sarebbero stati telescopi rifrattori, cerchi meridiani, strumenti parallattici, quadranti e sestanti. Si adoperò anche acciocché nei lunghi mesi necessari ai lavori non vi fosse intralcio alle osservazioni astronomiche già in essere o in programma, tanto che La Grange poté dedicarsi allo studio dei fenomeni geocentrici dei satelliti medicei di Giove, con il suo rifrattore. Il progetto fu approvato nello stesso 1764 dal governatore di Milano, conte di Firmian, e compiuto già l'anno successivo, il 1765; nel 1772 vennero aggiunte due nuove cupole. La ragguardevole spesa fu finanziata in parte dal Collegio, in parte dal mecenatismo scientifico di volontari, tra i quali parecchi gesuiti, e in parte dallo stesso Boscovich. Quello stesso anno la carica di rettore del Collegio di Brera fu affidata a padre Ignazio Venini, di San Fedele, e Federico Pallavicini fu mandato a occuparne il posto. L'avvicendamento rallentò lo sviluppo del nuovo osservatorio poiché il Venini risultò meno interessato all'opera e meno disposto a finanziarla. Sebbene le opere di edilizia e di falegnameria fossero ormai completate mancavano ancora parecchi strumenti, come si evince da una lettera di La Grange a padre Cavalli. Anche l'assistente di La Grange, Francesco Reggio, fu allontanato fino al 1772 e comandato all'insegnamento delle belle lettere presso il Collegio e poi della teologia presso Genova. Tutto questo avvenne non senza la palese volontà di esautorare poco a poco Boscovich, un po' per il suo temperamento d'indole focosa, un po' per le inimicizie maturate nel campo scientifico per causa della sua opera Theoria Philosophiae Naturalis che troppo si opponeva alle nuove idee in auge in quegli anni presso i circoli filosofici, soprattutto francesi. Ciò nonostante l'osservatorio appariva ben congegnato e pronto per le sfide scientifiche offerte dall'astronomia di quel tempo; gli anni pionieristici di Bovio e Gerra parevano davvero lontani sebbene solo un lustro o poco più li separasse dal momento. Ben equilibrati erano il numero e la disposizione delle sale osservative, delle terrazze, delle specole e dei disimpegni, ottimi gli strumenti disponibili che oltre ai rifrattori comprendevano il sestante di Canivet alloggiato nel cupolino Nord-Ovest e la macchina parallattica di Adams per lo studio dei fenomeni planetari geocentrici alloggiata nel cupolino Nord-Est in condivisione con lo strumento dei passaggi. A questi si aggiunse nel 1766 il quadrante murale di Canivet. Ancora un decennio dopo, l'astronomo francese Jérôme Lalande dell'osservatorio di Parigi scriveva sul Journal des savants parole di elogio per Brera. Dopo qualche dissapore Boscovich e La Grange lavorarono per diversi anni condividendo la strumentazione, sebbene nel 1770 si rese necessario dividere parte dei compiti e degli strumenti per insorte incompatibilità fra i due. Il periodo tra il 1766 e il 1772, anno dell'allontanamento di Boscovich da Brera, fu assai proficuo e l'osservatorio produsse scienza di ottimo livello tra cui studi della posizione geografica con calcolo della latitudine e della longitudine, delle eclissi, dei transiti, e di altri problemi classici di astrometria. L'approccio metodologico di Boscovich alla scienza fu esemplare. Poco dopo il suo insediamento scrisse una dettagliata relazione per riassumere i lavori pregressi compiuti all'osservatorio e per delineare le future prospettive, donde traspaiono palesi la completa padronanza dello stato dell'arte della ricerca astronomica nel mondo, le relative problematiche e le metodologie per affrontarle sia sul piano teorico sia su quello osservativo e sperimentale. Questo approccio discende dalla chiara comprensione ch'egli ebbe del moderno metodo scientifico ascrivibile a Galileo e Newton e contraddistinto dal rigore e dalla consapevolezza che la teoria è volta a spiegare l'esperienza. È curioso notare che la relazione fu in seguito girata dal governo agli astronomi milanesi come linee guida nel 1777, quand'egli non apparteneva più all'organico dell'osservatorio da ormai un lustro, affinché ne traessero ispirazione per i loro metodi di lavoro. Questo testimonia il rispetto della sua valenza scientifica anche da parte di quello stesso governo che, in definitiva, ne aveva pianificato l'allontanamento Costruito a Parigi da Canivet nel 1765 con la supervisione di Lalande, arrivò a Brera nel 1766. È un settore di 60º d'ampiezza e 195 cm di raggio costruito in ferro ma con il lembo graduato in ottone, montato su colonna altazimutale. La targa reca la dicitura Fait par Canivet, Ingénieur en instrumens des Mathématiques de Messieurs de l'Académie Royale des Sciences à La Sphère à Paris, 1765. Fissati al settore operano due cannocchiali tra loro ortogonali, di cui uno parallelo al raggio passante per il punto di 0 e adatto a osservare gli astri molto alti sull'orizzonte, l'altro dedicato agli astri più bassi. Nel 1824 furono entrambi sostituiti con cannocchiali di Fraunhofer. I micrometri a filo mobile applicati a ciascun cannocchiale consentono la lettura dei minuti d'arco e dei centesimi di minuto. Dopo aver orientato l'intero settore affinché uno dei due cannocchiali punti l'astro oggetto dell'indagine si esegue la misura di altezza leggendo l'angolo indicato da un filo a piombo, che dal vertice superiore dello strumento discende e scorre vicinissimo alle suddivisioni del lembo. Per scongiurare i tremori del filo innescati da eventuali movimenti dell'aria esso è contenuto in una lunga scatola, alla cui estremità inferiore v'è una finestrella ove si affaccia il microscopio per la precisa lettura della fine scala graduata sul lembo; un sistema d'illuminazione consente l'uso notturno. Le oscillazioni del filo sono smorzate in una vaschetta d'acqua in cui è immerso il peso installato all'estremità. I settori di Canivet avevano fama di essere meno precisi ma più economici rispetto ai concorrenti inglesi dell'epoca. Appena giunto all'osservatorio Boscovich e La Grange ne verificarono la qualità con metodi ideati dallo stesso Boscovich e la trovarono buona. Lo stato attuale di conservazione è discreto. Mancano però i cannocchiali e alcune parti meccaniche; la graduazione fine del lembo è ormai illeggibile. Costruito a Parigi da Canivet. Appartiene alla schiera degli strumenti di precisione acquistati dall'osservatorio nei primi anni dopo la nascita. L'intelaiatura è un settore circolare di 195 cm di raggio, in ferro, ampio poco più di 90º e con il lembo di ottone su cui è incisa la scala graduata. Le suddivisioni principali sono in gradi, le secondarie vanno di 5 in 5 primi. Il nonio ventesimale che scorre lungo il lembo permette di discernere i 15 secondi d'arco. Una precisione ancora migliore si ottiene leggendo il nonio a tamburo inciso sulla manopola del micrometro che permette di apprezzare il secondo d'arco. I fili dei micrometri sono illuminati da una candela la cui luce è riflessa all'interno del tubo con un sistema di specchi, in seguito migliorato da Boscovich con l'aggiunta di uno specchio mobile regolabile. La struttura si fissa alla parete in due punti che reggono i due sostegni con le meccaniche di regolazione in verticale e in orizzontale, per la perfetta messa in stazione. Un sistema di contrappesi e carrucole completa l'apparato dei fini movimenti di taratura. Un secondo contrappeso compensa la flessione del tubo del cannocchiale. Nel 1773 furono ultimate le verifiche strumentali, in particolare quella di planarità e quella di regolarità della scala graduata, che diedero risultati solo discreti. Fu tuttavia possibile determinare l'errore sistematico, pari ad alcuni secondi d'arco, e correggere così i valori delle letture. Fu quindi installato dapprima nella sala dei quadranti, verso Sud, e dappoi spostato a Nord per far posto nel 1791 al neoacquistato quadrante di Ramsden. Lo strumento si presenta oggi mal conservato: restano solo l'intelaiatura in ferro del quadrante e il tubo del cannocchiale. Costruito a Londra da Jeremiah Sisson nel 1774 con la supervisione di Nevil Maskelyne, astronomo reale dell'osservatorio di Greenwich, arrivò a Brera nel 1775. L'anno prima padre La Grange s'era interessato presso Maskelyne per l'eventuale acquisto di strumenti inglesi per la specola milanese. Egli era attratto in particolare dai quadranti murali e dai settori equatoriali. Maskelyne suggerì il nome di Sisson e si offrì per seguire di persona i lavori di costruzione, convincendo La Grange a tralasciare la ditta di Bird cui all'inizio aveva pensato di rivolgersi. I prezzi dei Sisson superavano di molto quelli dei Bird e La Grange dovette rinunciare all'acquisto di uno dei due strumenti; scelse così il solo settore equatoriale e versò un anticipo di 90 sterline, pari a circa la metà del costo complessivo, e informò il governatore Firmian citandogli quanto saputo da Maskelyne riguardo alla bontà e la disponibilità del costruttore Sisson che vantava il pregio "d'être beaucoup plus disposé à ecouter conseil et à se laisser guider par un astronome". Il settore fu quindi installato nella torre Nord-Est della specola. Lo strumento reca incisa la scritta Sisson London 1774. Il cannocchiale è montato all'inglese, su montatura equatoriale a due appoggi con regolazioni micrometriche per la messa in stazione. L'asse di ascensione retta si compone di tre parti, come in uso a quell'epoca: alla parte centrale a parallelepipedo sono unite le due estremità coniche. La sezione centrale monta il cerchio graduato di declinazione di 63 cm di diametro il cui lembo è suddiviso in intervalli di 20 primi d'arco, numerato da 0º a 180º su ambo le semicirconferenze. Il cerchio di ascensione retta è simile al primo ma collocato all'estremità inferiore dell'asse orario, il suo lembo è diviso in intervalli di un minuto e il nonio permette di discernere i 5 secondi. Sono questi i cerchi per le letture approssimate. Le letture fini si eseguono sul grande settore di cerchio ampio 21º e di raggio 152 cm, che dà il nome allo strumento, sul cui lembo suddiviso in intervalli di 10 primi d'arco scorre il nonio che consente di discernere il primo d'arco; la manopola della vite per i movimenti micrometrici è un nonio a tamburo che permette di raggiungere il secondo d'arco. In seguito Francesco Carlini fece apporre a lato del lembo una nuova scala graduata in argento finemente incisa con suddivisioni ampie due primi, il cui nonio permette di discernere i 4 secondi d'arco. Come di consueto un sistema di contrappesi annulla le flessioni del tubo. L'insieme è tuttavia poco stabile e il tocco delle manopole di regolazione micrometrica induce tremolii assai fastidiosi, di cui ebbero a lamentarsi sia Kreil sia Schiaparelli che scrisse "allorché si vuole usare la vite micrometrica trema tutta la macchina e si perde la fiducia nelle fatte osservazioni". Il cannocchiale ha 10 cm di apertura e 153 cm di focale e dispone di due oculari, di un cercatore e di un micrometro filare a quattro fili e lamelle mobili, in seguito sostituito con altro a cinque fili. Nel 1885 Carlini fece sostituire la lente obiettiva con una lavorata da Georg Simon Plössl e pagata 440 fiorini. Questo settore equatoriale ebbe vita lunga e feconda per osservazioni di ogni tipo: planetarie, delle comete, delle occultazioni, delle macchie solari al fine di misurare la velocità di rotazione del Sole. Kreil e Stambucchi vi eseguirono una lunga serie di accurate misure delle librazioni lunari tra il 1831 e il 1834. Anche il pianeta Urano fu osservato con interesse, in particolare da Barnaba Oriani, che ne stabilì l'orbita, subito dopo la scoperta del 1781 fatta da William Herschel. Per un secolo fu in effetti l'unico strumento equatoriale disponibile a Brera. Venne usato anche da Schiaparelli per seguire la cometa del 1862 (la 1862 II) e fu con esso che il 29 aprile del 1861 egli scoprì l'asteroide 69 Hesperia, osservato già il giorno 26 ma non riconosciuto come tale. Con il tempo, alcune parti dello strumento sono andate disperse; fra queste i contrappesi, la lente obiettiva e gli accessori più importanti quali il telescopio cercatore, gli oculari, i micrometri, la lente del nonio. Lo strumento è conservato presso il Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano dove è esposto nella sezione Astronomia e Spazio. Costruito a Milano nel 1775 da Giuseppe Megele e modificato da Grindel nella prima metà dell'Ottocento, arrivò a Brera nel 1776 in sostituzione del vecchio strumento dei passaggi di Canivet. È composto da un cannocchiale, il cui obiettivo acromatico di 88 mm di apertura e 180 cm di focale fu costruito da Dollond, montato su un asse orizzontale di ottone chiamato asse di altezza e ad esso perpendicolare. Questo è costituito da una parte cubica centrale che reca la scritta "Giuseppe Megele fecit in Milano 1775" da cui dipartono due semiassi leggermente troncoconici per minimizzare le flessioni, con estremità cilindriche e costruite in una lega più resistente a base, forse, di stagno e ottone le quali s'innestano nei sostegni dei pilastri portanti. All'asse di altezza è fissato un cerchio graduato suddiviso in intervalli di 10 primi d'arco e numerato di 10º in 10º, che scorre a lato di un nonio a 0 centrale con 60 divisioni simmetriche. È questo il cerchio su cui si leggono i valori delle altezze. In origine al suo posto vi era un semicerchio di minor diametro, poi sostituito nel 1793 da un altro semicerchio più grande. Un sistema di contrappesi e carrucole alleggerisce i carichi sui cuscinetti a dolce frizione che sorreggono l'asse e alleviano le flessioni del tubo. Subito dopo l'installazione si procedette alla misura dell'errore azimutale tramite una mira circolare nera collocata su una casa di campagna presso Niguarda, che vista da Brera sottendeva un angolo di 12 secondi d'arco. Fu impiegato per i lavori di ricerca fino al 1812, anno di arrivo del nuovo strumento di Reichenbach, e in seguito per la didattica. Nel 1835 fu ruotato e disposto a muoversi nel piano del primo verticale, cioè nel piano che passa per i poli dell'orizzonte e per i punti cardinali Est e Ovest. È un quadrante mobile con struttura in ferro, di raggio 66 cm e ampio 90º, montato su treppiede a colonna a circa 137 cm di altezza dal pavimento. Opera come il sestante mobile. Scarse notizie riguardo a questo strumento sono oggi disponibili. Lo stato di conservazione è parziale: mancano la scala graduata, il cannocchiale, i sistemi di puntamento. In origine era appartenuta all'osservatorio veronese di Antonio Cagnoli. Arrivò a Brera nel 1798 per decisione di Napoleone dopo che l'osservatorio del Cagnoli era rimasto danneggiato dalle azioni di guerra compiute nel 1796 dall'esercito francese, e la sua strumentazione ripartita tra la scuola del Genio e gli osservatori di Brera e di Bologna. Il restauro fu eseguito dal meccanico Megele. Anche Cagnoli seguì la sorte del suo strumento e si trasferì a Brera nel 1797. È interamente in ottone. Il cerchio di ascensione retta reca la scritta Equatorial de Mégnié 1784, ha diametro di 41 cm ed è diviso in gradi. La scala è numerata di 10º in 10º, una seconda scala è numerata in ore. Il nonio permette di discernere i 5 primi d'arco ed è fissato a un'alidada. L'asse orario può regolarsi a vite per latitudini comprese dai 30º ai 58º; l'angolo si legge sulla scala graduata di un settore suddivisa in intervalli di 30 primi e numerata di 5º in 5º, il nonio permette di discernere i 10 primi. Il cerchio di declinazione è all'estremità dell'omonimo asse, uguale in dimensioni al cerchio di ascensione retta e suddiviso in gradi. La scala è divisa in quattro quadranti numerati ciascuno da 0º a 90º. Il nonio permette di leggere i 15 primi. Fissato all'asse di declinazione da banda opposta al cerchio è il tubo del cannocchiale. Questa montatura equatoriale consente di rivolgere lo strumento verso qualsiasi zona del cielo e può considerarsi simile alle moderne montature tedesche e inglesi. L'obiettivo del cannocchiale è un tripletto acromatico di 84 mm di apertura e 120 cm di focale. Fu collocata nella torre Sud-Est dell'osservatorio in luogo della vecchia macchina parallattica di Adams. Costruito a Milano da Giuseppe Megele nel 1784, fu usato dal 1788 al 1794 soprattutto nella campagna geodetica per la Carta della Lombardia dagli astronomi Angelo De Cesaris, Francesco Reggio e Barnaba Oriani. È precursore del teodolite. La struttura è la tipica di quegli anni: armatura in ferro e lembo in ottone con incisa la scala graduata di 49 cm di raggio. Essa si estende da -11º a +94º, è divisa in intervalli di 20 primi d'arco e numerata ogni 5º. Sul braccio mobile sono montati il cannocchiale e il nonio che permette di discernere il primo d'arco. Sul nonio v'è la scritta Giuseppe Megele in Milano 1784. Sul lato orizzontale è installata una livella a bolla orientabile, per agevolare la messa in stazione dello strumento sul campo. L'armatura reca quattro fori che probabilmente sostenevano un secondo cannocchiale, fisso, di cui non v'è notizia. Nel basso della montatura è installato un piccolo cerchio graduato orizzontale, diviso in gradi. Lo strumento è altazimutalmente montato su treppiede di legno, grazie a due snodi l'asse di altezza può scambiarsi con quello di azimut per disporre il quadrante tanto in verticale quanto in orizzontale o, se necessario, in altro piano. Ambo gli snodi recano viti di regolazione micrometrica che s'ingranano su cremagliere ampie 120º. Per i movimenti rapidi le viti possono disimpegnarsi. Lo stato di conservazione è buono. Mancano tuttavia i cannocchiali. Furono costruite da Megele per misurare la base geodetica della Carta topografica del Milanese e del Mantovano nel 1788. Sono tre aste di ferro con sezione a T, due di egual dimensione, la terza un poco più stretta ma di pari lunghezza. Misurano due tese parigine di lunghezza, pari a circa 389,8 centimetri. La tratta di misura è indicata da due linee di fede incise. Ogni asta è alloggiata in una sorta di scatola di legno lunga e sottile che l'accoglie per il ramo verticale della T. Gli estremi di questi contenitori protettivi hanno sagoma adatta per affiancare le aste durante la misura cosicché la linea di fede terminale di una venga ad appaiarsi con quella iniziale dell'altra. Il perfetto allineamento delle linee di fede si consegue con un sistema micrometrico: una ruota dentata solidale con il contenitore e in presa su una cremagliera solidale con l'asta permette i piccoli e precisi movimenti longitudinali necessari per ben affiancare le linee delle due aste; ogni asta scorre con dolcezza su tre coppie di ruote fissate al contenitore e può bloccarsi con due fasce di cuoio. Asta e contenitore protettivo si ripongono a fine lavoro in una cassa di legno rinforzata da fasce metalliche. È un piccolo strumento per misurare gli ingrandimenti ottenuti da un telescopio su cui sia montato un oculare. La misura si ricava dal rapporto fra il diametro dell'obiettivo e quello della sua immagine come appare nell'oculare. Il dinametro è esso stesso un oculare, positivo, con una scala graduata incisa su madreperla e posta nel fuoco. Si appone dietro l'oculare del telescopio per osservare l'immagine da esso fornita e determinarne le misure grazie alla scala graduata. I dinametri furono in seguito migliorati grazie all'impiego di lenti spezzate le cui metà forniscono due immagini e che possono muoversi con sistemi micrometrici. La misura si ottiene così dal numero dei giri della manopola necessari per allineare le due semifigure. Costruito dalle due aziende tedesche Merz (per l'ottica) e Repsold (per la montatura), è stato il più grande telescopio rifrattore d'Italia. Disponeva di una lente obiettiva da 49 cm, non più presente, con una lunghezza focale di 7 m, montata su una colonna di supporto alta 5 m e per un peso totale di circa 7 tonnellate. Fortemente voluto da Giovanni Virginio Schiaparelli, venne finanziato nel 1878 dal Parlamento Italiano, nonostante le difficoltà economiche in seguito all'Unità, giungendo a Brera nel 1882. Dagli studi effettuati con esso tra il 1886 e il 1890 scaturì la presenza dei canali di Marte. Nel 1936 il telescopio fu trasferito all'osservatorio di Merate, per poi venire definitivamente smantellato negli anni '60. Nel 2010, in occasione del centenario della morte di Schiaparelli, l'osservatorio di Brera avviò un progetto di restauro. In accordo con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio, è stato realizzato da ARASS-Brera (Associazione per il Restauro degli Antichi Strumenti Scientifici Onlus) e dal 2015 si trova esposto nel Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci. Aldo Kranjc, Guido Tagliaferri, Pasquale Tucci, Renato Valota, Da Brera a Marte. Storia dell'osservatorio astronomico di Milano. Pubblicazione a cura del Nuovo Banco Ambrosiano, edizioni I.G.D.A. Officine Grafiche, Novara, 1983 E. Miotto, G. Tagliaferri, P. Tucci, La strumentazione nella storia dell'osservatorio astronomico di Brera. Università degli Studi di Milano, Unicopli, Milano, 1989 ISBN 88-400-0193-X P. Tucci, I cieli di Brera. Astronomia da Tolomeo a Balla. Università degli Studi di Milano, Milano, 2000 M. Basso Ricci, L. Cafarella, A. Meloni, P. Tucci, Due secoli di strumenti geomagnetici in Italia (1740-1971). Editrice Compositori, Bologna, 1997 ISBN 88-7794-091-3 Giovanni Liva, Maurizio Savoja, Mario Signori, L'immagine interessata. Territorio e cartografia in Lombardia tra 500 e 800. Archivio di Stato, Milano, 1984 A. Mandrino, G. Tagliaferri, P. Tucci, R. Valota, L'osservatorio astronomico di Brera. Storia in Lombardia, 1984, III(2): pagine 143-147 A. Mandrino, G. Tagliaferri, P. Tucci, L'Archivio della specola di Brera. Nuncius, Annali di Storia della Scienza, 1988, III(1): pagine 163-176 P. 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Letta il 12 novembre 1911 nel Salone-Teatro San Clemente in Sesto San Giovanni, Editore Pigna, Sesto S. Giovanni Giovanni Celoria, Giovanni Schiaparelli e l'opera sua. Inaugurazione della lapide con medaglione a lui dedicata nel cortile d'onore del palazzo di Brera, Rendiconti Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, volume 1, fascicoli 12-13, 1917 Comitato Esecutivo, Il sommo Astronomo Virginio Giovanni Schiaparelli glorificato nella sua città natia Savigliano. Brevi cenni a ricordo dell'inaugurazione del monumento che ne eterna la gloriosa memoria, Savigliano, Stabilimento Tipografico Sociale, 1925 Giovanni Virginio Schiaparelli, Sull'attività del Boscovich quale astronomo in Milano. Pubblicazione del R. Osservatorio di Brera, Nuova Serie, n.2, 1938 Francesco Zagar, Simposio internazionale per Ruggero Giuseppe Boscovich (Ragusa 23-30 ottobre 1958). Memorie della Società Astronomica Italiana, volume XXIX, 2-3, 1958 Francesco Zagar, L'Osservatorio Astronomico di Milano nella storia. Contributi dell'O.A.B., nuova Serie, n.201, 1963 Rif. 1 Francesco Reggio, De Machinis Speculae Astronomicae Mediolanensis. Ephemerides astronomicae anni 1782, 1781, 9: pp. 166–220 Rif. 2 Edoardo Proverbio, La strumentazione astronomica all'Osservatorio di Brera-Milano e l'attività di R.G. Boscovich dal 1765 al 1772. Giornale di Astronomia, 1986, 3: pp. 25–32 Rif. 3 Angelo De Cesaris, De aedificio et machinis Speculae Astronomicae Mediolanensis. Ephemerides Astronomicae Anni intercalaris 1780, 1779, 6: pp. 273–316 Rif. 4 Joseph Jerome Lalande, Astronomie. 4 volumi, Parigi, 1781, voll. III e IV Rif. 5 Maurice Daumas, Les instruments scientifiques aux XVIIe et XVIIIe siècle. Presse univ. de France, Paris, 1953, pp. 305–306, 343-344 Rif. 6 Francesco Reggio, Observationes Veneris prope mediam ejus distantiam a Sole mense Jan. An. 1777. Ephemerides astronomicae anni 1778, 1777, 4: pp. 160–162 Rif. 7 Carlo Kreil, Osservazioni sulla Librazione della Luna. Effemeridi astronomiche di Milano per l'anno 1837, Appendice, 1836, 63: pp. 3–61 Rif. 8 Giuseppe Bianchi, Sopra lo strumento dei passaggi (parte seconda). Effemeridi astronomiche di Milano per l'anno 1825, Appendice, 1824, 51: pp. 97–136 Rif. 9 Corrispondenza astronomica fra Giuseppe Piazzi e Barnaba Oriani. Ulrico Hoepli, Milano, 1874, 13 settembre 1791, p. 13 Rif. 10 Barnaba Oriani, Posizione geografica di alcuni monti visibili da Milano. Effemeridi astronomiche di Milano per l'anno 1823, Appendice, 1822, 49: 3-26, p. 4 Rif. 11 H. Faye, Cours d'astronomie de l'Ecole Polytechnique. 2 voll, Gauthier-Villars, 1881, vol. 1 Rif. 12 Nello Paolucci; Guido Tagliaferri; Pasquale Tucci, Le vicende scientifiche ed extrascientifiche della realizzazione della prima carta della Lombardia con metodi astronomici. Atti della Sez. di Storia della Fisica del LXXIII Congresso della SIF, Napoli, 1987, pp. 383–409 Rif 12 Francesco Reggio, De mensione basis habita anno 1788 ab astronomis mediolanensibus. Ephemerides astronomicae anni 1794, Appendix, 1793, 20: pp. 3–20 Rif. 13 Angelo De Cesaris, Osservazioni del Sole al quadrante murale. Effemeridi astronomiche di Milano per l'anno bisestile 1804, Appendice, 1803, 30: pp. 46–72 Rif. 14 Angelo De Cesaris, Sul movimento oscillatorio e periodico delle fabbriche. Effemeridi astronomiche di Milano per l'anno 1813, Appendice, 1812, 39: pp. 105–116 Rif. 15 Angelo De Cesaris, Riflessioni pratiche sulla misura del diametro del Sole. Effemeridi astronomiche di Milano per l'anno 1819, Appendice, 1818, 45: pp. 3–11 Rif. 16 Carlo Kreil, Osservazioni al collimatore di Kater applicato al quadrante murale di Ramsden. Effemeridi astronomiche di Milano per l'anno 1835, Appendice, 1834, 61: pp. 130–138 Rif. 17 W. Pearson, An introduction to practical astronomy. 2 vol, London, 1829, vol. 2: pp. 46–55 Rif. 18 Angelo De Cesaris, Riflessioni sul limite degli errori probabili nelle osservazioni astronomiche. Effemeridi astronomiche di Milano per l'anno 1811, Appendice, 1810, 37: pp. 102–111 Rif. 19 Barnaba Oriani, Distanze dallo zenit del Sole e delle stelle fisse osservate presso il meridiano con un nuovo circolo moltiplicatore. Effemeridi astronomiche di Milano per l'anno 1812, Appendice, 1811, 38: pp. 1–96 Rif. 20 Barnaba Oriani, Latitudine della specola di Brera dedotta dalle osservazioni delle stelle circompolari. Effemeridi astronomiche di Milano per l'anno 1815, Appendice, 1814, 41: pp. 3–43 Rif. 21 Barnaba Oriani, Declinazioni di quaranta stelle osservate al circolo moltiplicatore di tre piedi di diametro. Effemeridi astronomiche di Milano per l'anno 1817, Appendice, 1816, 43: pp. 3–32 Rif. 22 Francesco Carlini, Solstizi osservati col circolo moltiplicatore di Reichenbach negli anni 1830, 1831, 1832, 1833, 1834, 1835. Effemeridi astronomiche di Milano per l'anno 1836, Appendice, 1835, 62: pp. 3–120 Rif. 23 Enrico Miotto, I cerchi moltiplicatori all'Osservatorio di Brera. Atti della Sez. di Storia della Fisica del LXXIII Congresso della SIF, Napoli, 1987: pp. 279–294 Rif. 24 Francesco Carlini, Considerazioni sulle ineguaglianze a lungo periodo che alterano le epoche della longitudine della Luna. Effemeridi astronomiche di Milano per l'anno 1825, Appendice, 1824, 51: 13-80, pp. 40–41 Rif. 25 Francesco Carlini, Esposizione delle operazioni eseguite per assicurare coll'erezione di due piramidi di granito i termini della base trigonometrica della triangolazione in Lombardia. Effemeridi astronomiche di Milano per l'anno 1837, Appendice, 1836, 63: pp. 74–75 Rif. 26 Francesco Carlini, Ascensioni rette della stella polare. Effemeridi astronomiche di Milano per l'anno 1821, Appendice, 1820, 47: pp. 79–108 Rif. 27 Francesco Carlini, Distanze dallo zenit della stella polare osservate con un circolo moltiplicatore di 18 pollici di diametro. Effemeridi astronomiche di Milano per l'anno 1831, Appendice, 1830, 57: pp. 30–34 Rif. 28 Giovanni Capelli, Solstizio d'estate osservato con un circolo moltiplicatore di 18 pollici di diametro. Effemeridi astronomiche di Milano per l'anno 1835, Appendice, 1834, 61: pp. 144–145 Rif. 29 Anita McConnell, Geomagnetic instruments before 1900. Harriet Wynter, London, 1980, p. 21 Rif. 30 Robert P. Multhauf; Gregory Good, A brief history of geomagnetism and a catalog of the collections of the National Museum of American History. Smithsonian Institution Press, Washington D.C, 1987, pp. 11–19 Canali di Marte Pinacoteca di Brera Telescopio Zeiss di Merate Telescopio Ruths di Merate Carlo Dell'Acqua Wikisource contiene una pagina su osservatorio astronomico di Brera Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su osservatorio astronomico di Brera Sito ufficiale, su brera.inaf.it. Sito ufficiale, su brera.unimi.it. Osservatorio astronomico di Brera, su CulturaItalia, Istituto centrale per il catalogo unico.

Palazzo di Brera
Palazzo di Brera

Il palazzo di Brera è un edificio storico di Milano situato in via Brera n. 28. Il palazzo, costruito nel XVII secolo per ospitare il collegio della compagnia di Gesù, ospita oggi vari istituzioni, tra le quali la pinacoteca di Brera, la Biblioteca Nazionale Braidense e l'accademia di belle arti. Il termine brera deriva dal longobardo braida e rimase nel latino medievale per indicare un "campo o un terreno in prossimità dell'abitato" o come "terra chiusa". In alcuni dialetti lombardi il termine breda indicava un possedimento costituito da più campi con una casa colonica. Nel 1173 la zona era indicata come borgo nella brera del Guercio. In un atto del 7 novembre 1178 è indicato che un terreno di 12 pertiche e otto tavole, posto nella braida detta del Guercio di Baggio (braida que fuit de Guertio de Badagio), venne acquistato per alcuni religiosi che intendevano viverci. Nel 1198 Suzo, "prelato della congregazione dei frati della braida del fu Guercio da Baggio", acquistò altri terreni confinanti. Questi frati erano Umiliati, ordine religioso riconosciuto ufficialmente da papa Innocenzo III solo nel 1201; dediti principalmente alla lavorazione della lana, divennero una potente associazioni religiosa ed economica del tardo Medioevo milanese. Il monastero di Brera costituiva la casa madre dell'ordine ed era affiancato dalla chiesa di Santa Maria in Brera. L'ordine religioso fu abolito nel 1571 con bolla pontificia di papa Pio V e il convento di Brera fu ceduto ai Gesuiti per la realizzazione di un'istituzione a scopo d'istruzione. Si impose la necessità di costruire un nuovo e più ampio edificio. I primi progetti furono realizzati da Martino Bassi e prevedevano soluzioni diverse: un cortile quadrato o rettangolare oppure tre diversi cortili. I lavori iniziarono nel 1591, ma la morte di Bassi nello stesso anno, rallentò molto la realizzazione. Nel 1615 Francesco Maria Richini, importante architetto dell'epoca in Lombardia, fu incaricato della direzione dei lavori e presentò nuovi progetti. Anche a causa della pestilenza però, il progetto venne approvato solo nel 1651. Alla morte del Richini, la direzione dei lavori passò al figlio Giandomenico e successivamente fu assegnata a Gerolamo Quadrio e a Pietro Giorgio Rossone, che mantennero il progetto del Richini. Già nel 1760 all'interno del collegio era attivo un osservatorio e attorno al 1764-1765 fu realizzata la specola astronomica che fu potenziata negli anni successivi e fu diretta da importanti astronomi dell'epoca come Ruggero Giuseppe Boscovich. Soppressa la Compagnia di Gesù nel 1773, l'edificio era ancora incompiuto e privo della facciata. Il governo austriaco affidò il completamento a Giuseppe Piermarini che lo portò a termine tra il 1778 e il 1795. Divenuto Reale Palazzo, Maria Teresa d'Austria lo adibì a sede delle Scuole Palatine (un appartamento del Palazzo fu peraltro abitato, fino alla sua morte, da Giuseppe Parini, che a partire dal 1769 tenne la cattedra di Belle Lettere) e, oltre alle già esistente scuole aperte dai Gesuiti, vi trovarono sede nuove istituzioni. La biblioteca di Brera venne fondata grazie all'unione delle biblioteche di Brera e di San Fedele, lasciate dai Gesuiti. Si aggiunsero varie donazioni di biblioteche private come quelle di Carlo Pertusati e di Albrecht von Haller. L'orto, già dei Gesuiti, dal 1774 fu trasformato in orto botanico, diretto dal padre vallombrosano Fulgenzio Witman e destinato agli studenti di botanica officinale a Brera. Nel 1817 venne affidato al collegio di Sant'Alessandro. Nel 1863 passò all'Istituto tecnico superiore di Milano e ne fu direttore Théodore Caruel. L'Accademia di belle arti venne fondata nel 1776, dotandola di un contributo annuo di 10.000 lire provenienti dai soppressi beni ecclesiastici. Nel 1786 venne realizzato un orologio pubblico che doveva servire di riferimento agli altri orologi milanesi. All'inizio dell'Ottocento si aggiunsero nuove istituzioni. L'Istituto nazionale, fondato nel 1802 a Bologna, venne trasferito a Milano nel 1810 nel palazzo di Brera con il nome di Istituto di scienze, lettere ed arti. Nel 1838 venne suddiviso in Imperial Regio Istituto Lombardo di Scienze, Lettere ed Arti e Istituto veneto. In concomitanza con le spoliazioni napoleoniche dei beni artistici italiani, parte dei dipinti sottratti alle chiese vennero fatti confluire nei centri principali per la creazione di pinacoteche a scopo didattico. A Milano nel primo decennio dell'Ottocento iniziò la creazione delle gallerie come parte dell'Accademia di belle arti; solo dal 1882 la pinacoteca di Brera si separò come istituzione autonoma ed ebbe come primo direttore Giuseppe Bertini. Dal 2013 la Società storica lombarda ha sede presso la Biblioteca Nazionale Braidense. L'edificio attuale rispetta il progetto del Richini con un esterno in mattoni di colore rosso scuro con rinforzi agli angoli. Presenta regolari paraste a bugnato e cornici sporgenti marcapiano. Le finestre hanno frontoni in pietra. Il palazzo si apre sul cortile d'onore circondato da un elegante porticato su due piani: gli archi al piano terreno sono alla serliana con colonne di ordine dorico, al primo piano gli archi alla serliana si ripetono ma con colonne di ordine jonico, mentre al centro è situato il Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore, copia in bronzo di un marmo di Antonio Canova. Durante la prima guerra mondiale le sale del palazzo di Brera furono chiuse. Dopo la sconfitta di Caporetto, i quadri della pinacoteca furono temporaneamente trasferiti a Roma. Con l'inizio della seconda guerra mondiale i quadri furono immediatamente trasferiti. Il palazzo fu colpito dai bombardamenti tra 7 e 8 agosto 1943. Dopo il conflitto fu però rapidamente ricostruito e le sale riaprirono nel 1950. G. Tiraboschi, Vetera humiliatorum monumenta, vol. 2, Milano, 1767. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo di Brera Palazzo di Brera, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia.

Biblioteca Nazionale Braidense
Biblioteca Nazionale Braidense

La Biblioteca Nazionale Braidense appartiene allo Stato e dipende dalla Direzione Generale Biblioteche e Istituti Culturali, del Ministero della Cultura; è la terza biblioteca italiana per ricchezza del patrimonio librario, comprensivo di circa 1.500.000 unità. In virtù delle normative vigenti sul diritto di stampa, la Biblioteca riceve dagli editori di Milano e provincia il 40% delle pubblicazioni nazionali, il che concorre ad accrescerne di continuo il posseduto. Tra i maggiori sottoinsiemi di quest’ingente patrimonio ricordiamo: i 2.367 manoscritti, i 40.000 autografi, i 2.368 incunaboli, le 24.401 cinquecentine, le oltre 23.000 testate di periodici di cui 4.500 correnti, le 5.200 stampe fotografiche anteriori al 1950, i 50.000 negativi su lastra, le 30.000 bobine di microfilm che riproducono 1.300 testate di periodici, le 120.000 microforms. Dal luglio 2015 è confluita nel sistema museale della Pinacoteca di Brera, sotto la direzione generale di James M. Bradburne. È sita a Milano, in via Brera 28. La Biblioteca Nazionale Braidense fu istituita nel 1770 dall'imperatrice Maria Teresa, per supplire alla mancanza "di una biblioteca aperta ad uso comune di chi desidera maggiormente coltivare il proprio ingegno, e acquistare nuove cognizioni". La Biblioteca Ambrosiana, "ricca bensì di manoscritti", ma non di "libri stampati", veniva infatti considerata inadeguata allo scopo. In considerazione di ciò, l’imperatrice decise di destinare ad uso pubblico la biblioteca del conte Carlo Pertusati, che nel 1763 era stata acquistata dalla Congregazione di Stato per la Lombardia su iniziativa del ministro di Maria Teresa, principe di Kaunitz, risoluto a garantire la permanenza a Milano della pregevole raccolta. Negli intenti del funzionario austriaco, il fondo Pertusati avrebbe dovuto costituire la pietra d’angolo di una biblioteca ad uso pubblico, in linea con l’azione riformatrice teresiana nel campo dell’istruzione. Nel 1773, con la soppressione della Compagnia di Gesù, le biblioteche del Collegio Braidense e delle case professe gesuitiche di San Fedele e San Girolamo divennero proprietà dello Stato e andarono così ad accrescere il fondo Pertusati di 34.000 unità. Alcune sale del Palazzo braidense, anch’esso statalizzato, furono riadibite a biblioteca, in conformità a una precedente direttiva di Maria Teresa, che aveva palesato la sua volontà di inaugurare il nuovo istituto “in un sito opportuno e per quanto possibile vicino al centro della città, di facile e comodo accesso a ciascuno che vorrà frequentarla”. Nel 1778 fu acquistata e incorporata la biblioteca di Albrecht von Haller, medico e botanico svizzero di chiara fama. Con i suoi 24.000 volumi, il fondo Haller avrebbe dovuto nutrire un settore scientifico sin lì piuttosto carente. Forte del suo considerevole patrimonio di 80.000 volumi, la Regia Imperialis Biblioteca Mediolanensis poté aprire i battenti nel 1786. Gradatamente, gli esemplari provenienti da diverse raccolte private e monastiche e poi i duplicati della Biblioteca Imperiale di Vienna andarono ad affollare gli scaffali dell’istituto. In data 30 aprile 1788 fu emanata dalla Regia Intendenza politica di Milano una legge per la regolamentazione del “diritto di stampa”. A ogni tipografo attivo in Lombardia si prescriveva il deposito obbligatorio in Biblioteca di una copia per ogni documento stampato. Con l’entrata in vigore della nuova disciplina, la Biblioteca poté quindi incamerare tutte le pubblicazioni dello Stato di Milano, il che rese ancora più ampia e diversificata la sua offerta libraria. Durante la Restaurazione l’obbligo di deposito ricadde su tutte le pubblicazione del Regno Lombardo-Veneto. In seguito fu nuovamente delimitato alla sola provincia milanese. La Biblioteca è ancora oggi titolare del deposito legale relativo a tutte le pubblicazioni cittadine. Nel corso del XIX secolo la Braidense fu preposta sia alla conservazione sia alla pubblica lettura e dal 1861 la frequentazione del pubblico fu agevolata dall’apertura serale. La Biblioteca ha sede nel palazzo di Brera, costruzione monumentale il cui nucleo originario ospitava l’ordine degli Umiliati, soppresso nel 1571 per volontà del pontefice Pio V. Tacciati di devianza rispetto alle norme tridentine (per il tenore di vita opulento o, secondo altri, per la prossimità alle tesi calviniste) gli Umiliati furono spossessati di tutte le loro sostanze. Su disposizione di San Carlo Borromeo, il palazzo e gli altri beni dell’ordine andarono a beneficio dei padri gesuiti, che dapprima affidarono a Martino Bassi un ampliamento dell’edificio e poi commissionarono a Francesco Maria Richini un progetto di sostanziale ristrutturazione, avallato dal Generale dei Gesuiti nel 1651. Dalla seconda metà del Settecento, per diretto interessamento dei regnanti asburgici, il palazzo fu oggetto di un gran numero di ampliamenti e migliorie. Maria Teresa d'Austria e i suoi successori erano infatti intenzionati a fare dell’area braidense il cuore pulsante della città. La denominazione di “Brera” rinvia a braida, voce tardolatina di presunta derivazione longobarda, con la quale si designava il suburbio incolto. Il palazzo inoltre ospita la Pinacoteca di Brera, l'osservatorio astronomico di Brera, l'orto botanico, l'Istituto Lombardo di scienze e lettere e l'Accademia di belle arti. Superato lo scalone d’onore si ha accesso all'ampio atrio d’ingresso, arredato con scaffalature in noce e radica risalenti al tardo Seicento, modificate nel 1785 circa da Giuseppe Piermarini. Un prezioso complemento ornamentale è offerto dagli affreschi che Gaetano Vaccani eseguì intorno al 1823. Attraversato l’atrio, si è immessi nella sala di lettura, altrimenti detta sala Teologica, in quanto precedentemente adibita a biblioteca religiosa. La sala è sormontata da una grande volta affrescata e anche qui la scaffalatura e il relativo ballatoio in noce e radica risalgono alla fine del Seicento. In fondo alla sala campeggia il grande ritratto dell'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe (1830 – 1916), prospiciente a quello dell'imperatore Francesco II d'Asburgo-Lorena (1768– 1835), collocato al di sopra della porta d’entrata. Alla destra dell’atrio, la Sala Maria Teresa, ricavata dalla precedente aula di lettura del Collegio. Il ritratto della sovrana (commissionato al maestro Agostino Comerio nel 1834) giganteggia poco dopo l’entrata; ancora una volta, l’elegante scaffalatura in legno di noce e il ballatoio continuo si devono al Piermarini, che disegnò il progetto in maniera tale da armonizzare tra loro gli arredi delle diverse sale; al Vaccani si accreditano gli affreschi classicheggianti che adornano la volta soprastante. I due grandi lampadari a goccia in cristallo di Boemia furono assemblati utilizzando le magre rimanenze dell’impianto d’illuminazione settecentesco un tempo sfavillante nel Salone delle Cariatidi di Palazzo Reale, devastato dagli incendi e dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Appena dopo l’ingresso, schermato da una teca, un globo terrestre che un tempo aveva trovato una provvisoria sistemazione nell’adiacente Sala Cataloghi, non a caso nota come Sala del globo. Realizzato nel 1829 sotto la direzione scientifica dell’Osservatorio, il globo riproduceva con esattezza le ultimissime rilevazioni geodetiche, dunque si presentava sotto la specie di un ellissoide anziché di una sfera. Il cerchio dell’orizzonte è attorniato da una fascia d’ottone su cui erano state incise le coordinate delle principali città del mondo, nonché le altezze delle montagne più importanti. (la sala contiene circa 24.000 volumi). Con circa 180 posti a sedere, la sala è oggigiorno utilizzata per esposizioni e manifestazioni culturali e viene anche data in uso per eventi culturali. Lungo la parete destra si aprono due ulteriori spazi: la Sala Gerli (ex sala Manzoniana nel 1886), dove ha trovato ricetto la biblioteca liturgica dei Duchi di Parma, con la sua ricca messe di rarissimi libri delle ore e di preziose legature, e la Sala Lalla Romano. Inaugurata l’11 marzo 2014, la Sala Lalla Romano è stata progettata ed allestita pro bono publico dall’architetto Jacopo Gardella, con il generoso sostegno della Fondazione Cariplo. Nella sala ha trovato una consona sistemazione il fondo della scrittrice, contemplante i manoscritti, i carteggi, i libri, i dipinti, i disegni e i materiali fotografici dell'autrice, nonché il mobilio da lei stessa ideato nel 1932, in vista delle nozze con il banchiere Innocenzo Monti. Il fondo è stato donato al Ministero dei Beni Culturali nel 2005, su concessione del giornalista, saggista e fotografo Antonio Ria, unico erede della Romano. Ganglio vitale dell’intera struttura è la Sala Cataloghi, in cui si trovano le postazioni informatiche per la ricerca in OPAC, il bancone della distribuzione e del prestito, i servizi di informazione e riproduzione. Qui è anche possibile consultare il catalogo cartaceo a schede per autori e per soggetti, nonché i ponderosi volumi contenenti di cataloghi più antichi, a cui purtroppo è ancora necessario ricorrere perché non tutto il posseduto è presente nell'OPAC. La sala fu edificata sulle macerie della vecchia sartoria dei Gesuiti, abbattuta per dare spazio a nuovi ambienti. La costruzione, su progetto dell’architetto Pietro Gilardoni, fu ultimata nel 1818. Scaffalature e ballatoi in legno ben si accordano agli arredi delle sale già passate in rassegna. Il soffitto, ancora una volta affrescato dal Vaccani, è a finte cupole cassettonate. In fondo, sulla destra, la Sala Manoscritti, un tempo conosciuta con la più esotica denominazione di Sala della Mummia. Dal 1816 al 1919, nelle tre salette alla sinistra dell’atrio, ebbe il suo domicilio il Gabinetto Numismatico fondato da Gaetano Cattaneo, che dopo la grande guerra prese la via per il Castello Sforzesco per essere conglobato nel Medagliere civico. Nei nuovi spazi sgomberati poterono essere allestite la Sala di Consultazione e l'attuale Sala Manzoniana. Nella prima è possibile interrogare a scaffale aperto repertori bibliografici ed altri strumenti di ricerca. La volta che sovrasta la sala è ornata dagli affreschi del Vaccani, raffiguranti la dea Minerva e alcuni uomini illustri dell’antichità classica, del Rinascimento e dell’epoca dei Lumi. La Sala Manzoniana fu inaugurata il 5 novembre 1951, alla presenza del presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Già sul finire dell’Ottocento, al fondo Manzoniano era stata consacrata una sala ad hoc, ma dato il continuo afflusso di nuovi materiali si erano resi ben presto necessari degli spazi aggiuntivi. Al di sopra della porta d'ingresso è possibile ammirare un ritratto a olio dello scrittore, firmato nel 1835 da Giuseppe Molteni. L’opera si staglia sullo sfondo di una veduta del lago di Como dipinta da Massimo d'Azeglio. Ultimo costituente di questa “galleria manzoniana” è il mezzobusto marmoreo scolpito da Francesco Confalonieri nel 1886 e donato da re Umberto I. Dagli affreschi è possibile arguire l’originaria destinazione della sala a Gabinetto Numismatico: sopra le scaffalature, infatti, si dispiega una fascia con dodici medaglie, recanti in rilievo le effigi degli antichi sovrani di cui il Gabinetto conservava le monete. La Sala è attualmente in uso per la consultazione dei manoscritti e dei libri rari della Braidense, oltre che del Fondo Manzoniano e dell'Archivio Storico Ricordi. La Braidense ha al suo attivo più di cinquanta fondi librari, di cui si elencano quelli più significativi. Nucleo primigenio della biblioteca, il fondo del Collegio gesuita, comprensivo di 34.000 volumi che negli annessi cataloghi erano già stati coscienziosamente disposti secondo una rigorosa scansione per “argomenti”. L’ampia raccolta del collegio rifrangeva gli innumerevoli interessi e orientamenti dell’ordine, i cui orizzonti culturali erano abbastanza vasti da includere anche apporti extraeuropei e contributi scientifici d’ultimissima stampa. La biblioteca del Conte Pertusati (Milano 1674-1755), esponente di punta dei maggiori cenacoli intellettuali lombardi, che aveva trascorso buona parte della propria vita a nutrire una biblioteca privata di cui già i contemporanei raccontavano mirabilia. Con un totale di 24.000 volumi, la biblioteca occupava tre sale, in conformità alla tradizionale tripartizione del sapere in ecclesiastico, storico e letterario. La sezione ecclesiastica comprendeva un rilevante numero di Bibbie (circa 350), manoscritti ed incunaboli. Nel 1763 i volumi del conte Carlo Pertusati furono divisi tra la Braidense e la biblioteca Universitaria di Pavia. Il cospicuo fondo di Albrecht von Haller (Berna 1708-1777), docente benemerito di anatomia, botanica e chirurgia a Gottinga, clinico di fama, prolifico autore di trattati medici e occasionalmente anche di versi, fondatore della moderna fisiologia. Sopra ogni altra cosa, von Haller era uomo imbevuto d’una cultura d'aspirazioni enciclopediche; fu quindi nel segno dell’erudizione e della bibliofilia che von Haller assemblò la sua ragguardevole raccolta. Alla sua morte, il fondo fu messo all’asta dagli eredi ed acquistato nel 1778 dall’imperatore Giuseppe II. Dopo una quasi rocambolesca traversata del Passo del Gottardo, il fondo approdò a Brera sul dorso di un mulo. Diversi avvenimenti concorsero al depauperamento della raccolta: la decisione del governo austriaco di dividere i volumi tra la Braidense, la biblioteca Universitaria di Pavia e le biblioteche di Lodi, Cremona e alla Biblioteca Teresiana di Mantova, le campagne napoleoniche (con cui l’erbario halleriano - 60 vol. in folio – prese la via per il Musée National d'Histoire Naturelle), una donazione del Governo Italiano a quello Svizzero nel 1928. Nel 1795 il cardinale Angelo Maria Durini, campione di mecenatismo e bibliofilia, destinò alla biblioteca un fondo con edizioni assai rare, incunaboli e manoscritti. Amico e patrono di artisti, letterati ed intellettuali d’alta statura (tra costoro Domenico Balestrieri, Giuseppe Parini, Giorgio Giulini, Guido Ferrari), il cardinale fu celebrato per la sua liberalità nell’ode pariniana de La Gratitudine, composta nel 1791. Nota ai più per le legature pregiate e le cinquecentine, la collezione del cardinal Angelo Maria Durini possiede un’immediata riconoscibilità in virtù degli ex libris apposti a ogni singolo volume. La Biblioteca possiede circa 2000 manoscritti. Doverosa la segnalazione dell'Hexameron di Sant'Ambrogio e dei Vangeli in greco, risalenti al 1110 circa. Tra i cosiddetti libri in cuna, si ricordino almeno il Catholicon del grammatico e teologo domenicano Giovanni Balbi, tirato a Magonza nel 1460 con la nuova tecnica della stampa a caratteri e il celebre Lattanzio di Subiaco, stampato nel 1465 in un monastero sito nella piccola località laziale e rientrante nel novero dei primissimi libri a stampa tirati in Italia. Purtroppo il catalogo generale dei manoscritti è rimasto quello di Giuseppe Cossa, che lavorò a Brera soltanto fino al 1864; questo catalogo fu poi schedato per soggetti nel cosiddetto schedario Staderini. Sul sito attuale della Braidense per nessuno di questi due cataloghi si indica la data di stesura, ma è presumibile in base alla biografia dell'inventore, Aristide Staderini, che risalga a più di un secolo fa. La Biblioteca Braidense possiede circa 650 edizioni aldine, tutte collocabili tra il 1494 e il 1598. Tra gli incunaboli afferenti al fondo aldino (104 in totale) l’arcinota Hypnerotomachia Poliphili, che a motivo delle splendide xilografie di cui è adorna si è ben guadagnata la sua fama di più bel libro del Rinascimento. Il fondo aldino della Braidense, quanto a consistenza, è secondo unicamente a quello custodito presso la Biblioteca Nazionale Marciana. Nel 1885 Pietro Brambilla, marito di Vittoria Manzoni, donava alla Braidense tutte le carte ed i libri del Manzoni (di cui molti punteggiati da postille dell’autore). Il lascito fu vincolato a una serie di condizioni: la prima prevedeva che il fondo restasse in via permanente a Milano; la seconda che si allestisse una sala appositamente deputata ad accoglierlo; la terza che si chiarificasse con espressa menzione l’appartenenza di volumi e carteggi alla donazione fatta. Per far fede al terzo impegno concordato, il 5 novembre 1886, alla presenza dei sovrani d'Italia, fu inaugurata la prima Sala Manzoniana, cui nel 1951 se ne affiancò una seconda, progettata da Tomaso Buzzi e tenuta a battesimo sempre in data 5 novembre, con il presidente della Repubblica Luigi Einaudi a far da padrino. Per tutto il XX secolo, il fondo è stato foraggiato con ulteriori lettere autografe, dagherrotipi e cimeli di vario titolo, frutto dei numerosi donativi da parte di enti, associazioni e privati. Attualmente la raccolta manzoniana comprende 250 manoscritti, 550 volumi della biblioteca del Manzoni di cui 200 postillati, circa 5.000 pezzi di carteggio, oltre 1.000 volumi di opere del Manzoni, quasi 3.000 volumi di critica di cui 1.800 in miscellanea. Avventore occasionale della Braidense, Alessandro Manzoni fu in rapporti più che cordiali con i bibliotecari: Gaetano Cattaneo, direttore del Gabinetto Numismatico, gli riservò un trattamento di favore, facendogli recapitare direttamente a casa i volumi di cui aveva necessità; Francesco Rossi fu un impagabile dispensatore di notizie e di documenti relativi alle vicende della Colonna Infame (questi è infatti la “dotta e gentile persona” di cui Manzoni si diceva riconoscente nell’ultimo capitolo della Storia della Colonna Infame). Da qualche tempo, con il lancio del progetto BiD (Braidense in Digitale) è possibile consultare l’edizione ventisettana dei Promessi sposi. Alla piattaforma digitale fa capo anche la raccolta drammatica Corniani-Algarotti, acquistata dalla Braidense nel 1891, e comprensiva dei circa 10.000 libretti teatrali appartenuti al conte Marco Antonio Corniani Algarotti (1768 - 1845), studioso di geologia con il bernoccolo del melodramma e della letteratura teatrale. Un'altra sezione di gran rinomanza è quella foscoliana, formatasi gradualmente attraverso le diverse tranches che hanno ampliato un nucleo originario di 24 lettere (databili tra 1804-1814) con ulteriori pezzi del carteggio e con rare edizioni dei primordi e del periodo inglese. Una finestra sul più bel fiore dell’arte tipografica settecentesca è offerta dalla raccolta bodoniana, cui danno corpo 922 esemplari dell’officina di Giambattista Bodoni, appartenuti dapprima al bibliofilo Anton Enrico Mortara e poi a Giuseppe Spinelli, che nel 1886 li ha fatti pervenire in forma di donativo alla Biblioteca. Dal 1994 la catalogazione dei nuovi volumi avviene immettendo i dati nell'OPAC (Online Public Access Catalog), che fa capo al grande catalogo informatizzato del Servizio Bibliotecario Nazionale. Contestualmente ha preso le mosse il recupero dei cataloghi antichi, di cui devono essere ancora riversate alcune centinaia di migliaia di schede (pertanto, per risalire alle opere non ancora presenti in OPAC è possibile consultare i cataloghi cartacei disponibili nell’apposita Sala). Previa iscrizione, tutti i maggiorenni con cittadinanza italiana o con regolare permesso di soggiorno possono beneficiare dei servizi di prestito (in sede o a domicilio), consultazione e utilizzo delle banche dati. Tutti i servizi sono erogati a titolo gratuito, ad eccezione del prestito interbibliotecario e delle riproduzioni digitali. Come altre Biblioteche afferenti al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, la Braidense si è fatta scrupolo di digitalizzare alcuni dei propri fondi storici, così da favorirne la diffusione e la preservazione dall’inevitabile usura associata alla consultazione manuale. Nel sito istituzionale, alla voce “Risorse”, è possibile risalire alle seguenti collezioni: Emeroteca digitale (2.000.000 pagine di circa 1000 periodici e giornali digitalizzati della Braidense e di altri Istituti); Raccolta drammatica (500.000 immagini di circa 9000 libretti teatrali e per musica dal XVI al XIX secolo); Monografie digitalizzate [100.000 pagine di oltre 330 titoli di editoria lombarda, di materiale quasi esclusivamente ottocentesco, fino agli anni '20 del XX secolo circa, prevalentemente narrativa minore, di interesse grafico, di autografi manzoniani (1), di fonti storiche (in senso stretto Cavazzi della Somaglia, Alleggiamento; ma ovviamente tutte queste monografie si possono considerare fonti storiche), ricercabili per autore, titolo, etc. purtroppo quasi tutti da consultarsi in sede]; Testi in linea (progetti scaffale aperto); Legature (una galleria di 113 immagini delle legature storiche di maggior pregio di volumi della Braidense, dal XV al XVII secolo); Fondo fotografico Sommariva (14.930 fotografie di Emilio Sommariva: ritratti, vedute e riproduzioni di opere d'arte, dal 1904 al 1973); Catalogo nazionale dei manoscritti musicali (catalogo nazionale dei manoscritti musicali redatti fino al 1900, conservati in biblioteche pubbliche, private e ecclesiastiche italiane); l'Ottocento (Circa 325.000 immagini di 5.000 romanzi e opere letterarie dell'Ottocento italiano).La Biblioteca destina sovente gli spazi a sua disposizione per mostre, visite guidate, conferenze, convegni e presentazioni di libri, anche in collaborazione con altre istituzioni pubbliche e private. La Biblioteca ha anche facoltà di ospitare iniziative culturali promosse da privati e giudicate compatibili con i propri fini istituzionali. In conformità a quanto previsto dal Codice dei beni culturali e del Paesaggio, i locali possono essere concessi in uso per eventi promozionali, riprese televisive e cinematografiche. Al fine di dare visibilità al proprio posseduto, la Biblioteca indice incontri rivolti a tutti coloro che hanno desiderio di conoscerne la storia e i fondi più antichi (Pertusati, Biblioteca Gesuitica, Haller, Manzoni). Previo appuntamento concordato con il personale addetto, la visita è aperta sia ai privati cittadini che alle scuole. A partire dal 2021, a seguito dell’emergenza globale dovuta alla pandemia di COVID-19 che ha causato la sospensione di attività didattiche in presenza, la Biblioteca ha avviato una collaborazione con Libri Finti Clandestini, la Pinacoteca di Brera e il “Centro Internazionale di Ricerca sulla Cultura dell’Infanzia”, a cura di James Bradburne, nell’ambito del progetto "Il cantiere dei libri": dei video tutorial inerenti alla realizzazione di prodotti editoriali in maniera sperimentale che mirano ad approfondire il tema della creazione di libri d’artista, gratuiti ed usufruibili tramite il sito web della Biblioteca. Nell'ambito di una concezione avveniristica in cui al testo multimediale viene attribuita una dignità pari al testo stampato, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha dotato la Biblioteca di Brera di una Mediateca che è una biblioteca multimediale interattiva. Per tali fini è stato attrezzato l'edificio della Chiesa di Santa Teresa, da tempo sconsacrata. È così possibile accedere alle risorse digitali che stanno assumendo un ruolo fondamentale per chi lavora nella società dell'informazione. Nel 1830 Giuseppe Acerbi, console austriaco in Egitto, aveva fatto dono alla Biblioteca di una mummia mirabilmente conservata, di due sarcofagi e di alcuni papiri d’argomento mitologico. La donazione era stato dapprincipio esposta nella Sala Manoscritti, ribattezzata proprio per questa ragione col nome di Sala della Mummia. Dal 1910, il tutto ha trovato una ricollocazione presso il Museo Egizio del Castello Sforzesco. Dopo la Biblioteca di New York, la Braidense si dotò per prima, in Europa, di un impianto di illuminazione elettrica e fece stampare a smeriglio sulle proprie lampadine Rubato alla Biblioteca Nazionale Braidense. Nella prima metà del Novecento, i gatti randagi erano inquilini ben accetti della Biblioteca, cui avevano accesso per mezzo di una piccola feritoia praticata nel portone. A ridosso dell’ora di chiusura, il personale lasciava che i gatti attraversassero la breccia, così da cacciare nottetempo gli eventuali topi e da impedir loro di rosicchiare i libri. Nel 1938, a causa delle proteste avanzate dagli addetti alle pulizie, il varco fu chiuso. La Biblioteca è stata ceduta per un evento privato pubblicizzato tramite i social. L'evento, organizzato da un'azienda di cosmetici, si è svolto il 15 giugno 2024. La cessione della biblioteca ha suscitato numerose critiche da parte di studiosi, intellettuali e cittadini milanesi. Molti hanno espresso preoccupazione per la commercializzazione di uno spazio culturale così importante e per il messaggio che questo evento manda sulla priorità data al profitto rispetto alla cultura. Aurelio Aghemo, La Biblioteca Nazionale Braidense, "Biblioteche Oggi", Milano, Ed. Bibliografica, n. 8, ottobre 2008, pp. 15–20. Ufficio Ricerca Fondi Musicali Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Biblioteca nazionale Braidense Sito ufficiale, su bibliotecabraidense.org. Sito ufficiale, su braidense.it. Sito ufficiale, su braidense.it. Sito ufficiale, su bibliotecabraidense.org. Bibliotèca Nazionale Braidènse, su sapere.it, De Agostini. Opere di Biblioteca Nazionale Braidense, su MLOL, Horizons Unlimited. Biblioteca Nazionale Braidense, su Anagrafe delle biblioteche italiane, Istituto centrale per il catalogo unico. Biblioteca Nazionale Braidense, su Sistema archivistico nazionale, Istituto centrale per gli archivi.

Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore (Milano)
Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore (Milano)

Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore è una scultura in bronzo di Antonio Canova (copia dell'originale in marmo) posta al centro del cortile d'onore del palazzo di Brera a Milano. Nella primavera del 1807 il ministro Charles-Jean-Marie Alquier, ambasciatore di Francia a Roma, per disposizione del principe Eugenio di Beauharnais, viceré del Regno d'Italia nonché figliastro di Napoleone, commissionò ad Antonio Canova, per la cifra di cinquemila luigi francesi, una copia esatta in bronzo della statua marmorea di Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore. Il grande gesso preparatorio ora conservato nella sala XIV della Pinacoteca di Brera è uno dei cinque che furono commissionati dal Canova in preparazione alla fusione a cera persa del monumento a Napoleone. Realizzata come le altre quattro da Vincenzo Malpieri nel 1808, questa copia era stata destinata alla biblioteca dell'Università di Padova, per l'amico del Canova Daniele Francesconi. Le casse che contenevano il grande gesso, alto più di 3 metri e pesante quasi due tonnellate, rimasero però per lungo tempo presso gli uffici della dogana di Padova vista l'impossibilità del Francesconi di accollarsi il costo di 330 scudi dello sdoganamento dell'opera. Dopo trattative del Governo del Regno d'Italia il gesso venne acquistato in pessime condizioni per essere destinato all'Accademia Reale di Belle Arti. Rimossa dai saloni napoleonici già nel 1814, l'opera venne conservata negli scantinati dell'Accademia e poi nell'aula VI. Ritirato nel 2008 fu restaurato e collocato nella sala XIV della pinacoteca nel maggio 2009. Il bronzo necessario alla realizzazione della statua venne ottenuto fondendo alcuni cannoni di Castel Sant'Angelo, mentre per l'esecuzione furono incaricati Francesco e Luigi Righetti, fonditori romani. La perfetta fusione riuscì solamente al secondo tentativo a causa della difficoltà dell'operazione. Nel maggio 1812 lo stesso Viceré ordinò che la statua fosse innalzata a Milano in conveniente luogo per cui il Ministro dell'interno Luigi Vaccari (in carica dal 1809 al 1814) invitò il senatore Luigi Castiglioni, allora presidente dell’Accademia di belle arti, a proporre il luogo e un disegno del piedestallo. Quando l'opera giunse a Milano venne posta in un angolo del portico del palazzo delle scienze: i membri dell’accademia di Brera suggerirono di innalzare il monumento in piazza del Duomo o nell'attuale piazza Fontana nel nicchione dell'antica piazza de’ Tribunali, dove precedentemente si trovava la statua di Filippo II. Per via della divergenza di opinioni sul dove porre il monumento il viceré dispose che fosse provvisoriamente collocato nel secondo cortile del palazzo del Senato ma, ritardato l’adempimento di quest’ordine, il cavalier architetto Giuseppe Zanoia, allora presidente dell’Accademia, ottenne nel giugno 1813 che fosse temporaneamente deposto nella sala delle antichità. Caduto Napoleone la statua venne immagazzinata nei sotterranei dell’Accademia dove rimase finché, il 3 marzo 1857, l’Imperatore d’Austria, durante un suo soggiorno a Milano, ordinò che «per quella statua venisse sùbito eretto un conveniente piedestallo, a spese dello Stato, e che sovr’esso la si collocasse poi ne’ pubblici giardini di questa capitale». L'ordine, non eseguito, fu uno degli ultimi impartiti a Milano dall'Imperatore austriaco. Il monumento, grazie alla visita di Napoleone III a Milano, venne posto al centro del cortile d'onore del palazzo di Brera, sua collocazione attuale, il giorno 14 agosto 1859 con una grande manifestazione inaugurale e un discorso di Giulio Carcano. Una nuova inaugurazione fu fatta l'8 novembre 1864 per il posizionamento definitivo sul piedistallo disegnato da Luigi Bisi. Nel 1980 la Vittoria Alata venne sostituita in seguito al furto dell'originale avvenuto nel 1978. Nel 2014 il monumentale bronzo è stato sottoposto ad un meticoloso intervento di restauro volto a frenare l'azione degli agenti atmosferici e le conseguenti alterazioni chimico-fisiche del materiale. Giulio Carcano, Per l'inaugurazione della statua colossale di Napoleone I., opera di Canova, in Milano, il giorno XIV Agosto MDCCCLIX, Milano, coi tipi di Luigi di Giacomo Pirola, 1859. Palazzo di Brera Neoclassicismo a Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore

Pinacoteca di Brera
Pinacoteca di Brera

La Pinacoteca di Brera è una galleria nazionale d'arte antica e moderna, collocata nell'omonimo palazzo, uno dei complessi più vasti di Milano con oltre 24 000 metri quadri di superficie. Il museo espone una delle più celebri raccolte in Italia di pittura, specializzata in pittura veneta e lombarda, con importanti pezzi di altre scuole. Inoltre, grazie a donazioni, propone un percorso espositivo che spazia dalla preistoria all'arte contemporanea, con capolavori di artisti del XX secolo. Nell'ottobre 2018 si è concluso il riallestimento di tutte le 38 sale, promosso dal direttore James Bradburne, nominato nel 2015. La Pinacoteca ha sede nel grande palazzo di Brera, che ospita anche altre istituzioni: la Biblioteca Nazionale Braidense, l'osservatorio di Brera, l'Orto Botanico, l'Istituto Lombardo di Scienze e Lettere e l'Accademia di Belle Arti. L'edificio era stato costruito nell'antica, incolta terra "braida" (o "breda", parola che nella bassa latinità aveva il significato di campo suburbano), da cui presero il nome Brera tanto il palazzo quanto il quartiere. Il palazzo si apre su un cortile circondato da un elegante porticato su due piani, al cui centro è situato il Monumento a Napoleone I ideato da Antonio Canova. Sorge su un antico convento dell'ordine degli Umiliati, una delle più potenti associazioni religiose ed economiche del tardo Medioevo milanese. Fu nel 1571 che, con bolla pontificia di papa Pio V, si abolì l'ordine degli Umiliati, storici fabbricanti di lana, assegnando così l'antica prepositura di Brera alle "attente mani" dei Gesuiti, che ne fecero un importante centro di studi, dandogli il nome di Università. Si impose allora la necessità di costruire un nuovo e più ampio edificio, i cui lavori iniziarono nel 1591 e vennero affidati nel 1615 ad un grande architetto del tempo in Lombardia: Francesco Maria Richini. Nel 1630, però, a causa della grande peste i lavori cominciarono a rallentare e il progetto venne approvato solo nel 1691. L'opera proseguì, passando al figlio dello stesso architetto, a Gerolamo Quadrio e a Pietro Giorgio Rossone. Soppressa la Compagnia di Gesù nel 1773, l'edificio finì nelle mani del governo austriaco e venne completato nel 1776 da Giuseppe Piermarini. Divenuto "Reale Palazzo", Maria Teresa d'Austria lo adibì a sede delle Scuole Palatine e, oltre a mantenervi le scuole già aperte dai Gesuiti, vi collocò la biblioteca e decise di ampliare l'Orto Botanico. Fondò inoltre nel 1776 l'Accademia, dotandola di un contributo annuo di 10.000 lire provenienti dai soppressi beni ecclesiastici. Come detto, l'Accademia di Belle Arti di Brera venne fondata nel 1776 con decreto dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria, per impulso del conte Carlo Giuseppe di Firmian. Primo segretario dell'istituto fu l'erudito abate Albuzio. Due anni dopo fu sostituito da Carlo Bianconi, che per un ventennio si prodigò a sviluppare l'istituzione e la scarsa dotazione iniziale. Anime della nuova istituzione furono però l'architetto Giuseppe Piermarini, allievo di Luigi Vanvitelli, e il decoratore ticinese, formatosi nell'Accademia di Parma, Giocondo Albertolli. Scopo manifesto era la creazione di maestranze che sapessero far fronte al nuovo ruolo assunto da Milano con la nomina dell'arciduca Ferdinando a capitano generale dello stato. Dopo secoli, in città tornava una corte degna di questo nome e si rendevano necessari interventi edilizi radicali, con la costruzione di palazzi pubblici e privati. Primo banco di prova di maestri e allievi dell'Accademia fu la costruzione a Monza della residenza estiva dell'arciduca, nota oggi come Villa Reale. Le cose cambiarono radicalmente dopo la campagna d'Italia di Napoleone (1796) e il definitivo affermarsi della dominazione francese. Nel 1801 venne nominato segretario Giuseppe Bossi, già allievo dell'Accademia, che si impegnò ad arricchire con gessi e libri la dotazione didattica e dal 1805 organizzò mostre pubbliche. Nel periodo napoleonico numerose chiese e monasteri vennero soppressi e i loro beni requisiti. Le opere migliori vennero spedite a Parigi mentre con quelle restanti si decise di costituire nelle principali città del regno una pinacoteca; sorsero così le grandi Gallerie di Venezia, Bologna e Milano. La pinacoteca di Milano doveva svolgere il compito di compendio della produzione artistica del Regno d'Italia. Durante l'occupazione francese, diverse opere d'arte presero la via della Francia a causa delle spoliazioni napoleoniche. Secondo il catalogo pubblicato nel Bulletin de la Société de l'art français del 1936, delle 5 opere d'arte prelevate dalla Pinacoteca ed inviate in Francia nel 1812, nessuna fece ritorno. Di queste ricordiamo a titolo di esempio La predicazione a Gerusalemme, di Carpaccio, La Vergine Casio di Boltraffio, San Bernardino e San Luigi di Moretto da Brescia, San Bonaventura e sant'Antonio da Padova di Moretto da Brescia, la Sacra Famiglia con Elisabetta, Gioacchino e Giovanni Battista di Marco di Oggiono. Queste opere vennero spedite al Musee Napoleon, e vi rimasero costituendo il nucleo della pittura lombarda attualmente al Louvre. Andrea Appiani venne nominato Commissario per le Belle Arti nel 1805 e a Brera cominciarono ad affluire da ogni parte dipinti dalle chiese soppresse. Intanto nel 1806 Giuseppe Bossi inaugurava il primo museo dell'Accademia, di impronta spiccatamente didattica. Nel 1808 si decise di tramezzare l'antica chiesa di Santa Maria in Brera in due piani per realizzare i "Saloni Napoleonici" destinati a ospitare le gallerie del regno. Il 15 agosto 1809, giorno genetliaco di Napoleone, vennero inaugurate le tre sale, dominate dal grande gesso di Napoleone come Marte pacificatore di Antonio Canova. Si trattò di un evento temporaneo legato all'occasione (erano esposti solo 139 dipinti) e l'effettiva apertura delle gallerie delle statue e delle pitture ebbe luogo il 20 aprile 1810. Negli anni seguenti continuarono ad affluire dipinti, soprattutto nel 1811 e 1812, in particolare dalla collezione dell'arcivescovo Monti di Milano. Nel 1813 arrivarono dal Louvre di Parigi le opere di Rembrandt Harmenszoon Van Rijn, Peter Paul Rubens ed Antoon Van Dyck. Alla caduta del governo napoleonico nel 1814, il Congresso di Vienna sancì la restituzione dei beni sottratti ai proprietari originari, e anche la pinacoteca dovette cedere alcune opere. Il governo Asburgico non mosse quasi alcuna richiesta di restituzione di opere d'arte per ricostituire il patrimonio artistico della Pinacoteca dopo le spoliazioni napoleoniche, diversamente dagli altri stati europei. Essa continuò comunque ad arricchirsi di donazioni (lascito Oggioni) e nel 1882 venne separata dall'Accademia. Si trattò di una divisione assai laboriosa, che ebbe termine solo un decennio dopo, e che fu causa di molti equivoci. Nel 1926 venne creata l'Associazione degli Amici di Brera grazie alla quale vennero acquistati diversi capolavori tra cui la Cena in Emmaus di Caravaggio. Il sopraggiungere della guerra del 1914-1918 costrinse a far emigrare per ragioni di sicurezza la collezione a Roma e, al suo rientro, la Pinacoteca fu riallestita sotto la direzione di Ettore Modigliani. Durante la seconda guerra mondiale le opere della Pinacoteca vennero messe al sicuro dalla direttrice Fernanda Wittgens, mentre il palazzo subì seri danni a causa dei bombardamenti del 1943 (crollo delle volte in ventisei delle trentaquattro sale). La Pinacoteca iniziò la sua lenta resurrezione dalle rovine nel febbraio 1946 grazie ai grandi finanziamenti di alcune storiche famiglie milanesi, tra cui la famiglia Bernocchi, e all'opera del progettista architetto Piero Portaluppi, Gualtiero Galmanini e della soprintendente Fernanda Wittgens. Tra le principali acquisizioni va menzionato il ciclo di dipinti staccati dell'oratorio di Mocchirolo (XIV secolo). Nel 1974 il soprintendente Franco Russoli ne decise la chiusura, lanciando al tempo stesso provocatoriamente, di fronte alle grandi difficoltà del momento, il progetto della "Grande Brera", che avrebbe dovuto comprendere anche l'attiguo palazzo Citterio, e che a distanza di alcuni decenni stenta ancora a trovare attuazione. Intanto il percorso di visita è stato rivisto e attualizzato, comprendendo anche opere d'arte contemporanea (collezioni Jesi e Vitali). Un progetto dell'architetto Mario Bellini ha ripreso nel 2009 la speranza di Franco Russoli di realizzare un museo moderno di rango internazionale. L'assenza di un vero e proprio spazio da adibire alle mostre temporanee porta la Pinacoteca a sviluppare dal 2001 il progetto “Brera Mai Vista”. Questo presenta ogni tre mesi piccole esposizioni di poche opere, solitamente provenienti dai depositi del museo, che per l'occasione vengono restaurate e corredate da un breve catalogo che ne illustra la storia e la vicenda critica. Nel 2011 “Brera Mai Vista” conta più di 20 mostre con opere di Francesco Hayez, Francesco Londonio, Giovanni Boccati, Giovanni Agostino da Lodi e Marco d'Oggiono, Giovanni Martino Spanzotti, Benozzo Gozzoli, il Maestro di Ercole e Girolamo Visconti, Francesco Casella, Giuseppe Molteni, il Genovesino, Francesco Menzocchi, Alberto Sozio, Lucio Fontana, il Maestro dei dodici apostoli, Bernardino Luini, Giovanni Boldini, Pietro Orioli, il Bergognone, Giovanni Contarini, Mario Sironi. Nel 2004 la Pinacoteca avvia la sperimentazione del progetto "A Brera anch'io. Il museo come terreno di dialogo interculturale", che dal 2006 rientra nella programmazione educativa ordinaria dedicata alle scuole primarie e secondarie di primo grado di Milano e provincia. Nel 2009 la Pinacoteca di Brera festeggia i duecento anni dalla sua fondazione con una serie d'eventi, mostre e convegni. Le esposizioni sono dedicate ai capolavori della Pinacoteca e ai loro restauri ('Caravaggio ospita Caravaggio', 'Raffaello. Lo Sposalizio della Vergine Restaurato', 'Il ritorno di Napoleone') o alla ricostruzione di alcuni nuclei di dipinti giunti nel 1809 a Brera e poi dispersi ('Crivelli e Brera', 'La Sala dei Paesaggi', 'Il Gabinetto di Autoritratti di Giuseppe Bossi'). Il 15 agosto 2009, a duecento anni esatti dall'inaugurazione, la Pinacoteca apre gratuitamente al pubblico, registrando il numero record di circa 12.000 visitatori. Complessivamente nell'anno del bicentenario la Pinacoteca raddoppia i suoi ingressi. Se si esclude la presenza (dal 2009) del grande gesso di Antonio Canova raffigurante Napoleone in veste di Marte e alcune opere della Donazione Jesi e del Lascito Vitali, la Pinacoteca di Brera è un museo dedicato esclusivamente alla pittura. Fa eccezione il cortile d'onore del palazzo della pinacoteca dove, oltre al bronzo di Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore, sono esposte varie statue dei maggiori intellettuali e personaggi milanesi: tra le maggiori opere si hanno il monumento a Cesare Beccaria di Pompeo Marchesi e il monumento a Giuseppe Parini di Gaetano Matteo Monti posizionati nello scalone richiniano, mentre sotto i portici sono presenti statue e busti tra cui i monumenti a Bonaventura Cavalieri, a Pietro Verri e a Tommaso Grossi. A questo grande corridoio è collegata la sala 1A, con gli affreschi dell'ultimo quarto del XIV secolo staccati dall'Oratorio di Mocchirolo. Bartolomeo Veneto, Suonatrice di Liuto Moretto (Alessandro Bonvicino): La Vergine Assunta tra i Santi Gerolamo e Marco, Caterina d'Alessandria e Chiara San Francesco Giovanni Battista Lampi, Ritratto di Wenzel Anton, principe di Kaunitz-Rietberg Rembrandt, Ritratto di giovinetta Giuseppe Bossi, Autoritratto Giovanni Estienne, Terzo Concorso Nazionale di tiro in Firenze Andrea Appiani, Autoritratto Angelo Ripamonti, Interno della Pinacoteca di Brera Arturo Martini: Bevitore Ofelia Piccio (Giovanni Carnovali), Ritratto di Benedetta Carminati Chisoli Giulio Paolini, Ateneo Maestro di Mocchirolo, affreschi dall'oratorio Porro di Mocchirolo: Crocifissione Conte Porro coi familiari che offre un modello della chiesa alla Vergine Sant'Ambrogio in cattedra flagella due eretici e Sposalizio mistico di santa Caterina d'Alessandria Redentore e simboli degli evangelisti Santo cavaliere Cristo risorto benedicente Simone da Corbetta, Madonna con il Bambino, Santa Caterina, Sant'Orsola, San Giorgio ed il devoto Teodorico da Coira L'itinerario della pittura gotica si apre a Brera con la piccola sala (Ia) dedicata agli affreschi provenienti dall'Oratorio di Mocchirolo (Lentate), giunti in Pinacoteca nel 1949, ed eseguiti da un Anonimo Maestro formatosi probabilmente a seguito del soggiorno milanese di Giotto (1335-1336). Seguono le quattro sale (II, III, IV, V) che testimoniano l'evoluzione della pittura dal tardo Duecento alla metà del Quattrocento attraverso le opere di Bernardo Daddi, Ambrogio Lorenzetti, Giovanni da Milano, Lorenzo Veneziano, Andrea di Bartolo. Alle origini del Rinascimento si pongono la grandiosa Adorazione dei Magi di Stefano da Verona, la Madonna col Bambino di Jacopo Bellini e il Polittico di Praglia di Antonio Vivarini e Giovanni d'Alemagna. Maestro di San Verano, San Verano tra due angeli e sei storie della sua vita Giovanni Baronzio, Storie di Santa Colomba Ambrogio Lorenzetti, Madonna col Bambino Giovanni da Milano, Cristo in trono adorato da angeli Bernardo Daddi, San Lorenzo Giovanni da Bologna, Madonna col Bambino e angeli Bartolomeo e Jacopino da Reggio, Trittico-Reliquiario con crocifissione, Annunciazione e trenta santi Lorenzo Veneziano, Madonna in trono col Bambino e i santi Barnaba da Modena, Adorazione dei Pastori Maestro del crocifisso di Pesaro, Madonna col Bambino e Annunciazione Andrea di Bartolo e Giorgio di Andrea, Polittico dell’Incoronazione della Vergine Redentore Benedicente Niccolò di Pietro, Incoronazione della Vergine Pere Serra, Annunciazione (1404 circa) Jacopo Bellini, Madonna col Bambino Giovanni d'Alemagna e Antonio Vivarini, Polittico di Praglia Maestro Giorgio, San Marco Gentile da Fabriano, Crocifissione Stefano da Verona, Adorazione dei Magi (1434) Le sale V, VI, VII e i primi tre saloni napoleonici sono dedicati allo sviluppo di due secoli di pittura veneta. Particolarmente documentata è la vicenda pittorica di Andrea Mantegna attraverso alcuni dei suoi capolavori più noti: dal giovanile Polittico di San Luca, alla Madonna col Bambino e un coro di cherubini, dalla Pala di San Bernardino, fino al celeberrimo Cristo morto, opera citata tra i beni dell'artista alla sua morte (1506) ed eseguito probabilmente intorno agli anni settanta del Quattrocento. Altrettanto noti sono i capolavori di Giovanni Bellini (Pietà di Brera, la Madonna greca e Madonna col Bambino, firmata e datata 1510), Cima da Conegliano e Vittore Carpaccio, con due cicli dedicati alla Vergine e a santo Stefano. Il primo salone napoleonico è dominato dai grandi teleri narrativi di Gentile e Giovanni Bellini (Predica di san Marco ad Alessandria d'Egitto), di Michele da Verona (Crocifissione del 1501) e dalle opere di Francesco Bonsignori, Cima da Conegliano e Bartolomeo Montagna. La Sala IX espone le tele di Lorenzo Lotto e dei tre protagonisti della pittura a Venezia nel Cinquecento, con capolavori di Tiziano (San Girolamo penitente), Tintoretto (Ritrovamento del corpo di san Marco) e Veronese (Cena in casa di Simone). Nell'orbita ancora veneta, tra Bergamo, Brescia e Verona, si collocano gli esempi di Romanino, Moretto e Savoldo, con la grande Pala di San Domenico di Pesaro del 1524, nonché le opere di Bonifacio Veronese e Paris Bordon. Maestro di Pratovecchio, Madonna con il Bambino Frà Carnevale, San Pietro Perugino (Ambito di), Madonna con il Bambino in una mandorla di cherubihi Benozzo Gozzoli San Domenico resuscita Napoleone Orsini Cristo in pietà tra la Vergne e San Giovanni Luca Signorelli Flagellazione Madonna del latte Pedro Berruguete, Cristo nel sepolcro sostenuto da due angeli Pietro Orioli, Madonna con il Bambino e angeli Giovanni Bellini: Madonna greca, 1460-1470 circa Pietà, 1465-1470 circa Andrea Mantegna: Polittico di san Luca, 1453-1454 Cristo morto, 1480 circa Madonna col Bambino e un coro di cherubini, 1485 circa Lazzaro Bastiani (dalla predella della Pala di s. Girolamo, 1485 circa): San Girolamo porta il leone al monastero San Girolamo nel deserto Morte di san Girolamo Alvise Vivarini, Assunzione della Vergine Bartolomeo Montagna, Madonna con il Bambino in trono tra san Francesco e san Bernardino da Siena Bartolomeo Montagna, San Girolamo nel deserto Giovanni Bellini, Madonna col Bambino, 1510 Cima da Conegliano, San Girolamo nel deserto Vittore Carpaccio: Presentazione della Vergine al Tempio Sposalizio della Vergine Disputa tra santo Stefano e i dottori nel Sinedrio, 1514 Alvise Vivarini, Redentore benedicente Andrea Solario, Madonna col Bambino e i santi Giuseppe e Simeone, 1495 Johannes Hispanus (secondo numerosi critici da identificare con l'Ortolano), Santo guerriero, 1506 circa Lorenzo Lotto, Assunzione della Vergine, 1512 Pittore spagnolo, Scene dalla vita di san Girolamo, san Francesco in estasi e frate Leone Pordenone, Trasfigurazione Michele da Verona, Crocifissione Cima da Conegliano: San Pietro Martire tra i santi Nicola di Bari e Benedetto Pala di Oderzo San Pietro in trono con san Giovanni battista e san Paolo Bartolomeo Montagna: Madonna col Bambino tra i santi Andrea, Monica, Orsola e Sigismondo Andrea Mantegna e aiuti, San Bernardino, 1460 circa Lambert Sustris, Salita al calvario Tiziano Vecellio, San Girolamo penitente Paolo Veronese: Battesimo e tentazione di Cristo Cena in casa di Simone Cristo nell'orto del Getsemani Sant'Antonio Abate tra i santi Cornelio e Cipriano Ultima cena Tintoretto: Ritrovamento del corpo di san Marco Santi e un devoto in adorazione della Croce Jacopo Bassano, San Rocco visita gli appestati Medardo Rosso: La petite rieuse L’enfant juif Dame à la voilette Carlo Carrà: Ritmi di oggetti Madre e Figlio Camera incantata La musa metafisica La casa dell'amore La segheria dei marmi Mario Sironi: Il camion L’atelier delle meraviglie La lampada Paesaggio urbano con camion Paesaggio urbano con viandante Giorgio Morandi Il Bosco Paesaggio, 1916 Paesaggio, 1936 Campi arati Fiori Natura morta, 1918 Natura morta, 1919 Natura morta metafisica Natura morta, 1921 Natura morta, 1929 Autoritratto La casa rosa Amedeo Modigliani Ritratto del pittore Moisè Kisling Testa di giovane donna Pierre Bonnard, Ritratto di Marta Bonnard Massimo Campigli, Il giardino Marino Marini: Ritratto di Emilio Jesi Il miracolo Lorenzo Lotto, Pietà Cariani: Pala di San Gottardo Resurrezione di Cristo, i Santi Girolamo, Giovanni Battista e i committenti Ottaviano e Domitilla Vimercati in preghiera Romanino, Presentazione di Gesù al tempio Moretto da Brescia, Madonna col Bambino in gloria con i santi Girolamo, Francesco d'Assisi e Antonio Abate Giovanni Battista Moroni, Assunzione della Vergine Lambert Sustris, Salita al calvario Callisto Piazza, Madonna con il Bambino e i Santi Giovanni Battista e Girolamo Paris Bordon: Battesimo di Cristo Pentecoste Palma il Vecchio, Adorazione dei Magi con sant'Elena Giovanni Gerolamo Savoldo, Pala di San Domenico di Pesaro (1524-25) Antonio Canova, Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore (gesso preparatorio del bronzo esposto nel cortile del palazzo) Sofonisba Anguissola, Autoritratto (1560-61) Pittore veneto, Ritratto di giovane Lorenzo Lotto: Ritratto d'uomo Ritratto di gentiluomo anziano coi guanti Ritratto di Febo da Brescia Ritratto di Laura da Pola Giovanni Battista Moroni: Ritratto di Antonio Navagero Ritratto di giovane Palma il Giovane: Ritratto di padre Giuliano Cirno (recto); Busto di Bambina (verso) Ritratto di giovane Tintoretto, Ritratto di giovane uomo Francesco Torbido, Ritratto virile Tiziano Vecellio, Ritratto del conte Antonio Porcia Le sale dalla X alla XIII espongono dipinti e affreschi che ripercorrono le vicende dell'arte lombarda tra Quattro e Cinquecento, a partire dalle opere di Vincenzo Foppa con gli affreschi dalla Chiesa di Santa Maria in Brera e il più tardo polittico bergamasco. L'arrivo di Leonardo a Milano (1482) e del suo nuovo linguaggio pittorico influenza l'anonimo maestro della Pala Sforzesca e più direttamente Marco d'Oggiono (Pala dei Tre Arcangeli) e Gaudenzio Ferrari. Domina la grande Crocifissione di Bartolomeo Suardi detto Bramantino, autore anche della piccola Madonna Trivulzio e dell'affresco staccato raffigurante la Madonna in trono tra due angeli. Un più ampio sguardo sulla pittura leonardesca è offerto da importanti opere di Bernardino Luini (Scherno di Cam e Madonna del Roseto), Bernardo Zenale (Pala Busti) e una selezione di ritratti e Madonne dei più stretti allievi di Leonardo come Giovanni Antonio Boltraffio, Giovanni Ambrogio de' Predis, Cesare da Sesto, Andrea Solario, Francesco Napoletano e Giampietrino. Sono ospitati inoltre due grandi cicli ad affresco. Il primo è costituito dagli Uomini d'Arme e dai Filosofi antichi di Donato Bramante (unica testimonianza pittorica dell'architetto, assieme al Cristo alla colonna, sempre a Brera e agli affreschi a lui attribuiti a Bergamo), eseguiti dal maestro intorno al 1487-1488 per la casa milanese di Gaspare Ambrogio Visconti poi Casa Panigarola. Il secondo ciclo, più vasto, fu eseguito da Bernardino Luini verso i primi del Cinquecento per Villa Pelucca di Gerolamo Rabia, e raffigura episodi dell'Antico Testamento e scene mitologiche dalle Metamorfosi di Ovidio. La Sala XV e la Sala XVIII (che ospita anche il Laboratorio di Restauro della Pinacoteca) accolgono pitture di artisti cremonesi e lodigiani, come le opere dei fratelli Campi, tra cui le quattro celebri tele di genere di Vincenzo Campi, Camillo Boccaccino, Callisto Piazza, Altobello Melone e il piccolo ritratto di Sofonisba Anguissola. Bonifacio Bembo, San Giacomo Maggiore e san Giuliano Bernardino Butinone, Madonna con il Bambino Bergognone: Madonna del Certosino (1488-1490) Madonna del Velo Adorazione dei pastori Giovanni Antonio Boltraffio: Ritratto del poeta Girolamo Casio (1500 circa) Ritratto di giovane Donato Bramante, Uomini d'arme Giovanni Martino Spanzotti: Santa Caterina d'Alessandria e San Sebastiano Sant'Andrea Bramantino: Madonna col Bambino e una figura maschile Madonna del palazzo della Ragione Bernardino Butinone, Madonna con il Bambino Marco d'Oggiono: Pala dei Tre Arcangeli Adorazione dei Magi Cesare da Sesto, Madonna dell'Albero Seguace di Leonardo da Vinci, Madonna col Bambino e l'agnellino Vincenzo Foppa: Madonna del Tappeto (1485) San Sebastiano (1489 circa) Presentazione di Gesù al tempio Polittico delle Grazie Bernardino Luini: Madonna del Roseto Putti vendemmianti Ninfe al bagno Il canto di trionfo degli ebrei Severe consolato da Driope e Tavaiano Fucina di Vulcano Il corpo di Santa Caterina trasportato dagli angeli Giovanni Agostino da Lodi e Marco d'Oggiono: Adorazione dei Magi Battesimo di Cristo Cesare da Sesto, Madonna dell'albero Gaudenzio Ferrari: Storie dei santi Gioacchino e Anna Adorazione dei Magi Nascita di Maria Vergine Madonna con il Bambino Bernardo Zenale: Madonna con Bambino, i Santi Giacomo e Filippo e la famiglia di Antonio Busti Annunciazione Maestro della Pala Sforzesca: Pala Sforzesca (1494-1495) San Giovanni Evangelista Giovanni Agostino da Lodi, Doppio ritratto Giovanni Antonio Boltraffio, Ritratto di Giovane Andrea Solario: Madonna dei garofani Ritratto di giovane Bottega degli Zavattari, Assunzione della Vergine Marco d'Oggiono: I tre arcangeli Madonna con Bambino Giampietrino: Madonna della Mela S. Maria Maddalena penitente Girolamo Giovenone, Madonna con il Bambino e i santi Marta, Giacomo, Giuseppe e offerente Bernardino Lanino, S. Francesco d'Assisi Giovan Paolo Lomazzo, Autoritratto in veste di abate dell'Accademia della Valle di Blenio Bernardo Luini, Storie della Vergine e di s. Giuseppe, dalla cappella di s. Giuseppe nella Chiesa di Santa Maria della Pace (Milano) Alberto Sozio, Madonna in Maestà Mosaicista dell'Italia settentrionale, Pannello musivo con due teste e un edificio sullo sfondo Maestro della Misericordia, Evangelista in atto di scrivere Antonio Vivarini, Cristo in pietà Gaudenzio Ferrari, Martirio di Santa Caterina Bramantino, Crocifissione Giulio Campi: La Natività con i santi Mattia, Antonio da Padova, il beato Alberto di Villa d’Ogna e un offerente La Madonna col Bambino, I santi Caterina d’Alessandria, Francesco e Pietro Martire Stampa Antonio Campi, La Madonna con il Bambino e i santi Giuseppe, Caterina e Agnese Simone Peterzano, Venere e Cupido con due satiri in un paesaggio Vincenzo Campi: Cucina Fruttivendola Pescivendola Pollivendola San Francesco riceve le stimmate Camillo Boccaccino, Madonna col Bambino e santi Romanino, Madonna con il Bambino Paris Bordon, Sacra famiglia e s. Ambrogio che presenta un donatore Jacopo Palma il Vecchio: S. Sebastiano S. Rocco S. Elena e s. Costantino (1520-22) Moretto, Madonna con Bambino e un angelo Giovanni Battista Moroni, Madonna col Bambino e i santi Caterina, Francesco e l'offerente La Sala XX, dedicata alla prima scuola ferrarese, presenta lo stile eccentrico e stravagante di Cosmè Tura (Cristo crocifisso). A Ferrara e all'Emilia è dedicata anche la sala seguente (XXI), che rivela un mondo apparentemente resistente alle novità dei grandi centri del Rinascimento (Firenze, Roma, Venezia), dove domina ancora la pala d'altare a più scomparti e l'adozione del fondo oro. Nella sala sono presenti due rare opere giovanili del Correggio (Natività e Adorazione dei Magi). È presente anche Ercole de' Roberti, con la monumentale Pala Portuense, capolavoro dell'artista e tra le opere più rilevanti del museo. Tra gli altri autori, Garofalo, Dosso Dossi, Marco Palmezzano. Prevalentemente sugli autori marchigiani è incentrata la Sala XXII. L'inizio del secolo è rappresentato da Gentile da Fabriano ed il suo Polittico di Valle Romita, mentre la fine del Quattrocento da Carlo Crivelli; questi è un pittore veneto che, pur adottando schemi convenzionali, riesce ad esprimersi in uno stile originalissimo e riconoscibile: Brera ospita alcuni dei suoi capolavori come il Trittico di Camerino o la Madonna della Candeletta. I depositi "a vista" del museo occupano lo spazio della Sala XXIII dove è esposta la grande Annunciazione di Francesco Francia, proveniente da Bologna. Francesco del Cossa: San Pietro San Giovanni Battista Geminiano Benzoni, San Paolo Boccaccio Boccaccino, Madonna con il Bambino che gioca con un uccellino Giovan Francesco Maineri, Testa recisa di san Giovanni Battista Filippo Mazzola, Ritratto d'uomo Nicolò Pisano, Madonna con il Bambino Cosmè Tura, Cristo crocifisso (1479) Francesco Zaganelli, Cristo portacroce Michelangelo Anselmi, S. Girolamo e s. Caterina d'Alessandria Correggio: Natività con i santi Elisabetta e Giovannino Adorazione dei Magi Ercole de Roberti, Vergine in trono col bambino, i santi Anna, Elisabetta, Agostino e il beato Pietro degli Onesti Dosso Dossi: San Sebastiano San Giorgio San Giovanni Battista Francesco Francia, Annunciazione Garofalo, Cristo Deposto Lorenzo Leombruno, Allegoria della fortuna Girolamo Mazzola Bedoli, Ritratto di frate in veste di San Tommaso d'Aquino Ludovico Mazzolino, Resurrezione di Lazzaro Ortolano (Giovan Battista Benvenuti), Crocifissione con la Vergine e i Santi Giovanni Battista, Maddalena, Giovanni Evangelista ed Agostino Nicolò Pisano, Madonna con il Bambino e i Santi Giacomo di Galizia ed Elena Gentile da Fabriano, Polittico di Valle Romita Bartolomeo di Tommaso, Vergine del sole Giovanni Angelo d'Antonio da Bolognola, Polittico di Gualdo Tadino Niccolò di Liberatore (Alunno), Polittico di Cagli Carlo Crivelli: Trittico di Camerino, composto dalla Madonna in trono col Bambino, e da due pannelli con San Pietro e Domenico, e San Pietro martire e Venanzio Crocifissione del Duomo di Camerino Madonna della Candeletta Pala di San Francesco a Fabriano, composto dalla Incoronazione della Vergine e dalla lunetta con la Pietà Liberale da Verona, San Sebastiano Bernardino Luini, Lo scherno di Cam Johannes Fyt, Natura morta con gatto Evaristo Baschenis: Natura morta in cucina Natura morta con strumenti musicali Il cuore della pinacoteca (Sala XXIV) è dedicato alla cultura figurativa di Urbino e ai suoi tre protagonisti: Piero della Francesca, Raffaello e Bramante. La Pala Montefeltro (o Pala di Brera) è l'ultima opera nota di Piero della Francesca, principale innovatore della pittura del Rinascimento in Italia. Eseguita per Federico da Montefeltro tra il 1472 e il 1474, è una delle più compiute manifestazioni dell'arte di Piero. Altra icona del museo è lo Sposalizio della Vergine di Raffaello, firmato e datato 1504. Capolavoro dell'attività giovanile del pittore di Urbino, costituisce uno dei principali esempi del rapporto intercorso tra Raffaello e Pietro Perugino, dal cui analogo Sposalizio (ora a Caen, Musée des Beaux-Arts) l'opera di Brera è tratta. La tavola e la sua cornice neoclassica sono state restaurate nel 2009. Chiude la sala il Cristo alla colonna di Donato Bramante, proveniente dall'Abbazia di Chiaravalle, unica testimonianza di pittura su tavola dell'architetto urbinate. Donato Bramante, Cristo alla colonna Raffaello Sanzio, Sposalizio della Vergine (1504) Piero della Francesca, Pala Montefeltro (1474 circa) Nella Sala XXVII sono esposte le opere di Gerolamo Genga, Timoteo Viti e Salviati e dei primi protagonisti della Maniera romana e fiorentina come Agnolo Bronzino (Ritratto di Andrea Doria nelle vesti di Nettuno) e Perino del Vaga. Provenienti in gran parte dalla prestigiosa collezione bolognese Sampieri, la Sala XXVIII espone i capiscuola dell'arte emiliana e del classicismo con le due tele di Annibale (Samaritana al Pozzo) e Ludovico Carracci (Cristo e la Donna di Cana), i Santi Pietro e Paolo di Guido Reni, Guercino e di soggetto profano la Danza degli amorini di Francesco Albani e la Cleopatra di Guido Cagnacci. Apre la sala la straordinaria tela con il Martirio di San Vitale di Federico Barocci. Perin del Vaga, Passaggio del Mar Rosso Bronzino, Ritratto di Andrea Doria nelle vesti di Nettuno Francesco Salviati, Compianto sul Cristo morto Girolamo Genga, Disputa sull'Immacolata Concezione Pellegrino Tibaldi, Decollazione del Battista Federico Barocci, Martirio di San Vitale Ludovico Carracci: Adorazione dei Magi Predica di sant'Antonio abate agli eremiti Cristo e la Cananea (1594-95) Annibale Carracci, Cristo e la Samaritana (1594-95) Caravaggio, Cena in Emmaus Guercino, Abramo ripudia Agar e Ismaele Assieme alla Canestra di frutta della Pinacoteca Ambrosiana, la Cena in Emmaus è l'altra opera visibile a Milano di Caravaggio. La tela, opera estrema del Merisi e radicalmente diversa dalla versione precedente elaborata dal pittore ora alla National Gallery di Londra, giunse a Brera nel 1939 dalla collezione romana Patrizi per acquisto della Associazione Amici di Brera. La sala XXIX espone i principali seguaci ed interpreti dello stile caravaggesco: Orazio Gentileschi, Jusepe de Ribera, Battistello Caracciolo, Mattia Preti, Luca Giordano e Bernardo Cavallino. Seguono i maestri del Seicento lombardo, variamente legati al potente cardinalato di Federico Borromeo come il Cerano, Giulio Cesare Procaccini, Morazzone (che collaborano tutti e tre insieme nel cosiddetto Quadro delle Tre Mani), Francesco del Cairo, Tanzio da Varallo e Daniele Crespi, esponenti di una pittura fortemente naturalistica e dalle forti connotazioni religiose. Battistello, Cristo e la samaritana al pozzo Orazio Gentileschi, Martiri Valeriano, Tiburzio e Cecilia visitati da un angelo Antiveduto Gramatica: Disputa di Santa Caterina Santa Cecilia tra i Santi Tiburzio e Valeriano Mattia Preti: San Pietro paga il tributo Una madre affida i figli a Cristo Salvator Rosa, Madonna del Suffragio Spagnoletto, Cristo deriso e coronato di spine Tanzio da Varallo, Martirio dei Francescani a Nagasaki Francesco Cairo: Cristo nell'orto Santa Caterina da Siena Daniele Crespi, Cenacolo Giovanni Battista Crespi detto il Cerano: Madonna del rosario tra i santi Domenico e Caterina da Siena Giovan Battista Crespi detto il Cerano, Morazzone e Giulio Cesare Procaccini, Martirio delle sante Rufina e Seconda Giulio Cesare Procaccini: Sposalizio mistico di santa Caterina San Girolamo Santa Cecilia San Carlo in gloria Morazzone, Madonna del rosario con il Bambino, San Domenico e due angioletti Fin dalla sua origine la Pinacoteca nacque con l'idea di accogliere tutte le scuole pittoriche: così assieme ai maestri della scuola genovese del Seicento come Gioacchino Assereto e Orazio de Ferrari e alle nature morte di Evaristo Baschenis, Brera espone un cospicuo gruppo di autori stranieri (Sale XXXII e XXXIII): Peter Paul Rubens, autore della grande Ultima Cena, Antoon van Dyck (Ritratto di Dama e Madonna con Sant'Antonio da Padova), ma anche pittori fiamminghi del Cinquecento come Jan de Beer. Due ritratti di Joshua Reynolds e Anton Raphael Mengs sono esposti nel corridoio tra le sale XXXV e XXXVI. Gioacchino Assereto, Presentazione al Tempio Bernardo Cavallino: Immacolata Strage degli innocenti Pietro da Cortona, Madonna col Bambino e i santi Giovanni Battista, Felice da Cantalice, Andrea e Caterina d'Alessandria Luca Giordano, Sacra Famiglia con sant'Antonio da Padova Jacob Jordaens, Sacrificio di Isacco Peter Paul Rubens, Ultima Cena (1631-32) Bernardo Strozzi, San Giovannino Antoon van Dyck: Madonna col Bambino e sant'Antonio da Padova (1630-32) Ritratto di dama Joachim von Sandrart, Buon Samaritano Francesco Cairo, Ritratto di Luigi Scaramuccia Annibale Carracci, Autoritratto con figure Daniele Crespi, Ritratto di Scultore Tanzio da Varallo: Ritratto di Gentildonna Ritratto di un gentiluomo Luca Giordano, Autoritratto in veste di chimico Bernardo Strozzi, Ritratto di un Cavaliere di Malta Simon Vouet, Ritratto di Giovane Donna Anton van Dyck, Ritratto di dama Evaristo Baschenis: Natura morta con strumenti musicali Natura morta di cucina Johannes Fyt, Natura Morta con gatto Candido Vitali, Cacciagione con piccione vivo Le grandi tele della scuola tardo barocca e neoclassica giunsero a Brera tra Sette e Ottocento, quando la Pinacoteca era ancora congiunta all'Accademia di Belle Arti: figurano qui le opere di Giambattista Pittoni, Francesco Solimena, Luca Giordano, Sebastiano Ricci, Pompeo Batoni, Pierre Subleyras. La Sala XXXIV è dominata dalla grande tela di Giambattista Tiepolo con la Madonna del Carmelo tra profeti e le anime del Purgatorio. Particolarmente interessanti sono le Sale XXXV e XXXVI, disegnate da Piero Portaluppi e Gualtiero Galmanini, grazie alla donazione di Antonio Bernocchi, in stile neoclassico che accolgono nei due ambienti le vedute di Bernardo Bellotto e Canaletto, le tele di Pietro Longhi e Piazzetta, e i maestri della "pittura della realtà" lombarda, con i ritratti di Fra Galgario e del Pitocchetto. Pompeo Batoni, Madonna col Bambino e i santi Giuseppe, Zaccaria, Elisabetta e Giovannino Giuseppe Bottani, Partenza di santa Paola Romana per la Terrasanta Carlo Innocenzo Carloni, Trionfo della Fede Luca Giordano, Ecce homo Nicola Malinconico: Giosuè ferma il sole Trasporto dell'Arca Santa Francesco Solimena: Incontro di Ratchis, re dei Longobardi, e di papa Zaccaria durante l'assedio di Perugia San Villibaldo chiede la benedizione di papa Gregorio III prima di recarsi a evangelizzare i Sassoni Pierre Subleyras: Crocifissione con la Maddalena e i santi Eusebio e Filippo Neri Visione di s. Girolamo Giambattista Tiepolo, Madonna del Carmelo tra santi, profeti e anime del Purgatorio Gian Domenico Tiepolo, I ss. Faustino e Giovita appaiono in difesa di Brescia La sala ospita anche due vasi in alabastro, del 1825 circa, da Volterra, con scene classiche a rilievo: a sinistra il Sacrificio di Polissena, a destra una scena mitologica. Provengono da Palazzo Reale. Domenico Aspari, Autoritratto Bernardo Bellotto: Veduta di Gazzada Veduta di villa Perabò poi Melzi a Gazzada Canaletto: Veduta del bacino di San Marco dalla punta della Dogana Veduta del Canal Grande verso la punta della Dogana da campo Sant'Ivo Luca Carlevarijs, Capriccio con il ponte rotto Marianna Carlevarijs, Ritratto di gentiluomo Francesco Guardi: Veduta del Canal Grande verso Rialto con il Palazzo Grimani e Palazzo Marin Veduta del Canal Grande con le Fabbriche Nuove di Rialto Martin Knoller, Autoritratto Pietro Longhi, Concerto familiare Giovanni Battista Piazzetta, Rebecca ed Elezearo al pozzo Giovan Battista Pittoni, Annibale giura odio ai Romani Giovan Battista Tiepolo: Tentazioni di sant'Antonio abate I Santi Faustino e Giovita appaiono in difesa di Brescia assaltata da Nicola Piccinino nel 1438 Giandomenico Tiepolo, San Luigi Gonzaga Francesco Zugno, Ritratto di giovane cantante Salomon Adler, Autoritratto al cavalletto Carlo Innocenzo Carloni, Ritratto di Caterina Corbellini Fra Galgario: Ritratto del conte Flaminio Tassi Ritratto di pittore Martin Knoller, Ritratto di Giuseppe Franchi Legnanino, Autoritratto Giovan Pietro Ligari, Ritratto di Gervasio Ligari Francesco Londonio, Otto studi di contadini e pastori Alessandro Magnasco, Ritratto di Bartolomeo Micone Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto: Natura morta con piatto Natura morta con zucca Portarolo seduto su una cesta Portarolo seduto su una cesta con uova e pollame Ritratto d'uomo Giuliano Traballesi, Autoritratto Particolarmente documentata a Brera è la pittura italiana dell'Ottocento nelle sue diverse sfumature. Al centro della sala campeggia la grande Fiumana di Giuseppe Pellizza da Volpedo, versione preliminare del celebre Il quarto stato (Milano, Museo del Novecento). I capolavori di Francesco Hayez, già professore di disegno presso la stessa Accademia, sono raccolti nella parete laterale, tra cui il celebre Bacio, una delle opere più note dell'artista, e il Ritratto di Alessandro Manzoni. I capolavori di Francesco Filippini come Il Maglio. Le opere di Giuseppe Bossi e Andrea Appiani (Carro del Sole), primo pittore dell'Italia napoleonica, testimoniano il gusto neoclassico a Milano. Dal 2010 il neoclassico è rappresentato anche dalla scultura di Luigi Antonio Acquisti, Atalanta. Chiudono il percorso i pittori Macchiaioli come Giovanni Fattori (Il carro rosso) e Silvestro Lega (Il pergolato), oltre alle opere di Giovanni Segantini e Gaetano Previati (Adorazione dei Magi), tra divisionismo e simbolismo. Sono in attesa di essere esposte nella nuova sede di Palazzo Citterio le opere del Lascito Vitali e le opere del Novecento della Donazione Jesi tra cui la Rissa in galleria, l'Autoritratto e La città che sale di Umberto Boccioni, numerose opere di Mario Sironi, Giorgio Morandi, Carlo Carrà, Filippo de Pisis, sculture di Arturo Martini, Giacomo Manzù, Marino Marini e la grande Testa di toro di Pablo Picasso, fino al 2017 esposte nella sala X, progettata nel 1949 da Franco Albini. Più eterogenea è la selezione del Lascito Vitali, acquisita dalla Pinacoteca nel 2000. Questa comprende una sezione archeologica, con vasi e statuette databili tra il 4000 a.C. e il V secolo d.C., tra cui il ritratto femminile (arte dell'Egitto romano, 160 d.C. circa), e una moderna con opere di Alessandro Magnasco fino a Silvestro Lega, Giovanni Fattori, Giorgio Morandi e Amedeo Modigliani (L'enfant gras). Più di recente la Pinacoteca ha acquistato un bronzetto bianco di Giacometti, la grande Ofelia di Arturo Martini e il fondo di cento autoritratti d'artista dalla collezione di Cesare Zavattini. Alcune di queste opere sono esposte nelle sale 9, 15 e 23, all'interno di un progetto chiamato "Aspettando Palazzo Citterio". La Pinacoteca possiede inoltre una collezione di disegni, non esposti normalmente al pubblico e accessibili solo agli studiosi. Tra questi si annoverano due disegni di Leonardo da Vinci, la Testa di Cristo preparatoria per l'Ultima Cena, e un profilo virile proveniente dal lascito Vitali e due importanti cartoni preparatori di Guido Reni e Ludovico Carracci. Della collezione grafica fa anche parte l'importante serie dei Tarocchi Brera-Brambilla, uno dei mazzi Visconti-Sforza, commissionata nel 1463 da Francesco Sforza a Bonifacio Bembo. Pinacoteca di Brera, catalogo generale, 7 voll., 1988-1996, Electa, Milano Brera. Guida alla Pinacoteca, Electa, Milano 2004. ISBN 978-88-370-2835-0 Brera. La Pinacoteca e i suoi capolavori, a cura di S. Bandera, Skira, Milano 2009. Pinacoteca di Brera. I dipinti, Electa, Milano 2010. A Brera anch'io. Il museo come terreno di dialogo interculturale, a cura di S. Bodo, E. Daffra, R. Giorgi, S. Mascheroni, A. Montalbetti, M. Sozzi, Electa, Milano, 2007. Guida per l'I.R. Pinacoteca di Brera, su archive.org, Milano (tipografia di M. Carrara), Pinacoteca di Brera, 1836, 120. URL consultato il 20 ottobre 2018 (archiviato il 20 ottobre 2018). (si veda anche similar items) Wikiquote contiene citazioni sulla Pinacoteca di Brera Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla Pinacoteca di Brera (EN) Sito ufficiale, su pinacotecabrera.org. Sito ufficiale, su pinacotecadibrera.org. Brèra, Pinacotèca di-, su sapere.it, De Agostini. (EN) Pinacoteca di Brera, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Pinacoteca di Brera, su CulturaItalia, Istituto centrale per il catalogo unico. Sito web Associazione Amici di Brera e dei Musei Milanesi, su amicidibrera.it. URL consultato il 24 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 26 luglio 2013). Grande Brera - Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia, su versolagrandebrera.it. URL consultato il 19 aprile 2016 (archiviato dall'url originale il 27 aprile 2016). Brera magico contenitore Archiviato il 12 marzo 2016 in Internet Archive. e Brera storia di una città, puntate della trasmissione Passepartout in occasione dei 200 anni (agosto 2009) di Brera.

Monumento a Pietro Verri
Monumento a Pietro Verri

Il monumento a Pietro Verri è un'opera scultorea realizzata da Innocenzo Fraccaroli (1805-1882) posta nel cortile d'onore del palazzo di Brera a Milano. L'idea di dedicare una statua a Pietro Verri, celebre filosofo, economista e storico milanese, venne nel 1843 in contemporanea a quella per il monumento a Bonaventura Cavalieri che doveva essere realizzato in occasione della sesta riunione degli scienziati italiani che si sarebbe tenuta a Milano proprio nel palazzo di Brera, sede dell'Istituto Lombardo di scienze, lettere e arti. Le due statue avrebbero occupato così posizioni contrapposte nel cortile. La sottoscrizione venne aperta dal 2 luglio 1843 e fu incaricato della realizzazione Innocenzo Fraccaroli. Il monumento fu inaugurato il 12 settembre 1844 (giorno successivo all'inaugurazione del monumento a Bonaventura Cavalieri). In occasione dell'inaugurazione venne anche coniata una medaglia con effigie di Pietro Verri. Dritto: CONTE PIETRO VERRI MILANESE Busto a sinistra.Esergo: F. PUTINATI Rovescio: Nel campo in dodici righe sormontate da corona di alloro: FILOSOFO ISTORIOGRAFO | CERCÒ E SCRISSE IL VERO GIOVEVOLE A TUTTI | MAGISTRATO DI RETTITUDINE E DI ZELO | CON SAPIENZA OPEROSA E CONSIGLIO MAGNANIMO | PROSPERÒ LA PATRIA E LO STATO | ITALIANI E STRANIERI | ALL'UOMO BENEMERENTE DEGLI UOMINI | ERESSERO IN MILANO PUBBLICA STATUA | L'ANNO MDCCCXLIV | PRESENTE PLAUDENTE | IL VI CONGRESSO SCIENTIFICO | DELL'ITALIA Venne inoltre realizzata un'edizione speciale delle Opere filosofiche ed economiche di Pietro Verri con inserite le riproduzioni del monumento e della medaglia. Palazzo di Brera Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su monumento a Pietro Verri