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Museo Louis Braille

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Il Museo Louis Braille è un museo di Milano facente parte dell'istituto dei ciechi della città lombarda. Il museo è dedicato al metodo di scrittura e lettura per punti a rilievo denominato Braille dal nome del suo ideatore, e destinato a ciechi e ipovedenti. Il metodo fu elaborato negli anni sessanta dell'Ottocento e fu adottato nel 1864 dall'Istituto dei ciechi di Milano in sostituzione dei caratteri a rilievo, unico metodo allora in uso in tutte le scuole. Il nuovo metodo ha consentito un accesso al testo scritto più diretto e rapido. Si tratta quindi di un museo di storia della tiflologia, dei metodi di scrittura e lettura e dei sussidi didattici destinati nel corso degli ultimi due secoli allo studio e all'apprendimento da parte di studenti ciechi e ipovedenti. Sono esposti libri e stampati in Braille, vari modelli di macchine da scrivere meccaniche per la scrittura di testi. Unitamente alle problematiche connesse all'accesso della lettura di testi, il museo presenta sussidi per la lettura delle partiture musicali. Sito ufficiale, su istciechimilano.it.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Museo Louis Braille (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori).

Museo Louis Braille
Via Vivaio, Milano Municipio 1

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Via Vivaio 8
20122 Milano, Municipio 1
Lombardia, Italia
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Luoghi vicini

Istituto dei Ciechi di Milano
Istituto dei Ciechi di Milano

L'Istituto dei Ciechi di Milano è un edificio storico di Milano situato in via Vivaio al civico 7. L'edificio fu costruito a partire dal 1892 su un terreno occupato perlopiù da giardini per fornire lo spazio necessario all'Istituto dei ciechi di Milano, fondato da Michele Barozzi. Il complesso, realizzato da Giuseppe Pirovano, ricorda per stile le ville suburbane neoclassiche del milanese, con un avancorpo scandito da tre ordini di lesene nella disposizione classica: dorico, ionico e corinzio, con il piano terreno decorato a bugnato liscio e il piano nobile con finestre a serliana. La facciata è sormontata da un grande timpano a fondo liscio. Notevoli sono l'atrio arricchito con busti e ritratti dei benefattori dell'ente e il salone dei concerti (Sala Barozzi) decorato da affreschi di elementi floreali e medaglioni con ritratti di famosi musicisti, nonché dotato di uno splendido organo Vegezzi-Bossi. Attilia Lanza, Marilea Somarè, Milano e i suoi palazzi - Porta Orientale, Romana e Ticinese, Milano, Libreria Meravigli editrice, 1992. Livia Negri, I palazzi di Milano: dall'edilizia rinascimentale fino alle creazioni dell'architetura del Novecento, arte, storia, aneddoti e curiosità dei grandi edifici della metropoli lombarda, Newton & Compton, 1998, ISBN 978-88-8289-013-1. Rossana Apicella, Milano com'è: la cultura nelle sue strutture dal 1945 a oggi : inchiesta, Feltrinelli, 1962. URL consultato il 20 febbraio 2023. Ville e palazzi di Milano Wikibooks contiene testi o manuali sulle disposizioni foniche degli organi a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Istituto dei Ciechi di Milano

Porta Monforte
Porta Monforte

Porta Monforte è stata una delle cinque porte più recenti di Milano, ricavata lungo i bastioni spagnoli, oggi demoliti, per consentire una più diretta comunicazione fra la città e il nuovo asse stradale costituito dagli attuali Corso Concordia e Corso Indipendenza. Posta a est della città, si costituiva di due caselli daziari (1889), demoliti nel 1919. Sorgeva al centro dell'attuale Piazza del Tricolore, allo sbocco di Corso Monforte. Sorta lungo lo stesso asse della Pusterla di Monforte medievale, fu l'ultima fra le porte di Milano ad essere realizzata, in ottemperanza al Piano Beruto del 1889, che prevedeva un nuovo asse radiale di sviluppo cittadino che prendesse sostanzialmente forma uscendo dal perimetro dei vecchi bastioni spagnoli, proseguendo lungo Corso Concordia e Corso Indipendenza. Fu completata il 24 ottobre 1888. La porta era in origine caratterizzata dalla presenza di due caselli daziari, posti nell'attuale Piazza del Tricolore, uniti da un'elegante cancellata in ferro, interrotta da quattro pilastri anch'essi in ferro, che terminavano con un lampione a gas. Se ne ordinò la demolizione nel 1919, in quanto ritenuti "di ingombro tecnico e prospettico, tanto più grave in quanto, con l'abolizione della cinta daziaria, costituivano né un monumento architettonico apprezzabile, né una memoria storica interessante". Porta Monforte, a cui non fanno capo direttrici extraurbane, è rimasta da sempre uno snodo di importanza decisamente minore. Il piazzale, ornato da giardini, porta oggi il nome di Piazza del Tricolore. Il nome della porta (ereditato dal corso che qui vi sbuca da Piazza San Babila, sarebbe da ricondursi a un fatto storico risalente all'XI secolo. Nel 1028 il vescovo di Milano Ariberto da Intimiano era impegnato nella visita della diocesi suffraganea di Torino: interrogando il capo di un gruppo religioso sospettato di eresia, venne a sapere che gli abitanti di Monforte d'Alba (oggi in Provincia di Cuneo) interpretavano in modo allegorico il dogma trinitario, negavano la necessità dei sacramenti e quindi del clero, molto probabilmente avendo abbracciato la dottrina dei catari. In quello stesso anno pertanto, forze militari alle dipendenze di Ariberto da Intimiano assediarono ed espugnarono il castello di Monforte: la sua popolazione venne deportata a Milano ed invitata ad abiurare la propria fede. Coloro che rifiutarono - la maggior parte - vennero arsi sul rogo. La zona di Milano in cui sarebbero stati imprigionati gli eretici prese dunque il nome dal loro paese di provenienza, dando il nome al futuro Corso Monforte, che a sua volta l'avrebbe passato alla relativa porta. Emidio De Albentiis, La breve vita della porta Monforte a Milano , in Arte Lombarda, n. 120, 1997, pp. 82-90. Giuseppe De Finetti, Milano. Costruzione di una città (a cura di Giovanni Cislaghi, Mara De Benedetti, Piergiorgio Marabelli), Hoepli, Milano 2002. ISBN 88-203-3092-X Bruno Pellegrino, Così era Milano Porta Vercellina Porta Ticinese Porta Romana Porta Orientale Porta Nuova Porta Comasina, "Edizioni Meneghine", 2011. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Porta Monforte

Palazzo Civita
Palazzo Civita

Il Palazzo Civita è un edificio residenziale multipiano di Milano situato in piazza Eleonora Duse al civico 2, adibito ad appartamenti signorili. Sorge in una delle zone più prestigiose del centro cittadino, a poca distanza da corso Venezia, nei pressi dei Giardini pubblici Indro Montanelli. Il palazzo venne eretto dal 1933 al 1934 nell'ambito di un piano di lottizzazione dell'area ad est di corso Venezia, articolato intorno alla nuova piazza Duse. Il nome deriva dalla famiglia che lo fece costruire: il terreno era di proprietà dell'imprenditore Carlo Civita, padre di Cesare e Vittorio Civita (noti editori in Sud America, il primo attivo principalmente in Argentina, il secondo in Brasile). Il progetto dell'edificio fu elaborato da Luigi Gigiotti Zanini, di formazione pittore, membro del gruppo artistico del "Novecento", e cognato dei Civita. L'edificio si sviluppa su 8 piani fuori terra e presenta rivestimenti in ceppo, travertino e pietra del Caradosso e prospetta sulla piazza Duse, con due ali minori lungo le vie laterali, che contornano un cortile interno. Il disegno della facciata è studiato secondo schemi lineari, che individuano aree geometriche differenziate cromaticamente e in parte plasticamente; tale stile compositivo deriva dalla formazione pittorica di Zanini, e conduce ad un risultato che alcuni critici hanno paragonato alla casa sul Michaelerplatz di Vienna, progettata da Adolf Loos. La decorazione si basa su elementi classici disposti con sobrietà e misura, coerentemente con lo stile novecentista proprio dell'autore. Annegret Burg, Novecento milanese, Milano, Federico Motta Editore, 1991, pp. 164-165, ISBN 88-7179-025-1. Cesare Civita, La mia vita, Milano, Mondadori, 1987, pp. 94-98, ISBN non esistente, SBN IT\ICCU\LO1\1737677. Maurizio Grandi e Attilio Pracchi, Milano. Guida all'architettura moderna, Bologna, Zanichelli, 1998 [1980], p. 159, ISBN 88-08-05210-9. Giuliana Gramigna e Sergio Mazza, Milano. Un secolo di architettura milanese dal Cordusio alla Bicocca, Milano, Hoepli, 2001, p. 148, ISBN 88-203-2913-1. Ville e palazzi di Milano