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Chiesa di Ognissanti (Padova)

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Facciataognissanti
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La chiesa di Ognissanti è un edificio religioso di origine altomedievale che si erge in contrà Ognissanti, ora via Ognissanti, a Padova. La chiesa, nata nei pressi di uno xenodochio, sino alle soppressioni napoleoniche era parte di un complesso monastico benedettino. Ai restauri dell'edificio nel XVI secolo lavorò Vincenzo Scamozzi. Sorta secondo alcuni già nel IV secolo, la chiesa di Ognissanti nacque come dipendenza di uno xenodochio posto ad accoglienza delle genti che transitavano sulla strada che collegava Patavium ed Altinum, in un'area abitata in età paleoveneta, che età romana divenne luogo funerario. Il primo documento a citarla, un atto di donazione che Gualmanno de' Sorella muove alla chiesa Omnium Sanctorum, reca la data 9 marzo 1147. Nel maggio 1177 papa Alessandro III pose sotto sua diretta protezione chiesa e ospitium, lo xenodochio. Tra i benefattori della chiesa nel XII secolo figurava pure Speronella Dalesmanini. La chiesa era officiata dai monaci benedettini che nei pressi possedevano un cenobio. Nel XIII secolo la chiesa è parrocchiale. Il monastero benedettino per un periodo "doppio" (maschile e femminile) e poi priorato, crebbe d'importanza e le sue strutture inglobarono definitivamente la chiesa divenuta prepositurale, affidata definitivamente alla comunità conobitica dal vescovo Giovanni Battista Forzatè nel 1256. Nelle visite pastorali del cinquecento la chiesa e il cenobio furono trovati fatiscenti, e pure a rischio di crollo tant'è che i monaci abbandonarono il priorato. Nel 1589 il cardinale Federico Corner promosse dei lavori di restauro e il complesso accolse le monache benedettine di Polverara. Il cardinale affidò i lavori a Vincenzo Scamozzi che già lavorava in città per i teatini di San Gaetano. I lavori che procedettero a singhiozzo, e si concentrarono nella chiesa solo dal 1657 al 1666 secondo il volere della badessa Ludovica da Vico che affidò la direzione al proto Zuane Zenso. Nel 1671 il cardinale Gregorio Barbarigo la trovava completata con cinque altari; su uno erano ospitati i corpi di san Paolino martire e santa Valeria martire. Della chiesa antica a croce latina si conservò solo la parte terminale, verso il presbiterio ed il campanile. Il prevosto della chiesa di Ognissanti, Nicolò Macchiono, sempre nel XVII secolo, ricordava che la chiesa non necessitava di spazi cimiteriali esterni, perché dotata di depositi interni. Nel 1738 il proto Bernardo Squarcina ampliò l'edificio verso la facciata. Con le leggi ecclesiastiche napoleoniche la chiesa prepositurale assorbì le parrocchie di San Massimo, Santa Maria Iconia mentre il monastero fu abbandonato sino al 1818 quando Maria Serafina Rossi lo acquistò per aprirvi un collegio femminile. Divenne poi sede delle Dame del Sacro Cuore. Nel 1852 vi si installò l'istituto degli esposti (da San Giovanni di Verdara) che installò la ruota degli esposti, verso il sagrato. Nella chiesa furono portate le salme del beato Pellegrino e del beato Ongarello (dalla chiesa del Beato Pellegrino) ma questo non accese il fervore religioso dei nuovi parrocchiani, che non partecipavano alle funzioni per la posizione decentrata del tempio per cui, il prevosto don Antonio Troilo, favorì alla costruzione di una nuova chiesa sul luogo di Santa Maria Iconia, chiesa che venne inaugurata nel 1864. La chiesa di Ognissanti fu chiusa al culto e molte opere d'arte che vi si conservavano furono portate alla chiesa dell'Immacolata. La chiesa fu riaperta con il titolo di parrocchiale il 5 luglio 1941 grazie all'intervento di don Luigi Bonin. Oggi la chiesa di Ognissanti è attualmente parrocchia appartenente al Vicariato della Cattedrale ed officiata dal clero secolare della diocesi di Padova. Nella chiesa si riuniva la fraglia dei barcaroli del Portello, che possedevano un altare e veneravano la statua quattrocentesca della Vergine ora alla chiesa dell'Immacolata. Nella chiesa trovano sepoltura le monache, i prevosti, alcuni patrizi veneti e dottori dell'università. La chiesa è orientata ponente-levante (abside rivolto a levante) e si innalza a conclusione della via Ognissanti. La bretella che ora l'affianca è frutto di interventi otto e novecenteschi. Il lato a sud si accosta a quelle che erano le strutture monastiche. La parte più antica è quella absidale, di forma quadrangolare e affiancata all'alto campanile romanico. Eretta su pietra e cotto, mossa da archetti e aperture dei secoli X e XI, per alcuni è il risultato di adattamento di un fortilizio tardoantico. Il finestrone termale è frutto di un intervento cinquecentesco. Il resto della struttura, è il compimento di adattamenti e ingrandimenti della navata medievale, in gran parte demolita per allargare l'aula. La fiancata a settentrione è sostenuta da tre imponenti contrafforti e aperta da tre finestre alla palladiana. Un'altra finestra alla palladiana si apre sulla facciata incompiuta, aperta da tre portali di cui quello centrale, maggiore, è seicentesco e alleggerito da un frontone spezzato. Tutte le intonacature risalgono agli anni '40 del novecento. Accanto alla chiesa, posta all'interno di quello che in origine era un portale di accesso al monastero, è visibile il meccanismo della ruota degli esposti, utilizzata sino alle legislazioni fasciste. La luminosa aula, recentemente restaurata, converge al grande altare maggiore di gusto manierista-barocco seguito nel 1676 da Francesco Fasolato su cui era posta la pala decantatissima di Bonifacio de' Pitati Maria Vergine Assunta in cielo alle presenza degli appostoli poi sostituita da una Pentecoste in fresco strappato, forse cinquecentesco. Sulle nicchie statue lignee raffiguranti santa Scolastica e san Benedetto. Il paliotto d'altare è decorato da marmi bianchi e neri. Preziosi anche i lignei stalli del coro. Dopo le recenti fasi di recupero sono state portati alla luce i brani della muratura medievale e sul presbiterio, il resto di una scala voltata del X-XI secolo che un tempo si apriva sulla muratura, e pure una feritoia. Affiancano il presbiterio due altari laterali cinquecenteschi, rivolti a levante: su quello di destra è posta una splendida tela (1730) di Francesco Migliori raffigurante il Paradiso. sull'altare a sinistra Crocifissione di ignoto settecentesco. Sulle pareti laterali in prossimità degli altari, i resti del transetto medievale con l'interessante trifora romanica riaffiorata durante i restauri che hanno pure portato alla luce, in una nicchia, il volto di un Cristo Pantocratore del X-XI secolo. Sull'altare laterale cinquecentesco, a sinistra, è posto l'affresco miracoloso che come ricorda il Rossetti «era nell'angolo, o cantonata della fabbrica di questo Ospitale [la Ca' di Dio], sopra la strada pubblica, per la quale si va a Santa Caterina, di dove fu trasportata sul [...] altare [della Chiesa della Ca' di Dio] nell'anno 1595; essa è di Stefano dall'Arzere». Dopo la demolizione della Chiesa della Ca' di Dio fu trasportato a san Giovanni di Verdara nel 1784 e definitivamente posto ad Ongissanti nel 1868 e collocato sulla nicchia già occupata forse, dalla statua della Madonna dei Barcaroli. Dirimpetto, altare seicentesco su cui è posta la pala di Giovanni Carboncini (1681) Visitazione di Maria. Lungo le pareti, piccolo lapidario con resti di iscrizioni e cippi di età romana. Sul pavimento, alcuni numeri alla romana segnalano le sepolture seicentesche le cui lapidi furono levate nel restauro del 1837. Nella chiesa si conserva il prezioso organo proveniente (dopo il 1810) dalla demolita chiesa di Santa Giuliana. Sarebbe dunque l'opera n. 233 di Gaetano Callido, databile 1785, sebbene non si rinvengano segnature o firme, cosa inusuale per il Callido. Lo strumento, già pesantemente manomesso dalla ditta "La Fonica" negli anni '50 del novecento (estensione della tastiera, pedaliera diritta, inserimento di Viola, Voce Celeste e trasposizione del Flauto in XII a Flauto in Ottava, azionamento pneumatico dei registri con pedale del Crescendo, eliminazione di uno dei due mantici), è stato restaurato in maniera filologica da Alfredo Piccinelli nel 1996 e inaugurato il 6 maggio 1998 da Gustav Leonhardt. Lo strumento, posto sul grande barco monastico in controfacciata, luogo un tempo riservato alle monache - che vi accedevano da un'apposita porta direttamente dal monastero -, è collocato in cassa lignea barocca, probabilmente coeva, pur se non ci sono dati. La facciata é composta da 21 canne in stagno appartenenti al registro di Principale, bocche allineate e labbro superiore a mitria, canna maggiore: Do2. La consolle a finestra ospita il manuale (riportato all'originale durante l'ultimo restauro) di 45 tasti, con prima ottava scavezza, e la pedaliera a leggio, ricostruita, di 18 tasti (Do1-Sol#2 + tamburo). I registi, posti a destra della tastiera, sono azionati da tiranti "alla veneta" con Tiraripieno a manovella. La ventilazione, garantita da due mantici a cuneo posti all'interno della cassa, è azionabile sia manualmente (tramite corde) che con elettroventilatore, con valvole di non ritorno rilasciabili tramite apposite cordicelle, raggiungibili rimuovendo il pannello del leggio. Principale bassi e soprani Ottava Decimaquinta Decimanona Vigesimaseconda Voce Umana Flauto in XII Cornetta Bassi Divisione bassi/soprani: Do#3-Re3 Il registro Bassi (pedale) é composo da 12 canne in castagno, di 8 piedi, di fattura più antica Il Tamburo (La2 della pedaliera) è ottenuto con le note Fa#-Sol#-Sib (registro Bassi) Voce Umana e Cornetta: soprani Prime 8 canne del Flauto in XII tappate Il Principale ha le prime 2 canne in legno, poste ai lati del somiere, dietro le lesene Giovambattista Rossetti, Descrizione delle pitture, sculture, ed architetture di Padova, in Padova 1780 Stamperia del Seminario Giannantonio Moschini, Guida per la città di Padova, Atesa editrice AA.VV., Padova Basiliche e chiese, Neri Pozza Editore Giuseppe Toffanin, Le strade di Padova, Newton e Compton Editori Maria Cristina Forato, La chiesa di Ognissanti in Padova AA.VV., Padova, Medoacus Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Vincenzo Scamozzi Gaetano Callido Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Ognissanti

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Chiesa di Ognissanti (Padova)
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Biblioteca di geoscienze
Biblioteca di geoscienze

La Biblioteca di geoscienze è una biblioteca scientifica che si trova a Padova in via Gradenigo 6. Dal 2003 la biblioteca fa parte delle biblioteche afferenti al Polo di Scienze dell'Università degli Studi di Padova. La biblioteca possiede un ingente patrimonio librario, costituito da periodici, volumi monografici, una collezione di volumi antichi-rari antecedenti il 1830, quattro raccolte di miscellanee, raccolta di tesi di laurea e di tesi di dottorato, collezioni cartografiche. Le principali fasi che hanno portato alla costituzione del Dipartimento e della relativa biblioteca hanno radici profonde che risalgono agli studi dei naturalisti che frequentavano l'Università di Padova, come il religioso domenicano Alberto Magno (1206-1280) o Gerolamo Fracastoro (1476-1553), che aprì una via nuova sull'interpretazione dei fossili. Ma fu dal XVII secolo che illustri studiosi operarono con intenso fervore per dare maggior prestigio all'insegnamento della geologia a Padova. Nel 1869 il prof. Giovanni Omboni (1829-1910), venuto a Padova per ricoprire l'insegnamento di mineralogia e geologia, formò il primo modesto nucleo della biblioteca geologica, donando le collezioni librarie di sua proprietà e la raccolta privata di libri e di carte geologiche del barone Achille De Zigno (1813-1892), acquistate dopo la sua morte assieme alla collezione dei fossili. Dal 1909 Giorgio Dal Piaz iniziò anni di lavoro per trovare dei locali adeguati agli Istituti e ai musei nascenti con proposte e richieste di finanziamento al Ministero e all'Università. Con il sopraggiungere della prima guerra mondiale sorsero inevitabilmente molte difficoltà per l'attuazione di tale progetto. Dopo alcuni anni dalla fine della guerra, nel 1932 la Scuola degli Ingegneri si trasferì dall'antico edificio di Palazzo Cavalli in un edificio situato nella zona del Portello. Fu l'occasione eccezionale per trasferire l'Istituto di Geologia con annesso Museo nella sede di Palazzo Cavalli. Nel 1988 l'Istituto e Museo di Geologia, Paleontologia e Geologia Applicata e l'Istituto di Fisica Terrestre e Geodesia confluirono nel Dipartimento di Geologia, Paleontologia e Geofisica e la biblioteca accorpò le collezioni bibliografiche dei due istituti. Dal 1° gennaio 2007 il Dipartimento di Geologia, Paleontologia e Geofisica e il Dipartimento di Mineralogia e Petrologia sono confluiti nell'attuale Dipartimento di Geoscienze. Palazzo Cavalli fu la sede storica dell'istituto con annesso museo fino al 2010, anno in cui, sotto la direzione del prof. Domenico Rio, si attuò il trasferimento definitivo del Dipartimento di Geoscienze nel nuovo edificio (progettato dagli architetti Camillo Bianchi e Giorgio Garau) vicino all'antica Porta Ognissanti (comunemente detta Porta Portello), lasciando libere le sale per l'ampliamento del museo stesso. La biblioteca annovera tra le proprie collezioni il materiale documentario donato dal prof. Giorgio Dal Piaz (1872-1962) e confluito nell'omonimo fondo. Anche il figlio di quest'ultimo, il prof. Giovan Battista Dal Piaz (1904-1995) ha donato alla biblioteca la propria collezione composta da testi, carte e miscellanee. Sono di particolare rilevanza storica e scientifica i fondi del prof. Giovanni Omboni (in parte già del barone Achille De Zigno) e del prof. Luigi De Marchi composti da miscellanee di prevalente interesse geofisico. La biblioteca dispone di un patrimonio di circa 200 volumi antichi per la maggior parte stampati nei secoli XIX e XVIII, in prevalenza di carattere paleontologico. Attualmente, la biblioteca può vantare un patrimonio librario che comprende oltre 17 000 monografie e 2000 riviste. All'interno dei locali bibliotecari una sala è dedicata alla Cartoteca nella quale sono conservate oltre 19 000 carte geologiche e topografiche, alcune delle quali risalenti al secolo XIX. Le risorse bibliotecarie sono accessibili attraverso il discovery del Sistema Bibliotecario Padovano. La biblioteca ha digitalizzato e reso pubblico parte del suo patrimonio antico e di pregio attraverso la piattaforma Phaidra. Dal 2021 è attivo il portale Mapfly che permette la ricerca nel web su base geografica di quasi 30 000 carte geotematiche e geografiche conservate presso l'Ateneo di Padova e fornisce lo scarico della loro riproduzione digitale, quando lo consentono i diritti, principalmente per la cartografia storica. Per valorizzare le proprie collezioni, il personale bibliotecario promuove iniziative di terza missione a beneficio della cittadinanza Dal Piaz, Giorgio: Guida dell'Istituto e del Museo di Geologia e Paleontologia. Pubblicazione postuma con introduzione di Giambattista Dal Piaz e Giuliano Piccoli, Padova, Società Cooperativa Tipografica, 1971, p. 146 : ill. + 3 tav. Accordi, Bruno, Storia della Geologia, Bologna, Zanichelli, 1984, p. 114: ill. Piccoli, Giuliano & Sitran Rea, L., Il Dipartimento di Geologia, Paleontologia e Geofisica dell'Università di Padova e le sue origini. Padova, Società Cooperativa Tipografica, 1988, p. 76. Roda, Cesare, C'è Padova sugli scudi con la nuova sede del Dipartimento di Geoscienze, in GeoItalia n. 35 - settembre 2011. Achille De Zigno Giovanni Omboni Giorgio Dal Piaz Biblioteca di chimica Cesare Pecile Biblioteca di matematica Università degli Studi di Padova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Biblioteca di geoscienze. Università degli studi di Padova Sito ufficiale, su bibliotecageoscienze.cab.unipd.it. Biblioteca di geoscienze, su Anagrafe delle biblioteche italiane, Istituto centrale per il catalogo unico. Sezione cartografia-Mapfly, su bibliotecageoscienze.cab.unipd.it. Sistema Bibliotecario di Ateneo dell'Università di Padova, su bibliotecadigitale.cab.unipd.it. Servizio Bibliotecario Nazionale, su iccu.sbn.it. Archivio Collettivo Nazionale dei Periodici, su acnp.unibo.it. Dipartimento di Geoscienze, su geoscienze.unipd.it. Museo di Geologia e Paleontologia di Padova, su musei.unipd.it. Polo di Scienze, su polodiscienze.wordpress.com. Collezione "Achille De Zigno", su galileodiscovery.unipd.it. Portale Mapfly, su mapfly.unipd.it. Sezione "Ultime notizie" del sito della biblioteca, su bibliotecageoscienze.cab.unipd.it.

Porta Ognissanti
Porta Ognissanti

La Porta Ognissanti (Omnium Sanctorum in latino, detta anche Portello Nuovo o Venezia, comunemente Porta Portello) è una delle porte tuttora esistenti nell'ambito delle mura cinquecentesche di Padova, realizzate dalla Repubblica Serenissima. Sorge nella zona della città chiamata Portello (ossia "piccolo porto", perché detta zona ospitava una sorta di arrivo - restaurato - per le imbarcazioni che collegavano lungo la Riviera del Brenta Padova con Venezia, ma è più probabile la recente ipotesi nel farla derivare al fatto che, precedentemente all'attuale porta, c'era un "Portello" (semplice porta pedonale o quasi). La porta risale al 1519, anno in cui prese il posto della porta Portello Vecchio, situabile nell'odierna via San Massimo. Presenta caratteristiche piuttosto diverse rispetto alle altre porte di Padova del medesimo periodo. Nella facciata che guarda all'esterno della città, è adornata da candida pietra d'Istria, con quattro coppie di colonne a loro volta sormontate da un architrave abbellito da quattro palle di cannone in trachite. A fianco alla base dell'antistante ponte sul canale Piovego a tre arcate, due leoni in pietra bianca montano perennemente di guardia. Nel complesso si tratta di un edificio che dissimula assai bene la sua natura di presidio tattico (in effetti, l'unico elemento funzionalmente collegabile alla guerra è rinvenibile in un paio di "cannoniere" che sfiorano l'acqua). Rimangono leggibili talune lapidi che commemorano le antiche origini della città, elogiandone al contempo il buon governo. Dal 1535 un orologio svetta da una sorta di torrino (vagamente simile a quello del Quirinale), realizzato in pietra di Nanto, costituente la sommità dell'intera costruzione. Nella parte interna della porta, sono ravvisabili tracce di affreschi. Il Portello presentava il bassorilievo di un leone marciano, tipico di queste porte. Staccato dai soldati francesi dopo la caduta di Venezia del 1797, fu gettato nell'adiacente canale. Ripescato, fu messo all'asta e acquistato dalle Assicurazioni Generali che nel frattempo lo avevano adottato come simbolo aziendale. Ora è incassato nella facciata del palazzo delle Generali a Roma, di fronte a Palazzo Venezia. Giuliana Mazzi, Adriano Verdi, Vittorio Dal Piaz, Le mura di Padova, Il Poligrafo editore, Padova 2002, ISBN 88-7115-135-6. Alessandro Baldan, Studio storico ambientale artistico della Riviera del Brenta (da Fusina al Portello di Padova), Edizioni Bertato, Villa del Conte, 1995. Mura di Padova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Porta Ognissanti Sito dell'associazione "Comitato Mura di Padova", su muradipadova.it. Foto delle Mura di Padova, su digilander.libero.it. Foto delle Porte della città di Padova, su digilander.libero.it.

Chiesa dell'Immacolata (Padova)
Chiesa dell'Immacolata (Padova)

La chiesa della Madonna Immacolata conosciuta anche come chiesa di Santa Maria Iconia, è un edificio religioso che si erge in borgo Portello, ora via Belzoni a Padova. L'attuale costruzione sorse negli anni cinquanta dell'Ottocento su una precedente medievale, dedicata a Santa Maria Iconia che fu prima dei Cavalieri Templari, poi commenda dei Cavalieri di Malta che la ressero, con San Giovanni Battista delle Navi, sino alle soppressioni ecclesiastiche napoleoniche. Al suo interno si conserva il corpo del beato Antonio Manzoni detto "il Pellegrino". La chiesa di Santa Maria Iconia nacque come luogo di culto di una importante precettoria templare che accoglieva i crociati in viaggio, diretti a Venezia e quindi verso la Terra santa. Il primo documento a citarla è datato 1165, mentre il 25 settembre 1174 Gerardino donava alla chiesa 100 soldi, mentre il visdomino Ottaviano il 29 settembre 1182 concedeva a "Santa Maria del Tempio" due mansi. Importante fu l'indulgenza speciale che concesse Nicolò IV il 28 luglio 1290 a quanti avessero visitato il luogo di culto nelle festività mariane e nei conseguenti otto dì. L'ultimo precettore fu fra' Francesco da Piacenza poi, a seguito della soppressione dell'ordine Templare, divenne parrocchiale per un breve periodo sino al 1312 quando divenne, conservando la cura d'anime, commenda dei Cavalieri di Malta che la ressero al 1807, quando fu acquistata da un certo Luigi Gaudio che la convertì ad altri usi. Venne demolita entro il 1834. La chiesa, di modeste dimensioni (metri 16,80 per 9,5) aveva l'abside rivolta verso levante, era praticamente parallela alla vicina strada. Sino alla demolizione conservava ancora aspetto pressoché medievale, senza contare di alcuni interventi che l'alterarono nel 1683. Molto simile alla chiesa di Sant'Agnese, aveva facciata dotata di protiro e forata da un oculo. La fiancata era aperta da piccole finestre alla palladiana e da un portale. Sopra, verso l'abside si ergeva un piccolo campanile romanico. L'interno era dotato di tre altari: sul maggiore vi era l'Assunta con gli Apostoli di Palma il Giovane, su quello di destra Battesimo di Cristo di Paolo Caliari (già a San Giovanni alle Navi) e su quello di sinistra Deposizione di Pietro Damini. La particolare titolazione alla Vergine "Iconia" pare derivare da una deformazione popolare di "cuneus" ovvero appezzamento stretto da due fiumi. L'attuale chiesa fu principiata nel 1854 per volere di don Antonio Troilo su progetto in tardo stile neoclassico dell'architetto Tosini. Si intendeva erigere una nuova sede parrocchiale a sostituzione della chiesa di Ognissanti (che ebbe il titolo di parrocchiale a seguito delle legislazioni napoleoniche) per agevolare quei fedeli che già negli anni '30 dell'Ottocento lamentavano dell'eccessivo decentramento della chiesa di Ognissanti. Si occupò in parte lo spazio della vecchia chiesa di Santa Maria Iconia, a cui i portellati erano molto legati, dando così un senso di continuità alla nuova costruzione che fu inaugurata il 28 novembre 1864. Prima fu titolata ad Ognissanti, ma poi assunse il nome di Immacolata. Nella chiesa confluirono gli arredi e suppellettili delle chiese di Ognissanti e della Beata Elena, tra cui i corpi del Beato Ongarello e del beato Antonio Manzoni detto "il Pellegrino" questo proveniente dalla omonima chiesa di borgo Molino. Oggi la parrocchiale appartenente al vicariato della Cattedrale. È assoggetta alla parrocchia la chiesa della Beata Elena con i titolo di oratorio e la cappella dell'istituto del Sacro Cuore. La chiesa ha la facciata rivolta verso meridione, perpendicolare rispetto alla via. L'imponente costruzione, assai sviluppata in altezza, è stata eretta con particolare opus che alterna l'uso di pietra e cotto. La facciata intonacata è caratterizzata da due coppie di semicolonne di ordine ionico, che reggono un attico decorato da altorilievi raffiguranti vasi sacri, insegne vescovili e papali. Vi si inserisce un'arcata su cui sotto si apre il grande portale e sopra, l'iscrizione che ricorda la titolazione della chiesa. Il severo interno è arricchito da altari e opere provenienti da altre chiese, scomparse e no: oltre all'antica statua quattrocentesca della Madonna dei Barcaroli, due tele di Francesco Maffei (San Giovanni in Patmos e Crocifissione già ad Ognissanti), un'Assunta di Sante Peranda, pala con Madonna con i Santi Mauro e Agnese di Bonifacio de' Pitati, una serie di tele di Gaspare Diziani (Giobbe schernito dalla moglie, Uccisione di Agar, Cacciata di Eliodoro, Miracolo di Gedeone, La veste di San Giuseppe mostrata a Giacobbe, Agar e Samuele). Sopra la grande cantoria, all'interno di una cassa lignea in stile classico, si trova l'organo meccanico opera di Angelo Agostini, databile agli anni intorno al 1865. La facciata è caratterizzata da 27 canne disposte a cuspide centrale con ali laterali, tutte appartenenti al principale 8'. La consolle a finestra è composta da un manuale di 58 tasti in osso ed ebano e da una pedaliera piatta di 24 tasti. Azionamento ad elettroventilatore. Giovambattista Rossetti, Descrizione delle pitture, sculture, ed architetture di Padova, in Padova 1780 Stamperia del Seminario Giannantonio Moschini, Guida per la città di Padova, Atesa editrice AA.VV., Padova Basiliche e chiese, Neri Pozza Editore Giuseppe Toffanin, Le strade di Padova, Newton e Compton Editori Maria Cristina Forato, La chiesa di Ognissanti in Padova AA.VV., Padova, Medoacus Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Cavalieri di Malta Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa della Beata Vergine Immacolata