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Basilica di Santa Maria della Sanità

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Santa Maria della Sanità 2012
Santa Maria della Sanità 2012

La basilica di Santa Maria della Sanità (volgarmente conosciuta anche come chiesa di San Vincenzo alla Sanità) è una chiesa di Napoli sita nel Rione Sanità. La chiesa si erge sopra il sito delle catacombe di San Gaudioso.

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Basilica di Santa Maria della Sanità
Via Sanità, Napoli Municipalità 3

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Basilica di Santa Maria della Sanità (Chiesa di San Vincenzo alla Sanità)

Via Sanità
80137 Napoli, Municipalità 3
Campania, Italia
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Santa Maria della Sanità 2012
Santa Maria della Sanità 2012
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Luoghi vicini

Rione Sanità
Rione Sanità

Il Rione Sanità è uno dei rioni di Napoli, facente parte della Municipalità 3 Stella-San Carlo all’Arena. Corrisponde ad un’area ubicata a nord delle mura vicereali di Napoli e precisamente a nord del Borgo dei Vergini fino alle falde della collina di Capodimonte. Precisamente inizia da piazza Vergini e comprende la zona di via Sanità, Piazza Sanità, fino alla zona dell'Ospedale San Gennaro detto dei Poveri. Il Rione Sanità fu edificato alla fine del XVI secolo in un vallone utilizzato sin dall'epoca greco-romana come luogo di sepoltura. In questo rione sono sorti ipogei ellenistici e catacombe paleocristiane, come quelle di San Gennaro e San Gaudioso, stringendo una forte relazione tra uomo e morte che si è protratta nei secoli, dimostrata dal cimitero delle Fontanelle, adoperato per ospitare le vittime della grande peste del 1656. Già nel XV secolo era situato tra le amene campagne su cui oggi sorge il rione, presso la paleocristiana basilica di San Gennaro fuori le mura e un monastero abbandonato, un lazzaretto per appestati, quello che sempre dopo la medesima infausta peste del 1656 fu ampliato e divenne l'attuale ospedale di San Gennaro dei Poveri. Perché sia stato collocato qui un ospizio per ammorbati lo si può riscontrare dall'etimo della zona, riconducibile alla sua salubritas sia naturale che sovrannaturale, dal momento che era allora incontaminata e sede delle catacombe responsabili di miracolose guarigioni. Inizialmente destinato ad accogliere importanti famiglie nobiliari e facoltosi borghesi della città (testimonianza di ciò, i maestosi palazzo Sanfelice a via Arena della Sanità e palazzo dello Spagnolo ai Vergini), col passare del tempo è diventata una delle zone più popolari di Napoli. L'emarginazione sociale è elevata, così come la disoccupazione o la sotto-occupazione, nonostante le potenzialità storico-culturali del rione, sebbene diversi siti di interesse necessitino di una migliore salvaguardia e di interventi di restauro (vedi ad esempio l'esterno di Palazzo di Majo o l'interno di Palazzo Sanfelice). Alcune associazioni di volontariato, culturali e sociali che operano nel rione si sono costituite in Rete per provare a costruire migliori condizioni di vita stimolando il senso civico e creando opportunità di uscita dal degrado per le persone del quartiere. La comunità ecclesiale del rione (esistono nel territorio due parrocchie, quella di Santa Maria della Sanità e quella di San Severo) esprime da anni una notevole vivacità, nel tentativo di superare i divari socio-culturali e di porsi come polo "attrattore" per alternative occupazionali. Ospedale di San Gennaro dei Poveri Palazzo Andreassi Palazzi Cattaneo (via Sannicandro nn.27-32) Palazzo dello Spagnolo Palazzo De Clario Palazzo De Liguoro di Presicce Palazzo De Liguoro-Santoro (Salita Capodimonte n.10) Palazzo Di Donato Palazzo di Majo Palazzo Gaudioso di Camporeale Palazzo Genovino (vico Lammatari n.26) Palazzo Lagni (via Vergini n.55) Palazzo Laviano (via Sannicandro n.11) Palazzo Marcello Palazzo Moles Palazzo Montesilvano Palazzo Peschici-Maresca (via Arena della Sanità n.6) Palazzo Ruffo di Castelcicala (via Arena della Sanità n.21) Palazzo Sanfelice Palazzo Sersale Palazzo Terralavoro alla Sanità Palazzo Traetto Basilica di San Gennaro fuori le mura Chiesa del Santissimo Crocifisso ad Antesaecula Chiesa di Santa Maria Antesaecula Basilica di Santa Maria della Sanità Chiesa di Santa Maria della Vita Chiesa dell'Immacolata e San Vincenzo Chiesa di San Severo fuori le mura (o San Severo alla Sanità) Chiostro di Santa Maria della Sanità Complesso dei Cinesi Chiesa di Maria Santissima del Carmine Il Borgo dei Vergini, detto anche borgo barocco per lo stile preponderante nelle sue architetture, è la prima zona che si incontra prima di giungere nella Sanità vera e propria (per chi proviene da via Foria). Si tratta di un'animatissima zona della città, un tempo fuori le mura, costituita dalla via dei Vergini, sede di un florido mercato all'aperto. I Vergini rappresentano il primo tratto del lungo vallone che scorre tra le alture della Stella, dei Miracoli, di Capodimonte e di Materdei. Il nome deriva da una fratria religiosa greca, quella degli eunostidi, dedita alla temperanza e, soprattutto, alla castità. Sulla strada affacciano alcune delle più importanti architetture barocche della città, come il palazzo dello Spagnolo e vari edifici religiosi: la chiesa di Santa Maria dei Vergini, la chiesa della Missione ai Vergini e la chiesa di Santa Maria Succurre Miseris ai Vergini. Nelle estreme vicinanze la chiesa di Sant'Aspreno ai Crociferi nella parte detta delle Crocelle (così veniva appellata la zona dove erano presenti i frati di San Camillo de Lellis) e la chiesa di Santa Maria della Misericordia ai Vergini detta popolarmente la Misericordiella. La strada al termine si biforca in due vie: a sinistra via Arena della Sanità e a destra via dei Cristallini, che portano alle omonime zone. Il sottosuolo della Sanità costituisce un contesto di straordinario interesse culturale per la stratificazione archeologica e storico-artistica che testimonia, senza soluzione di continuità, l’ideologia funeraria a Napoli dalla fine del IV sec. a.C. ai giorni nostri. Sono noti diversi tratti della necropoli ellenistica, i magnifici complessi delle Catacombe di San Gennaro, delle Catacombe di San Gaudioso, delle Catacombe di San Severo. Il celeberrimo Cimitero delle Fontanelle, realizzato all’interno di una gigantesca cava di tufo scavata sotto la collina di Materdei, rappresenta, unitamente al culto delle anime pezzentelle il rapporto che da sempre il popolo napoletano ha con l’aldilà. Un elenco di alcuni complessi presenti: Necropoli ellenistica di Neapolis (fine IV - inizi III secolo a.C.) Catacombe della Vita (del II secolo, l'esatta localizzazione resta ignota) Catacombe di San Gennaro (II secolo) Catacombe di San Severo (fine IV secolo) Catacombe di San Gaudioso (V secolo) Catacombe di San Vito (al di sotto dell'ex ospedale San Camillo, di incerta datazione) Catacombe di Sant'Eufemia (nei pressi del vicolo dei Lammatari, di incerta datazione) Catacombe di San Fortunato (nei pressi del vicolo dei Lammatari, di incerta datazione) Cimitero delle Fontanelle (XVII - XIX secolo) In questo rione sono stati girati un gran numero di film tra cui: L'oro di Napoli (1954), di Vittorio De Sica, con Totò, Eduardo de Filippo, Sophia Loren, Silvana Mangano Ieri, oggi, domani, con Sophia Loren e Marcello Mastroianni Il furto è l'anima del commercio!?..., con Alighiero Noschese e un giovanissimo Enrico Montesano Il fantasma di via Sanità, episodio del film Pacco, doppio pacco e contropaccotto (1993) di Nanni Loy, con Marina Confalone e Gerardo Scala che figurano in questo episodio Il sindaco (1996) di Ugo Fabrizio Giordani, con Anthony Quinn, Raoul Bova e Maria Grazia Cucinotta Il sindaco del rione Sanità (2019) di Mario Martone, con Francesco Di Leva e Massimiliano Gallo Nostalgia (2022) di Mario Martone, con Pierfrancesco Favino, Francesco Di Leva e Tommaso Ragno Un paio di opere teatrali di Eduardo De Filippo sono ambientate alla Sanità: Il sindaco del rione Sanità e Il cilindro, quest'ultima ambientata in un seminterrato di via dei Cristallini. La Sanità è stata l'ambientazione della miniserie televisiva 'O professore che narra di un professore, impersonato da Sergio Castellitto, che lotta per dare un futuro ai ragazzi del quartiere e allontanarli dal disagio sociale e dalla camorra. Alla Sanità sono ambientati i due romanzi Benvenuti in casa Esposito (Giunti, 2012) e Bentornati in casa Esposito (Giunti, 2013) dello scrittore Pino Imperatore. Alcune scene della terza stagione di Gomorra - La serie sono state girate qui, così come alcune riprese di altre serie televisive, quali Rosy Abate 2 - La serie e Sense8. Alla Sanità è ambientato il film: Sodoma - L'altra faccia di Gomorra. Girato in interno a via Cristallini, in esterno a piazzetta San Severo, gradoni Cinesi, grotte tufacee alle spalle dell'ospedale San Gennaro dei poveri, interno chiesa che oggi è il Nuovo Teatro Sanità. Il film è scritto da Corrado Ardone e diretto da Vincenzo Pirozzi, entrambi nativi del rione, che hanno voluto omaggiare il proprio quartiere. Il Rione Sanità è raggiungibile tramite autobus: ci sono linee autoviarie che lambiscono il rione a sud e linee che collegano il nord della città passando per il ponte della Sanità. Tutte le linee permettono collegamenti facili e rapidi dal centro e dalle principali porte di accesso alla città (porto, aeroporto e stazione centrale). Vi è poi un minibus che penetra nel rione: C52 Piazza Cavour-Ospedale San Gennaro dei Poveri L'ascensore della Sanità, presente sul ponte, facilita l'accesso pedonale al rione superando il grande dislivello tra via Santa Teresa degli Scalzi e il rione stesso. Infine anche la metropolitana permette di arrivare al rione: le stazioni Museo e Materdei della linea 1 e la stazione di piazza Cavour della linea 2. La stazione di Materdei è quella più lontana delle tre, ma è la più vicina al cimitero delle Fontanelle, che si trova all'interno di tutto il vallone della Sanità. Nel rione Sanità c'è un campo di calcio adibito a gare dilettantistiche. Il Campo San Gennaro dei Poveri prende il nome dall'omonimo ospedale che si trova nelle vicinanze ed è raggiungibile con l'autobus ANM C52. Zone di Napoli Centro storico di Napoli Monumenti di Napoli Napoli Sito ufficiale della Basilica di S. Maria della Sanità, su santamariadellasanita.it. Fondazione Rione Sanità, su fondazionerionesanita.org. Fondazione San Gennaro, fondazionesangennaro.org

Chiesa dell'Immacolata e San Vincenzo
Chiesa dell'Immacolata e San Vincenzo

La chiesa dell'Immacolata e San Vincenzo e l'annesso convento, sono stati fondati a Napoli nel XVIII secolo. La struttura si erge in piazzetta San Vincenzo, nel Rione Sanità. Fu chiusa al culto nel 1861 e fu riaperta solo nel 1975 per poi essere definitivamente sconsacrata nel 1984. Dal 2013 è sede del Nuovo Teatro Sanità. Il tempio venne fondato allorquando padre Gregorio Maria Rocco, da Chiaia, si trasferì in questa zona; quindì inaugurò la costruzione del nuovo complesso che avrebbe potuto ospitare fino 250 fanciulle. La chiesa fu edificata dopo la distruzione di quella precedente (intitolata Santa Maria di Nazareth); per opera di Bartolomeo Vecchione (che fu l'artefice anche delle abitazioni poste sul lato sinistro della via San Vincenzo) nel 1758. Nell'ipogeo della chiesa vi è uno spazio in cui sono stati raccolti i corpi della peste del 1656; il luogo è grande quanto l'interna pianta della chiesa. Il principale tesoro che custodisce la chiesa è un dipinto di Pietro Bardellino, rappresentante San Vincenzo Ferreri intercede presso l'Immacolata, datato 1754. Nel presbiterio, rivestito di stucchi di epoca settecentesca, vi è il sepolcro e la lapide sepolcrale di Sabato Manso (1747). Sulla destra della chiesa è visibile la facciata dell'ex-convento di San Vincenzo Ferreri. Nella chiesa sono esposti anche il monumento di Francesco Pagano (1741) e la lapide sepolcrale (1750) del benefattore Sabato Manzo che destinò i fondi alla costruzione della chiesa. All'interno della chiesa dal 2013 ha sede il Nuovo Teatro Sanità, un teatro di circa 100 posti nato da un sodalizio tra Mario Gelardi, l'associazione culturale "Sott'o Ponte" e un gruppo di privati del Rione Sanità. Questo teatro, proprio per la posizione in cui si trova, ricopre un rilevante ruolo culturale e sociale, come evidenziato, tra gli altri, da Roberto Saviano: "Il Nuovo Teatro Sanità è la speranza dove ormai tutti credono che non ce ne sia più, anche e soprattutto chi ci vive.". Napoli Chiese di Napoli Rione Sanità Wikimedia Commons contiene immagini sulla chiesa dell'Immacolata e San Vincenzo

Complesso dei Cinesi

Il complesso dei Cinesi è una struttura storico-religiosa di Napoli; è sita nel centro storico, nella omonima zona situata tra Capodimonte e il rione Sanità. Il complesso è formato da un collegio e da una chiesa monumentale. La struttura originaria era costituita da un palazzo civile; questo, nella prima metà del XVII secolo, venne trasformato in un monastero dedicato a santa Francesca Romana. Più tardi la chiesa venne ceduta dai padri olivetani a padre Matteo Ripa; costui, ritornato nel 1724 dalla Cina dove era stato missionario per 13 anni, volle che l'intero complesso venisse utilizzato come istituto d'educazione missionaria per i giovani cinesi che aveva riportato con sé da Pechino, con lo scopo di formare un clero autoctono da rimandare in Cina per evangelizzare quel popolo. Con soli cinque seminaristi nacque così il Collegio dei Cinesi. Il religioso, per l'istituzione del suo collegio, riuscì ad avere il pieno appoggio anche da papa Clemente XII, mentre, per quanto riguarda l'aiuto finanziario, venne pienamente aiutato da Carlo VI. Il complesso, con l'Unità d'Italia, fu denominato "Real Collegio Asiatico" e, in seguito, subì numerose altre vicende storiche: nel 1888 venne trasformato in Real Istituto Orientale di Napoli, nel 1897 fu trasformato in un collegio per ragazze orfane, nel 1910 fu aperto nella struttura l'ospedale Elena d'Aosta. La struttura ha subito anche varie trasformazioni architettoniche; ma, ancor oggi costituisce una pregevole testimonianza artistica ed architettonica, tra gli elementi architettonici di spicco vi è sicuramente l'androne caratterizzato da una grande volta affrescata del XVIII secolo, nel quale, inoltre, vi è lo stemma dell'istituto; da menzionare anche il mezzo busto di Matteo Ripa scolpito da Leonardo Di Candia. La chiesa della Sacra Famiglia dei Cinesi è stata inaugurata nel 1732 e rimaneggiata nel 1814. La sua facciata si svolge secondo due livelli posti orizzontalmente. Il primo, partendo dall'alto, è accompagnato da una finestra rettangolare immessa tra lesene composite e da un timpano triangolare. Il livello inferiore, è caratterizzato da un portale con timpano spezzato, al cui centro è presente un gran medaglione a volute. Il suo interno è formato da un'unica navata articolata mediante insoliti elementi architettonici, ovvero, da pareti laterali estremamente ricurve; il presbiterio, si conclude con abside e coro prospicienti l'altare maggiore. La cupola è accompagnata da un lanternino. I cherubini dell'altare maggiore, in commessa marmorea, sono di Angelo Viva. La tela sull'altare principale è di Antonio Sarnelli (1769). Vanno segnalate anche due tele della scuola di Francesco De Mura, quattro statue di santi in rame, eseguite su disegno di Francesco Solimena, e la Madonna della Misericordia in gesso di Stanislao Lista. Il bell'organo dei fratelli Mancini risale al 1792. Nella sagrestia vi sono anche opere scultoree del celebre Giuseppe Sammartino. Dopo una lunga fase di restauro, la chiesa è stata riaperta al pubblico nel giugno del 2018. Chiese di Napoli Rione Sanità La chiesa dei Cinesi a Napoli Archiviato l'11 agosto 2018 in Internet Archive.

Chiesa dei Santi Bernardo e Margherita a Fonseca
Chiesa dei Santi Bernardo e Margherita a Fonseca

La chiesa dei Santi Bernardo e Margherita a Fonseca è una chiesa monumentale di Napoli, ubicata in vico Santa Margherita a Fonseca, nel quartiere Stella. Eretta a metà del XVII secolo dall'architetto Pietro De Marino, con aula e volta a botte, alla fine del secolo fu restaurata con l'aggiunta delle cappelle, di un ingresso laterale ed infine fu costruita una cupola nel presbiterio che modificò l'illuminazione primitiva. Nel 1734 venne affidato a Domenico Vaccaro il compito di realizzare gli stucchi e gli arredamenti. La scomparsa dell'attiguo ritiro di monache (riconvertito in scuola elementare) e il terremoto del 1980 hanno causato la chiusura del tempio ai fedeli per più di venti anni, durante i quali ignoti hanno predato i pregiati marmi e i preziosi arredi sacri, oltre ad un cospicuo numero di reliquie. Le tele di Paolo De Matteis, Nicola Malinconico, Jacopo Cestaro, Paolo Finoglio e della scuola di Francesco Solimena sono state trasferite e attualmente sono esposte al Museo civico di Castel Nuovo. La struttura, lasciata a sé stessa con grave pericolo di crollo, è stata recuperata dopo anni di lavoro, alla fine dei quali, grazie alle pressioni del parroco della chiesa della Santissima Annunziata a Fonseca, l'edificio è stato riaperto con la funzione di oratorio parrocchiale, in un'area dove l'assenza di centri culturali alternativi alla strada (e di conseguenza alla delinquenza) è assai marcata. Fu fondato nel 1634, quando un ritiro di trenta vedove votate alla vita di clausura, già creato nel tardo XVII secolo, si trasferì nella zona, all'epoca stramane (extra moenia in lingua napoletana) e di proprietà della nobile famiglia dei Fonseca, dai quali tutta la zona prende il nome. Dal 1920 ospita il XIX Circolo Didattico Vincenzo Russo. Rimangono come visibili tracce del passato il bel portale coevo dalle linee morbide con lo stemma dell'antico monastero e i fregi originali lungo un lato dell'edificio che conserva anche l'originale muratura in tufo e le arcate cieche alternate a lesene sormontate da capitelli che ricalcano lo stile corinzio. Al suo interno, nonostante le varie trasformazioni per adeguarlo a struttura scolastica, l'antico aspetto è ancora osservabile, a partire dal portale interno, decorato a marmi policromi, con ai lati le due finestre usate un tempo per permettere i contatti con l'esterno. Anche una "ruota" è ancora ubicata al suo posto. La cappella interna al convento mostra nonostante le spoliazioni il pomposo apparato decorativo settecentesco. Infine, sulla volta di alcuni ambienti non accessibili e non facenti parte del plesso scolastico sono conservate decorazioni a grotteschi. Vincenzo Regina, Le chiese di Napoli. Viaggio indimenticabile attraverso la storia artistica, architettonica, letteraria, civile e spirituale della Napoli sacra, Roma, Newton Compton, 2004. ISBN 88-541-0117-6. Chiese di Napoli Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa dei Santi Bernardo e Margherita a Fonseca

Palazzo di Majo
Palazzo di Majo

Palazzo De Majo è un palazzo di Napoli situato all'inizio del Rione Sanità nel quartiere Stella; l'ingresso è ubicato in Discesa Sanità 68, mentre da via Santa Teresa degli Scalzi è visibile il cortile. L'edificio venne eretto nel XVIII secolo su volontà del nobile Bartolomeo de Majo. Da fonti cartografiche e documentali si è appurato che l'edificio esisteva già nel 1718 e che nel 1726 Ferdinando Sanfelice vi lavorasse per eseguirne una ristrutturazione, ricreando una suggestiva abitazione barocca al di fuori delle mura urbane. Il Sanfelice realizzò maestosamente il portale con arco mistilineo, su modello delle decorazioni borrominiane. Al di sopra del portale, un cartiglio reca la volontà del di Majo di realizzare un palazzo al di fuori della città: Il punto più pregevole è la scala tipicamente barocca: a pianta romboidale, ha una struttura a sbalzo dove sui ballatoi di riposo sono posti gli ingressi ai locali interni (che ripetono lo stesso disegno del portale), su di esse sono posizionati dei busti. La scala è posta sulla sinistra del cortile. Bernardo De Dominici, nelle sue Vite dei pittori, scultori ed architetti napoletani, non destina la minima critica alle scelte adoperate dal Sanfelice nel rifacimento del palazzo, lodando anzi ogni minimo aspetto. Il palazzo fu coinvolto nella creazione del corso Napoleone nei primi del XIX secolo. Infatti gli sbancamenti che investirono il cortile poligonale durante il decennio francese resero possibile la creazione di questa nuova arteria cittadina. Per permettere che questa scorresse in maniera rettilinea, il cortile venne tagliato, perdendo l'aspetto chiuso e assumendo una forma emiciclica. Inoltre la nuova strada fu realizzata ad una quota superiore rispetto a quella di calpestio del palazzo. Negli ultimi anni i condomini hanno provveduto al restauro dei prospetti su via Santa Teresa degli Scalzi. Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Newton Compton Editori, Napoli, 2001 Palazzi di Napoli Rione Sanità Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul palazzo di Majo

Chiesa di San Severo fuori le mura
Chiesa di San Severo fuori le mura

La chiesa di San Severo fuori le mura (meglio conosciuta come San Severo alla Sanità) è un'antica chiesa di Napoli e sorge in uno dei quartieri più popolosi del capoluogo campano (rione Sanità), in piazza San Severo a Capodimonte. Alla fine del IV secolo, il vescovo Severo, pose il suo sepolcro gentilizio sul sito dove poi vennero erette le sue catacombe. Quando le spoglie del vescovo vennero trasferite nella chiesa di San Giorgio Maggiore, la devozione popolare che circondava l'area cimiteriale andò via via a diminuire. La chiesa attuale fu eretta molto più in là, nel XVI secolo. Il tempio infatti fu costruito nel 1573 per volontà dell'arcivescovo Mario Carafa, che in seguito lo affidò ai conventuali. Nel 1680, i frati, inaugurarono un riassetto globale del complesso, attuarono dei rimaneggiamenti, mentre l'ampliamento venne affidato a Dionisio Lazzari. Nell'attiguo monastero Domenico Cimarosa mosse i primi passi nell'apprendimento della musica. La chiesa presenta una pianta a croce latina con tre cappelle per lato e transetto. A sinistra dell'atrio vi è una piccola cappella con un'antica statua del santo titolare. All'ingresso, su entrambi i lati, si trova un'acquasantiera con un angioletto in stucco che regge un drappo su cui è inciso lo stemma francescano. Sulle pareti laterali delle cappelle un ignoto pittore napoletano dell'Ottocento dipinse le immagini dei dodici apostoli su rame o a fresco. Nella prima cappella a destra si conserva una Pietà di Benedetto Torre, mentre nella seconda un'Annunciazione di Leandro Carcano. Nel braccio destro del transetto si ammira un pregevole altare in marmi policromi sovrastato da un Sant'Antonio in gloria di Antonio Cicalese. Sulla parete sinistra è collocata una Madonna del Rosario di Paolo de Matteis e su quella destra I Santi Pietro e Paolo di Pietro Lambertucci. Oltrepassata la balaustra, si accede all'area absidale con l'altare maggiore in marmi policromi, nel cui paliotto è incassato un Cristo Morto in stucco. Alle spalle ci sono, ai lati, due nicchie che accolgono le statue in stucco dei Santi Ludovico da Tolosa e Anselmo (attribuite alla mano di Giuseppe Scarola) e, al centro, la cona che racchiude una grande tavola di Dirk Hendricksz con la Madonna con il Bambino e i Santi Severo, Ludovico, Francesco e Antonio. Sopraelevato rispetto all'abside, è il coro dominato da un pregevole organo del 1780 dei fratelli Carlo e Nicola Mancini. Nel braccio sinistro del transetto si imbatte in un altro bell'altare in stucco che richiama i colori dei marmi policromi, sul quale campeggia un Miracolo delle Rose di ignoto pittore settecentesco. Accanto a questa tela, sulla destra, è murato uno splendido rilievo marmoreo di Girolamo D'Auria rappresentante la Madonna con il Bambino. Sulla parete destra è collocata una Visitazione di Paolo de Matteis, su quella sinistra I Santi Francesco e Rocco in estasi al cospetto della Madonna con il Bambino di Pietro Lambertucci. La terza cappella a sinistra permette di accedere alle eponime catacombe paleocristiane che conservano affreschi e resti lapidei del V-VII secolo. La seconda cappella contiene un Santo Vescovo in gloria della scuola di Luca Giordano (forse si tratta di Nicola Malinconico), mentre la prima un crocifisso ligneo dell'Ottocento. Adiacente alla chiesa è l'Oratorio della Confraternita dei Bianchi di Sant'Antonio col suo interno decorato da pregevoli stucchi e ben ventitré tele, molte delle quali sono state realizzate da importanti pittori locali (Luca Giordano, Andrea Vaccaro, Francesco Fracanzano, Giovan Battista Spinelli, Giacinto Diano, Michele Ragolia). Vincenzo Regina, Le chiese di Napoli. Viaggio indimenticabile attraverso la storia artistica, architettonica, letteraria, civile e spirituale della Napoli sacra, Newton e Compton editore, Napoli 2004. Chiese di Napoli Figlio Velato Rione Sanità Monumenti di Napoli Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Severo fuori le mura

Chiesa della Santissima Annunziata a Fonseca
Chiesa della Santissima Annunziata a Fonseca

La chiesa della Santissima Annunziata a Fonseca è una chiesa di Napoli che sorge in via Fonseca, nel quartiere Stella, a ridosso del centro storico. Fu fondata nel 1620 dall'allora Arcivescovo di Napoli Cardinale Decio Carafa su un suolo appartenente alla nobile famiglia dei Fonseca acquistato nel 1616, allora detto extra moenia (al di fuori delle mura) in quanto l'area urbana si fermava al largo delle pigne (odierna piazza Cavour), che peraltro era facilmente visibile dall'alto del colle su cui la chiesa sorgeva. Ampliata nel XIX secolo, fu seriamente danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Dal 2003 accanto all'antica denominazione di Santissima Annunziata la chiesa è stata dedicata a Santa Giovanna Antida Thouret, santa francese che si è prodigata a Napoli in favore dei malati degli Incurabili e che ha creato l'ordine delle Suore della Carità, presente anche nel quartiere. La facciata è costituita da quattro lesene ioniche, poggianti su una base di piperno e interrotte da una spessa cornice marcapiano. Le lesene continuano anche nella parte superiore della facciata, ma presentano in questa parte un capitello composito. Alternati alle lesene, due archi ciechi e al centro un ampio finestrone arcuato. Sul portale, sormontato da una cornice, è presente una nicchia in cui è collocata una statua della Madonna di Lourdes. L'interno a navata unica, presenta una volta a botte lunettata. Sulla volta si alternano fasce a elementi geometrici, che terminano nella semplice abside. La volta era decorata con affreschi scomparsi per i danni dei sopra citati bombardamenti che costrinsero ad un rifacimento del tetto, con la conseguente perdita delle pitture. Su ogni lato si innalzano quattro lesene composite e intervallate da tre arcate cieche sul lato destro, un'arcata cieca e due cappelle sul lato sinistro. Aprono e chiudono ogni lato due paraste dello stesso tipo. Presenti anche due lesene sull'abside, ai lati dell'altare maggiore. L'altare maggiore in alabastro cotognino proviene dalla chiesa del Divino Amore. È stato donato nel 1873 dalla chiesa di Santa Teresa degli Scalzi, alla quale era stato precedentemente donato dal demanio, al parroco Eduardo Menna, in futuro anche Vicario Generale della Diocesi di Napoli. Il tabernacolo, interamente di marmo, presenta due teste alate di putti che sovrastano la porticina del tabernacolo, dalla quale sembrano dispiegarsi due ali scolpite. Infine, nella parte più alta, una colomba in bassorilievo simboleggiante lo Spirito Santo. Al di sopra dell'altare, in una cornice dorata, il quadro raffigurante l'Annunciazione, opera di un discepolo di Luca Giordano. Era opinione comune ritenere il quadro opera dello stesso maestro napoletano, anche se gli studiosi non glielo hanno mai attribuito. Si è avanzata l'ipotesi che l'autore fosse il pittore manierista Sabato Giordano. Un po' di luce è stata fatta il 24 marzo 2004 quando, in occasione della solennità dell'Annunciazione, la tela è stata esposta dopo un necessario restauro e si è comunicata la scoperta della firma dell'autore, "Gio. Lonardo". Nelle terze cappelle laterali si ammirano altre due tele seicentesche prive di attribuzione: un Sant'Antonio da Padova con il Bambino e una Madonna con il Bambino e le Anime Purganti. Sono presenti soltanto due cappelle propriamente dette, sul lato sinistro, ma si sa con certezza che almeno fino alla seconda guerra mondiale insistevano anche delle cappelle sul lato destro. I marmi degli altari delle cappelle destre sono stati “riciclati”. Alcuni decorano gli elementi che sorreggono la mensa (aggiunta dopo la rivoluzione liturgica del Concilio Vaticano II) altri, costituiti da due paliotti, decorano la nicchia della sede (dove il sacerdote siede) e la fascia immediatamente sotto il quadro dell'Annunciazione. Nell'archivio della parrocchia è custodito l'atto di morte di Giacomo Leopardi: egli morì il 14 giugno 1837 in vico Pero 2, poco distante dalla chiesa, durante l'epidemia di colera. Questo atto ha dato origine a molte discussioni tra gli studiosi per quanto riguarda l'amministrazione dei sacramenti al poeta e la sua sepoltura. E. Manco, SS. Annunziata a Fonseca. Origini e Storia, tip. Gaeta, 2000 Chiese di Napoli Stella (Napoli) Giacomo Leopardi Monumenti di Napoli

Chiesa di Santa Maria della Vita
Chiesa di Santa Maria della Vita

La chiesa di Santa Maria della Vita è un edificio sacro di Napoli, ubicato in via della Sanità, sito nel centro storico, facente parte dell'omonimo monastero del XVI secolo. Nel 1577 il frate carmelitano Andrea Vaccaro (nelle fonti più antiche indicato come Baccario) insieme ad altri confratelli eresse una chiesa in un terreno donato da Ottaviano Suardo, sul luogo dove sorgeva una chiesa paleocristiana sotterranea dedicata a San Vito. Cesare D'Engenio Caracciolo riferisce che la denominazione Santa Maria della Vita deriverebbe dal fatto che la vita nella zona comportava per i frati maggiori spese; tuttavia l'opinione più accettata (peraltro citata anche dallo stesso Caracciolo) è che Vita alluderebbe al santo titolare della primitiva chiesa. Già agli inizi del XVII secolo l'edificio presentava una propria identità urbanistica all'interno della Sanità. Alla fine del secolo furono eseguiti lavori di ammodernamento e ampliamento causati dalle infiltrazioni. Nel frattempo, la Masseria Ramirez concesse alcuni terreni per l'espansione del convento ed i due complessi furono così divisi da un muro di confine eretto dai religiosi; poi furono realizzati il transetto, l'abside e furono ridotte le dimensioni delle cappelle. Nel Settecento il convento subì ulteriori rinnovi con Giovan Battista Nauclerio e Giuseppe Scarola; nel dicembre 1806 durante il decennio francese la struttura fu confiscata ai carmelitani e ceduta nel 1807 a Giovanni Poulard-Prad, che implementò nel convento una fabbrica di porcellane. La chiesa divenne addirittura una fabbrica di candele di sego. Nel 1834 la fabbrica di porcellane chiuse, così il convento fu comprato dallo Stato borbonico per farne un ospedale, nel 1836 passò all'Albergo dei Poveri che lo adoperò per ricoverarvi i malati di colera. Anche dopo la fine dell'epidemia il convento, che venne restaurato, mantenne la funzione di ospedale, destinato alle donne e gestito dalle suore della Carità, mentre nel secondo dopoguerra fu denominato ospedale San Camillo. Negli anni novanta del XX secolo l'ospedale fu chiuso e fu sostituito da un centro per il recupero dei tossicodipendenti. Anche la chiesa venne restaurata nell'ambito della trasformazione del convento a ospedale femminile, riaperta al culto nel 1930, ma fu di nuovo chiusa nel 1969. La chiesa è frutto dell'intervento settecentesco del Nauclerio e dello Scarola, con la decorazione in marmo commesso e pareti intonacate a stucco. La facciata è inclusa all'interno del muro di clausura e quindi non s'intravede dalla strada. L'interno è a croce latina, con tre cappelle per lato; la volta è costolonata, le coperture delle cappelle sono anch'esse in muratura ed infine la cupola risulta essere estradossata. Dal punto di vista artistico la chiesa possiede un pavimento in maiolica del XVIII secolo, mentre l'altare maggiore, coevo agli interventi barocchi, è in commessa marmorea; quest'ultimo, si trova in una posizione rialzata rispetto alla navata. Inoltre, all'interno erano collocati dipinti come il San Sebastiano curato da Sant'Irene di Paolo De Matteis e la Madonna in gloria con i santi Giovanni Battista e Francesco d'Assisi di Teodoro d'Errico, oggi esposti nel Museo Diocesano. Alcune fonti citano la presenza anche di opere di Luca Giordano e Domenico Antonio Vaccaro, ma non ci sono riscontri riguardo la loro attuale sopravvivenza (magari anche nei depositi della Sovrintendenza). La struttura ha subito vari rastrellamenti, in particolare, l'altare maggiore è privo di alcune parti marmoree. Il convento venne eretto nel 1577 contemporaneamente alla chiesa e ha subito anch'esso i numerosi rimaneggiamenti barocchi tra il XVII secolo e il XVIII secolo e un restauro intorno al 1836. Il convento è a pianta quadrata con decorazioni in piperno, stucco e pavimento in ceramica; i corpi di fabbrica si elevano per tre piani e hanno balconate sporgenti in piperno. Al centro è presente un chiostro di sette arcate per sei che racchiude un giardino, articolato per mezzo di pilastri ed archi in muratura, senza alcuna decorazione. Il convento con l'annesso chiostro è stato adoperato come ambientazione della miniserie televisiva 'O professore. La torre è posizionata a sud-ovest del chiostro. Essa venne realizzata in un primo momento nel 1629 e rifatta prima del 1680. Si eleva per cinque piani ed ha una pianta rettangolare; presenta marcapiani, finestre sormontate da timpani e, all'ultimo piano, dove è allocato l'orologio, ci sono lesene ad angolo. Alla sommità si trova un piccolo campanile. Attualmente la torre è in cattivo stato di conservazione a causa della presenza di piante infestanti e dell'incuria degli stucchi dei cornicioni e delle decorazioni. Si ritiene che al di sotto della struttura conventuale siano situate le catacombe di San Vito (dette anche catacombe della Vita), la cui testimonianza ci è pervenuta dal canonico Carlo Celano nel XVII secolo. Tuttavia del sito si sono perse le tracce e ogni tentativo di individuarla finora è stato vano. Italo Ferraro, Napoli: atlante della città storica, volume 5, CLEAN, 2007 Gennaro Aspreno Galante, Guida sacra della città di Napoli, 1872 Chiese di Napoli Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Santa Maria della Vita Foto della chiesa (prima dei restauri)