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Chiesa di San Protaso alle Tenaglie

Chiese di Milano scomparsePagine con mappe

La chiesa di San Protaso alle Tenaglie, chiamata anche San Protaso in Campo foris, era una chiesa di Milano. Situata nell'attuale via Legnano (in corrispondenza del civico 14) non lontano dall'incrocio con via Anfiteatro, fu demolita nel 1786. L'origine della chiesa è fatta risalire a prima dell'anno 1015 grazie a delle iscrizioni sepolcrali dove si indicava la sepoltura di tale Andrea Martignoni nella chiesa in tane anno: il suo nome "in Campo foris" era dato in quanto situata fuori dalle mura dell'epoca , per distinguerla dalla vicina Chiesa di San Protaso al Castello detta al contrario "in Campo intus" in quanto dentro le mura. La chiesa assunse più tardi, dopo il XVI secolo, il nominativo "alle Tenaglie" per la vicinanza alle tenaglie delle nuove mura spagnole di Milano: nello stesso secolo la chiesa fu completamente ricostruita. Serviliano Latuada descrive la chiesa alla sua epoca con un solo altare, mentre altri due furono tolti nei primi anni del '700 in quanto "la ristringevano ed erano indecenti": i due altari erano dedicati a Sant'Antonio Abate e al santo titolare della chiesa. L'altare maggiore era decorato con una pala d'altare raffigurante Maria Vergine dei Sette Dolori, Santo Antonio Abate e San Protaso. Serviliano Latuada, Descrizione di Milano, vol. 5, Milano, 1738. Lorenzo Sonzogno, Vicende di Milano rammentate dai nomi delle sue contrade, Milano, 1835. Paolo Rotta, Passeggiate storiche, ossia Le chiese di Milano dalla loro origine fino al presente, Milano, 1891. Chiese di Milano Chiese scomparse di Milano Chiesa di San Protaso al Castello

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa di San Protaso alle Tenaglie (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori).

Chiesa di San Protaso alle Tenaglie
Via Legnano, Milano Brera

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Acquario civico di Milano
Acquario civico di Milano

L'Acquario civico di Milano fu istituito nel 1906, nell'ambito dell'Esposizione Internazionale di Milano, ed è l'unico padiglione costruito nel parco Sempione a non essere stato smantellato una volta conclusosi l'evento. È il terzo acquario più antico d'Europa. Posizionato nell'attuale area del Parco Sempione, tra l'Arena Civica e il Castello Sforzesco, in pieno centro, l'edificio esterno è stato oggetto per 3 anni di un lungo restauro, con l'intento di offrire una dettagliata visione degli ambienti acquatici d'acqua dolce e marini italiani. La storia dell'Acquario Civico milanese prende il via nel 1906 quando a Milano si tiene una grande Esposizione Internazionale per festeggiare l'apertura del traforo del Sempione. Quello di Milano è pertanto il terzo acquario più antico d'Europa. Costruito su progetto dell'architetto Sebastiano Locati e per finanziamento del duca Giuseppe Crivelli Serbelloni, presidente della Società Lombarda per la Pesca e l'Acquicoltura, l'acquario civico di Milano viene inaugurato il 28 aprile del 1906, ed è considerato uno degli edifici di maggior pregio e significato del liberty milanese. Due anni dopo la sua inaugurazione, nel 1908, l'Acquario viene inoltre arricchito dalla costituzione di una Stazione di biologia e di bioidrologia applicata. L'Acquario continua la sua attività fino all'agosto del 1943 allorché, colpito dalle bombe anglo-americane, viene notevolmente lesionato. Nel 1952 cominciano i primi lavori di sistemazione che, nel 1960, divengono una vera e propria ristrutturazione. Questa ristrutturazione si occupò prevalentemente delle vasche e poco fece per la preservazione architettonica dell'edificio. Nel 1963 l'Acquario riapre e, sotto la guida del suo direttore Menico Torchio, ricomincia ad essere operativo sia dal punto di vista della ricerca scientifica sia di quello puramente ostensivo, rivolto al grande pubblico. Ne diviene Direttore, Mauro Mariani, nel febbraio del 1988 Intorno agli anni '90 si comincia a percepire la necessità di un ulteriore ammodernamento dello storico edificio e della concreta possibilità di una ridistribuzione di tutti gli spazi. Prende dunque il via nel 2003, ad opera degli architetti Piero De Amicis e Luigi Maria Guffanti (con la supervisione scientifica del Direttore dell'Acquario, Mauro Mariani) la ristrutturazione dell'intero edificio che, terminata nella primavera del 2006, ha permesso di restituire alla città questo importante edificio notevolmente rinnovato, celebrandone, al contempo, I primi cento anni di vita. La struttura dell'acquario civico di Milano è costituita da una palazzina di stile liberty milanese, con rimandi allo stile della secessione viennese. La facciata, decorata con maioliche floreali prodotte dalla ditta Richard-Ginori e con rilievi in cemento a tema acquatico prodotti della ditta Chini, presenta al centro una statua rappresentante il dio Nettuno, protettore delle acque, opera dello scultore Oreste Labò, sotto la quale si trova una fontana caratterizzata dal capo di un ippopotamo dal quale sgorga l'acqua. Al piano terreno si trovano le aule didattiche per le attività con le scuole, sale per ospitare mostre temporanee e un percorso espositivo preciso che si sviluppa lungo un perimetro di forma ellittica. Al primo piano si trova invece la biblioteca dell'acquario. La struttura è circondata da un giardino in forma di parco pubblico, nel quale oltre ad un percorso botanico di notevole interesse, si trovano vasche aperte all'esterno con ambienti specifici, come ad esempio quello della palude. Il progetto di ristrutturazione iniziato nel 2003 ha portato, oltre al recupero in un linguaggio contemporaneo delle qualità architettoniche e decorative dell'edificio liberty, alla ristrutturazione completa delle strutture dell'acquario, rendendolo più tecnologicamente avanzato e in grado di offrire al pubblico un ambiente espositivo ed educativo funzionale, accessibile anche agli utenti disabili. Il pian terreno è stato interamente dedicato al pubblico con la costruzione di aule didattiche per le attività con le scuole, sale per ospitare mostre temporanee e un percorso espositivo rinnovato esteticamente attraverso giochi di volumi, unitamente alla possibilità di osservare direttamente gli organismi di alcune vasche con il livello dell'acqua basso, senza l'interposizione del vetro. Nell'atrio, un'ampia scalinata permette l'accesso al seminterrato dove è stato creato un nuovo spazio con un bar e una libreria. Sono state poi realizzate due scale che, dal percorso espositivo, permettono di accedere alla terrazza la quale offre la possibilità di osservare dall'alto il giardino e gli ambienti padani ricostruiti. Il nuovo percorso espositivo dell'acquario racconta la storia dell'acqua da quando le precipitazioni atmosferiche confluiscono in un torrente montano fino ad arrivare al mare, attraverso i principali ambienti che si formano. Dieci sono le vasche degli ambienti d'acqua dolce e dodici sono quelle dedicate agli ambienti marini, di cui due a cielo aperto. Del mare vengono mostrati i principali ambienti della zona infralitorale, circalitorale e pelagica. Gli ambienti ricostruiti sono italiani e mediterranei, ad eccezione di una vasca fuori percorso che ripropone la scogliera madreporica del Mar Rosso come esempio di possibile evoluzione nei prossimi anni del Mar Mediterraneo. Le vasche di ostensione sono distribuite lungo l'ellisse espositiva, ed i visitatori possono decidere se percorrere questo viaggio seguendo la corrente o risalendola, andando cioè dalla montagna al mare o viceversa; un maggior dettaglio degli ecosistemi padani d'acqua dolce sono presentati nel giardino esterno. Oltre alle vasche, nelle sale espositive sono presentati al visitatore filmati, mostre a tema e percorsi interattivi sui diversi argomenti. È il primo tratto di un corso d'acqua (epirithron) che discende le pendici delle montagne, caratterizzato da acque decisamente fredde (temperatura inferiore a 10 °C) e ben ossigenate, da un'elevata pendenza e da un fondo di massi e ghiaia grossolana. La corrente è elevata e l'acqua scorre in modo turbolento. Le specie che vivono in questo ambiente si posizionano frequentemente sotto i sassi e hanno caratteristiche morfologiche che consentono la vita in presenza di elevata corrente e bassa temperatura. Piccole dimensioni e corpo piatto (planarie, larve di insetti) permettono di restare protetti fra le fessure o sotto i sassi, appendici uncinate (larve di Ditteri) servono ad ancorarsi alle rocce, gusci protettivi appesantiscono il corpo per non essere trascinati via dalla corrente (Tricotteri), organi adesivi permettono di aderire tenacemente al substrato (Ancylus fluviatilis). Le piante acquatiche superiori sono rare a causa della corrente che impedisce loro di radicarsi al fondo. Alghe e muschi acquatici come Fontinalis antipyretica si ancorano tenacemente a rocce o altri substrati duri. La vegetazione riparia è costituita soprattutto da bassi cespugli ed erbe. La trota fario (Salmo trutta fario) è un vorace predatore con un corpo idrodinamico e una potente muscolatura che le consentono di muoversi anche contro corrente. Di solito questa specie divide lo stesso tratto del corso d'acqua con lo scazzone e la sanguinerola. Viene illustrato il percorso del fiume dopo la sua nascita e la vita in un lago alpino. In questa fase viene spiegata la vita in una "pozza montana" ovvero un lago di ridotte dimensioni. Questa sezione presenta un tratto di fiume in montagna. In questo tratto il corso d'acqua si allarga e diventa più profondo, la pendenza si riduce notevolmente e diminuisce la velocità della corrente. L'acqua, ben ossigenata, è meno turbolenta e meno fredda rispetto al tratto precedente: scorre veloce su un fondo di sassi e ghiaia grossolana e rallenta in corrispondenza di pozze e insenature dove spesso si accumula sabbia fine o limo. Qui dominano le alghe e i muschi acquatici e, nelle zone riparate dalla corrente dove il fondo è sabbioso, compaiono le prime piante acquatiche come il ceratofillo comune (Ceratophyllum demersum) la brasca increspata (Potamogeton crispus), il ranuncolo fluitante (Ranunculus fluitans) e la peste d'acqua comune (Elodea canadensis). Il temolo (Thymallus thymallus) è una specie presente particolarmente in questo tratto idrico, facilmente riconoscibile, che condivide questo ambiente col gobione e la trota marmorata. In continuità col tratto precedente, sono presenti molte larve di insetti (efemerotteri, plecotteri, tricotteri) e altri organismi in grado di vivere in presenza di corrente. Tra la vegetazione acquatica trovano rifugio e nutrimento numerosi molluschi gasteropodi e crostacei gammaridi. Il gambero di fiume (Austropotamobius pallipes), caratteristico di questo ambiente, è ormai molto raro a causa dell'inquinamento e dell'introduzione di specie alloctone più resistenti. Il fiume si sposta ai piedi dei monti, in una zona tecnicamente denominata epipotamon. Qui il corso d'acqua aumenta di ampiezza, la pendenza si riduce ulteriormente rispetto ai tratti precedenti e la corrente rallenta anche se alcuni tratti si presentano ancora forti. La temperatura dell'acqua subisce notevoli variazioni stagionali e può raggiungere i 20 °C. L'acqua, limpida e ossigenata, scorre su un fondo di ghiaia e sabbia grossolana. Accanto a muschi ed alghe filamentose troviamo piante acquatiche come il ranuncolo fluitante (Ranunculus fluitans), i millefoglie (Myriophyllum), la brasca comune (Potamogeton natans) e la peste d'acqua comune (Elodea canadensis). Nei tratti a corrente lenta con fondo sabbioso compaiono le callitriche e le piante palustri. La maggior parte dei pesci presenti appartengono alla famiglia dei ciprinidi, meno esigenti dei salmonidi. Il barbo è la specie più comune in questo tratto di fiume, pesce che ha la caratteristica di riposare durante il giorno e al tramonto si impegna a "setacciare" il fondo del fiume coi propri bargigli (organi sensori) per individuare le prede nascoste. Nuotano in queste acque anche lasche, savette, vaironi, triotti e gruppi di giovani cavedani che da adulti conducono vita solitaria. Qui viene presentata l'ambiente del lago di Como (Lario), preso ad esempio per rappresentare un ideale di grande lago lombardo. Il cosiddetto metapotamon, il fiume che dopo il tratto pedemontano e lacustre scorre in pianura, con la presenza delle carpe e dei lucci. Questa sezione è divisa in due parti e presentano quei corsi d'acqua che esistono in quanto mantenuti e "lavorati dall'uomo", ovvero la roggia e il fontanile, tipici della Pianura Padana. Detta anche hypopotamon, è l'area dove il fiume si getta nel mare con delta ed estuario dove si ha il rimescolamento di acque dolci e marine. Il fiume scorre molto lentamente su un fondo genericamente sabbioso-fangoso. L'ossigeno disciolto è scarso e l'acqua è torbida per la grande quantità di materiale trasportato dal fiume. Qui vivono organismi d'acqua dolce e marini in grado di apportare le frequenti variazioni di temperatura e di salinità. La ridotta velocità di corrente permette lo sviluppo del plancton vegetale e animale. Potamogeti e miriofilli formano "foreste subacquee". Tra la fitta vegetazione, accanto alla cannuccia di palude (Phragmites australis) e alle clarici, compaiono gruppi di tife e di scirpi. Nelle anse del fiume galleggiano le ninfee e il ranuncolo a foglie capillari (Ranunculus trichophyllus). La maggior parte dei pesci sono eurialini, cioè sopportano grandi variazioni di salinità. È questa la zona in cui infatti vive lo storione che risale dal mare per riprodursi, assieme al cefalo, alla passera di mare e all'anguilla, nella fase giovanile. Come nel tratto precedente, gli organismi sono in grado di sfruttare al massimo i basi livelli di ossigeno presenti. Trovano il loro ambiente ideale vermi (oligocheti, tubificidi), numerosi insetti (ditteri, odonati, coleotteri, efemerotteri), crostacei (isopodi), molluschi gasteropodi e bivalvi (Dreissena polymorpha, Psidium). Viene qui presentato l'ambiente acquatico tipico della laguna Vasca che illustra le vaste praterie di posidonia oceanica (Posidonietum oceanicae) presenti nel Mediterraneo. Questa sezione è divisa in quattro vasche differenti, due delle quali rappresentano gli ambienti costieri marittimi italiani caratterizzati da litorale roccioso, uno è dedicato al paesaggio con fondali sabbiosi e uno dedicato esclusivamente al cavalluccio marino, una specie rara e oggi protetta, presente nelle coste italiane del Mediterraneo. Sezione divisa in due vasche dedicate all'ambiente marittimo italiano, di cui una dedicata interamente alla medusa quadrifoglio, una delle specie più particolari presenti nei nostri mari. Vasca tematica dedicata interamente al polpo (Octopus vulgaris), endemico sulle coste italiane. Area che mostra la forte presenza di relitti di imbarcazioni di tutte le epoche all'interno del Mediterraneo. Quanto essi possano essere importanti per la ricerca, cosa rappresentino per l'habitat dei pesci che vivono quel tratto marino e gli eventuali pericoli che possono esservi per la loro presenza. Un esempio di scogliera marittima dove è forte la presenza delle madrepore, viene qui riportato l'esempio del Mar Rosso. Per la scarsa profondità i limitati scambi d'acqua con l'oceano e l'area geografica arida, il Mar Rosso è considerato un bacino semi-chiuso con una salinità superiore del 10% a quella degli oceani. I lunghi e ripetuti periodi di isolamento hanno favorito la formazione di molti endemismi. Le scogliere madreporiche, dette anche reef, derivano dall'attività costruttrice dei polipi delle madrepore. I polipi formano grandi colonie composte da centinaia o migliaia di individui comunicanti tra loro che vivono all'interno di calici calcarei secreti da loro stessi. Le madrepore, per riprodursi, hanno bisogno di condizioni particolarmente stabili, acque calde, limpide, a salinità costante e un substrato duro su cui crescere. Il reef, che fornisce cibo e riparo a migliaia di organismi diversi, è un ambiente molto competitivo. I coralli usano cellule urticanti sia per alimentarsi che per conquistare uno spazio, molti molluschi e vermi scavano gallerie nelle madrepore sgretolandole, mentre la stella marina (Acanthaster planci) si nutre dei polipi corallini. Sul reef del Mar Rosso vivono circa un migliaio di pesci tra cui castagnole, damigelle e pesci pagliaccio. Alcuni sono erbivori come il pesce chirurgo, mentre altri sono predatori come la cernia. La maggior parte si nutre di invertebrati come i coloratissimi pesci angelo e pesci farfalla, tordi e donzelle, pesci palla, pesci scatola e pesci balestra. Vasca introdotta per illustrare la tendenza alla tropicalizzazione da parte del Mediterraneo, un problema a cui l'uomo sta cercando di far fronte con l'innalzarsi delle temperature delle acque. Nel 2015 l'Amministrazione comunale ha deciso l'assorbimento della Biblioteca dell'Acquario Civico nel patrimonio della Biblioteca del Museo di Storia Naturale, rinominando quest'ultima Biblioteca del Museo di Storia Naturale e dell'Acquario Civico di Milano. La consultazione dei documenti è possibile previa prenotazione presso la sede del Museo di Storia Naturale, Milano. Acquario (museo vivente) Acquariofilia Acquario di Genova Stazione zoologica Anton Dohrn Liberty a Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su acquario civico di Milano Sito ufficiale, su acquariodimilano.it. Acquario civico di Milano, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia. Acquario civico di Milano, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia.

Teatro Fossati
Teatro Fossati

Il Teatro Fossati, dal 1986 noto come Piccolo Teatro Studio e dal 2013 come Teatro Studio Melato, è una struttura teatrale storica di Milano situata tra corso Garibaldi e via Rivoli, accanto al Teatro Studio Strehler. Il Teatro Fossati venne fondato dall'imprenditore Carlo Fossati e progettato dall'architetto Fermo Zuccari. La prima si tenne il 25 aprile 1859, quando ancora l'ingresso si affacciava su via Rivoli. Il teatro divenne uno dei più attivi del panorama milanese e proponeva spettacoli diurni. Nel 1881 fu il primo teatro in Italia a sperimentare la luce elettrica. Accolse ospiti di rilievo, tra i quali Franz Kafka nel 1912. Le ultime locandine risalgono al 1925. Negli anni successivi fu adibito a cinema e successivamente chiuso. Dopo una fase di crescente degrado, fu recuperato nel 1979 da Giorgio Strehler che lo inserì nel più ampio sistema teatrale costituito col Piccolo Teatro. Finanziando un restauro curato da Marco Zanuso per un costo complessivo di 10 miliardi di lire e durato quattro anni, dal 1982 al 1986, il Fossati ne uscì restaurato e divenne il "Teatro Studio". Svuotato all'interno, è diventato un laboratorio sperimentale destinato alla recitazione. È intitolato a Mariangela Melato dalla scomparsa dell'attrice nel 2013. Il teatro ha due facciate, una verso via Rivoli, l'altra, su Corso Garibaldi, ornata da decorazioni in cotto di Andrea Boni, fra le quali una statua di Giuseppe Garibaldi. Dopo la ristrutturazione l'interno si presenta vuoto, ad eccezione di alcune postazioni per sedersi. Fornace Curti Piccolo Teatro (Milano) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Piccolo Teatro Studio Sito ufficiale, su piccoloteatro.org.

Basilica di San Simpliciano
Basilica di San Simpliciano

La Basilica di San Simpliciano (il cui nome originario paleocristiano è basilica virginum) si trova a Milano e sorge in piazza San Simpliciano, su un lato di corso Garibaldi. La costruzione della chiesa viene tradizionalmente attribuita al vescovo di Milano Sant'Ambrogio che nel IV secolo d.C. la eresse fuori dalla Porta Cumensis su una delle sei vaste aree cimiteriali esistenti in epoca romana. È una delle basiliche paleocristiane di Milano. Insieme alla basilica prophetarum, alla basilica martyrum ed alla basilica apostolorum, la basilica virginum è annoverata tra le quattro basiliche ambrosiane, ovvero imposte e fatte realizzare, come già accennato, da Sant'Ambrogio. Successivamente dedicata a san Simpliciano, venne edificata in epoca romana tardoimperiale nel periodo in cui la città romana di Mediolanum (la moderna Milano) era capitale dell'Impero romano d'Occidente (ruolo che ricoprì dal 286 al 402). Attorno alla basilica fu costruito nel IX secolo un monastero benedettino, di cui sopravvive il chiostro grande di San Simpliciano. Modifiche alla struttura furono apportate tra l'XI ed il XIII secolo; furono costruite le attuali volte e la cupola, in sostituzione dell'originaria copertura a capriate lignee. Furono tamponati i grandi finestroni di epoca romana per rafforzare la struttura. Fu riedificata l'abside, con dimensioni ridotte. L'interno dell'attuale chiesa sembra quindi possedere le linee di una costruzione romanica. Nel 1176 la basilica divenne famosa per la vittoria milanese nella Battaglia di Legnano combattuta tra l'esercito imperiale di Federico Barbarossa e le truppe della Lega Lombarda il 29 maggio 1176, perché secondo la tradizione, i tre martiri, che difendevano la cristianità romana in ambienti tipicamente germanici, vennero identificati in forma di colombe, le quali si posarono su un "sacro altare-carro", trainato da buoi, portante la santa croce della cristianità che si chiamava Carroccio e annunciava con la preghiera la vittoria in battaglia. Alla fine del Quattrocento, grazie al consistente lascito dell'abate commendatario Gian Alimento Negri, fu costruito il chiostro quattrocentesco e affrescato il catino absidale con la celebre Incoronazione della Vergine, capolavoro rinascimentale di Ambrogio Bergognone. Fra il 1838 e il 1841 su iniziativa del parroco per via di un generale deperimento dell'edificio, la chiesa fu sottoposta a pesanti interventi in stile neoclassico e neo-gotico dell'architetto Giulio Aluisetti. Dell'antica Basilica paleocristiana sono giunti solo a noi solo i resti di un sacello situato a nord dell'abside che oggi si trova in corrispondenza della moderna sacrestia. Con sant'Ambrogio iniziò un programma di costruzione di Basiliche dedicate alle varie categorie di Santi: una basilica dedicata ai profeti (la basilica prophetarum, in seguito ridenominata basilica di San Dionigi), una agli apostoli (la basilica apostolorum, che poi prese il nome di basilica di San Nazaro in Brolo), una ai martiri (la basilica martyrum, che divenne in seguito la basilica di Sant'Ambrogio), una dedicata alle vergini (la basilica virginum, ridenominata poi basilica di San Simpliciano). Erano infatti dedicate ciascuna ad una diversa famiglia di santi, dato che non esisteva ancora l'usanza di intitolare le chiese a un solo santo. Queste quattro basiliche sono conosciute con il nome di "basiliche ambrosiane". La Basilica di San Simpliciano sorse nel IV secolo sulla lunga arteria che, attraverso la Porta Comasina romana, si irradiava dalla città romana di Mediolanum (la moderna Milano) a Nord verso Como (Novum Comum) e poi, attraverso le valli del passo del San Bernardino e del passo del Settimo, conduceva in Germania. Venne quindi costruita in epoca romana tardoimperiale nel periodo in cui Mediolanum era capitale dell'Impero romano d'Occidente (ruolo che ricoprì dal 286 al 402). Nei pressi della Porta Comasina romana era presente sul luogo dell'attuale chiesa un precedente cimitero pagano documentato da are votive rinvenute in loco e pubblicate da Giovanni Labus nel 1841-1842; su quell'area cemeteriale la tradizione vuole che sant'Ambrogio abbia costruito la basilica Virginum, una delle quattro erette dal santo lungo le vie principali di uscita dalla città; la basilica era intitolata a Maria Vergine e tutte le Sante "Vergini". La questione dell'origine della basilica rimane, però ancora oggi, irrisolta: non viene infatti citata né nell'epistolario di Ambrogio né nella cronaca della vita del santo lasciata dal suo biografo diacono Paolino. Neppure Agostino, di cui Simpliciano fu precettore nella Fede e che ci ha tramandato molte indicazioni anche sulla vita di Ambrogio, ha lasciato testimonianze sull'erezione della Basilica. Alcuni studiosi negano che la basilica sia stata "voluta da Ambrogio" e preferiscono, invece, l'ipotesi che la sua erezione sia stata voluta e cominciata da Simpliciano, che qui abitava in vita ritirata e poi fu sepolto alla morte. Altri invece (si confronti Baroni, 1934) propendono per individuare nella basilica una delle quattro, costruite da Ambrogio, intorno a Milano come a creare una sorta di cerchio sacro a protezione della città. Non ci sono quindi notizie certe su come l'originario luogo di sepoltura di Simpliciano nel cimitero di Porta Comasina si sia poi mutato in Basilica, ma vi sono ipotesi e congetture diverse, ognuna suffragata da indizi e ricerche, che furono studiate e raccolte nei secoli. Vi è, invece, certezza, attraverso studi compiuti nel 1944 dallo storico dell'arte Wart Arslan, che la basilica si sia ampliata in epoca romanica sulla struttura di un edificio precedente, poi inglobato nelle strutture successive: le alte esili pareti originarie, costituite da una successione di arcate e aperte da ampie finestre, oggi tamponate, rendono infatti San Simpliciano affine alla basilica palatina di Treviri in Germania, e suggeriscono una datazione all'epoca costantiniana. Si può quindi concludere che la basilica abbia avuto una prima erezione nel IV secolo e che sia poi stata ampliata nella struttura da anonimi architetti di epoca romanica. A supporto di questa teoria c'è il ritrovamento di alcuni "tegoloni in terracotta" recanti il sigillo di Agilulfo (Agilulfus Rex), Re dei Longobardi e d'Italia datati tra il 591 e il 616 d.C. che furono rinvenuti in alcuni "muri" e nella "copertura della volta dell'abside", durante i restauri del 1841. Nel 1893 venne rinvenuto un altro tegolone mentre provvedevano ad isolare l'affresco di Bergognone; i rinvenimenti sarebbero, quindi, la prova che in epoca longobarda la chiesa fu oggetto di riparazioni eseguite tra il 590 e il 615 su un edificio, già esistente dopo le devastazioni e invasioni dei goti, inflitte durante l'assedio di Milano del 538-539. Alla morte di Ambrogio avvenuta nel 397 d.C. gli successe nella carica di vescovo il briviese Simpliciano (circa 320-401 d.C.) che depose nella basilica i corpi dei 3 martiri Martirio, Sisinnio ed Alessandro e poi a sua volta sepolti. I tre martiri erano chierici, originari della Cappadocia attuale Turchia, inviati da Ambrogio per evangelizzare l'attuale regione trentina, l'Anaunia (odierna Val di Non in Trentino Alto Adige), dove però furono uccisi dai pagani il 29 Maggio dell'anno 397. Il vescovo Vigilio di Trento si fece propagatore del loro culto e le loro reliquie vennero inviate al nuovo vescovo di Milano. Morto poi Ambrogio e Simpliciano suo successore, la Basilica, intitolata alla Santissima Vergine Maria e alle altre Sante Vergini, vide per devozione popolare modificato il titolo in "San Simpliciano", attuale chiesa milanese. La chiesa fu restaurata nel VII secolo, quando avvenne la divisione dello spazio interno in tre navate. Tra la facciata, le pareti esterne e il transetto venne realizzato un basso peribolo con finestre, destinato a ospitare quei penitenti che volevano partecipare alle funzioni religiose pur essendone esclusi. Nel IX secolo la basilica fu presa in possesso dai monaci benedettini cluniacensi, che fondarono l'attiguo monastero urbano. Nel 1176 la chiesa divenne famosa per la vittoria nella battaglia di Legnano, perché racconta la tradizione che i tre martiri, in forma di colombe, si fossero posati sul Carroccio annunciando la vittoria. Tra l'XI ed il XIII secolo furono apportate modifiche alla struttura, che al tempo si presentava come un edificio ad aula rettangolare, dotata di presbiterio aperto da due vani. Nello specifico, furono costruite le attuali volte e campate, nonché la cupola (dotata di tiburio), in sostituzione dell'originaria copertura a capriate lignee; furono tamponati i grandi finestroni di epoca romana per rafforzare la struttura; fu riedificata l'abside, con dimensioni ridotte. L'interno dell'attuale chiesa pertanto appare oggi definito in grandi linee dalla costruzione romanica. Al XII secolo risalgono invece gli interventi che, esternamente, interessarono il campanile e facciata a capanna. Alla fine del Quattrocento, grazie al consistente lascito dell'abate commendatario Gian Alimento Negri, fu costruito il chiostro quattrocentesco e affrescato il catino absidale con la celebre Incoronazione della Vergine, capolavoro rinascimentale di Ambrogio Bergognone. Nel 1517 la chiesa e il monastero passarono su disposizione di Leone X ai benedettini cassinesi che vi eressero nello stesso anno il convento; restarono sino al 1798, anno in cui il monastero, colpito dalle secolarizzazioni napoleoniche, fu trasformato in caserma. Nel XVI secolo il campanile fu fatto abbassare di circa 25 metri dal Governatore di Milano don Ferrante I Gonzaga, come la gran parte di quelli che sorgevano nelle vicinanze del castello sforzesco, affinché dall'esterno delle mura non fosse possibile vederne l'interno. La cupola ed i bracci laterali vennero modificati nel 1582. Fra il 1838 e il 1841 su iniziativa del parroco per via di un generale deperimento dell'edificio, la chiesa fu sottoposta a pesanti interventi in stile neo-classico e neo-gotico dell'architetto Giulio Aluisetti («sciagurato rinnovamento» lo definisce l'Arlsan nel 1947): l'architetto, già noto per lunghe vicende legate alla progettazione del Cimitero Monumentale di Milano, eresse nel 1839 l'attuale altare maggiore in dimensioni consistentemente superiori al precedente, tanto da oscurare l'affresco absidale di Bergognone; anche con l'intento di cancellare le aggiunte operate nel 1582 rimosse gli intonaci e i capitelli originali, intonacò pareti e volte con vivaci decorazioni neoromaniche e infine demolì quattro piloni romanici. La cupola venne adornata di affreschi del pittore Giovan Battista Zali e furono riposizionati gli organi musicali. Il rinnovamento fu oggetto di aspre critiche già durante i lavori anche per via del costo complessivo delle opere. In definitiva il restauro, secondo la critica moderna, falsificò del tutto l'aspetto della parte romanica della Basilica. La facciata della Basilica, che mantiene ancora gran parte dell'impianto originale, fu ricostruita nel 1870-1871 dall'architetto Maciachini (1818-1899), autore di molti interventi simili su Chiese milanesi; nel 1932 alle finestre della facciata furono apposte otto vetrate realizzate da Carlo Forni su cartoni di Aldo Carpi, raffiguranti episodi della vita di San Benedetto. Dopo la seconda guerra mondiale la chiesa venne liberata dalle "sovrapposizioni ottocentesche", dando origine ad un restauro conservativo. Gli ultimi imponenti lavori di revisione, che hanno riportato alla luce parte delle strutture paleocristiane e reso alla chiesa i caratteri romanici, sono infine terminati nell'anno 2004. Nel Giugno dell'anno 1517, i monaci benedettini della congregazione cassinese avevano preso possesso del monastero e della basilica della quale ne ampliarono il coro, per cui si rese necessario lo spostamento dell'altare maggiore che si trovava addossato alla parete della nicchia del coro. Durante lo spostamento, i frati rinvennero le casse contenenti le reliquie di Simpliciano, di Sisinio, di Martirio e di Alessandro e anche di Vigilio di Trento e di altri vescovi milanesi Antonino, Benigno, Ampelio e Geronzio. Non potendo assicurare una "traslazione" adatta all'importanza di quelle reliquie, il 21 Agosto dello stesso anno, esse vennero raccolte nel nuovo altare, collocate in "casse di piombo", separate. Nella "cassa di Simpliciano" fu posta una tavoletta lignea in cipresso con l'iscrizione: corpvs s.simpliciani archiepiscopi . mcxxvii . xxi avgvsti. In occasione di quella "traslazione", racconta Ignazio Cantù, "un fulmine scoppiò nel campanile mentre vi era radunata un gran folla che era raccolta intorno alle reliquie esposte dei tre santi". Il popolo attribuì la responsabilità colpa a quel fulmine, allo "sdegno di quei Santi", per essere stati disturbati nel "sonno eterno". La folla invase quindi, il convento per punire i benedettini, ma circolò immediatamente la voce che quel fatto fosse opera di pura "stregoneria". Vennero quindi eseguiti alcuni arresti dall'Amministrazione francese che in quegli anni amministrava la città di Milano (Governatore nel 1517 fu Odet de Foix). A quel tempo alcune donne giudicate "streghe" furono "bruciate sul rogo" a Ornago e a Lampugnano. Nel 1582 i monaci operarono una nuova trasformazione dell'altare maggiore e per permetterne lo spostamento nella nuova posizione, che è quella attuale, fu necessario rimuovere i Corpi Santi custoditi nel vecchio altare. La ricognizione e il riconoscimento ufficiale delle reliquie furono affidati al vescovo di Milano Carlo Borromeo che il 7 marzo 1581 le riconobbe come erano state disposte nel 1517. La traslazione solenne dal vecchio al nuovo altare avvenne il giorno 27 maggio del 1582, domenica parima della Pentecoste, con una cerimonia alla quale tutta la città di Milano concorse. Furono eretti altari e archi effimeri in diverse luoghi della città e di fronte alla chiesa. Nella grande processione chi si concluse a San Simpliciano sfilarono anche numerosi vescovi delle diocesi lombarde: Cesare Gambara di Tortona, Nicola Sfondrato di Cremona e futuro papa Gregorio XIV, Gerolamo Ragazzoni di Bergamo, Gabriele Paleotti di Bologna, Giovanni Dolfin di Brescia, Domenico della Rovere di Asti, Guarnero Trotti di Alessandria, Vincenzo Marino di Alba, Francesco Galbiati di Ventimiglia e Alessandro Andreasi di Casale Monferrato. Oggi è spesso sede di concerti di musica barocca e di mostre d'arte sacra. Dell'antica basilica paleocristiana sono giunti a noi solo i resti di un sacello situato a nord dell'abside e che oggi si trova in corrispondenza della moderna sacrestia. Il sacello ha una volta a botte; forse in origine era distaccato ed indipendente dal corpo architettonico della basilica e non fu costruito quando la basilica fu innalzata, ma poco dopo e comunque in un periodo antecedente il V secolo In origine serviva come luogo di sepoltura di illustri personalità religiose o come cella memoriae per la venerazione delle reliquie dei santi. La facciata è una delle meno alterate dagli interventi di fine XIX secolo e mantiene ancora in parte il suo aspetto originario romanico. Nella parte inferiore, le arcate che incorniciano i portali denunciano l'esistenza in antico di un portico, detto nartece. Il portale centrale conserva gli originali rilievi romanici (i quali raffigurano i santi Ambrogio, Satiro, Gervasio, Protasio, Simpliciano, Eustorgio), mentre i due portali laterali sono aggiunte moderne del Maciachini. La parte superiore, che appare invece più rimaneggiata, mostra due trifore laterali, due bifore centrali, una trifora in alto ed archetti decorativi. Sul fianco della chiesa vi è il campanile, che risulta tozzo a causa della mutilazione cinquecentesca. La cella campanaria dà verso l'esterno con quattro bifore rinascimentali. La parte più bassa del campanile ingloba resti di sepolture romane in serizzo. L'interno della basilica è a sala: le tre navate, separate da quattro pilastri circolari in mattoni, sono di uguale altezza, anche se le due navate laterali, come la centrale coperte con volta a crociera, appaiono più strette di quella maggiore. Questa peculiarità della grande sala composta da tre navate di eguale altezza che fanno perno sui pilastri della navata centrale creano un effetto luminoso distribuito assai peculiare, una soluzione analoga verrà poi ripresa in tutt'altro contesto dal Gotico Catalano. Le navate sono illuminate da sei grandi monofore a tutto sesto con vetrate policrome moderne. L'altare maggiore in forme classiche scolastiche fu eretto dall'Aluisetti nel 1839; ai lati due statue in marmo raffiguranti Sant'Ambrogio e Carlo Borromeo, entrambe di Alessandro Puttinati. In prossimità del presbiterio, sotto il tiburio ottagonale e nella campata precedente, vi è l'innesto del transetto a due navate. Al suo interno, due piccole cantorie in muratura fiancheggiano l'imbocco dell'abside e sorreggono gli organi e vi sono rappresentati Santi e Sante affrescati da Aurelio Luini, figlio di Bernardino Luini. Nel transetto destro, inoltre, vi è il dipinto Sconfitta del Cammolesi di Alessandro Varotari, detto "il Padovanino". Sulla parete del transetto opposto, invece, vi sono lo Sposalizio della Vergine, di Camillo Procaccini ed un affresco con la Deposizione dalla Croce di un maestro lombardo del XVI secolo. Il presbiterio, affiancato da due pulpiti lignei barocchi, accoglie il grande altar maggiore neoclassico in marmi policromi. Nel catino absidale, vi è l'affresco dell'Incoronazione della Vergine, capolavoro rinascimentale di Ambrogio da Fossano detto il Bergognone (1508). L'affresco occupa la volta su una superficie di circa 7 mq; nel centro della composizione spicca la figura del Padre Eterno, alta 4,25 m. L'affresco fu restaurato una prima volta intorno al 1840 dal pittore Knoeller in occasione della ristrutturazione dell'Aluisetti. Poi nel 1890, per via di gravi infiorescenze di salnitro che avevano reso quasi illeggibile la figura della Vergine, fu rifatta la copertura dell'abside per assicurare maggiore impermeabilità; nel 1892, infine, l'intero affresco fu sottoposto a ripulitura completa. Il coro ligneo, con legni intarsiati, fu disegnato dall'architetto e ingegnere milanese Giuseppe Meda e realizzato dai maestri Anselmo del Conte e il figlio Virgilio nell'anno 1588, quando il monastero era governato dal benedettino Serafino Fontana. Lungo le navate si aprono varie cappelle con decorazioni barocche, rococò e neoclassiche; fra queste la cappella del Rosario, costruita all'inizio del XVIII secolo. Dalla porta sotto la cantoria di sinistra, si accede al Sacello dei Martiri dell'Anaunia, basilichetta a croce latina con abside semicircolare, minuscolo transetto e cupoletta; la piccola costruzione potrebbe risalire al IV secolo. Nella basilica si trovano tre organi a canne: l'organo maggiore, situato sulla cantoria in controfacciata, è l'Ahrend opus 134, costruito nel 1990 prendendo come modello gli organi barocchi tedeschi; lo strumento è a trasmissione integralmente meccanica e dispone di 35 registri su tre tastiere e pedaliera; un secondo organo, costruito nel 1897 da Vincenzo Mascioni, è situato in fondo alla navata laterale di destra, nell'area del transetto; anch'esso a trasmissione meccanica, ha 22 registri su due tastiere e pedaliera; in posizione speculare, dall'altra parte dell'abside, vi è una cassa simmetrica, priva però di strumento al suo interno; a pavimento nell'aula, vi è l'organo a cassapanca Pinchi (opus 408), del 1996; è a trasmissione meccanica e dispone di tre registri con un unico manuale, senza pedaliera. Carlo Perogalli, Enzo Pifferi e Laura Tettamanzi, Romanico in Lombardia, Como, Editrice E.P.I., 1981. 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Basiliche paleocristiane di Milano Chiostro grande di San Simpliciano Chiesa di San Simpliciano Minore Mediolanum Sant'Ambrogio San Simpliciano Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica degli organi a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla basilica di San Simpliciano Sito ufficiale, su sansimpliciano.it. (EN) San Simpliciano, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. (EN) Basilica di San Simpliciano, su Structurae. Basilica di San Simpliciano, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Basilica di San Simpliciano, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia.