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Palacongressi di Rimini

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Palacongressi di Rimini La Conchiglia
Palacongressi di Rimini La Conchiglia

Il Palacongressi di Rimini è la più grande opera congressuale costruita ex novo in Italia, riconosciuta tra le più imponenti d'Europa. È progettata e realizzata all'insegna del rispetto dell'ambiente, dell'innovazione tecnologica e della flessibilità d'utilizzo. Situata a pochi minuti dal centro della città, in via della Fiera 23, è collocata all'interno di un parco che attraverso piste ciclabili e pedonali conduce al centro storico e alla zona mare della città. I suoi spazi possono accogliere eventi congressuali di ogni dimensione e tipologia: dalle convention aziendali ai simposi medico-scientifici, dai raduni religiosi agli incontri associativi, culturali e sportivi.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Palacongressi di Rimini (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Palacongressi di Rimini
Via della Fiera, Rimini

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Palacongressi di Rimini

Via della Fiera
47900 Rimini
Emilia-Romagna, Italia
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Sito web
riminipalacongressi.it

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Palacongressi di Rimini La Conchiglia
Palacongressi di Rimini La Conchiglia
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Luoghi vicini

Porta Montanara (Rimini)
Porta Montanara (Rimini)

Porta Montanara, storicamente conosciuta come Porta Sant'Andrea, è un'antica porta romana della città di Rimini, nella regione dell'Emilia-Romagna, Italia settentrionale. Costruita dopo la guerra civile di Silla nel primo secolo a.C., la costruzione originale comprendeva due archi. L'arco rivolto a nord fu murato già nel primo o secondo secolo d.C. e incorporato in una cantina medievale. Fu scoperto a seguito del bombardamento aereo alleato durante la Seconda guerra mondiale. Dopo la liberazione di Rimini, l'arco rivolto a sud fu distrutto dalle forze alleate occupanti per facilitare il passaggio dei carri armati attraverso la città. Nel 1949, l'arco rimanente fu smontato e riassemblato nel cortile del Tempio malatestiano. Dopo essersi spostato di alcuni metri nel 1979, fu restaurata vicino alla sua posizione originale nel 2004, all'estremità meridionale del cardo maximus di Rimini, sulla strada per la Valmarecchia. Porta Montanara fu costruita nel primo secolo a.C. La sua costruzione è attribuita alla fortificazione della città dopo la guerra civile di Silla. La colonia romana di Ariminum (l'odierna Rimini) fu inizialmente controllata dagli oppositori di Silla, e ospitò brevemente Gneo Papirio Carbone nel 82 a.C. La città fu saccheggiata dall'esercito di Silla, richiedendo la ricostruzione delle sue fortificazioni difensive. Porta Montanara era situata all'estremità meridionale del cardo maximus di Ariminum, la strada principale nord-sud (l'odierna Via Giuseppe Garibaldi). Forniva l'accesso alla strada per Arretium (l'odierna Arezzo) attraverso la valle del Marecchia, e ai insediamenti dell'entroterra collinare riminese. La porta originariamente comprendeva due archi. Era preceduta da un cortile di guardia con una porta interna. Già nel primo o secondo secolo d.C., l'arco rivolto a nord fu murato, mentre quello rivolto a sud fu rialzato, a causa dell'innalzamento del livello stradale. Nel 1085, la porta è registrata come Porta Sant'Andrea, dopo la vicina chiesa e il quartiere, Borgo Sant'Andrea. Nel XV secolo, la porta fu incorporata in una serie di case, soprannominate le Case Rosse, che appartenevano alla famiglia Malatesta. Fu costruito un passaggio sopra la porta, chiuso fu incorporato nelle cantine del Palazzo Turchi. Fu attraverso le porte di Porta Sant'Andrea che, il 17 giugno 1528, le truppe dello Stato Pontificio entrarono a Rimini, ponendo definitivamente fine al dominio dei Malatesta. Con l'arrivo della Repubblica Cisalpina nel 1797, la porta fu rinominata Porta Montanara per rimuoverne le sue connotazioni religiose. Come avvenne anche per le altre porte della città, i piani superiori della porta furono distrutti dalle truppe francesi occupanti per ospitare una batteria d'artiglieria. Nel XIX secolo, la strettezza della porta causò notevoli ingorghi per i carri in entrata o in uscita dalla città, soggetti a controlli doganali durante il passaggio. Il 6 maggio 1876, il consiglio comunale discusse una mozione per demolire la porta, portando alcuni sostenitori a danneggiarla prematuramente a colpi di piccone. Nel 1891, approvò lavori per allargare l'area circostante, riconoscendo l'arco come "di tanto imbarazzo al libero transito, e di qualche pericolo per i passanti". I lavori fecero poco per alleviare la congestione e l'arco rimase impopolare tra i residenti locali. Dal 1916 l'arco diede il nome a una stazione sulla Ferrovia Rimini-Novafeltria. La ferrovia, che chiuse nel 1960, costeggiava le antiche mura cittadine prima di seguire il Marecchia fino a Verucchio e Mercatino Marecchia. L'edificio della stazione è ancora esistente, ma abbandonato. Durante la Seconda guerra mondiale, la porta Montanara sopravvisse al bombardamento aereo alleato su Rimini. Il 26 marzo 1944, un bombardamento colpì il Palazzo Turchi e scoprì l'arco murato, che aveva mantenuto il suo aspetto romano. A seguito della liberazione di Rimini, l'arco non murato fu distrutto per facilitare il movimento dei carri armati sudafricani attraverso la città. Gli ingegneri quasi distrussero per errore l'Arco d'Augusto. Le pietre dell'arco demolito furono utilizzate per ripavimentare le strade distrutte. Il 4 novembre 1946, iniziarono una serie di lavori per consolidare l'arco rimasto, non murato: un rapporto dell'ispettore comunale notò che i conci dell'arco erano frequentemente rubati, mettendo l'arco a rischio di crollo. Nonostante questi lavori, l'arco fu minacciato da piani per allargare Via Giuseppe Garibaldi. Nel 1949 il governo italiano dichiarò che non aveva valore monumentale. Così, tra novembre 1949 e giugno 1950, l'arco fu smontato e riassemblato nel cortile del Tempio malatestiano, tra i ruderi dell'ex convento di San Francesco. Il riassemblaggio dell'arco utilizzò cemento moderno, e i suoi 280 conci non furono correttamente riposizionati nelle loro posizioni originali, mentre furono aggiunti nuovi conci. Un tetto protettivo pianificato non fu mai installato sopra l'arco, lasciandolo esposto all'erosione. Negli anni '60, a seguito di una disputa tra il Comune e la Diocesi di Rimini, il muro del nuovo mercato coperto di Rimini fu costruito attraverso l'arco. Nel 1979, per ospitare i nuovi uffici diocesani, fu smontato e riassemblato per la seconda volta in un parcheggio a pochi metri di distanza, dietro l'abside del Tempio malatestiano. Nel 2003 iniziarono i lavori per ricollocare l'arco vicino alla sua posizione originale in Via Garibaldi, dove potesse riprendere la sua funzione di porta della città. I lavori furono finanziati dal Rotary Club Rimini, dalla Cassa di Risparmio di Rimini e da Assindustria, associazione industriale. L'arco fu inaugurato nella sua nuova posizione da Alberto Ravaioli, sindaco di Rimini, il 9 ottobre 2004. Per l'occasione fu emessa una medaglia commemorativa che raffigura su un lato i due archi originali e sul lato opposto la pianta reticolare dell'antica Rimini. L'arco è fatto di blocchi di arenaria provenienti dalla vicina collina di Covignano o da Pietracuta, frazione di San Leo, vicino al confine sammarinese. Il complesso originale della porta misurava 12,5 metri (41 piedi) di larghezza e 2,2 metri (7,2 piedi) di profondità, con ciascun arco ad un'altezza di 5,9 metri (19 piedi). L'arco rimanente è largo 3,45 metri (11,3 piedi). L'arco è fatto da file doppie di voussoirs. La posizione originale della porta demolita, 40 metri (130 piedi) lungo Via Garibaldi verso Piazza Tre Martiri, può essere osservata dai cubi di selce nel pavimento della strada. Il sito originario dell'arco esistente, essendo stato murato come una cantina fino alla Seconda guerra mondiale, è ora occupato da un edificio. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Porta Montanara

Arco di Augusto (Rimini)
Arco di Augusto (Rimini)

L'Arco di Augusto di Rimini è il più antico arco romano tra quelli conservati ed è stato costruito nel 27 a.C. con decreto del Senato romano al fine di onorare l'imperatore Augusto per aver restaurato la via Flaminia e le più importanti strade italiane come la via Emilia e la via Popilia; esso, infatti, segnava la fine della via Flaminia che collegava Rimini a Roma, capitale dell'Impero, confluendo poi nel decumano massimo, l'odierno corso d'Augusto, e che portava all'imbocco dell'antica via Emilia (cardo massimo). Insieme al ponte di Tiberio, è uno dei simboli della città di Rimini, tanto da comparire nello stemma della città. L'Arco d'Augusto risulta essere uno dei monumenti romani più celebri dell'Italia settentrionale, in quanto è il più antico e solenne arco onorario tra quelli conservati, ed è posizionato su una delle strade più percorse dell'Italia antica. L'arco è stato costruito in travertino di Nabresina e allo stato odierno si presenta isolato, come un grande arco trionfale, senza più la funzione originale di porta urbica monumentale; esso, infatti, era inserito nelle mura della città in opera poligonale, di cui si conserva ancora traccia ai fianchi in basso, che facevano parte della prima cinta muraria in pietra della città, risalente al III secolo a.C.. Inoltre, era affiancato da due torri lapidee preesistenti, sempre in opera poligonale, poste ai lati della precedente porta a due o tre fornici. Al fornice centrale, largo 9 m circa, si affiancano due semicolonne con fusti scanalati e capitelli corinzi, che reggono la trabeazione, il timpano e l'attico posto al di sopra di essi con un coronamento in laterizi a merli ghibellini. I quattro clipei, posti tra i capitelli e la ghiera dell'arco, rappresentano gli Dei protettori dela città, per il lato verso Roma: le divinità di Giove con il fulmine (in sinistra) e Apollo con la cetra e il corvo (in destra); mentre, per il lato verso il centro di Rimini: le divinità di Nettuno con il tridente e il delfino (in sinistra) e Minerva con il gladio e la corazza-trofeo (in destra). Al di sopra dell'apertura dell'arco, su ambo le facciate, si trova il muso di un toro, che rappresenta la forza e la potenza di Roma. Clipei presenti sull'Arco d'Augusto L'attico nella sua forma originale è andato distrutto, probabilmente a causa di terremoti, e fu ricostruito nella sua forma attuale in epoca medievale (circa X secolo d.C.), periodo in cui la città venne tenuta dai ghibellini; il documento grafico più antico del monumento in epoca medievale è il sigillo del duca Orso (X secolo), rinvenuto da Luigi Tonini, oltre che un altro sigillo della città del XIII secolo. La funzione principale dell'opera, oltre a quella di porta urbica, era quella commemorativa e propagandistica svolta dall'iscrizione presente nell'attico, andata parzialmente persa, e probabilmente da un gruppo plastico, come poteva essere la statua bronzea dell'imperatore Augusto ritratto nell'atto di condurre una quadriga. L'iscrizione, ora mutila delle parti ricostruite tra parentesi quadre, era la seguente: L'elevata larghezza del fornice, all'epoca, non avrebbe consentito di ospitare una porta e ciò è dovuto al fatto che il regime di pace al centro della propaganda politica dell'Imperatore Augusto, la cosiddetta Pax Augustea, rendeva remota la necessità di una porta civica che si potesse chiudere, non essendoci il pericolo di essere attaccati. L'Arco di Augusto rimase la porta principale della città, affiancato da edifici di modesta qualità, fino al periodo fascista, quando tra il 1936 e il 1938, per volere di Mussolini, venne isolato demolendo le costruzioni adiacenti, e anche le torri che erano tornate a fiancheggiare l'arco dopo le demolizioni. Pier Giorgio Pasini, Guida per Rimini, Neri Pozza, 1972, OCLC 2010224. URL consultato il 5 ottobre 2021. Ponte di Tiberio Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Arco di Augusto L'arco d'Augusto dal sito del comune, su comune.rimini.it. URL consultato il 25 dicembre 2013 (archiviato dall'url originale il 25 dicembre 2013).

Palasport Flaminio
Palasport Flaminio

Il palasport Flaminio è un impianto sportivo polivalente situato a Rimini. Il progetto relativo alla sua costruzione è datato 1962. All'epoca, la città non disponeva ancora di un vero e proprio palazzetto dello sport. Il Palasport Flaminio venne realizzato in due tronconi diversi: la prima parte fu completata nel 1972, ebbe un costo di 183 milioni di lire e comprendeva solamente la piscina e la palestra ginnica, mentre un secondo lotto, quello della sala principale, fu ufficialmente aperto il 25 settembre del 1977 con una serie di eventi. Tra le discipline a cui la struttura era adibita, oltre che la pallacanestro, vi era anche la pallamano, sport di cui la città di Rimini in quegli anni contava addirittura due squadre nella massima serie. Il programma inaugurale prevedeva al mattino una commemorazione per Luciano Vendemini, seguita dall'incontro di pallamano tra Rapida Rimini e Volani Rovereto. Nel pomeriggio ci fu una sfida di pallamano femminile fra le selezioni di Italia e Istria, quindi alle ore 17:30 iniziò l'amichevole benefica di basket disputata tra l'allora Sarila Rimini guidata da Alberto Bucci e l'Auxilium Torino. Al termine, la giornata fu chiusa da un'esibizione di ginnastica artistica. Allo stesso Vendemini fu intitolata la sala principale, per l'appunto la Sala Vendemini, in memoria dell'ex cestista riminese che vestì anche la maglia della Nazionale e che morì il 20 febbraio 1977 al Palasport Villa Romiti di Forlì a causa di un improvviso malore. Il palazzetto, tra le varie discipline, veniva utilizzato anche per la pallamano: nei primi anni di vita dell'impianto, infatti, la città di Rimini annoverava in Serie A ben due squadre, nello specifico la Pallamano Rimini e l'Handball Club Rimini. Nel corso degli anni, il Palasport Flaminio venne calcato da molteplici campioni di basket, come i membri della Hall of Fame Dino Meneghin, Dražen Dalipagić, Bob McAdoo, Oscar Schmidt, George Gervin, Dino Radja e Dominique Wilkins, passando per una serie di All-Star NBA tra cui Mike Mitchell, Micheal Ray Richardson e Manu Ginóbili, oltre ad altri grandi giocatori come Darryl Dawkins e Toni Kukoč. L'impianto fu inoltre teatro di epiche sfide ed infuocati derby, per esempio quelli contro la Libertas Forlì. Dal 29 Luglio al 3 Agosto 2003, inoltre, ospitò il primo europeo di Tchoukball della storia al quale parteciparono 6 nazioni. A livello musicale, invece, nei suoi primi decenni di vita l'impianto ospitò concerti di alcuni tra i più importanti artisti della scena nazionale ma anche internazionale, come ad esempio James Brown, Ray Charles e i Rockets. A partire dal febbraio 2003, fu il nuovissimo e più capiente 105 Stadium a diventare il palazzetto cittadino di riferimento per il basket. I Crabs, infatti, disputarono la prima gara di campionato nel nuovo impianto il 2 febbraio 2003, a stagione in corso. In alcuni casi, quando il 105 Stadium era occupato da altri concerti o eventi, i biancorossi tornarono occasionalmente a giocare al Flaminio, ma si trattava di occasioni perlopiù sporadiche. Tuttavia, nel 2011, complice la caduta del club nel dilettantismo dovuta a problemi economici, il Flaminio tornò ad essere l'impianto abituale della pallacanestro riminese. I Crabs cessarono l'attività della prima squadra al termine della stagione 2017-2018, mentre a partire dall'anno successivo fu la nuova società Rinascita Basket Rimini a disputare qui i propri campionati. Il 26 gennaio 1995, il Flaminio fu teatro di un record che rimane tuttora imbattuto: Carlton Myers, stella del Basket Rimini, arrivò quel giorno a segnare 87 punti personali nell'arco di una singola partita, vinta 147-99 contro la Libertas Udine. Il precedente primato della Serie A apparteneva a Sandro Riminucci, che nel 1964 ne realizzò 77. Il 2 novembre del 1981, il concerto del gruppo new wave Ultravox tenutosi al Flaminio fu registrato e successivamente distribuito come LP bootleg con il titolo "Live in concert". Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palasport Flaminio

Chiesa di Santa Croce nuova
Chiesa di Santa Croce nuova

La chiesa di Santa Croce nuova è una chiesa cattolica di Rimini, risalente al XVII secolo. L'edificio ha subito ingenti danni nel terremoto del 1916 e nei successivi bombardamenti del 1943-44. Viene chiamata nuova per differenziarla dalla chiesa di Santa Croce vecchia. La chiesa di Santa Croce nuova fu costruita nel 1625 dalla Confraternita della Santissima Croce. Nel XVIII secolo la chiesa fu ampliata, su disegno di Giovan Francesco Buonamici, con la costruzione di tre cappelle e ornata con stucchi e pitture. Dal 1796 al 1809 la chiesa fu intitolata ai Santi Simone e Giuda. La maggior parte dell'apparato decorativo settecentesco fu distrutto nel terremoto del 1916. La chiesa subì ulteriori danni dai bombardamenti che colpirono la città di Rimini nel 1943 e 1944. Nell'abside vi è un crocifisso ligneo di anonimo quattrocentesco, inserito in una pala d'altare scultorea del XVIII secolo. La pala d'altare presenta un Dio Padre e angeli in gesso opera di Carlo Sarti e datati circa 1755. Opera del Sarti sono anche le statue in gesso della navata, rappresentanti Sansone, Giosuè, Mosè e Davide. Nelle due cappelle laterali, dedicate a San Pietro Martire e a Sant'Antantonio abate, vi sono due pale d'altare, un San Vincenzo Ferrari e un San'Antonio abate, entrambe opera di Giovan Battista Costa e datate circa 1757, risentono degli influssi di Corrado Giaquinto. Le decorazioni di queste due cappelle, comprendenti le lunette con le storie dei santi e i pennacchi, sono opera di Giuseppe Milani e datate circa 1754. In una terza cappella, situata a destra vicino all'altare e costruita nel 1863, è conservato un Cristo morto in gesso e stucco, sicuramente posteriore all'edificazione della cappella. La Madonna col Bambino, datata 1840 e opera di don Stefano Montanari, era in precedenza conservata nella chiesa di San Tommaso Apostolo, demolita a inizio Novecento. Marco Sassi e Ilaria Balena, Rimini - Arte, storia e monumenti, Bookstones, 2013, ISBN 9788898275021. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Santa Croce nuova