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Specola di Padova

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La Specola Padua
La Specola Padua

La Specola di Padova è la sede dell'Osservatorio Astronomico di Padova, una delle più importanti strutture di ricerca dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Nato come gabinetto universitario nel 1767, l'Osservatorio divenne ente giuridico autonomo nel 1923, per confluire infine nell'INAF nel 2001. La Specola fu realizzata trasformando e riadattando interamente la torre principale del Castelvecchio, la cosiddetta Torlonga. È alta 49,59 m (53,30 m con l'antenna parafulmine) per 252 gradini (dati dallo spaccato nord della torre Specola eseguito da Giovanni Silva nel 1911). La Torlonga era un'antica torre di difesa medievale edificata nel IX secolo d.C. Fu risistemata da Ezzelino III da Romano nel XIII secolo ed è legata alla fama di crudeltà di quest'ultimo: fu infatti prigione e sala di tortura per i nemici del tiranno, caduto il quale il castello fu abbandonato. Nella seconda metà del Trecento, i Carraresi, nuovi signori di Padova, edificarono il nuovo castello sui resti del preesistente, in parallelo al corso del Bacchiglione. In un'antica veduta della città di Padova è raffigurato colorato a quadri bianchi e rossi (Giusto de' Menabuoi nella Basilica di Sant'Antonio di Padova). Con la costruzione della cinta muraria cinquecentesca il castello e la torlonga persero la loro funzione militare e caddero in abbandono. Infatti, nel Settecento l'antica fortezza, in gran parte cadente, veniva chiamata "Castel Vecchio" e da tempo era stata destinata a magazzino di granaglie, di paglia, di fieno, deposito di armi e munizioni. Nel 1761 il senato veneziano decretò l'istituzione di un osservatorio astronomico per l'Università padovana. Il progetto fu voluto dall'abate Giuseppe Toaldo che assieme all'architetto Domenico Cerato di Vicenza utilizzò l'esistente torrione, aggiungendovi alla sommità la sala di accesso alle torrette d'osservazione. I lavori, condotti su progetto di Domenico Cerato, contemplavano la creazione di due osservatori distinti, ognuno adatto a svolgere una precisa funzione. Sulla sommità della torre sarebbe stato costruito l'osservatorio superiore, un ambiente ottagonale dotato di alte finestre per consentire, dall'interno della sala, l'osservazione del cielo a 360 gradi. Gli strumenti, tutti dotati di montatura con ruote, potevano infatti essere spostati nella terrazza circostante, più ampia verso sud perché l'orizzonte sud è la direzione privilegiata per le osservazioni astronomiche nell'emisfero boreale. A circa 16 m di altezza sarebbe stato costruito l'osservatorio inferiore, una sala progettata appositamente per eseguire le osservazioni al meridiano celeste. Qui infatti fu realizzata la linea meridiana, fondamentale per determinare l'istante esatto del mezzogiorno locale, e qui fu installato il grande quadrante murale che serviva per osservare il passaggio degli astri al meridiano celeste. A testimonianza della trasformazione della torre-prigione in un luogo dedicato agli studi astronomici fu incisa una lapide sopra la porta a pianterreno della torre quando i lavori furono ultimati nel 1777. Dal settembre 1772 all'agosto 1773 la sala ottagonale dell'osservatorio superiore venne affrescata dal pittore vicentino Giacomo Ciesa con soggetti di carattere astronomico ideati da Toaldo. Settecento, e fino ai primi anni dell'Ottocento, l'accesso alla Specola avveniva dall'attuale piazza Castello. Nel 1773, prima ancora che i lavori della Specola fossero finiti, Toaldo ottenne il permesso di collocare un parafulmine. Quello della Specola fu la prima installazione di un parafulmine installato su un edificio pubblico nella Repubblica di Venezia (l'invenzione era stata fatta da Benjamin Franklin nel 1750), una decisione presa con la consulenza del professore ginevrino Horace-Bénédict de Saussure, di passaggio per Padova. Nel 1777 la Specola di Padova venne infine completata come edificio, ma altrettanto non si poteva dire del corredo strumentario. L'acquisizione degli strumenti avvenne a varie riprese; nel 1779, dopo un viaggio per nave dall'Inghilterra a Venezia, poi in battello dalla città lagunare sino all'Osservatorio, arrivò un grande quadrante che venne fissato al muro appositamente predisposto e orientato con grande precisione lungo l'asse nord-sud all'interno della sala meridiana. Nel complesso il corredo strumentario della Specola, verso la fine del Settecento, era formato da quadranti, cannocchiali rifrattori, orologi a pendolo, e altri strumenti per la misura delle coordinate celesti come lo strumento dei passaggi e la macchina parallattica. Il 25 luglio 1806, Napoleone emanava il decreto con il quale veniva conservata l'Università di Padova, e con essa anche l'Osservatorio. Con l'entrata in guerra dell'Italia il 24 maggio 1915, Padova, dopo Udine, divenne la sede del Comando supremo delle forze armate: furono requisiti dal Comando generale gli apparati telegrafici in uso all'Osservatorio per il servizio dell'ora; nel 1916 fu requisita la torre per il servizio di avvistamento degli aerei nemici. Direttore della Specola era in quegli anni Antonio Maria Antoniazzi. I locali dell'Osservatorio furono riconsegnati all'università di Padova nel 1919. Con la costruzione della succursale di Asiago nel 1942 (Osservatorio astrofisico di Asiago) e il suo sviluppo negli anni successivi (Stazione osservativa di Asiago Cima Ekar), la torre della Specola non fu più usata per compiere osservazioni astronomiche. Alcuni locali furono invece trasformati per collocarvi la biblioteca antica e l'archivio. Nel 1994 l'Osservatorio di Padova, giuridicamente autonomo dal 1923, presentò domanda al Ministero delle finanze per poter acquisire un nuovo edificio, la cosiddetta Casa del Munizioniere del Castelvecchio, che era divenuta infermeria del carcere sotto il dominio austriaco. Nello stesso anno il consiglio direttivo deliberò l'istituzione della sezione museale dell'Osservatorio, con la denominazione di "Museo La Specola". L'acquisizione dei nuovi spazi, avvenuta qualche anno più tardi, permise poi all'Osservatorio di ampliare il percorso museale e di destinare interamente la torre a museo. Dal 1994, quindi, il Museo La Specola, conserva, restaura ed espone gli strumenti di osservazione utilizzati dagli astronomi padovani nel corso dei 250 anni della loro storia. Castello di Padova Mura di Padova Storia di Padova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla Osservatorio e museo "La Specola" INAF - Osservatorio Astronomico di Padova, su oapd.inaf.it. URL consultato il 16 giugno 2017 (archiviato dall'url originale il 26 marzo 2021). INAF-Osservatorio Astronomico di Padova, Museo La Specola, su beniculturali.inaf.it.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Specola di Padova (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Specola di Padova
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La Specola Padua
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Luoghi vicini

Castelvecchio (Padova)
Castelvecchio (Padova)

Il Castelvecchio, anticamente definito Castello della Torlonga ma oggi conosciuto anche come Castello di Ezzelino, o Castello Carrarese o ancora Castello di Padova, è una fortificazione di origine altomedievale posta sulla biforcazione del Bacchiglione dove si divide in Tronco Maestro e Naviglio interno. Deve le attuali caratteristiche alla signoria dei Da Carrara. Durante il XIX secolo e il XX secolo venne in gran parte utilizzato come prigione statale mentre il mastio, la Torlonga, è dal XVIII secolo la Specola cittadina. La fortezza un tempo era chiamata Castello della Torlonga. Assunse il nome di Castelvecchio quando si iniziò a costruire il Castelnuovo dopo il 1513. In età romantica fu chiamato Castello di Ezzelino per il fascino sinistro evocato dal tiranno. Oggi, con la riscoperta culturale della signoria dei Da Carrara, è frequentemente definito Castello Carrarese. L'area antistante l'edificio è Piazza Castello: in età veneziana fu luogo di esercitazioni militari e di esecuzioni capitali. La struttura del castello attuale è l'evoluzione di un sistema difensivo di origine altomedievale che aveva nella Torlonga (la torre-longa) il suo fulcro: costruita nel IX secolo nella strategica area in cui il Bacchiglione andava dividendosi (punto già occupato da fortificazioni di età romana) fu citata per la prima volta nel 1062. La torre, tra il X secolo ed il XI secolo, fu circondata da una breve muraglia che la proteggeva verso la città. Questo mastio fu poi inglobato alla cinta muraria di età comunale; lì vicino, verso ponente, si aprì una porta urbica. Rimangono invece tracce del castello fatto costruire da Ezzelino III da Romano, tiranno della città dal 1237 al 1256: la più notevole è la Torlonga, la maggiore delle due torri del castello. Il Castello fungeva da perno difensivo della cinta muraria duecentesca. Il 1237 è l’anno in cui iniziano i lavori di costruzione del Castello. Per edificare la grande fortezza nei pressi di San Tomaso, occorrevano decine di migliaia di mattoni, ma la produttività delle fornaci del tempo era assai limitata. Di conseguenza furono utilizzati materiali provenienti dalla demolizione di imponenti e belle case patrizie delle famiglie che si inimicarono Ezzelino III. Privata di ben dieci edifici per questo scopo, Padova rimase deturpata. Ma ben presto si capì che il Castello non era destinato solo allo scopo difensivo. A partire dal 1241, Ezzelino pianificò la repressione dell’opposizione guelfa e così iniziò a segregare i prigionieri nei sotterranei del nuovo Castello. Più che prigioni queste furono “tombe per i vivi”. Anche le due torri del castello vennero progettate come orribili prigioni dove i padovani erano destinati a morire di fame. Vennero chiamate Zilie perché il loro architetto fu Zilio Milanese, anch’esso poi prigioniero lì dentro. Una torre guardava la città e l’altra la campagna. Quest’ultima esiste tuttora ed è l’attuale Specola. Nel 1256 i crociati entrarono a Padova per volere di Papa Alessandro IV e occuparono la città. Il Castello resistette per tre giorni, dopodiché fu dichiarata la fine del breve periodo di tirannia di Ezzelino III da Romano. Caduto il tiranno, le fortificazioni furono abbandonate fino alla signoria dei Carraresi. Nel 1374, questi fecero ricostruire il castello includendo le due torri che dipinsero a scacchi bianchi e rossi. Il Castello venne collegato alla Reggia Carrarese dal “traghetto”, un passaggio sopraelevato che aveva la funzione di collegare i centri del potere politico e militare. Questa via di fuga poteva essere utilizzata solo dai provisionati e dal Principe e venne fatta costruire da Umbertino da Carrara negli anni compresi fra il 1343 e il 1345 (anno della sua morte). Francesco I da Carrara detto Il Vecchio fu signore di Padova quando venne ricostruito il castello e, infatti, governò dal 1350 al 1388, promuovendo una politica di espansione. Con la costruzione delle mura rinascimentali ad opera di Bartolomeo d'Alviano il valore strategico del castello fu ridotto a zero. La Repubblica di Venezia vagheggiò anche la costruzione di un Castelnovo sul versante est delle mura, ma di questo progetto rimangono solo alcuni bastioni. Nel 1777 fu ultimata la trasformazione della Torlonga in Specola per le osservazioni astronomiche. I resti del castello ebbero successivamente usi diversi (osservatorio astronomico, prigione, ecc.). In particolare il castello ha avuto funzione di prigione fino al secondo dopoguerra. L'Amministrazione carceraria padovana ha tuttora alcuni uffici in Piazza Castello. Mura di Padova Specola di Padova Storia di Padova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Castelvecchio Sito sul restauro del Castello Carrarese, su castellocarrarese.it. URL consultato il 10 settembre 2007 (archiviato dall'url originale il 9 novembre 2007). Il castello di Padova, su muradipadova.it, Comitato Mura di Padova (archiviato dall'url originale il 13 novembre 2017).

Chiesa delle Dimesse
Chiesa delle Dimesse

La chiesa di Santa Maria Assunta delle Dimesse più conosciuta come chiesa delle Dimesse è un edificio religioso sei-settecentesco che si erge in contrà delle Dimesse a Padova. La chiesa fa parte del Collegio delle Nobili Dimesse fondato nel 1615. Una prima piccola Chiesa fu costruita nel 1617 per volontà della fondatrice del Collegio (che ebbe il suo inizio ufficiale l'11 maggio 1615), Madre Maria Alborghetti. Il 17 gennaio 1617 il vescovo di Padova Marco Cornaro visita la chiesetta e constata "... la decenza e l'eleganza di quanto era necessario per celebrare il Divin Sacrificio". Nel 1732 le Dimesse ottengono il permesso di tenere il Santissimo Sacramento nella chiesetta; fanno erigere l'altare in marmo; il tabernacolo è quello che si trova nella chiesa attuale. Nel 1740 un'inondazione allaga il coro e la Chiesa del Collegio; il 18 febbraio 1756 le Dimesse ottengono la licenza di costruire una nuova chiesa rialzata rispetto alla precedente; il 19 febbraio lo stesso cardinale Carlo della Torre Rezzonico, che diverrà papa con il nome di Clemente XIII, pone la prima pietra del nuovo edificio. Per l'inizio dei lavori mancava la disponibilità di denaro; ma un segreto benefattore offrì duemila ducati. In sei anni l'opera venne compiuta: il direttore dei lavori fu Lorenzo Corrubolo; la nuova chiesa fu consacrata il 5 agosto 1762 dal vicario generale della diocesi di Padova, Alessandro Papafava, vescovo titolare di Famagosta, ed è dedicata a Santa Maria Assunta. Il papa Clemente XIII volendo essere presente alla cerimonia, invia la sua apostolica benedizione dalla Basilica di Santa Maria Maggiore di Roma il 7 agosto dello stesso anno. Le Dimesse ottengono inoltre di poter traslare, dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie dove erano sepolti da 99 anni, i resti mortali di Madre Maria Alborghetti, che vengono posti nella nuova chiesa accanto a quelli di Madre Lucrezia Grimani, che aveva arricchito la Casa delle Dimesse di notevoli ampliamenti dal 1705 al 1756. La costruzione, di architettura neoclassica, comprendeva due ambienti: il coro a sud di forma quadrata e la chiesa a nord, semipubblica, a una navata rettangolare. La facciata sull'attuale via Dimesse, fu eseguita dal lapicida Giambattista Danieletti, su disegno di Daniele Danieletti; semplice, con un armonioso rapporto tra l'ordine corinzio delle paraste e l'alto stilobate, era messa in risalto dalla piccola porta d'ingresso; sul timpano si ergono tre statue: San Giuseppe di Pietro Danieletti, la Madonna col Bambino e sant'Anna dello scultore vicentino Orazio Marinali. Il progetto della Chiesa è di Giuseppe Nicoletti, come attestano i disegni conservati in archivio. L'8 febbraio 1944 alle ore 5 del mattino la Chiesa venne colpita da un bombardamento angloamericano; con il consenso della Pontificia Commissione di Arte Sacra vennero iniziati i lavori di ricostruzione affidati alla ditta Ferraro. Fu lo stesso Patriarca di Venezia Cardinale Carlo Agostini, già Vescovo di Padova, a porre la prima pietra il 12 aprile 1949. La Chiesa venne ricostruita tra il 1949 e il 1952, ripetendo gli stessi stilemi architettonici della precedente; fu consacrata dal Vescovo di Padova Girolamo Bortignon il 4 maggio 1957. La Chiesa esistente è quindi la terza in ordine di tempo, dopo quella fatta costruire da Madre Alborghetti all'inizio del Seicento e la seconda del Settecento. L'interno, a una sola navata, era separato dal presbiterio da un arco, sorretto da colonne di stile ionico di marmo d'Istria. L'altare, di cui si conservano i disegni preparatori, fu ideato da G.B. Novelli, ma venne eseguito da Giambattista Danieletti. Sopra l'altare si trovava un dipinto a olio di Giovanni Antonio Pellegrini, pittore veneziano del Settecento, La fuga in Egitto, in seguito spostato sopra la porta di ingresso esterno. Francesco Maggiotto è l'autore delle due tele delle pareti Le nozze di Cana a sinistra e L'adorazione dei Magi a destra, inserite in due cornici di marmo di Carrara. L'Ascensione dello stesso autore si trovava sul soffitto del coro, ma fu distrutto dal bombardamento del 1944, insieme al coro stesso. L'altare era ornato di rilievi e di incrostature di marmo rosa africano su marmo di Carrara; il tabernacolo, proveniente dalla prima chiesetta, era ornato di colonnine con capitelli corinzi, basi dorate, nicchiette con angeli e piccole statue. Dopo il bombardamento del 1944, l'interno riprende lo stile precedente ad un'unica navata; il presbiterio viene alzato di tre scalini e termina con un'abside semicircolare, nella quale è inserito l'altare con il Santissimo, 1972, in armonia con quanto indicato dal Concilio Vaticano II. La mensa per l'Eucaristia è in legno; si è riutilizzato un paliotto pregiato, lavorato con argento e oro da Angelo Scarabello nel 1792, con la rappresentazione al centro de La cena dei discepoli di Emmaus e arabeschi all'intorno. Nella navata, più ampia, hanno preso posto altre due tele, sempre inserite in cornici di marmo di Carrara: a destra Annunciazione di Bartolomeo Tessari, 1706, a sinistra una copia recente della Discesa dello Spirito Santo, tratta da un quadro del Bassano; nel presbiterio a destra pala della Vergine Immacolata con angeli, a sinistra Gesù flagellato e schernito della scuola del Bassano. Dove sorgeva il coro, vi è ora la Cappella dedicata alla Madonna dell'umiltà; l'altare è settecentesco, in marmo rosso chiaro e pietra tenera, e la pala con l'icona della Madonna dell'Umiltà è opera della padovana Rina Maluta del 1931. Il crocifisso antico si trova sulla parete destra della Cappella. Papa Clemente XIII Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa delle Dimesse Dimesse a Padova. 400 anni di presenza a Padova delle Suore Dimesse Figlie di Maria Immacolata, su collegiodimesse.it. URL consultato il 15 maggio 2020.

Chiesa di Sant'Anna (Padova)
Chiesa di Sant'Anna (Padova)

La chiesa di Sant'Anna è un edificio di origine medievale che fu luogo di culto sino alla fine del XIX secolo. Si affaccia su contrà sant'Anna ora via Sperone Speroni a Padova. Fu la chiesa del vicino monastero delle monache benedettine ora sede dell'istituto tecnico "Belzoni-Boaga". La chiesa è menzionata in documenti del XII e XIII secolo. Fu poi ricostruita nel 1303 da un certo Compagnino per conto di alcune monache domenicane che vi costruirono accanto un monastero con chiostro. Alle domenicane subentrò nel 1459 una nutrita comunità di monache benedettine che la ressero sino agli inizi dell'Ottocento quando, a causa delle leggi ecclesiastiche napoleoniche, il monastero fu requisito. Le monache furono spostate a San Benedetto Novello e le strutture convertite in casa di ricovero. La chiesa di Sant'Anna fu officiata ancora per un qualche tempo, poi finì suddivisa in aule per accogliere l'istituto tecnico "Belzoni-Boaga" che ancora oggi vi insiste. Nella chiesa era sepolto il giovane artista padovano Luigi Benetello, morto a ventun'anni, nel 1555. La chiesa si innalza sull'angolo tra via Sperone Speroni e via Santa Rosa. La facciata, rivolta a settentrione, ancora ben individuabile: si innalza su un portico aperto da tre fornici retti da pilastri e colonne: sopra un timpano è marcato da una leggera modanatura. La fiancata lungo via Santa Rosa è alterata dalle numerose aperture aperte dopo la chiusura al culto della chiesa. A ponente si affiancano ancora le strutture del monastero col bel chiostro quattrocentesco. Sino agli inizi del Novecento si innalzava ancora il campanile. L'interno, ora stravolto, era ampio 15 metri in lunghezza e largo 9: sull'altare maggiore vi era la pala di Domenico Campagnola La Vergine col Bambino, sant'Anna e san Pietro apostolo ed altri santi ai lati Nascita della Vergine e Presentazione al Tempio di Guy Louis II Vernansal. Nella sacrestia stava un quadretto raffigurante san Gerolamo che nel settecento attribuivano ad Albrecht Dürer e una tela di Giovanni Battista Bissoni L'angelo addita a Cristo un fanciullo. All'ingresso sono ancora visibili le colonne marmoree e le volte che sostenevano il coro pensile della monache "il barco" che nel 1866 fu occupato un organo di Angelo Agostini che finì nel 1886 (forse in occasione della chiusura al culto della chiesa) nella parrocchiale di Lozzo di Cadore. Giovambattista Rossetti, Descrizione delle pitture, sculture, ed architetture di Padova, in Padova 1780 Stamperia del Seminario Giannantonio Moschini, Guida per la città di Padova, Atesa editrice AA.VV., Padova Basiliche e chiese, Neri Pozza Editore Giuseppe Toffanin, Le strade di Padova, Newton e Compton Editori Giuseppe Toffanin, Cento chiese padovane scomparse, Editoriale Programma AA.VV., Padova, Medoacus Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Sant'Anna

Chiesa di Santa Maria del Torresino
Chiesa di Santa Maria del Torresino

La chiesa di Santa Maria del Pianto, conosciuta più come chiesa di Santa Maria del Torresino o chiesa del Torresino è un edificio religioso che chiude solennemente la strà del Vanzo ora via Seminario a Padova. La chiesa attuale, principiata nel 1718 secondo progetto di Gerolamo Frigimelica, sostituisce un più antico oratorio sorto accanto ad un "torresino", una torre della vecchia fortificazione intermedia poi demolita, che recava la raffigurazione della Vergine che intorno al 1450 compì alcuni miracoli. L'edificio è una delle più alte espressioni del tardobarocco veneto settecentesco. La chiesa è parrocchiale, appartenente al vicariato della Cattedrale. L'attuale edificio risale al secondo decennio del XVIII secolo e fu concepito come santuario mariano, grazie a Daniele Tebaldi, membro della confraternita di Santa Maria della Pietà e stampatore nella vicina tipografia del Seminario, istituita nel 1670 dal vescovo Gregorio Barbarigo. Tebaldi propose l'ampliamento della struttura quattrocentesca, risalente al 1479 e che conteneva la venerata immagine della Pietà, su disegno del conte Girolamo Frigimelica, architetto padovano impegnato in quegli anni nel cantiere della Cattedrale. Il progetto nasce tra il 1718-1719, ma i lavori iniziarono nel 1720 e terminarono nel 1726, anno dell'officiatura della Chiesa.Nel 1808 avvenne la trasformazione da Santuario a Chiesa Parrocchiale, in sostituzione della vicina Chiesa di san Michele Arcangelo, che venne parzialmente demolita e con ciò venne a perdere progressivamente il suo ruolo di centro devozionale; nel 1925 la demolizione dell'antica canonica, per far proso alla via Marin, comportò gravi problemi strutturali, risolti con il restauro effettuato tra il 2003 e il 2004. il nome "Torresino" deve il suo nome all' immagine della Pietà inserita in una delle torri di vedetta delle mura medievali che qui passavano, in prossimità del canale delle Acquette. Il progetto fu condizionato dalla volontà di mantenere la collocazione originaria dell'immagine sacra da sempre oggetto di venerazione. I vincoli in particolare erano due: il primo era l'individuazione di un'area che doveva scostarsi di poco dal luogo del miracolo; il secondo l'ubicazione dell'immagine della Pietà che doveva godere di una posizione privilegiata all'interno del nuovo edificio. Di qui la scelta della pianta centrale, secondo un modello che risale agli edifici tardoantichi costruiti intorno ad un sepolcro monumentale (i martyria) poi ripreso nel Rinascimento. I lavori di abbellimento proseguirono nel corso del Settecento e solo nel 1753 il Cardinale Carlo Rezzonico , vescovo di Padova e futuro Clemente XIII, presiedette all' ufficiale consacrazione della Chiesa. Nel 2012 la piazzetta antistante la chiesa è stata intitolata a Francesco Canova, medico e docente universitario, fondatore della nota organizzazione non governativa Medici con l'Africa Cuamm. Il gusto scenografico e ricco di simbologia del Torresino è debitore dell'attività del genovese Filippo Parodi, ideatore della Cappella delle Reliquie nella Basilica del Santo. Frigimelica mitiga l'esuberanza barocca recuperando in parte anche la tradizione rinascimentale di Andrea Palladio con una facciata a fronte di tempio con semicolonne corinzie intervallate da tre portali sormontati da finestroni; alcuni elementi ricordano l'idea della "torre" e rimandano all' originaria collocazione dell'immagine venerata: il tiburio merlato che corona la cupola, nascosta, e il campanile a torretta. La facciata è coronata da un timpano decorato con altorilievo attribuito a Francesco Bonazza "Gesù in pietà tra angeli". Dello stesso artista le statue sopra lo spiovente del timpano: da sinistra Maria, San Giovanni evangelista, la Croce di Cristo sostenuta da angeli, Santa Maria Maddalena e san Longino. L'interno è caratterizzato dalla solennità delle strutture con l'alternanza dell'uso della pietra tenera di Costozza e l'intonaco bianco. L'atrio rettangolare si inserisce nel volume centrale attraverso un grandioso arco a tutto sesto al cui centro si erge il presbiterio sopraelevato delimitato da otto colonne corinzie binate che sorreggono l'alto tamburo sopra il quale si innesta la cupola racchiusa nella torretta. Nell'atrio tele di Giulio Cirello e Guy Louis Vernansal a sinistra, a destra fonte battesimale e un Crocifisso processionale del XVIII secolo. Nelle nicchie dell'atrio due statue in pietra di Costozza di Tommaso Bonazza: a sinistra la Fede e a destra la Religione. Lungo tutto l'emiciclo della chiesa sono collocate entro nicchie le Virtù mariane scolpite in pietra di Costozza negli anni quaranta del settecento dal maggior esponente della famiglia Bonazza, Antonio: da sinistra la Pazienza, la Prudenza, la Verginità, la Purezza, l' Umiltà, la Carità, la Castità, l' Innocenza; alle nicchie si alternano le quattordici tele della Via Crucis dipinte da ignoto artista parigino; l'opera risale al 1722, come riportò l'erudito Pietro Brandolese alla fine del settecento. Nell'aula circolare si innestano tre cappelle: nella cappella di destra si trova l'altare dedicato alla Natività di Maria che ospita una pala di Guy Louis Vernansal; nella cappella sinistra altare della Natività di Gesù con pala di Guy Louis Vernansal; nella cappella centrale è collocato l'altare maggiore con il lacerto d'affresco della Pietà; ai lati due sculture in pietra di Costozza: a sinistra San Giovanni evangelista e a destra Santa Maria Maddalena di Giovanni Bonazza. L'altare maggiore è allineato con l'area presbiteriale, ripensata completamente dall'arch. Carlo Scarpa a partire dal 1975 fino al 1979, dopo la sua morte, con il rifacimento della pavimentazione con tessere ad "elle" che si uniscono formando riquadri diversi e il nuovo altare rettangolare in acciaio e bronzo ricoperto da una lastra di marmo proveniente dall'Algeria meridionale con inserti fossili. Le formelle del pavimento sono racchiuse in cornici di marmo bianco di Carrara. Il tamburo sopra il presbiterio è decorato a monocromo da ignoto con scene della vita di Gesù nei pennacchi; nell'ordine superiore si scorgono quattro profeti: Mosè, Isaia, Daniele e Davide. Dall' atrio si accede alla cappella invernale, già sacrestia, con tela dell' Eterno Padre, mentre sulla parete sinistra è posto un bassorilievo ligneo del 1940 di Amleto Sartori, riproducente la Pietà. Si trova inoltre una statua lignea settecentesca di san Francesco di Paola e un San Cristoforo in legno dipinto del XV secolo; sulla parete una serie di interessanti tavolette in legno dipinto del XVI e XVII secolo, probabili elementi decorativi di un soffitto a cassettoni. Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Santa Maria del Torresino Sito ufficiale, su parrocchiadeltorresino.it.

Palazzo Mussato

Palazzo Mussato è un edificio civile di Padova, sito nel centro storico della città. Il palazzo fu rifabbricato su preesistenze probabilmente medievali sulla strada di Concariola (edifici già citati nel 1685 da Giulio Mussato "casa dominicale in Padova di Concariola con l'altra casa e stalla dirimpetto") in seguito all'investitura della corona regia e del titolo di conte palatino dell'Alvise Mussato, avvenuta nel 1712 e mossa dall'imperatore Carlo VI. L'opera fu voluta dal marchese Vitaliano e poi compiuta dal figlio Galeazzo. Il progetto fu del conte Gerolamo Frigimelica. La costruzione coronò l'ascesa della famiglia che culminò con la seduta nel Maggior Consiglio di Giulio Antonio e il di lui matrimonio con Lucrezia, figlia di Sebastiano Giustiniani, avvenuto il 22 settembre 1778. Con la morte dell'ultimo erede Alvise nel 1849, la fastosa abitazione fu acquistata all'incanto dal comune di Padova per un "prezzo moderatissimo" di 36.600 lire austriache. La collezione dei Mussato (25 tele, tra cui 6 paesaggi di Giuseppe Zais e 70 gessi) fu portata al Palazzo Comunale ad opera di Andrea Gloria che ne fece uno dei fondi fondamentali per la formazione del futuro Museo Civico agli Eremitani. La struttura divenne caserma e poi sede distaccata di alcuni istituti cittadini per divenire nel 1940 Scuola Media Statale "Francesco Petrarca". Se all'esterno si mantenne uno stile austero e severo in linea con la tradizione patavina, all'interno la famiglia volle per il piano nobile decorazioni e rifiniture di primissimo livello, che andassero ad accogliere la collezione antiquaria e la quadreria. Gli affreschi furono probabilmente commissionati a Francesco Zugno e Giambattista Crosato, Giambattista Canal, Francesco Zanchi. Ne risultò una delle più compiute testimonianze dell'arte abitativa patrizia a Padova nel Settecento. La famiglia Mussato era nota per il vizio del giuoco d'azzardo, tanto che fecero porre sulla facciata interna del palazzo una lapide, ancora presente, che ammoniva i famigli al trattenersi dal giocare d'azzardo, con la pena dell'esclusione dall'eredità. Paola Piatta Cingano Ca' Mussato: da nobile dimora a sede scolastica in "Padova e il suo territorio" Aprile 1997

Palazzo Selvatico Luzzato Dina
Palazzo Selvatico Luzzato Dina

Palazzo Selvatico Luzzato Dina (o palazzo Luzzatto Dina) è la sede del Dipartimento di Scienze storiche e Geografiche dell'antichità (Dissgea) dell'Università degli studi di Padova. La struttura è stata per molto tempo la sede di una serie di illustri proprietari: il primo di questi fu Antonio Selvatico. L'acquisizione dell'immobile, appartenuto precedentemente al nobile padovano Stefano Mota, è datata 6 maggio 1406 . Il Palazzo rimase di proprietà della famiglia Selvatico per tre secoli ma la casa originaria non presentava gli edifici attuali. Nel corso del 1553 Bartolomeo Selvatico acquistò una residenza adiacente a quella di famiglia, un tempo appartenuta a Francesco Petrarca lungo l'attuale via Dietro Duomo (che costeggia il retro del Duomo di Padova), insieme all'orto annesso. Nel 1588 il fratello Girolamo comprò un altro pezzo di terreno, in angolo con l'odierno Vicolo Estense. Tutti questi edifici vennero unificati dal più noto esponente della famiglia Selvatico, il medico Benedetto Selvatico (1574-1658), il quale diede un contributo notevole alla realizzazione del complesso attuale. I lavori iniziarono nel 1610 con l'ampliamento della casa costruendo le grandi sale del piano nobile che corrisponde all'attuale Biblioteca di Storia e commissionò la ricostruzione della facciata principale conferendogli la struttura attuale. Tuttavia, per ricavare ulteriori attestazioni riguardanti la modifica della residenza, bisogna attendere il biennio 1616-18. In quegli anni vennero apportate delle modifiche con il rinnovamento della scala delle cantine, della stanza “prima da basso”, l'aggiunta di una uccelliera, di una fontana, ed infine la sistemazione del giardino. L'intervento di più ampia portata si ebbe nel corso del 1622 con la costruzione di una palazzina “dietro Duomo” che sostituì la casa addossata a sud al cugino Sperindio Selvatico, la quale si trovava all'angolo con via San Giovanni delle Navi (attuale via Vescovado). Lo stabile, in quell'anno, venne collegato alla casa grande attraverso un “coridor”, ovvero un ballatoio posto lungo la casa di Sperindio. Inoltre, con il consenso del cugino, Benedetto poté portare alla realizzazione di una facciata su via Giovanni delle navi dando un aspetto unitario, anche se internamente le abitazioni rimasero divise. La data ultima di ristrutturazione del complesso è datata 1627, da quell'anno non sono risultati altri lavori di ristrutturazione o di ampliamento del palazzo complice, probabilmente, l'arrivo della peste nel corso del 1631. Si dovette attendere il 1640 per avere ulteriori cambiamenti all'interno della casa, infatti, in quell'anno, il patrimonio venne diviso tra Benedetto, che mantenne la palazzina, e i nipoti Alvise e Antonio, figli del fratello Francesco, ai quali cedette la parte del palazzo di fronte a via San Giovanni delle navi. Con questa divisione Benedetto pensava di mantenere un'unione nel tempo all'interno della famiglia, in realtà fu l'inizio dei numerosi liti che, alla morte di Benedetto, ebbe come risultato la divisione della residenza. Nel corso del 1668 arrivò a palazzo, oltre i già citati Alvise e Pietro, Antonio il terzo fratello che portò ad un'ulteriore suddivisione del patrimonio. A partire dal 1693 si inaugurò, in occasione del matrimonio di Benedetto II Pietro Alvise Selvatico, figlio di Benedetto Alvise, una campagna decorativa degli interni del palazzo e la realizzazione di una scuderia di fianco all'attuale Palazzo Jonoch Gulinelli. Dopo un'ulteriore divisione dei beni tra i due fratelli, non vi furono altri restauri alla casa almeno fino al 1783. Con Benedetto Selvatico, figlio di Alvise e nipote di Benedetto II, si inaugurò una seconda campagna decorativa del palazzo e la costruzione di un appartamento a nord della palazzina "dietro Duomo". La realizzazione dell'edificio fu commissionata dal fratello Benedetto Giovanni Andrea, canonico della Cattedrale. Benedetto Giovanni inoltre, diede con un contributo notevole per la costruzione della cosiddetta “Stanza delle vedute prospettiche” nella palazzina a fianco. Nel 1738, grazie al matrimonio tra Alvise, figlio di Benedetto II e della marchesa Maddalena Frigimelica, la famiglia cominciò a spostarsi verso un'altra loro residenza di maggior interesse: il palazzo Frigimelica in via dei Tadi, acquisito proprio dall'unione tra i due nobili. La divisione del 1788, successiva al completo sposamento della sede in via dei Tadi, ebbe il merito di ridurre i proprietari del palazzo e, di conseguenza, il numero di appartamenti in cui quest'ultimo era stato a lungo diviso: lo testimoniano sia la divisione tra i soli Benedetto Pietro e Benedetto Bartolomeo Selvatico risalente al 1790, sia, vent'anni dopo, il catasto napoleonico. Nel corso dell'Ottocento, dopo la dominazione napoleonica il palazzo passò nelle mani di Pietro selvatico Estense, figlio di Bartolomeo, il quale nel 1852 venderà ai fratelli Beniamino e Pellegrino Dina. I due fratelli non avendo eredi lasciarono ai figli della sorella Enrichetta, sposata con Giacobbe Luzzato (o Luzzatto), il patrimonio e il loro cognome. Lo stabile da quel momento è noto come Palazzo Luzzato Dina. Il palazzo nel 1989 venne donato all'Università da Augusta Luzzato Dina, la quale non avendo eredi, dopo la morte del suo unico figlio Pier Galeazzo nel 1946, decise di offrire il patrimonio storico-architettonico del palazzo all'Ateneo di Padova. La residenza della dinastia Selvatico divenne dopo due restauri, il primo nel 1995 e il secondo nel 2003, la sede del Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell'Antichità di Padova (Dissgea). Patavina libertas: una storia europea dell'Università di Padova (1222-2022), Padova, 2021. G.Bresciani Alvarez, L 'architettura civile del Barocco a Padova, in Padova, Case e palazzi, Vicenza, Neri Pozza Editore, 1977. D. Tosato, Palazzo Selvatico, Buzzacarini, in Affreschi nei palazzi di Padova. Il Sei e Settecento, a cura di a cura di V. Mancini, A. Tomezzoli, Verona, D. Ton, Scripta Ed, 2018. A. Franceschi, Selvatico, vicende familiari e patrimoniali, «Padova e il suo territorio», agosto 2005. ASPD, Archivi Privati, Famiglia Selvatico Estense. A. Franceschi, Selvatico, vicende familiari e patrimoniali, «Padova e il suo territorio», vol. 20, agosto, 2005. Augusta Luzzato Dina Università degli Studi di Padova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo Selvatico Luzzato Dina Sito ufficiale, su bibliotecastoria.cab.unipd.it. Biblioteca di storia (CAB) Il Palazzo Luzzato Dina dal sito del Dissgea

Chiesa di San Luca Evangelista (Padova)
Chiesa di San Luca Evangelista (Padova)

La chiesa di San Luca Evangelista è un edificio religioso di origine medievale che sorge in via XX Settembre, nel centro storico di Padova. Originariamente era dedicata ai dodici apostoli. Una chiesa dedicata ai dodici apostoli fu costruita nel 1174 per volere del beato Cresenzio da Camposampiero a sostituzione di una costruzione più antica, demolita per lasciar spazio alla cinta muraria cittadina. In occasione dell'inventio (ritrovamento) presso la basilica di Santa Giustina del corpo di san Luca (19 marzo 1177), la chiesa fu titolata all'Evangelista. Questo edificio fu abbattuto per ordine del principe Jacopo I da Carrara nell'anno 1320 e si iniziò poi la costruzione dell'attuale chiesa che venne consacrata il 18 ottobre 1381. In questo periodo probabilmente fu elevata a parrocchia. La costruzione tra i secoli XVII e XVIII subi svariati interventi di adeguamento che ne alterarono l'originale orientamento ponente-levante. Come riporta il Rossetti, nel 1778 fece scalpore il ritrovamento di un antico affresco "di mano giottesca" sulla quale era stato posto uno scanno. Nel 1807 a causa delle leggi napoleoniche la parrocchia fu soppressa e l'edificio fu chiuso al culto. Il 2 luglio 1815 la chiesa fu riaperta come sussidiaria della nuova parrocchia di Santa Maria dei Servi. Attualmente è rettoria affidata alla comunità greco-cattolica che vi celebra la divina liturgia per la quale la chiesa è stata liturgicamente adeguata. La chiesa era sede della Confraternita dei Pittori. Il 6 maggio 1655 vi fu battezzato Bartolomeo Cristofori, celebre cembalaro e inventore del fortepiano. L'edificio è ora orientato nord-sud, ma è ancora possibile leggerne l'originario orientamento levante-ponente dal paramento murario esterno, da cui sporge la facciata seicentesca di ordine ionico che si affaccia su uno spazio recintato, già area cimiteriale. La facciata è adornata dalle statue della Vergine (al vertice) Sant'Antonio e San Francesco. Sulla parete sono poste due lapidi: una ricorda la riapertura la culto della chiesa nel 1815, l'altra, il battesimo di Bartolomeo Cristofori. Lo spazio è misurato, a croce greca. I vani con altari contigui al presbiterio furono aperti nel 1834. In controfacciata, la cantoria ospita un organo Pugina. A sinistra, si trovava un dipinto raffigurante sant'Espedito Martire, trafugato nel 1997 ed ora sostituito da una riproduzione fotografica. Nel braccio sinistro del transetto tela cinque-seicentesca raffigurante San Benedetto consegna la Regola a Sant'Agostino. Seguono poi due tele attribuibili a Costantino Pasqualotto (Gesù asciugato dalla Veronica, Maddalena bacia i piedi di Cristo). Sull'altare settecentesco è posto l'affresco del secolo XIV ritrovato nel 1778 e restaurato da Francesco Zanoni ed ora attribuito a Giusto de' Menabuoi. Le figure sono coronate da diademi d'argento donati nel 1995 dall'orafo Paolo Bonato. Lungo la parete segue La pietà accostabile all'opera di Bartolomeo Montagna. Vi è poi una teca rococò in legno dorato che racchiude una stampa devozionale antoniana. L'altare di San Giuseppe mostra una tela raffigurante il transito del Santo di Cosroe Dusi celebre autore eclettico ottocentesco che lavorò tra Veneto, Germania e Russia. Sul presbiterio pregevoli tele: L'infanzia della Vergine di Francesco Apollodoro il Porcia celebre ritrattista del suo tempo (iscritto alla confraternita dei pittori che aveva sede nella chiesa), di rimpetto, La Nascita di Gesù di Pietro Liberi. L'altar maggiore è pregevole opera a scaglia di Francesco Corbarelli, lavoro del 1667-68. Sul fronte del tabernacolo è raffigurata L'ultima Cena. Gli angeli ai lati della mensa sono attribuiti a Michele Fabbri l'Ongaro. Sopra, alla parete, di Pietro Damini San Luca con Vergine e santi protettori di Padova pregevolissima opera in cui è pure raffigurata la Torlonga. Copre la mensa un baldacchino barocco con raffigurazione del Padre Eterno del secolo XVII. Le pareti sono decorate da affreschi settecenteschi. L'altare di destra, titolato a santa Teresa del Gesù è adornato dall'opera di Silvio Travaglia, eseguita nel 1925. Sull'arcata della cappella è incastonata l'iscrizione gotica che ricorda la consacrazione dell'edificio. Sul transetto destro si trovano opere di recente fattura, tra cui spicca la pala del Beato Crescenzio, sull'omonimo altare, opera di Dionisio Gardini eseguita nel 1997. Vi è pure una Crosifissione secentesca. Sotto la tela raffigurante santa Filomena di Eugenio Guglielmi, vi è una lapide su cui sono riportati i rettori della chiesa. Sulla cantoria in controfacciata, si trova l'organo a canne della chiesa, costruito dalla ditta Pugina nel 1912. Originariamente a trasmissione pneumatica, nel restauro del 1996 effettuato dalla ditta Leorin, è stato elettrificato ed ampliato, la console, precedentemente posta in cantoria, è stata portata nel braccio destro del transetto. L'organo, attualmente (2012) a trasmissione elettrica, ha un'unica tastiera di 61 note ed una pedaliera concavo-radiale di 32 note. Le canne che compongono la mostra sono disposte in tre cuspide con bocche a mitria allineate. La visita pastorale a San Luca di Mons. Antonio Mattiazzo, Vescovo di Padova. bru-italia.eu, http://www.bru-italia.eu/photos_s50_it.php. Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Luca Evangelista salvalarte.legambientepadova.it, https://web.archive.org/web/20151230231012/http://salvalarte.legambientepadova.it/luca.htm. URL consultato il 17 agosto 2012 (archiviato dall'url originale il 30 dicembre 2015).