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Giardino Vincenzo Muccioli

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Il giardino Vincenzo Muccioli, già giardino Stendhal, è un'area verde di Milano, sita nella zona sud-occidentale della città. Aperta al pubblico negli anni settanta del XX secolo e in seguito dedicata all'imprenditore Vincenzo Muccioli, ha una superficie di 9 000 m². Parchi di Milano Comune di Milano - Giardino Vincenzo Muccioli ex Giardino Stendhal, su comune.milano.it.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Giardino Vincenzo Muccioli (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori).

Giardino Vincenzo Muccioli
Via Cola di Rienzo, Milano Municipio 6

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Via Cola di Rienzo
20144 Milano, Municipio 6
Lombardia, Italia
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Primo quartiere popolare della Società Umanitaria
Primo quartiere popolare della Società Umanitaria

Il Primo quartiere popolare della Società Umanitaria o, nella sua iniziale denominazione, I quartiere operaio di via Solari è un complesso di edilizia residenziale pubblica di Milano costruito fra il 1905 e il 1906 dalla Società Umanitaria su progetto dell'architetto Giovanni Broglio. Il quartiere, realizzato in coincidenza con la grande Esposizione Internazionale di Milano del 1906, si sviluppa su un unico isolato sull'area allora nota come "Porta Macello" fra la via Solari (all'epoca via Solaro), la via Stendhal, la via Osvaldo Viani e la via Moisè Loria nel Municipio 6 di Milano nella parte sud ovest della città. Composto di 240 appartamenti fra monolocali, bilocali e trilocali, venne messo in opera nell'aprile 1905 e consegnato il 29 marzo 1906, allorché i primi mille occupanti poterono insediarvisi. Il costo dell'operazione immobiliare fu di Lire 909.000 di cui 788.000 di costi di materiali e 120.000 di costi per l'acquisto del terreno, di progettazione e di oneri finanziari. L'architettura del quartiere viene definita come liberty minore che non può presentare le elaborate decorazioni delle grandi dimore liberty borghesi del tempo: Broglio dovette infatti progettare il complesso con possibilità di spesa decisamente limitate che risultano nelle facciate lineari e omogenee e nelle decorazioni poco elaborate e prodotte in serie Il Primo quartiere popolare fu seguito, nel 1908, da una seconda struttura simile, a firma dello stesso Broglio, che venne eretta lungo l'attuale viale Lombardia, allora chiamata zona Rottole, e che prese il nome di Secondo quartiere popolare della Società Umanitaria o II Quartiere Operaio. Nell solco tracciato dalla medicina sociale di quell'epoca, attraverso la quale nuove norme igieniche venivano applicate a seguito delle ultime scoperte scientifiche soprattutto nel'àmbito della batteriologia, della parassitologia e della sierologia, e per stimolare la pulizia, l'igiene e la buona manutenzione dei fabbricati, l'Umanitaria stabilirà persino dei premi annui per quegli inquilini che avranno meglio conservato i locali a loro affidati”; in più nel quartiere esisteranno docce e bagni il cui uso era esteso anche al pubblico e non solo ai residenti. Saranno inoltre creati asili infantili, sale di allattamento comune e una bocciofila ancora esistente. Per completare il disegno dei servizi presenti all'interno del quartiere, il 18 ottobre 1908, alla presenza di Maria Montessori, la Società Umanitaria inaugurava la prima Casa dei Bambini di Milano, dando inizio a un esperimento unico nella storia dei servizi milanesi dedicati all'infanzia. L'intesa con la Montessori e l'applicazione del suo metodo proseguirà, nel 1909, con l'inaugurazione di una seconda Casa dei bambini che verrà aperta nel secondo quartiere operaio dell'Umanitaria di viale Lombardia. AA.VV., L'opera della Società umanitaria dalla sua fondazione ad oggi, 1. maggio 1911, a cura di Società Umanitaria, Milano, Cooperativa Tip. operai Milano, 1911, ISBN non esistente. Ospitato su archive.org. Archivio Storico della Società Umanitaria (a cura di), Quando l'Umanitaria era in via Solari. 1906. Il primo quartiere operaio (PDF). URL consultato il 9 agosto 2014 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016). Marco Andreula, Giovanni Broglio e l’edilizia popolare a Milano, 1905-1930 (PDF), Milano, Milano città delle scienze, 2010. URL consultato il 9 agosto 2014 (archiviato dall'url originale il 10 agosto 2014). Liberty milanese Moisè Loria Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Primo quartiere popolare della Società Umanitaria Germano Maifreda, Lavoro e società nella Milano del Novecento, Milano, FrancoAngeli, 2006, ISBN 9788846480316. URL consultato il 12 novembre 2014. Mappa del quartiere, su openstreetmap.org.

Museo delle culture (Milano)
Museo delle culture (Milano)

Il Museo delle Culture (Mudec) di Milano è un museo e polo espositivo inaugurato nel 2015, in concomitanza con Expo, dedicato alla valorizzazione e alla ricerca interdisciplinare sulle culture del mondo. Nel Mudec hanno trovato collocazione i reperti e le collezioni delle Raccolte extraeuropee del Castello Sforzesco. Gli spazi del museo costituiscono inoltre un polo espositivo per mostre ed eventi temporanei, organizzati sia dal Comune di Milano che dal concessionario 24 ORE Cultura. Da febbraio 2022 il museo costituisce inoltre il centro dell'Area Museo delle Culture, Progetti interculturali e Arte nello Spazio Pubblico. Il progetto del museo ha origine a partire dai primi anni novanta, quando il comune di Milano decide di acquistare e riqualificare gli stabilimenti dell'ex acciaieria Ansaldo, nel quartiere di porta Genova, allo scopo di trasformare l'area industriale ormai dismessa in un polo multidisciplinare destinato ad attività culturali. In questo contesto prende corpo l'idea di costituire uno spazio espositivo in cui ricollocare le Raccolte extraeuropee dei musei civici di Milano. Queste collezioni etnografiche, raccolte a partire dai primi anni del Novecento negli spazi espositivi del Castello Sforzesco, subiscono infatti gravi danni durante un bombardamento avvenuto nell'agosto del 1943. Dopo la seconda guerra mondiale e a seguito del riallestimento pensato da Studio BBPR, le opere vengono conservate nei depositi del museo e mostrate al pubblico solo in occasione di alcune mostre temporanee. La costituzione del Mudec si propone quindi di ridare visibilità a un patrimonio culturale di particolare valore e significato rimasto sin dal dopoguerra inaccessibile al pubblico per carenza di spazi espositivi. Nel 1999 venne lanciato dal comune di Milano un concorso internazionale per la progettazione del Mudec vinto l'anno successivo dallo studio dall'architetto britannico David Chipperfield. L'edificio, che occupa un'area di 17.000 mq, si sviluppa su due diversi piani. Il piano terra, destinato all'accoglienza dei visitatori, include lo Spazio delle Culture Khaled al-Asaad (principale sede delle attività del palinsesto di Milano Città Mondo e più in generale dell'Ufficio Reti e Cooperazione Culturale), una biblioteca specializzata, i depositi delle collezioni, un laboratorio di restauro e uno spazio dedicato all'infanzia e ai giovani visitatori (Mudec Junior). Il percorso espositivo vero e proprio è sviluppato all'interno del primo piano, articolato attorno a una grande piazza centrale coperta, l'Agorà, di forma quadrilobata. Tratto saliente dell'architettura è la contrapposizione fra le linee curve dello spazio di transito centrale e i volumi geometrici e regolari delle singole sale espositive, contrasto accentuato dalle diverse gradazioni di luce e colore dei diversi ambienti. Dall'Agorà è possibile raggiungere l'Auditorium, la Collezione Permanente e le mostre temporanee curate dal Comune di Milano (nello Spazio Focus) e dal concessionario 24 ORE Cultura. Dal 2018 un nuovo spazio espositivo è costituito da Mudec Photo. Il logo del museo, progettato nel 2015 da Studio FM Milano, è rappresentato da una "M" antropomorfa le cui variazioni grafiche rimandano alla diversità, grafica e culturale, delle raccolte stesse del museo. Le collezioni del Mudec raccolgono oltre 9000 fra opere d'arte e artigianato, oggetti quotidiani, tessuti e strumenti musicali provenienti da tutti i continenti del mondo e intendono fornire una rappresentazione della diversità assunta dalle culture dell'uomo nel tempo e nello spazio. Fanno parte delle collezioni reperti delle originarie Raccolte extraeuropee del Castello Sforzesco, istituite nel 1838 dal Museo civico di storia naturale di Milano con oggetti provenienti da esplorazioni, missioni di alcuni ordini religiosi, donazioni di nobili famiglie milanesi e viaggi compiuti in epoca coloniale (come la collezione raccolta da Giuseppe Vigoni, senatore del Regno d'Italia e sindaco della città di Milano), di cui il museo riconosce esplicitamente le opere di spoliazione. Nucleo fondante del patrimonio del museo sono le collezioni di arte e cultura dall'Oriente (provenienti in particolar modo da Cina e Giappone), dell'Africa e delle civiltà precolombiane. Integrate e allargate nel dopoguerra attraverso una politica di acquisizioni mirate, queste collezioni includono reperti di particolare pregio relativi alla produzione culturale e artistica di popoli e civiltà non europee in un arco cronologico che va dai primi secoli avanti Cristo fino al Novecento. Gli oggetti del museo includono una selezione della raccolta di Manfredo Settala, uno dei primi esempi di collezionismo di manufatti non europei in Italia, in comodato dalla Biblioteca Ambrosiana, che comprende esempi pregiati relativi all'ambito collezionistico dei naturalia (curiosità e reperti provenienti dal mondo animale, vegetale, minerale), artificialia (naturalia trasformati dall'uomo in modo mostruoso o artistico) e mirabilia ed exotica (naturalia ed artificialia capaci di suscitare stupore e meraviglia, espressione di culture lontane e sconosciute). La collezione permanente è stata inaugurata il 28 ottobre 2015 con l'allestimento "Oggetti d'incontro"; un secondo allestimento, "Milano Globale. Il mondo visto da qui" è stato aperto il 16 settembre 2021 ed è attualmente visitabile. Per la collezione permanente del Mudec l'ingresso è gratuito. È in corso la pubblicazione delle collezioni online. Repertori in aggiornamento sono disponibili sulle piattaforme Lombardia Beni Culturali, MEBIC - Musei e Biblioteche in Comune, e su Google Arts&Culture alla pagina dedicata al Mudec. Accanto alle collezioni permanenti, il Mudec ospita esposizioni, mostre temporanee e installazioni site-specific volte ad arricchire l'offerta culturale del polo museale e la sua vocazione a dare visibilità alle varie manifestazioni della diversità culturale. Tra le esposizioni realizzate si ricordano: Etnografia Antropologia Archeologia Musei di Milano Musei italiani con collezioni orientali Raccolte extraeuropee del Castello Sforzesco Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su MUDEC - Museo delle Culture Mudec - Sito ufficiale Mudec su Lombardia Beni Culturali Mudec su MEBIC (Musei e Biblioteche in Comune) Mudec su Google Arts&Cultures

Armani Silos
Armani Silos

L'Armani/Silos è uno spazio espositivo milanese situato in via Bergognone 40, che illustra l'esperienza professionale dello stilista Giorgio Armani. Inaugurato nel 2015 su idea dello stesso Armani che ne ha seguito anche il progetto, sorge nel luogo dove originariamente si trovava un deposito di granaglie di una grande industria multinazionale. L'edificio, costruito nel 1950, a seguito dell'intervento di ristrutturazione si sviluppa su quattro livelli per una superficie di circa 4 500 metri quadrati. La mostra di apertura, che si articola su tutti e quattro i piani, è un excursus sui 40 anni di lavoro dello stilista e comprende 600 abiti e 200 accessori, dal 1980 a oggi, delle collezioni Giorgio Armani. La selezione è suddivisa secondo alcuni temi che hanno ispirato e che continuano a ispirare il lavoro creativo dello stilista: Androgino, Etnie e Stars. La tematica "Androgino" vede l'esplorazione della giacca, elaborata dallo stilista sul concetto dell'androginia mescolando elementi della sartoria rigorosa maschile con elementi della morbidezza femminile. La tematica "Etnie" vede la forte influenza delle culture lontane negli abiti dello stilista, tra alcuni dei paesi che hanno ispirato Armani abbiamo Africa, Cina, India, Giappone, Arabia, Persia, Polinesia e Siria. La tematica "Stars" vede affrontato il tema del red carpet, del cinema, spettacolo, divi e dive che hanno indossato gli abiti dello stilista nel corso del tempo. Armani Silos ha anche ospitato nel tempo collezioni temporanee tra le quali si ricordano: Tadao Ando: The Challenge, Larry Fink: The Beats and the Vanities e Politecnico di Milano: About Futute. La ricerca di semplicità, la predilezione per le forme geometriche regolari e il desiderio di uniformità hanno dato vita a un'architettura sobria e monumentale al tempo stesso, seguendo la regola dell'ordine e del rigore. Controcorrente rispetto alla tendenza dell'architettura contemporanea, per il progetto di via Bergognone Giorgio Armani ha volutamente ricercato la forma razionale. E le aree relative alle varie attività all'interno dell'edificio sono state progettate con la stessa logica: rispondere con razionalità alle esigenze funzionali, sempre nel rispetto della natura del luogo. L'intervento ha conservato la curiosa sagoma originaria dell'edificio - la forma ricorda quella di un alveare, metafora di laboriosità - rafforzando l'identificazione tra il nuovo spazio espositivo e il dinamismo creativo di Giorgio Armani e la sua filosofia estetica che ricerca l'essenzialità liberando da orpelli e, in generale, da elementi superflui. Unico elemento distintivo è la finestra a nastro che segna il perimetro dell'edificio, quasi come una corona, definendone la massa compatta. All'interno l'edificio è organizzato secondo uno schema distributivo a basilica con un ‘foro’ aperto a tripla altezza sul quale si affacciano due livelli di navate laterali. I soffitti dipinti di nero, a contrasto con i pavimenti in cemento grigio, mostrano oltre alla struttura in ferro dei nuovi solai, tutti gli impianti elettrici, di riscaldamento e raffreddamento oltre a quelli di illuminazione. La scala centrale, che collega i quattro livelli e organizza il percorso, attraversa un vano verticale, lasciando percepire a chi sale la grande altezza e dimensione della struttura. La facciata a vetri del foyer, scabra ed essenziale, attira l'interesse e la curiosità dei passanti. Lo spazio propone, oltre all'esposizione, un gift shop, una caffetteria aperta sulla parte interna e l'archivio digitale. Quest'ultimo raccoglie schizzi, disegni tecnici esemplificativi e materiale relativo alle collezioni di prêt-à-porter e di Alta Moda ed è dedicato ai ricercatori e agli appassionati che desiderano approfondire il lavoro e l'universo stilistico di Giorgio Armani. Situato all'ultimo piano, l'archivio è consultabile gratuitamente e si avvale di un sistema di catalogazione sviluppato appositamente per Armani/Silos. Workstation, tavoli touchscreen e un'area proiezioni sono gli strumenti messi a disposizione del pubblico per la consultazione e lo studio. L'archivio raccoglie circa 1000 outfit suddivisi per stagioni e collezioni, 2000 capi e accessori, numerosi bozzetti, video di sfilata e di backstage, immagini tratte da Emporio Armani Magazine, foto di campagne pubblicitarie iconiche. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Armani Silos Sito ufficiale, su armanisilos.com.

Casa Bassanini
Casa Bassanini

La Casa d'appartamenti Bassanini in via Foppa è un edificio storico di Milano, sito in via Foppa al civico 4, nelle vicinanze del parco Solari. Fu realizzata fra il 1930 e il 1934 su progetto dell'architetto Piero Portaluppi e su commissione dell'impresa appaltatrice S.A. Magnaghi & Bassanini. Ingegnere strutturale fu Paolo Mario Boschini. L'edificio fu commissionato in concomitanza con la liberazione dell'intera area dello scalo bestiame ferroviario che serviva il vicino Macello pubblico e la conseguente realizzazione del parco Solari. La casa d'appartamenti di via Foppa segna un netto stacco rispetto alle precedenti architetture del Portaluppi per la mancanza di elementi decorativi in facciata. La fronte dell'edificio risulta evidentemente ripartita in tre partiti: i due piani comprendenti la zoccolatura, il secondo a vetrata e il terzo comprendente l'ordine superiore originariamente distribuito su cinque piani oggi portati a sei. L'edificio presentava all'ultimo piano una grande terrazza, in origine di pertinenza del secondo piano, e oggi occupata dal rialzo con cui è ottenuto l'ultimo piano. La facciata mostra un andamento orizzontale accentuato dalla serie dei balconcini che ne occupano l'intera larghezza. Il progetto originale dell'edificio, realizzato con ossatura di cemento armato e muratura di mattoni, prevedeva 89 locali oltre i servizi e le anticamere e un piano seminterrato adibito a uffici; le terrazze realizzate nel corpo interno e in quello esterno coprivano una superficie di 500 m², i balconcini verso i cortili occupavano 25 m² mentre i balconi verso strada avevano una superficie complessiva di 75 m².

Parco Don Giussani
Parco Don Giussani

Il parco Don Giussani (ex parco Solari), è uno dei parchi cittadini di Milano. Realizzato nel 1935 su progetto dell'architetto Enrico Casiraghi e intitolato nel 2006 a Don Giussani (1922-2005), fondatore del movimento ecclesiale cattolico Comunione e Liberazione, si estende su un'area trapezoidale di poco più di quattro ettari compresa fra le vie Solari, Montevideo e Vincenzo Foppa e il viale Coni Zugna nel Municipio 6 di Milano. Il parco è servito dalla fermata Sant'Agostino della linea M2 verde della metropolitana. La creazione del parco fu affidata ad Enrico Casiraghi, progettista nello stesso periodo anche del parco Lambro, e pensata per dotare di verde l'area precedentemente occupata dallo scalo bestiame che serviva il vicino Macello pubblico. Inizialmente il parco era attraversato da un tratto a cielo aperto dal fiume Olona, che sfociava nella Darsena di Porta Ticinese; in seguito l'Olona fu prima coperto e successivamente deviato completamente lungo i viali della circonvallazione esterna, per evitare il rischio di inquinamento dei Navigli. Nel 2004 l'area è stata sottoposta a lavori di riqualificazione che hanno tra l'altro fornito il parco di migliore illuminazione e di un sistema di videosorveglianza e ospita, fra le altre attrezzature, una piscina comunale coperta progettata nel 1963 dall'architetto Arrigo Arrighetti (Piscina Solari). Tra le piante ad alto fusto, ricordiamo: acero di monte e argentato, cedro dell'Atlante e dell'Himalaya, ippocastano, albero di Giuda, mirabolano, farnia, carpino bianco, Faggio, magnolia, olmo, platano, pruno, quercia, pioppo cipressino; tra gli arbusti, diverse varietà di ortensia e di rosa; a cura delle guardie ecologiche, è stato predisposto un "percorso botanico", con una piccola guida descrittiva delle essenze. Al centro del parco, una fontana sgorga dal ceppo (formazione rocciosa) della valle del Lambro; poco distante una scultura di Kan Yasuda, la "Porta di ritorno" rappresentante un pistacchio. Quattro sono le aree gioco e tre gli spazi recintati per i cani. AA. VV., Enciclopedia di Milano, Milano, Franco Maria Ricci Editore, 1997. Comune di Milano - Arredo, Decoro Urbano e Verde - Settore Tecnico Arredo Urbano e Verde, 50+ parchi giardini, Comune di Milano / Paysage. ed. 2010/2011 Olona Parchi di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su parco Don Giussani Parco Don Giussani ex Parco Solari, su comune.milano.it, Comune di Milano. URL consultato il 16 ottobre 2014.