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Cantaccio

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Antonio di miniato, tabernacolo del cantaccio, 1415 ca. 01
Antonio di miniato, tabernacolo del cantaccio, 1415 ca. 01

Il Cantaccio è un quadrivio storico di Prato, posto all'incrocio tra via Garibaldi e via dei Tintori. L'origine del toponimo è incerta. Pare che in antico si chiamasse comunemente "Cantone" (letteralmente grosso incrocio), e che fosse uno degli snodi principali della viabilità cittadina, posto fuori da Porta Tiezi e diretto, attraverso il Mercatale al ponte sul Bisenzio. Fu forse la condanna al rogo nel 1255 di due eretici patarini che abitavano in queste vicinanze a far cambiare nome al luogo. Altre ipotesi parlano della presenza di briganti e prostitute nel borgo fuori la porta, oppure della scomodità del passaggio per strade assai affollate e un tempo più ripide e anguste. Il luogo si distingue soprattutto per la presenza di un tabernacolo affrescato, formato da una nicchia trilobata a sesto acuto, dentro la quale si trova l'affresco della Madonna col Bambino in trono e angeli musicanti e Santi sull'arco, opera del 1415 dei fratelli Miniati, in particolare forse di Antonio di Miniato, che si ispirò a un tabernacolo dipinto nel 1391 da Niccolò di Pietro Gerini presso Palazzo Datini. All'angolo opposto, dove oggi ha sede una tabaccheria, sorge il palazzetto Vivorati, che fu costruito nel XIX secolo al posto dell'oratorio dell'Assunta. Cerretelli Claudio, Prato e la sua provincia, Firenze, Giunti, 1996. ISBN 88-09-03425-2 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Cantaccio

Estratto dall'articolo di Wikipedia Cantaccio (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Cantaccio
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Antonio di miniato, tabernacolo del cantaccio, 1415 ca. 01
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Luoghi vicini

Teatro Metastasio
Teatro Metastasio

Il Teatro Metastasio è il teatro stabile della Toscana e ha sede a Prato. La nascita del teatro Metastasio è legata all'intraprendenza del notaio pratese Benedetto Cecconi che nel 1820 si fece promotore di un'iniziativa per la realizzazione di un nuovo teatro a Prato che sostituisse il vecchio Teatro dei Semplici giudicato non più rispondente alla nuova domanda proveniente dai ceti borghesi e popolari della prospera città toscana. Dopo alcuni problemi sia progettuali che nel reperimento dell'area, la vicenda si sbloccò verso la fine degli anni venti con l'incarico del progetto definitivo affidato all'affermato architetto fiorentino Luigi De Cambray Digny e con l'inizio dei lavori nel marzo del 1829. Il teatro venne realizzato in tempi rapidi e venne inaugurato l'8 ottobre 1830 con l'Aureliano in Palmira di Rossini. Il teatro presentava una particolare facciata ad andamento semicircolare perché costruita in curva seguendo l'andamento della strada principale in modo da evitare un orientamento diverso che avrebbe fatto prospettare l'ingresso su vicoli e stradine più angusti. All'interno la sala, a ferro di cavallo, non corrispondeva a quella attuale; 80 palchi erano suddivisi su quattro ordini e dal terzo si accedeva a un ampio salone di rappresentanza; non esisteva la fossa dell'orchestra e da un lato del palcoscenico si aprivano i camerini per gli artisti. L'arredo era in velluto rosso e contrastava volutamente con il bianco e il fregio d'oro della decorazione delle pareti e dei palchi. Le decorazioni pittoriche furono realizzate da Antonio Marini che dipinse a tempera anche il sipario con la scena di Romolo e Tazio nell'atto di unificare il popolo romano con quello sabino. A pochi anni dalla sua costruzione il teatro ebbe bisogno di nuovi interventi: fra il 1850 e il 1852 le stagioni teatrali furono addirittura sospese per risistemare gli scenari, restaurare l'impiantito della platea e sostituire alcune travi del soffitto. Fra il 1867 e il 1869 su progetto dell'architetto Telemaco Bonaiuti venne rettificata la curva della sala, vennero risistemati i camerini degli artisti, e fu realizzato un nuovo ingresso; nel 1871 si procedette alla ristrutturazione del sottopalco per creare due ambienti per gli orchestrali. Nel 1922 poi su progetto di Marcello Piacentini si procedette all'ampliamento del loggione al di sopra del quarto ordine dei palchi. E quindi il palco reale fu modificato per realizzarvi la cabina di proiezione cinematografica. La sempre più costosa gestione del teatro indusse nel 1939 gli Accademici a vendere l'immobile al Comune di Prato che lo cedette in gestione all'Opera Nazionale Dopolavoro. Dopo la guerra, nonostante non avesse riportato particolare danni, cominciò la serie degli interventi volti a rimediare a un suo sempre più evidente degrado: dal 1956 al 1964 il teatro dovette sospendere la sua attività per l'opera di ammodernamento e restauro eseguita su progetto dell'architetto Nello Baroni. Nei decenni successivi il teatro si riscattò con produzioni di grande livello culturale, soprattutto di prosa. Durante gli anni settanta si formarono diversi gruppi di giovani autori, che crearono sotto la supervisione di Luca Ronconi interessanti laboratori che portarono alla formazione e al lancio di attori come Pamela Villoresi, Francesco Nuti, Roberto Benigni e tante illustri personalità del teatro. Dopo nuovi lavori di adeguamento alle norme di sicurezza vigenti realizzati alla metà degli anni ottanta, il teatro è giunto alla redazione attuale grazie ai lavori di restauro eseguiti su progetto dall'architetto Carlo Coppola. Nonostante queste travagliate vicende il Teatro Metastasio ha svolto negli ultimi decenni un ruolo di primo piano a livello nazionale nel teatro d'avanguardia e di produzioni prestigiose. Nel 1998 il Metastasio diventa teatro stabile pubblico nonché riconosciuto come "Teatro Stabile della Toscana". Massimo Castri rimane alla guida del neonato Stabile fino al 2000. Dopo un breve interregno di Renato Borsoni, la direzione passa a Massimo Paganelli (settembre 2000 - aprile 2002), Massimo Luconi (aprile 2002 – aprile 2005), Josè Sanchis Sinisterra (maggio 2005 – febbraio 2007), Federico Tiezzi (marzo 2007 – marzo 2010), Paolo Magelli (giugno 2010 - settembre 2015), Franco D'Ippolito (novembre 2015 - ottobre 2021), Massimiliano Civica da novembre 2021. Prato Teatri della Toscana Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Teatro Metastasio Sito ufficiale, su metastasio.it. Scheda della Regione Toscana, su cultura.toscana.it. URL consultato il 7 ottobre 2008 (archiviato dall'url originale il 20 marzo 2005). Niccolò Luccarelli, I cinquanta anni del Teatro Metastasio, in "Prato storia e arte", n. 116, dicembre 2014, pp. 38-48 (PDF), su fondazionecrprato.it.

Teatro Politeama (Prato)
Teatro Politeama (Prato)

Il Teatro Politeama o Politeama Pratese è un teatro di Prato, situato in via Garibaldi 33, all'interno di Palazzo Leonetti. Il teatro sorge su una serie di annessi nella parte posteriore di palazzo Leonetti: si tratta di un edificio con fronte settecentesco (sei assi per 3 piani, con oculi all'ultimo), appartenuto nell'Ottocento alla famiglia Mannucci. Il suo scalone ha la volta decorata in quel periodo, mentre più antica è la decorazione di due sale al piano nobile, una con Cronos e una col Carro di Cibele, ricche di simboli massonici, eseguite da Rinaldo Botti verso il 1725 (parte figurata e alcuni monocromi) e forse da Stefano Catani (zona centrale, animali e figure) un venticinquennio dopo. All'inizio del XX secolo il celebre pallonista pratese Bruno Banchini aveva acquistato il palazzo dai leonetti, e adibito, nel 1910, la parte posteriore ad arena all'aperto per spettacoli cinematografici, teatrali e per intrattenimenti vari. Realizzata da Paolo Emilio Andrè, aveva un'unica gradinata a ferro di cavallo (di cui restano le quattro colonne del boccascena), e venne inaugurata come Kursaal. Nel 1911 l'area venne destinata soprattutto a parco giochi (il Mikado) e poi ridivenne arena cinematografica. Acquisiti altri immobili tra le vie Garibaldi e Tintori, il Banchini, alla vigilia della Grande Guerra, concepì l'idea di trasformare l'arena in un Politeama, su progetto ancora dell'Andrè, a cui si sostituirono poi Antonio Ignesti e Arturo Ristori. L'esecuzione dell'opera procedette a rilento in seguito anche a problemi finanziari: nel 1916 venne ultimata la gradinata attorno alla platea, nel 1917 il vecchio praticabile venne trasformato in un ampio palcoscenico che nel 1918 ospitò l'allestimento dell'operetta Le pillole del diavolo; nel 1920 l'enorme anfiteatro vedeva completati anche il boccascena e le barcacce. Finalmente nella prima metà degli anni venti si gettarono le basi per risolvere il problema della copertura della grande arena realizzata ricorrendo allo studio Nervi e Nebbiosi di Roma. Sebbene l'impiego del cemento armato fosse solo alle prime sperimentazioni, Pierluigi Nervi riuscì a risolvere il problema dell'ampia copertura: una struttura costituita da una raggiera di travi scaricanti su due anelli concentrici, sorretta da quattro pilastri in muratura e sormontata da quattro tiranti collegati fra di loro per annullare le tensioni e collaborare col cordolo. Le due calotte in cemento armato, del peso di circa sette tonnellate, erano movibili elettricamente per aprire il soffitto, e riprendevano una soluzione adottata già al teatro Savoia di Firenze. Nell'occasione venne realizzata, sempre in cemento armato, anche la nuova galleria. Mentre le strutture in cemento armato vennero realizzate da maestranze specializzate venute da Roma, gli stucchi furono eseguiti dai fratelli Chini, su disegno dell'architetto Ubaldo Norchi, e le pitture dai pittori Guido Dolci e Ubaldo Norchi. Il nuovo Politeama Banchini, con capienza di circa 3000 persone, venne inaugurato il 2 aprile 1925 con una grande manifestazione pubblica e con l'allestimento della Tosca di Giacomo Puccini con Giuseppina Cobelli seguita dalle prime di Madama Butterfly ed Andrea Chénier (opera). Nonostante ancora i lavori del palcoscenico non fossero completamente ultimati l'attività del Politeama andò avanti intensamente dedicando gran parte della sua programmazione alle proiezioni cinematografiche. Nel 1928 vi furono le prime di Manon Lescaut con Iva Pacetti e di Il piccolo Marat. Nel 1934 finalmente il Politeama era completato anche nella porzione del palcoscenico con una copertura definitiva, nuovi camerini e ampi locali ricavati nel sottopalco per i coristi, l'orchestra, le comparse e il personale di servizio. Considerato il più importante spazio per i pubblici spettacoli di Prato, il Politeama visse stagioni intense e caratterizzate anche da una stagione lirica annuale. Nel 1938 vi fu la prima di Rigoletto con Clara Frediani, Mario Filippeschi, Gino Bechi ed Ugo Novelli. Dopo il passaggio in proprietà all'Amministrazione Comunale nel 1939, iniziò un lento declino interrotto solo da qualche spettacolo eccezionale quale, nel 1940 la prima di Il trovatore con Francesco Merli ed Enzo Mascherini e nel 1941, l'allestimento dell'Andrea Chénier di Umberto Giordano alla presenza dall'autore e interpretato dalla Pacetti, Beniamino Gigli e Mascherini. Dopo la chiusura negli anni 1944-48 venne demolita la gradinata che circondava la platea e prese il nome, dal 1957, di Politeama Pratese. Nel 1957 vennero rappresentate Carmen (opera) e Madama Butterfly con Afro Poli. Anche dei segni di cedimento alla cupola richiesero nel 1954 l'intervento dello stesso Nervi per consolidare e restaurare la struttura. Dopo alcuni decenni di intensa attività, soprattutto cinematografica, alla metà degli anni ottanta il Politeama è stato chiuso per inagibilità e ha rischiato seriamente un cambio di destinazione che l'avrebbe trasformato in un grande centro commerciale. Per scongiurare questo pericolo nel 1990 si è costituito un comitato cittadino per promuovere iniziative e raccogliere sottoscrizioni e sostegni per il recupero di uno spazio dello spettacolo così importante per Prato. Grazie alla coraggiosa opera di questo comitato, che ha portato alla costituzione della società per azioni oggi proprietaria dell'immobile (la Società Politeama), il Politeama è stato restaurato e adeguato alle normative di sicurezza vigenti, su progetto dell'ingegner Giancarlo De Renzis ultimato nel 1999, ed è stato così restituito alla sua importante funzione di luogo di spettacolo sia per Prato che per l'intera area metropolitana gravitante attorno al capoluogo laniero. Cerretelli Claudio, Prato e la sua provincia, Firenze, Giunti, 1996. ISBN 88-09-03425-2 Mugnaini, Olga - Critelli, Manuela, Politeama Pratese : vita, sorte e miracoli, Firenze : Mediateca regionale toscana, 2006. ISBN 9788890270406 Teatri della Toscana Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Teatro Politeama Fonte: scheda della Regione Toscana, su cultura.toscana.it. URL consultato il 7 ottobre 2008 (archiviato dall'url originale il 20 marzo 2005).

Castello dell'Imperatore
Castello dell'Imperatore

Il castello dell'Imperatore si trova a Prato in piazza delle Carceri. È un esempio di architettura federiciana, costruita cioè per ordine dell'imperatore Federico II di Svevia, nell'ambito della lotta per il predominio in Toscana tra l'impero e il papato che caratterizzò i decenni a cavallo del 1200. Sul luogo dove si trova l'odierno castello sorgeva anticamente il forte degli Alberti di Prato, che venne quasi completamente raso al suolo nel 1107 durante l'assedio delle truppe di Matilde di Canossa; al suo posto un altro palazzo, detto "Palazzolo", venne ricostruito per ospitare i nunzi degli imperatori Arrigo VI di Svevia e Ottone IV di Brunswick (del quale restano due torri, quelle prive di merli, che fino al 1767-68 avevano circa il doppio dell'attuale altezza); l'area interessata dal Castello era da sempre strategica, tanto che esistono documenti fino dal 1035 che testimoniano la presenza di un più antico "palatium"; questa costruzione era il nucleo del Castrum Prati, il borgo che sorgeva a monte del palazzo che possedeva anche un'antica pieve (Santa Maria in Castello, oggi non più esistente). L'incarico della costruzione venne dato da Federico II a Riccardo da Lentini, probabilmente a partire dal 1240. Il castello, originariamente tangente alla seconda cerchia muraria (XII secolo), era parzialmente circondato da un fossato e collegato alle carceri albertiane dalla cui definizione "delle carceri" prese il nome il vicino santuario mariano. Esso presenta otto torri ed ha insiti, come per il Castel del Monte, svariati aspetti simbolici, sia nella struttura che nel portale. Una volta completato, avrebbe dovuto essere utilizzato come importante guarnigione dell'impero, a testimonianza della presenza dell'imperatore sui possedimenti del nord. La sua costruzione venne però interrotta verso il 1250, a causa della morte prematura dell'imperatore, e la struttura incompiuta venne utilizzata in seguito per molti altri scopi. Nel corso del Trecento, sotto il dominio fiorentino, il castello fu collegato alla terza cerchia di mura tramite un corridoio coperto chiamato "Corridore del Cassero" (cioè: corridoio del castello) o più semplicemente Cassero. In questo modo le truppe fiorentine potevano entrare da fuori le mura tranquillamente in città usando un passaggio protetto. Durante il corso dei secoli alcune case vennero costruite dentro e intorno alla struttura. Negli anni trenta, sotto il governo fascista, tutte le abitazioni vennero demolite e il castello assunse l'aspetto odierno, che consiste praticamente nelle sole mura esterne. La contemporanea apertura di viale Piave comportò inoltre la demolizione di gran parte della struttura del Cassero, di cui restano due tronconi. Interessante inoltre, sul retro dello stesso castello, i resti dell'ospedale e della corrispondente chiesa di San Giovanni Gerosolimitano (o dei cavalieri di Malta), edificata extra moenia a metà del XII secolo e attualmente dismessa, ma che conserva ancora piccole e rare tracce antropomorfiche in cotto di epoca romanica. Nel 1944 il castello fu usato dai fascisti per rinchiudere le centinaia di pratesi arrestati per lo sciopero di marzo. Sempre nel 1944, tra il 6 e 7 settembre, dopo l'occupazione della città da parte dei partigiani, ci fu un rastrellamento per la città, dove vennero catturati fascisti e presunti tali, e una volta condotti al castello, vennero fucilati. L'evento è ricordato come l'eccidio del Castello dell'Imperatore. Dopo il restauro degli anni '70 il castello è stato aperto al pubblico ed è visitabile. È possibile salire attraverso le antiche scale a chiocciola all'interno delle torri angolari e accedere al camminamento di ronda per godere del panorama della città di Prato. Il castello è anche utilizzato dal comune come luogo di manifestazioni ed eventi culturali, quali spettacoli, concerti o il cosiddetto "Cinema sotto le stelle", ovvero luogo di proiezioni cinematografiche nel periodo estivo, a cura di Terminale Cinema - Casa Del Cinema di Prato. Nel 1980, le Poste Italiane dedicarono al Castello un francobollo da 400 lire, facente parte della raccolta nota come "Castelli d’Italia". Marco Bini, Cecilia Maria Roberta Luschi, Andrea Bacci, Il castello di Prato, Alinea, 2005, ISBN 9788881259489. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Castello dell'Imperatore