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Giardino Bruno Munari

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Il giardino Bruno Munari è un'area verde di Milano, sita nella zona settentrionale della città. Realizzata nel 2005 e dedicata al designer Bruno Munari, ha una superficie di 9 100 m².

Estratto dall'articolo di Wikipedia Giardino Bruno Munari (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori).

Giardino Bruno Munari
Via Rinaldo Rigola, Milano Municipio 9

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Via Rinaldo Rigola
20159 Milano, Municipio 9
Lombardia, Italia
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Teatro Fontana

Il Teatro Fontana è un teatro di Milano, sede della compagnia di produzione Elsinor. Il Teatro Fontata è stato costruito all'interno del Santuario di Santa Maria alla Fontana, nei cui chiostri vengono allestite performances. Il Teatro Fontata è gestito da Elsinor, centro di produzione teatrale riconosciuto dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Oltre la sede di Milano gestisce anche il Teatro Cantiere Florida di Firenze e il Teatro Giovanni Testori a Forlì. Presidente del Centro Elsinor è Gianluca Balestra che si occupa anche della direzione artistica del Teatro Cantiere Florida di Firenze. Dal 2000 è sede di Elsinor Teatro Stabile d’Innovazione che ne ha assunto la direzione, avviando un progetto di rinnovamento e qualificazione artistica, dando spazio ai talenti emergenti nel panorama teatrale italiano. Al centro della programmazione vi è l’attenzione al teatro dello spirito e ai linguaggi della drammaturgia contemporanea, il confronto con la tradizione e le nuove prospettive di lettura dei testi classici, nonché la programmazione di spettacoli per bambini. Ne è sintomo la rassegna SEGNALI, Festival di teatro per le nuove generazioni, giunto alla XXXIV Nel corso degli anni, il Teatro Fontana è diventato punto di riferimento per il quartiere e la città. La programmazione proposta spazia da appuntamenti serali, a matinée dedicate alle scolaresche, fine settimana dedicati a spettacoli per le famiglie e un festival jazz. Le linee guida del teatro mirano a tutelare il classico e a valorizzare il contemporaneo, tradizione e innovazione, scrittura e riscrittura, drammaturgie originali e testi appartenenti al patrimonio culturale comune:. Tante e differenziate sono le proposte artistiche: la prosa serale, gli spettacoli in matinée per le scuole, i weekend dedicati alle famiglie, il festival Jazz e le rassegne di danza contemporanea sono attività che nel corso della stagione attraggono un pubblico eterogeneo e variegato. Oltre ad un solido progetto educativo offriamo intrattenimento culturale di alta qualità grazie ad un’attenta scelta degli spettacoli ospiti e al grande sforzo produttivo compiuto annualmente per offrire alla città sempre nuove visioni. Il lavoro sul territorio si affianca a quello compiuto a livello nazionale dalle tournée firmate Elsinor che toccano i principali teatri italiani. Le linee guida del teatro mirano a tutelare i classici lasciando spazio alla drammaturgia contemporanea, combinando tradizione e innovazione, scrittura e riscrittura e inserendo in cartellone drammaturgie originali e testi appartenenti al patrimonio culturale comune. Negli anni è stata incrementa in qualità e quantità la progettualità, offrendo alla città nuove ed interessanti occasioni di spettacolo e dando spazio ai talenti emergenti nel panorama teatrale italiano. Tante le proposte fra produzioni di teatro di prosa, teatro per i ragazzi, ospitalità, formazione, residenze artistiche e progetti internazionali che creano un itinerario nella tradizione aprendo però dei varchi sulla drammaturgia contemporanea. È da segnalare la rassegna di nuova drammaturgia ITACA. Dal 2012 la direttrice artistica del Teatro Fontana è Rossella Lepore. La direzione artistica si prefigge come obiettivo tutelare il classico e la tradizione, i testi appartenenti al patrimonio culturale comune, promuovendo al tempo stesso l'innovazione e dando voce alle drammaturgie originali o alle riscritture. Antonio Latella Sito ufficiale, su teatrofontana.it. Teatro Fontana, su distrettoisola.it. Teatro Fontana, su milanoinscena.it.

Cimitero della Mojazza
Cimitero della Mojazza

Il cimitero della Mojazza (o della Moiazza), storicamente chiamato cimitero di Porta Comasina, poi di Porta Garibaldi, era uno dei cinque cimiteri cittadini, collocati fuori dalle porte di Milano, soppressi negli anni successivi all'apertura del monumentale e del Cimitero Maggiore. Sorto nel 1685 presso la cascina Mojazza, fuori da porta Comasina, in un'area individuabile oggi fra le vie Jacopo Dal Verme, Cola Montano, Angelo della Pergola e piazza Archinto, venne in seguito trasferito nel 1786 in un'area corrispondente all'attuale piazzale Lagosta. L'intera area cimiteriale faceva capo alla vicina Chiesa di Santa Maria alla Fontana, mentre l'ingresso era vicino alla via Perasto, allora conosciuta come strada della Magna, da cui prese il suo nome l'ampia area incolta a est dell'Isola. Nel cimitero trovarono sepoltura, nel corso dei secoli, personaggi illustri fra i quali Cesare Beccaria, Giuseppe Parini, Melchiorre Gioia e Francesco Melzi d'Eril. La tradizione vuole che qui venissero sepolti i resti ancora sanguinolenti dello sventurato Ministro delle finanze del Regno Italico Giuseppe Prina, assassinato dalla folla nei pressi della sua abitazione il 20 aprile 1814. Nei giorni successivi l'assassinio sarebbero apparsi all'ingresso del cimitero i seguenti versi: «PER L'OCCULTA PIETÀ DI UOMINI ONESTI / GIACCIONO QUI DEL PIÙ FEDEL MINISTRO / I MASSACRATI MISERANDI RESTI» L'appellativo mojazza, che identificava sia il cimitero che la vicina cascina Mojazza, derivava dalla peculiarità del terreno dell'area, fortemente imbevuto d'acqua piovana ristagnante e che filtrava dai vicini corsi d'acqua; il verbo mojà, in dialetto milanese, significa infatti inzuppare, ammollare o intingere in un liquido, da cui il sostantivo mojàscia che sta per poltiglia, melma, fanghiglia. La particolarità acquitrinosa del terreno determinò poi l'inservibilità del primo cimitero e ne impose la chiusura nel 1786. Nella sua esistenza precedente il 1685 il cimitero della Mojazza era un semplice foppone o fossa, con una cappella e circondato da una siepe, utilizzato per inumarvi alla rinfusa i morti provenienti dalle terre vicine. Più tardi abbandonato, il primo vero cimitero fu aperto nel 1685 a cura dei deputati della Congregazione della veneranda fabbrica della S. Croce (già custodi del precedente foppone), insieme con l'architetto Andrea Biffi, poi sepolto nella chiesa di Sant'Antonio Abate. Il cimitero sorse per sopperire alla mancanza di spazio all'interno dei cimiteri cittadini che sorgevano nei pressi delle chiese. Vi vennero pertanto deposti i resti riesumati da quelli. Dopo che l'imperatore d'Austria Giuseppe II nel 1782 aveva abolito la sepoltura dei morti all'interno delle mura cittadine, mentre gli altri cimiteri extraurbani si andarono ad ingrandire per consentire un maggior numero di sepolture, il cimitero della Mojazza - giudicato inservibile dai fisici collegiati conservatori del Tribunale della sanità - rimase pressoché immutato. L'inservibilità del cimitero era già emersa col trasferimento della salma di santa Purissima dall'oratorio di San Giuseppe (interno al cimitero) alla chiesa della Santissima Trinità. Il 28 gennaio 1788 la corporazione ecclesiastica - proprietaria dei fopponi extramurali - ne faceva formalmente dono alla città. Tuttavia, fra questi non era annoverato il vecchio cimitero della Mojazza, alienato due anni prima dalla Confraternita di San Giuseppe, per pagare i debiti. Sull'area sconsacrata andarono a sorgere ben presto diverse abitazioni private; all'interno della vecchia chiesetta della Congregazione si insediò invece l'Osteria del Buongiorno, ancora nota ai più vecchi abitanti del quartiere Isola. L'assoluta necessità di un cimitero in zona, tuttavia, portò il Comune ad acquistare 16 pertiche di terreno dei padri minimi di San Francesco da Paola (della vicina chiesa di Santa Maria alla Fontana) il 17 febbraio 1786 per disporvi il nuovo cimitero che andava così a soppiantare il precedente. Il nuovo cimitero si estendeva principalmente sull'odierna area che copre il piazzale Lagosta, più porzioni delle attuali: viale Zara, via Pola, via Volturno e via Traù; l'entrata sorgeva ad ovest, ovvero consisteva in un vialetto (strada della Magna) accessibile da via Pietro Borsieri. Nel 1793 venne realizzata la cappelletta del cimitero, con un altare con palio di legno, sul quale era stata dipinta una raffigurazione di anime del Purgatorio, liberate dalle loro pene. Il campo cimiteriale, non troppo vasto, era caratterizzato da due viali che si incrociavano nel centro, laddove s'ergeva una colonna votiva. I morti venivano di volta in volta sotterrati senza una precisa regola, se non a discrezione del capo-sepoltore o delle famiglie dei defunti. Le persone di censo più elevato, invece, avevano il privilegio di poter essere sepolte lungo il muro di cinta, che andò via via coprendosi di numerose lapidi che ricordavano patrioti, scienziati, legislatori, letterati e artisti. Un ultimo ampliamento del cimitero fu eseguito nel 1817, con l'aggiunta di una zona incolta sul lato orientale, che andò ad aumentarne la capienza. Venne soppresso il 22 ottobre 1895. Ripulito dai resti delle sepolture, fatte poi trasferire al Maggiore, il vecchio cimitero della Mojazza venne ceduto come campo sportivo all'Unione Sportiva Milanese. A partire dagli anni venti si procedette all'edificazione dell'area con il grosso caseggiato realizzato dall'Istituto anonimo case popolari, architetto Enrico Agostino Griffini, sorto come civico 1 di piazzale Lagosta. Una parte del muro di cinta del vecchio cimitero sopravvisse e chiude ancora oggi il secondo cortiletto dell'edificio realizzato nel 1925, dove ancora oggi si trova affissa al muro una copia della lapide dedicata a Giuseppe Parini. La restante parte di terreno, non rientrando nella lottizzazione dell'isolato, andò a confluire nel vasto piazzale Lagosta, da cui aveva origine il nuovo viale per Monza. Sono anche visibili due colonne in pietra situate all'angolo di via Lario e via Francesco Arese che delimitavano uno degli ingressi del cimitero. Dell'esistenza, sotto il tessuto edilizio del quartiere Isola, di questi due vecchi cimiteri al giorno d'oggi s'è quasi completamente persa la memoria. Questa sembra sopravvivere soltanto all'interno del quartiere, dove qualcuno fra gli storici residenti nato e cresciuto fra la via Jacopo Dal Verme, via Angelo Della Pergola, via Cola Montano e piazzale Archinto (praticamente l'area occupata dal primo cimitero) sostiene di aver visto o sentito in passato dei fantasmi. Tragico e curioso addirittura l'aneddoto spesso riportato secondo cui al suono delle sirene, quando si fuggiva nei rifugi per salvarsi dai bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale, capitava di vedere proiettate sulle pareti ombre terrorizzate, che sparivano poi al cessato allarme. Diverse erano state nel corso degli anni le varie sepolture illustri che qui trovarono spazio. Dopo la sua soppressione vennero prescritte le esumazioni dei resti di diversi personaggi; tuttavia il disordinato sistema di sepoltura e una più generale approssimazione portarono alla dispersione di resti illustri o addirittura alla confusione con altre ossa anonime, conservate negli ossari comuni. Fra queste, le sepolture di Cesare Beccaria e quella di Giuseppe Parini, caratterizzata quest'ultima da una croce sulla quale la X del Monogramma di Cristo era formata da due J incrociate, in modo da significare con la lettera P «Joseph Parini Jacet». Nel giugno del 1922 la lapide sepolcrale del Parini venne ritirata dal deposito del Cimitero Monumentale da Giuseppe Trapani, economo bibliotecario della Braidense, e da lui depositata presso Brera ove sarebbe stata collocata in cima alla scala della Biblioteca. Si ritiene che tale lapide sia quella originale, un tempo collocata nel vecchio cimitero della Mojazza e portata poi nei depositi del Monumentale. Ecco un breve prospetto cronologico in cui si ripercorrono le più illustri sepolture che vennero ospitate alla Mojazza. Cesare Beccaria (1738-1794), giurista ed economista milanese Giuseppe Parini (1729-1799), poeta e letterato milanese; la lapide è stata murata all'ingresso della Biblioteca di Brera il 15 luglio 1922 Martin Knoller (1725-1804), celebre pittore tirolese, insegnante all'Accademia di Brera Giuseppe Prina (1766-1814), sventurato ministro delle Finanze del Regno d'Italia Francesco Melzi d'Eril (1753-1816), nobile milanese, vicepresidente della Repubblica Italiana Scipione Breislack (1750-1826), geologo e naturalista italiano, di origini svedesi Melchiorre Gioia (1767-1829), noto economista e intellettuale milanese. Il nome è però indicato, probabilmente erroneamente, anche al Fopponino di Porta Vercellina Angelo Cesaris (1749-1832), abate e astronomo, direttore dell'Osservatorio astronomico di Brera Barnaba Oriani (1752-1832), matematico e astronomo milanese; la lapide è stata trasportata nell'atrio della Certosa di Garegnano. Il nome è però indicato, probabilmente erroneamente, anche al Fopponino di Porta Vercellina Pietro Pestagalli (1776-1853), architetto milanese Camillo Pacetti (1758 - 1826), scultore italiano; suoi lavori sono visibili sulla facciata del Duomo di Milano e all'arco della Pace Carlo Mozart (1784-1858), funzionario municipale alla contabilità, figlio di Wolfgang Amadeus Mozart Carlo Tedeschi, Origini e vicende dei cimiteri di Milano e del servizio mortuario, Milano, Giacomo Agnelli, 1899 Gaetano Crespi, La Mojazza, frammento della Milano vecchia, Milano, 1911 Almanacco della famiglia meneghina, Milano, Ceschina, 1966 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su cimitero della Mojazza

Isola (Milano)
Isola (Milano)

L'Isola (l'Isola in dialetto milanese, AFI: [ˈiːzula]) è un quartiere di Milano. Fa parte del Municipio 9, di cui costituisce il (quartiere) N.I.L. n. 11, detto ufficialmente "Isola", come recentemente definito dal Comune di Milano. L'Isola è il quartiere di Milano situato a nord di Porta Garibaldi (fino al 1860 chiamata Porta Comasina). Ha origine dal borgo lineare che dal primo Ottocento si era sviluppato “fuori porta” ai lati dell'antica strada Comasina nel Comune dei Corpi Santi, a spese della preesistente campagna. Dal 1878 la strada Comasina ha preso i nomi attuali di corso Como fino a quella che oggi è la stazione Garibaldi, e oltre la stazione, più a nord, di via Borsieri, seguito da via Thaon di Revel, poiché da metà Ottocento la continuità della strada e del suo borgo è stata interrotta dalla costruzione trasversale degli impianti ferroviari che fanno capo a questa stazione. Così il quartiere è composto di due parti, la sud più vicina al centro cittadino e la nord oltre le ferrovie. Originariamente, il nome Isola veniva attribuito dai milanesi a tutta la zona immediatamente a nord di porta Garibaldi, del ponte delle Gabelle e di porta Nuova, a sud della Fontana, a sud-ovest delle Abbadesse, ad ovest del centro direzionale, ad est della zona Farini; limiti indicativi e fluttuanti, poiché i cosiddetti “quartieri” di Milano non avevano un tempo confini ufficialmente stabiliti. Ma recentemente, il Comune di Milano ha introdotto, all'interno dei 9 Municipi, un'ulteriore ripartizione in 88 (quartieri), detti N.I.L. (Nuclei di Identità Locale), riservando il nome "Isola", n. 11, alla sola parte del vecchio borgo situata a nord della stazione Garibaldi. La corrispondente parte del vecchio borgo situata a sud della stazione Garibaldi, completamente snaturata dalle costruzioni ferroviarie e dal progetto Porta Nuova, è stata unita alla zona dove un tempo esisteva la ex stazione Centrale di Milano (la prima, del 1864); all'insieme così accorpato è stato attribuito il nome complessivo di "Porta Garibaldi Porta Nuova", N.I.L. n. 9. Il toponimo Isola era frequentemente usato nei terreni irrigui, talvolta attribuito a cascine. Costruzioni solitarie nella campagna circostante, gruppi di campi delimitati da corsi d’acqua apparivano come vere e proprie "isole". Il terreno, originariamente agricolo, su cui dall'Ottocento in poi è stato costruito il quartiere era ed è ancora ricco di acque (Seveso, Martesana, Redefossi e risorgive). Il nome Isola usato in questa zona è documentato da almeno tre secoli. Nella mappa di primo rilievo del Catasto Teresiano degli anni 1720-23, conservata nell’Archivio di Stato di Milano, di cui qui viene riprodotto un particolare, dall’inizio della strada uscente dalla allora Porta Comasina (dal 1860 chiamata Porta Garibaldi), dove oggi c’è il numero civico 1 di corso Como, è disegnata una costruzione rettangolare lunga e stretta, isolata nella campagna, estesa per circa 60-70 metri verso nord, su cui è scritto: " INSOLA de Porta Comasina". Su questa mappa, attorno alla costruzione risultano solo orti, prati, terreno a viti (allora si faceva il vino anche a Milano, come nella vigna di Leonardo vicino a Santa Maria delle Grazie). Più avanti sulla Comasina, che si allontana da Milano in direzione nord, sono disegnate la cascina Magna subito ad est e ancor più innanzi ad ovest la Chiesa di Santa Maria alla Fontana, il confine nord del quartiere. La Comasina costituiva (come oggi) una delle più importanti strade commerciali tra Milano, la Brianza, i laghi e la vicina Svizzera, tramite di scambio di merci e persone. Le mura spagnole, per secoli e fino agli inizi del Novecento, fungevano anche da cintura daziaria di Milano. All'esterno della cintura daziaria, in prossimità delle porte cittadine, nel tempo erano sorti depositi in cui i commercianti all'ingrosso immagazzinavano le merci (vino, sale, ecc.) che i negozianti della città venivano a ritirare, pagando (anche) il dazio nel momento in cui le facevano entrare a Milano. L'Isola di Porta Comasina era probabilmente uno di questi depositi sorvegliati, formato da più recinti protetti da muri robusti, almeno in parte coperto e comprendente gli alloggi dei custodi, guardie daziarie, ecc. e stallaggi per animali e carri; analoghi per funzione agli attuali magazzini doganali della zona Farini. All'estremità del complesso più vicina a Milano, sulla mappa si legge Bolino della cita, cioè: "Bollino della Città". Una delle tante osterie/depositi di vino di Milano situate appena all'esterno della cintura daziaria, dove chi voleva introdurlo in città pagava (l'odiato) dazio sul vino. Le botti e gli altri contenitori di vino potevano entrare in città solo se muniti dell'apposito "bollo". Nell'Ottocento, la costruzione indicata nelle mappe catastali del Settecento come Isola di Porta Comasina non era più “isolata”, perché accanto e intorno, lungo la strada, erano sorti altri edifici e la zona era ormai urbanizzata. Sulle mappe “turistiche” ottocentesche, all’estremità della costruzione più vicina alla porta cittadina appare la scritta Mezza lingua, dall'Osteria della Mezza Lingua . L'esercizio, poi anche albergo, era succeduto al Bollino del secolo precedente nella medesima favorevole posizione commerciale e durò fino agli inizi del Novecento. Noto ai milanesi per il vino (non gravato dal dazio, se bevuto sul posto) e come luogo di arrivo/smistamento di stampati patriottici/clandestini provenienti dall'estero, come dalla tipografia di Capolago sul lago di Lugano. Tuttavia il toponimo Isola in questa zona rimane presente anche nelle successive mappe di Milano, come quella di Clarke del 1832, in cui appena dopo l’uscita dalla città dal Ponte delle Gabelle, sulla sponda est del Naviglio della Martesana si legge la denominazione "Isola Bella", relativa ad un’altra osteria (in seguito divenuta albergo, in esercizio fino al 1975, come da registro della Camera di Commercio di Milano), che fungeva da prima fermata delle diligenze sulla strada postale Milano–Monza, in luogo distante circa 300 metri dall'Isola di Porta Comasina disegnata sulla mappa del Settecento. L’osteria/albergo "Isola Bella" era anche meta di gite fuori porta, come risulta da documentazione iconografica di metà Ottocento, al pari della successiva Cassina de' Pomm, situata più avanti, sempre sul Naviglio Martesana. L’edificio originario dell'albergo Isola Bella esiste ancora, in stato di rudere; dal 2021 è oggetto di un progetto di ricupero, per utilità sociale, al pari del vicino e più recente bell’edificio delle Cucine Economiche (Arch. Broggi, 1883) in via Monte Grappa. Di fianco all'albergo, sull'attuale via Monte Grappa, c'era la Gabella del sale, , un deposito di questa merce dove si pagava l'omonima gabella. Probabilmente i milanesi già a inizio Ottocento usavano il nome Isola per riferirsi a tutto il borgo sviluppatosi ai lati della strada Comasina, a nord della porta omonima, del ponte delle Gabelle e della porta Nuova, per estensione del nome attribuito alla prima (e per molto tempo unica) costruzione già presente sulla Comasina all'inizio del Settecento, disegnata sulla mappa catastale citata. Si tratta quindi di una leggenda metropolitana, pur diffusa su moltissimi siti internet, quella che erroneamente afferma che l'Isola sarebbe stata così chiamata perché zona "isolata" dal resto di Milano dalle costruzioni ferroviarie. In realtà, le ferrovie sono state inventate e costruite quando il nome Isola era già in uso da circa 120 anni; nella zona, la prima è stata la ferrovia Milano-Monza, costruita nel 1840 a nord del Ponte delle Gabelle, seguita poi dalla prima stazione Centrale di Milano (1864) e oggi dalla stazione Garibaldi, del 1961. Il toponimo Isola non era registrato in alcuna carta ufficiale, salvo quelle del Catasto Teresiano, fino al 2014, quando è stato attribuito alla stazione della M5, situata all’angolo tra via Volturno e via Sebenico. Paradossalmente, il toponimo Isola si è spostato a circa 750 metri a nord-est dalla prima costruzione del 1720 di cui si è detto. La zona che vi aveva dato origine, oggi, diversamente configurata, fa parte del "NIL Porta Garibaldi Porta Nuova", n 9 e (per lo meno dal punto di vista della burocrazia comunale) non può più fregiarsi del suo antico nome. Storicamente l'Isola si sviluppa come un borgo lineare lungo l'antica strada che da Milano, uscita da Porta Comasina, portava fino a Como. Fino a metà Ottocento, in quest'area fuori dalle porte di Milano, dove iniziava il Comune dei Corpi Santi, tranne poche eccezioni, non esistevano case d'abitazione o edifici. L'antico tracciato della strada che portava a Como, lungo il quale si è sviluppata l'Isola, è costituito attualmente da corso Como e dalla vecchia via Borsieri che un tempo comprendeva anche l'attuale via Thaon di Revel. Tale percorso venne completamente interrotto nel 1865 quando traversalmente alla strada Comasina si costruì la ferrovia, dividendo in due il borgo che gradualmente si stava sviluppando lungo la strada stessa. Per ripristinare il percorso per Como, nel 1880 fu aperta più a ovest nelle mura spagnole la nuova porta Volta, da cui partiva in direzione di Como l'attuale via Farini. La via Farini si incrociava con la ferrovia passando sotto il Ponte (ferroviario) della Sorgente, che prese il nome dalle risorgive che caratterizzavano la zona. A garantire una parziale continuità fra corso Como e la via Borsieri venne invece realizzata solo una passerella pedonale. L'Isola andò a caratterizzarsi nel corso degli anni per una forte componente di abitazioni destinate ad operai, molti dei quali lavoravano nelle vicine fabbriche, come per esempio il Tecnomasio Italiano Brown Boveri, lo stabilimento della Pirelli (in Ponte Seveso) e l'Elvetica (in via Melchiorre Gioia), oltre che ovviamente nei vicini impianti ferroviari. Scampati i bombardamenti, pur rimanendone ferita, nell'immediato dopoguerra sull'Isola cala lo spettro di un grosso "asse attrezzato" che la avrebbe dovuta attraversare, tagliandola, e collegare l'Arco della Pace con il piazzale Lagosta. Il progetto trova la sua ufficialità nel Piano del 1953, a seguito del quale negli anni successivi cominciano gli espropri e le relative demolizioni da parte del Comune. La ferrovia viene arretrata, con la realizzazione della nuova stazione di testa di Porta Garibaldi. Anche attorno alla ferrovia si procede a colpi di esproprio sia per la realizzazione della nuova stazione sia per la realizzazione del centro direzionale previsto dal piano. Lo stesso corso Como viene dimezzato nella sua estensione. Tuttavia la forte opposizione degli abitanti dell'Isola, gli eccessivi costi degli espropri e la mutata convinzione sulla necessità di una simile autostrada urbana portarono il Comune a fare un passo indietro. Residuo del progetto incompiuto "asse attrezzato" è, sopra i binari di Porta Garibaldi, un enorme spezzone stradale largo sei corsie che avrebbe consentito lo scavalco della ferrovia; ultimo fra i collegamenti fra il quartiere e la città (visto che la passerella era stata demolita nel 1958 in favore del successivo sottopasso provvisorio di corso Como, che durò fino al 1960). Verrà dedicato a don Eugenio Bussa, storico prete dell'oratorio del Sacro Volto all'Isola, in prima fila egli stesso contro l'attuazione del piano. Dopo diversi anni dalla sua posa venne dotato di due rampe, che consentono tuttora il passaggio (pedonale e, in un solo senso di marcia, veicolare) da Milano all'Isola. Negli ultimi anni il quartiere ha subito una progressiva rivalutazione, protagonista in parte anche di una più lenta ma progressiva sostituzione del caratteristico ceto popolare e operaio che la contraddistingueva. Proprio nel quartiere, infatti, si ergono le due torri del Bosco verticale, edificate all'interno del più generale Progetto Porta Nuova. Il Cimitero della Mojazza era un cimitero storico dell'Isola, aperto nel 1685, che derivava il suo nome dalle caratteristiche del terreno su cui sorgeva, fortemente imbevuto d'acqua e quindi estremamente fangoso; il verbo mojà, in dialetto milanese, significa infatti inzuppare, ammollare o intingere in un liquido, da cui il sostantivo mojàscia che sta per poltiglia, melma, fanghiglia. Nel cimitero avevano trovato sepoltura, nel corso dei secoli, personaggi illustri quali Cesare Beccaria, Giuseppe Parini e Melchiorre Gioia. L'intera area cimiteriale faceva capo alla vicina Chiesa di Santa Maria alla Fontana, mentre l'ingresso era sulla via Perasto, allora conosciuta come strada della Magna, da cui prese il suo nome l'ampia area incolta a est dell'Isola. Il cimitero venne soppresso il 22 ottobre 1895 in concomitanza con l'apertura del nuovo Monumentale, in cui vennero trasferiti i resti dei personaggi più famosi sepolti alla Mojazza. A causa dell'estrema approssimazione delle operazioni e dell'impossibilità, in molti casi, di individuare con precisione la loro esatta sepoltura, nella maggior parte dei casi i resti andarono perduti con la soppressione del cimitero. Passata ormai alla storia ma ancora viva nei ricordi, la cosiddetta Magna era un largo spazio situato in fondo a via Sebenico, che prendeva il nome da una storica cascina che qui vi sorgeva Nella mappa catastale del 1720-23 qui allegata, la cascina situata sul lato est della strada Comasina (ora via Borsieri angolo via Sebenico) è indicata come “cassina de Magni”. L'area era quella adiacente al Bivio della Magna, sul vecchio tracciato per Monza dismesso dalle Ferrovie a seguito dell'attivazione del nuovo nodo ferroviario nel 1931 e della nuova Stazione Centrale. Successivamente, cresciuta a pratone incolto, era diventata luogo di ritrovo per i giovani dell'Isola, unico spazio all'aria aperta, lontano dai malconci cortili delle abitazioni popolari del quartiere. Nell'agosto del '43, quando i bombardamenti anglo-americani distrussero diversi stabili anche dell'Isola, vennero accumulate nella Magna (così come in piazzale Archinto) le macerie degli edifici distrutti. L'area a prato si ridusse drasticamente, rimanendo solo un passaggio che collegava via Sebenico con via Pola, mentre ciò che restava libero venne in seguito trasformato in orto. La situazione si è mantenuta sostanzialmente immutata per molti anni prima che la costruzione di nuovi edifici (attualmente fronteggianti il Palazzo della Regione) occupassero l'area. Curiosamente, per la generazione successiva la Magna era riconosciuta come l'area analogamente dismessa e incolta più prossima alla via Melchiorre Gioia. L'Isola, forte della propria tradizione popolare e operaia, visse intensamente la Resistenza partigiana. A perpetuarne la memoria venne posto il 25 aprile 1972, in via Sassetti, all'altezza dello sbocco con via Melchiorre Gioia, un monumento ai caduti del quartiere, che verrà poi, nel dicembre del 2009, trasferito nel più centrale piazzale Segrino, a seguito delle richieste degli abitanti. Una grande attenzione è stata posta anche alle lapidi per i singoli caduti. Gli isolati, conformemente al Piano Beruto, misurano tutti all'incirca 120 x 100 m; erano suddivisi in lotti che potevano variare dai 500 ai 2000 m² ed erano caratterizzati da ripartizioni ortogonali. Il piano terreno era occupato da negozi o botteghe artigiane sul fronte strada e magazzini o attività produttive di maggiori dimensioni verso le corti interne, mentre i piani superiori destinati alle abitazioni erano del tipo a pianerottolo o, più spesso, a ballatoio. Il tipo di distribuzione differenziava le abitazioni in base alle destinazioni: il ballatoio era riservato alle abitazioni operaie e distribuiva piccoli locali, generalmente ad altissima densità abitativa; il pianerottolo connotava spazi studiati per il ceto medio, spesso dotati di servizi igienici privati e con dimensioni dai due ai quattro locali. Il quartiere presenta numerose abitazioni in stile Liberty e altre tipiche del razionalismo milanese, come le case di Pietro Lingeri e Giuseppe Terragni, il quartiere di Enrico Agostino Griffini e Manfredo Manfredi per conto della Società Edificatrice Case Operaie, Bagni e Lavatoi Pubblici e destinato ai lavoratori dell'Ospedale Maggiore, lo stabilimento della Italclima di Gio Ponti e Luciano Baldessari. Tra questi edifici, particolarmente interessanti sono la Casa Ghiringhelli del 1933, la Casa Toninello del 1934 e la Casa Comolli-Rustici del 1935, tutte di Terragni e Lingeri. La Fontana è il quartiere, a nord dell'Isola, posizionato lungo l'antica strada che collegava Milano con Como, che ha preso il nome dalla Chiesa di Santa Maria alla Fontana. Linea M2: Stazione di Garibaldi; Linea M5: stazione dell'Isola e Garibaldi; Linee S1, S2, S5, S6, S7, S8, S11 e S13, regionali, nazionali, internazionali e Malpensa Express: stazione di Porta Garibaldi. L'Isola è servita dall'omonima stazione della metropolitana 5, situata sotto Via Volturno. L'area è divisa a sud dal tracciato ferroviario, sul quale sorge dal 1963 la Stazione di Porta Garibaldi, accessibile attraverso i sottopassaggi di Via Pepe, dai quali si può raggiungere anche la stazione della metropolitana, interscambio tra le linee M2 ed M5. Questa stazione, gestita da Centostazioni/RFI, è servita da treni suburbani (linee S1, S2, S5, S6, S7, S8, S11 e S13), regionali e il Malpensa Express, gestiti da Trenord, e nazionali e internazionali. Inoltre, poco distante dal confine con il quartiere, si trova, all'interno dell'attiguo Centro Direzionale, la stazione di Via Gioia della linea M2. Varie linee di autobus e tram, gestite da ATM, collegano l'Isola ai quartieri limitrofi e agli altri quartieri del centro di Milano. Ezio Barbieri e Nicola Erba, Il bandito dell’Isola, prefazione di Maurizio Iannelli, Milano, Milieu edizioni, 2013, ISBN 978-88-907273-4-4, SBN IT\ICCU\USM\1924238. Lino Lecchi, Quelli dell’Isola. Racconti e aneddoti del vecchio quartiere, prefazione di Roberto Marelli, Torino, Graphot, 2015, ISBN 978-88-97122-89-0, SBN IT\ICCU\BMT\0005855. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Isola Zona Isola, su zonaisola.it. URL consultato il 6 maggio 2012 (archiviato dall'url originale il 5 maggio 2012).

Casa Ghiringhelli
Casa Ghiringhelli

La Casa Ghiringhelli è un edificio residenziale multipiano di Milano, progettato dagli architetti Lingeri e Terragni in stile razionalista, che è situato in piazzale Lagosta al civico 2. L'edificio si trova in una posizione urbanisticamente rilevante, nel quartiere dell'Isola: si affaccia su piazzale Lagosta e costituisce il fondale prospettico dell'asse dei viali Zara e Fulvio Testi. La costruzione dell'edificio venne commissionata nel 1932 a Pietro Lingeri dai fratelli Gino e Livio Ghiringhelli, artisti, per conto dei quali l'architetto aveva già allestito la galleria d'arte “Il Milione”. Alla progettazione della casa collaborò anche Giuseppe Terragni, che in quegli anni aveva instaurato un prolifico sodalizio professionale con Lingeri, acquisendo diverse commesse per la costruzione di case ad appartamenti a Milano. Il progetto venne presentato agli uffici comunali in una prima versione nel dicembre 1933, e nella versione definitiva nel mese seguente. I lavori iniziarono nel febbraio 1934 e si conclusero nel 1935. Nel 1949, per ottenere un migliore sfruttamento degli spazi, la proprietà fece chiudere una delle due terrazze dell’ultimo piano. L’edificio occupa un lotto a forma di trapezio irregolare, compreso fra piazzale Lagosta e le vie Garigliano e Volturno; esso è costruito in cortina lungo il filo stradale, e pertanto delimita un cortile interno. Le due vie laterali divergono dal piazzale con inclinazioni diverse, determinando perciò una notevole asimmetria nella composizione complessiva; per mascherare questa irregolarità, i progettisti disegnarono le facciate inserendo un basamento rivestito in pietra serpentina nera, e un fronte superiore a sbalzo con risvolti laterali ad angolo retto, separati dalle facciate laterali da due fenditure da cui fuoriescono i balconi. La facciata principale su piazzale Lagosta è movimentata da un gioco complesso di arretramenti e avanzamenti, conclusi lateralmente e superiormente da una motivo a cornice, utilizzato dagli autori anche nelle case Rustici e Toninello progettate negli stessi anni. La struttura portante è in calcestruzzo armato con muri di riempimento in Italpomice; le facciate esterne sono intonacate. Internamente la casa, che conta sette piani più il terreno, è adibita ad appartamenti di varia metratura. All'ultimo piano vennero posti gli appartamenti padronali della famiglia Ghiringhelli, con spazi adibiti all'attività artistica e terrazze; al piano terreno vi sono negozi. Quattro case in Milano degli architetti Lingeri e Terragni, in Casabella, n. 85, gennaio 1935, pp. 14-15, ISSN 0008-7181. Chiara Baglione ed Elisabetta Susani (a cura di), Pietro Lingeri 1894-1968, Milano, Electa, 2004, ISBN 88-435-7989-4. Ville e palazzi di Milano Casa Ghiringhelli, su lombardiabeniculturali.it.

Casa Comolli-Rustici
Casa Comolli-Rustici

Casa Comolli-Rustici è un edificio residenziale di Milano, posto nel quartiere dell'Isola. Fu progettato dagli architetti Lingeri e Terragni in stile razionalista. È situato in via Guglielmo Pepe 32 all'angolo con via Cola Montano 1. Nella prima metà degli anni trenta la famiglia Rustici, proprietaria di un lotto di terreno nel quartiere popolare dell'Isola, commissionò agli architetti Lingeri e Terragni la costruzione di una casa da adibirsi ad appartamenti d'affitto; i due architetti avevano già progettato per gli stessi Rustici la lussuosa residenza di famiglia in corso Sempione, che aveva riscosso notevoli apprezzamenti. La nuova casa all'Isola, destinata al ceto medio-basso, fu costruita dal 1934 al 1938; essa, non pubblicata sulle riviste dell'epoca, non raggiunse la fama delle altre opere di Lingeri e Terragni. La casa occupa un lotto d'angolo fra le vie Guglielmo Pepe e Cola Montano; entrambe le strade hanno sezione ridotta, ma la prima costeggia un'ampia area libera da costruzioni, occupata da impianti ferroviari. La differenza di spazio sui due lati permise di raggiungere due diverse altezze, di sette piani lungo via Pepe e di quattro lungo via Cola Montano. Questo dualismo si riflette nell'immagine generale dell'edificio, che appare composto da due corpi di fabbrica, uno alto e sottile e uno basso, collegati da balconi sospesi che ricordano la casa Rustici in corso Sempione. Quest'immagine è però illusoria: nella realtà l'edificio è composto da un unico corpo di fabbrica, con una pianta molto articolata che attraverso le zone d'ombra create dagli arretramenti delle masse dà l'impressione di corpi semplici fra loro separati. Nel suo carattere ambiguo, l'edificio sembra rappresentare il destino dell'architettura razionalista nella seconda metà degli anni trenta: ormai isolata dal dibattito ufficiale sulla costruzione della città, viene relegata alla risoluzione di problemi formali, sempre più sganciati dalle necessità funzionali. Chiara Baglione ed Elisabetta Susani (a cura di), Pietro Lingeri 1894-1968, Milano, Electa, 2004, pp. 222-223, ISBN 88-435-7989-4. Giorgio Ciucci (a cura di), Giuseppe Terragni. Opera completa, Milano, Electa, 1996, pp. 467-468, ISBN 88-435-5297-X. Maria Grazia Folli (a cura di), Tra Novecento e Razionalismo. Architetture milanesi 1920-1940, Milano, CLUP Città Studi, 1991, pp. 172-175, ISBN 88-251-0008-6. Bruno Zevi (a cura di), Giuseppe Terragni, Bologna, Zanichelli, 1980, pp. 96-97, ISBN 88-08-05176-5. Ville e palazzi di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su casa Comolli-Rustici Casa Comolli-Rustici, su lombardiabeniculturali.it.