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Bar Bianco

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Milano parco Sempione bar Bianco
Milano parco Sempione bar Bianco

Il Bar Bianco è un bar di Milano, ospitato in un'apposita costruzione posta all'interno del Parco Sempione.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Bar Bianco (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Bar Bianco
Viale Ibsen, Milano Municipio 1

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Bar Bianco

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20121 Milano, Municipio 1
Lombardia, Italia
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Milano parco Sempione bar Bianco
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Luoghi vicini

Arena Civica
Arena Civica

L'Arena Civica Gianni Brera, fino al 2001 chiamata semplicemente Arena civica, è un impianto sportivo polifunzionale di Milano. Inaugurato nel 1807 come Anfiteatro di Milano, nel 1870 divenne Arena Civica a seguito dell'acquisizione da parte del Comune. Nel 2002 l'Arena fu intitolata alla memoria di Gianni Brera, giornalista e scrittore, scomparso dieci anni prima. Nel 1805 la commissione di pubblico ornato, nell'ambito di un ampio progetto di ristrutturazione dell'area, commissionò all'architetto Luigi Canonica la realizzazione di un grande edificio civico per feste, spettacoli e celebrazioni. Tale progetto andava a colmare parzialmente il vuoto lasciato dalla demolizione delle fortificazioni spagnole che avevano circondato il nucleo rinascimentale del Castello Sforzesco, sino agli abbattimenti ordinati da Napoleone nel 1800. Una prima proposta, quella di Giovanni Antonio Antolini, era stata bocciata sin dal 1801 dal Bonaparte perché troppo costosa e sostituita da una, ben più modesta, disegnata dal Canonica, il quale aveva provveduto a sistemare il semiarco verso la città. Era rimasta interrotta, invece, la sistemazione dell'intera area retrostante, adibita a piazza d'armi, alla quale in quel 1805 si mise mano. Per l'edificio fu scelta la forma dell'anfiteatro, come richiamo alla tradizione imperiale romana, a cui Napoleone esplicitamente si richiamava. Canonica disegnò ispirandosi al circo di Massenzio, situato fuori Roma sulla via Appia Antica, vicino alla basilica di San Sebastiano fuori le mura, forse il meglio conservato degli antichi circhi romani. L'impianto aveva forma ellittica, con una lunghezza complessiva di 238 metri e una larghezza di 116 e poteva contenere fino a 30 000 spettatori, ovvero poco meno di un quarto dell'intera popolazione di Milano dell'epoca. La tribuna d'onore progettata dal Canonica si connota per la presenza della palazzina Appiani, che prese il nome dall'autore della decorazione pittorica interna, Andrea Appiani; questa costruzione dall'esterno si presenta nelle forme di un palazzo gentilizio, mentre sul lato interno dell'anfiteatro si apre con una "loggia reale" ispirata ai frontoni dei templi greci in antis, con i due pilastri quadrangolari, posti agli estremi della facciata, tra i quali vi erano le colonne; queste però non erano due, come da tradizione, ma otto (in granito rosa, con capitelli corinzi), al fine di dare una maggiore larghezza all'intera struttura. Questo era probabilmente dovuto all'esigenza di contenere un elevato numero di persone, che una struttura più compatta e slanciata non avrebbe potuto fare. Particolare imponenza fu riservata alla realizzazione del pulvinare, il palco dove sedeva il monarca, e della porta principale. Per la costruzione furono impiegate le pietre ricavate dalla demolizione delle fortificazioni spagnole del Castello Sforzesco e gli avanzi del castello di Trezzo sull'Adda, cosicché la struttura venne realizzata interamente in pietra viva. L'anfiteatro venne inaugurato, dopo soli due anni di lavori, il 17 dicembre 1807, con una grande naumachia, alla presenza di Napoleone. Durante la Repubblica Cisalpina ed il Regno d'Italia, l'Arena ospitò prevalentemente naumachie (allagandola con l'acqua di un'attigua roggia), corse di cavalli e giochi pirotecnici. Nell'Ottocento venne utilizzata per feste, spettacoli circensi (come il famoso circo di Buffalo Bill), ascensioni in pallone aerostatico e pattinaggio invernale. Nel 1895 l'Arena si aprì agli sport moderni con lo svolgimento dei campionati italiani di ciclismo. Nel 1910 fu anche teatro dell'esordio assoluto della nazionale italiana di calcio contro quella francese, con gli azzurri vittoriosi sui rivali per 6-2. Nella prima metà del Novecento, dal 1930 al 1947, l'Arena ospitò stabilmente le gare interne dell'Inter. Per un breve periodo, dall'ottobre del 1941 al giugno del 1945, divenne l'impianto casalingo dell'altra squadra milanese, il Milan; durante il secondo conflitto bellico, infatti, San Siro era difficilmente raggiungibile dai tifosi rossoneri per via della penuria di energia elettrica, che era indispensabile per far funzionare i tram che portavano gli spettatori all'impianto sportivo. Nel 1944 fu la sede di tutti gli incontri del triangolare finale del Campionato Alta Italia 1944 fra Vigili del Fuoco Spezia (vincitori della competizione), Torino FIAT e Venezia. Negli anni a seguire l'Arena ospitò gare di atletica leggera di livello internazionale; nel 1973 Marcello Fiasconaro vi stabilì il nuovo record mondiale degli 800 metri, mentre nel 1977 Pietro Mennea sconfisse il giamaicano Don Quarrie sui 200 metri. Storicamente casa del rugby internazionale azzurro (vi si tennero 11 dei 13 incontri dell'Italia a Milano prima che la nazionale passasse al Meazza, ospitò tra il 2010 e il 2011 le gare interne dell'Amatori, storico club rugbistico milanese, mentre successivamente è diventata sede dell'Atletica Riccardi. Il 19 dicembre 1943 l'Arena fu teatro della fucilazione di otto antifascisti condannati a morte da un tribunale militare straordinario come rappresaglia dell'attentato al segretario dei fascisti di Milano Aldo Resega: Carmine Campolongo, Fedele Cerini, Giovanni Cervi, Luciano Gaban, Alberto Maddalena, Carlo Mendel, Giuseppe Ottolenghi, Amedeo Rossin. Nel secondo dopoguerra l'Arena ha altresì accolto le gare interne di alcune società calcistiche dilettantistiche milanesi, quali il Brera e l'Alcione. Milan e Inter, per contro, vi hanno organizzato diverse feste per la tifoseria e manifestazioni collaterali: il 18 luglio 1986 Silvio Berlusconi scelse l'Arena per l'evento inaugurale della propria presidenza del club rossonero. Nel novembre del 2023, a seguito di un accordo fra l'Inter e il Comune di Milano, l'Arena Civica ha ufficialmente iniziato ad ospitare le partite in casa della squadra femminile nerazzurra, militante in Serie A: il comune ha stanziato quasi 4 milioni di euro per gli interventi di ristrutturazione dell’impianto, che hanno riguardato la pista d’atletica, gli spogliatoi, il terreno di gioco e le tribune. Il 25 novembre dello stesso anno, l'Inter Femminile ha giocato il suo primo incontro ufficiale all'Arena, un derby di campionato contro il Milan, vinto per 1-0: nell'occasione, lo stadio è tornato ad ospitare un'edizione del derby di Milano a 77 anni di distanza dall'ultima volta, e per la prima volta in assoluto nella storia del calcio femminile. Non ebbe invece inizialmente esito positivo la richiesta avanzata dall'Alcione, nell'estate 2023, di poter formulare domanda di ripescaggio in Serie C usando proprio l'Arena come campo interno; sebbene il club del municipio 7, nel successivo mese di dicembre, avesse sottoscritto un accordo con il Comune di Milano finalizzato all'utilizzo congiunto dell'impianto con l'Inter femminile, ancora a giugno 2024 la prefettura del capoluogo lombardo negò agli orange il permesso di usare l'Arena per esordire nel professionismo. L'Arena Civica dispone di: una pista sintetica di atletica leggera di 400 m a 8 corsie, con deviazione 3 000 siepi e due prolungamenti nelle curve per il riscaldamento degli atleti (a seguito della ristrutturazione ultimata nel 2020, i prolungamenti di entrambe le curve sono raccordati direttamente alla pista principale); due pedane per il salto con l'asta; due pedane per il salto in alto; due pedane per il salto in lungo e il triplo; una pedana per il lancio del giavellotto; una pedana per il getto del peso; una pedana per il lancio del disco e del martello; due aree di riscaldamento, in corrispondenza delle due curve della pista di atletica; un terreno da gioco per calcio, football americano e rugby; due palestrine per corsi di preparazione. alcuni uffici e magazzini a beneficio di società sportive. La capienza degli spalti è stata progressivamente limitata a 10 000 posti per motivi di sicurezza; l'accesso dall'esterno avviene attraverso dieci varchi, otto dei quali danno accesso ad altrettanti vomitori, mentre i due principali che portano direttamente in campo sono la porta "libitinaria" (che divide in due il rettilineo est, il cui nome deriva dai Libitinari, gli inservienti che nell'antica Roma erano incaricati di raccogliere i cadaveri dei gladiatori morti durante gli spettacoli) e la porta "trionfale" (in mezzo alla curva sud, è costruita in granito di Baveno; pensata per l'ingresso solenne del monarca, è strutturata in forma di arco di trionfo, con un pronao di ordine dorico e il timpano recante il bassorilievo di Gaetano Monti La Fama che distribuisce le corone d’alloro ai vincitori). La curva nord è invece sostanzialmente occupata dall'edificio delle carceri, il cui nome è a sua volta derivato dall'età romana, evocando le gabbie che davano accesso all'arena ai protagonisti dei ludi (gladiatori, animali, carri): la struttura presenta un andamento curvilineo, con dieci arcate (alcune delle quali sono vani chiusi, mentre altre mettono in comunicazione con l'esterno), ed è sormontata da due livelli di balconata, "chiusi" ai lati da due torri a pianta trapezoidale, con archi su tre lati, e sormontate a loro volta da terrazze balaustrate. Sulla tribuna centrale, che è chiusa posteriormente dalla palazzina Appiani, spicca altresì il "pulvinare" o "loggia reale", ossia il palco d'onore dove prendevano posto gli spettatori di più alto rango, delimitato da una massiccia balaustra lapidea scolpita, con agli angoli dei leoni alati affrontati. Caratteristica peculiare dell'anfiteatro è la presenza, in cima alle gradinate, di un filare di alberi che descrive praticamente tutto il contorno del "catino". A latere della palazzina Appiani sono inoltre collocate la torre dei cronometristi e una piccola tribuna stampa coperta, costruite in prefabbricato metallico e plastico. L'illuminazione dell'arena è assicurata da due torri faro sul lato est e da cluster di riflettori collocati sul tetto della palazzina e dell'edificio delle carceri. Matteo Lunardini, I fantasmi dell'Arena Civica, Milano, Milieu edizioni, 2013. Almanacco illustrato del Milan, 1ª ed., Panini, 1999. Luigi Canonica Gianni Brera Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Arena civica Arena Civica, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia.

Strage dell'Arena
Strage dell'Arena

La strage dell’Arena fu un eccidio fascista avvenuto il 19 dicembre 1943 all’Arena Civica a Milano e nel corso della quale furono uccisi otto partigiani. Otto partigiani furono fucilati da militi della Legione Autonoma Mobile Ettore Muti e del gruppo “Trieste” della RSI, in seguito a una sentenza di condanna a morte emessa dal Tribunale militare straordinario convocato in rappresaglia all’attentato che aveva ucciso il segretario del partito fascista milanese Aldo Resega. Tre gappisti, istruiti la sera prima sull'azione prevista ma senza essere informati sull'identità del dirigente fascista da colpire, uccisero in via Bronzetti il 18 dicembre 1943 il commissario federale milanese del Partito Fascista Repubblicano di Milano Aldo Resega e riuscirono a fuggire in bicicletta. Nonostante Resega avesse scritto nel suo testamento spirituale di non volere rappresaglie nel caso fosse ucciso, su ordine del ministro dell'interno della RSI Guido Buffarini Guidi e del capo della Provincia Oscar Uccelli il generale Solinas costituì un Tribunale militare straordinario che condannò a morte con un giudizio sommario otto partigiani arrestati nel novembre del 1943 detenuti nel carcere di San Vittore: Carmine Campolongo, Fedele Cerini, Giovanni Cervi, Luciano Gaban, Alberto Maddalena, Carlo Mendel, Giuseppe Ottolenghi (detenuto sotto il falso nome di Antonio Maugeri), Amedeo Rossin. Il Corriere della Sera del 20 dicembre dette notizia dell'omaggio alla salma di Resega e accanto degli "Otto criminali giustiziati" sostenendo che la condanna a morte non era una rappresaglia dell'attentato ma un semplice processo. I due articoli scrivevano che Resega aveva affermato nel suo testamento di non volere rappresaglie ma che “tutto il fascismo è rimasto al suo posto, vigile e saldo, fidente che gli organi dello Stato avrebbero compiuto la loro opera di doverosa giustizia contro i sanguinari disgregatori dell’ordine e traditori della Patria”, facendo apparire falsamente la condanna a morte come un'azione non collegata strettamente all'attentato. "All'alba di domenica 19 dicembre 1943 dieci detenuti politici furono prelevati da San Vittore con il cellulare e portati al Palazzo di Giustizia. Dalle 9:30 alle 14:30 furono tenuti ammanettati nella Sala degli Avvocati, in attesa del Tribunale militare straordinari che li doveva giudicare. Alle 14:30 arrivò il questore Santamaria Nicolini con altri due capitani fascisti e dopo nemmeno due ore di uno pseudoprocesso senza difesa, senza pubblico, senza alcuna formalità legale furono condannati a morte in otto". La predeterminazione della condanna a morte è dimostrata dal fatto che l'Arena fu bloccata al pubblico da reparti militari alcune ore prima della sentenza del tribunale militare, come scritto nella sentenza citata della Corte d'Assise del 1946 con nota a pagina 40. Il plotone di esecuzione era costituito dalla Legione Autonoma Mobile Ettore Muti e dalla “Trieste”. Invitati a collocarsi su sedie i condannati rifiutarono e vollero morire in piedi. Dietro di loro erano le casse da morto. Alle 17:30 sopraggiunse Santamaria Nicolini, presidente del Tribunale militare straordinario che lesse la condanna a morte. Chi non morì subito fu ucciso con un colpo di grazia di pistola. Giuseppe Bulferi Bulferetti, nel suo discorso di commemorazione di Giovanni Cervi dell'ottobre del 1945, disse: "Dopo la crudele mistificazione del processo i nove sono portati all'Arena dove era stato predisposto il plotone di esecuzione composto di 20 militi della Trieste (fascisti vestiti da bersaglieri) e da 20 della Muti. Alle 17.30 è data lettura della Sentenza che ne condanna otto alla fucilazione alla schiena e al solo Brenna Mario viene commutata la pena a 20 anni di reclusione. Questi deve però assistere alla fucilazione dei suoi compagni. Le otto vittime innocenti si abbracciano e si baciano nel loro reciproco ultimo saluto e sono costrette a sedersi e a farsi legare su apposite sedie alla presenza del questore, del prefetto Uccelli in rappresentanza del Ministro Buffarini Guidi, ispiratore della strage. Al confessore il Cervi dice che per sé non gli importa di morire, ma gli dispiace per il colpo che dà alla madre e ai fratelli, e perché è una morte ingiusta e immeritata. Si leva il pullover e lo dà al cappellano militare da portare come suo ultimo ricordo alla fidanzata. E quando viene ordinata la terribile parola "fuoco" tutti gli otto martiri d'accordo si alzano in piedi come segno di protesta e per morire da forti. Il Cervi grida: "Viva l'Italia" e cade bocconi in avanti insieme agli altri." Il padre di Maddalena ebbe notizia che “non appena il plotone ebbe eseguito l’esecuzione giunse Alessandro Pavolini, segretario del Partito Fascista Repubblicano, che si adirò perché avrebbe voluto essere presente. Uno dei fucilati era ancora agonizzante ed allora per sfogare la sua ira con la propria rivoltella lo finì.”. Nel 1946 i giudici della Corte di Assise speciale di Milano condannarono a morte i membri del Tribunale militare che ricorsero poi in Cassazione ed ottennero una revisione del processo, dato che nel frattempo era stata decretata un'amnistia. In ricordo dell’uccisione furono posti un cippo e una lapide all’Arena. Il 19 dicembre 2018 per il 75-esimo anniversario della condanna a morte l'ANPI e il Comune di Milano hanno commemorato l'evento presso il cippo all'Arena deponendo due corone. Carmine Campolongo, nato a Ortanova (FG), arrestato il 5 novembre 1943 in Valcuvia Fedele Cerini, manovale, nato a Cuvio nel 1914, arrestato il 10 novembre 1943 in Valcuvia Giovanni Cervi, ingegnere, nato a Gattatico (RE) il 1 giugno 1903, arrestato il 3 novembre 1943 a Milano Luciano Gaban, arrestato nel novembre 1943 a Milano Alberto Maddalena, paracadutista nella guerra d'Africa, nato a Milano il 17 settembre 1916, arrestato nel novembre 1943 a Milano Carlo Mendel, fisico e ricercatore, nato a Sestri Levante (GE) il 29 dicembre 1915, arrestato il 26 ottobre 1943 a Milano Giuseppe Ottolenghi, studente, nato a Milano il 15 novembre 1921, arrestato nel novembre 1943 a Milano Amedeo Rossin, nato a Pressana (VR) nel 1923, arrestato nel novembre 1943 Carmine Capolongo, Luciano Gaban, Alberto Maddalena, Fedele Cerini e Amedeo Rossin erano legati in modi diversi al gruppo «Cinque Giornate – San Martino di Vallalta – Varese», comandato dal colonnello dei Bersaglieri Carlo Croce. Alberto Maddalena si era unito ai partigiani della Valcuvia; dopo la loro sconfitta fu arrestato a Milano dalle SS durante una perquisizione perché trovato con un biglietto di ringraziamento di un militare inglese. Stava per essere liberato il giorno dell'attentato a Resega. Gli fu intitolata via Vitruvio a Milano per un mese dopo la guerra, poi il sindaco Antonio Greppi cambiò idea. I giudici del Tribunale Militare straordinario che condannò a morte le vittime furono: Camillo Santamaria Nicolini, presidente, poi questore di Milano, nato nel 1894 a Maddaloni Francesco Belardinelli, pubblico ministero, nato nel 1911 a Messina Vittorio Mariani, membro, nato nel 1896 a Milano Carmelo Solaro, membro, tenente della X Flottiglia MAS, nato nel 1908 a Milano Alfredo Tarsia, membro, tenente colonnello del terzo reggimento Bersaglieri, nato nel 1903 a San Cipriano Piacentino Santamaria Nicolini, accusato di aver presieduto, nella sua qualità di questore, il tribunale straordinario che ordinò la rappresaglia, fu condannato il 12 novembre 1946 alla pena di morte. Il 4 dicembre 1947 la Corte di Cassazione annullò la sentenza per deficiente ed erronea motivazione circa la configurazione giuridica del reato e sul diniego delle attenuanti generiche e rinviò gli atti alla Corte d’assise di Roma. Francesco Belardinelli, pubblico ministero del tribunale straordinario che ordinò la rappresaglia, fu condannato il 12 novembre 1946 alla pena di morte. La Corte di Cassazione il 14 febbraio 1949 annullò la sentenza e rinviò per nuovo esame alla Corte d’assise di Viterbo. Vittorio Mariani, membro del tribunale straordinario, fu condannato il 12 novembre 1946 alla pena di morte. La Corte di Cassazione il 14 febbraio 1949 annullò la sentenza e rinviò per nuovo esame alla Corte d’assise di Viterbo. Carmelo Solaro, tenente della X Mas, accusato di aver fatto parte del tribunale straordinario che ordinò la rappresaglia, fu condannato il 27 ottobre 1945 a sedici anni e otto mesi. La Corte di Cassazione il 3 settembre 1946 annullò la sentenza e rinviò per un nuovo giudizio alla Corte d'Assise speciale di Como. Alfredo Tarsia, ten. Col. del terzo Reggimento bersaglieri, membro del tribunale straordinario, fu condannato il 12 novembre 1946 a 16 anni di reclusione. Il 4 dicembre 1947 la Corte di Cassazione annullò la sentenza per estinzione del reato a seguito di amnistia. Il ministro degli interni Guido Buffarini Guidi e il presidente della provincia Oscar Uccelli furono condannati a morte nel 1945 dalla Corte d'Assise speciale in quanto le loro responsabilità furono considerate gravissime, ma mentre il primo venne giustiziato come criminale di guerra, il secondo fece ricorso in Cassazione e la Corte d'Assise di Brescia rifece il processo e lo condannò a 30 anni di reclusione. Uscì di prigione già nel 1947. Roberto Cenati e Antonio Quatela, Oltre il Ponte, (Storie e testimonianze della Resistenza in Zona 3) Porta Venezia, Città Studi, Ortica-Lambrate, Progetto "Il Futuro della Memoria", n. 2, ANPI 2009, pag. 200, 211 M. Griner, La “pupilla” del Duce. La Legione autonoma mobile Ettore Muti, Bollati Boringhieri, Torino 2004, p. 116 Franco Giannantoni, Fascismo e società nella Repubblica sociale italiana (Varese 1943-1945), Milano, Franco Angeli, 1984, pag. 692 Samuele Tieghi, Le corti marziali di Salò il Tribunale militare regionale di guerra di Milano (1943-1945), tesi di dottorato dell'anno accademico 2012/13, Scuola di Dottorato Humanae Litterae del Dipartimento Scienza della Storia e della Documentazione Storica, Tutor: Chiar.mo Prof. Luigi Bruti Liberati pag. 249 Sergio Leondi, Fischia il vento, ANPI, Milano 1985 Due estati, un inverno e la rossa primavera. Le Brigate Garibaldi a Milano e provincia (1943-1945), Milano, Franco Angeli, 1985 Leonida Calamida, Gli anni del dolore e della rabbia, ed. La Pietra, Milano 1987 Giovanni Pesce, Senza tregua - La guerra dei GAP, ed. Feltrinelli, Milano 1967 Dalla Resistenza, Amministrazione Provinciale, Milano 1972 Opuscolo commemorativo stampato a Milano il 12 ottobre 1945 con il discorso in memoria di Giovanni Cervi scritto da Giuseppe Bufferi Bulferetti, con una prefazione dell'Ing. Walter Salsi 1943-2003: nel 60º Anniversario della morte Giovanni Cervi Martire della libertà, a cura di Claudio de Biaggi, ANPI Sezione "Osvaldo Brioschi"- Ponte Lambro, 22 giugno 2003 Giovanni Cervi (partigiano) Carlo Mendel Beppe Ottolenghi Sentenza della Corte d’assise speciale n. 358 del 11 novembre 1946 contro i membri del Tribunale militare straordinario del 19 dicembre 1943 Sentenza in formato sfogliabile Scheda compilata dall'INSMLI e dall'ISEC sulla fucilazione all'Arena del dicembre 1943 Documentazione proveniente dalla famiglia Cervi con fotografia, discorsi, cronologia degli avvenimenti e articoli

Museo dei mobili e delle sculture lignee
Museo dei mobili e delle sculture lignee

Il Museo dei mobili e delle sculture lignee del Castello Sforzesco espone una nutrita collezione di mobili con una particolare attenzione per la storia del mobile lombardo. Gli ambienti espositivi del museo, ordinati cronologicamente a partire dal XIV secolo fino ai giorni nostri, sono situati in contiguità con le sale della pinacoteca situate anch'esse al primo piano della corte ducale del castello. Il Museo è parte del Museo delle Arti Decorative che espone le Civiche raccolte d'arte applicata appartenenti al Comune di Milano. Fu inaugurato quale Museo Artistico Municipale il 10 maggio 1900 al termine dei restauri del castello. La collezione si è formata attraverso donazioni, lasciti testamentari e acquisti, fra cuiː la collezione dei Mora (1908), famiglia di ebanisti di origine bergamasca l’eredità della famiglia Durini, l'acquisto del Palazzo Sormani Andreani (1930), con tutta la sua dotazione di arredi, il lascito degli arredi di casa Boschi Di Stefano il deposito di arredi delle residenze dei Savoia, Palazzo Reale e le Ville reali di Milano e Monza Fra le rarissime testimonianze di arredi originali di epoca sforzesca, sono espostiː Il cosiddetto Calice di Ludovico il Moro, calice in vetro cristallino di Murano, recante le insegne araldiche sforzesche sormontate dalla corona ducale la Cassettina damaschinata in ferro e oro, dove il Duca Ludovico conservava il suo testamento il Cassone dei tre duchi, cassone quattrocentesco di Bottega lombarda dipinto con i tre duchi Sforza a cavallo, Galeazzo Maria, Gian Galeazzo e Ludovico il Moro accompagnati da scudieri, probabilmente realizzato per il matrimonio tra Chiara Sforza, figlia di Galeazzo Maria, e Fregosino, figlio del doge di Genova Paolo Fregoso. Fra le altre opere di epoca rinascimentale spiccanoː il Coretto di Torchiara, struttura che si trovava in un angolo della cappella di San Nicomede nel Castello di Torrechiara (Parma) e permetteva ai signori del castello di assistere alle funzioni sacre separati dal resto dei fedeli. È decorata con formelle intagliate a motivi tardogotici, alternate con lo stemmi ed emblemi del condottiero Pier Maria Rossi. la Camera di Griselda caratterizzata da decorazioni tardo medievali sull'ultima novella del Decamerone e illustranti la storia del marchese di Saluzzo e del suo matrimonio con Griselda. La stanza è stata ricostruita con affreschi quattrocenteschi staccati dal castello di Roccabianca (nel parmense) e riproposta all'interno di una sala del museo mantenendo comunque fede alle proporzioni originali. Sculture appartenenti ad un Compianto su Cristo morto, del celebre intagliatore rinascimentale Giovanni Angelo del Maino Arazzi delle Arti Liberali, serie di arazzi prodotti dalla manifattura di Bruges, su cartoni di Cornelius Schut, allievo di Rubens, rappresentanti le raffigurazioni allegoriche. Dell'originaria serie di nove arazzi, provenienti da Palazzo Sormani, se ne conservano sei. Automa diabolico, proveniente dalla Wunderkammer del Museo Settala, collezione di oltre tremila oggetti a carattere artistico, naturalistico e scientifico raccolti dell'erudito milanese Manfredo Settala, progettista dell'automa. L'automa, azionato da una manovella, era in grado di muovere la testa, gli occhi e le orecchie. Stipo Genovese, appartenuto al vescovo Ulpiano Volpi, che riproduce un modellino in scala di Palazzo Tursi a Genova. Stipo Passalacqua, (bottega milanese, 1613) "artificiosissimo scrittorio" posseduto dal canonico comasco Quintilio Passalacqua, dall'elaborata decorazione architettonica a sfondo moralistico, con dipinti su rame del celebre pittore milanese Morazzone di soggetto biblico, e statuine in avorio di Guillaume Berthelot con le allegorie dei cinque sensi. Statua di Bacco con funzione di reggicandelabro, attribuita allo scultore genovese Filippo Parodi Il museo possiede la più vasta collezione esistente di opere del celebre ebanista Giuseppe Maggiolini, che acquistò presso la corte milanese dell'arciduca Ferdinando d'Asburgo-Este la sua fama poi diffusa presso tutte le corti europee all'inizio dell'Ottocento. La collezione spazia da un cassettone, opera giovanile, ancora movimentato da volute rococò, a cassettoni, tavoli e commode dalle pure linee neoclassiche, fra cui un cassettone intarsiato in palissandro e marmo, recante una figura allegorica opera del pittore di corte Andrea Appiani. Fra le opere del gusto detto storicista o eclettico, che ebbe a Milano grandissima diffusione a partire dalla metà dell'Ottocento, spicca la sala da pranzo progettata dal celebre scultore Ludovico Pogliaghi per la famiglia di Cristoforo Benigno Crespi. La sezione relativa ai mobili del ventesimo secolo documenta l'evoluzione dello stile, dall'eclettismo di Carlo Bugatti, alle creazioni Liberty di Alberto Issel, Carlo Zen, Eugenio Quarti, fino all'Art déco e allo "Stile Novecento" di Mario Sironi e Mario Quarti. Chiudono l'esposizione i recenti acquisti della seconda metà del Novecento, firmati tra gli altri da Carlo Mollino, Ettore Sottsass, Alessandro Mendini. Sono inoltre esposte anche una serie di sculture lignee e vari oggetti d'arte decorativa come ceramiche o servizi da tavola tra i quali, per esempio, un servizio da tè disegnato da Giò Ponti. Dagli Sforza al design. Sei secoli di storia del mobile, Claudio Salsi, Editore: Silvana, Anno edizione:2004 Il mobile italiano nelle collezioni del Castello Sforzesco a Milano, a cura di Claudio Salsi, testi di Giacinta Cavagna di Gualdana, Francesca Tasso, Milano: Skira, 2006 Castello Sforzesco Mobili d'arredamento Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Museo dei Mobili e delle Sculture Lignee Il nuovo allestimento dei mobili e delle sculture lignee dal XV al XXI secolo, su sito ufficiale del Castello Sforzesco (archiviato dall'url originale il 26 aprile 2012). Visita virtuale del museo, su sito ufficiale del Castello Sforzesco (archiviato dall'url originale il 18 giugno 2012).