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Castello della Rotta

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Castello della rotta, moncalieri
Castello della rotta, moncalieri

Il castello della Rotta (o meglio: de La Rotta) è un antico edificio di origine medievale situato nell'omonima frazione del comune di Moncalieri, alle porte della città di Torino. Risalente al XII secolo, secondo svariati testi e alcuni studiosi del settore, sarebbe unanimemente definito come «uno dei manieri più infestati d'Italia», nonché meta di sopralluoghi e visite per assistere a ricorrenti quanto presunti fenomeni paranormali. L'insolito toponimo ha origine incerta e sono state ipotizzate molteplici spiegazioni: potrebbe derivare da rupta, ovvero una rovinosa sconfitta militare, oppure potrebbe derivare da rotha, antico termine che indicava una fossa irrigatoria, oppure ancora rotta potrebbe significare l'evenienza che avrebbe portato più volte alla rottura degli argini dei vicini torrenti Banna e Stellone ma sarebbe anche sinonimo di area paludosa, oppure luogo di un'importante strada da seguire. Tuttavia, da documentazioni catastali del XIII secolo, è noto che la costruzione venne denominata Grancia Rupta, stando a indicare la grancia come sorta di fattoria fortificata. Quest'ultima sembrerebbe l’origine più recente del toponimo, il di cui edificio, convertito all'utilizzo rurale, si ergeva in una piana aperta e scarsamente abitata. La storia di questa dimora si perde nei secoli ma quando fu costruita era una modesta casaforte che tuttavia sorgeva in un punto strategico, poiché a difesa del vicino ponte sul torrente Banna, su cui transitava la strada romana proveniente da Pollentia. La presenza di questa strada potrebbe suggerire anche un'origine tardoromana dell'edificio come probabile statio, tuttavia non vi sono testimonianze concrete che confermino quest'ipotesi. Nel 1196 il vescovo di Torino Arduino di Valperga assegnò terreni e la proprietà dell'edificio ai Cavalieri Templari, che effettivamente erano già molto presenti nei territori di Testona, Villastellone, nella vicina Pancalieri e in varie aree dell'attuale Piemonte. L'edificio fu pertanto sede di un piccolo convento e di una guarnigione a protezione del vicino ponte sul Banna di cui sussistono i resti. In seguito allo scioglimento del suddetto ordine religioso, l'edificio venne acquisito dall'Ordine dei Gerosolimitani, così come anche la facoltà di esigere la gabella per il passaggio sul vicino ponte. Tuttavia nel XV secolo l'edificio, già noto come Grancia Rupta, subì rimaneggiamenti e fortificazioni in difesa dei briganti, poiché sussistevano conflitti tra comuni e feudi malgrado l'area fosse sotto la giurisdizione del Ducato di Savoia. Dal 1452 la dimora fu certamente un possedimento del conte e Gran Priore dei Cavalieri Gerosolimitani Giorgio Valperga di Masino, come testimonia una prima lapide che egli fece applicare con la seguente iscrizione latina: Fino al tardo XVI secolo l’edificio continuò a essere la dimora gentilizia della famiglia dei conti Valperga di Masino, come prova una seconda lapide affissa sul portale d'ingresso della casaforte, che raffigura lo stemma nobiliare. Nel XVII secolo, il castello rientrò nei molteplici possedimenti a disposizione della casata dei Savoia, divenendo altresì teatro di drammatici eventi e di due rovinose battaglie o, appunto, ruptæ: quella che Tommaso Francesco di Savoia principe di Carignano subì nel novembre del 1639 dall'armata francese capeggiata dal marchese D'Harcourt, che aveva liberato Torino dalle truppe «principiste» e che permise il ritorno della reggente Madama Reale Maria Cristina di Borbone; nonché quella a danno dell'esercito francese nel 1706, durante lo storico assedio di Torino, dove l’edificio fu adibito a deposito di polvere da sparo dalle truppe sabaude. Nella prima metà del Settecento l’edificio ospitò per poco tempo l'abdicatario re Vittorio Amedeo II, trasferito qui dal vicino Castello di Moncalieri, dove venne arrestato su volere del figlio Carlo Emanuele III dopo che Vittorio Amedeo II, ripensandoci, dichiarò nullo il proprio atto di abdicazione. In seguito Vittorio Amedeo II venne trasferito e confinato nel castello di Rivoli e poi nuovamente nel castello di Moncalieri, dove morì in preda alla follia il 31 ottobre 1732. Dopo circa un secolo di abbandono l'edificio è stato acquistato da privati e sottoposto a restauri nel corso degli anni ottanta, che riportarono alla luce dettagli della quattrocentesca struttura. Nel corso di questa prima fase di lavori, durante le operazioni di scavo per l'allacciamento a condutture idriche, sono stati rinvenuti i resti di una sepoltura di quello che sembrava essere un cavaliere templare, poiché tra i resti dello scheletro dell'uomo vi era una vistosa croce di metallo e tracce di un'armatura, nonché le ossa di un grande animale, cui si ipotizza essere stato il suo cavallo. L'edificio sorge nel comune di Moncalieri, da cui dista una decina di chilometri. Si raggiunge percorrendo una strada secondaria che si imbocca dalla SP393 in direzione Villastellone e che conduceva all'antico ponte templare sul torrente Banna di cui oggi rimangono soltanto pochi ruderi. Posto tuttora in una posizione completamente isolata e quasi a ridosso dell'autostrada A6 Torino-Savona, l'edificio sorge in un'area boscosa e ombreggiata. Esso è caratterizzato da prospetti in laterizio con tracce di un antico fossato che originariamente circondava completamente il perimetro dell'edificio. L'intera struttura si sviluppa su una planimetria a pianta quadrangolare caratterizzata da forme regolari e, ciò che distingue questo edificio da un comune casolare di campagna, sono alcuni dettagli architettonici quattrocenteschi come le due superstiti bifore a sesto acuto delle tre esistenti e le tracce di una merlatura sulla sommità del lato sinistro del maniero. La facciata principale è quella tipica di un edificio medievale a torre primitiva. Essa è asimmetrica ed è dominata dall'arcigno torrione quadrangolare con finestre munite di grate e sormontato da un piccolo campanile a vela. Le sue tre evidenti feritoie in laterizio rivelano l'originaria presenza di un ponte levatoio che conduceva al portale d'accesso. Sopra di esso è visibile una lapide in marmo bianco che riporta lo stemma nobiliare dei conti Valperga di Masino, mentre su uno stipite di pietra è visibile l'incisione di una croce di Malta, inequivocabile simbolo che lega il passato dell'edificio all'Ordine dei Gerolosomitani. Nel complesso la struttura versa in discrete condizioni, seppur con evidenti segni di rimaneggiamenti aggiunti nel corso del tempo, come le decine di finestre rettangolari distribuite in ordine sparso. Essa comprende svariati locali presumibilmente adibiti ad abitazione posti in corrispondenza del corpo principale accanto alla torre. Tuttavia anche i tre corpi di fabbrica di altezze differenti che si sviluppano attorno al cortile quadrangolare, dotato di una cisterna centrale, ospitano svariati ambienti. Queste ali laterali comprendevano originariamente l'antica area conventuale con il cellario, una sala di rappresentanza e una cappella con una volta ogivale. La struttura più bassa che si estende sul lato destro ospita le antiche stalle e alcuni magazzini in parte diroccati. Nelle ultime decadi del Novecento l'edificio si trovava in stato di degrado e ciò, unitamente all'ubicazione isolata e al legame con i Cavalieri Templari, favorì il sorgere di argomentazioni circa i presunti fenomeni soprannaturali che lo renderebbero uno dei manieri più infestati d'Italia, nonché meta di frequenti visite e sopralluoghi da parte di appassionati o semplici curiosi. Secondo alcune teorie esoteriche l'edificio godrebbe anche di una posizione astrologica particolarmente favorevole all'apporto di energie naturali, poiché orientata strategicamente alla posizione del sole, della luna e dei pianeti, trovandosi altresì in corrispondenza di presunte linee di forza magnetiche terrestri. Queste peculiarità avrebbero influito ad accrescere la sinistra notorietà della dimora, consolidandosi a partire dagli anni ottanta del Novecento, anche se, come spesso accade in questi casi, risulta difficile riscontrare un'effettiva veridicità delle pur numerose testimonianze di presunti eventi paranormali. Tuttavia molti testi specifici sull'argomento raccolgono indizi e testimonianze sul castello, tanto da contare numerose quanto presunte presenze che si manifesterebbero ciclicamente sia nelle proprie stanze che al suo esterno e annoverandolo, appunto, tra quelli più infestati d'Italia. Il già citato ritrovamento dei resti di una sepoltura parrebbe essere l'indizio che più potrebbe avere un possibile legame con il presunto fantasma del cavaliere templare avvistato da alcuni testimoni nel corso degli anni, tra cui uno dei proprietari succedutisi nel tempo; il suo spettro apparirebbe in sella al proprio destriero, completo di armatura e spada, e stazionerebbe presso il portale d'ingresso. Le altre presunte apparizioni comprenderebbero numerose presenze: lo spettro incappucciato di un monaco criminale murato vivo all'interno di una parete dei sotterranei, un corteo rituale di ecclesiastici che apparirebbe ogni anno nella notte tra il 12 e il 13 giugno, il fantasma di una nobildonna suicida, quello di un uomo decapitato, con la propria testa tra le mani, il fantasma di una bambinaia suicida poiché rea d'aver provocato la scomparsa di un bambino travolto da un cavallo, lo spettro del bambino stesso, che vagherebbe con il senso di colpa di essersi imprudentemente allontanato, il fantasma di un prelato seduto e intento a leggere un grande libro e quello di una figura vestita di nero che probabilmente ritornerebbe sul luogo della propria morte. La sinistra fama del castello con tutte queste sue ipotetiche presenze paranormali ha anche interessato il CICAP che, tuttavia, in un suo rapporto dei primi anni duemila, ha evidenziato come le leggende sui presunti fantasmi che infesterebbero questo edificio si siano diffuse soltanto a partire dagli anni ottanta del Novecento, a seguito dell'ultimo cambio di proprietà, senza particolari evidenze precedenti. AA. VV., Storia d'Italia (vol. VIII), Milano, Fratelli Fabbri Editore, 1965, ISBN non esistente. G. Audiberti, Il fantasma nel castello, Torino, Gioventura Piemontèisa, 2009, ISBN non esistente. P. Baima Bollone, Medioevo e Templari in Piemonte, Torino, Priuli&Verlucca, 2021, ISBN 978-88-8068-966-9. R. Baudinelli, Castelli del mistero, Fidenza, Mattioli 1885, 2010, ISBN non esistente. M. Bonfiglio, Piemonte e Valle d'Aosta misteriosi, Roma, Castelvecchi, 2010, ISBN non esistente. B. Capone Ferrari, Alla ricerca delle mansioni templari, Torino, ed. Federico Capone, 2009, ISBN non esistente. M. Centini, Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità dei castelli del Piemonte, Roma, Newton & Compton, 2001, ISBN non esistente. A. Fenoglio, A caccia di tesori, Torino, ed. PiemonteinBancarella, 1978, ISBN non esistente. S. Fornaca, I castelli della provincia di Torino, Savigliano (CN), Gribaudo, 2006, ISBN non esistente. P. Giovetti, L'Italia dell'insolito e del mistero, Roma, Mediterranee, 2005, ISBN non esistente. G. Harold Stuart, L'Italia dei fantasmi, Cortona, Editrice Grafica l'Etruria, 1988, ISBN non esistente. N. Ivaldi, Castelli Maledetti - Piemonte e Valle d'Aosta, Torino, Editrice Il Punto - Piemonte in Bancarella, 2017, ISBN non esistente. F. Rocci, Vittorio Amedeo II. Il duca, il re, l'uomo, Torino, 2006, ISBN 88-7707-054-4. C. Santacroce, I ponti del diavolo e altri luoghi misteriosi e infernali in Piemonte e Val d'Aosta, Torino, Il Punto Piemonte in Bancarella, 2013, ISBN non esistente. D. Spada, Guida ai fantasmi d'Italia, Milano, Armenia, 2000, ISBN non esistente. E. Valentini, I Templari, Fidenza, Mattioli 1885, 2011, ISBN non esistente. Id., Fantasmi, spettri e case maledette, Padova, MEB, 1986, ISBN non esistente. Id., Guida ai fantasmi d'Italia, Padova, MEB, 1986, ISBN non esistente. Id., Guida all'Italia dei Templari, Roma, Mediterranee, 1996, ISBN non esistente. Id., I Templari in Piemonte, Torino, Macchione, 2011, ISBN non esistente. Id., Italia templare, Roma, Mediterranee, 2011, ISBN non esistente. Id., Quando in Italia c'erano i Templari, Torino, Edizioni C. Capone, 1981, ISBN non esistente. Moncalieri Villastellone Vittorio Amedeo II Cavalieri Templari Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su castello della Rotta

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Castello della Rotta
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Castello della rotta, moncalieri
Castello della rotta, moncalieri
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Luoghi vicini

Banna (torrente)
Banna (torrente)

Il Banna è un torrente che scorre nelle provincie di Asti e di Torino. Affluente di destra del fiume Po, si getta in esso appena a monte della confluenza in quest'ultimo del Tepice.Nonostante i due torrenti abbiano bacini idrograficamente indipendenti, per la loro vicinanza e per le caratteristiche geografiche simili essi vengono analizzati insieme nei documenti ufficiali di pianificazione idrica. Questo corso d'acqua dà il proprio nome alla magnifica tenuta dei marchesi Spinola sita al confine tra Poirino e Villanova d'Asti. Nasce a circa 300 m s.l.m. da un ramo sorgentizio chiamato Rio Bannetto che nasce tra le colline di Buttigliera d'Asti. Puntando verso sud raggiunge Villanova d'Asti dove transita nei pressi dell'omonima uscita dell'autostrada Torino-Piacenza e devia il proprio corso verso ovest. Arriva quindi in provincia di Torino e riceve da destra le acque del Rio Borgallo. Passato appena a nord di Poirino, dove interseca l'ex SS 29 del Colle di Cadibona, riceve da sinistra l'apporto del Rioverde. Dopo aver attraversato l'abitato di Santena, scorre tra i comuni di Cambiano, Moncalieri e Villastellone: qui riceve l'importante apporto idrico dal Rio Stellone.Confluisce infine nel Po poco a sud di Bauducchi (Moncalieri). Rio Borgallo (destra); Rio Robeirano (sinistra); Rio Valgorrera (sinistra); Rio Riassolo (destra); Rio Santena (destra); Rioverde (sinistra); Rio Stellone (sinistra); Nonostante il bacino idrografico ridotto, il Banna può vantare di una portata media di 5,7 m³/s, un valore piuttosto elevato considerando il tipo del torrente ed il regime idrologico stesso. Il corso del torrente è particolarmente inquinato. L'indice di Stato Ambientale del Corso d'Acqua (SACA) nel 2002 è stato rilevato come "scadente" nelle stazioni di rilevamento di Poirino e di Moncalieri, e l'ittiofauna risulta quasi assente in gran parte del suo corso. Il Banna ha anche causato vari eventi alluvionali. L'ultimo in ordine di tempo si è verificato nel 1994 quando il torrente ha invaso varie zone di Poirino e Santena, provocando anche un decesso. Anselmo Tropeano, Eventi alluvionali nel Torrente Banna, Torino, SPE, 1974. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Banna

Tepice
Tepice

Il Tepice (Teppes in piemontese) è un torrente tributario in destra idrografica del Po, nel quale si getta appena a valle della confluenza in quest'ultimo del Banna. Nonostante i due torrenti abbiano bacini idrograficamente indipendenti per la loro vicinanza e per le caratteristiche geografiche simili essi vengono analizzati insieme nei documenti di pianificazione idrica ufficiali. Il Tepice nasce dalla confluenza di alcuni rami sorgentizi che scendono verso sud-est dalle colline comprese tra Pino Torinese e Baldissero e che si riuniscono formando la Valle Ceppi, una valletta collinare che termina sulla pianura in comune di Chieri. Qui il Tepice, dopo essere stato scavalcato dalla ex SS 10 Padana Inferiore, entra nella cittadina dove viene canalizzato e dove a tratti il suo alveo scorre nel sottosuolo. A fianco di via Fasano le sue sponde sono state sistemate a parco pubblico ma più a valle, all'altezza di via Cesare Battisti, il torrente sparisce nuovamente nel sottosuolo. Uscito definitivamente allo scoperto a sud del centro urbano il Tepice percorre la pianura passando tra Cambiano e Santena, dove segna il confine tra i rispettivi territori comunali. Dirigendosi verso ovest viene superato dall'autostrada A21 Torino-Piacenza; il suo corso risulta spesso pesantemente alterato sia topograficamente che idrologicamente da arginature e dalla confluenza con vari canali artificiali. Appena a sud della borgata Bauducchi (Moncalieri) riceve in destra idrografica il contributo del Rio di Valle Sauglio e viene quindi attraversato in meno di 200 metri prima dall'ex SS 393 di Villastellone e poi dalla A6 Torino-Savona. Si getta infine nel Po a quota 221 poche decine di metri a valle della confluenza nello stesso del Banna. Il perimetro del bacino idrografico del torrente è 39 km. I principali affluenti del Tepice sono: in destra idrografica: Rio Vaiors - nasce dalle colline tra Pino Torinese e Pecetto e confluisce dopo circa 6 km nel Tepice a quota 250 dopo aver ricevuto l'apporto del Rio Castelvecchio; Rio di Valle Sauglio - raccoglie le acque dell'area collinare a sud del Colle della Maddalena e, dopo essere passato tra Revigliasco e Pecetto, lambisce a est il centro comunale di Trofarello e si getta nel Tepice a quota 225, poco prima che questo a sua volta confluisca nel Po. In sinistra idrografica: Rio Gionchetto - nasce tra le colline di Baldissero Torinese e dirigendosi verso sud attraversa, in parte con alveo coperto, la città di Chieri; si getta nel Tepice a sud-ovest della stessa a quota 248 m, dopo un percorso di circa 10 km. Il Tepice attraversa un territorio fortemente antropizzato fin dall'antichità e quindi le notizie relative alle sue sporadiche esondazioni risalgono molto indietro nel tempo. Nel 1517 per esempio il torrente allagò il territorio di Chieri, evento a seguito del quale furono create difese spondali nel tentativo di prevenire ulteriori danni alla cittadina. L'area potenzialmente di maggior criticità è però quella appena a monte della confluenza nel Po, dove le acque di piena possono unirsi a quelle del Banna e dove eventuali esondazioni mettono a rischio il funzionamento di infrastrutture viarie di grande importanza come autostrade e ferrovie. In questa zona il Tepice esondò nell'aprile del 2009, provocando danni tra Santena e Trofarello. Lo stato ambientale del Tepice, almeno nella sua porzione di pianura, è considerato "pessimo", sia per l'inquinamento dovuto ai numerosi scarichi di origine industriale e civile sia per la presenza di metalli pesanti. L'area delle sorgenti del Tepice è invece un ambiente di pregio, caratterizzato da buone qualità naturalistiche. A partire dal 1996 alcune associazioni del Chierese hanno messo in atto varie azioni di pressione per richiamare l'attenzione sul degrado del bacino del Tepice. Il loro operato ha portato ad un monitoraggio più puntuale della qualità delle acque e ad alcune proposte di tutela dell'area sorgentizia. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Tepice

Testona
Testona

Borgata Testona (Teston-a in piemontese) è una vasta frazione a est di Moncalieri (Città metropolitana di Torino). Insieme al vicino Revigliasco, fu una degli antichi borghi pre-collinari autonomi che, anticamente, costituirono l'odierno comune di Moncalieri, situato pochi km a sud-est del capoluogo piemontese (nell'Area Metropolitana di Torino). Le antiche origini celtiche del sito sono testimoniate al museo di Antichità di Torino, che contiene diversi reperti rinvenuti. Questo borgo era già di notevole importanza in epoca romana, come riportano i più recenti scavi archeologici, e lo rimase fino a tutta la prima metà del Medioevo, come da resti (sempre conservati al museo di Antichità di Torino) di una necropoli scoperta da scavi del 1878attribuibili ai longobardi turingi del VII secolo. Il nome Testona compare già dall'XI secolo, forse ad indicare la sua posizione geografica rispetto al fiume Po, che qui percorre una piccola curva che ricorda una "grande testa". Altra teoria lo riconduce come sinonimo di avamposto posto più a valle rispetto alla fortificazione del Castelvecchio, che è situata più sulla collina . Altre teorie, meno accreditate, lo riconducono al vocabolo latino vasa testea, nome di alcuni suppellettili in terracotta ritrovati dell'epoca. Attorno al XII secolo, Testona fu alleata a Torino e Pinerolo, fronteggiando così le Signorie di Chieri-Asti e Genova passando anche attraverso un accordo con Torino e Chieri (1204) che riuniva i territori sotto un unico podestà. In una guerra successiva tra le due fazioni, i Chieresi decisero di colpire l'anello debole dell'alleanza e sconfiggere così i rivali di sempre, i testonesi, che intanto avevano aderito alla Lega Lombarda nel 1228. In questo modo si prefiggevano di controllare indisturbati tutta la collina attorno a Torino. Nella notte del 23 giugno 1228 (come riporta una tradizione non suffragata da documenti), gli eserciti nemici saccheggiarono e rasero quasi completamente al suolo la borgata. I pochi sopravvissuti cercarono riparo in un punto più alto, su una collina vicino al monastero di Sant'Egidio, rimarcando la volontà di affrancarsi dalla signoria vescovile, allora residente nel castello di Castelvecchio.La nuova fortificazione, voluta da Tommaso I di Savoia per una migliore visione strategica sul ponte del fiume Po ed il controllo della strada per Asti, diventerà quello che oggi è il Castello di Moncalieri. La comunità prese il titolo di libero comune, assorbendo l'abitato testonese sotto la propria guida, l'11 novembre 1230, sotto l'appena nato comune di Moncalieri. Il XVIII e XIX secolo vide, oltre che l'assoggettamento ai Signori di Moncalieri, l'insediamento di nuove strutture conventuali, simbolo di una devozione legata alla presenza vescovile presso il Castelvecchio. Soltanto all'inizio del XX secolo il borgo cominciò ad urbanizzarsi come agglomerato meramente residenziale. Tuttavia, la tradizione storica testonese viene ancora riproposta nella festa di borgata di metà settembre, a ricordare sia Santa Maria delle Grazie (8 settembre) sia l'anniversario dell'arrivo delle reliquie di Santa Vittoria romana (12 settembre 1843). Chiesa di Santa Maria di Testona o Santa Maria delle Grazie, attestata nei primissimi anni dell'XI secolo per volere dell'allora vescovo di Torino Landolfo. Lo stile romanico della chiesa sopravvisse nella struttura, nella bella cripta, nel campanile e negli alzati laterali, mentre il resto risulta rimaneggiato da uno stile barocco del 1617 e, per quanto riguarda la sola facciata, del 1734. Studi recenti hanno permesso di collegare la realizzazione della facciata ai nomi di Giovanni Antonio Sevalle e Vincenzo Maria Ferrero, ingegneri e architetti piemontesi. Nel 1617 fu anche costruito anche l'annesso monastero, assegnato ai cistercensi foglianti prima e frati Cappuccini poi. L'architettura interna è costituita da tre navate, una cripta centrale sotterranea (di primitiva origine), situata sotto l'altare maggiore, il quale risulta sopraelevato e raggiungibile dai due lunghi scaloni laterali. Nel 1841, la cripta fu rimaneggiata sia per venerare la statua della Madonna delle Grazie, sia per accogliere le reliquie di Santa Vittoria romana (martire del III secolo), giunta qui nel 1843, e di cui una riproduzione della salma è presente sulla navata di destra. L'interno è altresì decorato con dipinti del XVIII secolo di Vittorio Amedeo Rapous, Giuseppe Paladino, Francesco Antonio Mayerle e di Orsola Caccia (figlia del Moncalvo). Castelvecchio, sito sulla collina, presso Strada San Michele, 40. Si tratta di un castello dai chiari lineamenti medievali, eretto nel 1037 per volere del vescovo Landolfo. Fu infatti residenza vescovile fino almeno al periodo di Tommaso II di Savoia, che ne fece una residenza sabauda. Fu poi rimaneggiato dal conte Filippo Vagnone nel 1490. Passato poi ai Padri Sacramentini fino almeno al XVIII secolo, oggi è diventato una residenza privata. Nel 1878 Claudio ed Edoardo Calandra sovvenzionarono degli scavi archeologici per mettere in luce quella che si è rivelata essere una necropoli longobarda datata grazie ai numerosi corredi tra il VI e il VII secolo. I Calandra, seppur archeologi più per passione che per professione, stilarono quotidianamente un giornale di scavo, andato perduto. Nel giornale erano appuntate planimetrie, tombe e giacitura dei corredi, nonché l'esatta collocazione del sito di Testona, ad oggi sconosciuta. Tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila sono stati intrapresi una serie di scavi tra Villa Lancia, via S. Michele, Strada Della Rovere, Strada Revigliasco e presso il sagrato della chiesa parrocchiale di S. Maria. Tali indagini hanno messo in luce sepolture e un insediamento di età altomedievale, con tracce di una precedente fase romana, oltre a un sistema di canalizzazione altomedievale ben conservato che doveva servire a calmierare le continue risalite di acqua dalla falda. Tali esplorazioni hanno evidenziato la presenza di genti di cultura longobarda nel territorio di Testona, probabilmente per l'importanza strategica che l'area possedeva da un punto di vista militare e commerciale. Nicolao Martino Cuniberti, Testona, Chieri, Tip. Bigliardi & C., 1974 AA. VV., Ricerche a Testona, per una storia della comunità, Savigliano, L’Artistica, 1980 Mario Chianale, L’antica chiesa di Santa Maria di Testona, Torino, CELID, 1996 Giampietro Casiraghi (a cura di), Il rifugio del vescovo. Testona e Moncalieri nella diocesi medievale di Torino, Torino, Paravia – Scriptorium, 1997. Marco Marchetti, Il Monastero Cistercese di Testona attraverso i documenti (1614-1816), Torino, Ananke, 2011. Marco Marchetti, Testona dal convento alla parrocchia. Vicende poco note di una trasformazione sofferta (1866-1880). Collegno, Roberto Chiaramonte Editore, 2012. Marco Marchetti, Testona e i suoi libri, in “L’Araldo del Piemonte e Valle d’Aosta”, anno II, n. 5, I trimestre 2015, pp. 60-69. PANTÒ, GIOSTRA, BARELLO, BEDINI, PETITI, Un nucleo di sepolture longobarde a Villa Lancia di Testona, in Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte 28, 2013. PANTÒ, OCCELLI, Moncalieri, frazione Testona, parco di Villa Lancia. Abitato e necropoli di età longobarda. Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte 24, 2009. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Testona Comitato di Testona - Le borgate di Moncalieri Necropoli longobarda - La collina torinese BORGO AJE, TESTONA, REVIGLIASCO E LA COLLINA

Abbazia di Santa Maria di Carpice

L'abbazia di Santa Maria di Carpice è un edificio ex-monastico sito nel Comune di Moncalieri. L'attuale complesso risale al XVIII secolo, ma le origini risalgono all'anno 1000. Si compone di tre edifici, la chiesa di Santa Maria - San Lorenzo, che contiene i preziosi affreschi di Michele Antonio Milocco, la cosiddetta ex-canonica e un fabbricato anticamente destinato ad attività artigianali. La curtis Carpice è un insediamento molto antico, come testimoniano i resti romani, presenti nei pressi dell'attuale via Juglaris. Prima dell'anno Mille era una fiorente comunità agricola, dotata di due cappelle con annessi cimiteri. All'inizio dell'XI secolo, il vescovo di Torino Gezone trasferisce la curtis di Carpice tra i possedimenti del neonato monastero benedettino dei Santi Solutore, Avventore e Ottavio di Torino, insieme a numerosi altri tenimenti nella Val Sangone e sul tracciato del fiume None (oggi Chisola). Fra il 1079 e il 1080 la contessa Adelaide di Savoia cede la proprietà di metà della curtis di Carpice al monastero dei Santi Solutore, Avventore e Ottavio. Nel territorio di Carpice vengono costruite due nuove cappelle, quella di San Quirico (distrutta e di cui si sono perse le tracce) e quella costruita in onore della Santa Madre di Dio (di qui il nome di Santa Maria di Carpice, dato all'Abbazia e il termine Villa Mariana dato all'insediamento abitativo). I possedimenti dell'abbazia, uniti a quelli di altre realtà monastiche benedettine e della gente di Carpice erano molto ampi: si andava da Moncalieri a Vinovo - La Loggia fino a Candiolo e Stupinigi. Tra il XII e il XIII secolo l'abbazia di Carpice vive un periodo di profonda crisi disciplinare, che spinge il vescovo di Torino ad assoggettarla all'Abate di San Michele della Chiusa. Intanto, il rapporto con i diversi rami di Casa Savoia si infittisce e numerosi nobili figurano quali signori di Carpice. Il Duecento è un secolo importante per la storia di Carpice: da un lato, l'Abbazia esercita sul territorio i pieni poteri signorili, dall'altro i signori di Carpice e i monaci danno vita all'omonimo Comune signorile; nel 1228 questo Comune figura, insieme a quelli di Testona e Mairano, tra i fondatori della villanova di Moncalieri, a sud del fiume Po, a ridosso del ponte sul fiume e importante nodo viario dell'epoca. La popolazione di Carpice inizia un lento trasferimento verso il nuovo centro abitato - che verrà costituito in Comune nel 1230 - spinta dalle continue esondazioni del Chisola che minacciava case e terreni. Nella seconda metà del XIII secolo l'Abbazia sembra perdere terre e poteri signorili, vedendo la comparsa di numerosi soggetti che compaiono quali possessori nel territorio di Carpice. Vera ricchezza del territorio su cui gravitava l'Abbazia di Santa Maria di Carpice erano i mulini, di cui uno ancora visibile sulla odierna strada Carpice. Lo possiamo dedurre dalla quantità di liti incentrate sull'utilizzo e sulla proprietà di questi mulini, ma anche dalla capillarità dei rii e dei canali che costellano il territorio. I mulini presenti nel XV secolo erano sei, quasi interamente di proprietà abbaziale; soltanto nel 1502 il Comune di Moncalieri, a seguito di contenziosi e acquisizioni, riuscirà ad ottenere la proprietà di tutti i sei mulini. Le ruote molitorie di Carpice saranno in funzione fino al Novecento, dopo aver subito una ricostruzione e vari ammodernamenti nel corso dell'Ottocento. Nel XV secolo, l'ordine benedettino subisce profonde trasformazioni. Anche l'Abbazia di Carpice vive queste trasformazioni, tanto che il nuovo oratorio, costruito in quell'epoca sui resti dell'edificio precedente, riceve la titolatura a San Lorenzo martire, santo patrono del nuovo ordine dei Benedettini Riformati di San Lorenzo, che nella basilica romana di San Lorenzo in Lucina ha il suo centro. Carlo Francesco Boggio (1670? – 1735), abate del monastero vescovile benedettino di San Solutore, ricostruì completamente la chiesa nel 1732, la fece affrescare da Michele Antonio Milocco e la dedicò a Santa Maria e a San Lorenzo. A ridosso dell'altare policromo fu posta una pala raffigurante l’Assunzione di Maria attorniata da San Lorenzo, i Santi martiri Solutore, Avventore e Ottavio, San Francesco e San Carlo Borromeo. Quest'opera è andata dispersa. L'opera di maggior pregio contenuta nella chiesa di Santa Maria e San Lorenzo di Carpice è però il pregevole affresco che orna la cupola: dipinto da Michele Antonio Milocco, raffigura il trionfo di San Lorenzo. L'attenzione dell'osservatore viene catturata dal santo, vestito con i paramenti diaconali, che indica con le dita il cielo verso cui è interamente protratto. Attorno a lui, uno stuolo di angeli lo accompagnano e uno di essi indica un libro sul quale è indicato il nome dell'artista e l'anno di realizzazione, 1732. Durante i sopralluoghi propedeutici al restauro della cupola, è emerso uno stemma nobiliare, probabilmente legato a Carlo Francesco Boggio, sulla parete nord sopra la porta d'ingresso. Inoltre, in alcuni punti si è notato una tinta azzurra delle pareti segno della presenza di altre parti affrescate o comunque dipinte. Nel 1796 Napoleone Bonaparte confiscò ai monaci benedettini la Abbazia di Carpice; di qui il complesso cambiò diverse proprietà fino al 1985 quando Michele Canuto, ultimo proprietario, la cedette al Comune di Moncalieri quale scomputo di oneri di urbanizzazione. La chiesa di Santa Maria e San Lorenzo divenne una cappella privata ad uso pubblico, officiata presumibilmente fino al primo dopoguerra. Con lo spopolamento della campagna circostante, iniziò il declino del complesso ex monastico e gli edifici caddero nell'abbandono. La chiesa, pur senza essere mai sconsacrata, venne utilizzata come deposito di materiali e gli altri locali abitati da indigenti fino agli anni Novanta del secolo scorso. Nel 2010, su indirizzo dell'associazione culturale UNI.VOCA, il Commissario Prefettizio decise la realizzazione di una struttura in lamiera per proteggere la chiesa e gli affreschi in essa contenuta dalle intemperie. Nel 2014 venne costituita l'Associazione Polo Culturale Moncalierese, con lo scopo di avviarne il restauro conservativo e la fruibilità turistica. Nel logo dell'Associazione campeggia proprio il profilo della chiesa di Carpice. Nel 2015, la Giunta comunale di Moncalieri, guidata dal Sindaco Paolo Montagna, avviò i lavori di rifacimento del tetto della chiesa e la messa in sicurezza della struttura. I lavori terminarono nel mese di giugno 2016. Nel 2016, la Soprintendenza dei beni architettonici e paesaggistici del Piemonte avviò i lavori di fissaggio e restauro degli affreschi di Michele Antonio Milocco che ornano la cupola della chiesa. L'Abbazia di Carpice si trova in strada Carpice, 10 nel territorio delle borgate S. Maria - reg. Carpice. Da Moncalieri si imbocca la strada Carignano fino a raggiungere, a destra, la via Regione Carpice. Dopo 200 metri la facciata della chiesa si intravede dietro il recinto di una ditta di autotrasporti. Sito ufficiale, su associazione-apcm.wix.com.

Chisola
Chisola

La Chisola (Chisòla in piemontese) è un torrente del Piemonte, affluente alla sinistra orografica del fiume Po. Il suo corso si sviluppa interamente nel territorio della città metropolitana di Torino. Il perimetro del suo bacino è 96 km. Nasce dalla confluenza di due rami torrentizi, uno che origina dal Monte Freidour (1.445 m s.l.m.) e l'altro tra il Monte Brunello e i Tre Denti (1.343 m s.l.m.). Dopo avere bagnato la breve Val Chisola esce nella pianura Padana. Lungo il suo corso di circa 40 km riceve da destra i suoi tributari Noce e Rio Torto più altri torrenti vari fra i quali il Lemina, sfociando poi, nel territorio del comune di Moncalieri, nel Po, dopo che con le sue acque sono confluite quelle del canale derivatore dell'Azienda Elettrica Municipale di Torino (poi confluita in IREN). In destra idrografica: Torrente Noce; Rio Torto; Rio Essa, che raccoglie le acque della campagna tra None, Scalenghe e Castagnole Piemonte e dopo, aver attraversato il capoluogo di Piobesi, raggiunge il Chisola a quota 232 m; Torrente Lemina (o Oitana). In sinistra idrografica: Rio Tori: raccoglie le acque che scendono dal versante sud-ovest della Montagnazza e da altri rilievi in comune di Piossasco; segna quindi per un tratto il confine tra i territori di Piossasco e di Cumiana e confluisce nella Chisola a quota 276 nei pressi della Cascina Mangarda (sempre a Piossasco); Sangonetto di Piossasco: drena i versanti orientale e meridionale del Monte San Giorgio (837 m); con un ampio semicerchio aggira questo rilievo e, dopo avere attraversato il centro storico di Piossasco, puntando verso sud-ovest va a gettarsi nella Chisola a 268 metri di quota presso la cascina Barbossi. Nonostante la classificazione come torrente e la variabilità di portata nelle varie stagioni, non va mai in secca. Il 2 settembre 2002 il torrente, a seguito di temporali localizzati ma forti, straripò sommergendo parte del comune di None. Il 25 novembre 2016 lo straripamento della Chisola ha allagato sei borgate di Moncalieri: Tetti Piatti (la più colpita, con centinaia di sfollati), Barauda, Tagliaferro, Santa Maria, Borgo Mercato e Rossi. Cumiana Piossasco Volvera None Piobesi Torinese Vinovo La Loggia Moncalieri Il fiume dà il nome al Chisola, club calcistico di Vinovo e Piobesi Torinese. Istituto Geografico Centrale, Carta a 1:50.000 N. 17: Torino-Pinerolo e Bassa Val di Susa,Torino, via Prati 2 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Chisola