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Terranegra

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Tempio nazionale dell'internato ignoto, right side (Padua)
Tempio nazionale dell'internato ignoto, right side (Padua)

Terranegra è un rione situato nel Quartiere 3 Est del Comune di Padova. In via Boccaccio, una delle strade principali del rione, è situata l'attuale sede del consiglio di quartiere.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Terranegra (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Terranegra
Via Gattamelata, Padova Terranegra

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Pasticceria Paride Maor

Via Gattamelata 39bis
35128 Padova, Terranegra
Veneto, Italia
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call+390498075711

Tempio nazionale dell'internato ignoto, right side (Padua)
Tempio nazionale dell'internato ignoto, right side (Padua)
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Luoghi vicini

Giardino dei Giusti del Mondo
Giardino dei Giusti del Mondo

Il Giardino dei Giusti del Mondo è un parco di Padova, nella zona di Terranegra, creato per onorare i Giusti, persone che con la loro azione si sono opposti ai genocidi del XX secolo. A differenza di altri luoghi e monumenti simili dedicati singolarmente a eventi come la Shoah o il genocidio armeno, il Giardino di Padova intende onorare i Giusti di qualunque genocidio, come quello del Ruanda e quello bosniaco. Il giardino fu inaugurato il 5 ottobre 2008 dopo un percorso svolto dal comune di Padova all'interno del progetto Padova Casa dei Giusti (Padua Home of Righteous), nato nel 1999 da un'idea di Giuliano Pisani. Ispirandosi al titolo di Giusto tra le nazioni israeliano, al Giardino dei Giusti di Gerusalemme e agli omologhi giardini di Erevan e Sarajevo, fu deciso di realizzare un luogo dove onorare personalità che avevano protetto, a rischio della propria vita, i perseguitati dai genocidi. Nel 2000 fu organizzato il convegno internazionale Si può sempre dire un sì o un no: i giusti contro il genocidio degli Armeni e degli Ebrei in collaborazione con il Comitato per la Foresta Mondiale dei Giusti di Milano, analoga iniziativa sorta nel capoluogo lombardo nel 2003. La sede del giardino fu scelta nei pressi del Tempio nazionale dell'internato ignoto e dell'attiguo museo. La chiesa, nuova sede parrocchiale, fu fatta costruire dal parroco monsignor Giovanni Fortin negli anni cinquanta dopo la sua deportazione a Dachau, in memoria degli internati e delle vittime dei campi di concentramento. Il progetto artistico fu affidato allo scultore padovano Elio Armano che realizzò delle strutture scultoree richiamanti delle grandi sbarre di ferro invecchiato. L'opera fu in realtà realizzata in cemento armato con un particolare rivestimento per ottenere l'aspetto del ferro arrugginito voluto dall'artista. Nel giardino ogni Giusto viene onorato con una pianta e una stele recante il suo nome. Il progetto prevede di ampliare il giardino in una sorta di "via dei Giusti" lungo l'argine (ribattezzato per l'occasione Passeggiata Cammino dei Giusti del Mondo) del canale San Gregorio, una delle diramazioni del fiume Bacchiglione in città, in adiacenza al quale sorge il giardino. Una prima tappa è stata inaugurata il 2 ottobre 2011. Un anno dopo, il 14 ottobre 2012, in occasione della quinta cerimonia di assegnazione del titolo di Giusto, è stato inaugurato il Giardino dei Giusti del Mondo di Noventa Padovana: i primi sette chilometri del Cammino dei Giusti del Mondo sono tracciati. Nel 2013, lungo la passeggiata Cammino dei Giusti del Mondo, è stata inaugurata una seconda tappa, con nove alberi che ricordano nove grandi storie, mentre un altro ciliegio è andato ad arricchire il Giardino di Noventa Padovana. Sul grande muro che circonda le strutture scultoree è riportato il motto del Giardino, una frase attribuita a Hannah Arendt: «Si può sempre dire un sì o un no». Il 2 ottobre 2011 anche il celebre campione di ciclismo Gino Bartali è stato inserito tra i Giusti del giardino padovano per il suo impegno in favore degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Dieci alberelli furono piantati nel 2008 in occasione dell'inaugurazione e altri vengono aggiunti annualmente (dodici nel 2009, dieci nel 2010, undici nel 2011, tredici nel 2012 e dieci l'anno successivo). AA.VV., Si può sempre dire un sì o un no: i giusti contro i genocidi degli armeni e degli ebrei, Padova, Cleup, 2001, pp. 288, ISBN 978-88-7178-705-3. URL consultato il 3 ottobre 2011. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giardino dei Giusti del Mondo Il Giardino dei Giusti del Mondo, su PadovaNET, Comune di Padova. URL consultato il 16 settembre 2011.

Tempio nazionale dell'internato ignoto
Tempio nazionale dell'internato ignoto

Il Tempio nazionale dell'internato ignoto è un sacrario e una chiesa del quartiere Terranegra di Padova, realizzato a ricordo degli internati nei lager nazisti durante la seconda guerra mondiale. All'interno del complesso è ospitato anche il Museo dell'internamento dedicato a tutta la vicenda storica dell'internamento durante la guerra. Durante la seconda guerra mondiale, don Giovanni Fortin diede rifugio a militari inglesi e per questo venne internato agli inizi del 1944 nel campo di concentramento di Dachau in Germania. Sopravvissuto alla deportazione di Dachau, don Fortin si impegnò perché l'edificio di Terranegra, da lui ideato nel 1953 e già in costruzione nella sua parrocchia, diventasse un Tempio-Ossario con annesso Museo della Deportazione. I deportati italiani (militari e civili) nei campi nazisti furono, dall'8 settembre 1943 alla fine del conflitto, circa 650.000 e circa 70.000 non fecero ritorno. Gli ebrei sterminati nell'Olocausto (circa 6 milioni), tra i quali molti italiani, sono pure ricordati a Terranegra. Il 13 settembre 1999 il Presidente del Senato Nicola Mancino consegnò la medaglia d'oro al valor militare conferita dall'allora Presidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro alla memoria dell'Internato Ignoto. Il tempio è una chiesa cattolica che ospita anche la locale parrocchia di San Gaetano da Thiene. La sede della parrocchia fu trasferita dalla vecchia chiesa di Terranegra nel 1955. Nell'atrio della chiesa è presente un sarcofago con le spoglie di un internato ignoto. Aperto nel 1955 e ristrutturato nel 1999, il museo dell'internamento ospita documentazioni, foto, oggetti che descrivono l'esperienza dei deportati nei campi di concentramento. Nella sua presentazione il museo si descrive come parte inscindibile dal Tempio nazionale dell'internato ignoto. Dal 2007 il museo è gestito dall'Associazione nazionale ex internati (ANEI). Giardino dei Giusti del Mondo Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Tempio nazionale dell'internato ignoto Sito ufficiale, su museodellinternamento.it. Museo nazionale dell'internamento, in Luoghi di Memoria e Resistenza. Internato Ignoto, in Donne e Uomini della Resistenza.

Fenice Green Energy Park

Sorto nel 2005, il Fenice Green Energy Park (già Parco delle Energie Rinnovabili Fenice) è il primo parco in Italia dedicato alle energie verdi e alla sostenibilità ambientale. Sviluppato in 5 ettari di terreno, attraverso le sue attività mira a sensibilizzare sul tema, proponendosi come lo "smart park" ideale delle smart city. Costituisce il polmone verde della città di Padova. Organizza corsi di formazione specialistica per aziende e professionisti, laboratori didattici per il turismo scolastico, prenotazione dei suoi spazi per convegni, raduni e feste. Nel 2013 ha inaugurato l'Ostello della gioventù eco-sostenibile "Fenice". Nel 2000 inizia il recupero dell'area degradata dell'Isola di Terranegra a Padova attraverso il progetto "Recupero del verde del Parco Fenice" promosso dagli Scout di Padova. Nel 2005 nasce Fondazione Fenice onlus attraverso l'azione congiunta del Consorzio Zona Industriale di Padova e gli scout del Corpo Nazionale Giovani Esploratori ed Esploratrici Italiani (CNGEI). Il Parco Fenice inizia a operare a pieno regime nel 2008, con la presenza di oltre 200 scolaresche in visita didattica ai laboratori del parco (percorsi specializzati sulle energie rinnovabili). Nel 2013 il parco assume la denominazione ufficiale "Fenice Green Energy Park" e, in maggio, vengono inaugurate le strutture del Parco tra cui l'Ostello della Gioventù e il Centro di Formazione, costituito da due aule polivalenti (una da 20 e una da 40 posti) di classe energetica A e un salone/chalet da 80 posti. Ostello della Gioventù, struttura ricettiva extra-alberghiera, composta da 23 posti letto suddivise in: 2 camerate da 11 e 12 posti e 2 camere singole con bagno privato Aule polivalenti da 20 e 40 posti in fabbricato in classe energetica A Salone polivalente da 80 posti in chalet di classe energetica B con pannelli solari e strutture di recupero dell'acqua piovana per scarichi sanitari 5 ettari di area verde (prati, boschi e golena) per attività naturalistiche, di scautismo e per raduni di gruppi privati e associazioni Stazione di biciclette (elettriche e non) all'interno della pista ciclo-pedonale che collega il centro di Padova ai Colli Euganei e la Riviera del Brenta Sito ufficiale

Chiesa di Ognissanti (Padova)
Chiesa di Ognissanti (Padova)

La chiesa di Ognissanti è un edificio religioso di origine altomedievale che si erge in contrà Ognissanti, ora via Ognissanti, a Padova. La chiesa, nata nei pressi di uno xenodochio, sino alle soppressioni napoleoniche era parte di un complesso monastico benedettino. Ai restauri dell'edificio nel XVI secolo lavorò Vincenzo Scamozzi. Sorta secondo alcuni già nel IV secolo, la chiesa di Ognissanti nacque come dipendenza di uno xenodochio posto ad accoglienza delle genti che transitavano sulla strada che collegava Patavium ed Altinum, in un'area abitata in età paleoveneta, che età romana divenne luogo funerario. Il primo documento a citarla, un atto di donazione che Gualmanno de' Sorella muove alla chiesa Omnium Sanctorum, reca la data 9 marzo 1147. Nel maggio 1177 papa Alessandro III pose sotto sua diretta protezione chiesa e ospitium, lo xenodochio. Tra i benefattori della chiesa nel XII secolo figurava pure Speronella Dalesmanini. La chiesa era officiata dai monaci benedettini che nei pressi possedevano un cenobio. Nel XIII secolo la chiesa è parrocchiale. Il monastero benedettino per un periodo "doppio" (maschile e femminile) e poi priorato, crebbe d'importanza e le sue strutture inglobarono definitivamente la chiesa divenuta prepositurale, affidata definitivamente alla comunità conobitica dal vescovo Giovanni Battista Forzatè nel 1256. Nelle visite pastorali del cinquecento la chiesa e il cenobio furono trovati fatiscenti, e pure a rischio di crollo tant'è che i monaci abbandonarono il priorato. Nel 1589 il cardinale Federico Corner promosse dei lavori di restauro e il complesso accolse le monache benedettine di Polverara. Il cardinale affidò i lavori a Vincenzo Scamozzi che già lavorava in città per i teatini di San Gaetano. I lavori che procedettero a singhiozzo, e si concentrarono nella chiesa solo dal 1657 al 1666 secondo il volere della badessa Ludovica da Vico che affidò la direzione al proto Zuane Zenso. Nel 1671 il cardinale Gregorio Barbarigo la trovava completata con cinque altari; su uno erano ospitati i corpi di san Paolino martire e santa Valeria martire. Della chiesa antica a croce latina si conservò solo la parte terminale, verso il presbiterio ed il campanile. Il prevosto della chiesa di Ognissanti, Nicolò Macchiono, sempre nel XVII secolo, ricordava che la chiesa non necessitava di spazi cimiteriali esterni, perché dotata di depositi interni. Nel 1738 il proto Bernardo Squarcina ampliò l'edificio verso la facciata. Con le leggi ecclesiastiche napoleoniche la chiesa prepositurale assorbì le parrocchie di San Massimo, Santa Maria Iconia mentre il monastero fu abbandonato sino al 1818 quando Maria Serafina Rossi lo acquistò per aprirvi un collegio femminile. Divenne poi sede delle Dame del Sacro Cuore. Nel 1852 vi si installò l'istituto degli esposti (da San Giovanni di Verdara) che installò la ruota degli esposti, verso il sagrato. Nella chiesa furono portate le salme del beato Pellegrino e del beato Ongarello (dalla chiesa del Beato Pellegrino) ma questo non accese il fervore religioso dei nuovi parrocchiani, che non partecipavano alle funzioni per la posizione decentrata del tempio per cui, il prevosto don Antonio Troilo, favorì alla costruzione di una nuova chiesa sul luogo di Santa Maria Iconia, chiesa che venne inaugurata nel 1864. La chiesa di Ognissanti fu chiusa al culto e molte opere d'arte che vi si conservavano furono portate alla chiesa dell'Immacolata. La chiesa fu riaperta con il titolo di parrocchiale il 5 luglio 1941 grazie all'intervento di don Luigi Bonin. Oggi la chiesa di Ognissanti è attualmente parrocchia appartenente al Vicariato della Cattedrale ed officiata dal clero secolare della diocesi di Padova. Nella chiesa si riuniva la fraglia dei barcaroli del Portello, che possedevano un altare e veneravano la statua quattrocentesca della Vergine ora alla chiesa dell'Immacolata. Nella chiesa trovano sepoltura le monache, i prevosti, alcuni patrizi veneti e dottori dell'università. La chiesa è orientata ponente-levante (abside rivolto a levante) e si innalza a conclusione della via Ognissanti. La bretella che ora l'affianca è frutto di interventi otto e novecenteschi. Il lato a sud si accosta a quelle che erano le strutture monastiche. La parte più antica è quella absidale, di forma quadrangolare e affiancata all'alto campanile romanico. Eretta su pietra e cotto, mossa da archetti e aperture dei secoli X e XI, per alcuni è il risultato di adattamento di un fortilizio tardoantico. Il finestrone termale è frutto di un intervento cinquecentesco. Il resto della struttura, è il compimento di adattamenti e ingrandimenti della navata medievale, in gran parte demolita per allargare l'aula. La fiancata a settentrione è sostenuta da tre imponenti contrafforti e aperta da tre finestre alla palladiana. Un'altra finestra alla palladiana si apre sulla facciata incompiuta, aperta da tre portali di cui quello centrale, maggiore, è seicentesco e alleggerito da un frontone spezzato. Tutte le intonacature risalgono agli anni '40 del novecento. Accanto alla chiesa, posta all'interno di quello che in origine era un portale di accesso al monastero, è visibile il meccanismo della ruota degli esposti, utilizzata sino alle legislazioni fasciste. La luminosa aula, recentemente restaurata, converge al grande altare maggiore di gusto manierista-barocco seguito nel 1676 da Francesco Fasolato su cui era posta la pala decantatissima di Bonifacio de' Pitati Maria Vergine Assunta in cielo alle presenza degli appostoli poi sostituita da una Pentecoste in fresco strappato, forse cinquecentesco. Sulle nicchie statue lignee raffiguranti santa Scolastica e san Benedetto. Il paliotto d'altare è decorato da marmi bianchi e neri. Preziosi anche i lignei stalli del coro. Dopo le recenti fasi di recupero sono state portati alla luce i brani della muratura medievale e sul presbiterio, il resto di una scala voltata del X-XI secolo che un tempo si apriva sulla muratura, e pure una feritoia. Affiancano il presbiterio due altari laterali cinquecenteschi, rivolti a levante: su quello di destra è posta una splendida tela (1730) di Francesco Migliori raffigurante il Paradiso. sull'altare a sinistra Crocifissione di ignoto settecentesco. Sulle pareti laterali in prossimità degli altari, i resti del transetto medievale con l'interessante trifora romanica riaffiorata durante i restauri che hanno pure portato alla luce, in una nicchia, il volto di un Cristo Pantocratore del X-XI secolo. Sull'altare laterale cinquecentesco, a sinistra, è posto l'affresco miracoloso che come ricorda il Rossetti «era nell'angolo, o cantonata della fabbrica di questo Ospitale [la Ca' di Dio], sopra la strada pubblica, per la quale si va a Santa Caterina, di dove fu trasportata sul [...] altare [della Chiesa della Ca' di Dio] nell'anno 1595; essa è di Stefano dall'Arzere». Dopo la demolizione della Chiesa della Ca' di Dio fu trasportato a san Giovanni di Verdara nel 1784 e definitivamente posto ad Ongissanti nel 1868 e collocato sulla nicchia già occupata forse, dalla statua della Madonna dei Barcaroli. Dirimpetto, altare seicentesco su cui è posta la pala di Giovanni Carboncini (1681) Visitazione di Maria. Lungo le pareti, piccolo lapidario con resti di iscrizioni e cippi di età romana. Sul pavimento, alcuni numeri alla romana segnalano le sepolture seicentesche le cui lapidi furono levate nel restauro del 1837. Nella chiesa si conserva il prezioso organo proveniente (dopo il 1810) dalla demolita chiesa di Santa Giuliana. Sarebbe dunque l'opera n. 233 di Gaetano Callido, databile 1785, sebbene non si rinvengano segnature o firme, cosa inusuale per il Callido. Lo strumento, già pesantemente manomesso dalla ditta "La Fonica" negli anni '50 del novecento (estensione della tastiera, pedaliera diritta, inserimento di Viola, Voce Celeste e trasposizione del Flauto in XII a Flauto in Ottava, azionamento pneumatico dei registri con pedale del Crescendo, eliminazione di uno dei due mantici), è stato restaurato in maniera filologica da Alfredo Piccinelli nel 1996 e inaugurato il 6 maggio 1998 da Gustav Leonhardt. Lo strumento, posto sul grande barco monastico in controfacciata, luogo un tempo riservato alle monache - che vi accedevano da un'apposita porta direttamente dal monastero -, è collocato in cassa lignea barocca, probabilmente coeva, pur se non ci sono dati. La facciata é composta da 21 canne in stagno appartenenti al registro di Principale, bocche allineate e labbro superiore a mitria, canna maggiore: Do2. La consolle a finestra ospita il manuale (riportato all'originale durante l'ultimo restauro) di 45 tasti, con prima ottava scavezza, e la pedaliera a leggio, ricostruita, di 18 tasti (Do1-Sol#2 + tamburo). I registi, posti a destra della tastiera, sono azionati da tiranti "alla veneta" con Tiraripieno a manovella. La ventilazione, garantita da due mantici a cuneo posti all'interno della cassa, è azionabile sia manualmente (tramite corde) che con elettroventilatore, con valvole di non ritorno rilasciabili tramite apposite cordicelle, raggiungibili rimuovendo il pannello del leggio. Principale bassi e soprani Ottava Decimaquinta Decimanona Vigesimaseconda Voce Umana Flauto in XII Cornetta Bassi Divisione bassi/soprani: Do#3-Re3 Il registro Bassi (pedale) é composo da 12 canne in castagno, di 8 piedi, di fattura più antica Il Tamburo (La2 della pedaliera) è ottenuto con le note Fa#-Sol#-Sib (registro Bassi) Voce Umana e Cornetta: soprani Prime 8 canne del Flauto in XII tappate Il Principale ha le prime 2 canne in legno, poste ai lati del somiere, dietro le lesene Giovambattista Rossetti, Descrizione delle pitture, sculture, ed architetture di Padova, in Padova 1780 Stamperia del Seminario Giannantonio Moschini, Guida per la città di Padova, Atesa editrice AA.VV., Padova Basiliche e chiese, Neri Pozza Editore Giuseppe Toffanin, Le strade di Padova, Newton e Compton Editori Maria Cristina Forato, La chiesa di Ognissanti in Padova AA.VV., Padova, Medoacus Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Vincenzo Scamozzi Gaetano Callido Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Ognissanti

Biblioteca di geoscienze
Biblioteca di geoscienze

La Biblioteca di geoscienze è una biblioteca scientifica che si trova a Padova in via Gradenigo 6. Dal 2003 la biblioteca fa parte delle biblioteche afferenti al Polo di Scienze dell'Università degli Studi di Padova. La biblioteca possiede un ingente patrimonio librario, costituito da periodici, volumi monografici, una collezione di volumi antichi-rari antecedenti il 1830, quattro raccolte di miscellanee, raccolta di tesi di laurea e di tesi di dottorato, collezioni cartografiche. Le principali fasi che hanno portato alla costituzione del Dipartimento e della relativa biblioteca hanno radici profonde che risalgono agli studi dei naturalisti che frequentavano l'Università di Padova, come il religioso domenicano Alberto Magno (1206-1280) o Gerolamo Fracastoro (1476-1553), che aprì una via nuova sull'interpretazione dei fossili. Ma fu dal XVII secolo che illustri studiosi operarono con intenso fervore per dare maggior prestigio all'insegnamento della geologia a Padova. Nel 1869 il prof. Giovanni Omboni (1829-1910), venuto a Padova per ricoprire l'insegnamento di mineralogia e geologia, formò il primo modesto nucleo della biblioteca geologica, donando le collezioni librarie di sua proprietà e la raccolta privata di libri e di carte geologiche del barone Achille De Zigno (1813-1892), acquistate dopo la sua morte assieme alla collezione dei fossili. Dal 1909 Giorgio Dal Piaz iniziò anni di lavoro per trovare dei locali adeguati agli Istituti e ai musei nascenti con proposte e richieste di finanziamento al Ministero e all'Università. Con il sopraggiungere della prima guerra mondiale sorsero inevitabilmente molte difficoltà per l'attuazione di tale progetto. Dopo alcuni anni dalla fine della guerra, nel 1932 la Scuola degli Ingegneri si trasferì dall'antico edificio di Palazzo Cavalli in un edificio situato nella zona del Portello. Fu l'occasione eccezionale per trasferire l'Istituto di Geologia con annesso Museo nella sede di Palazzo Cavalli. Nel 1988 l'Istituto e Museo di Geologia, Paleontologia e Geologia Applicata e l'Istituto di Fisica Terrestre e Geodesia confluirono nel Dipartimento di Geologia, Paleontologia e Geofisica e la biblioteca accorpò le collezioni bibliografiche dei due istituti. Dal 1° gennaio 2007 il Dipartimento di Geologia, Paleontologia e Geofisica e il Dipartimento di Mineralogia e Petrologia sono confluiti nell'attuale Dipartimento di Geoscienze. Palazzo Cavalli fu la sede storica dell'istituto con annesso museo fino al 2010, anno in cui, sotto la direzione del prof. Domenico Rio, si attuò il trasferimento definitivo del Dipartimento di Geoscienze nel nuovo edificio (progettato dagli architetti Camillo Bianchi e Giorgio Garau) vicino all'antica Porta Ognissanti (comunemente detta Porta Portello), lasciando libere le sale per l'ampliamento del museo stesso. La biblioteca annovera tra le proprie collezioni il materiale documentario donato dal prof. Giorgio Dal Piaz (1872-1962) e confluito nell'omonimo fondo. Anche il figlio di quest'ultimo, il prof. Giovan Battista Dal Piaz (1904-1995) ha donato alla biblioteca la propria collezione composta da testi, carte e miscellanee. Sono di particolare rilevanza storica e scientifica i fondi del prof. Giovanni Omboni (in parte già del barone Achille De Zigno) e del prof. Luigi De Marchi composti da miscellanee di prevalente interesse geofisico. La biblioteca dispone di un patrimonio di circa 200 volumi antichi per la maggior parte stampati nei secoli XIX e XVIII, in prevalenza di carattere paleontologico. Attualmente, la biblioteca può vantare un patrimonio librario che comprende oltre 17 000 monografie e 2000 riviste. All'interno dei locali bibliotecari una sala è dedicata alla Cartoteca nella quale sono conservate oltre 19 000 carte geologiche e topografiche, alcune delle quali risalenti al secolo XIX. Le risorse bibliotecarie sono accessibili attraverso il discovery del Sistema Bibliotecario Padovano. La biblioteca ha digitalizzato e reso pubblico parte del suo patrimonio antico e di pregio attraverso la piattaforma Phaidra. Dal 2021 è attivo il portale Mapfly che permette la ricerca nel web su base geografica di quasi 30 000 carte geotematiche e geografiche conservate presso l'Ateneo di Padova e fornisce lo scarico della loro riproduzione digitale, quando lo consentono i diritti, principalmente per la cartografia storica. Per valorizzare le proprie collezioni, il personale bibliotecario promuove iniziative di terza missione a beneficio della cittadinanza Dal Piaz, Giorgio: Guida dell'Istituto e del Museo di Geologia e Paleontologia. Pubblicazione postuma con introduzione di Giambattista Dal Piaz e Giuliano Piccoli, Padova, Società Cooperativa Tipografica, 1971, p. 146 : ill. + 3 tav. Accordi, Bruno, Storia della Geologia, Bologna, Zanichelli, 1984, p. 114: ill. Piccoli, Giuliano & Sitran Rea, L., Il Dipartimento di Geologia, Paleontologia e Geofisica dell'Università di Padova e le sue origini. Padova, Società Cooperativa Tipografica, 1988, p. 76. Roda, Cesare, C'è Padova sugli scudi con la nuova sede del Dipartimento di Geoscienze, in GeoItalia n. 35 - settembre 2011. Achille De Zigno Giovanni Omboni Giorgio Dal Piaz Biblioteca di chimica Cesare Pecile Biblioteca di matematica Università degli Studi di Padova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Biblioteca di geoscienze. Università degli studi di Padova Sito ufficiale, su bibliotecageoscienze.cab.unipd.it. Biblioteca di geoscienze, su Anagrafe delle biblioteche italiane, Istituto centrale per il catalogo unico. Sezione cartografia-Mapfly, su bibliotecageoscienze.cab.unipd.it. Sistema Bibliotecario di Ateneo dell'Università di Padova, su bibliotecadigitale.cab.unipd.it. Servizio Bibliotecario Nazionale, su iccu.sbn.it. Archivio Collettivo Nazionale dei Periodici, su acnp.unibo.it. Dipartimento di Geoscienze, su geoscienze.unipd.it. Museo di Geologia e Paleontologia di Padova, su musei.unipd.it. Polo di Scienze, su polodiscienze.wordpress.com. Collezione "Achille De Zigno", su galileodiscovery.unipd.it. Portale Mapfly, su mapfly.unipd.it. Sezione "Ultime notizie" del sito della biblioteca, su bibliotecageoscienze.cab.unipd.it.

Palasport San Lazzaro
Palasport San Lazzaro

Il palasport San Lazzaro, conosciuto anche con il nome sponsorizzato di Kioene Arena (ex PalaBernhardsson, PalaNet e PalaFabris) è il più importante palazzetto dello sport della città di Padova e uno dei più importanti del Veneto. Oltre ad ospitare le partite casalinghe delle squadre padovane di pallavolo, pallacanestro e pallamano, ospita altre manifestazioni sportive come campionati di boxe, gare di scherma, kick boxing, tennis e altre discipline. La struttura ospita molto frequentemente anche importanti concerti musicali e convegni. La struttura fu costruita dal Comune di Padova e inaugurata il 24 febbraio 1980 con la partita tra Simod Petrarca e Fiat Torino valida per il Campionato di Serie B 1979-1980. Sostituì il piccolo palazzetto dello sport Arcella. L'inaugurazione era prevista per l'estate del 1977, ma vari problemi ne hanno rallentato la costruzione. All'inizio, aveva una capienza di 6000 posti a sedere. Il PalaFabris inizialmente fu chiamato semplicemente San Lazzaro, nome del rione in cui sorge situato nella periferia orientale della città, ed in seguito prese il nome Palanet. La Pallavolo Padova, ex Petrarca, ha disputato nell'impianto tutti i campionati a partire dal 1987; dal 1987 al 2009 ha militato in Serie A e negli anni successivi ha alternato stagioni nella massima serie ad altre in Serie A2. Il Petrarca Basket ha disputato all'odierno PalaFabris quattro stagioni in serie A2 negli anni novanta, per poi scendere nelle serie minori ed abbandonare in seguito l'impianto. Vi sarebbe tornato per la stagione 2004-2005 con il marchio Acqua & Sapone per disputare il campionato di B1, ma gli scarsi risultati ottenuti lo spinsero poi a lasciare nuovamente il PalaFabris, ed attualmente gioca in un impianto minore cittadino. Nel maggio 2009 sono iniziati i lavori di ristrutturazione che hanno modernizzato l'impianto e ne hanno ridotto la capienza agli attuali 3.845 posti a sedere, contro i 5.000 degli anni precedenti. Il 22 gennaio 2010 è avvenuta la cerimonia di inaugurazione del rinnovato palasport, a cui è seguito il concerto di Francesco Guccini.. Il 10 febbraio 2010 è stato annunciato il cambio del nome del palasport in PalaFabris, l'attuale denominazione intitolata ad un'azienda locale che da alcuni anni è entrata nella struttura societaria della Pallavolo Padova. Per il Campionato mondiale di pallavolo maschile 2010, l'impianto è stato scelto come sede per la preparazione della nazionale del Giappone. Nella stagione 2010-11, al PalaFabris ha giocato anche il Gattamelata Padova, che militava nella Serie B Dilettanti (quarto livello del campionato italiano di pallacanestro maschile).. Nella stagione successiva, la neonata Basket Padova 1931 ha preso il posto del Gattamelata Albignasego e ha giocato in questo impianto, finendo il campionato con la retrocessione. Nel 2012 il Padova 1931 non si è iscritto al campionato, ed il basket è scomparso nuovamente dal PalaFabris. Il 15 dicembre 2014, dopo più di due anni, torna ad ospitare una partita di pallacanestro. In tale occasione, la struttura è stata la sede del derby tra Virtus Padova e Petrarca. Il derby che non si disputava in un campionato nazionale da vent'anni è stato vinto dal Petrarca. Il 30 agosto 2015 è stato annunciato il nuovo nome sponsorizzato del palasport: Kioene Arena. Il 5 settembre il comune di Padova e la Pallavolo Padova, annunciano l'accordo, che permetterà alla Virtus Basket Padova di disputare le partite casalinghe in questo impianto. Il rinnovo portato a termine nel 2010 ha riqualificato l'impianto, che dispone ora di una tecnologia all'avanguardia. È dotato di servizi, magazzini, una palestrina e spogliatoi. Il terreno di gioco è completo delle linee che demarcano i campi di pallavolo, pallacanestro, calcio a 5 e pallamano. È inoltre predisposto per ospitare attività di ginnastica artistica. La capienza massima è di 3.845 posti a sedere. Sorge nel rione San Lazzaro del Quartiere 3 Est di Padova, a poche centinaia di metri dall'uscita di Padova Est dell'autostrada A4 e dall'uscita Padova San Lazzaro della tangenziale est, ed è quindi facilmente raggiungibile con gli automezzi. È collegato al centro cittadino dagli autobus dell'azienda comunale APS. Finale di Coppa Korać: 1 1981-1982 World League di pallavolo maschile - Prima fase: 1 2011 Elite round di Coppa UEFA: 2 2007-08, 2011-12 Final Eight di Coppa Italia: 3 2009-10, 2010-11, 2011-12 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su PalaFabris Palasport San Lazzaro, pallavolopadova.com Palasport San Lazzaro, padovanet.it