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Oratorio di Sant'Ambrogio (Prato)

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Oratorio di sant'ambrogio, prato
Oratorio di sant'ambrogio, prato

L'oratorio di Sant'Ambrogio di Prato sorge in piazza Mercatale.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Oratorio di Sant'Ambrogio (Prato) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Oratorio di Sant'Ambrogio (Prato)
Piazza Mercatale, Prato I lecci

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Piazza Mercatale
59100 Prato, I lecci
Toscana, Italia
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Oratorio di sant'ambrogio, prato
Oratorio di sant'ambrogio, prato
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Luoghi vicini

Teatro Politeama (Prato)
Teatro Politeama (Prato)

Il Teatro Politeama o Politeama Pratese è un teatro di Prato, situato in via Garibaldi 33, all'interno di Palazzo Leonetti. Il teatro sorge su una serie di annessi nella parte posteriore di palazzo Leonetti: si tratta di un edificio con fronte settecentesco (sei assi per 3 piani, con oculi all'ultimo), appartenuto nell'Ottocento alla famiglia Mannucci. Il suo scalone ha la volta decorata in quel periodo, mentre più antica è la decorazione di due sale al piano nobile, una con Cronos e una col Carro di Cibele, ricche di simboli massonici, eseguite da Rinaldo Botti verso il 1725 (parte figurata e alcuni monocromi) e forse da Stefano Catani (zona centrale, animali e figure) un venticinquennio dopo. All'inizio del XX secolo il celebre pallonista pratese Bruno Banchini aveva acquistato il palazzo dai leonetti, e adibito, nel 1910, la parte posteriore ad arena all'aperto per spettacoli cinematografici, teatrali e per intrattenimenti vari. Realizzata da Paolo Emilio Andrè, aveva un'unica gradinata a ferro di cavallo (di cui restano le quattro colonne del boccascena), e venne inaugurata come Kursaal. Nel 1911 l'area venne destinata soprattutto a parco giochi (il Mikado) e poi ridivenne arena cinematografica. Acquisiti altri immobili tra le vie Garibaldi e Tintori, il Banchini, alla vigilia della Grande Guerra, concepì l'idea di trasformare l'arena in un Politeama, su progetto ancora dell'Andrè, a cui si sostituirono poi Antonio Ignesti e Arturo Ristori. L'esecuzione dell'opera procedette a rilento in seguito anche a problemi finanziari: nel 1916 venne ultimata la gradinata attorno alla platea, nel 1917 il vecchio praticabile venne trasformato in un ampio palcoscenico che nel 1918 ospitò l'allestimento dell'operetta Le pillole del diavolo; nel 1920 l'enorme anfiteatro vedeva completati anche il boccascena e le barcacce. Finalmente nella prima metà degli anni venti si gettarono le basi per risolvere il problema della copertura della grande arena realizzata ricorrendo allo studio Nervi e Nebbiosi di Roma. Sebbene l'impiego del cemento armato fosse solo alle prime sperimentazioni, Pierluigi Nervi riuscì a risolvere il problema dell'ampia copertura: una struttura costituita da una raggiera di travi scaricanti su due anelli concentrici, sorretta da quattro pilastri in muratura e sormontata da quattro tiranti collegati fra di loro per annullare le tensioni e collaborare col cordolo. Le due calotte in cemento armato, del peso di circa sette tonnellate, erano movibili elettricamente per aprire il soffitto, e riprendevano una soluzione adottata già al teatro Savoia di Firenze. Nell'occasione venne realizzata, sempre in cemento armato, anche la nuova galleria. Mentre le strutture in cemento armato vennero realizzate da maestranze specializzate venute da Roma, gli stucchi furono eseguiti dai fratelli Chini, su disegno dell'architetto Ubaldo Norchi, e le pitture dai pittori Guido Dolci e Ubaldo Norchi. Il nuovo Politeama Banchini, con capienza di circa 3000 persone, venne inaugurato il 2 aprile 1925 con una grande manifestazione pubblica e con l'allestimento della Tosca di Giacomo Puccini con Giuseppina Cobelli seguita dalle prime di Madama Butterfly ed Andrea Chénier (opera). Nonostante ancora i lavori del palcoscenico non fossero completamente ultimati l'attività del Politeama andò avanti intensamente dedicando gran parte della sua programmazione alle proiezioni cinematografiche. Nel 1928 vi furono le prime di Manon Lescaut con Iva Pacetti e di Il piccolo Marat. Nel 1934 finalmente il Politeama era completato anche nella porzione del palcoscenico con una copertura definitiva, nuovi camerini e ampi locali ricavati nel sottopalco per i coristi, l'orchestra, le comparse e il personale di servizio. Considerato il più importante spazio per i pubblici spettacoli di Prato, il Politeama visse stagioni intense e caratterizzate anche da una stagione lirica annuale. Nel 1938 vi fu la prima di Rigoletto con Clara Frediani, Mario Filippeschi, Gino Bechi ed Ugo Novelli. Dopo il passaggio in proprietà all'Amministrazione Comunale nel 1939, iniziò un lento declino interrotto solo da qualche spettacolo eccezionale quale, nel 1940 la prima di Il trovatore con Francesco Merli ed Enzo Mascherini e nel 1941, l'allestimento dell'Andrea Chénier di Umberto Giordano alla presenza dall'autore e interpretato dalla Pacetti, Beniamino Gigli e Mascherini. Dopo la chiusura negli anni 1944-48 venne demolita la gradinata che circondava la platea e prese il nome, dal 1957, di Politeama Pratese. Nel 1957 vennero rappresentate Carmen (opera) e Madama Butterfly con Afro Poli. Anche dei segni di cedimento alla cupola richiesero nel 1954 l'intervento dello stesso Nervi per consolidare e restaurare la struttura. Dopo alcuni decenni di intensa attività, soprattutto cinematografica, alla metà degli anni ottanta il Politeama è stato chiuso per inagibilità e ha rischiato seriamente un cambio di destinazione che l'avrebbe trasformato in un grande centro commerciale. Per scongiurare questo pericolo nel 1990 si è costituito un comitato cittadino per promuovere iniziative e raccogliere sottoscrizioni e sostegni per il recupero di uno spazio dello spettacolo così importante per Prato. Grazie alla coraggiosa opera di questo comitato, che ha portato alla costituzione della società per azioni oggi proprietaria dell'immobile (la Società Politeama), il Politeama è stato restaurato e adeguato alle normative di sicurezza vigenti, su progetto dell'ingegner Giancarlo De Renzis ultimato nel 1999, ed è stato così restituito alla sua importante funzione di luogo di spettacolo sia per Prato che per l'intera area metropolitana gravitante attorno al capoluogo laniero. Cerretelli Claudio, Prato e la sua provincia, Firenze, Giunti, 1996. ISBN 88-09-03425-2 Mugnaini, Olga - Critelli, Manuela, Politeama Pratese : vita, sorte e miracoli, Firenze : Mediateca regionale toscana, 2006. ISBN 9788890270406 Teatri della Toscana Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Teatro Politeama Fonte: scheda della Regione Toscana, su cultura.toscana.it. URL consultato il 7 ottobre 2008 (archiviato dall'url originale il 20 marzo 2005).

Teatro Metastasio
Teatro Metastasio

Il Teatro Metastasio è il teatro stabile della Toscana e ha sede a Prato. La nascita del teatro Metastasio è legata all'intraprendenza del notaio pratese Benedetto Cecconi che nel 1820 si fece promotore di un'iniziativa per la realizzazione di un nuovo teatro a Prato che sostituisse il vecchio Teatro dei Semplici giudicato non più rispondente alla nuova domanda proveniente dai ceti borghesi e popolari della prospera città toscana. Dopo alcuni problemi sia progettuali che nel reperimento dell'area, la vicenda si sbloccò verso la fine degli anni venti con l'incarico del progetto definitivo affidato all'affermato architetto fiorentino Luigi De Cambray Digny e con l'inizio dei lavori nel marzo del 1829. Il teatro venne realizzato in tempi rapidi e venne inaugurato l'8 ottobre 1830 con l'Aureliano in Palmira di Rossini. Il teatro presentava una particolare facciata ad andamento semicircolare perché costruita in curva seguendo l'andamento della strada principale in modo da evitare un orientamento diverso che avrebbe fatto prospettare l'ingresso su vicoli e stradine più angusti. All'interno la sala, a ferro di cavallo, non corrispondeva a quella attuale; 80 palchi erano suddivisi su quattro ordini e dal terzo si accedeva a un ampio salone di rappresentanza; non esisteva la fossa dell'orchestra e da un lato del palcoscenico si aprivano i camerini per gli artisti. L'arredo era in velluto rosso e contrastava volutamente con il bianco e il fregio d'oro della decorazione delle pareti e dei palchi. Le decorazioni pittoriche furono realizzate da Antonio Marini che dipinse a tempera anche il sipario con la scena di Romolo e Tazio nell'atto di unificare il popolo romano con quello sabino. A pochi anni dalla sua costruzione il teatro ebbe bisogno di nuovi interventi: fra il 1850 e il 1852 le stagioni teatrali furono addirittura sospese per risistemare gli scenari, restaurare l'impiantito della platea e sostituire alcune travi del soffitto. Fra il 1867 e il 1869 su progetto dell'architetto Telemaco Bonaiuti venne rettificata la curva della sala, vennero risistemati i camerini degli artisti, e fu realizzato un nuovo ingresso; nel 1871 si procedette alla ristrutturazione del sottopalco per creare due ambienti per gli orchestrali. Nel 1922 poi su progetto di Marcello Piacentini si procedette all'ampliamento del loggione al di sopra del quarto ordine dei palchi. E quindi il palco reale fu modificato per realizzarvi la cabina di proiezione cinematografica. La sempre più costosa gestione del teatro indusse nel 1939 gli Accademici a vendere l'immobile al Comune di Prato che lo cedette in gestione all'Opera Nazionale Dopolavoro. Dopo la guerra, nonostante non avesse riportato particolare danni, cominciò la serie degli interventi volti a rimediare a un suo sempre più evidente degrado: dal 1956 al 1964 il teatro dovette sospendere la sua attività per l'opera di ammodernamento e restauro eseguita su progetto dell'architetto Nello Baroni. Nei decenni successivi il teatro si riscattò con produzioni di grande livello culturale, soprattutto di prosa. Durante gli anni settanta si formarono diversi gruppi di giovani autori, che crearono sotto la supervisione di Luca Ronconi interessanti laboratori che portarono alla formazione e al lancio di attori come Pamela Villoresi, Francesco Nuti, Roberto Benigni e tante illustri personalità del teatro. Dopo nuovi lavori di adeguamento alle norme di sicurezza vigenti realizzati alla metà degli anni ottanta, il teatro è giunto alla redazione attuale grazie ai lavori di restauro eseguiti su progetto dall'architetto Carlo Coppola. Nonostante queste travagliate vicende il Teatro Metastasio ha svolto negli ultimi decenni un ruolo di primo piano a livello nazionale nel teatro d'avanguardia e di produzioni prestigiose. Nel 1998 il Metastasio diventa teatro stabile pubblico nonché riconosciuto come "Teatro Stabile della Toscana". Massimo Castri rimane alla guida del neonato Stabile fino al 2000. Dopo un breve interregno di Renato Borsoni, la direzione passa a Massimo Paganelli (settembre 2000 - aprile 2002), Massimo Luconi (aprile 2002 – aprile 2005), Josè Sanchis Sinisterra (maggio 2005 – febbraio 2007), Federico Tiezzi (marzo 2007 – marzo 2010), Paolo Magelli (giugno 2010 - settembre 2015), Franco D'Ippolito (novembre 2015 - ottobre 2021), Massimiliano Civica da novembre 2021. Prato Teatri della Toscana Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Teatro Metastasio Sito ufficiale, su metastasio.it. Scheda della Regione Toscana, su cultura.toscana.it. URL consultato il 7 ottobre 2008 (archiviato dall'url originale il 20 marzo 2005). Niccolò Luccarelli, I cinquanta anni del Teatro Metastasio, in "Prato storia e arte", n. 116, dicembre 2014, pp. 38-48 (PDF), su fondazionecrprato.it.

Piazza Mercatale

Piazza Mercatale è la più grande piazza di Prato e sorge nel centro storico, è considerata una delle piazze medievali più estese in Europa. La piazza deve il suo nome al suo utilizzo per le attività di mercato fin dal medioevo. Infatti fino agli anni '70 vi si teneva il mercato settimanale cittadino. Il Mercatale nacque dopo che la città di Prato decise di allargarsi e riservare ai traffici un'area adatta principalmente alla tratta degli animali, e in particolare mucche e vitelli. Lo spiazzo fu carpito al Bisenzio colmandolo con terra in quantità tale da rialzare il livello del fiume e obbligarlo a scorrere in un alveo più stretto. Nel 1153 l'area dell'attuale piazza Mercatale era ancora un ampio prato esterno alle mura della città, verso il greto del fiume Bisenzio. L'attuale muro merlato fu eretto dal Comune tra il 1280 e il 1330. In seguito la piazza, divisa in aree funzionali, divenne il baricentro delle relazioni sociali pratesi; dal 1529 vide affacciarsi i tiratoi voluti dall'Arte della Lana e dal XVII secolo le Case Nuove sul lato orientale, che ospitarono la prima sede del Convitto Cicognini. Vi si trovano, inoltre, una porta nelle mura (XIV secolo) verso il ponte sul Bisenzio, il Palazzo Gini e la chiesa di San Bartolomeo. Nel 1817 il Comune di Prato, per dare un sostegno a cento cittadini sfortunati e miserabili, incaricò quelle persone di rimettere a nuovo la Piazza provvedendo alla sua pulizia e soprattutto livellare l'ampia area fino ad allora costellata di buche e poggetti. L'architetto Giuseppe Valentini crea in quegli anni il giardino costituito da un semplice prato ovale e demolisce gli antichi tiratoi che dividevano in due la piazza. Oltre al mercato del lunedì, nella piazza si svolgevano spesso rappresentazioni sportive e tradizionali, dalla battagliola alle corse di cavalli prima e di biciclette poi. Alla fine dell'Ottocento la piazza era sfruttata anche per gare di cavalli, che correvano in una pista circolare sterrata. Nel primo Novecento una giunta socialista decretò l'alberatura del lato ovest "per il godimento del popolo". Nel 1930 la piazza aveva ancora la sua importante funzione di contenitore di tutte le manifestazioni ludiche e commerciali della città: mercati, fiere, esposizioni, gare sportive. Inevitabile quindi che proprio su tale piazza, adatta ad adunate e parate, il partito fascista volesse costruire la propria sede istituzionale, la cosiddetta Casa del Littorio, tra le prime in Italia. Nel 1932 venne per questo indetto un concorso nazionale al quale parteciparono una ventina di urbanisti. Il progetto fu vinto dall'architetto Brunetto Chiaramonti al cospetto di una commissione giudicatrice con Curzio Malaparte e Ardengo Soffici che realizzò appunto l'edificio dell'ex casa del Fascio. Il bando del 1930 prevedeva un edificio su due piani sul lotto piuttosto stretto ottenuto dalla demolizione dei Tiratoi realizzati da Giuseppe Valentini dopo che, con la demolizione di quelli cinquecenteschi, aveva ridato unità visiva all’intera piazza. Durante la seconda guerra mondiale la piazza fu violentemente bombardata. Il 16 febbraio 1944 fu completamente rasa al suolo la chiesa di San Bartolomeo, il 7 marzo dello stesso anno andò distrutta la quasi totalità dei portici a terrazza che circondavano il perimetro della piazza. Subito dopo la fine della guerra e dopo il laborioso sgombro delle macerie, si cominciò a pensare alla ricostruzione della chiesa di San Bartolomeo. Nel 1947 fu indetto un concorso di progettazione per una nuova chiesa che si integrasse con le strutture superstiti in modo da formare un complesso a servizio della comunità cittadina. La ricostruzione fu lenta e faticosa e si concluse solo il 16 febbraio del 1958. Oggi la piazza si presenta suddivisa tra un grande giardino sul lato est e un parcheggio sul versante opposto. Un percorso pendolare sottolinea la continuità tra l’antica porta sul fiume Bisenzio e l’accesso al centro storico. La piazza ha perso da tempo la sua funzione di scambio commerciale, senza però smettere di essere un punto di riferimento per gli abitanti della città e dei dintorni. Per esigenze di razionalità toponomastica ed informatica, questo enorme spazio viene chiamato Piazza Mercatale, mentre l'esatta denominazione sarebbe "Il Mercatale". Dedicata a Vittorio Emanuele II nel ventennio fascista, la piazza subì un nuovo affronto con la deliberazione del 27 novembre del 1943 con la quale si dedicava questo spazio cittadino alla "Repubblica" per celebrare la costituzione della repubblica di Salò. Un anno dopo, finalmente, fu ripristinato l'antico toponimo. Nel 1531 l'associazione Arte della lana aveva fatto costruire dei tiratoi. Spazi ad uso pubblico destinati ai singoli lanaioli, che qui potevano "tirare" e asciugare la lana. Panni, pannine, lane, sacche, balle e ceste riempivano la piazza. I panni di lana venivano stesi all’aperto appendendo la parte superiore della pezza all’asta orizzontale per mezzo di appositi ganci. Dopodiché il tessuto veniva fissato anche nella parte inferiore su un apposito bastone e veniva tenuto in tensione. Nel 1775 però le corporazioni delle arti pratesi furono soppresse e i tiratoi passarono sotto la gestione del Comune. Furono demoliti nell’Ottocento. L'antica fontana detta "del Maghero" tra via dei Saponai e via Garibaldi, risale alla fine del '500 e lo stemma oggi illeggibile era quello del Comune, mentre le ringhiere - anch'esse scomparse con il restauro del 1966 - servivano d'impedimento ai cavalli che intendevano abbeverarsi. Cerretelli Claudio, Prato e la sua provincia, Firenze, Giunti, 1996. ISBN 88-09-03425-2 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su piazza Mercatale Una scheda sulla piazza, su po-net.prato.it. URL consultato l'11 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 15 settembre 2015).